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Guerra e Pace in Kurdistan (PDF)

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Alla società turca offro una soluzionesemplice. Chiediamo una nazionedemocratica. Non siamo contrari né allostato unitario, né alla repubblica.Accettiamo la repubblica, la sua strutturaunitaria ed il laicismo, ma crediamoche debba essere ridef<strong>in</strong>ita come unostato democratico che rispetti i popoli,le culture ed i diritti. Su questa base iCurdi devono essere liberi di organizzarsi<strong>in</strong> modo tale da poter vivere la proprial<strong>in</strong>gua e cultura e da potersi sviluppareeconomicamente ed ecologicamente.Curdi, Turchi ed altre culture potrebberocosì vivere <strong>in</strong>sieme <strong>in</strong> Turchia, sotto lostesso tetto di una nazione democratica.Ciò è però possibile soltanto con unacostituzione democratica ed una strutturagiuridica avanzata che garantiscail rispetto delle diverse culture.<strong>Guerra</strong> e <strong>Pace</strong> <strong>in</strong> <strong>Kurdistan</strong>Abdullah ÖcalanIniziativa Internazionale


Abdullah Öcalan:<strong>Guerra</strong> e <strong>Pace</strong> <strong>in</strong> <strong>Kurdistan</strong>Prospettive per una soluzione politica della questione curdaPrima edizione 2010© Abdullah Öcalan 2008Edito da:Iniziativa InternazionaleLibertà per Abdullah Öcalan – <strong>Pace</strong> <strong>in</strong> <strong>Kurdistan</strong>Tel: +49 221 130 15 59Fax: +49 221 139 30 71Casella Postale: 100511, D-50445 Kölnhttp://www.freedom-for-ocalan.com/italiano/2


<strong>Guerra</strong> e <strong>Pace</strong> <strong>in</strong> <strong>Kurdistan</strong>Prospettive per una soluzione politicadella questione curdaAbdullah Öcalan5


Indice<strong>Guerra</strong> e <strong>Pace</strong> <strong>in</strong> <strong>Kurdistan</strong> 3Premessa 7Etimologia delle parole “Curdo” e “<strong>Kurdistan</strong>” 9Area d’<strong>in</strong>sediamento curdo e l<strong>in</strong>gua curda 10Un breve cenno alla storia curda 11Lotte per la spartizione delle risorse, guerra e terrore di stato<strong>in</strong> <strong>Kurdistan</strong> 14Il colonialismo europeo ed il dilemma curdo 16La base ideologica dell’oppressione colonialee la politica di potere <strong>in</strong> <strong>Kurdistan</strong> 18Negazione ed Abnegazione 19Assimilazione 20Religione e nazionalismo 21Nazionalismo borghese 22Identità curda e resistenza curda 24Il Partito dei Lavoratori del <strong>Kurdistan</strong> (PKK) 26Breve storia delle orig<strong>in</strong>i del PKK 26Pr<strong>in</strong>cipali critiche 28Nuovi approcci strategici, filosoficie politici del movimento di liberazione curdo 31Situazione attuale e suggerimenti per una sua soluzione 387


PremessaLa vita quotidiana del Medio Oriente è dom<strong>in</strong>ata da numerosiconflitti che spesso appaiono <strong>in</strong>comprensibili agli occhi occidentali<strong>in</strong> quanto sembrano collocarsi al di fuori della loro logica.Lo stesso vale per la questione curda, uno dei conflitti piùcomplessi e sangu<strong>in</strong>osi del Medio Oriente, tuttora <strong>in</strong> attesa diuna soluzione. F<strong>in</strong>o a quando però tutte le dimensioni di questoconflitto non saranno discusse <strong>in</strong> maniera egalitaria, il conflittocont<strong>in</strong>uerà e si aggraverà ulteriormente, con la creazionedi nuovi problemi ancora più complessi. Le dimensioni storica,economica e politica della questione curda sono di granlunga più <strong>in</strong>tricate di quelle del conflitto arabo-israeliano, ilquale, a differenza della questione curda, gode dell’attenzionedell’op<strong>in</strong>ione pubblica. La conoscenza del conflitto <strong>in</strong> <strong>Kurdistan</strong>è <strong>in</strong>vece limitata. Se si considera che ha luogo <strong>in</strong> una delleregioni più centrali del Medio Oriente, sia per importanza demograficache geostrategica, questa mancanza di conoscenzasi traduce spesso <strong>in</strong> un’analisi unilaterale e superficiale di unproblema molto complesso.Visto che l’area <strong>in</strong> cui sono presenti i curdi si estende su territoriattualmente appartenenti ad Arabi, Persiani e Turchi, laquestione curda ha necessariamente un’<strong>in</strong>fluenza notevole subuona parte della regione.Giungere ad una soluzione <strong>in</strong> una zona del <strong>Kurdistan</strong> avrebbeeffetti positivi anche sulle altre zone del <strong>Kurdistan</strong> e suglistati conf<strong>in</strong>anti. Viceversa l’approccio distruttivo da parte di9


una nazione può avere effetti negativi per la soluzione dellaquestione curda anche nelle altre nazioni. La morfologia complessadella regione curda sembrerebbe creata apposta per lalotta armata, e i curdi f<strong>in</strong> da tempi immemorabili si sono trovatia combattere contro la colonizzazione o contro la conquistada parte di potenze straniere. La resistenza è diventata parte<strong>in</strong>tegrante della loro vita e cultura.Per <strong>in</strong>iziare un processo di soluzione di un conflitto, bisognaprima di tutto riconoscerne l’esistenza e bisogna def<strong>in</strong>irlo. Nelcaso specifico della questione curda qu<strong>in</strong>di è di fondamentaleimportanza def<strong>in</strong>ire realisticamente il fenomeno curdo. Ma èproprio qui che <strong>in</strong>izia buona parte del disaccordo. Mentre gliArabi chiamano i Curdi gli “Arabi dello Yemen”, i Turchi lichiamano i “Turchi delle montagne” e i Persiani li consideranola loro controparte etnica. Non ci si deve stupire pertanto se laposizione politica di questi stati rispetto alla questione curda ècaratterizzata da discussioni sulle varie def<strong>in</strong>izioni.La questione curda non è nata dal nulla, è il prodotto di unlungo processo storico. Non ha molto <strong>in</strong> comune con questionisimili <strong>in</strong> altre parti del mondo. Al contrario si dist<strong>in</strong>gue pernumerose peculiarità e differenze fondamentali, che devonoessere def<strong>in</strong>ite se si vuole giungere ad una soluzione. Qualunquepolitica che si fondi esclusivamente su una base apparentementecomune porta a problemi irrisolvibili. Una politica cheabbia come obiettivo f<strong>in</strong>ale una soluzione deve fare un’analisirealistica del fenomeno, che tenga conto sia del backgroundnazionale, politico e sociale che di tutte le parti co<strong>in</strong>volte nelconflitto. Riconoscere l’esistenza del fenomeno curdo è qu<strong>in</strong>di<strong>in</strong>dispensabile. Ma questo, d’altra parte, non è possibile senzauna conoscenza del background storico.10


Etimologia delle parole “Curdo” e “<strong>Kurdistan</strong>”Il nome <strong>Kurdistan</strong> risale alla parola sumerica “Kur”, con laquale oltre 5000 anni fa si def<strong>in</strong>iva la “montagna”. Il suffisso“ti” stava ad <strong>in</strong>dicare l’appartenenza. La parola “Kurti” significavaqu<strong>in</strong>di “tribù delle montagne” o “popolo delle montagne”.I Luvi, un popolo che viveva nell’Anatolia occidentalecirca 3.000 anni fa, chiamavano il <strong>Kurdistan</strong> “Gondwana” chenella loro l<strong>in</strong>gua significava “terra dei villaggi”. In curdo ancoroggi “gond” significa “villaggio”. Durante il dom<strong>in</strong>io degli Assirii Curdi vennero chiamati “Nairi” che significava “il popolovic<strong>in</strong>o al fiume”.Nel Medioevo, durante la d<strong>in</strong>astia dei sultanati arabi le regionicurde erano chiamate “Beled-Ekrat”. I sultani dei Selgiuchidiche parlavano persiano furono i primi ad usare nei lorocomunicati ufficiali la parola “<strong>Kurdistan</strong>”, la terra dei Curdi.Anche i sultani ottomani chiamarono <strong>Kurdistan</strong> la regionedove erano <strong>in</strong>sediati i Curdi. Nome che venne usato comunementef<strong>in</strong>o agli anni venti del secolo scorso. A partire dal 1925l’esistenza dei Curdi fu negata, soprattutto <strong>in</strong> Turchia.11


Area d’<strong>in</strong>sediamento curdo e l<strong>in</strong>gua curdaEppure la loro esistenza è una realtà. Il <strong>Kurdistan</strong> comprendeun’area di 450.000 km², circondata dalle zone d’<strong>in</strong>sediamentodi Persi, Azeri, Arabi e Turchi dell’Anatolia. E’ una dellearee più montagnose e ricche di foreste ed acqua di tutto ilMedio Oriente, attraversata da numerose pianure fertili. Damigliaia di anni si praticano qui l’agricoltura e l’allevamentodel bestiame. Qui ebbe <strong>in</strong>izio la rivoluzione neolitica, quandoi cacciatori-raccoglitori decisero di <strong>in</strong>sediarsi stabilmente ed<strong>in</strong>iziarono a coltivare i campi. Regione chiamata anche “culladella civiltà” o “zona di passaggio”. Grazie alla loro posizionegeografica, i Curdi sono riusciti a proteggere la loro esistenzacome comunità etnica f<strong>in</strong>o ai giorni nostri. Dall’altro canto laposizione esposta degli <strong>in</strong>sediamenti curdi ha spesso risvegliatol’appetito di potenze esterne, e non sono mancate le <strong>in</strong>cursionie le conquiste. La l<strong>in</strong>gua e la cultura curde riflettono l’<strong>in</strong>fluenzadella rivoluzione neolitica, che si crede sia <strong>in</strong>iziata nella regionedei monti Zagros e Tauro. Il curdo appartiene al gruppol<strong>in</strong>guistico <strong>in</strong>do-germanico.12


Un breve cenno alla storia curdaE’ molto probabile che la l<strong>in</strong>gua e la cultura curde <strong>in</strong>iziaronoa svilupparsi durante la quarta era glaciale (20.000 – 15.000a.C.). I Curdi sono una delle più antiche popolazioni autoctonedella regione. Verso il 6.000 a.C. si divisero <strong>in</strong> piùrami. Nella storiografia i Curdi vengono menzionati per laprima volta come gruppo etnico <strong>in</strong>sieme agli Hurriti (3.000– 2.000 a.C.). Si presume qu<strong>in</strong>di che i predecessori dei Curdi,gli Hurriti, vivessero <strong>in</strong> confederazioni e regni tribali <strong>in</strong>siemeai Mitanni, discendenti degli Hurriti, ai Nairi, agli Urarti ed aiMedi, strutture politiche che presentavano già delle caratteristicherudimentali simili allo stato. A quei tempi non si eranoancora ben del<strong>in</strong>eate delle strutture sociali di tipo patriarcale.Sia nelle società agricole del Neolitico che nelle strutture socialicurde la donna occupava una posizione di prem<strong>in</strong>enza, comeera evidente anche nella rivoluzione neolitica.Fu lo Zoroastrismo che tra il 700 ed il 550 a.C. cambiò <strong>in</strong>maniera def<strong>in</strong>itiva il pensiero curdo. Lo Zoroastrismo promosseuno stile di vita caratterizzato dal lavoro nei campi, dove uomoe donna erano allo stesso livello. L’amore per gli animali occupavauna posizione importante e la libertà era considerata ungrande bene morale. La cultura zoroastriana <strong>in</strong>fluenzò allo stessomodo la civiltà orientale che quella occidentale, dal momentoche sia i Persiani che gli Elleni fecero proprie molte delle sue<strong>in</strong>fluenze culturali. La civiltà persiana era stata fondata a suavolta dai Medi, che si pensa siano tra i predecessori dei Curdi.13


Nelle storie di Erodoto si parla spesso di una divisione del poteretra questi due gruppi etnici nel periodo dell’Impero Persiano.Lo stesso vale per l’Impero Sassanide che gli succederà.L’era ellenica durante l’antichità classica ha lasciato tracceprofonde nell’emisfero orientale. I pr<strong>in</strong>cipati di Abgar ad Urfae Comagene, il cui centro si trovava nei pressi di Adiyaman-Samsat, ed il regno di Palmyra <strong>in</strong> Siria furono <strong>in</strong>fluenzati profondamentedai Greci. In altre parole si può affermare che èqui che possiamo trovare la prima s<strong>in</strong>tesi tra le <strong>in</strong>fluenze culturaliorientali ed occidentali. Questa forma particolare di <strong>in</strong>controculturale durò f<strong>in</strong>o alla conquista di Palmyra da partedell’Impero Romano nel 269 d. C., che nel lungo term<strong>in</strong>e ebbedelle conseguenze negative per lo sviluppo dell’<strong>in</strong>tera regione.Neppure la comparsa dell’Impero Sassanide pose f<strong>in</strong>e all’<strong>in</strong>fluenzada parte dei Curdi. Si presume che <strong>in</strong> questo periodo(216 – 652 d. C.) si formarono <strong>in</strong> <strong>Kurdistan</strong> le strutture feudali.Con lo sviluppo del feudalesimo <strong>in</strong>iziò a venir meno lacoesione etnica. La società curda sviluppò sempre più strutturefeudali e questo tipo di sviluppo <strong>in</strong>dirizzato verso una civiltàfeudale diede un contributo sostanziale alla rivoluzioneislamica. L’Islam si oppose alle strutture schiaviste e durantel’era dell’urbanizzazione operò un mutamento delle relazionietniche. Al tempo stesso rivoluzionò la mentalità delle societàfeudali dando loro una base ideologica.Il decl<strong>in</strong>o dell’Impero Sassanide (650 d. C.) aiutò l’Islama creare un’aristocrazia curda di tipo feudale, fortemente <strong>in</strong>fluenzatadall’arabizzazione. Essa diventò una delle più fortiformazioni sociali e politiche di quel tempo. La d<strong>in</strong>astia curdadegli Eyyubi (1175 – 1250 d. C.) si trasformò <strong>in</strong> una delle piùpotenti d<strong>in</strong>astie del Medio Oriente ed esercitò una grande <strong>in</strong>fluenzasui Curdi.Dall’altro lato i Curdi mantennero dei rapporti molto stretticol Sultanato Selgiuchida che nel 1055 prese il controllo su-14


entrando agli Abbasidi. Le d<strong>in</strong>astie curde che si susseguirono,come i Seddadi, i Buyidi e i Marwanidi (990 – 1090), si svilupparono<strong>in</strong> piccoli stati feudali. Altri pr<strong>in</strong>cipati seguirono. Sottol’Impero Ottomano la classe governante dei Curdi godette diun’ampia autonomia.Il IX secolo <strong>in</strong>flisse ai Curdi profonde ferite. Il deteriorarsidei rapporti con gli Ottomani vide il nascere di numeroserivolte curde. I missionari <strong>in</strong>glesi e francesi <strong>in</strong>trodussero nellachiesa armena e <strong>in</strong> quella aramaica l’idea del separatismo, contribuendo<strong>in</strong> tal modo ad aggravare una situazione già di per sécaotica. Non da ultimo le relazioni tra Armeni, Assiri e Curdipeggiorarono notevolmente. Questo processo <strong>in</strong>arrestabile sfociònel 1918, dopo la f<strong>in</strong>e della prima guerra mondiale, con ilquasi totale annientamento fisico e culturale degli Armeni edegli Aramei, portatori di una cultura millenaria.Nonostante i rapporti tra Curdi e Turchi fossero stati seriamentedanneggiati, non ci fu allo stesso modo una rottura tra iCurdi da un lato e gli Armeni e gli Aramei dall’altro.15


Lotte per la spartizione delle risorse, guerra eterrore di stato <strong>in</strong> <strong>Kurdistan</strong>In passato la posizione geostrategica del <strong>Kurdistan</strong> aveva risvegliatovari appetiti, trasformando la regione <strong>in</strong> una ped<strong>in</strong>anelle lotte per la distribuzione delle risorse e teatro di guerre eterrore di stato. La situazione odierna non è diversa e affondale sue radici proprio agli albori della storia, quando il <strong>Kurdistan</strong>era cont<strong>in</strong>uamente esposto a attacchi e <strong>in</strong>cursioni da partedi potenze straniere. Solo per citare alcuni esempi famosi, sipensi ai regimi fondati sul terrore degli Imperi Assiro e Sciitatra il 1300 ed il 1000 a.C. e alle campagne di conquista diAlessandro Magno. Alla conquista araba seguì l’islamizzazionedel <strong>Kurdistan</strong>. Per quanto l’Islam si consideri una religione pacifica,fondamentalmente è sempre stata un’ideologia di conquistadella nazione araba, diffusasi rapidamente <strong>in</strong> <strong>Kurdistan</strong>.L’Islam si propagò f<strong>in</strong>o alle pendici dei monti Zagros e Tauroe le tribù che opposero resistenza furono sterm<strong>in</strong>ate. L’Islamraggiunse il suo punto di maggiore espansione nel 1000 d. C.Poi nel XIII e XIV secolo il <strong>Kurdistan</strong> venne <strong>in</strong>vaso dai Mongolie la popolazione fu costretta alla fuga ed alla dispersione.A seguito della battaglia di Chaldoran nel 1514, v<strong>in</strong>ta dagliOttomani, il conf<strong>in</strong>e orientale naturale dell’impero si spostòancor più verso est. Il trattato di Qasr-e-Shir<strong>in</strong> stabilì ufficialmentei conf<strong>in</strong>i dell’Iran e della Turchia sancendo la suddivisionedel Turkistan, così come la conosciamo ai giorni nostri.La Mesopotamia ed i Curdi si trovarono per lo più compres<strong>in</strong>ei conf<strong>in</strong>i dell’Impero Ottomano. F<strong>in</strong>o al 1800 tra i pr<strong>in</strong>ci-16


pati ottomani e quelli curdi prevalse un clima di pace relativa,basato soprattutto sulla comune visione sunnita dell’Islam. ICurdi aleviti e zoroastriani <strong>in</strong>vece si opposero e si ritiraronosulle montagne per portare avanti la loro resistenza.A partire dal 1800 f<strong>in</strong>o al decl<strong>in</strong>o dell’Impero Ottomano ilCurdistan fu sconvolto da numerose ribellioni, generalmenterepresse <strong>in</strong> maniera cruenta e sangu<strong>in</strong>aria. Dopo la f<strong>in</strong>edell’Impero Ottomano la divisione del <strong>Kurdistan</strong> divenne ancorpiù profonda, il che <strong>in</strong>asprì maggiormente il clima di violenza.Le potenze imperialiste nascenti dell’Inghilterra e dellaFrancia ridisegnarono i conf<strong>in</strong>i del Medio Oriente, affidando ilgoverno del <strong>Kurdistan</strong> alla Repubblica della Turchia, al vanitosoregno dell’Iran, alla monarchia dell’Iraq e al regime sirianofrancese.La Turchia, pensando di aver perso buona parte dei suoiterritori orig<strong>in</strong>ari, passò ad una rigida politica di assimilazione,per r<strong>in</strong>forzare <strong>in</strong> questo modo l’unità tra ciò che rimanevadell’impero precedente. Qualsiasi segnale di esistenza di unacultura diversa da quella turca doveva essere sterm<strong>in</strong>ato e siarrivò pers<strong>in</strong>o a vietare l’uso della l<strong>in</strong>gua curda.La d<strong>in</strong>astia dei Pahalavi che <strong>in</strong> Iran aspirava al regno non sicomportò <strong>in</strong> maniera tanto diversa, reprimendo nel sangue laribellione del capo tribale curdo Simko Shikak orig<strong>in</strong>ario diUrmiye, come pure la lotta di emancipazione della repubblicacurda di Mahabad. All’<strong>in</strong>izio del XX secolo lo scià istituì unregime fondato sul terrore, nello spirito dell’epoca nazifascista.L’Inghilterra e la Francia dal canto loro repressero i tentativicurdi di emancipazione nelle zone siriane del <strong>Kurdistan</strong> conl’aiuto dei loro governanti arabi. Anche qui venne <strong>in</strong>stauratoun regime coloniale sangu<strong>in</strong>ario.17


Il colonialismo europeo ed il dilemma curdoGuidata da ambizioni di supremazia geo-strategica e da aviditàirrefrenabile, all’<strong>in</strong>izio del XX secolo la politica europea di <strong>in</strong>tervento<strong>in</strong> Medio Oriente diventò sempre più di tipo colonialista.Il suo f<strong>in</strong>e pr<strong>in</strong>cipale era la sottomissione ed il controllodel Medio Oriente. Tutto ciò significò per i Curdi una nuovaforma di colonizzazione, che si aggiungeva alle esperienze giàavute nel corso della storia. Questo conflitto ha una storia lungache ci riporta <strong>in</strong>dietro ai tempi dei Sumeri. Col capitalismooccidentale però il colonialismo assunse delle dimensioni f<strong>in</strong>oad allora impensabili. Per i Curdi significava doversi confrontareancora una volta con dei soggetti colonizzatori nuovi, oltre alfatto che la questione curda era diventata ancor più complicata.Pensando ai loro <strong>in</strong>teressi, le nuove potenze imperialiste ritenneropiù vantaggioso cercare la collaborazione del sultano edei funzionari imperiali per poterseli fare alleati, piuttosto chesbriciolare l’Impero Ottomano con conseguenze imprevedibili.Un tale approccio avrebbe dovuto rendere più facile il controllodella regione e delle popolazioni che la abitavano. Era unmetodo molto usato dall’Impero Britannico, entrato nei libridi storia come strategia del “divide et impera”. In questo modoil dom<strong>in</strong>io ottomano cont<strong>in</strong>uò per un altro secolo. Francia eGermania avevano strategie simili e gli attriti tra di loro non<strong>in</strong>fluenzarono l’equilibrio di poteri <strong>in</strong> Medio Oriente.Per la conservazione del potere imperiale particolare attenzionevenne riservata ai gruppi etnici cristiani. Se da un18


lato il colonialismo occidentale f<strong>in</strong>geva di proteggere i Grecidell’Anatolia, gli Armeni e gli Aramei, dall’altro li <strong>in</strong>citava aribellarsi contro il potere centrale, che rispondeva con campagnemassicce di repressione, alle quali le potenze occidentaliassistevano passivamente. Questa politica f<strong>in</strong>ì col mettere lenazioni del Medio Oriente le une contro le altre. Ancora unavolta i Curdi erano solo ped<strong>in</strong>e nel gioco di <strong>in</strong>teressi stranieri.In passato l’aristocrazia curda aveva collaborato con gli Arabi ele d<strong>in</strong>astie turche. Ora permise alle potenze straniere di usare iCurdi per i loro <strong>in</strong>trighi coloniali. Fu grazie alla collaborazionedei Curdi che gli Inglesi riuscirono nel loro <strong>in</strong>teresse a legarea sé i governanti turchi ed arabi preoccupati per la situazionegenerale. Dopo di che str<strong>in</strong>sero ulteriormente nelle maglie delpotere coloniale anche Armeni ed Aramei, i quali a loro voltaerano tenuti sotto pressione dai collaboratori feudali curdi.Vittime di questa politica non furono però solo il sultano turco,lo scià di Persia ed i governatori turchi. Loro stessi feceroun gioco simile per preservare il proprio potere e tenere a frenol’<strong>in</strong>gordigia delle potenze occidentali. A soffrire fu il popolo.19


La base ideologica dell’oppressione coloniale e lapolitica di potere <strong>in</strong> <strong>Kurdistan</strong>Sia la suddivisione del <strong>Kurdistan</strong> che le forme di governo deiregimi arabo, persiano e turco fecero sì che la struttura socialecurda nelle varie regioni del <strong>Kurdistan</strong> rimanesse arretrata.L’arretratezza dell’organizzazione sociale attuale dei Curdi, ancorafermi a strutture di tipo feudale, è il prodotto di questirapporti di potere. Con l’avvento delle strutture di tipo capitalista,dalle quali i Curdi furono <strong>in</strong> buona parte esclusi, crebbeancor più la distanza <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di sviluppo tra i Curdi e lesocietà egemoniche arabe, turche e persiane. Le strutture dipotere di tipo feudale si mescolarono con le strutture di potereborghese-capitalista e questo favorì la conservazione deldom<strong>in</strong>io delle rispettive nazioni. Sebbene queste strutture dipendesserodall’imperialismo, furono <strong>in</strong> grado di crearsi le proprieeconomie nazionali, sviluppare ulteriormente le proprieculture e stabilizzare le proprie strutture statali. Nel campodella scienza e della tecnologia si creò un’elite nazionale checostr<strong>in</strong>se tutti gli altri gruppi etnici presenti nelle varie nazionia parlare la sua l<strong>in</strong>gua. Con l’aiuto di una politica <strong>in</strong>terna edestera di tipo nazionalistico, formarono una classe dom<strong>in</strong>antenazionale che pensava di avere un potere egemonico nei confrontidegli agli altri gruppi etnici. Polizia ed esercito vennero<strong>in</strong>crementati e rafforzati per poter piegare la resistenza dellepopolazioni. I Curdi non furono <strong>in</strong> grado di opporsi a questasituazione poiché risentivano ancora dell’effetto degli <strong>in</strong>trighiimperialisti nei loro confronti. Si trovarono a doversi confron-20


tare con lo sciov<strong>in</strong>ismo nazionalistico aggressivo degli stati chedetenevano il potere <strong>in</strong> <strong>Kurdistan</strong>, potere la cui legittimazioneera fondata su costruzioni ideologiche avventurose.Negazione ed AbnegazioneLe potenze egemoniche (vale a dire Turchia, Iran, Iraq e Siria)negarono ai Curdi l’esistenza come gruppo etnico. In similicircostanze far riferimento alle proprie radici curde era moltopericoloso per i Curdi. Chi lo faceva comunque, non potevacontare neppure sul sostegno del proprio gruppo etnico. Permolti Curdi dichiarare apertamente la propria orig<strong>in</strong>e e culturasignificò l’esclusione da tutti i rapporti economici e sociali. E’per questo che molti Curdi arrivarono a negare o tacere le proprieorig<strong>in</strong>i etniche, mentre i relativi regimi facevano sistematicamentepressioni <strong>in</strong> tal senso. Questa strategia della negazioneprodusse molte assurdità. Per il regime arabo la questione curdanon esisteva. Era sicuro di averla risolta con l’islamizzazioneforzata. L’Islam era l’unica nazione. E questa nazione era araba.I Persiani si sp<strong>in</strong>sero oltre considerando i Curdi un sottogruppoetnico dei Persiani. In questo modo ai Curdi erano garantititutti i diritti <strong>in</strong> modo naturale. I Curdi che <strong>in</strong>vece rivendicavanoi loro diritti restando fedeli alla propria identità etnica,erano considerati persone che gettavano fango sulla loro nazionee che qu<strong>in</strong>di meritavano un trattamento di conseguenza.Il regime turco rivendicava la propria supremazia sui Curdibasandosi su presunte campagne di conquista <strong>in</strong> Anatolia milleanni prima, dove non esistevano altri popoli. Qu<strong>in</strong>di Curdo e<strong>Kurdistan</strong> sono non-parole, non esistono. Anzi secondo l’ideologiaufficiale non è permesso loro di esistere. L’uso di questeparole equivale ad un atto di terrorismo ed è punito di conseguenza.Nonostante tutte queste costruzioni ideologiche: i Curdisono uno dei più antichi gruppi etnici autoctoni della regione.21


AssimilazioneLe potenze egemoniche spesso usano lo strumento dell’assimilazionequando devono confrontarsi con gruppi etnici ribelli.L<strong>in</strong>gua e cultura sono portatrici di resistenza potenzialee devono qu<strong>in</strong>di essere annichilite con l’assimilazione. Vietarela l<strong>in</strong>gua madre e rafforzare l’uso di una l<strong>in</strong>gua stranierasono strumenti estremamente efficaci. Chi non è più capacedi parlare la propria l<strong>in</strong>gua madre, non ne custodirà più le peculiaritàfondate su fattori etnici, geografici e culturali. Senzal’elemento unificante della l<strong>in</strong>gua, sparirà anche l’aspetto unificantedel pensiero collettivo. Senza questa base comune, i legamicollettivi e le relazioni <strong>in</strong>terdipendenti <strong>in</strong>terne al gruppoetnico si spezzano e vanno perduti. Di conseguenza la l<strong>in</strong>guae la cultura egemoniche guadagnano terreno <strong>in</strong> un ambienteetnico e l<strong>in</strong>guistico conquistato. L’uso forzato della l<strong>in</strong>gua egemonicaha come risultato l’avvizzirsi della l<strong>in</strong>gua madre f<strong>in</strong>o arenderla <strong>in</strong>significante. Il che avviene ancor più velocemente sela l<strong>in</strong>gua madre non è una l<strong>in</strong>gua letteraria, come il Curdo appunto.La strategia dell’assimilazione non si limita all’uso dellal<strong>in</strong>gua, ma viene applicata <strong>in</strong> tutti i settori pubblici e socialicontrollati dallo stato.Il <strong>Kurdistan</strong> spesso è stato teatro di tentativi di assimilazioneculturale da parte di potenze straniere egemoniche. Gli ultimicent’anni della sua storia però sono stati i più distruttivi. Lacreazione delle strutture moderne dello stato-nazione nei paesiegemonici e la creazione <strong>in</strong> <strong>Kurdistan</strong> di un sistema di dom<strong>in</strong>iodi tipo coloniale hanno aggravato i tentativi di assimilazione<strong>in</strong>dirizzati verso la l<strong>in</strong>gua e la cultura curde.Come prima il persiano e l’arabo, ora anche il turco diventacon la forza una l<strong>in</strong>gua egemonica. Mentre i Curdi nell’antichitàe f<strong>in</strong>o all’epoca moderna erano riusciti a preservare laloro l<strong>in</strong>gua e cultura, ora venivano costretti ad arretrare da trel<strong>in</strong>gue e culture egemoniche che avevano a loro disposizione22


tutti i tipi di mezzi di comunicazione moderni. Le canzonitradizionali e la letteratura curde furono vietate, mettendo arepentaglio <strong>in</strong> questo modo l’esistenza di una l<strong>in</strong>gua che <strong>in</strong>passato aveva prodotto molte opere letterarie. La l<strong>in</strong>gua e lacultura curde furono dichiarate elementi sovversivi. L’<strong>in</strong>segnamentodella l<strong>in</strong>gua madre fu vietato. Le uniche l<strong>in</strong>gue consentitenel sistema scolastico erano le l<strong>in</strong>gue egemoniche, leuniche qu<strong>in</strong>di impiegate per <strong>in</strong>segnare le conquiste della modernità.Gli stati-nazione turco, arabo e persiano perseguirono unapolitica di assimilazione sistematica con l’impiego di diversistrumenti repressivi – sia sul piano istituzionale che sociale –negando ogni legittimità alla l<strong>in</strong>gua e cultura curde. Solo lal<strong>in</strong>gua e la cultura egemoniche potevano sopravvivere.Religione e nazionalismoL’egemonia per mantenere la supremazia ricorre anche all’usodella religione e del nazionalismo. In tutte le regioni del <strong>Kurdistan</strong>l’Islam è una religione di stato, usata dai poteri egemonicicome strumento per il controllo della popolazione. Nonostantequesti regimi sostengano apertamente il secolarismo, è chiarol’<strong>in</strong>treccio tra istituzioni politiche e religiose. Mentre <strong>in</strong> Iranè al potere un regime apertamente teocratico, negli altri paesivige una celata strumentalizzazione della religione <strong>in</strong> favore degli<strong>in</strong>teressi politici. E così le autorità religiose dello stato turcohanno alle loro dipendenze cent<strong>in</strong>aia di migliaia di imam.Neppure l’Iran possiede un tale esercito di leader religiosi. Lescuole religiose sono sotto il diretto controllo dello stato.Le scuole coraniche e gli istituti e facoltà teologiche annoveranoquasi mezzo milione di dipendenti. Tutto ciò fa sembrareassurdo il postulato costituzionale del secolarismo, che è piuttostouna sorta di placebo.Laddove queste idee <strong>in</strong>contrano la politica attiva producono23


situazioni caotiche. Durante il governo del Partito Democratico(DP) e del Partito delle Giustizia (AP) la religione di statofu politicizzata apertamente. I colpi di stato militari del marzo1971 e del settembre 1980 modificarono la struttura ideologicaturca, ridef<strong>in</strong>endo il ruolo della religione. Ciò diede avvioad une re-islamizzazione della repubblica turca, similmente aquanto era avvenuto <strong>in</strong> Iran dopo la presa del potere da partedi Khome<strong>in</strong>i nel 1979, sebbene non <strong>in</strong> maniera così radicale.Nel 2003 salì al potere il Partito della Giustizia e dello Sviluppo(AKP) e con esso, per la prima volta, gli ideologi islamici.La vittoria delle elezioni non fu un caso, ma il risultato di unapolitica religiosa di lungo respiro dello stato turco.Nazionalismo borgheseUn altro strumento ideologico nelle mani dei poteri egemoniciè il nazionalismo della classe media. Questa ideologia nelIX e nel XX secolo divenne l’ideologia dom<strong>in</strong>ante degli stat<strong>in</strong>azione,sulla cui base le classi borghesi procedettero controgli <strong>in</strong>teressi dei lavoratori e le aspirazioni del socialismo reale.Il nazionalismo emerse <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e come il risultato logico di unostato-nazione dai tratti quasi religiosi.Il nazionalismo turco nacque dopo il 1840 nel tentativo diarrestare la caduta dell’Impero Ottomano, della quale già sene <strong>in</strong>travedevano i segni. I primi nazionalisti turchi furonoorig<strong>in</strong>ariamente dei giuristi. Più tardi si rivoltarono contro ilsultanato di Abdulhamid II diventando sempre più radicali. Ilnazionalismo del movimento dei Giovani Turchi trovò la suaespressione nel “Comitato per l’unità ed il progresso”, impegnatoper una riforma costituzionale dello stato e risoluto aprendere il potere nell’impero. Un altro obiettivo dichiaratoapertamente era il rafforzamento dell’impero, debole esternamentee m<strong>in</strong>acciato <strong>in</strong>ternamente dalla decadenza, attraversouna sua modernizzazione sistematica, sia sul piano politico,24


che militare ed economico. L’apertura al Medio Oriente edall’Asia centrale da parte della Germania aggiunse poi al nazionalismoturco una componente razzista. Seguirono il genocidiodegli Armeni, dei Greci dell’Anatolia, degli Aramei e deiCurdi.La giovane repubblica turca era caratterizzata da un nazionalismoaggressivo e da una concezione molto limitata dellostato-nazione. Lo slogan “una l<strong>in</strong>gua, una nazione, uno stato”divenne un dogma politico. Sebbene per pr<strong>in</strong>cipio fosse un approcciosenza classe e fraterno, non possedeva gli strumenti peruna sua effettiva realizzazione. La sua astrattezza portava consé il pericolo del fanatismo ideologico. Il nazionalismo degenerò<strong>in</strong> uno strumento nelle mani dei circoli di potere, usatoperlopiù per nascondere i loro fallimenti. Dietro al motto della“superiore identità turca” l’<strong>in</strong>tera società si era votata ad unnazionalismo aggressivo.La guerra <strong>in</strong> <strong>Kurdistan</strong> ed il terrorismo di stato crearono unblocco di potere separato. Come <strong>in</strong> altri sistemi, dove determ<strong>in</strong>atiblocchi di potere dipendono dalla potenza militare efondano la loro esistenza sulla guerra, allo stesso modo venneformata la società turca.Ciò spiega anche perché il sistema politico perse la capacitàdi risolvere i conflitti. Si tratta di un sistema nato dalla guerrae dal terrore di stato, dove non è ancora chiaro quali centridi potere siano al servizio di <strong>in</strong>teressi e f<strong>in</strong>i non ben def<strong>in</strong>iti,con effetti egualmente disastrosi sia sulla comunità turca chesu quella curda.25


Identità curda e resistenza curdaIl processo di identificazione dei Curdi come nazione e popoloè avvenuto relativamente tardi. Anche se nelle rivolte del IX secoloc’era già una prima ricerca del riconoscimento dell’identitàcurda, questa non andava oltre l’opposizione al sultanato edal ruolo dello scià. Non c’erano idee su stili di vita alternativi.Riconoscere l’identità curda implicava la creazione di un regnocurdo sul modello dei sultanati tradizionali. Per molto tempoancora i Curdi sarebbero stati ben lontani dall’identificarsi conuna nazione.Soltanto nella seconda metà del XX secolo l’idea di un’identitàcurda <strong>in</strong>iziò a svilupparsi nell’ambito di dibattiti <strong>in</strong>tellettuali,soprattutto come tendenza della s<strong>in</strong>istra turca. A questatendenza mancava però la capacità <strong>in</strong>tellettuale di superare lavisione tradizionale di un’identità curda associata all’ord<strong>in</strong>e tribaleed allo sceiccato. Sia i partiti comunisti che si appoggiavanoal socialismo reale che i partiti liberali e feudali erano benlungi dall’idea di una nazione curda o dall’idea dei Curdi comegruppo etnico. Soltanto il movimento studentesco degli anni1970, posizionato nell’area di s<strong>in</strong>istra, fu <strong>in</strong> grado di contribuire<strong>in</strong> maniera sostanziale alla presa di coscienza circa l’esistenzadi un’identità curda.Il processo di identificazione etnica si sviluppò nella relazioneconflittuale tra la concezione nazionale turca di tiposciov<strong>in</strong>ista e la concezione nazionale curda di tipo feudale. Sidoveva confrontare da un lato con l’egemonia ideologica del26


sistema, che spesso appariva <strong>in</strong> vesti di s<strong>in</strong>istra, e dall’altro conl’aristocrazia curda, che tradizionalmente operava col sistema.Liberarsi da questi v<strong>in</strong>coli sociali, politici ed ideologici non erafacile. Richiedeva sia capacità <strong>in</strong>tellettuali che un lavoro organizzativopratico. Tutto ciò portò direttamente alla resistenza.Sono passati più di 35 anni dagli <strong>in</strong>izi degli anni 1970, daglialbori cioè dei tentativi di emancipazione da parte dei Curdi.Questo lasso di tempo non solo ha chiarito le idee ai Curdi circala loro identità ed offerto nuovi approcci per una soluzionedella questione curda, ma ha anche messo <strong>in</strong> evidenza comenel lungo term<strong>in</strong>e non sia possibile reprimere con la forza iCurdi e la loro emancipazione. Nessun sistema può sopravviverea lungo se cerca di trasformare le contraddizioni sociali<strong>in</strong>terne con la violenza. I tentativi di emancipazione dei Curdidimostrano anche che un popolo non può svilupparsi se nonriconquista la propria dignità sociale.27


Il Partito dei Lavoratori del <strong>Kurdistan</strong> (PKK)Breve storia delle orig<strong>in</strong>i del PKKNell’aprile del 1973 sei persone si riunirono per formare un’organizzazionepolitica curda <strong>in</strong>dipendente. Partivano dall’ipotesiche il <strong>Kurdistan</strong> fosse una colonia <strong>in</strong> senso classico, dove allapopolazione era vietato con la forza il diritto all’auto-determ<strong>in</strong>azione.Il loro primo obiettivo era cambiare questo stato dicose. Questa riunione può essere considerata il momento dellanascita di un nuovo movimento curdo.Col passare degli anni il gruppo trovò nuovi seguaci che loaiutarono a diffondere le sue idee tra la popolazione rurale del<strong>Kurdistan</strong>. I simpatizzanti di questo gruppo si scontraronosempre più con le forze di sicurezza turche, con appartenentitribali armati dell’aristocrazia curda e gruppi politici rivali, cheattaccavano violentemente il giovane movimento. Il Partitodei Lavoratori del <strong>Kurdistan</strong> (PKK) fu fondato il 27 novembre1978 <strong>in</strong> un piccolo villaggio vic<strong>in</strong>o a Diyarbakir. Alla riunionedi fondazione parteciparono ventidue esponenti del movimentoal f<strong>in</strong>e di creare per il movimento stesso delle strutturepiù professionali. Il movimento non sarebbe sopravissuto <strong>in</strong>un ambiente urbano, qu<strong>in</strong>di focalizzarono le loro attività nelleregioni rurali del <strong>Kurdistan</strong>.Le autorità turche reagirono duramente ai tentativi di propagandadel PKK. Seguirono arresti e scontri armati con perditeda entrambe le parti. La situazione <strong>in</strong> Turchia stava comunquegiungendo al culm<strong>in</strong>e e nel 1979 erano già visibili i28


primi segnali dell’imm<strong>in</strong>ente colpo di stato militare. Comerisposta il PKK <strong>in</strong>iziò a ritirarsi dalla Turchia sulle montagne o<strong>in</strong> altri stati del Medio Oriente. In Turchia rimasero solo pochiattivisti e questo assicurò la sopravvivenza del PKK. Il 12 settembredel 1980 i militari turchi rovesciarono il governo civilee presero il potere. Molti esponenti del PKK che erano rimasti<strong>in</strong> Turchia furono arrestati dalla giunta militare.In una situazione simile il PKK fu costretto a prendere unadecisione: diventare un’organizzazione <strong>in</strong> esilio o un modernomovimento di liberazione nazionale. Dopo una breve fase diriorganizzazione la maggioranza dei membri del PKK ritornò<strong>in</strong> <strong>Kurdistan</strong> e si diede alla resistenza armata contro la giuntafascista. Gli attacchi alle strutture militari ad Eruh e Semdilidel 15 agosto 1984 segnarono ufficialmente l’<strong>in</strong>izio della resistenzaarmata. Nonostante alcuni errori, era stato fatto un primopasso verso la creazione di un movimento di liberazionenazionale.Inizialmente le autorità turche - Turgut Ozal era appena statoeletto primo m<strong>in</strong>istro - cercarono di m<strong>in</strong>imizzare l’<strong>in</strong>cidente.La propaganda di stato def<strong>in</strong>iva la guerriglia un “manipolodi banditi”, il che rende l’idea della mentalità dei responsabilidi allora. Un approccio politico al conflitto era impensabile.Gli scontri si trasformarono <strong>in</strong> una guerra che causò numerosevittime da entrambe le parti.Soltanto negli anni 1990 la situazione parve sbloccarsi un po’e lo stato sembrava pronto per una soluzione politica. TurgutOzal e Suleyman Demirel, allora presidente, rilasciarono dichiarazionisecondo le quali si poteva pensare ad un riconoscimentodell’identità curda, risvegliando la speranza <strong>in</strong> unaf<strong>in</strong>e precoce del conflitto. Il PKK cercò di rafforzare questoprocesso proclamando nel 1993 un cessate il fuoco.Con la morte improvvisa di Turgut Ozal questo processo fuprivato di uno dei suoi protagonisti più importanti. C’erano29


però anche altri ostacoli. Alcuni irriducibili del PKK cont<strong>in</strong>uaronola lotta armata; la situazione della classe dirigente dellostato turco era difficile e segnata dal conflitto di <strong>in</strong>teressi; l’atteggiamentodei leader curdi iracheni Talabani e Barzani nonaiutava il proseguimento del processo di pace. Fu la più grandeopportunità per una soluzione pacifica della questione curdache mai si era presentata prima e se la fecero scappare.Dopodiché ci fu un’escalation del conflitto con grandi perditeda entrambe le parti, escalation che non servì ad uscire dalvicolo cieco nel quale ci si era <strong>in</strong>cagliati. Gli anni di guerra trail 1994 ed il 1998 furono anni persi. Nonostante le numerosetregue unilaterali proclamate dal PKK, lo stato turco persisteva<strong>in</strong> una soluzione militare. Anche il cessate il fuoco del 1998rimase senza risposta, anzi fu la causa di uno scontro militaretra la Turchia e la Siria che portò i paesi sull’orlo di una guerra.Nel 1998 andai <strong>in</strong> Europa come presidente del PKK per promuovereuna soluzione politica. L’odissea che ne seguì è bennota. Fui rapito dal Kenia grazie ad un’alleanza tra servizi segretie portato <strong>in</strong> Turchia <strong>in</strong> violazione del diritto <strong>in</strong>ternazionale.In seguito al mio rapimento tutti si aspettavano un’escalationdel conflitto. Il processo sull’isola-prigione turca diImrali segnò <strong>in</strong>vece una svolta decisiva nel conflitto, offrendonuove prospettive per una soluzione politica. Allo stesso tempoquesta svolta determ<strong>in</strong>ò un nuovo orientamento ideologico epolitico del PKK, al quale avevo già lavorato prima del miorapimento. Ci fu una vera e propria frattura politica ed ideologica.Quali furono qu<strong>in</strong>di le reali motivazioni?Pr<strong>in</strong>cipali criticheIl mio rapimento fu sicuramente un duro colpo per il PKK,ma non la causa della sua frattura ideologica e politica. Il PKKera stato concepito come un partito con una struttura gerarchicadi tipo statale, simile a quella di altri partiti. Una strut-30


tura che era però <strong>in</strong> contraddizione dialettica con i pr<strong>in</strong>cipidi democrazia, libertà e uguaglianza. Una contraddizione dipr<strong>in</strong>cipio che riguardava tutti i partiti, <strong>in</strong>dipendentemente dallaloro filosofia. Sebbene il PKK avesse una visione <strong>in</strong>dirizzataverso la libertà, non eravamo stati capaci di liberare il nostropensiero dalle strutture gerarchiche.Un’altra delle contraddizioni pr<strong>in</strong>cipali stava nella ricercada parte del PKK del potere politico istituzionale, sul qualeil partito si era formato ed all<strong>in</strong>eato. Una struttura orientatasecondo il potere istituzionale era però <strong>in</strong> conflitto con quellademocratizzazione della società alla quale il PKK dichiaravaapertamente di aspirare. Gli attivisti di un qualsiasi partito diquesto genere tendono a orientarsi secondo i loro superiori,piuttosto che secondo la società, oppure <strong>in</strong> alcuni casi aspiranoad occuparne le stessa posizione.Tutte e tre le grandi correnti ideologiche fondate su unaconcezione emancipatrice della società si trovarono di fronte aquesta contraddizione. Quando il socialismo reale e la democraziasociale, come pure i movimenti di liberazione nazionale,cercarono di formulare dei concetti di società che andasserooltre il capitalismo, non riuscirono a liberarsi dai legami ideologicidel sistema capitalista. Presto divennero loro stessi pilastridel sistema capitalista, per il semplice fatto che cercaronoil potere politico istituzionale, piuttosto che focalizzare la loroattenzione sulla democratizzazione della società.Un’altra grande contraddizione fu il valore dato alla guerranel pensiero ideologico e politico del PKK. <strong>Guerra</strong> <strong>in</strong>tesacome la cont<strong>in</strong>uazione della politica, pur con mezzi diversi, ecome strumento strategico.Ciò era apertamente <strong>in</strong> contraddizione con la percezione d<strong>in</strong>oi stessi come movimento che combatteva per la liberazionedella società, <strong>in</strong> base alla quale l’uso della forza armata è giustificabilesolo ai f<strong>in</strong>i dell’auto-difesa. Tutto quanto va oltre è31


<strong>in</strong> aperto contrasto con l’approccio sociale di tipo emancipatoreprofessato dal PKK, dato che tutti i regimi oppressivi dellastoria erano stati fondati sulla guerra o avevano strutturato leloro istituzioni secondo una logica bellica. Il PKK credeva chela lotta armata fosse sufficiente per conquistare quei diritti cheerano stati negati ai Curdi. Una tale concezione determ<strong>in</strong>isticadella guerra non è né socialista, né democratica, anche se ilPKK si considerava un partito democratico. Un partito veramentesocialista non si ispira ad una struttura o gerarchia ditipo statale, né aspira al potere politico istituzionale, alla cuibase troviamo la protezione degli <strong>in</strong>teressi e del potere con ilricorso alla guerra.La presunta sconfitta del PKK, che le autorità turche credevanodi aver ottenuto con la mia deportazione <strong>in</strong> Turchia, fualla f<strong>in</strong>e un motivo sufficiente per esam<strong>in</strong>are <strong>in</strong> modo critico eaperto le ragioni che avevano impedito al nostro movimentodi liberazione di fare ulteriori progressi. La frattura ideologicae politica subita dal PKK trasformò la presunta sconfitta <strong>in</strong> unpunto di passaggio verso nuovi orizzonti.32


Nuovi approcci strategici, filosofici e politici delmovimento di liberazione curdoNon è possibile <strong>in</strong> questo saggio trattare <strong>in</strong> maniera esaustiva ipr<strong>in</strong>cipali elementi strategici ideologici, filosofici e politici allabase del processo di cambiamento. Possiamo però riassumernei punti fondamentali:• I nuovi approcci filosofici, politici ed etici ai quali si ispira ilPKK di nuovo orientamento trovano un’espressione adeguatanel cosiddetto “socialismo democratico”.• Dal diritto all’auto-determ<strong>in</strong>azione dei popoli il PKK nonderiva la creazione di uno stato-nazione curdo, ma consideraquesto diritto la base per la creazione di giovani democrazie,senza cercare nuovi conf<strong>in</strong>i politici. E’ compito del PKKconv<strong>in</strong>cere la società curda ad accettare questa idea. Ciò valeanche per il dialogo con gli stati egemonici che esercitano ilpotere <strong>in</strong> <strong>Kurdistan</strong>, che deve essere il punto di partenza per lasoluzione delle questioni aperte.• Gli stati attualmente esistenti necessitano di riforme democraticheche vadano ben oltre un falso attaccamento servile allademocrazia. Non è <strong>in</strong> ogni caso realistico pensare ad un’immediataabolizione dello stato, il che non significa che dobbiamoaccettarlo per quello che è. La struttura dello stato classico colsuo atteggiamento di potenza dispotica è <strong>in</strong>accettabile. Lo statoistituzionale necessita di cambiamenti <strong>in</strong> senso democratico.Alla f<strong>in</strong>e di questo processo dovrebbe esserci uno stato snellocome istituzione politica, che svolga le sue funzioni soltanto33


nel campo della sicurezza <strong>in</strong> generale e della fornitura dei servizisociali. Una tale concezione dello stato, che dovrebbe essereconsiderato un’autorità sociale, non ha niente a che vedere colcarattere autoritario dello stato classico.• Il movimento di liberazione curdo si sta adoperando perun sistema di auto-organizzazione democratica della società <strong>in</strong><strong>Kurdistan</strong> di tipo confederale. Il confederalismo democratico èda <strong>in</strong>tendersi come un modello di coord<strong>in</strong>amento per una nazionedemocratica. Fornisce cioè una struttura all’<strong>in</strong>terno dellaquale m<strong>in</strong>oranze, comunità religiose, gruppi culturali, gruppilegati specificatamente al genere ed altri gruppi sociali, soloper fare alcuni esempi, possono organizzarsi autonomamente.Questo modello può anche essere considerato una forma di organizzazioneper nazioni e culture democratiche. Il processo didemocratizzazione <strong>in</strong> <strong>Kurdistan</strong> non si limita soltanto ad unaquestione di forma, ma è piuttosto un ampio progetto socialeche mira alla sovranità economica, sociale e politica di tutti glistrati della società. Promuove la costruzione delle istituzion<strong>in</strong>ecessarie a tal f<strong>in</strong>e e crea gli strumenti per l’auto-governo edil controllo democratici. E’ un processo permanente e a lungoterm<strong>in</strong>e. In questo contesto le elezioni non sono l’unico strumento.Si tratta piuttosto di un processo politico d<strong>in</strong>amico chenecessita dell’<strong>in</strong>tervento diretto dell’autorità sovrana, cioè delpopolo, co<strong>in</strong>volto direttamente nei processi decisionali dellasocietà. Questo progetto si fonda sull’auto-governo delle comunitàlocali ed è organizzato sotto forma di consigli aperti,consigli comunali, parlamenti locali e congressi allargati. Autoridi questo tipo di auto-governo sono gli stessi cittad<strong>in</strong>i, e nonle autorità statali. Il pr<strong>in</strong>cipio dell’auto-governo federale nonha restrizioni. Può cont<strong>in</strong>uare anche oltre i conf<strong>in</strong>i per crearedelle strutture democratiche mult<strong>in</strong>azionali. Il federalismodemocratico preferisce gerarchie piatte, nelle quali i processidecisionali e le risoluzioni f<strong>in</strong>ali sono lasciati alle comunità.34


• Il modello f<strong>in</strong> qui descritto può essere def<strong>in</strong>ito anche comeun auto-governo autonomo democratico dove i diritti sovranilegati allo stato sono limitati. Un simile modello permetteun’applicazione di valori fondamentali, quali libertà e uguaglianza,più adeguata rispetto ai modelli amm<strong>in</strong>istrativi tradizionali.Non deve limitarsi alla Turchia, ma si può applicareanche ad altre regioni del <strong>Kurdistan</strong>. Allo stesso tempo è unmodello che ben si adatta alla costruzione di strutture amm<strong>in</strong>istrativedi tipo federale <strong>in</strong> tute le zone d’<strong>in</strong>sediamento curdo <strong>in</strong>Siria, Turchia, Iraq ed Iran. Si possono <strong>in</strong> questo modo costruiredelle strutture confederali <strong>in</strong> tutte le regioni del <strong>Kurdistan</strong>senza dover mettere <strong>in</strong> discussione i conf<strong>in</strong>i esistenti.• Il decl<strong>in</strong>o del socialismo reale fu anche il risultato di comei paesi socialisti usarono il potere, sia <strong>in</strong>ternamente che nellerelazioni con le nazioni estere, come pure del fatto che nonseppero riconoscere l’importanza della questione femm<strong>in</strong>ile.Donne e potere sembrano essere due categorie contraddittorie.Il socialismo reale considerò la questione dei diritti delledonne un tema di secondaria importanza, che si sarebbe comunquerisolto da solo una volta risolti tutti gli altri problemieconomici e sociali. Possiamo considerare le donne una classeed una nazione oppresse, oppure il sesso oppresso. F<strong>in</strong>ché lalibertà ed il trattamento egualitario delle donne non sarannodiscussi <strong>in</strong> un contesto storico e sociale, f<strong>in</strong>ché cioè non se ne<strong>in</strong>dividuerà una teoria adeguata, non ci sarà neppure una praticaadeguata. Qu<strong>in</strong>di la liberazione delle donne deve occupareuna posizione strategica centrale nella lotta democratica per lalibertà <strong>in</strong> <strong>Kurdistan</strong>.• Oggi la democratizzazione della politica è una delle sfidepiù urgenti. Per una politica democratica ci vogliono però partitidemocratici. F<strong>in</strong>ché i partiti e le istituzioni legate ai partit<strong>in</strong>on si dedicheranno agli <strong>in</strong>teressi della società, piuttosto chead eseguire gli ord<strong>in</strong>i dello stato, la democratizzazione della35


politica sarà un obiettivo difficilmente raggiungibile. In Turchiai partiti non sono altro che strumenti di propaganda dellostato che godono del sostentamento pubblico. La loro trasformazione<strong>in</strong> partiti dediti esclusivamente agli <strong>in</strong>teressi della societàe la creazione della relativa base giuridica necessaria, sarebberouna parte importante di una riforma politica. Fondaredei partiti che abbiano la parola <strong>Kurdistan</strong> nel loro nome èancora un atto crim<strong>in</strong>ale. I partiti <strong>in</strong>dipendenti vengono ancoraostacolati <strong>in</strong> molti modi. I partiti e le coalizioni legati al<strong>Kurdistan</strong> sono al servizio della democratizzazione f<strong>in</strong>ché nonparlano di separatismo o ricorrono all’uso della forza.• Uno dei più grandi ostacoli sulla via della democratizzazioneè il diffuso spirito di sudditanza, sia a livello <strong>in</strong>dividualeche istituzionale, che può essere superato soltanto creando laconsapevolezza della democrazia <strong>in</strong> tutti gli strati della società.Tutti i cittad<strong>in</strong>i devono essere <strong>in</strong>vitati ad operare attivamenteper la democrazia. Per i Curdi ciò significa costruire strutturedemocratiche <strong>in</strong> tutte le regioni del <strong>Kurdistan</strong> e laddove vi sianocomunità curde che promuovono la partecipazione attivanella vita politica della comunità. Devono essere <strong>in</strong>vitate a partecipareanche le m<strong>in</strong>oranze che vivono <strong>in</strong> <strong>Kurdistan</strong>. Si devedare massima priorità allo sviluppo di strutture democratichedi base ed al corrispondente approccio pratico. Strutture dibase che devono essere considerate obbligatorie, anche laddovesi violano i basilari pr<strong>in</strong>cipi democratici e giuridici, come <strong>in</strong>Medio Oriente.• La politica ha bisogno di mezzi di comunicazione <strong>in</strong>dipendenti,senza i quali le strutture statali non possono svilupparealcun tipo di sensibilità verso il tema della democrazia. Né saràpossibile portare la democrazia nella politica. La libertà d’<strong>in</strong>formazionenon è solo un diritto dell’<strong>in</strong>dividuo, ma ha ancheuna dimensione collettiva. Mezzi di comunicazione <strong>in</strong>dipendentihanno anche un mandato di tipo sociale e la loro comu-36


nicazione col pubblico deve essere caratterizzata da equilibriodemocratico.• Istituzioni feudali quali tribù, sceiccati e sette, lasciti delMedioevo, sono ostacoli alla democratizzazione, al pari delleistituzioni degli stati nazionali classici, e devono essere sollecitatecon i giusti metodi al cambiamento democratico. Il superamentodi queste istituzioni parassitarie è qu<strong>in</strong>di prioritario.• Si deve garantire il diritto all’<strong>in</strong>segnamento della l<strong>in</strong>guamadre. Anche se le autorità non promuovono questo tipo diistruzione, non devono ostacolare i tentativi della società civiledi creare istituzioni che offrano l’<strong>in</strong>segnamento della l<strong>in</strong>gua edella cultura curde. Il sistema sanitario deve essere garantito siadallo stato che dalla società civile.• Un modello di società ecologico è essenzialmente socialista.Soltanto col passaggio da una società classista alienata e fondatasul despotismo a una società socialista si potrà raggiungereil traguardo di un equilibrio ecologico nella natura e nella società.Sperare nella conservazione dell’ambiente <strong>in</strong> un sistemacapitalista sarebbe un’illusione, dato che questo sistema svolgeil ruolo del protagonista nella devastazione dell’ambiente. Nelprocesso di cambiamento sociale si deve qu<strong>in</strong>di prestare unaparticolare attenzione alla protezione dell’ambiente.• La soluzione della questione curda è da ricercarsi nell’ambitodella democratizzazione di quelle nazioni che esercitanoun potere egemonico sulle diverse zone del <strong>Kurdistan</strong>. Processoche non deve però limitarsi a queste nazioni, ma estendersipiuttosto <strong>in</strong> tutto il Medio Oriente. La libertà del <strong>Kurdistan</strong> èstrettamente legata alla democratizzazione del Medio Oriente.Un <strong>Kurdistan</strong> libero è possibile soltanto <strong>in</strong> un <strong>Kurdistan</strong> democratico.• La libertà di espressione e decisione <strong>in</strong>dividuale è <strong>in</strong>alienabile.Nessuna nazione, nessuno stato, nessuna società ha il dirittodi limitare questa libertà, <strong>in</strong>dipendentemente dai motivi37


che potrebbe addurre. Senza la libertà dell’<strong>in</strong>dividuo non c’èlibertà per la società, così come la libertà dell’<strong>in</strong>dividuo è impossibilese la società non è libera.Di fondamentale importanza per il processo di liberazione dellanazione è un’equa redistribuzione delle risorse economicheattualmente <strong>in</strong> possesso dello stato. I beni economici non devonodiventare uno strumento nelle mani dello stato per esercitarepressione sulla popolazione. Le risorse economiche nonsono di proprietà dello stato, ma della società.• Un’economia vic<strong>in</strong>a al popolo dovrebbe fondarsi sulla redistribuzioneed avere come obiettivo il bene comune, piuttostoche esclusivamente l’accumulo di plusvalore e l’aumento delvolume d’affari. Le strutture economiche locali qui non solodanneggiano la società, ma anche l’ambiente. Uno dei motivipr<strong>in</strong>cipali del decl<strong>in</strong>o della società è da ricercarsi negli effettidei mercati f<strong>in</strong>anziari locali. La produzione artificiale di bisogni,la ricerca sempre più avventurosa di nuovi mercati e la sete<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ita di profitti sempre più grandi, fanno crescere costantementeil divario tra ricchi e poveri, andando ad <strong>in</strong>grossarel’esercito di chi vive al di sotto della soglia di povertà o di chimuore addirittura di fame. Una politica economica di questogenere non è più tollerabile. La più grande sfida di una politicasocialista sta qu<strong>in</strong>di nell’implementare una politica economicaalternativa che non sia orientata esclusivamente al profitto, mapiuttosto ad una giusta distribuzione delle risorse ed al soddisfacimentodei bisogni naturali.• Sebbene i Curdi assegn<strong>in</strong>o un grande valore alla famiglia,questa non è certo ancora un luogo dove la libertà abbonda.La mancanza di risorse economiche, istruzione e cure sanitarienon hanno favorito un grande sviluppo <strong>in</strong> questo senso. Lasituazione delle donne e dei bamb<strong>in</strong>i è disastrosa e simbolo diquesto disastro è l’uccisione per motivi d’onore di componentifemm<strong>in</strong>ili della famiglia, bersaglio di una concezione arcaica38


dell’onore che riflette la degenerazione dell’<strong>in</strong>tera società. Lafrustrazione maschile determ<strong>in</strong>ata dalle condizioni esistentisi rivolge contro i membri più deboli della società: le donne.La famiglia <strong>in</strong>tesa come istituzione sociale è <strong>in</strong> crisi. Anche <strong>in</strong>questo campo una soluzione è possibile soltanto nell’ambito diuna democratizzazione generale.39


Situazione attuale e suggerimenti per una suasoluzioneLe relazioni tra i Curdi ed i Turchi <strong>in</strong> Turchia giocano un ruolochiave <strong>in</strong> vista di una soluzione della questione curda, rispettoalla quale il potenziale dei Curdi <strong>in</strong> Iraq, Iran e Siria è soltantolimitato e molto probabilmente per una possibile soluzionegenerale potrebbe essere solo di supporto. I Curdi <strong>in</strong> Iraq sonoun buonissimo esempio <strong>in</strong> questo senso. La struttura semistataledell’autonomia curda è <strong>in</strong>direttamente il risultato delleattività <strong>in</strong>traprese a livello mondiale da Turchia, Stati Uniti edi loro alleati per denunciare il PKK come organizzazione terroristica.Senza il consenso di Ankara questa “soluzione” nonsarebbe stata possibile. Il caos causato da questa soluzione èovvio ed il risultato imprevedibile. Non è neppure chiaro qualedirezione prenderà nel lungo term<strong>in</strong>e l’autorità nazionalecurda di tipo feudale-liberale e che effetti avrà su Iran, Siria eTurchia. C’è il pericolo di un allargamento del conflitto a livelloregionale, simile nella forma al conflitto israelo-palest<strong>in</strong>ese.Un’<strong>in</strong>fiammata del nazionalismo curdo potrebbe rendere ancorpiù radicali i nazionalismi persiano, arabo e turco, rendendoancor più difficile una soluzione del problema.Si deve contrastare questo tipo di prospettiva con un modellodi soluzione libero da aspirazioni nazionalistiche, che partadal riconoscimento dei conf<strong>in</strong>i territoriali esistenti. In cambioi vari stati dovranno riconoscere per iscritto nelle rispettive costituzionil’esistenza dei Curdi come popolo, garantendo loro idiritti legati alla cultura, alla l<strong>in</strong>gua ed alla partecipazione po-40


litica. Una soluzione di questo tipo sarebbe quella più corrispondentealle realtà storiche e sociali della regione.Alla luce di tutto questo far pace coi Curdi sembra <strong>in</strong>evitabile.La guerra attuale o qualsiasi altra guerra futura non potrebbeche risolversi <strong>in</strong> una vittoria di Pirro. Si deve qu<strong>in</strong>diporre f<strong>in</strong>e a questa guerra, durata f<strong>in</strong> troppo. Seguire l’esempiodi altri paesi è nell’<strong>in</strong>teresse di tutti gli stati della regione, chedevono fare i primi passi necessari.I Curdi chiedono solo il rispetto della loro esistenza; chiedonolibertà di cultura e un sistema pienamente democratico.Una soluzione più umana e modesta è impensabile. Sudafrica,Palest<strong>in</strong>a, Galles, Irlanda del Nord, Scozia e Corsica sono soloalcuni esempi che dimostrano <strong>in</strong> che modo stati moderni diversisono stati <strong>in</strong> grado nel corso della loro storia di risolvereo trattare problemi simili. Questi paragoni ci aiutano <strong>in</strong>oltre atrovare un approccio più obiettivo ai nostri problemi.Il rifiuto della violenza come strumento di soluzione dellaquestione curda ed il superamento, almeno <strong>in</strong> parte, dellapolitica repressiva del non-riconoscimento, sono strettamentelegati al fatto che noi sosteniamo l’opzione democratica. Vietarela l<strong>in</strong>gua e la cultura curde, come pure l’<strong>in</strong>segnamento e letrasmissioni <strong>in</strong> curdo, è di per sé un atto terroristico che <strong>in</strong>vitaalla violenza come risposta. E’ comunque vero che entrambe leparti hanno fatto uso della violenza <strong>in</strong> una misura che va benoltre la legittima autodifesa.Ai giorni nostri molti movimenti ricorrono a metodi ancorpiù estremi. Noi <strong>in</strong>vece abbiamo più volte proclamato tregueunilaterali, abbiamo ritirato per molti anni dal territorio turcomoltissimi dei nostri combattenti, il che confuta l’accusadi terrorismo. I nostri sforzi per il raggiungimento della pacesono però stati ignorati nel corso degli anni e le nostre <strong>in</strong>iziativesono sempre rimaste senza risposta. Ma non solo, un gruppodi politici curdi <strong>in</strong>viati come ambasciatori di pace sono stati41


arrestati e condannati a molti anni di prigione. I nostri tentatividi pace sono stati mal <strong>in</strong>terpretati come una debolezza.Non si possono spiegare <strong>in</strong> altro modo dichiarazioni secondole quali il PKK ed Öcalan sarebbero praticamente f<strong>in</strong>iti oppureche le nostre <strong>in</strong>iziative avessero soltanto un f<strong>in</strong>e tattico. Diconseguenza dichiararono di dover agire <strong>in</strong> maniera un po’ piùdura per poter distruggere il PKK ed aumentarono i loro attacchicontro il movimento di liberazione curdo. Nessuno si chiedeperò perché non ci siano mai riusciti? E’ impossibile risolverela questione curda con la violenza. L’atteggiamento sopramenzionato contribuì anche al fallimento del cessate-il-fuoco<strong>in</strong>iziato il 1 ottobre 2006. Su richiesta di alcuni <strong>in</strong>tellettuali edalcune organizzazioni non-governative avevo esortato il PKK aquesta tregua, che ancora una volta però non venne presa sulserio. Si fomentarono <strong>in</strong>vece il razzismo e lo sciov<strong>in</strong>ismo creandoun clima di scontro. Non si deve <strong>in</strong>oltre dimenticare cheanche l’AKP sfrutta questa situazione per appianare i propriproblemi con l’elite kemalista, scendendo a compromessi conl’esercito e speculando sull’acuirsi del conflitto turco-curdo.Al momento il governo si limita a delle misure poco sentiteper strappare concessioni dall’Unione Europea. Sta cercandodi guadagnare tempo grazie anche alle leggi di armonizzazioneapprovate nel contesto del processo di <strong>in</strong>gresso nell’UE. In realtàqueste f<strong>in</strong>te-riforme non sono altro che carta straccia.L’acuirsi del conflitto è preoccupante. Tuttavia non perderòla speranza <strong>in</strong> una pace giusta, che può diventare possibile <strong>in</strong>qualsiasi momento.Alla società turca offro una soluzione semplice. Chiediamouna nazione democratica. Non siamo contrari né allo statounitario, né alla repubblica. Accettiamo la repubblica, la suastruttura unitaria ed il laicismo, ma crediamo che debba essereridef<strong>in</strong>ita come uno stato democratico che rispetti i popoli, leculture ed i diritti. Su questa base i Curdi devono essere liberi42


di organizzarsi <strong>in</strong> modo tale da poter vivere la propria l<strong>in</strong>guae cultura e da potersi sviluppare economicamente ed ecologicamente.Curdi, Turchi ed altre culture potrebbero così vivere<strong>in</strong>sieme <strong>in</strong> Turchia, sotto lo stesso tetto di una nazione democratica.Ciò è però possibile soltanto con una costituzione democraticaed una struttura giuridica avanzata che garantisca ilrispetto delle diverse culture.La nostra idea di nazione democratica non è def<strong>in</strong>ita dabandiere e conf<strong>in</strong>i. La nostra idea di nazione democratica abbracciaun modello fondato sulla democrazia, piuttosto che unmodello basato su strutture statali ed orig<strong>in</strong>i etniche. La Turchiadeve def<strong>in</strong>ire se stessa come una nazione che comprendatutti i gruppi etnici. Un modello fondato cioè sui diritti umani,<strong>in</strong>vece che sulla religione o la razza. La nostra idea di nazionedemocratica abbraccia tutti i gruppi etnici e tutte le culture.Partendo da questa situazione oggettiva e da queste premesse,la soluzione che propongo si può riassumere nei seguenti puntisalienti:• la questione curda deve essere trattata essenzialmente comeuna questione di democratizzazione. L’identità curda deveessere garantita dalla costituzione e dal sistema giuridico. Lanuova costituzione dovrebbe contenere un articolo con la seguenteformulazione: “La costituzione della Repubblica dellaTurchia riconosce l’esistenza e l’espressione di tutte le sue culture<strong>in</strong> maniera democratica”. Sarebbe sufficiente così.• I diritti culturali e l<strong>in</strong>guistici devono essere protetti dallalegge. Non deve esserci alcuna restrizione per radio, TV estampa. I programmi <strong>in</strong> curdo o <strong>in</strong> altre l<strong>in</strong>gue devono esseretrattati con le stesse regole e norme che regolano i programmi<strong>in</strong> turco. Lo stesso dicasi per le attività culturali.• Il curdo deve essere <strong>in</strong>segnato nella scuola elementare. Chivuole che i propri figli ricevano una tale istruzione, deve ave-43


e l’opportunità di mandarli <strong>in</strong> una scuola di questo tipo. Lascuola secondaria deve offrire corsi opzionali di cultura, l<strong>in</strong>guae letteratura curda. Le università devono poter aprire istituti dil<strong>in</strong>gua, letteratura, cultura e storia curde.• Non si deve limitare la libertà di espressione ed organizzazione.Le attività politiche non devono essere limitate o regolamentatedallo stato. Questo deve essere valido anche nell’ambitodella questione curda, senza restrizione alcuna.• E’ necessaria una riforma democratica delle leggi relative aipartiti ed alle elezioni. Leggi che dovranno garantire la partecipazionedel popolo curdo e di altri gruppi democratici nelprocesso decisionale democratico.• Si devono sciogliere il sistema dei guardiani del villaggio e lereti illegali <strong>in</strong>terne alle strutture statali.• Non si deve ostacolare il ritorno nei propri villaggi della popolazionescacciata con la forza durante la guerra. Si devono a talf<strong>in</strong>e prendere le necessarie misure amm<strong>in</strong>istrative, legali, economichee sociali. Si deve <strong>in</strong>oltre avviare un programma di sviluppoeconomico per aiutare la popolazione curda a guadagnarsi il necessarioper vivere e migliorare il proprio tenore di vita.• E’ necessario approvare una legge per la pace sociale e lapartecipazione democratica, che permetta ai membri dellaguerriglia, ai prigionieri ed a coloro che si trovano <strong>in</strong> esilio dipartecipare alla vita pubblica senza preclusione alcuna.Si devono <strong>in</strong>oltre discutere misure immediate <strong>in</strong> vista di unasoluzione, oltre a formulare ed attuare un piano di azione democratica.Per una riconciliazione all’<strong>in</strong>terno della società sarànecessario istituire commissioni di verità e giustizia. Entrambele parti dovranno ricercare i propri errori e discuterne pubblicamente.E’ il solo modo possibile per giungere ad una riconciliazionedella società.Nel momento <strong>in</strong> cui stati o organizzazioni non riescono più44


a fare alcun progresso, gli <strong>in</strong>tellettuali possono servire da mediatori.Il Sudafrica, l’Irlanda del Nord e la Sierra Leone hannofatto esperienze positive con questo modello. Potrebbero farela parte degli arbitri ed aiutare entrambe le parti a muovers<strong>in</strong>ella direzione di una giusta pace. Le commissioni possono <strong>in</strong>cludere<strong>in</strong>tellettuali, avvocati, fisici o scienziati. Quando giungeràil giorno <strong>in</strong> cui deporremo le armi, lo faremo solo nellemani di una commissione di questo tipo, a patto che sia unacommissione il cui f<strong>in</strong>e sia la giustizia.Perché dovremmo consegnare le armi senza la prospettivadella giustizia? L’<strong>in</strong>izio di un processo simile dipende anchedalla buona volontà e dal dialogo. Se <strong>in</strong>fatti ci dovesse essereun dialogo, potremmo avviare un processo simile all’ultimatregua illimitata.Da parte mia sono pronto a fare tutto il possibile. Il governodeve però dimostrare la propria volontà di pace e deve prenderel’<strong>in</strong>iziativa. E’ questo che devono fare, se non voglionoessere i soli responsabili delle relative conseguenze.Se i nostri tentativi per una soluzione pacifica dovessero fallireod essere sacrificati alla politica di ogni giorno, alle lottedi potere o alla ricerca del profitto, ci sarebbe sicuramente unacuirsi del conflitto attuale la cui f<strong>in</strong>e diventerebbe imprevedibile.Il caos che se seguirebbe non vedrebbe v<strong>in</strong>citori.La Turchia deve <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e sviluppare la capacità di riconoscerela propria realtà, la realtà curda e le d<strong>in</strong>amiche globali. Unostato che nega la realtà si troverà <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e ed <strong>in</strong>evitabilmente essostesso <strong>in</strong> una crisi esistenziale.E’ qu<strong>in</strong>di cruciale fare i primi passi che condurranno questopaese verso una pace duratura.Abdullah ÖcalanCarcere d’isolamento, Isola d’Imrali45


Edito da:Iniziativa InternazionaleLibertà per Abdullah Öcalan – <strong>Pace</strong> <strong>in</strong> <strong>Kurdistan</strong>

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