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'68 Affrontare il tema del '68, a quarant'anni di distanza ... - Virgilio

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note in condotta<br />

école numero 68 pagina 26<br />

ELOGIO DELL’IRONIA.<br />

IN QUANTO UOMINI<br />

ANDREA BAGNI<br />

In autunno mi è capitato <strong>di</strong> parlare con altri uomini in quanto uomini.<br />

Ci si confrontava con la manifestazione contro la violenza sulle donne,<br />

su una possib<strong>il</strong>e “presa <strong>di</strong> parola” masch<strong>il</strong>e sulla questione – visto<br />

che la violenza sulle donne è <strong>di</strong> sicuro un problema degli uomini, anche<br />

se lascia segni nei corpi vicini, quasi sempre nella tanto naturale famiglia.<br />

Segno <strong>di</strong> un non saper esistere nel confronto con la libertà <strong>del</strong>le<br />

donne, come soggetti parziali, cioè interi e umani.<br />

Le parole scambiate in quanto uomini, però, hanno spesso qualcosa <strong>di</strong><br />

buffo, forse perché non siamo abituati e ci manca <strong>il</strong> tono o <strong>il</strong> lessico,<br />

se non la grammatica. Potrebbe anche essere un bene a con<strong>di</strong>zione che<br />

si riesca ad inventare qualcosa <strong>di</strong> nuovo. Ma a partire da cosa decente<br />

<strong>di</strong> noi stessi? Perché mica basta farsi carico <strong>del</strong>la storia masch<strong>il</strong>e, <strong>di</strong><br />

potere sopraffazione gerarchia, e sprofondare in un senso <strong>di</strong> colpa <strong>di</strong><br />

genere così generale da significare poco per i singoli; neppure imparare<br />

dalla “<strong>di</strong>fferenza <strong>del</strong>le donne” per ripetere pari pari <strong>il</strong> loro <strong>di</strong>scorso,<br />

in modo che quasi scompare quella <strong>di</strong>fferenza, nell’imitazione. Invece<br />

riconoscere <strong>il</strong> percorso e l’autorità femmin<strong>il</strong>e sarebbe bello che conducesse<br />

a una riflessione su quello che siamo, che parta da noi per inaugurare<br />

(per quanto possib<strong>il</strong>e) un’altra storia, alternativa alla genealogia<br />

<strong>del</strong> potere. E nostra.<br />

Io vedo tutti i giorni a scuola ragazzi decisamente immersi in una crisi<br />

scolastica, specificamente masch<strong>il</strong>e. Sono in crisi con la propria identità<br />

e non esclusivamente con i voti, ma non è fac<strong>il</strong>e parlargli solo <strong>di</strong> colpe<br />

masch<strong>il</strong>i: non credo si muova qualcosa <strong>di</strong> buono a partire solo dal negativo<br />

<strong>di</strong> sé. Il punto <strong>di</strong> partenza potrebbe essere quello che si ha dentro<br />

<strong>di</strong> autentico: paura rabbia debolezze, e però anche desideri e possib<strong>il</strong>ità. Desideri <strong>di</strong> libertà<br />

soprattutto. Libertà anche dagli stereotipi <strong>di</strong> potenza dei veri uomini. Forse la violenza masch<strong>il</strong>e<br />

è figlia <strong>del</strong> terrore <strong>del</strong> perdere potere – o <strong>del</strong>la rabbia <strong>del</strong>l’averlo perduto – come anche<br />

<strong>del</strong>la paura <strong>del</strong>l’inventarsi fuori dalla gabbia <strong>del</strong>l’immaginario dominante e <strong>del</strong> dominio. Una<br />

gabbia, per quanto <strong>di</strong> lusso per chi si pensa carceriere, comunque inchiodato a un ruolo miserab<strong>il</strong>e.<br />

Finisce che molti ragazzi appaiono schiacciati dall’incubo <strong>del</strong> non essere all’altezza.<br />

E forse dal non ambire per niente dentro <strong>di</strong> sé a quell’altezza. Magari vorrebbero essere come<br />

sono e basta. Però ci vuole coraggio. Hai un mare <strong>di</strong> paure e non le puoi <strong>di</strong>re, sei frag<strong>il</strong>e e devi<br />

apparire forte, soffri per amore e non sta bene. E se deci<strong>di</strong> <strong>di</strong> parlare scopri che ti mancano le<br />

parole. Una lingua davvero comune. Come si fa a inventarsi, tentando <strong>di</strong> essere liberi, in questo<br />

deserto <strong>di</strong> relazioni altre, masch<strong>il</strong>i.<br />

Però c’è qualcosa che mi piace nei gruppi <strong>di</strong> ragazzi a scuola. Intanto sono gruppi (mi sembra)<br />

più protettivi <strong>di</strong> quelli femmin<strong>il</strong>i. Le ragazze, più serie ed impegnate, sono anche spesso molto<br />

competitive e sofferenti <strong>del</strong>la competizione. E poi sono spesso buffi i ragazzi. Per loro sarei<br />

tentato <strong>di</strong> fare l’elogio <strong>del</strong>l’ironia. Le ragazze vivono crisi profonde, straor<strong>di</strong>nariamente belle e<br />

straor<strong>di</strong>nariamente drammatiche. Aspirano all’assoluto. E se non possono essere le prime, perfette,<br />

perfettamente adeguate alle richieste, spesso – nella società <strong>del</strong>l’abbondanza e <strong>del</strong>l’offerta<br />

– scelgono l’astinenza <strong>del</strong> rifiuto. L’assoluto <strong>del</strong> nulla. Desiderano non desiderare. Si danno<br />

malate alla vita e si sentono forti <strong>del</strong> controllo sulla propria assenza. Che finisce per essere <strong>il</strong><br />

modo paradossale e drammatico per esserci. Per i ragazzi lo st<strong>il</strong>e è completamente <strong>di</strong>verso. Sarà<br />

magari <strong>il</strong> nich<strong>il</strong>ismo <strong>di</strong> cui scrive Galimberti o le passioni tristi <strong>di</strong> Benasayag, però <strong>il</strong> loro vuoto<br />

mi sembra molto più leggero: qualcosa con cui si può convivere. Non una cosa bella, ovviamente,<br />

però a me piace <strong>di</strong> alcuni l’ironia. Non sono belli, hanno corpi <strong>di</strong>sarmonici e voci pure, non<br />

sono bravi e non sono “ganzi”. Il peso <strong>del</strong> corrispondere a certi mo<strong>del</strong>li lo sentono e lo soffrono.<br />

Però non mi pare si prendano tanto sul serio e si <strong>di</strong>fendono dal mondo <strong>del</strong>la competizione<br />

spietata con <strong>il</strong> loro supremo obiettivo <strong>del</strong> sei meno meno – massimo sei e mezzo. Di più sarebbe<br />

da gente che ci tiene, che dà alla scuola qualcosa <strong>di</strong> profondo, <strong>di</strong> sé. Guai. Invece che <strong>il</strong> tutto<br />

o niente <strong>del</strong>l’anoressia-bulimia, <strong>del</strong> consumare totalmente <strong>il</strong> nulla, scelgono <strong>di</strong> galleggiare in<br />

gruppo sulle mezze misure, su quello che viene viene. È la scuola mica la vita. E anche la vita,<br />

che sarà mai. Dai belli <strong>del</strong>la scuola si <strong>di</strong>fendono con le battute, per essere intimi fra loro sembrano<br />

avere bisogno <strong>di</strong> oggetti esterni e si conoscono parlando sempre <strong>di</strong> altro da sé. Certo non<br />

è l’ideale. Tuttavia, forse, non possedere la lingua giusta per i sentimenti può lasciare le parole<br />

rare e preziose – può preservarle. Se volete provare l’orrore <strong>del</strong> linguaggio masch<strong>il</strong>e “profondo”<br />

leggete gli striscioni allo sta<strong>di</strong>o quando c’è da rendere onore a qualcuno: per sempre nei nostri<br />

cuori, guarda in alto verso <strong>il</strong> cielo, una stella eccetera. Dev’essere <strong>il</strong> “poetico” che apprendono a<br />

scuola. Allora l’ironia mi pare per i ragazzi una strategia <strong>di</strong> auto<strong>di</strong>fesa decente. Non ti manda in<br />

pezzi. Non ti fa fare a pezzi gli altri. Le altre. Nell’attesa <strong>del</strong> trovare le parole, nuove e nostre.<br />

INFO<br />

Donne <strong>di</strong> frontiera<br />

Due volumi in cui sono raccolte le<br />

testimonianze <strong>di</strong> donne anziane, italiane,<br />

slave, ebree,<br />

un’americana,<br />

vissute a Trieste,<br />

in Istria, in<br />

Slovenia, in<br />

Croazia sulla<br />

loro vita dalla<br />

fine degli anni<br />

‘30, durante<br />

la guerra e nel<br />

dopoguerra.<br />

A cura <strong>di</strong><br />

Gabriella<br />

Musetti, S<strong>il</strong>vana<br />

Lampariello<br />

Rosei, Marina<br />

Rossi, Dunja<br />

Nanut, Donne <strong>di</strong> frontiera. Vita società<br />

cultura lotta politica nel territorio <strong>del</strong><br />

confine orientale italiano nei racconti<br />

<strong>del</strong>le protagoniste, Il Ramo d’oro e<strong>di</strong>tore,<br />

Trieste, 2006-2007, pp. 343 vol. I, pp. 393<br />

vol. II, euro 20.<br />

Per informazioni: www.<strong>il</strong>ramodoroe<strong>di</strong>tore.<br />

it, info@<strong>il</strong>ramodoroe<strong>di</strong>tore.it.<br />

Laicità <strong>del</strong>la scuola<br />

Per iniziativa <strong>del</strong>l’Associazione “Per la<br />

Scuola <strong>del</strong>la Repubblica”, <strong>del</strong> Comitato<br />

Bolognese “Scuola e Costituzione”, <strong>del</strong>la<br />

Consulta Torinese per la laicità <strong>del</strong>le<br />

istituzioni, <strong>del</strong>la Federazione nazionale<br />

degli insegnanti, <strong>del</strong>l’Associazione Scuola<br />

e Diritti, <strong>del</strong>l’Associazione 31 ottobre,<br />

e con l’adesione <strong>del</strong>l’Associazione<br />

“Liberacitta<strong>di</strong>nanza” è stato inoltrato un<br />

ricorso al TAR <strong>del</strong> Lazio per contestare <strong>il</strong><br />

persistente finanziamento pubblico per le<br />

scuole private (Il<br />

testo <strong>del</strong> ricorso<br />

è <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>e<br />

all’in<strong>di</strong>rizzo:<br />

http://www.<br />

comune.bologna.<br />

it/iperbole/<br />

coscost/irc/index.<br />

htm).<br />

Con <strong>il</strong> ricorso si<br />

impugna <strong>il</strong> DM <strong>del</strong><br />

21 maggio 2007,<br />

che riconosce alle<br />

scuole private<br />

paritarie una<br />

funzione pubblica,<br />

in attuazione <strong>del</strong>la<br />

legge finanziaria<br />

<strong>del</strong> 2006 che ha<br />

incrementato <strong>di</strong> 100 m<strong>il</strong>ioni i contributi<br />

per le scuole private <strong>di</strong> ogni or<strong>di</strong>ne e<br />

grado. Lo Stato invece <strong>di</strong> rafforzare e<br />

qualificare la scuola statale come luogo<br />

<strong>di</strong> convivenza e <strong>di</strong> confronto aperto<br />

a tutti, sottrae risorse finanziarie alle<br />

scuole statali e sostiene finanziariamente<br />

scuole private che riproducono le<br />

<strong>di</strong>fferenze confessionali ed ideologiche <strong>di</strong><br />

appartenenza.<br />

“Per la Scuola <strong>del</strong>la Repubblica”,<br />

tel. 06.3337437, telefax<br />

06.3723742, scuolarep@tin.it, www.<br />

scuolaecostituzione.it.

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