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'68 Affrontare il tema del '68, a quarant'anni di distanza ... - Virgilio

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e in Europa, e una attenzione alla narrazione<br />

e alla declinazione, dal punto <strong>di</strong> vista femmin<strong>il</strong>e<br />

dei contenuti proposti ai futuri citta<strong>di</strong>ni<br />

e citta<strong>di</strong>ne che siedono sui banchi <strong>del</strong>la<br />

scuola.<br />

Ci sono stati, è vero, lodevoli tentativi da<br />

parte <strong>di</strong> gruppi <strong>di</strong> insegnanti e intellettuali<br />

che in alcune scuole italiane hanno sperimentato<br />

un <strong>di</strong>verso modo <strong>di</strong> insegnare e trasmettere<br />

la cultura tra<strong>di</strong>zionale r<strong>il</strong>eggendola<br />

dal punto <strong>di</strong> vista <strong>di</strong> genere: persino le <strong>di</strong>scipline<br />

scientifiche più apparentemente neutre,<br />

quali la ma<strong>tema</strong>tica o la fisica, hanno<br />

avuto in alcuni casi una loro declinazione<br />

sessuata, come nel caso <strong>del</strong> testo I pantaloni<br />

<strong>di</strong> Pitagora. Ma si è trattato <strong>di</strong> una breve parentesi,<br />

cancellata dal ventennio che, a partire<br />

dagli anni ‘80, ha decretato la fine <strong>del</strong>le<br />

speranze e <strong>del</strong>le aspirazioni contenute anche<br />

in quel testo così amaramente attuale come<br />

La Lettera <strong>di</strong> don M<strong>il</strong>ani.<br />

Ancora oggi siamo, infatti, inchiodate alle<br />

“raccomandazioni” ministeriali che si sono<br />

susseguite nel tempo da parte <strong>del</strong> <strong>di</strong>caste-<br />

école numero 68 pagina 14<br />

ro <strong>del</strong>le Pari opportunità,<br />

nelle quali si invita,<br />

a partire dai primi anni<br />

scolastici, a riflettere sugli<br />

stereotipi sessisti e<br />

sugli ostacoli generati<br />

dalla segregazione sessista<br />

che si interpongono<br />

tra le ragazze e la libera<br />

scelta scolastica e universitaria.<br />

Non è un caso<br />

A partire dall’uso <strong>del</strong> linguaggio,<br />

siamo ancora lontane dal poter<br />

annoverare come acquisita quella<br />

che negli anni ‘70 sembrava essere<br />

una svolta irreversib<strong>il</strong>e: la raggiunta<br />

parità <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti tra donne e uomini<br />

e l’inizio <strong>di</strong> un percorso dove la<br />

<strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> genere determinasse,<br />

a partire dal miglioramento <strong>del</strong>le<br />

con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vita <strong>del</strong>le donne, <strong>il</strong><br />

miglioramento <strong>del</strong>le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />

vita <strong>di</strong> tutta la società<br />

che, rispetto alla me<strong>di</strong>a<br />

europea, le italiane siano<br />

ancora le Cenerentole<br />

nella ricerca scientifica e<br />

nelle facoltà tecnologiche,<br />

nonché le più sofferenti<br />

sulle competenze e<br />

la creatività nel web.<br />

Il linguaggio sessuato<br />

Un altro fattore <strong>di</strong> sconforto<br />

riguarda la preparazione<br />

<strong>del</strong> corpo<br />

insegnante, in prevalenza femmin<strong>il</strong>e fino all’Università,<br />

sui temi <strong>del</strong>la <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> genere,<br />

con particolare riferimento al primo<br />

gra<strong>di</strong>no <strong>del</strong>la comunicazione sessuata: <strong>il</strong> linguaggio<br />

sessuato.<br />

Ricordo come una rivelazione tristemente ancora<br />

oggi attuale l’intervista che la f<strong>il</strong>osofa<br />

Adriana Cavarero mi r<strong>il</strong>asciò nel 1991, un<br />

<strong>di</strong>alogo che riportai all’interno <strong>di</strong> Parole per<br />

giovani donne - 18 femministe parlano alle<br />

ragazze d’oggi.<br />

Riferendosi alla responsab<strong>il</strong>ità <strong>del</strong>le insegnanti<br />

e alla loro complicità, sia nel linguaggio<br />

sia nel passaggio <strong>di</strong> contenuti, con <strong>il</strong><br />

permanere <strong>di</strong> una cultura sessista anche all’interno<br />

<strong>del</strong>l’università, Cavarero faceva notare:<br />

«Mi rivolgo all’u<strong>di</strong>torio, durante le lezioni<br />

all’università, <strong>di</strong>cendo “le studenti e gli<br />

studenti” presenti. Non <strong>di</strong>co “<strong>il</strong> mondo è abitato<br />

da uomini”, ma “da uomini e donne”.<br />

Ogni volta che devo usare i pronomi adopero<br />

quelli e quelle, ossia non uso <strong>il</strong> neutro universale.<br />

Questo colpisce, e dopo un po’ ragazze<br />

e ragazzi si rendono conto che non si<br />

tratta solo <strong>di</strong> un vezzo, ma che <strong>il</strong> mio modo<br />

<strong>di</strong> parlare ha <strong>del</strong>le corrispondenze nella mo<strong>di</strong>ficazione<br />

<strong>del</strong>l’or<strong>di</strong>ne simbolico. Anche all’Università,<br />

che dovrebbe essere <strong>il</strong> massimo<br />

approdo <strong>del</strong> sapere, accadono fatti insensati:<br />

spesso ci si trova davanti un u<strong>di</strong>torio prevalentemente<br />

femmin<strong>il</strong>e, eppure ci si rivolge<br />

usando solo <strong>il</strong> masch<strong>il</strong>e, così come nelle circolari<br />

si parla <strong>di</strong> “ragazzi” ignorando in modo<br />

assolutamente assurdo che la popolazione<br />

scolastica è mista, e che la nostra lingua<br />

consente l’uso <strong>di</strong>versificato per sesso <strong>di</strong> pronomi,<br />

nomi e aggettivi. Continuare a ignorare<br />

questa ricchezza linguistica è un fatto insensato<br />

e io sono particolarmente sensib<strong>il</strong>e a<br />

questa contrad<strong>di</strong>zione. Come si può fare <strong>del</strong>la<br />

f<strong>il</strong>osofia partendo dalle insensatezze?».<br />

Sembrerebbero solo dettagli, ma non lo<br />

sono.<br />

A partire dall’uso <strong>del</strong> linguaggio, che è <strong>il</strong> primo<br />

gra<strong>di</strong>no per produrre senso, visioni, e<br />

citta<strong>di</strong>nanza, nella scuola italiana mi pare<br />

purtroppo <strong>di</strong> poter <strong>di</strong>re che siamo ancora<br />

lontane dal poter annoverare come acquisita<br />

quella che negli anni ‘70 sembrava essere<br />

una svolta destinata a seminare, a permanere<br />

e a formare le generazioni successive: la raggiunta<br />

parità <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti tra donne e uomini e<br />

l’inizio <strong>di</strong> un percorso dove la <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong><br />

genere determinasse, a partire dal miglioramento<br />

<strong>del</strong>le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vita <strong>del</strong>le donne, <strong>il</strong><br />

miglioramento <strong>del</strong>le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vita <strong>di</strong> tutta<br />

la società e chi la abita.<br />

Femminismo e scuola<br />

Insomma, resta qualcosa oggi nella scuola <strong>di</strong><br />

quel vento tagliente e allo stesso tempo caldo<br />

e pieno <strong>di</strong> passione che per brevità abbiamo<br />

chiamato femminismo, che proprio in quegli<br />

anni cominciò in Italia a prendere vita? È<br />

bene porsi questa domanda in una giornata<br />

<strong>di</strong> relativo ottimismo. Altrimenti <strong>il</strong> rischio è<br />

quello <strong>di</strong> dare una risposta totalmente negativa.<br />

A osservare, per esempio, la progressiva<br />

e drammatica rottura <strong>del</strong> patto educativo<br />

tra adulti (genitori da una parte e personale<br />

scolastico dall’altra) che non solo comunicano<br />

sempre meno, ma che ad<strong>di</strong>rittura devono<br />

essere stimolati da un ministro per venire a<br />

patti e colloquiare, ad esempio, circa l’opportunità<br />

<strong>di</strong> far lasciare a casa i cellulari durante<br />

le ore scolastiche mattutine.<br />

Vorrei essere chiara: non ho alcuna intenzione<br />

<strong>di</strong> offendere <strong>il</strong> lavoro <strong>di</strong> pregio e faticoso<br />

che svolgono ogni giorno donne e uomini<br />

insegnanti nella nostra scuola pubblica. Ma,<br />

per <strong>di</strong>retta esperienza <strong>di</strong> genitrice <strong>di</strong> due figli<br />

scolarizzati, <strong>di</strong> cui uno <strong>di</strong>slessico nella lettura<br />

− e quin<strong>di</strong> un problema per la maggioranza<br />

degli educatori fin qui incontrati, totalmente<br />

impreparati su questo aspetto, anche se sempre<br />

più <strong>di</strong>ffuso − ho <strong>di</strong>fficoltà a <strong>di</strong>re che <strong>il</strong> b<strong>il</strong>ancio<br />

è positivo.<br />

Non mi sembra <strong>di</strong> riscontrare nella scuola i<br />

frutti <strong>del</strong>l’ere<strong>di</strong>tà dei movimenti <strong>del</strong>le donne<br />

che, appunto, germogliarono alla fine degli<br />

anni ‘70.<br />

* Direttora <strong>di</strong> Marea, trimestrale dei saperi <strong>del</strong>le<br />

donne.

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