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'68 Affrontare il tema del '68, a quarant'anni di distanza ... - Virgilio

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L’esplosione <strong>del</strong> ‘68 è cominciata con<br />

la contestazione degli studenti <strong>del</strong>le università,<br />

poi anche <strong>del</strong>le scuole superiori. Molti<br />

insegnanti, soprattutto i giovani che iniziavano<br />

allora, hanno vissuto intensamente la<br />

forte svolta culturale e politica <strong>del</strong> ‘68 e ne<br />

hanno fatto <strong>il</strong> fondamento <strong>del</strong> loro modo <strong>di</strong><br />

stare a scuola. Cosa è rimasto <strong>di</strong> tutto quel<br />

fervore e <strong>di</strong> quel grande cambiamento, nella<br />

scuola <strong>di</strong> oggi?<br />

Verrebbe da <strong>di</strong>re: poco. Ma qualcosa è sopravvissuto,<br />

<strong>il</strong> bisogno <strong>di</strong> ripensare <strong>il</strong> ruolo degli<br />

insegnanti, che era uno dei capisal<strong>di</strong> <strong>del</strong> ‘68,<br />

<strong>il</strong> bisogno <strong>di</strong> ripensare <strong>il</strong> ruolo <strong>del</strong>l’istruzione,<br />

<strong>il</strong> <strong>tema</strong> che l’istruzione ha una sua natura <strong>di</strong><br />

classe che va combattuta. Tuttavia, come altri<br />

aspetti, questo elemento allora <strong>di</strong> grande<br />

rottura è sopravvissuto solo trasformandosi,<br />

perdendo la portata rivoluzionaria. È <strong>di</strong>ventato<br />

prima uno slogan, poi si è svuotato <strong>di</strong> senso<br />

e si è rovesciato in una forma <strong>di</strong> sociologismo<br />

(“Il ragazzo incontra molte <strong>di</strong>fficoltà...”,<br />

“viene da una famiglia...”), oppure <strong>di</strong> pietismo:<br />

“aiutiamolo...”. È andata persa l’essenza<br />

iniziale che era un ripensamento ra<strong>di</strong>cale <strong>del</strong>la<br />

scuola e <strong>del</strong>l’istruzione.<br />

Ma è ancora più visib<strong>il</strong>e un altro esito <strong>di</strong> quella<br />

svolta: l’abolizione <strong>del</strong>la <strong>di</strong>stanza tra insegnanti<br />

e studenti. Sino a metà degli anni<br />

Sessanta gli insegnanti, ma anche tutti coloro<br />

che avevano a che fare con la cultura,<br />

erano inavvicinab<strong>il</strong>i. Era un mondo in cui gli<br />

scrittori non andavano nelle scuole a fare <strong>di</strong>battiti<br />

e conferenze, si potevano vedere, da<br />

lontano, in occasioni consacrate e in luoghi<br />

deputati, come le presentazioni <strong>di</strong> libri.<br />

Più in generale questo valeva per tutti quelli<br />

che avevano uno status pubblico, ad esempio<br />

i politici. Nel ‘68 si <strong>di</strong>ffonde <strong>il</strong> senso che<br />

l’insegnante ha un ruolo perché io studente<br />

ho <strong>del</strong>le domande da porre e l’insegnante mi<br />

deve rispondere. Nella scuola (ma non nell’università)<br />

molti insegnanti hanno mante-<br />

école numero 68 pagina 10<br />

Ripensare la scuola Un’intervista a<br />

Domenico Starnone su quanto è rimasto <strong>del</strong><br />

‘68 nella scuola <strong>di</strong> oggi. Diverse cose sono<br />

sopravvissute, tutte però degradandosi.<br />

«Quello che si è perso è la spinta<br />

innovatrice, la politicità <strong>di</strong> fondo. Tutto è<br />

all’insegna <strong>del</strong>la me<strong>di</strong>età» MARIA LETIZIA GROSSI<br />

nuto questo rapporto meno <strong>di</strong>staccato, però<br />

anche in questo caso mo<strong>di</strong>ficandone profondamente<br />

<strong>il</strong> senso originario. Adesso <strong>il</strong> docente<br />

“alla mano” sta dalla parte degli studenti,<br />

fa l’amicone, si <strong>di</strong>verte con loro. Allora non<br />

si trattava <strong>di</strong> questo. Da parte degli studenti<br />

c’era <strong>il</strong> bisogno <strong>di</strong> avvicinarsi a chi aveva<br />

un’aura e <strong>di</strong> confrontarsi, bisogno che gli insegnanti<br />

riconoscevano come fondante rispetto<br />

al proprio ruolo e a cui rispondevano. Nel<br />

‘68 e progressivamente in seguito, l’aura–autorità<br />

si è sgretolata e non è stata sostituita<br />

dall’autorevolezza.<br />

Un’altra idea che è durata, anch’essa trasformandosi,<br />

è stata l’esigenza e, <strong>di</strong>rei, <strong>il</strong> dovere<br />

Prima esecuzione<br />

Chi accusa oggi <strong>il</strong> ‘68 <strong>di</strong> aver<br />

impoverito e abbassato <strong>il</strong> livello<br />

<strong>del</strong>la scuola, <strong>di</strong>mentica come era<br />

la scuola dei decenni precedenti.<br />

Un’agenzia <strong>di</strong> controllo culturale,<br />

politico, sociale, morale su<br />

insegnanti e studenti e, attraverso<br />

loro, sulle famiglie e la società, nelle<br />

mani <strong>del</strong> potere democristiano,<br />

che la ut<strong>il</strong>izzava come serbatoio <strong>di</strong><br />

consenso elettorale<br />

percepito allora dagli studenti <strong>di</strong> farsi sentire,<br />

<strong>di</strong> protestare, per segnalare manchevolezze<br />

e soprusi e pretendere che vi si ponesse rime<strong>di</strong>o.<br />

Adesso c’è la protesta personalistica,<br />

per trarre vantaggi privati (fino al ricorso al<br />

TAR). Si è perso <strong>il</strong> senso <strong>del</strong>la ribellione verso<br />

un’istituzione che aveva caratteristiche autoritarie,<br />

la forte spinta democratizzatrice è <strong>di</strong>ventata<br />

rissosità.<br />

È cambiato quin<strong>di</strong> anche l’atteggiamento<br />

degli studenti, benché dal ‘68 essi abbiano<br />

ottenuto e mantenuto <strong>il</strong> <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> protestare.<br />

Fino alla metà degli anni Sessanta gli stu-<br />

In questo ultimo romanzo (Feltrinelli, 2007, pp.142, euro 12) Domenico<br />

Starnone torna a parlare <strong>di</strong> scuola, in modo molto <strong>di</strong>verso dai racconti degli<br />

esor<strong>di</strong>. Il protagonista è un anziano professore in pensione che, incontrando<br />

una ex allieva accusata <strong>di</strong> terrorismo, si interroga sugli esiti <strong>del</strong> suo insegnamento:<br />

se l’aver insegnato a in<strong>di</strong>gnarsi può aver spinto la ragazza alla ribellione<br />

violenta, mentre un altro antico studente è <strong>di</strong>ventato un commissario <strong>di</strong><br />

polizia, forse anche lui sotto lo stimolo, trasmesso dall’insegnante, all’impegno<br />

per una società più giusta.<br />

Ma Prima esecuzione non allude solo ad un assassinio; <strong>il</strong> titolo polisemico<br />

sta anche a in<strong>di</strong>care la prima stesura, l’abbozzo non rivisto, con tutti i tentativi,<br />

i percorsi intrapresi e poi abbandonati e <strong>il</strong> finale che apre a due possib<strong>il</strong>ità.<br />

Continua dunque la riflessione sulla scrittura che era al centro <strong>di</strong> Lab<strong>il</strong>ità. Qui,<br />

oltre al doppio <strong>del</strong>l’autore rappresentato dal protagonista, compare <strong>di</strong>rettamente<br />

lo scrittore con le sue osservazioni su quanto va scrivendo e sul sott<strong>il</strong>e<br />

intreccio tra creazione letteraria e esperienza esistenziale. [M.L.G.]

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