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Arte dell'educare arte del vivere.pdf - Libera Conoscenza

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Rudolf SteinerARTE DELL’EDUCAREARTE DEL VIVEREFondamenti di pedagogia2 3


Testo originale tedesco: Rudolf Steiner Kunst der Erziehung, Kunstdes Lebens (Archiati Verlag e. K., Bad Liebenzell 2006).IndicePrefazione di Pietro Archiati pag. 9Cinque conferenze tenute a Stoccardadall’11 al 15 ottobre 19221 a conferenzaEducazione che ci rende artistipag. 17Traduzione di Pietro Archiati e Silvia Nerini▪▪Fino a diciott’anni l’uomo non può “sapere” niente.Nei tempi antichi il giovane veniva educato tramite lafede nelle capacità dei più anziani pag. 17Ogni insegnamento dev’essere intriso d’<strong>arte</strong>, deve “essereinfuocato, infi ammato dall’elemento artistico” pag. 27© Archiati Verlag e.K., Bad Liebenzell 2007Stampa: Memminger MedienCentrum, Memmingen (Germania)Foto: Rietmann, © Verlag am Goetheanum, Dornach (Svizzera)ISBN 978-3-86772-600-9Archiati Verlag e. K.Am Berg 6/1 • D-75378 Bad Liebenzell • Germaniainfo@archiati.com • www.archiati.com▪2 a conferenzaEducazione che ci rende liberipag. 35Una volta i giovani non avevano il culto <strong>del</strong>la giovinezza,ma quello <strong>del</strong>la vecchiaia. L’invecchiare <strong>del</strong> corpocomportava un ringiovanire <strong>del</strong>lo spirito pag. 354 5


▪Il “pensare puro” <strong>del</strong>la Filosofi a <strong>del</strong>la libertà è una puraattività artistica: nello stesso tempo è volontà pura eliberamente creatrice pag. 45▪Ai nostri giorni ogni incontro deve aver luogo fra Io edIo: non si diventa educatori in virtù di norme pedagogiche,ma grazie alla percezione <strong>del</strong>l’uomo nell’incontroquotidiano pag. 89▪▪3 a conferenzaEducazione che ci rende uominipag. 57L’uomo d’oggi ha un rapporto esclusivamente cerebralecon il mondo: attraverso l’<strong>arte</strong> ottiene “un rapporto ditutto l’uomo con il mondo” pag. 57Nell’educazione non conta tanto quello che l’insegnantefa, ma quello che è, ciò che porta con sé dal mondospirituale. Tutto quello che viene trasmesso al bambinodeve poter crescere con lui per tutta la vita pag. 68▪▪5 a conferenzaEducare allo spiritopag. 99La scienza materialistica è come un drago che inghiottiscel’uomo: nel suo intellettualismo vede nell’uomosolo l’animale pag. 99L’uomo deve sconfiggere il drago — con la forza <strong>del</strong>l’arcangeloMichele, facendo l’esperienza <strong>del</strong>lo spirito.I bambini possono diventare il “veicolo” di Michele sel’educatore si allea con loro pag. 109▪4 a conferenzaEducare all’incontropag. 79In passato l’uomo non incontrava l’Io <strong>del</strong>l’altro, ma soloi suoi “involucri”: il corpo fisico, poi il corpo eterico epiù tardi il corpo astrale (l’anima) pag. 79Appendice: Appunti autografi di Rudolf Steiner pag. 121Termini specifici <strong>del</strong>la scienza <strong>del</strong>lo spirito pag. 131A proposito di Rudolf Steiner pag. 1336 7


Prefa zione di Pietro ArchiatiQueste conferenze di Rudolf Steiner si contrassegnanoper il loro coraggioso e indomito idealismo, caratteristicache a molti oggi può apparire anacronistica. L’obiettività<strong>del</strong> piatto realismo imperante ha preso l’abitudine nonsolo di bollare come utopico ogni idealismo, ma anche dideriderlo o intimidirlo.Eppure Rudolf Steiner non molla: l’idealismo interioreche si rinnova ogni giorno è secondo lui la caratteristicafondamentale di ogni buon educatore, quella che producei maggiori effetti sul bambino o sullo scolaro. Un insegnanteanimato dall’idealismo esercita un’azione stimolantesul bambino da ogni punto di vista; un maestro scialbo,senza fantasia e non idealista gli soffoca l’anima. Il futuro<strong>del</strong>l’educazione, che è poi quello <strong>del</strong>l’umanità in generale,dipende in tutto e per tutto dal numero di genitori e insegnantidotati di una dose sufficiente di idealismo.Solo l’individuo può generare dentro di sé l’idealismoeducativo di cui si parla in queste conferenze. Soltanto ilsingolo individuo può di giorno in giorno tener viva dentrodi sé una mentalità idealistica e continuare ad approfondirlanell’incontro col bambino. La scuola come istituzionenon può assumersi il compito di far nascere l’idealismonel singolo, lo può solo favorire. Per quanto riguardal’idealismo degli insegnanti, un collegio docenti può inco-8 9


aggiare incessantemente a non fare rinunce, a non scenderea compromessi, riconoscendo il suo compito principalenell’organizzare tutte le attività scolastiche in modo chel’idealismo di ogni singolo insegnante sia e rimanga effettivamentepossibile. Se non lo si fa, ogni istituzione tendenaturalmente ad impedire lo sviluppo di qualsiasi idealismocon l’aumento <strong>del</strong>le necessità oggettive esterne.Qual è il contenuto <strong>del</strong>l’idealismo <strong>del</strong>l’educatore? Questaserie di conferenze fornisce indicazioni importanti inproposito. Per esempio, il genitore o l’insegnante può darvita ogni giorno nella sua meditazione a questo pensiero:“Tu bambino, mio allievo, sei non meno di me uno spiritoeterno, né più giovane né più vecchio. Abbiamo alle spalleun lungo passato comune. Dal mondo spirituale porti conte nella tua esistenza tutto ciò di cui hai bisogno per realizzareun compito meraviglioso e assolutamente individuale.Di giorno in giorno potrai rivelarmi ciò che ti aspetti dame, se sarò abbastanza attento da ascoltare le tue parole.Prima ancora di nascere mi hai scelto come tuo genitore omaestro e dopo la nascita mi hai cercato con determinazione.Posso farti da insegnante solo perché tu sei il mio maestro,poiché ogni giorno mi insegni che cosa ti è necessario peril tuo cammino.”Oltre all’idealismo, un’altra chiave di queste conferenzeè costituita dall’<strong>arte</strong>: Rudolf Steiner non si stanca mai didescrivere da ogni prospettiva come l’educazione possa diventareuna vera e propria <strong>arte</strong>. Non sono le conoscenze diun maestro ad avere un effetto educativo, ma solo ciò cheè in grado di fare artisticamente. Il bambino non ha alcunlegame con un adulto “sapiente”, ma ha un rapporto profondissimocon chi è artista, poiché lui stesso mira a diventareun artista <strong>del</strong>la sua vita.L’insegnante sa bene per esempio qual è l’aspetto <strong>del</strong>lelettere morte <strong>del</strong>l’alfabeto, ma al bambino non interessa.Lui vuole ripetere l’attività artistica mediante la quale, nelcorso <strong>del</strong> tempo, le lettere si sono sviluppate a partire dallapittografia. Il maestro può anche sapere quali sono i colori,ma il bambino vuole sperimentare il modo in cui si combinanoin un discorso artistico, vuole scoprire cos’hanno daraccontare all’uomo. Perfino in riferimento alla sua Filosofia <strong>del</strong>la libertà, per molti un arido libro “filosofico”, Steinerfa notare energicamente che si tratta in tutto e per tutto diun’opera artistica piena di esercizi per la più eccelsa di tuttele arti, quella <strong>del</strong> pensiero.Qual è l’elemento essenziale <strong>del</strong>l’<strong>arte</strong>, che cosa si vivein ogni attività artistica? Che cosa prova il bambino accantoall’artista <strong>del</strong>l’educazione? Voglio richiamare brevementel’attenzione su tre caratteristiche fondamentali di ogniattività artistica:1. Ogni attività artistica è evoluzione. L’<strong>arte</strong> è sempre viva,sempre in movimento, aperta a tutto, mai conclusa o rigida.Oggi molti hanno paura di questa mobilità, poiché vi vedo-10 11


no subito il rischio <strong>del</strong> caos. Per superare questo timore diciò che è vivo occorre rinnovare ogni giorno dentro di sé,consapevolmente e liberamente, il coraggio <strong>del</strong>l’<strong>arte</strong>.2. L’<strong>arte</strong> è sempre individuale. Ogni singolo individuopuò imprimere il proprio marchio caratteristico ad ogniazione, che diventa così attività artistica. Più di ogni altracosa il bambino vuole poter esprimere l’individualità unicache è latente in lui, ed è solo un maestro creativo che puòdargli lo stimolo a farlo.3. In ogni produzione artistica l’uomo è attivo, creativo.La cultura materialistica lo ha reso sempre più passivo neiconfronti <strong>del</strong>la vita. Davanti alla TV non è altro che unospettatore, nel campo <strong>del</strong>l’economia è solo una pedina inbalìa <strong>del</strong>le circostanze, nella religione deve limitarsi a credere,e per quanto riguarda la scienza è oggetto di intimidazioneda p<strong>arte</strong> degli specialisti. Dato che come educatoreil maestro si trova per sua fortuna davanti a un “bambino”e non a un adulto, può <strong>vivere</strong> e organizzare l’educazionecome la sua opera d’<strong>arte</strong> personale, senza lasciarsi intimidireda nessuna autorità.In queste conferenze Rudolf Steiner non si limita ad affermazionigenerali sull’idealismo, l’individualismo o l’<strong>arte</strong>,ma offre <strong>del</strong>le “verità” concrete che nel mondo d’oggipossono sembrare non solo sconcertanti ma anche estremamenteprovocatorie. Sono verità tratte direttamente dalmondo spirituale, requisiti indispensabili per il futuro <strong>del</strong>l’educazione.Accenno a tre di queste verità sconcertanti:1. La prima dice che ogni uomo fino a diciotto o diciannoveanni “non può sapere niente”. È evidente che unasimile verità irriterà profondamente molti lettori illuminati— nulla di male. Con essa non si intende però dire chefino a quell’età l’uomo non sia in grado di procurarsi <strong>del</strong>leconoscenze in senso tradizionale, ma che non dispone ancora<strong>del</strong>le facoltà intellettuali necessarie per comprenderequalcosa in base a una sua motivazione intrinseca e autonoma.Visto così, il contenuto di questa “verità” è esatto dalpunto di vista scientifico-spirituale e ogni tentativo di edulcorarloper renderlo allettante sarebbe assurdo. Si può avereun’opinione diversa da quella di Steiner, si può pensare chein questo si sbagli di grosso, ma non ha senso voler “adeguare”la sua idea all’opinione pubblica oggi dominante.2. Una seconda verità viene illustrata soprattutto nellaquarta conferenza. Nei millenni <strong>del</strong>la storia gli uomininon si erano mai trovati come Io di fronte all’Io. L’Io erasempre in un certo senso “avvolto” da involucri psichicio culturali che non permettevano affatto la brutalità <strong>del</strong>loscontro diretto fra due individualità. Troviamo ancor oggidei residui di questo incontro velato, filtrato quando l’uomonon fa l’esperienza <strong>del</strong>l’altro come individuo unico nel suogenere, ma vi vede sempre e solo “il medico”, “il professore”,“l’operaio”, “lo straniero”, “l’uomo” o “la donna”, “ilmaestro” o “lo scolaro”. Di questi tempi “l’incontro senza12 13


veli” fra Io e Io suscita nell’uomo una grande paura, perlopiùinconscia. Il motivo di questa paura consiste nel fattoche nei confronti <strong>del</strong>l’Io individuale serve soltanto unatolleranza reciproca incondizionata, cosa tutt’altro che facileda conquistare.3. La terza verità sull’educazione cui vorrei accennare èforse la più sconcertante di tutte: gli uomini potranno tornaread essere buoni educatori solo quando si vergognerannodi parlare di educazione! Il gran parlare o discutere di unacosa è sempre indice di poca comprensione di quell’argomento.Ne è un buon esempio la questione sociale: fino a pochisecoli fa la questione sociale non esisteva, semplicementeperché gli uomini si comportavano istintivamente in modosociale, perché erano più sociali di quanto non lo siano oggi.Oggi si discute molto sul sociale proprio perché, a causa<strong>del</strong>l’egoismo in costante aumento, gli uomini sono diventatisempre meno sociali. Lo stesso vale per l’educazione: quantomeno l’insegnante è dotato di inventiva artistica che gli faintuire cosa deve fare col bambino, tanto più ha bisogno diuna “pedagogia”, di una specie di manuale di istruzioni chegli fornisca <strong>del</strong>le norme generali. Ha sempre più bisogno diparlare di quello che sempre di meno è capace di fare.I pensieri di Steiner raggiungono il loro culmine nell’ultimaconferenza. Nel caso in cui il lettore se la sia cavata finlì con un lieve spavento, è bene che si prepari ad uno shockpiù forte. Il materialismo <strong>del</strong>la cultura odierna, non soloteorico ma soprattutto pratico, viene presentato come ungrande mistero <strong>del</strong>l’evoluzione. Questo materialismo esigedall’individuo un fortissimo incremento <strong>del</strong>le forze morali.Al riguardo Rudolf Steiner ricorre all’antica immagine <strong>del</strong>drago che “divora” l’uomo. Soprattutto attraverso la scienzae la tecnica moderne, il materialismo è proprio come un dragoche divora l’uomo, poiché questa scienza conosce solola p<strong>arte</strong> animale <strong>del</strong>l’uomo, e la tecnica poi, con le sue macchinesempre più perfette, tende a renderlo superfluo. Lamaggior p<strong>arte</strong> degli scienziati continua a considerare lo spiritoumano, la coscienza o l’anima come un semplice effetto,come emanazione <strong>del</strong>la conformazione biologica e neurologica<strong>del</strong>l’uomo. In questo modo tutta la p<strong>arte</strong> spirituale <strong>del</strong>l’essereumano viene “divorata” dalla sua biologia. Chi nonvuole farsi trascinare da questo dogma potente e intolleranteviene accusato di ingenuo dilettantismo. All’immagine <strong>del</strong>drago si accompagna quella <strong>del</strong>l’arcangelo Michele. In questonon c’è niente di bigotto o di sentimentale, il tema vieneaffrontato con la massima oggettività scientifico-spirituale.Chiunque si adoperi per superare il materialismo nella propriavita vorrà allearsi con Michele, quell’Essere spiritualeche si è assunto il compito di integrare la scienza modernacon un’altrettanto solida scienza <strong>del</strong>lo spirituale.Un bambino che avesse la fortuna di <strong>vivere</strong> ogni giornocon genitori e insegnanti come quelli descritti in questeconferenze potrebbe gioire nel proprio intimo ed esclama-14 15


e: “La giovinezza sarà anche una cosa bella e buona, mainvecchiare è molto meglio, se col passar degli anni riusciròad essere come i miei genitori e i miei insegnanti! Con loroimparo come si può continuare a imparare per tutta la vita.Sì, perché io non voglio solo imparare, ma voglio imparare aimparare, per continuare a farlo per tutta la vita.”Pietro Archiatinell’autunno 2006Nota orientativaQueste cinque conferenze sono le ultime di una serie ditredici e si concentrano più ancora <strong>del</strong>le precedenti su questionipedagogiche. Il lettore potrà trovare le prime otto conferenzein <strong>Arte</strong> <strong>del</strong>l’educare, <strong>arte</strong> <strong>del</strong> <strong>vivere</strong> — volume integrativo(in preparazione).In queste conferenze Rudolf Steiner si rivolge ai giovani,non presuppone che i suoi ascoltatori dispongano di particolariconoscenze scientifico-spirituali e cerca di ridurre al minimol’uso di espressioni tecniche. Proprio all’inizio si parladi due forze fondamentali <strong>del</strong>l’anima, l’anima affettiva o razionalee l’anima cosciente. Due parole di spiegazione:▪▪Con l’anima affettiva o razionale l’uomo sperimenta il mondonel suo animo e lo riconosce attraverso l’intelletto, ragionper cui vi resta in gran p<strong>arte</strong> inserito.Nell’anima cosciente l’Io diventa pienamente autonomo rispettoal mondo, e nella sua libertà è in grado di assumersila responsabilità morale nei confronti <strong>del</strong>l’evoluzione<strong>del</strong>l’uomo e <strong>del</strong> mondo.Prima conferenzaEducazione che ci rende artistiStoccarda, 11 ottobre 1922Miei cari a mici,da quanto dicevo ieri sulla trasformazione <strong>del</strong>l’animaumana nel corso <strong>del</strong>l’evoluzione storica, si vede che oggil’uomo si rapporta all’altro in maniera diversa da comeavveniva per esempio nell’anno 333 di cui abbiamo parlatoieri.Suppongo che siate al corrente <strong>del</strong>l’articolazione <strong>del</strong>l’essereumano di cui parla la conoscenza scientifico-spirituale.Sapete che per quanto riguarda l’anima è necessario distinguerefra ciò che nella natura umana è stato particolarmentevivace e attivo fino al XV secolo, cioè la cosiddetta animarazionale o affettiva, e l’anima cosciente, che da quell’epocain poi è particolarmente attiva in coloro che si evolvono alpasso <strong>del</strong>le conquiste culturali raggiunte dall’umanità.Il fatto che io chiami una determinata attività <strong>del</strong>l’animaumana anima razionale o affettiva non intende dire chela ragione così come la conosciamo oggi rappresenti unacaratteristica particolare di questo tipo di anima. È soprattuttonei Greci che vediamo sviluppata l’anima razionale o16 17


affettiva, e presso di loro la ragione non corrisponde affattoall’intellettualismo <strong>del</strong> giorno d’oggi. Da quanto espostoieri potrete dedurre come stanno le cose.Per i Greci i concetti e le idee erano qualcosa che provenivadallo spirito. La ragione non aveva quelle caratteristichedi freddezza, di aridità che ha oggi per noi in quantoprodotto elaborato personalmente. L’intellettualismo èqualcosa che è sorto solo con lo sviluppo particolare <strong>del</strong>l’animacosciente. Ci si fa un concetto <strong>del</strong>l’anima razionaleo affettiva solo calandosi pienamente nell’animo di un greco.Allora si capisce la differenza fra il rapporto col mondoche aveva il greco e quello che abbiamo attualmente. Maalcune <strong>del</strong>le cose che verranno prese in considerazione cisaranno più chiare in base a quanto verrà detto oggi.Ho voluto dirvi queste parole introduttive solo per farvicapire che nei secoli precedenti all’epoca moderna, valea dire fino al XV secolo, gli uomini si incontravano in manieratale per cui l’uno parlava all’altro muovendo dall’animaaffettiva o razionale, e dalla stessa anima accoglieva ciòche l’altro gli diceva.Oggi ci troviamo di fronte all’anima cosciente. Che lecose stanno così, però, è diventato chiaro all’uomo in camminosolo nel periodo a cavallo fra il XIX e il XX secolo. Latrasformazione è avvenuta attraverso le circostanze che viho già descritto, ma così i problemi <strong>del</strong>la vita si presentanoagli uomini in un modo completamente nuovo.E oggi certe questioni vanno osservate in maniera nuova,altrimenti non è possibile l’incontro fra anima coscientee anima cosciente, il che per l’uomo d’oggi significa frauomo e uomo. E nella nostra epoca risentiamo proprio<strong>del</strong> fatto di non riuscire a individuare questo raccordo frauomo e uomo.Dobbiamo soprattutto porre certe domande in modonuovo, così che la nostra formulazione possa in un primomomento apparire grottesca, pur non essendolo affatto.Cari amici, mettiamo che un bambino di tre anni non abbiavoglia di aspettare fino ai sette anni per la seconda dentizionee si dica: “Mi annoia dover attendere ancora quattroanni prima di cambiare i denti, voglio avere subito quellipermanenti.” Potrei citare altri esempi che forse vi sembrerebberoancor più strani, ma per ora vi basti questo.Una cosa simile non è possibile, lo sviluppo naturalesoggiace a determinate condizioni. E una <strong>del</strong>le leggi <strong>del</strong>l’evoluzionenaturale che oggi sono pochissimi ad intuireè che in realtà solo a partire da un determinato momento<strong>del</strong>la propria vita si diventa capaci di capire qualcosa dei nessi<strong>del</strong>la vita, di quelle cose che l’uomo deve capire e che nonsi limitano alle informazioni ovvie sulle cose esteriori.Naturalmente si può sapere già a nove anni che l’uomoha dieci dita e roba <strong>del</strong> genere, ma prima <strong>del</strong>l’età compresafra i diciotto e i diciannove anni non è possibile capire cose perle quali ci vuole una capacità di giudizio nel pensiero atti-18 19


vo. Proprio come non è possibile cambiare i denti primadei sette anni, così prima dei diciotto è impossibile capirequalcosa nel senso vero e proprio <strong>del</strong>la parola. Prima deidiciott’anni è assolutamente impossibile capire a fondo ciòche va al di là <strong>del</strong> proprio naso, ciò per cui è necessaria unacapacità di giudizio attiva.Prima di allora si può aver sentito dire qualcosa, crederciper autorità, ma non se ne può capire in fondo nulla.Prima di allora non si può sviluppare quell’attività interiore<strong>del</strong>l’anima indispensabile per dire: “Di questo o quello soqualcosa, capisco qualcosa che va al di là di quanto si puòpercepire con gli occhi e le orecchie.”Al giorno d’oggi non si parla molto di queste cose, chetuttavia sono di importanza vitale. Ma perché possa affermarsiuna vera cultura occorre parlare nuovamente di questecose e trattarle in maniera adeguata.E qual è la conseguenza <strong>del</strong> fatto che prima dei diciott’anninon si può capire niente a fondo? Ne deriva cheprima dei diciott’anni l’essere umano deve dipendere daquelli più vecchi di lui, proprio come il neonato dipendedalla madre. È la stessa cosa.Da questo consegue qualcosa di estremamente importanteper il rapporto che intercorre fra gli educatori, gli insegnantie i giovani. Se non si tiene conto di questo, il rapportoè semplicemente sbagliato. Solo che oggi non ci sirende conto che le cose stanno così, ma proprio in ambitopedagogico si agisce in senso opposto. Ma non sempre èandata in questo modo.Se risaliamo ai tempi anteriori al primo terzo <strong>del</strong> Quattrocento,vediamo che in realtà non ci sarebbe potuto esserequalcosa di simile al movimento giovanile odierno. Ecomunque allora non sarebbe stato possibile un movimentogiovanile nella forma attuale, a cui accordare il dirittodi esistere. E se ci si chiede come mai non sarebbe potutoesistere, allora bisogna prendere in esame le condizioniparticolarmente significative che c’erano per i giovani chefrequentavano le scuole conventuali per prepararsi alla vita.Possiamo anche prendere in considerazione le condizioniche esistevano per i giovani che venivano preparati all’artigianato:non vi troveremmo niente di diverso, bensì lestesse identiche cose.A quei tempi era assolutamente fuori discussione chequalcuno venisse educato ad un sapere prima dei diciott’anni.Alla gente l’affermazione che si possa educare ad unaconoscenza una persona prima di quell’età sarebbe sembratasemplicemente assurda. Le persone anziane di queitempi, soprattutto quando volevano essere educatori o insegnanti,sapevano bene che i giovani non possono essereeducati al sapere. Bisogna riuscire ad educare questa gioventùa credere in ciò che l’adulto ritiene vero in base alleproprie conoscenze. E l’educare la gioventù alla fede, allafiducia era allora qualcosa di sacro.20 21


Oggi questi rapporti sono completamente rovesciati,poiché rispetto allo spirituale si pretende dagli adulti quelloche un tempo veniva richiesto solo ai giovani, cioè la fede.Allora il concetto di fede serviva solo ai giovani, ma venivavisto come qualcosa di sacro. Ci si sarebbe rimproveratidi venir meno al proprio dovere più sacro come educatori,se non si fosse riusciti a far sì che i giovani credessero a unadulto per via <strong>del</strong>la sua freschezza e <strong>del</strong>la forza di persuasione<strong>del</strong> singolo uomo, se non si fosse riusciti a comunicarglila verità in quel modo.Questa sfumatura d’animo era presente in ogni tipo dieducazione, in ogni insegnamento. Oggi l’educazione di queitempi può anche sembrarci poco simpatica, dato che alloragli uomini erano suddivisi in classi e stratificazioni socialivarie. Ma prescindendo da questo, vediamo che si ribadivala necessità che i giovani potessero credere a qualcuno.Questo però implicava anche che gli adulti si dicevano:dobbiamo guadagnarci il diritto di essere creduti dai giovani.Ci si doveva guadagnare il diritto di venir presi sul seriodai giovani, quale presupposto per goderne la fiducia.Non si pensava che i giovani dovessero credere a qualcunosolo perché è adulto o perché ha in mano un diploma.Certo, anche allora diplomi e certificati avevano unacerta importanza, ma solo a livello esteriore. Guardiamo unpo’ alla situazione dei giovani nelle scuole conventuali, cheprima <strong>del</strong> XV secolo erano gli unici istituti di istruzione. Aquell’epoca non si usava trasmettere un sapere. Evitandodi trasmettere subito <strong>del</strong>le conoscenze, ci si voleva guadagnareil diritto di essere presi sul serio.Oggi abbiamo difficoltà a farci un’idea <strong>del</strong> significato<strong>del</strong>la frase: “Non si tratta affatto di trasmettere ai giovani<strong>del</strong>le conoscenze”. Ma a quei tempi era quasi altrettantoovvio mostrare ai giovani ciò che si è capaci di fare, primadi trasmettere loro qualsiasi sapere. Era solo a partire dauna certa età che si comunicava ai giovani il proprio sapere,mentre prima si mostrava loro ciò che si è capaci di fare.Per questo in un primo tempo l’insegnamento era costituitodalla triade (il “trivio”) di grammatica, dialettica eretorica. Non erano scienze quelle, è solo da poco che lagrammatica si è trasformata in quella orribile pseudoscienzache conosciamo oggi. A quei tempi la grammatica eral’<strong>arte</strong> di intessere pensieri e parole. La lezione di grammaticaera in un certo senso un’altalena artistica e a maggior ragionelo erano la dialettica e la retorica.Tutto era fatto per accostarsi ai giovani di modo che vedesseroche si sa fare qualcosa, che si è capaci di parlare edi pensare con <strong>arte</strong> così da far sprigionare bellezza nel discorso.La grammatica, la dialettica e la retorica miravanoa far sorgere <strong>del</strong>le capacità e precisamente imitando la destrezza<strong>del</strong> maestro.La lezione di oggi fatta in base a supporti didattici vieneseparata completamente dalla personalità <strong>del</strong> maestro.22 23


Inventiamo tutti i marchingegni possibili, comprese quelleorribili calcolatrici, per rendere la lezione il più impersonalepossibile. Si fa di tutto per togliere all’insegnamentol’elemento personale. Ma ciò non è possibile, e tutti questiespedienti fanno sì che emergano i lati peggiori degli educatori.Costoro non possono esplicare il lato bello <strong>del</strong>la loropersonalità, se l’aula è ingombra di aggeggi che mirano allacosiddetta oggettività.Un requisito indispensabile <strong>del</strong>l’educatore di allora erache sapesse mostrare ai giovani ciò di cui è capace in quantoessere umano, nel senso più elevato: il modo di padroneggiarela lingua e i pensieri, e la capacità di comunicarlimirando alla bellezza <strong>del</strong> parlare. Solo mostrando ai giovaniquello che si sa fare ci si guadagnava il diritto di educarligradualmente anche alle cognizioni di tipo più tecnico,cioè all’aritmetica, alla geometria, all’astronomia e allamusica (il “quadrivio”). La musica era allora intesa cometessuto armonico e melodico <strong>del</strong> mondo intero. P<strong>arte</strong>ndodalla grammatica, dalla dialettica e dalla retorica era possibileinfondere anche nell’aritmetica, nella geometria, nell’astronomiae nella musica tanta <strong>arte</strong> quanta se n’era assimilatafin dall’inizio.Vedete, cari amici, tutto questo è svanito col sorgere<strong>del</strong>l’intellettualismo. Ci resta ben poco di ciò che sgorgavain quel modo da un’attività artistica. Come tutti sappiamo,c’è tuttora un diploma di laurea col titolo di “dottore in filosofiae nelle sette arti liberali”. Ma sappiamo anche comestanno le cose con queste sette arti liberali!E dal punto di vista storico il famoso Curtius, per fareun esempio, un personaggio straordinario che ha insegnatoa Berlino, aveva un diploma decisamente anomalo. Perquale disciplina aveva effettivamente l’abilitazione all’insegnamento?Pensate che l’abbia avuta per la storia <strong>del</strong>l’<strong>arte</strong>,e invece no, aveva l’incarico di insegnare <strong>arte</strong> oratoria,la retorica. Ma a quei tempi non c’era più quella disciplina.Era professore di eloquenza e pur di far qualcosa insegnavastoria <strong>del</strong>l’<strong>arte</strong>, tra l’altro in maniera eccellente.Già ai tempi di Curtius sarebbe sembrato strano averel’eloquenza come materia d’insegnamento. Ma l’eloquenza,la retorica, era un tempo una materia fondamentale per ipiù giovani. Era così che l’educazione veniva permeata dall’elementoartistico. Il <strong>vivere</strong> nell’elemento artistico dipendevadal modo di essere degli uomini, per cui allora l’animarazionale o affettiva si trovava di fronte all’anima razionaleo affettiva <strong>del</strong>l’altro.Oggi ancora non viene posta la domanda che riguarda ilnuovo modo di essere degli uomini, che chiede: come si faquando l’anima cosciente sta di fronte all’anima cosciente?La domanda sorge invece spontanea se si considera la pedagogiain modo più ampio. Questa domanda urge da decenni,ma gli uomini non hanno ancora il pensiero giustoper formularla in modo chiaro. E dove si trova una rispo-24 25


sta a questa domanda?Cari amici, la risposta a questo interrogativo sta nel rendersiconto — in queste cose l’importante è infatti lo sviluppo<strong>del</strong>la volontà e non una soluzione teorica — che quandoil bambino passa dalla vita prima <strong>del</strong>la nascita a quella terrenasente il bisogno di imitare tutto, per cui fi no alla secondadentizione il bambino è un grande imitatore. È la forza <strong>del</strong>l’imitazioneche gli fa anche imparare a parlare. Questa forza èinsita nel bambino, come lo è la circolazione <strong>del</strong> sangue, daquando fa il suo ingresso nell’esistenza terrena.Ma non possiamo dare al bambino un’educazione semprepiù cosciente trasmettendogli a partire dalla nostra animacosciente la cosiddetta “verità”, cioè <strong>del</strong>le conoscenzein forma di verità. Nell’epoca appena caratterizzata si diceva:“Prima dei diciott’anni un ragazzo non può in fondocapire niente, va perciò condotto alla conoscenza attraversociò che il maestro sa fare con <strong>arte</strong> e che ispira fiducia.Solo così vengono destate in lui le forze <strong>del</strong>la conoscenzaa partire dai diciotto, diciannove anni.”Era così che si pensava: le forze conoscitive devono esseredestate dall’interno e per farlo, per far sì che il giovanesappia aspettare fino ai diciott’anni, gli si mostrava ciò dicui si è capaci, lo si educava alla sensazione di sperimentareprovvisoriamente con l’insegnante quello che più tardidovrà sapere. Fino ai diciotto, diciannove anni l’acquisizione<strong>del</strong> sapere era qualcosa di provvisorio, poiché prima diquell’età non si può sapere niente in proprio.In realtà nessun insegnante può trasmettere una conoscenzaa un ragazzo o a una ragazza se in loro non è primamaturata la convinzione che egli è capace di qualcosa.È semplicemente irresponsabile nei confronti <strong>del</strong>l’umanitàvoler far da pedagogo senza aver prima suscitato nei giovanila convinzione di trovarsi di fronte a uno che sa farequalcosa, che ha <strong>del</strong>le capacità.Prima di accostarsi all’aritmetica come la si intendevaallora — non era quella roba arida e astratta che è oggi —,il ragazzo si era ben convinto che chi gli insegnava quelladisciplina è capace di parlare e pensare, oltre a esser abilein fatto di eloquenza. Erano queste esperienze fatte colmaestro a rendere disponibile il giovane a crescere appoggiandosiall’individuo più adulto.Se di un ma estro si sa solo che è in possesso di un diploma,può succedere che già a dieci anni non si abbia piùalcuna fiducia in lui e in ciò che dovrebbe insegnare. Laquestione che era allora vitale per le persone deve tornaread esserlo. Ma dato che nell’ordinamento umano odiernosono le “anime coscienti” a fronteggiarsi, non può più essererisolta come prima, quando erano le “anime affettive”degli uomini a trovarsi l’una di fronte all’altra. Oggi la cosava impostata in un altro modo.Ovviamente non possiamo tornare al “trivio” e al “qua-26 27


drivio”, anche se sarebbe pur sempre meglio di quello chec’è oggi. Dobbiamo tener conto <strong>del</strong>le condizioni odierne,non di quelle esteriori, ma di quelle insite nell’evoluzione<strong>del</strong>l’animo umano. Dobbiamo trovare a modo nostroil passaggio fra l’imitazione spontanea che il bambino haprima <strong>del</strong>la seconda dentizione, e il periodo in cui si puòcomunicare il sapere, contando prima sulla fiducia e soloin un secondo tempo sul giudizio personale.Si tratta di un periodo di transizione estremamente criticoper i giovani d’oggi. Per questa fase di transizione varisolto l’enigma più importante che riguarda le cose dallequali dipende il futuro <strong>del</strong>l’evoluzione umana o la sua involuzione,se non addirittura il suo declino. Il problema è:come devono comportarsi gli adulti con i giovani nel periodofra gli anni in cui è presente l’imitazione e quelli incui si può trasmettere il sapere?Si tratta di una questione culturale di importanza fondamentaleper il presente. E che cosa è stato in fondo il movimentogiovanile, nella misura in cui va preso sul serio? Era la domanda,il desiderio di sapere se gli adulti avessero una rispostaper questo grosso quesito.E i giovani, rendendosi conto che questa risposta nonpuò essere trovata nella scuola, hanno vagato per boschie per campi. Piuttosto che essere studenti hanno preferitoessere uccelli, uccelli migratori, per esempio aderendo almovimento dei Wandervögel (uccelli migratori).Se si vuole risolvere questa grossa questione culturaleoccorre dar peso alla vita, non far <strong>del</strong>le teorie. Chi oggi osservila vita si accorgerà che il periodo compreso fra l’etàin cui l’uomo imita e quella in cui è capace di far sua la conoscenzain forma di verità dev’essere colmato in modogiusto, se non si vuole che l’umanità si atrofizzi, se si vuoleche all’uomo venga trasmesso ciò di cui ha bisogno per lamente, il cuore e la volontà. Tutto ciò va trasmesso sull’onda<strong>del</strong>la bellezza <strong>del</strong>l’<strong>arte</strong>.Il settenario di grammatica, dialettica, retorica, aritmetica,geometria, astronomia e musica era il prodotto artisticodi un antico ordinamento culturale. Anche oggi abbiamobisogno di qualcosa di artistico, che però, in basealle nuove esigenze <strong>del</strong>l’anima cosciente, non necessita diuna specializzazione in sette arti liberali. Durante il periodo<strong>del</strong>la scuola elementare e anche molto dopo, tutto l’insegnamentodev’essere infiammato e infuocato dall’elementoartistico.La bellezza deve regnare sovrana e far da interprete <strong>del</strong>laverità nell’età <strong>del</strong>la scuola <strong>del</strong>l’obbligo e anche in seguito.Chi non è vissuto nell’elemento <strong>del</strong>la bellezza, chi non siè conquistata la verità per mezzo suo non potrà accoglieredentro di sé la pienezza <strong>del</strong>l’umano che lo prepari ad affrontarele sfide <strong>del</strong>la vita.I classici tedeschi l’avevano presagito, pur senza sottolinearnela piena portata. Ma han trovato orecchi sordi, non28 29


sono stati capiti. Guardate come in Goethe la ricerca <strong>del</strong>laverità passa per la bellezza. Ascoltatelo quando dice chel’<strong>arte</strong> è una manifestazione di forze naturali segrete, il chenon significa altro che la verità viva è raggiungibile soltantoper mezzo di una comprensione artistica <strong>del</strong> mondo, altrimentisi arriva solo alla verità morta. Pensate alla bellaespressione di Schiller: “È solo grazie all’aurora <strong>del</strong>la bellezzache fai ingresso nella terra <strong>del</strong>la conoscenza.”Finché non si sarà compreso nel senso più profondo ilsignificato di questa via che conduce alla verità passandoper l’<strong>arte</strong>, l’umanità sarà lontana dal capire davvero il mondospirituale, come lo sa fare l’anima cosciente.Vedete, con l’aiuto <strong>del</strong>la scienza oggi in auge, è possibileconoscere solo il corpo fisico <strong>del</strong>l’uomo. Non si puòconoscere altro che il corpo fisico, la scienza odierna nonconosce altro che il corpo fisico <strong>del</strong>l’uomo. Per questo siparla in modo esatto e anche magnifico di fisiologia e biologiafinché ci si attiene al corpo fisico. Certo, la gente parlaanche un po’ di psicologia, che però conosce solo comepsicologia sperimentale, e per questo osserva i fenomeniche dovrebbero essere psichici ma vengono visti solo inrelazione al corpo fisico.Gli uomini non sanno farsi la minima idea dei fenomeni<strong>del</strong>l’anima in quanto tali, per questo hanno inventatoil “parallelismo psicofisico”. Ma due parallele possonointersecarsi solo nell’infinito. Ragion per cui si saprà soloalla fine dei tempi, nell’eternità, qualcosa sul rapporto fracorpo fisico e anima! É così che sorge il dogma <strong>del</strong> parallelismopsicofisico.In tutto questo si esprime a livello sintomatico l’incapacità<strong>del</strong> nostro tempo di capire l’uomo.Se si vuol capire l’uomo, la prima cosa da fare è far sparirel’intellettualismo. L’uomo non può essere capito in modointellettualistico. Ci si può pure arroccare sull’intellettualismo,se si vuole, ma allora bisogna rinunciare a conoscerel’uomo e strappargli di dentro l’animo, il che però è impossibile.E se anche non lo si strappa via, l’animo si inaridisce.La mente può rinunciare alla comprensione <strong>del</strong>l’uomo, mal’animo diventa arido e sterile. Tutta la nostra cultura è unprodotto <strong>del</strong>l’animo inaridito.E in secondo luogo una comprensione <strong>del</strong>l’uomo nonsi può avere con i concetti adatti in modo grandioso allaconoscenza <strong>del</strong>la natura. Anche se a livello esteriore i concetti<strong>del</strong>la scienza ci consentono di raggiungere chissà qualicose, non ci portano neanche alla seconda componente<strong>del</strong>l’uomo, che è il corpo eterico, al corpo <strong>del</strong>le sue forzevitali e plasmanti.Immaginate che grazie ai metodi <strong>del</strong>la scienza odiernal’uomo possa già disporre di tutte le conoscenze che avràalla fine dei tempi, che sappia un’enormità di cose. Prendiamouno scienziato perfetto, intelligentissimo. Non voglionegare che ci siano scienziati ormai poco distanti da questo30 31


livello, perché non credo che in futuro si faranno particolariprogressi sulla via <strong>del</strong>l’intellettualismo, si dovranno imboccaretutt’altre strade. Come vedete ho massimo rispettoper l’intellettualismo <strong>del</strong>la nostra cultura, non crediate chedica quel che sto dicendo per mancanza di rispetto. Non vamesso in dubbio che vi siano numerosi scienziati di grandeintelligenza.Ma anche supponendo che questa scientificità abbiaraggiunto la vetta più alta, essa permetterebbe di comprenderesolo il corpo fisico <strong>del</strong>l’uomo e niente di quello etericoo vitale.Non intendo dire che la conoscenza <strong>del</strong> corpo eterico sibasi su fantasticherie non scientifiche, nient’affatto, si trattadi una conoscenza oggettiva. Ma per prendere in considerazionequesta che è la p<strong>arte</strong> in fondo più secondaria di ciòche è invisibile nell’uomo, bisogna passare per l’esperienza<strong>del</strong>l’<strong>arte</strong>. Bisogna che nell’anima scorra sangue d’artista.Più nella nostra scienza oggettiva si vuole evitare tuttociò che è artistico, e più si allontana l’uomo dalla conoscenzadi se stesso. Tramite i microscopi e le altre apparecchiatureabbiamo appreso un’enorme quantità di cose, ma questonon ci porta più vicini al corpo eterico <strong>del</strong>l’uomo, anzi,ce ne allontana. Alla fine perdiamo di vista la strada che cicondurrebbe a ciò di cui abbiamo massimamente bisognoper comprendere l’uomo.Con le piante ce la possiamo ancora cavare, poiché essenon ci riguardano direttamente. Alla pianta non importa dinon essere quel prodotto di laboratorio in base al quale sisente apostrofare dalle scienze naturali. Continua imperterritaa crescere sotto l’influsso <strong>del</strong>le forze di vita diffuse intutto il mondo, si guarda bene dal limitarsi alle forze che lafisica e la chimica le riconoscono.Quando ci poniamo l’uno di fronte all’altro come esseriumani le cose cambiano. Allora il nostro animo, la nostrafiducia, la nostra compassione, tutto ciò che vive in noi eche nell’era <strong>del</strong>l’anima cosciente trascende ovviamente ilpuro istinto — poiché l’anima cosciente porta tutto oltrel’istinto —, allora tutto nell’uomo dipende dal suo ricevereun’educazione che gli faccia vedere qualcosa che non si limitasemplicemente al corpo fisico <strong>del</strong>l’uomo.Se gli educatori non ci aiutano a farci un’idea di checosa è l’uomo, non possiamo pretendere che nell’animo sisviluppino quelle forze che pongono l’uomo di fronte alsuo simile nel modo giusto. Tutto dipende dalla capacità<strong>del</strong>l’uomo di liberarsi dal semplice osservare esteriore, dalpuro sperimentare. Solo prendendo le dovute distanze dall’osservazionee dall’esperimento esterni potremo apprezzarlinel senso giusto. E la liberazione più semplice è quellache avviene attraverso l’<strong>arte</strong>.Sì, cari amici, se il maestro si porrà di nuovo di fronte albambino nello stesso modo in cui in un’epoca precedente siponevano le ossequiate Dame chiamate Grammatica, Dia-32 33


lettica e Retorica nei confronti dei giovani, vale a dire se ilmaestro saprà di nuovo formare artisticamente la proprialezione, così che l’<strong>arte</strong> vi regni ovunque, allora potrà nascereun nuovo movimento giovanile. Il movimento giovaniledi oggi può anche non piacervi, ma quello che sorgeràandrà in cerca degli insegnanti che sono veri artisti, poichévorrà assimilare ciò che si aspetta da loro, ciò che è necessarioche i giovani ricevano dagli adulti.In realtà il movimento giovanile non può essere unapura protesta, una mera ribellione a ciò che è vecchio. Équalcosa di simile al neonato, che se non potesse ricevereil latte dalla mamma non potrebbe fare neanche tutto il resto.Quello che va imparato, va imparato.Ma lo si imparerà solo se si sente un’attrattiva naturaleverso gli adulti, proprio come il neonato che succhia illatte dal seno materno, come il bambino che apprende perimitazione. Questa attrattiva naturale si instaura solo se lagenerazione più anziana viene incontro ai giovani con l’<strong>arte</strong>,se la verità si manifesta dapprima nella bellezza. Alloranei giovani si accenderà la p<strong>arte</strong> migliore: non l’intelletto,che è una facoltà passiva, ma la volontà, che è attiva e cheattiva poi anche il pensiero.Un’educazione artistica educa la volontà, e dall’educazione<strong>del</strong>la volontà dipende tutto il resto.Domani entreremo più a fondo nel merito di questecose.34 35

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