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IL REGNO DI SARDEGNA NEL 1848-1849 - archiviostorico.net

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www.accademiaurbense.itmava la propria fiducia nella prudenza del commissario, ma non potevatransigere su quanto aveva espresso. «Somma è la riconoscenzadovuta ad esso [Buffa] - era scritto nella nota ministeriale del 28dicembre - e perpetua sarà la memoria del leale e franco procederecon cui egli ha saputo conciliare gli animi, assicurare l'ordine e laquiete pubblica in Genova. Non sarà quindi il Consiglio per suggeriredi allontanarsi mai dal sistema intrapreso, che non du.bita raggiungeràlo scopo proposto s, L'ingrossamento delle forze austriache inPiacenza rappresentava un esplicito pericolo per il Piemonte e unvalido motivo per far recedere il commissario dalle sue promesse.Esaminata la situazione, anche l'abbandono parziale dello Speronepoteva produrre gravi pericoli e avviare perturbazioni in tutto lostato. La nota ministeriale sottolineava con molta efficacia i pericoliesterni della situazione: «Non è senza fondamento il sospetto cheRadetzky pensi ad assalirci. La concentrazione di nuove truppe inPiacenza è un fatto reale, e questa piazza non dista da Genova che35 miglia. Per la valle della Trebbia e del Bisagno, un assalto od unasorpresa non sarebbero affatto assurdi. Quindi sarebbe contrarioalle più volgari regole di prudenza il non tenere i forti esterni di Genovanella migliore guardia, e come è consueto nei tempi di guerra.Il trascurarlo sarebbe troppo grave carico al ministero •. Il Consiglioera altresi fermo nella persuasione, che, fino a quando il Circolo Italianoavesse avuto un'esistenza legale, dopo un periodo di quieteapparente, sarebbe risorto egualmente pericoloso: era necessario cheil commissario non esitasse a lungo per chiuderlo.Alla risposta di Buffa al ministero, nella quale era dichiaratal'impossibilità di venir meno alla promessa, e alla decisione di dimettersipiuttosto che non consegnare lo Sperone, rispose il·Rattazziil 29 dicembre. Le determinazioni del Buffa potevano compromettereil ministero e la causa italiana: la consegna del forte avrebbeeccitato l'esercito, che sembrava riconciliarsi. Le circostanze sopravvenuteavevano costretto il ministero a mutare linea di condotta,non era colpa del commissario se bisognava rimettere la truppa neiforti. La demissione del Buffa, oltre che motivo di dispiacere per ilConsiglio, poteva sembrare atto di sottomissione al partito aristocratico,che la desiderava (che quasi la esigeva) e avrebbe fatto supporreuna scissura nell'interno del Consiglio, avrebbe indebolito ilgoverno e fatto pensare che la sua causa, motivata dalla concessionedel forte, fosse ricercata, per velare contrasti più profondi.Lo stesso giorno Sineo gli scriveva «Pensa, Buffa mio, che la salute69

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