IL REGNO DI SARDEGNA NEL 1848-1849 - archiviostorico.net
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pari su tutto quanto qui avvenne sino agli ultimi mesi dell'anno or sepolto.Noteremo di passaggio che fu quel partito demagogico quello che calunniavai buoni, diffamava gli avversarli, che fu sempre il più caldo propugnatored'ogni più azzardato movimento, che assiduamente assaliva ognipotere, scassinava ogni autorità, con calunnie, con diffamazioni, con sospetti;che insomma metteva in opera il grande segreto del suo capo supremo:disunire e disordinare popolo, governo, parlamento, esercito, perquindi insorgere e farsi padrone del campo di battaglia.III. Prima d'andare innanzi conviene notare che il partito repubblicanopuro, benché apparentemente unito in un solo, ubbidisce a due diversedirezioni. Il più gran numero ha per capo il M azzini: ora 41 Dio eil Popolo. è la divisa sotto cui combatte; mentre una minima frazione diquel partito, e forse la più audace, è ligia alla setta socialista francese, idi cui agenti non mancano. Nei seguaci di Mazzini citeremo i principalisuoi fautori: i sucitati fratelli Cambiaso, nobili di discreta fortuna, ambiziosi,popolari, cocciuti, e già compromessi nell'anno 1833. Il loro agenteAntonio Doria, altra specie di nobiluccio corso, disperato, intrigante, ciarlone,faccendiere, imbroglione, il quale, ascritto al consolato francese fupur compromesso nel 1831 e 1834 e se ne cavò incolume, poiché all'ombradella protezione del governo di Francia, di cui si dice suddito, ha semprecongiurato e tuttavia congiura; meno onesto de' due primi è desso un verointrigante politico. Loro tien dietro l'avvocato Federico Campanella, altrode' compromessi del 1833, uomo a mistero, cupo, e di qualche talento. Liseguitano un G. B. Granara detto il Polpetta, e le giovani loro reclute;poiché di tutti gli antichi membri dell'Associazione della Giovine Italia,nessuno più seguita i principii mazziniani, eccetto coloro che più sopranominammo. Tra quelle reclute figurano un Domenico Carrega, un Carloed Ernesto Pareto, i fratelli Decamilli; nobili i tre primi, seminobili i secondi,tutti disperati e discoli, facinorosi ed audaci, gradassi e spacchettoni.Vien poi il Mameli, altro nobile, ma con maggiori talenti, più poeticiche positivi ed allievo dell'avvocato Michele Giuseppe Canale, ambiziosocamaleonte. Succede poi la caterva dei demagogici: i fratelli Carpineto,il Bixio (Nino), i fratelli Borzino, pittore l'uno, uom di mare l'altro, i fratelliDelvecchio (tra' quali il gran Paulucci) e Didaco Pellegrini, e l'AntonioGianuè, l'avvocato David Morchio (il sordo), l'avvocato Lazotti, ilDe Negri, cognato al Pellegrini, il prode Accame (N.), Michele Erede, unEmmanuele Rossi, pedagogo, ed altri più oscuri imbroglioni, disonored'ogni qualsiasi partito e certi preti diffamati, come Cuneo, Maineri ecc. ecc.,ed una sequela di legulei disperati, viziosi e privi d'ogni principio, adescatidalla speranza di cariche e forse di quella del bottino. L'annata di questi230www.accademiaurbense.it
www.accademiaurbense.itcapitani si forma di quegli incauti che trassero dalla loro parte approffìttandod'ogni circostanza, e d'una parte del popolo più minuto e sopratuttodegli emigrati lombardo-veneti, che nulla avendo da perdere, tutto hannoda guadagnare in un totale ravvolgirnento. Nè qui intendiamo calunniarela sventura, ma pur troppo una parte dell'emigrazione serve maravigliosarnentedi strumento ai nostri facinorosi, i quali trovarono in essi deglieccellenti ausigliarii.IV. Però non fu che dopo i dolorosi disastri dell'armata nostra chesi fecero più palesi le mene di tutti costoro. Troppo sarebbe lungo narrarletutte; citeremo solo i fatti più salienti e caratteristici.Il popolo era istigato all'abbattimento del forte del Castelletto e neincominciava il demolirnento, che tosto venia regolarizzato, dandolo adimpresa. Ciò non bastava a' faziosi. Doveva pur abbattersi il San Giorgio.Si prometteva di farlo, tosto terminato il suo disarmamento, al quale unaparte dell'artiglieria civica era occupata. Un bel mattino, tre in quattrocentoindividui, la maggior parte estranea alla città, sforzava la guardiadel forte e chi vi comandava (Santo Raggio, capitano d'una delle comp[agni]ed'artiglieria civica) dopo vane proteste, e così avendone l'ordine,cedeva il forte agli assalitori, che in mezzo a grida ed urli d'ogni generese ne impadronirono. Primo fatto degli occupatori fu l'innalzamento d'unabandiera estranea, la bandiera francese, che salutavasi con gli «evvivaalla repubblica l) e grida d'esecrazione al Re. Se non che, vedendo chequesta improntitudine non attirava neppur curiosi e che avrebbe potutoavere qualche seguito ben dispiacevole pe' suoi autori, la bandiera era prestamenteabbassata e davasi a furia mano al demolimento. Ed in questosparirono molti oggetti d'armamento, spettanti allo Stato, tra cui duecannoni. Santo Raggio, perché fece il dovuto rapporto dell'occorso alleautorità, fu costretto ad evadersi .ed il processo incominciato dal Fiscoa carico degli assalitori e demolitori del San Giorgio, siccome poteva comprometteremolti capi del loro partito, tra cui i Cambiaso, i faziosi avvisaronoai modi di annullarlo, ed ecco come vi riuscirono.Dicemmo come molti rifuggiti qui fermatisi formassero la vera forzadel partito. Un di essi, di assai dubbia fama, Filippo De Boni, ch'erasifatto precedere da un'infarnissima lettera contro Carlo Alberto e che, dalui diretta' al Celesia (Emanuele), giovane ambiziosissimo, che col fratelloCarlo va pure annoverato tra i demagoghi, era stata da questo fatta leggerea mezza la città; essendo giunto dalla Svizzera in Genova, accolto e festeggiatodagli ultra, parve ne addivenisse in breve il capo. Ma, avvedutoqual' è, e non trovando in Genova quel seguito che altri aveagli fatto credere,dopo aver scroccato qualche scudo agli amici, stava per abbandonare231
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