N.4 Aprile 2011 - Servizio di hosting - Università degli Studi Roma Tre

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52 PALEONTOLOGIA DEI VERTEBRATIQUADERNI DEL MUSEOI mammiferi terrestri fossili del Laziodurante il Plio-PleistoceneAnastassios KotsakisAnastassios (Tassos) Kotsakis: Ordinario diPaleontologia, Dip. di Scienze Geologiche,Università degli StudiRoma Tre”I geologi hanno, da molto tempo, suddivisola storia della Terra in una seriedi periodi, di durata variabile, ognunodei quali è caratterizzato da una serie dieventi e da particolari faune e flore.L’ultimo periodo, chiamato Quaternario,è a sua volta suddiviso in due sottoperiodi,fortemente differenti dalpunto di vista di durata, il Pleistocene el’Olocene. Quest’ultimo comprende gliultimi 10.000 anni; per il Pleistocene lafine è stabilita appunto a 10.000 anni famentre il suo inizio si fissa a circa 2,6milioni di anni (= m.a.) fa, in coincidenzacon l’inizio di un raffreddamentoglobale e la formazione della CalottaGlaciale Artica (quella Antartica era giàformata molti milioni di anni prima).A parte scarsi lembi di terreno che eranoemersi occasionalmente, come testimonianoalcune tracce di impronte didinosauri nel Lazio meridionale, la storiageologica della regione laziale è unastoria marina, e per buona parte delPliocene il mare lambiva la base dei rilieviappenninici (fig. 1).Durante il Pleistocene si formerà il Lazioemerso come lo conosciamo oggi(fig. 2) e nei depositi sedimentari attribuitia questo lasso di tempo si trovanooggi i resti di vertebrati e in primo luogodi mammiferi fossili che caratterizzanola nostra area.Le faune a mammiferi fossili del Pleistocenelaziale cominciano a essere notee studiate a partire dal Seicento conspiegazioni che oggi vengono chiamatefantasiose, ma che testimoniano il climaintellettuale dell’epoca e il perduraredel dibattito circa l’origine organica oinorganica di tutti i fossili. Con l’iniziodel Settecento si accetta generalmentel’origine organica dei fossili e si cercanospiegazioni di tipo storico. Si pensa chetutte le grandi ossa scoperte nel Lazio ein tutta la penisola italiana appartenganoa elefanti portati da Annibale, mapoi ci si rende conto che i resti raccolticorrispondono ad un numero moltomaggiore di esemplari rispetto a quelliattribuiti al generale punico da Tito Livioe dagli altri storici classici. FilippoBonanni, per risolvere questa situazioneparadossale sostiene (nel 1709) che iresti elefantini (almeno quelli della regionelaziale) appartengono ad animaliimportati dall’Africa all’epoca di AntoninoPio.Verso la fine del Settecento invece, cominciaa farsi strada la convinzione chei resti di elefanti e di altri mammiferirappresentano i fossili di animali vissu-

APRILE 2011 - N. 4Paleontologia dei vertebrati53Figura 1 - Paleogeografia del Lazio centrale verso la fine del Pliocene (disegno di M. Parotto)ti in questo territorio in periodi passatie rappresentano preziose testimonianzedella vita del passato e delle condizioniambientali che allora dominavano. Fragli scienziati (viventi esclusi) che più ditutti hanno contribuito dalla secondametà dell’Ottocento, allo studio dellefaune a vertebrati della regione si possonomenzionare Giuseppe Ponzi, RomoloMeli, Giuseppe Tuccimei, EnricoClerici, Alessandro Portis, GioacchinoDe Angelis d’Ossat, Carlo AlbertoBlanc, Geremia D’Erasmo, Angiola MariaMaccagno.I vari fossili che noi troviamo oggi, appartengonoad associazioni faunisticheo floristiche vissute in tempi differenti.Il primo compito di qualsiasi paleontologoè di attribuire ad un determinatoperiodo i fossili che sta studiando, allastessa maniera con la quale un archeologocerca di assegnare ad un secolo ose possibile ad un decennio i resti di attivitàumana che sta studiando. Oggi lageochimica, attraverso vari metodi, cioffre la possibilità di avere datazionimolto precise.Tuttavia il primo approccio è semprequello di una datazione relativa: tale associazionefaunistica è più evoluta rispettoa quell’altra e di conseguenza èpiù recente e così via. I paleontologi deivertebrati italiani hanno stabilito unasuccessione temporale per alcune associazionifaunistiche (chiamate UnitàFaunistiche = U.F.) raccolte in determinatelocalità, che fungono da “campioni”per i ritrovamenti faunistici successivi.Si confrontano i nuovi ritrovamenticon le U.F. e a seconda del grado evolutivodei componenti della nuova associazionescoperta, si collocano all’unao all’altra U.F. oppure a cavallo fra due.Varie U.F. sono poi raggruppate a unitàtemporali più ampie chiamate Età aMammiferi. I paleontologi italiani utilizzanocome scala biocronologica per ilPliocene e il Pleistocene continentale treEtà a Mammiferi: Villafranchiano (cor-

52 PALEONTOLOGIA DEI VERTEBRATIQUADERNI DEL MUSEOI mammiferi terrestri fossili del Laziodurante il Plio-PleistoceneAnastassios KotsakisAnastassios (Tassos) Kotsakis: Or<strong>di</strong>nario <strong>di</strong>Paleontologia, Dip. <strong>di</strong> Scienze Geologiche,Università <strong>degli</strong> Stu<strong>di</strong> “<strong>Roma</strong> <strong>Tre</strong>”I geologi hanno, da molto tempo, sud<strong>di</strong>visola storia della Terra in una serie<strong>di</strong> perio<strong>di</strong>, <strong>di</strong> durata variabile, ognunodei quali è caratterizzato da una serie <strong>di</strong>eventi e da particolari faune e flore.L’ultimo periodo, chiamato Quaternario,è a sua volta sud<strong>di</strong>viso in due sottoperio<strong>di</strong>,fortemente <strong>di</strong>fferenti dalpunto <strong>di</strong> vista <strong>di</strong> durata, il Pleistocene el’Olocene. Quest’ultimo comprende gliultimi 10.000 anni; per il Pleistocene lafine è stabilita appunto a 10.000 anni famentre il suo inizio si fissa a circa 2,6milioni <strong>di</strong> anni (= m.a.) fa, in coincidenzacon l’inizio <strong>di</strong> un raffreddamentoglobale e la formazione della CalottaGlaciale Artica (quella Antartica era giàformata molti milioni <strong>di</strong> anni prima).A parte scarsi lembi <strong>di</strong> terreno che eranoemersi occasionalmente, come testimonianoalcune tracce <strong>di</strong> impronte <strong>di</strong><strong>di</strong>nosauri nel Lazio meri<strong>di</strong>onale, la storiageologica della regione laziale è unastoria marina, e per buona parte delPliocene il mare lambiva la base dei rilieviappenninici (fig. 1).Durante il Pleistocene si formerà il Lazioemerso come lo conosciamo oggi(fig. 2) e nei depositi se<strong>di</strong>mentari attribuitia questo lasso <strong>di</strong> tempo si trovanooggi i resti <strong>di</strong> vertebrati e in primo luogo<strong>di</strong> mammiferi fossili che caratterizzanola nostra area.Le faune a mammiferi fossili del Pleistocenelaziale cominciano a essere notee stu<strong>di</strong>ate a partire dal Seicento conspiegazioni che oggi vengono chiamatefantasiose, ma che testimoniano il climaintellettuale dell’epoca e il perduraredel <strong>di</strong>battito circa l’origine organica oinorganica <strong>di</strong> tutti i fossili. Con l’iniziodel Settecento si accetta generalmentel’origine organica dei fossili e si cercanospiegazioni <strong>di</strong> tipo storico. Si pensa chetutte le gran<strong>di</strong> ossa scoperte nel Lazio ein tutta la penisola italiana appartenganoa elefanti portati da Annibale, mapoi ci si rende conto che i resti raccolticorrispondono ad un numero moltomaggiore <strong>di</strong> esemplari rispetto a quelliattribuiti al generale punico da Tito Livioe dagli altri storici classici. FilippoBonanni, per risolvere questa situazioneparadossale sostiene (nel 1709) che iresti elefantini (almeno quelli della regionelaziale) appartengono ad animaliimportati dall’Africa all’epoca <strong>di</strong> AntoninoPio.Verso la fine del Settecento invece, cominciaa farsi strada la convinzione chei resti <strong>di</strong> elefanti e <strong>di</strong> altri mammiferirappresentano i fossili <strong>di</strong> animali vissu-

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