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Corti e diritti, in tempi di crisi - Gruppo di Pisa

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27già circolante <strong>in</strong> dottr<strong>in</strong>a –, al tempo stesso <strong>in</strong> cui sono chiamati a farsi garanti <strong>di</strong> pr<strong>in</strong>cipi eregole comunque <strong>in</strong><strong>di</strong>sponibili, anche <strong>in</strong> (o malgrado la) situazione <strong>di</strong> <strong>crisi</strong>.Ancora una volta, nel circolo <strong>in</strong> cui s’immettono le giurisprudenze, variamenterichiamandosi ed <strong>in</strong>fluenzandosi a vicenda, oggi è forse più il “dare” da parte delle <strong>Corti</strong>europee che l’“avere” da parte delle <strong>Corti</strong> nazionali.Quando ci si <strong>in</strong>terroga su quale sia il verso maggiormente battuto nel circolo ermeneuticoil rischio <strong>di</strong> pervenire a conclusioni affrettate o, peggio, forzate è sempre <strong>in</strong>combente; il piùdelle volte, poi, non si <strong>di</strong>spone <strong>di</strong> metri sicuri ed idonei a far luogo a siffatte verifiche. Non<strong>di</strong> rado, <strong>in</strong>fatti, come si sa, talune idee sembrano esser il frutto orig<strong>in</strong>ale <strong>di</strong> una sedeistituzionale che qu<strong>in</strong><strong>di</strong> lo offre alle altre perché ne traggano profitto con riguardo ai casi <strong>di</strong>cui sono chiamate ad occuparsi e magari – perché no? – lo sottopongano ad ulteriorerielaborazione ed aff<strong>in</strong>amento. In realtà, <strong>in</strong><strong>di</strong>viduare la fonte prima <strong>di</strong> una “<strong>in</strong>venzione”culturale è estremamente <strong>di</strong>sagevole e suscettibile <strong>di</strong> facili, pur se <strong>in</strong>consapevoli, errori. E,<strong>in</strong>vero, non <strong>di</strong> rado l’“<strong>in</strong>venzione” stessa att<strong>in</strong>ge a piene mani da apporti culturali risalenti eprovenienti da altre fonti, <strong>in</strong> cui è la ra<strong>di</strong>ce prima, ancorché sommersa, da cui essa traeispirazione ed alimento.La giurisprudenza europea – è ormai provato – ha fatto (e seguita senza sosta a fare)tesoro dei prodotti più genu<strong>in</strong>i e maturi del costituzionalismo statale: una conclusione,questa, che vale tanto per la Corte <strong>di</strong> giustizia (e qui è scontato il richiamo, ancora una volta,alle c.d. “tra<strong>di</strong>zioni costituzionali comuni”, pure – come si sa – con molta libertà rielaboratee messe a punto a Lussemburgo), quanto per la Corte EDU, che già nella sua composizioneporta un segno marcato della estrazione e connotazione “plurale” della sua giurisprudenza(senza, peraltro, tacere i non pochi, espressi riferimenti che la giurisprudenza <strong>di</strong> Strasburgofa ad altre giurisprudenze, prima su tutte quella della Corte dell’Unione).Tutto ciò posto, oggi il pungolo maggiore per lo svecchiamento degli <strong>in</strong><strong>di</strong>rizzi delle <strong>Corti</strong>nazionali (costituzionali e non) viene non già ab <strong>in</strong>tra, e cioè dalle punte più avanzate ed<strong>in</strong>novative della giurisprudenza nazionale (cui, non<strong>di</strong>meno, sono da riconoscere meriti d<strong>in</strong>on secondario significato), bensì – come si viene <strong>di</strong>cendo – ab extra, dalle <strong>Corti</strong> europee

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