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26 ottobre 2008 - Il Centro don Vecchi

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ANNO 4 - N° 43 Domenica <strong>26</strong> <strong>ottobre</strong> <strong>2008</strong>L’ incontroSettimanale di formazione e d’informazione cristiana. Organo della Fondazione Carpinetum onlus, dei Centri <strong>don</strong> <strong>Vecchi</strong>,dell’Associazione Carpenedo solidale onlus, della Pastorale del Lutto e del cimitero di Mestre - Autorizzazione del Trib. di VEn. 624 del 5/2/1979 - Direttore <strong>don</strong> Armando Trevisiol - Cellulare 334.9741275 - incontro@centro<strong>don</strong>vecchi.orgIL DRAMMA DELL’UOMO D’OGGIMentre nel passato la tradizione offriva una immagine consolidata della vita, della famiglia, del bene e delmale, di Dio e della fede, oggi tutto è diventato più problematico. L’uomo d’oggi deve cercare con pazienza,coraggio ed umiltà una sua visione di questi valori, concezione che gli permette di vivere con dignità dandosenso alla propria esistenza, e che l’aiuti a convivere serenamente e positivamente col suo prossimo


2INCONTRIDon Mario ha imboccato la strada giustaa firma di TittaBianchini, noto giornalista venezianoarrivato alla carta stampatadall’ associazionismo cattolico, per due,tre giorni ha pubblicato dei ser vizi sumons. Mario Sinigaglia in occa sione dellasua morte.Don Mario ha ricoperto ruoli impor tantinella chiesa veneziana della quale era unapersonalità di spicco nella vita cittadinaed ecclesiale e perciò il quotidiano giustamenteha presentato ai lettori l’operadi que sto sacerdote con dei servizi chera ramente si fanno nell’occasione dellamorte di qualche sacerdote.“Gente Veneta” poi, il settimanale delPatriarcato, ha dato ancor più ri lievo allascomparsa di questo prete e ne ha approfonditol’opera, la per sonalità, le risorseumane, spirituali e lo stile di vita. Con ciònon è detto che, sia al gran pubblico cheai fe deli, sia giunto appieno la testimonianzacristiana di questo uomo di Dio edella chiesa. Ritengo perciò che, a motivodei legami spirituali ed ideali, delle scelteumane e cristiane che ho condiviso conlui, di pubbli care quanto di meglio ho coltodagli articoli apparsi in occasione dellasua morte e dei suoi funerali e di porrel’accento sugli elementi più rilevanti dellasua vita e della testimonianza che cilascia.Ritengo che <strong>don</strong> Mario abbia ben compresoe vissuto alcuni aspetti dell’impegnopastorale, che purtroppo non sono patrimoniodiffuso tra il clero della diocesi equindi mi per metto di sottolinearli comeposso, perché l’eredità ideale, pastorale,umana e sacerdotale possa essere più facilmentecolta dal clero e dal lai cato dellachiesa veneziana.Per me <strong>don</strong> Mario ha colto nel segno quelleche sono le attese e le esi genze degliuomini del nostro tempo e quali sono lescelte pastorali per ché un prete incidasulle coscienze e non giri a vuoto comecapita spesso, riducendo la proposta cristianaa qualche rito formale per pochi efa cendo un discorso inconcludente e pocointeressante per gli uomini e per i cristianiche vogliono vivere in maniera seria.Primo: <strong>don</strong> Mario ha capito che un cristianesimoche non si sostanzi di solidarietà,è per gli uomini del no stro tempo unaproposta inconsi stente, inutile e noiosa.Non solo, ma ha capito che se le sceltenon diven tano servizio, strutture, testimonianzeconcrete, anche la carità di venta“flatus vocis”, che tradotto si gnifica “ariafritta”! Se la città ha avuto un sussultoper la morte di <strong>don</strong> Mario, significa cheegli ha fatto cen tro!“<strong>Il</strong> Gazzettino”,Secondo: <strong>don</strong> Mario ha compreso e hatentato di avvalersi dei mass-media perchéil messaggio cristiano non si spegnesseall’interno della sagrestia. Adoperarequesto mezzi non è facile, però bisognacomunque averne lucida convinzione dell’esigenzae la neces sità e tentare, tentarecomunque. Don Mario con “GenteVeneta” e non solo, ha battuto questastrada che altri (però troppo pochi) stannocon tinuando.Terzo: <strong>don</strong> Mario scelse di avere una parrocchia,ossia una famiglia, fatta di <strong>don</strong>ne,uomini, bambini, vecchi, credenti,poco credenti e miscre denti con cui viveree confrontarsi continuamente. DonMario la volle, l’amò, si immerse in essae visse in profonda simbiosi. Senza questoin namoramento un prete diventa un funzionario,un agente di commercio, un manager,perfino un avventu riero, ma non uncristiano e un prete vero perché rimarràsempre disanco rato dalla vita vera.Don Mario ha tirato bene la sua corsa, oraha passato il testimone, mi auguro, pregoe spero che ci sia qualcuno che lo raccolgae che faccia la sua parte.<strong>Il</strong> vivaio di questo tipo di prete non parein verità, nè troppo numeroso nè troppopromettente, comunque Iddio può farsgorgare l’acqua anche dalla roccia.E’ gia molto che la chiesa veneziana possasfoggiare questa medaglia d’oro, i campioninon nascono mai come i funghi!Sac. Armando Trevisiol<strong>don</strong>armando@centro<strong>don</strong>vecchi.orgL’ULTIMO ABBRACCIO DELLA CITTÀA DON MARIO SENIGAGLIASulla bara nuda, soltanto il vangelo.Quel vangelo che sembra descriverealla perfe zione l’attività di questoprete che la città intera piange: eroaffamato e mi avete dato da mangiare,nudo e mi avete vestito, mala to e miavete curato, carcerato e siete ve nutia trovarmi. «Dio solo sa quante perso neha aiutato», dice il patriarca emeritoMarco Ce e nella chiesa di Santo Stefanoesplode, incontenibile, l’applauso.<strong>Il</strong> secon do. L’ultimo quando la baraesce dalla chie sa per raggiungere il cimiterodi Mazzorbo. <strong>Il</strong> primo quando, arito non ancora iniziato, è Massimo Cacciaria ricordare la figura di <strong>don</strong> MarioSenigaglia, parroco di Santo Ste fano,delegato del patriarca per la rappresentanzapubblica presso le istituzioniso ciali, civili, militari della Città diVenezia. Ma, soprattutto, presidentedell’Opera San ta Maria della Carità,quella fondazione che agisce nei piùvari settori del disagio e del bisogno:residenze, case, comunità, hospiceper anziani, per malati di Aids, per excar cerati, per disabili psichici, per minori,per non autosufficienti, per tossicodipendenti,per malati di Alzheimer.Un’attività che vedeva <strong>don</strong> Mario in primalinea e che il sindaco definisce «importantissima,essen ziale per la città».


L’incontro 3La chiesa di Santo Stefano è gremita.Di fedeli, ma non solo. Per salutarlo c’ègente che è tornata dalle ferie. I piùstanno in piedi, perché posti a sedereper tutti non ce ne sono. La partecipazioneè palpabile. E anche la presenzadelle istituzioni non è di circostanza.Fuori, alcune corone di fiori, la piùgrande è de “il sindaco di Venezia”.Prima del rito, la commemorazionedel sindaco. Cacciari ricorda l’attivitàdi <strong>don</strong> Mario nell’Opera Santa Mariadella Carità («<strong>Il</strong> vero cuore del socialedella chiesa ve neziana»), cita SantaTeresa d’Avila (“nascano opere, opere,opere”) e San Gio vanni della Croce(“la fede edifica, la fede costruisce”),per ricordare «l’operosità del la fede»testimoniata da <strong>don</strong> Mario, «con ilsorriso, perfino con l’ironia, una fedestra ordinariamente accogliente». E ricordache, nel 1990, «senza un attimodi riflessio ne», <strong>don</strong> Mario accettò che sicelebrasse un funerale laico, un concerto,per Luigi Nono proprio nella chiesadi Santo Stefano.Un «sacerdote giusto», lo definisce nell’omeliaAngelo Scola. <strong>Il</strong> patriarca ricordache negli ultimi mesi <strong>don</strong> Mariogli aveva detto: «Voglio offrire tuttoquesto al Signo re, continuando a lavorarefinché posso e lottare in tutti imodi, con tutti i mezzi terreni e mediciper la guarigione». E negli ultimi giorni:«Adesso ho capito che è per Cristoche si deve fare, che si deve costruire,che ho fatto quello che ho fatto».«Sono stati tre mesi - dice Scola - di unapurifica zione quotidiana, dentro un’offertadoloro sa e travagliata, ma totalee incondizionata. “Siamo sempre del Signore”:lui è del Si gnore ora, con lui giàlo siamo ora».<strong>Il</strong> patriarca emerito Marco Ce, che conScola e il vescovo ausiliare BeniaminoPizziol concelebra la messa, dopo il ritoricor da che <strong>don</strong> Mario «amava la vita,aveva ancora progetti da realizzare»,dice che è stato «protagonista attivo»dell’Opera Santa Maria della Carità,«ma prima di tutto un sacerdote, innamoratodella sua parroc chia, orgogliosodella sua bellissima chiesa, un veropastore dal cuore aperto, un testi moneesemplare di quella accoglienza ver soi più deboli che vorremmo da tutti condivisa».Monsignor Fausto Bonini lo salutaa nome dei «compagni di classe»:«Per noi era il nostro fiore all’occhiello».L’ultima a prendere la parola è lanipote Elisabetta: «Punto di riferimentoper tutti noi».Le decine e decine di sacerdoti che hannopartecipato al rito escono in processionedalla chiesa. La bara viene portataa spalla. <strong>Il</strong> saluto dei fedeli e di chifedele non è ma stimava <strong>don</strong> Mario è unlunghissimo ap plauso.Vero prete, grande managere amico delle persone povereIntelligente, gran lavoratore, generoso,modesto... Mons. Mario Senigaglia èuna persona che certamente ha lasciatoun segno in chi l’ha co nosciuto da vicino.«Ho avuto modo fin dai tempi delsemi nario, quando era mio prefetto, diapprezzare la sua intelligen za e generosità,ma soprattutto la sua profondafede e la fe deltà alla preghiera e aicom piti affidatigli», racconta il ve scovoausiliare mons. Benia mino Pizziol, cheè stato in se guito suo cappellano a S.Ste fano, per sei anni.Parroco attento«Don Ma rio era un parroco affezionatissimoalla sua parrocchia e ai suoi parrocchiani,fedele a tut ti gli appuntamentiliturgici e soprattutto fedele allavisita al le famiglie, che ha compiutofi no a tempi molto recenti. E’ per questoche conosceva proprio tutti i suoiparrocchiani. Sono stati quelli anni divera e fra terna collaborazione, segnatida una stima reciproca, duran te i qualiho constatato di per sona la sua fedeltàalla Chiesa di Venezia e al Patriarca. Lori cordo come un prete esempla re, riccodi fede, aperto a tutte le persone chesi trovavano in difficoltà». E’ per questasigni ficativa esperienza al suo fian coche mons. Pizziol ha scelto <strong>don</strong> Marioperché lo presentasse al Patriarca, insiemea <strong>don</strong> Antonio Moro, durante ilrito della consacrazione epi scopale.Mons. Pizziol gli ha dato l’ultimo salutola mattina di ve nerdì 8 agosto, insiemeal Pa triarca: «Abbiamo pregato in siemee lui, seppure con un fi lo di voce, hapartecipato. Poi ci ha salutati con lamano e si è fatto il segno di croce mentreil Patriarca lo benediceva. Da al loraha perso lentamente co noscenza, finoalla morte, la se ra dopo».Per una Chiesa che opera«Mi hanno colpito subito le sue idee ela sua voglia di dare qualcosa di diversoin campo sociale, investendo sulla Terrafermae su una squadra giova ne», ricordaLuigi Polesel, chia mato da <strong>don</strong> Mario,ad appena 31 anni, a guidare il centroNa zaret di Zelarino. «“Dobbiamo dareuna risposta alla gente che ha bisogno”,mi diceva. Così è partita un’avventurabellissima, fatta di lunghe te lefonatealla sera per decidere le cose da fare.Mi diceva: “So no per la Chiesa che opera,nel silenzio”. Aveva una mentalitàimprenditoriale difficile da tro vare,una grande intuizione e una capacità dilettura dei bi sogni che nasceva dal suovi vere accanto alle persone, non dietrouna scrivania. Mi diceva sempre: Ascoltail personale, i familiari e gli ospiti,che sono i nostri padroni di casa”.Con i compagni di semina rioUn legame stretto legava mons. Senigagliaagli altri sa cerdoti compagni diordina zione. Con <strong>don</strong> Antonio Gusso sisentiva tutte le sere - ma pro prio tutte- per telefono, per chiacchierare delleultime no vità. Dopo l’ordinazione,quando ancora non esisteva l’I stitutoper il Sostentamento del Clero, i compagnidi classe avevano istituito unasorta di cassa comune, per avere tuttile stesse entrate, anche se qual cunoaveva la fortuna di capi tare cappellanoin una parroc chia più “ricca” o di poterinse gnare religione a scuola. «Ognimese - racconta mons. Fausto Bonini -ognuno andava in banca, chi a portaredei soldi, chi a ritirarli, per avere tuttila stessa cifra».Tutti testimoniano il suo di stacco daldenaro e la sua ge nerosità. «Non si tiravamai in dietro se c’era qualche necessitànelle nostre parrocchie», racconta<strong>don</strong> Antonio Gusso. «A S. Lorenzo haregalato un’antica icona di S. Michele»,ricorda mons. Bonini. «Duran te l’estate,quando erano chiu se le mense, or-ORARIPER “I SANTI” E “I MORTI” NELLACAPPELLA DEL NOSTRO CIMITEROSS.MesseDa lunedì 27 a venerdi 31 <strong>ottobre</strong>ore 9-151 NOVEMBRE “I SANTI”ore 9-10-11ore 15 S.Messa Solenne del Patriarca con lapartecipazione delle autorità e dei fedeli di tuttaMestreore 162 NOVEMBRE “I MORTI”ore 9-10-11-15-15.50


4ganizzava lui la refezione per i senzadimora al Ciliota», ricorda <strong>don</strong> LuigiBattaggia.<strong>Il</strong> quale ricorda la risposta decisa datadal giovane Mario Senigaglia, al liceo,al rettore mons. Valentino <strong>Vecchi</strong> chelo voleva indurre a decidersi con piùdeterminazione sul suo fu turo: «Confermòallora la sua risposta alla vocazioneche sentiva». E’ negli anni delSe minario che, racconta <strong>don</strong> Battaggia,è nata «un’amicizia to tale, incondizionata,che si nu triva di stima reciproca.Era talmente amico che da lui po tevoricevere qualunque criti ca, perché erail risvolto affet tuoso di quel bene chelui mi voleva».Portato per il lavoroDiffici le poi non riconoscere in luiun’invidiabile capacità di lavo rare: «Gliveniva naturale», te stimonia <strong>don</strong> Luigi.«Muove va i tasti giusti senza sforzo: lepersone, le occasioni, le com binazioni.E la grinta che met teva nello sportda giovane l’a veva trasferita nei pianialti dell’intelligenza e dell’organizzazione».«Ha continuato a se guire ilsuo lavoro anche quan do era costrettoa letto dalla malattia. “Parlare di lavoromi distrae”, mi diceva», conferma ilvescovo ausiliare.E’ per via del legame che aveva con loroche sono stati i compagni di seminarioa im partirgli l’unzione degli infer mi, afine giugno, nell’ospeda le di Venezia,insieme a <strong>don</strong> Angelo Fa vero, <strong>don</strong> DiegoSartorelli, <strong>don</strong> Stefano Cannizzaroe <strong>don</strong> Roberto Dona<strong>don</strong>i. Don Mario hapartecipato al ri to con serenità.Manager, ma modesto. Di <strong>don</strong> Mario <strong>don</strong>Antonio Gusso ricorda ancora la sua propensionead alzarsi presto al mat tino,per pregare; e l’attenzione ai poveri:«Penso che abbia pensato molto allapovera gen te, senza darsi arie. Era unma nager, ci sapeva fare. Era ami co deipotenti come della po vera gente».«Se devo dire di lui un ag gettivo direi“modesto”: ha sempre vissuto i ruoliimpor tanti ricoperti con una sempli citàumana che non allontana va le persone»,racconta mons. Bonini. «Difetti? Era fintroppo generoso: a volte non riuscivaa mantenere quello che pro metteva.Esprimeva il suo de siderio di andare incontroalle persone al massimo grado enon sempre poi ce la faceva. Ma comeho detto il giorno del suo saluto, lui erail nostro “fio re all’occhiello”...».Paolo Fusco<strong>Il</strong> card. Cè: «Dio solo saquante persone ha aiutato»«Di <strong>don</strong> Mario voglio conservare nelcuore il volto sereno del 24 febbraiodi quest’anno, quando, con <strong>don</strong> AntonioMoro, a nome del presbiteriodiocesano, presentò mons. Benia minoPizziol al Patriarca per l’Ordinazioneepiscopale. Era il volto dell’amico chegodeva, con la sua Chiesa, per l’eventostraordinario che stava per compiersi.Altre volte poi m’è ac cadutodi incontrarlo, ormai però segnato dalmale che lo aveva aggredito».E’ il ricordo let to dal Patriarca emeritoMarco Ce ai funerali di <strong>don</strong> Mario.«Egli ne conosceva la gravità. Con sofferenzal’ha accettato dalle mani delSigno re, mai rinunciando a lottare e asperare, fino alla fine. Amava la vita eaveva ancora dei pro getti da realizzare.Quando i suoi compagni di classe,con gesto di esemplare vera amicizia,delicatamente gli proposero di riceverel’Un zione degli Infermi, l’accolsesenza esitazione, da uomo di fedequal era. Certo noi non ci aspettavamodi perdere così presto <strong>don</strong> Mario,un sacerdote ancora efficientissimo ericco di sogni e ci domandiamo checosa ci stia chie dendo il Signore, cosavoglia dalla nostra Chie sa, dove cistia conducendo».Quello di presidente dell’Opera SantaMaria della Carità - ha proseguito ilcard. Ce - fu «un compito impegnativoche lo vide protagonista attivoe creativo, capace di cogliere i segnidei tempi e di rinnovare i servizi dell’Opera,rea lizzando uno straordinarioventaglio di atten zioni della nostraChiesa alle situazioni di sof ferenza edi disagio: dai minori in difficoltà, alladisabilità fisica e mentale, ai serviziper an ziani e ai malati terminali...Un’attività inten sissima, sorretta dauna tenace volontà di ser vizio e dauna singolare capacità di tessere relazionia tutti i livelli.Con tutto questo va affermato conforza che <strong>don</strong> Mario è stato prima ditutto “sacerdote”: un pastore d’animeinnamorato della sua par rocchia- conosceva i suoi parrocchiani aduno ad uno e intrecciava rapporti contutti - orgo glioso della sua bellissimachiesa, che curava come una sposa».«Don Mario - ha concluso il card. Cè- un vero pastore dal cuore aperto:Dio solo sa quante persone ha aiutato,quante situazioni di disagio hasciolto. Un uomo di carità, intelligentee at tivo, molto amato e stimato.Un servitore del la sua Chiesa e dellasua Città, testimone esemplare diIL PIAZZALEDEL CIMITERO<strong>Il</strong> piazzale del cimitero è ridotto aduna pietraia desertica. Ora i lavori perla realizzazione di un progetto, moltodiscutibile, sono anche interrotti perchéi proprietari dell’antenna, autorizzatadal Comune, pare non abbianofretta di toglierla. Come preparazioneper la giornata della memoria dei nostrimorti non è proprio male! Ora c’èda pregare che faccia bello perchéaltrimenti nell’attuale chiesa ci staràsolamente il Patriarca e il Sindaco!quella solidarietà e accoglienza versoi più deboli che vorremmo da tutticon divisa».Beppe Caccia eGianfranco Bettin:«DA LUI ABBIAMOIMPARATO MOLTO»Mario amava la vita”:così il patriarca emerito“DonMarco Ce l’ha ricordatoin Santo Stefano. L’ama va così tanto,vorremmo dire per nostra direttae modestissima te stimonianza,da farsi carico di ogni singola vitarelegata ai margini o segnata dallasofferenza, fosse quella di unanziano, disabile fi si co o psichico,paziente psichiatri co, tossicodipendente,malato di Aids, personacolpita dall’Alzhei mer o al terminedell’esistenza.È questo il <strong>don</strong> Mario Senigagliache abbiamo conosciuto: l’instancabileorganizzatore di operesociali con cui abbiamo avuto lafortuna di collaborare negli annitra il 1994 e il 2005 dirigendo lepolitiche so ciali dell’ amministrazionecomu nale. Sono stati glianni intensi dell’appassionata costruzionee del combattuto rafforzamentodi un moderno sistemadi welfare, ade guato ai problemie alle contraddi zioni sociali dellanostra città.E <strong>don</strong> Mario, schivo nei modi, quasisempre lontano da ribalte mediatiche,ma assolutamente centralenella rete di relazioni concrete traquanti avevano cura della nostraComunità, c’era sempre. C’era


L’incontro 5co me imprescindibile riferimento,protagonista di uno scambio quasiquotidiano che spaziava dallari cerca della soluzione per “quel”drammatico caso personale, alconfronto aperto e franco, nutritoda parte sua da un’innata sottileironia (qualità rarissima di questitempi), sui grandi temi che il durolavoro nel sociale imponeva allasua e alla nostra attenzione. DonMario è stato uno di quelli da cuiabbiamo davvero imparato molto,non perchè avesse la pretesa diinsegnare ma perchè nel suo concretooperare educava, rivelavacosa signifi casse la costruzione,senza mai perdere di vista valori,fi ni e contesto, di una comunitàsolidale che si assumesse fi no infondo la responsabilità della curadi tutti e di ciascuno.Con <strong>don</strong> Mario - e con altri, straordinarisacerdoti come lui - abbiamocondiviso, nei fatti, l’idea che ibisogni e i diritti delle perso ne vengonoprima delle rigide compatibilitàeconomiche, pur ov viamenteimportanti, che c’è sem pre untempo per sistemare i bi lanci (eper farlo si può bussare ad ogniporta), ma che il momento giustoper assistere chi si trova in gravidiffi coltà è soltanto “ora”. In sieme,poi, abbiamo condiviso non solo ilrischio, ma anche il gusto per l’innovazione:la consapevo lezza cheper rispondere a proble mi nuovi,o a problemi vecchi che assumevanodimensioni nuove, sa rebbestato necessario inventare e sperimentaresoluzioni inedite, spessoandando contro corrente. Tantisono gli esempi, tanti i ricor di chesono anche buoni segni im pressia fondo in questa città.Nel comune lavoro abbiamo infine capito che cosa signifi casse,nel rigoroso rispetto dei differentiruoli, superare la tradizionale distinzionetra “pubblico” e “privato”,nell’incontro di un pubblico consapevoledelle proprie responsabilitàe di un “privato” a fortissimavocazione sociale. E’ il fecondo,ef fi cace mix che distingue il welfareveneziano e che, in realtà,distin gue il carattere forte, generosoe illuminato di una città chein <strong>don</strong> Mario ha avuto un cittadinoe un pastore indimenticabile.Giuseppe CacciaGianfranco BettinTESTIMONIANZA DI CRISTIANIDELLA DIOCESI DI VENEZIACompianto per l’ex direttrice di Ca’ dei FioriANNA BALDONIAnna Fregnan Bal<strong>don</strong>iÉmorta all’età di 76 anni la piùconosciuta e amata ex direttricedella casa di riposo Ca’ deiFiori di Quarto d’Altino. Anna Fregnan,coniugata Bal<strong>don</strong>i, ha prestato il suoservizio per più di 30 anni nella casadi riposo del paese. E’ stata una deicomponenti del piccolo gruppo che hafondato la casa, prima struttura socialein paese per anziani, nel lontano 1969.E’ deceduta all’ospedale Ca’ Foncellodi Treviso, città dove abitava.Anna Bal<strong>don</strong>i ha dedicato la sua vitaal volontariato e all’impegno nel sociale,settori in cui era molto conosciutaovunque. A Quarto lascia uno dei ricordipiù cari e pieni di stima in tutti coloroche l’hanno conosciuta. Ritiratasiin pensione, era entrata nel Consigliod’amministrazione della associazioneCa’ dei Fiori Onlus che comprende anchela casa di riposo Carlo Cosulich diCasale sul Sile. La signora Anna, dal1983 Cavaliere di S. Marco, anche dapensionata era spesso a Quarto, doveabita suo figlio Lorenzo, per stare assiemeai suoi affezionati anziani. Durantel’ultimo Consiglio comunale del10 luglio, il sindaco Loredano Marcassaha chiesto un minuto di silenzio perricordare questa figura di spicco cheha dato lustro al paese.La celebrazione funebre si è svoltanella basilica S. Maria Maggiore diTreviso. Tra i concelebranti c’era <strong>don</strong>Gianni Fazzini, vicepresidente dell’ associazione.Erano presenti il direttoredelle due case di riposo di Quarto eCasale, Mario Modolo, la presidentedell’associazione Pierina Vidotto, ilparroco di Quarto <strong>don</strong> Gianni Fassina,il sindaco Loredano Marcassa con gliassessori Gianni Bianchini e MaurizioDonadelli, tutto il personale delle duecase di riposo e tanta gente. La salmaè stata tumulata nel cimitero di Musestre(Comune di Roncade). La Bal<strong>don</strong>ilascia i figli Lorenzo, Lorenza e Cristina,nipoti, parenti e tanti amici.Così la ricordano i sindaci di Quartocon i quali la direttrice delle due casedi riposo ha avuto rapporti di collaborazione.Per l’ex sindaco SergioVisotto era «una persona attaccataal suo lavoro e disponibile semprenel volontariato. Si era impegnata inquesta prima iniziativa a Quarto voltaall’istituzione di una casa di riposo evi si adoperò con dedizione. La casaall’inizio aveva qualche difficoltà - erauna casa colonica ristrutturata - percui l’amministrazione comunale erain parte impegnata per adeguare lestrutture e la direttrice Anna Bal<strong>don</strong>iera molto decisa nel realizzare ilprogetto. Appena completata la casadi riposo, chiese un aiuto per consolidarel’iniziativa che si sviluppò concretamente».Per l’ex sindaco MauroMarcassa «è stata una persona moltodisponibile impegnata nei problemidella casa di riposo nei suoi primi annidi attività e partecipe nel legame colComune. Era una <strong>don</strong>na molto cordialecon tutti, attiva e presente conentusiasmo». Per l’ex sindaco FrancescoBorga «Anna Bal<strong>don</strong>i è stata laprotagonista della prima signifi cativaopera sociale a Quarto». Per l’attualesindaco Loredano Marcassa era «unacara amica, con la quale ho fatto unaparte di lavoro assieme. Gentile, premurosa,pronta a dare suggerimenti.C’era “feeling” e stima tra me e AnnaBal<strong>don</strong>i. Con la nascita della casa diriposo di Casale sul Sile, ebbe con meun rapporto di lavoro poiché io svolsila parte tecnica come professionista elei come direttrice. Non si è mai lasciataabbattere di fronte a nessun generedi difficoltà».<strong>Il</strong> parroco di S. Michele di Quarto, <strong>don</strong>Gianni Fazzini, la ricorda cosi: “DiAnna ricordo quando pregava con isuoi anziani. La seguivano come unachioccia con i suoi pulcini. Lei mettevagli anziani su un piedistallo, come unvalore per la nostra società. Mi è semprerimasta cara anche per la sua federeligiosa granitica».Alberto Zoni


6IL DIARIO DI UN PRETE IN PENSIONELUNEDÌInvecchiando mi pare di intravederenella vita della società la manoprovvida di Dio che, con grandelibertà e lucidità, si serve di personetanto diverse per realizzare il suoprogetto a favore dell’uomo.Nelle scelte di Dio, mi pare che nonsempre i ruoli più importanti Dio li affidiall’apparato ecclesiastico, e chepure il Signore non si attenga a quelladistinzione tanto netta perseguitacon tanta foga sia da parte degli uominidi chiesa che da parte di quellidello stato, ma invece il Signore, contanta disinvoltura, adoperi uominidella società civile, che si qualificanocome ricercatori della verità per daredei contributi seri e consistenti allapurificazione del mondo religioso edaltresì adoperi credenti non impegnatiufficialmente in politica per purificarela vita pubblica e soprattutto isuoi protagonisti.Forse tutto questo si avvera a motivodi quella verità illuminante scopertamolti secoli fa da S. Agostino, cheaveva fatto esperienza di “lontano”e poi di “vicino” alla chiesa, quandoaffermò che ci sono “uomini che lachiesa possiede e Dio non possiede ealtri uomini che Dio possiede, ma chesono almeno apparentemente, estraneialla vita formalmente religiosa”.Mi sono tornate in mente queste ideepoco tempo fa, quando il nostro sindacoCacciari ai funerali di <strong>don</strong> MarioSinigaglia, citando non Marx o Gramsci,ma due tra i mistici più noti epiù sublimi: Santa Teresa d’Avila e S.Giovanni della Croce, affermò con leloro parole che dalla fede vera “nasconoopere, opere, opere”, “la fedeedifica, la fede costruisce”. E BeppeCaccia e Bettin, che si sono dichiaratidiscepoli di questo prete impegnatonella solidarietà, avendo compreso didover superare i concetti di pubblicoe di privato.Forse, prima o poi, dovrò suggerirein Curia di depennare dall’annuario ilnome di qualche prete e di inserirequello di qualche laico o di qualchenon credente.Da parte mia questa operazione l’hogià fatta da molto tempo!MARTEDÌDopo parecchie esperienze negativemi ritenevo ormai un espertoche non correva più il pericolodi essere abbindolato dai furfantiche con gli espedienti più diversi spillanodenaro ai cittadini e soprattuttoagli anziani.A questo proposito avrei da raccontareun vasto repertorio di fatti accadutimidurante la mia lunga vita diprete, vita in cui questa gente checampa di espedienti, mi ha spillatodenari, ma soprattutto mi ha fattocorrere il pericolo di negare l’aiuto achi ne aveva veramente bisogno.L’essere ora al <strong>don</strong> <strong>Vecchi</strong>, in questaisola fuori dal mondo, mi rendeva piùsicuro che mai, invece, ci sono cascatocome un perognocco!Fortuna ha voluto che il lestofante sisia accontentato di poco, appena 120euro, ma se avesse voluto credo cheavrei pagato molto di più per la miadabbenaggine.Faccio un appunto sull’evento per ricordarmiche l’aiuto ai poveri lo debbodare per scelta, non per raggiro!La vigilia dell’Assunta mi telefonanodalla segreteria che il signor tal deitali mi voleva dare un saluto. Nonricordavo il nome, ma per me sonomolti di più i nomi di amici che nonricordo che quelli che ricordo.Mi accolse nella hall con tanta familiarità,disse che stava andando in vacanzae che lavorando come ingegnerealla Sony aveva dei televisori, deicomputers, stampanti ed un sacco dialtre cose da regalare perché in sedetenevano solo gli ultimi modelli.Volle gli estremi della Fondazione,per preparare la ricevuta, lo portaiin segreteria dove chiese i programmida inserire. Una vera manna per i collaboratoride “L’incontro” che adoperanomacchine vecchie e sorpassate!Tutto bene se non che mi disse quasicon imbarazzo, che certi cavi li dovevacomprare anche lui perché le macchinepotessero funzionare, cose chelui avrebbe pagato a prezzo scontato.Chiesi: “Dica quanto ha bisogno?“Centoventi euro”Mi venne un dubbiolino, perché chimi offre roba non fa mai questi discorsi.Fugai il dubbio e gli diedi il denaro.“Alle venti, prima di partire, le portotutto”Probabilmente alludeva alle ventidell’anno 3000!MERCOLEDÌPoco tempo fa, dopo aver percorsouna lunghissima via dolorosa,è morta una insegnante elementarein pensione: Irma Strassera.Mi hanno informato dalla parrocchiadi questo decesso e del desiderio deifamiliari che potessi concelebrare aifunerali della loro cara.Essendo nella possibilità di farlo, l’hofatto tanto volentieri, perché avevoe credo di avere ancora un grosso debitonei riguardi di questa <strong>don</strong>na.Non avendola conosciuta, <strong>don</strong> Danilo,l’attuale parroco di Carpenedo,mi sollecitò di fare una breve testimonianza.L’ho fatto molto volentieri, anche seio sono molto schivo di aggiungereparole, durante questi riti, che per lamia sensibilità, sono spesso prolissi eformali.Sentii il dovere di premettere cheper la defunta, da cui prendevamocommiato, sarebbero state adeguatesolamente le parole di De Amiciso di Guareschi, letterati che ebberoil culto della loro maestra elementare,non le mie così disadorne e pocoincisive.Irma, è stata semplicemente “lamaestra” colei che aveva scienza,valori e verità da passare e che hapassato ad innumerevoli generazionidi bambini, senza complessi e senzale inibizioni di certi consigli di classeche hanno riempito la scuola di saccenza,pettegolezzi e non di rado distupidità o pseudo politica.La maestra Strassera continuò indisturbataad educare, fino alla pensione,ai principi civici, morali e religiosisenza paura e senza titubanze disorta.Sono stato felice di mettere un po’di cornice ad una <strong>don</strong>na e ad una docentedel genere, in un tempo in cuiprosperano, in ogni settore della societàe della chiesa, mezze tacche,funzionari e non infrequente, servipiù attenti alla circolare che alla coscienza.Sarà difficile, ma spero che ci sia ancoraqualcuno capace disposto a ricevereil testimone che la maestra diCarpenedo ci ha passato.


L’incontro 7GIOVEDÌOgni tanto mi tornano alla mentedelle massime che i miei vecchiinsegnanti mi hanno trasmessodurante il tempo della scuola. Erano,quelle massime, delle verità allequali essi erano arrivati pian pianomediante la ricerca e la riflessione eche essi ci <strong>don</strong>avano come delle perlepreziose, ma che noi studenti, ricevevamocon atteggiamento poco attentoe spesso annoiato.Col passare del tempo però questeverità emergono dalla mia memoriacome talvolta emergono dai ghiacciaireperti della guerra mondiale e di vicendeancora più remote.Qualche giorno fa ripensai ad unavecchia massima che un insegnantedi italiano, durante gli anni del liceo,andava ripetendoci ogni tanto:“A questo mondo è abbastanza facileincontrare persone intelligenti o divasta cultura, mentre è molto più difficileincontrare persone sagge”.Poi quell’insegnante continuava lasua lezione di vita affermando chesolamente i saggi sanno vivere, mentrespesso gli intelligenti combinanosolo guai.Ora solamente capisco quanta ragioneaveva quel professore e quantovalido era il suo insegnamento perchèegli non si limitò ad offrirci il suo teorema,ma spesso ci dava delle indicazioniper diventare pure noi saggi.Credo che, ai nostri giorni, come nonmai, la gente è scolarizzata, tutti siamoinformati da mane a sera dai giornali,televisione, internet su quantoavviene in questo nostro mondo tribolatoed irrequieto, eppur mai c’èstato un tempo tanto strampalato,della gente così balorda, asservitaalle mode di pensiero, succube di unaeconomia che pur di far soldi è dispostaa rovinare la gioventù con la drogae lo sballo.Beati i nostri vecchi, che con pocacultura sapevano vivere e morire dauomini dabbene!VENERDÌTra me e mio fratello <strong>don</strong> Roberto,parroco di Chirignago, c’ègrande stima e profondo affetto,però ognuno di noi vive la sua vita.Sia l’uno che l’altro siamo stati abituati,dai nostri genitori, a lavorareseriamente, a non perder tempo, aspenderci totalmente per la nostragente.Don Roberto, sta ottenendo in parrocchia,a mio modesto parere, dei grossirisultati. Io l’ammiro e sono convintoche abbia delle risorse d’intelligenza,di capacità di comunicare e di simpatiasuperiori di molto alle mie, ancheperché, mentre io sono un introverso,NOVEMBREMESE DELLAMEMORIA EDELLA PREGHIERAIL MESE DI NOVEMBREÈ DEDICATO PARTICO-LARMENTE ALLA ME-MORIA E ALLA PRE-GHIERA PER I PROPRICARI DEFUNTI. RICOR-DIAMO CHE NON C’ÈMODO MIGLIORE PERSUFFRAGGIARE LE ANI-ME DEI PROPRI CARI,CHE QUELLO DI FARCELEBRARE LA SANTAMESSA PER LORO E DIPARTECIPARVI.SI RICORDA CHE INCIMITEROLA S.MESSA NEI GIOR-NI FERIALI SI CELEBRAALLE ORE 15 ENEI FESTIVI ALLE ORE 10musone e schivo, egli è esattamentel’opposto assomigliando a mio padreche era di una simpatia unica.Con questo non è detto che condividaogni sua scelta e credo che anchelui nei miei riguardi pensi allo stessomodo.Io seguo la sua vita mediante le confidenzepositive dei suoi parrocchianiche ho modo di incontrare e soprattuttoleggendo il suo bollettino parrocchialeche lui, gentilmente, mi faavere ogni settimana.Normalmente non mi lascio invischiaredalle polemiche e dalle suevicende pastorali per non sembrareche lo faccia per motivi di parentela.Ultimamente <strong>don</strong> Roberto ha scrittoin corsivo in cui affermava di non approvarei parroci e i preti che durantel’estate mollano le parrocchie perandare a visitare gli angoli più remotidel pianeta.Se non che un confratello, che peraltrovive lontano dall’Italia, gli hamandato un reprimenda, dicendogliche non ha diritto di giudicare, cheognuno è responsabile di se stesso.Don Roberto ha risposto chinando ilcapo in atto di pentimento e difendendosiaccampando un argomentoche non condivido, ossia che per farsileggere bisogna adoperare anche unpo’ di pepe.Io ho ottant’anni, non mi permetto digiudicare alcuno nominalmente, maaffermo a chiare lettere che, questomodo di riempire i mesi estivi, è unmalcostume mondano, per nulla evangelicoe pastoralmente negativo.Ci sono mille modi per aprirsi al mondo,per farsi una cultura larga. Taceresu questo argomento significa connivenza,privare i fratelli di quella correzionefraterna che a cominciare daS. Paolo ai profeti dei giorni nostri,fortunatamente non è mai mancata.Se la pastorale va male, una grossaresponsabilità ricade anche sulle carenzedei sacerdoti, cioè di noi preti,per essere chiari!SABATONon passa settimana che qualchefedele non mi domandi notiziesu come vanno le cose nei riguardidella nuova chiesa del cimitero.Ero partito con tanto entusiasmo perchémi pareva che la soluzione trovatafosse la più indovinata: la spesanon ricadeva sull’amministra-zionecomunale, nè sui cittadini in genere,ma solamente sui fedeli, che permotivi di fede e di scelte personali,erano disposti a pagare un loculo aprezzo maggiorato purché i resti mortalidei loro cari riposassero in luogoconsacrato. Molte chiese di Venezia esplendide chiese, sono state costruitemediante questa soluzione. Qualchemese fa sono stato nella chiesadi Santa Maria del Giglio, mons. Bortolan,rettore di suddetta chiesa, miha regalato un dischetto in cui si diceche la famiglia patrizia dei Barbaroha finanziato la costruzione di quellachiesa, partendo da questa scelta oda motivi vicini ad essa.Io poi ero particolarmente felice perchèl’architetto Caprioglio mi avevadetto che con la vendita dei 1400 loculi,che sarebbero stati costruiti neidue corridoi adiacenti alle pareti, sisarebbe potuto finanziare anche il costodella sala per la celebrazione deifunerali civili o di altre confessionireligiose.Dei cristiani che si costruiscono a speseproprie una chiesa ove riposino iloro cari, ove si preghi per i fratellidel cielo e per di più fossero così cristianida pensare perfino ai non credentio ai credenti diversamente, mipareva il meglio che si potesse desiderare.Chiesi di parlare con l’ammini-stratoredelegato della Vesta per avere finalmenteuna risposta dopo 3 anni diillazioni e di mezze promesse, però mipare di aver capito che, stando così le


8cose e dati i regolamenti e le leggivigenti, c’è ben poco da sperare.Pazienza!In ogni caso io penso che data l’età egli acciacchi in atto, non sarò certamenteio a guidare la preghiera deicristiani che cre<strong>don</strong>o alla vita eternae alla comunione dei santi.Sono nato povero e non sarà una calamitàse finirò come il prete dellachiesa più piccola e più povera di Mestre!DOMENICAHo corso il pericolo di prendereuna sbornia da sport.Da mattina a sera, ma soprattuttonei momenti del pranzo e dellacena, tempo in cui mi concedo unpo’ di televisione per i telegiornali,mi è capitato di imbattermi nellamusichetta cinese e dovermi sorbireclassifiche su classifiche i risultati deglisport più strampalati che potessiimmaginare.Confesso che sto stancandomi anchedello sport, che tutto sommatodovrebbe essere una delle attivitàumane tra le più pulite, innocenti edisinteressate.Parlando dei tuffi, pensavo che sitrattasse di qualcuno che si butta inacqua da una certa altezza, inveceno, c’è chi si tuffa da 10 metri, chi da20, chi fa lungo la traiettoria una capriola,chi due, chi si avvita, chi…..Mi pare che si sia giunti ad una sofisticazionetale più vicina all’artificioche allo sforzo per cui uno esprimetutte le splendide potenzialità delcorpo umano.A tutto questo, che mi provoca inpartenza una reazione istintivamentenegativa, si aggiunge l’enfasi deigiornalisti specializzati su ogni singolaprova, che fanno comparazionirisalenti fino ad Adamo ed Eva e adoperanouna terminologia epica degnadi miglior causa.<strong>Il</strong> terzo motivo di stanchezza e di tendenzialerifiuto mi viene dal fatto chegli italiani sono quanto mai deludenti,specie negli sport che richie<strong>don</strong>omaggior sforzo fisico.Se non siamo gli ultimi della classepoco ci manca anche se nel medagliereabbiamo qualche medaglia spelacchiata.Ma soprattutto quello che mi rattristainfinitamente è il pensiero dellemigliaia e migliaia di persone che vivono,lucrano di questa attività pernulla produttiva e per nulla incidentea risolvere i terribili problemi del pianeta:fame, guerre, disuguaglianze,soperchierie, attentato alla vita delpianeta.Quanto sarebbe più giusto che uominie Stato si impegnassero con ugualepassione, fatica e sforzo per appuntarenel medagliere di ogni cittadinomeritevole l’oro per la solidarietà,per la pace, per la democrazia, per lalibertà, per….TAROCCHI MORTALILa nazione dei tarocchi questa volta hapassato i limiti. Trattasi non più di borsefalso Armani, di orologi falsi Piaget,di minimoto che scoppiano alla primaaccensione. Non di pummarola verace,rifiuti brodaglia rossastra made inHong Kong ed importata clandestinamente.Ne di voce bella di bambinanon bellissima, attribuita a bimba bella,che di suo ha aperto solo la boccaa tempo ( vedi tarocco olimpionico diapertura). Trattasi di latte alla melanina.In primis destinato alla nutrizionedi bambini . E pure di adulti. In Cinadecine di migliaia di bambini sonoin pericolo per averlo abitualmente,lungamente consumato. Alcuni sonomorti. La cosa, nota da tempo, è statataciuta “per non turbare l’armoniadelle olimpiadi”. Questa la versioneufficiale data dalle autorità preposte.Sono, ahinoi, pochissime le nazionia non aver avuto casi di grave falsofrodealimentare all’interno dei propriconfini. Nonostante il tempo passatoil nostro metanolo, e non solo quello,ha smesso da poco di dare il tormentonea molti. Ma, come in questocaso, sapere e tacere è doppiamentecolpevole. Anche nella repubblicapopolare dagli occhi a mandorla simanda il popolo a quel paese , anzial cimitero, per il dio denaro. In nonedella sportività? ( Che comunque nongiustificherebbe la cosa). Molto piùrealmente e semplicemente perchéanche in Cina, nonostante vermiglilibretti, ideologie anticapitalistiche eduguaglianze diseguali, l’unica armoniada tutti desiderata, a tutti gradita, maconosciuta in particolare ai responsabiledel potere ( non solo cinese),non è quella olimpica, bensì la tintinnantearmonia del denaro. La vita dibambini, in particolare, ed umana ingenerale? Bazzecole se paragonataal ritorno economico delle olimpiadi.Che per mille ovvie, logiche ragioni,non avrebbero dovuto svolgersi colà.E in Italia? Nonostante l’importazioneclandestina dalla Cina sia da temporegola e non eccezione…E’ tutto sottocontrollo. Dicono le autorità preposte.Chi ci crede è bravo, e molto, moltocredulone.FRIVOLE DIVAGAZIONIMilano. In questi giorni sfilate e ancorasfilate. I grandi nomi della moda hannopresentano sulle passerelle quantopartorito in mesi e mesi di lavoro dalQuesto tipo di impegno desterebbe dipiù il mio interesse e tiferei più calorosamenteper i campioni di questivalori!GIORNO PER GIORNOloro genio creativo, o da quello deiloro sottoposti. Anche noi, <strong>don</strong>ne normal,durante questo o quel telegiornale,o speciale-moda, fra un assaggiodi cottura spaghetto, un rimestar pureo stiratura capi non firmati, possiamoaggiornarci su quanto dovremmo (ovorremmo) indossare nella prossimaprimavera- estate. Impressionano lecalzature. Bandite le ballerine. Comodissime.Specie se un po’ “slandronate”dall’uso. Saranno assolutamenteout. Quindi buttare, buttare. Solo esoltanto tacchi e zeppe alte quanto uncondominio. Molto vista la caduta daisandali di due modelle, causa zeppe.Con conseguente passerella fatta asghimbescio e andatura da avvinazzata.La prima, non senza fatica emolto imbarazzo, è riuscita a mettersiin asse e proseguire. La seconda,non volendo rischiare ricovero , tolti gliassurdi trampoli ha completato il percorsodi sfilata con scarpe in mano.L’amico Cesare, mente arguta, mi hafatto notare che il gesto deve aver nonpoco contrariato lo stilista- capo- padrone.La giovane, diafana creaturaavrà forse perso il lavoro. Ma almenoin questo caso prudenza e buonsenso hanno prevalso. Visto il limitatovolume cerebrale di molti cervelli femminili….Per la prossima primaveraestate,negli ospedali italiani ed esteri,è prevista impennata di ricoveri perslogature, caviglie rotte ed affi ni. Causacaduta dalle scarpe.COSÌ, PER SORRIDERENuova (?) stagione televisiva. Gli esordinon lasciano ben sperare. Dopo il


L’incontro 9fondoschiena( non malaccio per gliocchi indulgenti di una sessantennequale io sono) dell’inespressivo Garkoe la sua penosa recitazione, ecco lerughe di Raffaella Carrà. Non sonocerto le rughe a disturbare. Ma il giàvisto. Da parecchi, troppi decenni .Vestiti giallo spasimo o rosso rosolia,modello danzatrice di flamenco.Capelli giallo paglia, scossi con ognipretesto , non solo durante i balletti.La risata…… Mamma! Quella risata!Mani giunte o sui fianchi. Qualche momentodi impacciato rimbambimento(gli anni passano per tutti). Forsedovuto a rodaggio avvio nuova serie.Ma tutto questo e nulla se paragonatoal palinsesto. Lacrimevoli fatti umaniinventati, quasi veri. Lacrima dellaconduttrice che a volte c’è, altre nonc’è, ma è come ci fosse. Discesa discale con boys dallo sguardo adorante.Uffa! Cambiamo canale. Cambiamoserata. Aiuto !!! Ecco l’Isola degliImbecilli. Consoliamoci con Striscia laNotizia. E poi… per non soccombereall’idiozia, al cattivo gusto, al nulla….tutti a leggere, a parlare, o guardareun DVD. E a chiedermi “Ma io al postodi tizia o di caio saprei davvero faremeglio? Proprio no. Salvo per i giàricordati naufraghi imbecilli, i grandipiccoli, quasi infimi, grandi fratelli, sorellee consanguinei, poi…, e ancorae poi……Luciana Mazzer MerelliLA FAVOLA DELLA SETTIMANAL E D O M A N D EUn gruppo di studiosi si erariunito per trovare risposteesaurienti sull‛essenza di Dio.Cosa significava questa parola? Esistevaveramente e chi era? Doveera possibile entrare in contatto conLui e che cosa voleva dagli uomini?A complemento dei temi principalic‛erano poi sul tavolo una serie dialtre domande, tutte complesse, acui solo teologi e studiosi di ogni religioneavrebbero potuto trovare unarisposta.I più grandi pensatori della terra,teologi, filosofi e scienziati si riunironoquindi in una cittadina di montagnadecidendo di rimanere chiusi inuna stanza fmo al giorno in cui avrebberotrovato risposte soddisfacenti.Lessero, studiarono, discussero maalla fine, dopo giorni di dibattiti, prigionierinella sala delle conferenzeche, per quanto fosse confortevole,era tetra e dove l‛unica fonte di luceera un grande lampadario, iniziaronoa discutere animatamente, poi i voltisi fecero accesi e le voci più concitateed infine i libri non vennero piùconsultati ma lanciati, come armimicidiali, da una parte all‛altra deltavolo: era scoppiata una guerra direligione.Stanchi per il lungo vegliare e demoralizzatiperché, non solo non avevanofatto progressi nella loro ricercama anzi ora i dubbi erano maggioridi quanti non ne avessero alloro arrivoe, consapevoli dell‛impossibilitàdi trovare le risposte tanto desiderate,decisero di sciogliere l‛assembleaper ripartire ognuno verso unadestinazione diversa.Uscirono finalmente alla luce delsole che li accecò tanto era intensa,il vento dispettoso strappava i fogliche avevano in mano, la neve che eracaduta abbondante nei giorni precedentili faceva scivolare ed inoltrepercepivano gli sguardi incuriositidei molti turisti abbronzati ed intenuta da montagna che li facevanosentire a disagio a causa della lorocarnagione spenta e degli abiti noni<strong>don</strong>ei al luogo. Quelle persone che liguardavano con fare quasi canzonatoriosi erano sicuramente divertitementre loro erano rimasti segregatiin una stanza a parlare e a discutereinvano per tentare di dare al mondorisposte che avrebbero potuto forsecambiare il corso della storia.<strong>Il</strong> più anziano tra i saggi, irritato piùche mai, sentì il bisogno di strapazzarequalcuno per poter scaricare larabbia accumulata durante la lungasegregazione e quando si trovò difronte ad un bambino biondo, paffutello,con gli occhi azzurri come ilcielo e dall‛ aria felice lo fermò e glidomandò: “Scusa bambino potrestirispondere ad alcune domande? Tiavverto però che sono molto difficili”.<strong>Il</strong> bimbo rispose: “Mi dispiace signorema io non posso parlare con gliestranei”.“Mi chiamo Ismaele” ripose il vecchio.Un po‛ perplesso ed anche irrequietoper il desiderio di ritornare a giocarecon i suoi amici il ragazzino assentìaffermando con una logica inconfutabile:“Poiché ora conosco il tuonome risponderò alle tue domandesignore”.“Hai mai visto Dio?”. “Si signore”.“L‛hai visto? E dove?”.<strong>Il</strong> bimbo si girò e puntando il ditoprima verso le alte montagne innevate,poi verso il cielo ed infine verso laterra rispose: “Ovunque il mio sguardospazi signore, ma anche tu lo puoivedere”.Ismaele dando un‛occhiata superficialealle cose indicate dal bambinopose un altro quesito: “Cosa pensidesideri da noi?”“Vuole che tutti si vogliano bene, chepossano ricevere ogni giorno una merendinae dividano i loro giocattolicon i fratelli. Non lo pensi anche tusignore?”.“Tu divideresti con un altro i tuoigiocattoli?” proseguì il saggio semprepiù stizzito.“Certo, vedi quel bambino che indossauna maglia come la mia? E‛ mio fratelloe sta giocando con la mia palla”rispose indicando un bimbo con occhineri come la pece e con una carnagionecolor cioccolato.“Quello non può essere tuo fratello,siete di colori diversi!”.“E‛ logico lui viene dall‛Africa ed èqui in vacanza: noi lo abbiamo adottatoinsieme alla sua famiglia e luiha adottato me e la mia famiglia. Infondo non è molto difficile amarsise siamo fratelli, non ti pare signore?Hai anche tu un fratello come ilmio?”.“No” affermò tristemente il saggioallontanandosi dal bambino che loguardava con un‛espressione interrogativa:‘‛No, non ho un fratello comeil tuo e me ne dispiace credimi”.“Signore scusa te ne vai senza farmile domande difficili?”.Ismaele si fermò, guardò i suoi colleghiche se ne stavano silenziosi attornoa loro ad ascoltare, si voltò edisse: “Torna a giocare bambino perchènon saprei che cos‛altro chiederti”.“Posso farti una domanda anch‛io signore?Perché tu e i tuoi amici avete


10GrazieLa direzione della FondazioneCarpinetum di SolidarietàCristiana onlusringrazia sentitamentel’infermiere professionaleBruno Scaramuzza che s’ègenerosamente prestato,come volontario, per il prelievodel sangue di residential <strong>Centro</strong> <strong>don</strong> <strong>Vecchi</strong> cheavevano grosse difficoltàdi accedere alle sedi dell’ULSSdi Favaro. Per laFondazione, la soluzione difare il prelievo del sanguenell’ambulatorio del <strong>Centro</strong>in un giorno prefestivo,risulta ottimale. Ora però,viste le responsabilità chesi andavano ad incontrare,la Fondazione ha rimessola soluzione del problemanelle mani della ULSSil volto triste e pallido?Dove siete stati in questi giorni?Non qui perché qui c‛è sempre statoil sole ed ora voi dovreste essere abbronzatiproprio come lo sono io”.Ismaele si fermò, rivolse nuovamentelo sguardo verso i suoi compagni distudio, ammirò le montagne, il cielo,la terra ed i bambini che giocavanofestosi, poi girandosi per guardarenegli occhi quel bimbo che sembravaconoscere “la verità” rispose: “Siamostati chiusi in una stanza a perderetempo prezioso. Insieme ai mieicompagni abbiamo studiato, letto,discusso e litigato senza aver capitonulla, senza aver trovato nessunarisposta da <strong>don</strong>are al mondo. Ora nesappiamo come quando siamo giuntiin questo luogo”.“Ma che cosa dovevate capire signore,se posso domandarlo?” “Chi èDio? Questo era il nostro quesito”.“Vuoi sapere che cosa mi ripete semprela mia mamma? Dio non si devecapire, bisogna solo accettarlo edamarlo” ed il bimbo con un cenno disaluto ritornò correndo allegramentedai suoi amici e da quel fratelloche proveniva da un altro paese, cheprofessava un‛altra religione e cheaveva dei genitori diversi dai suoi.Mariuccia PinelliLa vidi mentre iniziavo a rallentarein vista di un semaforo rosso.Si stava dirigendo verso l’autoferma davanti a me e il suo passo erastanco, paziente e, insieme, determinato,come chi, pur consapevole dicompiere un’azione che gli porteràsolo dolore, si appresta comunque acompierla, pressato dalla necessità.Non doveva avere più di sedici anni.Era piccola, minuta e - almeno misembrò a un primo sguardo - moltobella. Così, scarmigliata e vestitasenza cura, aveva un non so che difelino, che sembrava isolarla da ciòche la circondava, non diversamenteda come un animale selvatico riescea determinare, semplicemente conlo sguardo, il confine invalicabile chesussiste tra lui e noi.Sensazione sgradevoleMentre tendeva la mano armata diun lavavetri verso il parabrezza dellamacchina che mi precedeva, mi imposidi controllare, quando fosse giuntoil mio turno, l’ira che sovente mi assaleper la prepotenza con la quale,quasi sempre, mi si vuole imporre unservizio non richiesto.Decisi, dunque, di difendermi dal soprusosenza perdere le staffe.Come previsto, la ragazzina si avvicinòalla mia auto ormai ferma e, senzaconsultarmi, allungò il braccio e miimbrattò il vetro con acqua e sapone.Urlai un “no”! che non ammetteva replicae misi contemporaneamente infunzione il tergicristallo, così da impedirledi continuare.La ragazza capì perfettamente. Senzaguardarmi, strinse le labbra e con lesopracciglia aggrottate ripulì puntigliosamenteil tratto di vetro ancoraimbrattato, quasi a significare che ilsuo gesto, lungi dal volermi provo-U N E U R Ocare, era stato compiuto allo scopodi favorirmi, ma se io proprio non lovolevo, lei era disposta a cancellarefino all’ultima traccia il favore che ioavevo rifiutato. Con quel gesto inconsapevolmentesalvava la sua dignità.Una ferita da rimarginareQuanto a me, trovata una moneta daun euro, abbassai il finestrino e glielaporsi con un sorriso. I suoi occhi, spostandosidalla moneta alla mia persona,furono attraversati da un’espressionedi sorpresa. Prese la moneta esorrise a sua volta, allo stesso modo incui, quando qualche situazione giungea dimostrarci di aver mal giudicatouna persona, proviamo un senso disollievo e le siamo grati per aver dimostratoil nostro errore, risparmiandociin tal modo una delusione.La ragazza si allontanò, tornando alsuo posto presso il semaforo. Comparveil verde e io ripartii. Ma uno stimoloimperioso mi indusse a voltarmiverso di lei. Camminava ancora, dandomile spalle. Poi, lentamente, voltòil bel viso nella mia direzione quasicercandomi con gli occhi. Lo fece conritrosia, palesemente, vincendo unaresistenza interiore. Quando i nostrisguardi si incrociarono, lessi nel suoil timore di una disillusione, come sela mia indifferenza verso di lei avesseavuto il potere di ferire una volta dipiù la sua fede nel prossimo.La pace riconquistataLa salutai con la mano, sorridendolecon complicità. Si aprì allora in unsorriso appassionato, pieno di caloree di gratitudine, consapevole in quell’attimo- ma in quell’attimo soltanto- che oltre a una moneta da un eurole avevo regalato anche la mia amiciziae soprattutto, insieme a questa, laconferma che la sua fede nel prossimocontinuava ad essere ben riposta.Alzò a sua volta il braccio a salutare,ma già il traffico mi portava via e ilmessaggio di quegli occhi già abban<strong>don</strong>avai miei, scendendomi indelebilmentenel cuore.Lore Dardanello TosiPREGHIAMO TUTTII VOLONTARI CHEDISTRIBUISCONO“L’INCONTRO”DI FARLOREGOLARMENTEOGNISETTIMANA


L’incontro 11L’UOMO CHE DA SOLO SFIDÒ IL COMUNISMO.E VINSEMa combatté pure la società occidentale …… priva di valori.L’età e le malattie gli avevanoscavato il volto così russo, glizigomi alti, il naso importante,la fronte spaziosa, fino a renderlo quasiirriconoscibile. Ma non avevano intaccatola tempra di combattente, che gliaveva permesso di curare fino all’ultimoun’imponente edizione completadelle proprie opere.Ma imponente era lui, Aleksandr IsaievicSolzhenicyn, l’uomo che da soloaveva sfidato un sistema che, al prezzodi milioni di morti, era riuscito a soffocareogni dissenso. Essere un “nemicodell’Urss” era forse nel suo destino: figliodi un ufficiale zarista e di una ragazzadella piccola nobiltà provinciale,sarebbe diventato proprietario terriero,se non fosse arrivata la Rivoluzioned’Ottobre a trasformare la tenuta difamiglia in un kolchoz. Fu invece professoredi Matematica, eroe di guerrao II primo cerchio, i libri precedenti,sono più riusciti. Può darsi, ma importapoco: l’Arcipelago è patrimonio dell’(due volte decorato al valore), infine,appunto “nemico dell’Urss”, per averumanità, ben oltre le gerarchie letterarie.Nel 1994 lo scrittore potè, infine,criticato le doti di stratega di Stalin inuna lettera a un amico. <strong>Il</strong> Gulag cambiòriabbracciare la Russia. Si sono piaciuti,Solzhenicyn, lui cambiò noi. <strong>Il</strong> professoremilitante del Pcus si fece pellegrinoma senza entusiasmi. Solzhenicyn cercaval’uomo russo e aveva trovato unnei gironi infernali della repressione e,neocapitalista. I russi speravano in unsoprattutto, cantore dell’infinita vitalitàdi ogni singolo animo umano rispettopadre della Patria e avevano ricevutoun fustigatore dei (loro) costumi. Toccheràai giovani russi di oggi, una voltaalla mortale ottusità del sistema. Ebbeil Nobel nel 1970, quando Arcipelagocresciuti, meditare e capire. Lui, più diGulag la sua opera immortale, non eracosì, proprio non poteva fare.ancora stata pubblicata. Molti dirannoche Una giornata di Ivan DenisovicFulvio ScaglioneSTORIA DI UNA VOCAZIONEFinchè ci sono giovani così, la nostra società può ancora sperareLa mia vocazione, vistaoggi, a un passodal diaconato, misembra quasi la cosa piùnaturale del mondo, manon era così sei anni faquando, ventiseienne, lasciavoil mio lavoro pressola Pirelli Pneumatici diMilano.Dopo la laurea (facoltà dieconomia) ed il serviziomilitare, avevo appenaconcluso con esito positivouno stage in azienda,tanto che mi era stataproposta un’assunzione.Ma fu allora che la decisione fondamentaledella vita, che forse avevofino ad allora inconsciamente rimandato,mi si presentò davanti con unaforza impossibile da ignorare: a checosa voglio veramente dedicarmi contutto me stesso, anima e corpo, senzariserve? Esiste qualcosa che “nevalga la pena”? Questa domanda nongiungeva a caso, era stata preparatada un avvicinamento progressivo alSignore, mediante la preghiera, cheportavo avanti, interiormente e senzagrandi manifestazioni esteriori, ormaida alcuni anni. Avevo preso consapevolezzasempre maggiore della bontàdi Dio e della mia gratitudine neisuoi confronti, maturando il proponimentodi non porre ostacoli alla Suavolontà. Davanti al bivio che mi prospettavala carriera in azienda da unaparte e la possibilità di dedicarmi alSignore dall’altra, mi parve che avreipotuto essere davvero coerente conciò che sentivo e, in definitiva, felice,solo scegliendo la seconda. Direiaddirittura che capivo di non poterfare diversamente. La mia decisionefu accolta con sorpresa, incredulità,sconcerto (a seconda dei casi) daimiei genitori, dai miei datori di lavoro,dai parenti e dagli abitanti dellamia parrocchia. Nessuno di loro, aparte il mio compianto parroco (che,all’udire la notizia, mi abbracciò perla gioia) aveva sospettato qualcosa.Infatti dall’età di quattordici anni,non frequentavo l’oratorio, pur prendendoparte regolarmente alla Messae ai Sacramenti. Per questo mi sentivoin un certo senso una mosca bianca:con tutte le persone generose edimpegnate che c’erano in parrocchia,perché un’idea simile era venuta inmente proprio a me? Veniva da Dio oda qualche mia strana suggestione? <strong>Il</strong>confronto intrapreso con un mio zio econ il padre spirituale del seminariodi Cremona, che non ringrazierò maiabbastanza, mi aiutarono a capirciun po’ di più e a decidermi effettivamentea salire su questo treno incorsa: mi pareva un delitto lasciarlopassare senza cogliere al volo un’occasioneforse irripetibile. Ricevute lenecessarie rassicurazioni dal direttorespirituale, rinunciai una volta pertutte a fare programmi dettagliati sulmio futuro, decisi di mettermi nellemani di Dio e di imboccare di giornoin giorno la direzione che mi avessefatto intravedere.Da allora sono trascorsi sei anni, chesarebbe un eufemismo definire intensi.Sotto la guida di formatori e sacerdoti,oltre che di parrocchiani davveroammirevoli, ho cercato di chiarirediversi aspetti della mia vocazione; diporre le basi di una spiritualità personaleancorché diocesana ed ecclesiale;di ascoltare la voce di Dio nellediverse situazioni; di re-imparare lebasi della vita in parrocchia e in oratorio;di instaurare relazioni cristianecon centinaia di persone che mi hannoaiutato ad allargare i miei orizzontidi fede e di Chiesa. <strong>Il</strong> rapporto congli altri seminaristi, in particolare, siè dimostrato molto bello e gratificante,sia durante gli anni di formazione,sia durante i soggiorni estivi trascorsiinsieme, come quello ispirato allafigura di <strong>don</strong> Bosco, in Piemonte, dacui sono appena ritornato. Oggi, alla


12STANNO BUSSANDOStanno bussando alla tua porta.In questo momento.Non ti sei ancora accorto?vigilia del mio primo grande “sì”, definitivo,non saprei se la mia vocazionepossa definirsi un caso anomalo. Sosoltanto che desidero servire il Signoreed i fratelli, come ministro dellaChiesa, nel modo più fedele e menoindegno possibile.seminario vescovile di CremonaForse... è uno degli 850 milioni di persone affamate, oggi, nel mondo.O uno dei 29 milioni di bambiniche ogni anno muoiono a causa della mancanza di cibo.Uno di quel 21% della popolazione mondialeche vive con meno di un dollaro al giorno.Un bambino che ogni minuto muore per una malattia correlataall’AIDS.Un rom della via Bovisasca.Un ragazzo soldato colombiano.Un bimbo strega della Nigeria.Un bambino gitano di Deva.O un giovane di Rreshen .Lasciarli fuori... è un’illusione.Continueranno a bussare.Verranno insieme, a gruppi, sempre più numerosi, a miriadiSono milioni, miliardi.Sempre più affamati di pane, ma soprattutto di dignità.Se non apri loro la porta e li accogli,prima o poi invaderanno la tua casa.Invaderanno la tua vita, i tuoi sogni,i tuoi progetti, il tuo futuro.Invaderanno il tuo presente.Perché la tua vita non ti appartiene.Non è esclusivamente tua, è di tutti.È un tutt’uno: è parte di ciò che chiamiamo gente, popolo, umanità.Non sei un’isola. È una grave illusione pensarti isola.Sei un continente. <strong>Il</strong> continente chiamato mondo.E loro hanno diritto.Hanno un diritto sacrosanto. È iscritto nella loro natura.Perché loro sono parte di te, e tu sei parte di loro.Hanno diritto di sedersi alla stessa tavola, alla tavola del mondo.<strong>Il</strong> mondo ha tante sedie, perché tutti possano sedersi.Comodamente e dignitosamente.E c’è un posto a cena per tutti.Perché il mondo non è tuo, né mio: è di tutti.Stanno bussando alla tua porta.CORRISPONDENZAUN PO’ TROPPO, SIGNORA!Cara signora, la ringrazio di cuore perla sua attenzione e per i suoi complimenti.Sono lusingato e felice chelegga volentieri “L’incontro”<strong>Il</strong> nostro gruppo redazionale impiegatempo, fatica e denaro nella speranzadi fare un po’ di bene ai nostri concittadini,però mi preoccupa che leidebba prendere 10 gocce di Lexotan!La prego legga gli articoli con calmae serenità, perché non vorrei propriodiventare un pericolo per la salutepubblica!DON ARMANDO“Mi per<strong>don</strong>i se la disturbo e le rubodel tempo prezioso per leggermi.Sono anziana, ho qualche anno più dilei. A questo punto si chiederà perchèle scrivo…. Le scrivo anzitutto perchéconsideri questo scritto espressionedi gratitudine, con un grazie di cuoreper il suo settimanale “L’incontro”che un’anima gentile settimanalmentemi fa trovare davanti all’uscio. <strong>Il</strong>suo “Incontro” a mio parere oltre aessere formativo ed informativo, lotrovo di stile maestoso, sia cristianamente,socialmente, culturalmente,politicamente veritiero.Bravo <strong>don</strong> Armando! Finalmente aMestre un prete non sedentario, cheprende il largo infischiandosi di tutto,dei pettegolezzi, della zizzania, o deinemici.Ora le confesso una verità: dopo cheleggo il suo giornale, per placare lamia emozione, devo prendere 10 goccedi Lexotan”.Lettera firmataLETTO ATTREZZATIS-SIMO PER INFERMIUna famiglia di Venezia ciha <strong>don</strong>ato un letto nuovo perinfermi, quasi del costo di3500 euro. Mettiamo gratuitamentea disposizione suddettoletto superattrezzatoper chi ne avesse bisognoMAGAZZINI S. GIUSEPPEI magazzini San Giuseppehanno ripreso alla grande ilritiro di mobili per chi ne habisogno. I <strong>don</strong>atori sono pregatidi telefonare al numero041 5353204 e possibilmentedi far trovare i mobili apiano terra per l’ora fi ssatadel ritiro<strong>Il</strong> 5x1000 del 2005 e del2006 a “CARPENEDO SOLIDALE”Lo Stato ci ha erogato il5x1000 destinatoci dagliamici nel 2005 e 2006.L’erogazione ammonta a1.195,802 euro.Ci auguriamo che quello del2007 sia molto superiorePER LA REALIZZAZIONE DEIPROGETTI A FAVORE DELPROSSIMO, FACCIAMO CONTOSULL’ ELARGIZIONI DI CHI PUÒSUBITO E SULLE EREDITÀ DICHI POTRÀ DOMANI

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