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Lo Staff di Albatros

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GITA A PARIGI<br />

<strong>Lo</strong>renzo Gianfelici<br />

ALBATROS 35<br />

Fatti <strong>di</strong> scuola<br />

“Siam rimasti soli prof”. Sono queste le ultime parole, con<strong>di</strong>te con forte accento romagnolo, che ricordo<br />

della gita <strong>di</strong> V <strong>di</strong> quest’anno a Parigi. Parigi la conoscevo già, c’ero stato da turista e per un anno era<br />

anche stata la mia casa. Ripensandoci sembra passata una vita, ma non è stato poi tanto tempo fa. In mezzo<br />

però si sono succeduti tanti eventi, incontri, nuove esperienze e, la vita, se non ti impegni a trattenerla anche<br />

nei suoi dettagli, � nisce che se ne va, ti rimangono delle sensazioni confuse, dei volti un po’ sbia<strong>di</strong>ti, delle<br />

stanze che non rivedrai mai più. E allora sei preda della malinconia, perché ti ren<strong>di</strong> conto che, come tutte<br />

le cose, anche l’esperien- za più intensa, se non te<br />

ne pren<strong>di</strong> cura, se non la proteggi dalla marea degli<br />

attimi che si succedono, se insomma sei tutto preso dal<br />

presente, rischia <strong>di</strong> perder- si. Non <strong>di</strong>co che sparisca,<br />

ma rimane nascosta, come in una sorta <strong>di</strong> schiena o<br />

rovescio del tempo… Ser- vono altre esperienze per<br />

ridestarla, altri incontri per richiamarla, e anche altre<br />

orecchie a cui, in qual- che modo e come meglio<br />

puoi, raccontarla. Succede questo <strong>di</strong> miracoloso nell’incontrarsi:<br />

l’altro è come uno specchio che, se c’è buona<br />

luce, ri� ette parti <strong>di</strong> te che credevi perdute, con la sua<br />

sola presenza fa risorgere interi continenti sommersi.<br />

La gita <strong>di</strong> V è stato questo per me: un ritornare<br />

sui miei passi con altri passi e altri occhi. Nelle angosce<br />

<strong>di</strong> alcuni studenti alle prese, per la prima volta, con un<br />

viaggio in aereo, ho rivisto la mia angoscia nel prendere<br />

i bagagli e salutare i miei affetti più cari che non<br />

avrei rivisto se non dopo molti mesi. Nello stupore<br />

degli studenti <strong>di</strong> fronte alla Tour Eiffel illuminata <strong>di</strong> notte,<br />

ho rivissuto l’emozione nel capire, per la prima volta,<br />

<strong>di</strong> vivere in una città che mi avrebbe dato tanto. Osservandoli<br />

minuscoli sotto l’immensa Grande Arche mi<br />

sono tornati in mente tanti pomeriggi passati in quegli<br />

stessi luoghi, il senso <strong>di</strong> spaesamento <strong>di</strong> fronte alla<br />

grandezza impersonale dei grattaceli della moderna<br />

zona commerciale <strong>di</strong> Pari- gi. E poi il <strong>Lo</strong>uvre, il museo<br />

d’Orsay, Montmartre, Notre Dame e il Centre Pompidou,<br />

salire su � no in cima, e vedere dall’alto una città che non ti aspetti, immobile, tranquilla, senza rumore.<br />

Insegnare, in classe e fuori, vuole <strong>di</strong>re, in fondo, questo: ripercorrere a ritroso il proprio cammino, accompagnando<br />

gli studenti sui tuoi stessi sentieri, impegnarti af� nché nessuno si perda per strada, far sì che<br />

vedano quella bellezza che anche tu un giorno, per poco e dopo mille fatiche, hai visto, e lasciarti coinvolgere<br />

nei loro sguar<strong>di</strong>, in modo che ti aiutino a vedere cose che magari ti erano sfuggite. Un panino al foie gras e<br />

tartufo in un ristorante vicino Place de la Concorde che non avevi mai assaggiato, una passeggiata alla Sorbona<br />

insieme al sogno <strong>di</strong> una studentessa che vorrebbe andarci a stu<strong>di</strong>are, l’emozione <strong>di</strong> fronte ad un quadro<br />

<strong>di</strong> Caravaggio al <strong>Lo</strong>uvre che non ricordavi nemmeno <strong>di</strong> aver visto, l’impegno <strong>di</strong> aspiranti ingegneri che<br />

cercano, senza gran successo, <strong>di</strong> spiegare il meccanismo delle luci intermittenti della tour Eiffel. E vengono<br />

fuori domande che non ti eri mai fatto, che ti spiazzano, a cui non sai rispondere, e risposte ad altre domande<br />

che invece sei contento <strong>di</strong> poter dare dopo che anche tu le avevi fatte e altri ti avevano risposto. In classe<br />

e fuori, per esempio a Parigi, si coglie bene cosa signi� chi ere<strong>di</strong>tà, e come anche quest’ultima possa morire<br />

se non c’è qualche domanda che <strong>di</strong> nuovo la interpelli, rivitalizzandola, dandole nuova forma nel presente.<br />

Tutto questo penso voglia <strong>di</strong>re vivere e rivivere, e scoprire che se non riesci sempre ad aver cura della<br />

tua vita passata, può capitare <strong>di</strong> incontrare dei ragazzi e delle ragazze <strong>di</strong> 18 anni che, anche non volendo, ti

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