30 ALBATROS storie 7 Marzo 2012 - Cesena, Aula Magna <strong>di</strong> Psicologia SAMUEL MODIANO Andrea Garaffoni Due ore <strong>di</strong> assoluto silenzio accompagnano lo sconvolgente racconto <strong>di</strong> Samuel Mo<strong>di</strong>ano davanti agli studenti delle scuole superiori della città, in un incontro carico <strong>di</strong> commozione, scan<strong>di</strong>to dal ritmo coinvolgente dalle parole <strong>di</strong> uno dei pochissimi sopravvissuti alla Shoah. Davanti ad una platea <strong>di</strong> solito chiassosa e <strong>di</strong>stratta ed invece, in questo caso, straor<strong>di</strong>nariamente attenta e partecipe, Mo<strong>di</strong>ano ha offerto a quelli che hanno avuto la possibilità e la fortuna <strong>di</strong> ascoltarlo (proprio a causa del grande interesse che la sua presenza ha suscitato non è stato possibile sod<strong>di</strong>sfare tutte le richieste <strong>di</strong> partecipazione) una preziosissima testimonianza che si è impressa a fuoco nella memoria degli astanti. La testimonianza <strong>di</strong> un uomo semplice, che non teme e non esita a de� nirsi ignorante, che da anni con coraggio ed abnegazione porta avanti il suo messaggio <strong>di</strong> pace senza arti� ci retorici, ma con passione sincera: con la consapevolezza che si tratta, per lui, <strong>di</strong> un compito a cui non può sottrarsi, proprio a vantaggio delle future generazioni. Nato nel 1930 nell’isola <strong>di</strong> Ro<strong>di</strong>, che si trovava all’epoca sotto il dominio italiano (come riba<strong>di</strong>sce lui stesso, professandosi orgogliosamente ebreo italiano), Samuel Mo<strong>di</strong>ano ha subito in prima persona l’entrata in vigore della legge razziale, che ha signi� cato anzitutto l’imme<strong>di</strong>ata espulsione dalla scuola quando frequentava la terza elementare. Quando nel ’43 Ro<strong>di</strong> cade in mano ai nazisti venne organizzata la deportazione dell’intera comunità ebraica dell’isola nei campi <strong>di</strong> sterminio <strong>di</strong> Birkenau e Auschwitz. Una deportazione già drammatica per le sue terribili modalità: uomini, donne e bambini ammassati dentro malconci battelli per carico <strong>di</strong> bestiame e, dal Pireo in poi, stipati nei famigerati treni della morte, dove Samuel viaggiò insieme al padre e alla sorella in indescrivibili con<strong>di</strong>zioni igieniche: e soprattutto con il presentimento opprimente <strong>di</strong> avviarsi verso la morte. Dopo un mese estenuante <strong>di</strong> viaggio si apre l’inferno <strong>di</strong> Birkenau, in cui venne separato dalla amatissima sorella: qui ebbe la fortuna <strong>di</strong> essere selezionato per i lavori forzati, salvandosi dunque temporaneamente dalle camere a gas. Ciò che lo aspettava era, però, forse peggiore: l’impietosa e tremenda violenza delle ‘bestie’ naziste, le continue umiliazioni, il durissimo lavoro in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong>sumane, la fame che annebbia la vista: in� ne dovette affrontare lo shock della morte del padre, che, estenuato, cessa <strong>di</strong> combattere per salvarsi, abbandonando a se stesso il � glio solo tre<strong>di</strong>cenne, la cui speranza si attenua giorno dopo giorno in una <strong>di</strong>sperazione sempre più cupa. Poi il miracolo: Samuel viene salvato da quelli che de� nisce come due angeli custo<strong>di</strong> mentre, durante il trasferimento a pie<strong>di</strong> da Auschwitz a Birkeau, era caduto a terra esausto. Il 27 gennaio 1945 viene quin<strong>di</strong> liberato dall’arrivo dei russi. Eppure il suo ‘calvario’ non era ancora terminato: il sentore ossessivo della morte, il suo aleggiare costante sul suo animo devastato viene sostituito da un ingiusto senso <strong>di</strong> colpa per essere sopravvissuto al padre e alla sorella. Una sensazione così intensa che annulla qualsiasi felicità per la salvezza conquistata e lo precipita in una crisi esistenziale da cui riuscirà ad uscire solo molti anni più tar<strong>di</strong>. Interrogativi incalzanti lo tormentano: Samuel, infatti, non può fare a meno <strong>di</strong> domandarsi perché proprio lui si era salvato, mentre tanti altri, più forti e robusti <strong>di</strong> lui (e magari anche più meritevoli), non ce l’hanno fatta. Solo molto tempo dopo ed in seguito ad un cammino costellato <strong>di</strong> sofferenza, questo ‘ebreo italiano’ ha trovato una risposta: egli vive unicamente per testimoniare quell’inferno a chi non l’ha sperimentato af� nché una simile trage<strong>di</strong>a non si ripeta mai più. Malgrado il lancinante dolore che ancora oggi, a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> sessantacinque anni, Sami, come ama essere chiamato, prova nel richiamare alla memoria quell’orrore, egli è consapevole <strong>di</strong> essere portatore <strong>di</strong> una missione non ab<strong>di</strong>cabile: quella <strong>di</strong> non cessare <strong>di</strong> comunicare e trasmettere instancabilmente le voci dei suoi amici e parenti (e <strong>di</strong> tutti gli ebrei) morti nei campi <strong>di</strong> sterminio. Egli, ora, riconosce il suo posto nel mondo e la funzione cui l’ha destinato il suo essere superstite dell’Olocausto: fare in modo che tutti conoscano ciò che lui non può cancellare dalla memoria, così come il numero tatuato sul suo braccio dai nazisti nel campo, B7456. E il pubblico, attonito e sgomento, che l’ascolta con autentico rapimento, comprova come la sua faticosa
ALBATROS 31 storie testimonianza sia feconda e porti frutto: nessuno dei presenti potrà mai <strong>di</strong>menticare quel vecchietto apparentemente così gracile e debole ma la cui statura umana si eleva altissima a monito ed insegnamento per tutti contro la barbarie in cui può precipitare il genere umano quando ignora Dio.