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Lo Staff di Albatros

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22 ALBATROS<br />

storie<br />

E MENTRE TUTTO SCORRE IO NON ME NE ACCORGO<br />

Beatrice Serra<br />

“La vita ce l’ha con me”. Questo è quello che mi sono ripetuta per tre anni. Tre lunghi anni in cui non sono<br />

stata più io, perché quello che rimaneva <strong>di</strong> me era soltanto l’etichetta che gli altri avevano associato e incollato<br />

alla mia persona: Anoressia Nervosa.<br />

Questo terribile demone mi ha rapita e mi ha portato dentro il suo inferno all’interno del quale ancora mi trovo<br />

intrappolata. <strong>Lo</strong> ammetto, questa terribile malattia fa parte <strong>di</strong> me.<br />

Avevo 15 anni quando un giorno per scherzo, per colpa <strong>di</strong> una professoressa che non mi reputava brillante<br />

nella sua materia, ho deciso <strong>di</strong> mangiare meno. Si tratta <strong>di</strong> un motivo futile, ma per me fu l’ultimo decisivo<br />

pretesto per iniziare la mia battaglia contro me stessa. In quel preciso momento una mina è penetrata dentro<br />

<strong>di</strong> me ed è esplosa proprio lì, lì dove erano concentrate tutte le mie più gran<strong>di</strong> insicurezze, i miei dubbi, e le<br />

mie paure riguardo alla vita.<br />

Avevo tanti progetti in testa, tanti sogni.. i sogni <strong>di</strong> una ragazzina <strong>di</strong> soli 15 anni. Quel giorno, però, ho deciso<br />

che avrei smesso piano piano <strong>di</strong> mangiare, <strong>di</strong> esaurire le mie forze e <strong>di</strong> lasciarmi morire lentamente. Non<br />

tolleravo la mia vita, eppure avevo buoni risultati a scuola, ma non riuscivo ad essere sod<strong>di</strong>sfatta <strong>di</strong> ciò che<br />

facevo. Non ero mai sazia <strong>di</strong> questa vita che sembrava non appagarmi mai.<br />

Ho cominciato ad informarmi su come si potesse fare per <strong>di</strong>magrire, consultando siti pro-ana (così chiamati<br />

dalle teenager che vogliono condurre le proprie coetanee verso lo stesso cammino <strong>di</strong>struttivo) e così è iniziato<br />

tutto per scherzo, sebbene sapessi che avrei dovuto lottare contro me stessa e, quel che è peggio, contro<br />

le persone che si prendevano cura <strong>di</strong> me e <strong>di</strong>cevano <strong>di</strong> volermi bene.<br />

Per tre lunghi anni mi sono sbattuta tra vomito, lassativi, <strong>di</strong>giuni, calcoli, <strong>di</strong>magrimenti e lacerazioni <strong>di</strong> cui<br />

ancora oggi porto le ferite. Volevo raggiungere quel “peso ideale”, quella situazione che io sola credevo <strong>di</strong><br />

benessere. La mia vita era legata ad un numero, alla bilancia, anzi a quelle maledette bilance che ormai sognavo<br />

anche <strong>di</strong> notte. Non stavo bene con me stessa, è evidente.<br />

Non mi accettavo, o<strong>di</strong>avo il mio corpo, le amiche non mi capivano e � ngevano <strong>di</strong> starmi vicine, i genitori mi<br />

stavano sempre troppo addosso. È stato quello il momento in cui ho deciso che, se non potevo controllare<br />

nulla, allora avrei almeno controllato il mio corpo. Piano piano ho perso sempre più peso, nonostante seguissi<br />

delle <strong>di</strong>ete per ricercare un equilibrio alimentare, che forse, inconsciamente, non accettavo. Il problema, infatti,<br />

non era il cibo in sé, ma la mia collocazione in un mondo che sembrava non volermi riconoscere. Volevo<br />

essere LA malata, ma non mi accorgevo del tempo che passava e del fatto che questa maledetta ossessione,<br />

lentamente e inconsciamente, mi stava togliendo tutta la mia adolescenza, � no a quando un giorno mi<br />

sono ritrovata, nel Natale del 2010, in un letto <strong>di</strong> ospedale, sola, triste e senza più speranze. Pesavo 33 chili.<br />

Pensavo fosse la � ne e forse speravo davvero <strong>di</strong> poter essere giunta al capolinea <strong>di</strong> quella vita che non prospettava<br />

niente <strong>di</strong> buono per me. Dormivo tutto il giorno, mi riempivano <strong>di</strong> psicofarmaci, ero continuamente<br />

circondata da camici bianchi e torturata da aghi nella pelle. Non ne potevo più. Così dopo un mese <strong>di</strong> ospedale<br />

ho deciso <strong>di</strong> dare una svolta alla mia vita e ho cercato un po’ <strong>di</strong> luce in fondo ad un tunnel che sembrava<br />

in� nito. È come se ad un tratto mi fossi svegliata e avessi capito che nessuno poteva costringermi a fare<br />

ciò che non volevo, a stare in ospedale controvoglia e a soffrire inutilmente. Volevo davvero tornare a vivere o<br />

ero semplicemente stanca <strong>di</strong> essere trattata da malata?<br />

Tutte le attenzioni che avevo sempre ricercato con il mio <strong>di</strong>sagio, ora le avevo, ma ne ero satura. Forse volevo<br />

invece solamente uscire da quelle quattro mura e svincolarmi dagli or<strong>di</strong>ni dei me<strong>di</strong>ci, per ritornare � nalmente<br />

a riascoltare quella vocina cattiva, l’Anoressia, che da qualche tempo avevo “trascurato”.<br />

Sono uscita dall’ospedale, avendo acquistato 3 miseri chili e un po’ più <strong>di</strong> voglia <strong>di</strong> mangiare. I me<strong>di</strong>ci erano<br />

positivi e credevano nei miglioramenti, mi davano � ducia, ma io li ingannavo, facendo loro credere <strong>di</strong> voler<br />

guarire. Pian piano, infatti, la situazione peggiorò. Quei chili “<strong>di</strong> troppo” sulla bilancia mi davano fasti<strong>di</strong>o,<br />

avevo ricominciato ad o<strong>di</strong>are il cibo e tutto quello che volevo era <strong>di</strong> nuovo <strong>di</strong>magrire, annullare me stessa<br />

<strong>di</strong>etro un numero. Tornai quin<strong>di</strong> allo start, come nel “gioco dell’oca”. Dovevo ricominciare tutto da capo.<br />

Non riuscivo più a frequentare la scuola, mi mancava il sostegno degli amici, passavo le mie giornate in<br />

casa, sentendomi inutile per tutto e tutti.

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