29.11.2012 Views

Lo Staff di Albatros

Lo Staff di Albatros

Lo Staff di Albatros

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

2 ALBATROS<br />

DIARIO DI BORDO<br />

“Il primo stu<strong>di</strong>o dell’uomo che vuole essere poeta è la conoscenza <strong>di</strong> se stesso, intera: egli cerca la sua anima,<br />

la scruta, la mette alla prova, la impara.” (Rimbaud, Lettera a Paul Demeny)<br />

Scrivere è come respirare, bagnarsi del mondo e <strong>di</strong> sé � no a perdersi, o trovarsi.<br />

Imparare a scrivere è un atto <strong>di</strong> libertà, <strong>di</strong> volontà, è il grido alle viscere del mondo, non è solo il mondo. E’<br />

l’uomo che si perde, non la per<strong>di</strong>zione, è l’uomo che cammina in una strada, non le in<strong>di</strong>cazioni per raggiungere<br />

una meta.<br />

Questa è la scrittura che conduce l’uomo alla vita, e la vita all’uomo , e l’uomo è più uomo.<br />

Non si tratta <strong>di</strong> un esercizio <strong>di</strong> stile, ma <strong>di</strong> un esercizio <strong>di</strong> vita, della ricerca della forma della vita nella sua<br />

concretezza più quoti<strong>di</strong>ana, per noi: la scuola.<br />

Questa è l’unica scrittura che ha senso <strong>di</strong> esistere.


in questo numero<br />

Marzo 2012 N. 2<br />

4 L’OPEN DAY: I Numeri della Bellezza<br />

6 L’OPEN DAY: Le Fibre della Natura<br />

7 L’OPEN DAY: L’Or<strong>di</strong>ne e il Caos<br />

8 FILOSOFANDO: Bugie e Borse Griffate<br />

10 L’INTERVISTA A...: Francesco Amadori<br />

12 L’INTERVISTA A...: Costantino Esposito<br />

14 L’INTERVISTA A...: Paolo Lucchi<br />

16 L’INTERVISTA A...: Franco Mescolini<br />

18 L’INTERVISTA A...: Clau<strong>di</strong>o Damiani<br />

20 L’INTERVISTA A...: Alessandro D’Avenia<br />

21 OSSERVANDO: La Chiesa <strong>di</strong> Santa Cristina<br />

22 STORIE: E mentre tutto scorre io non me ne accorgo<br />

24 STORIE: I Ragazzi e la Fatica<br />

26 FILM: This must be the place<br />

27 STORIE: Il Violinista nella Metro<br />

28 STORIE: Io e il Teatro<br />

30 STORIE: Samuel Mo<strong>di</strong>ano<br />

32 STORIE: Eppure non mi sono mai sentito così libero...<br />

34 LETTERANDO: L’Eleganza del Riccio<br />

35 FATTI DI SCUOLA: Gita a Parigi<br />

38 FATTI DI SCUOLA: Gita in Provenza<br />

42 LO STAFF DI ALBATROS<br />

ALBATROS 3


4 ALBATROS<br />

FATTI DI SCUOLA: open day 2011<br />

I NUMERI DELLA BELLEZZA<br />

Barbara Buccelli,Teresa Angeli, Giovanni Bravin, Chiara Casadei, Elisa Del Testa<br />

Dicono <strong>di</strong> me.<br />

Il 10 <strong>di</strong>cembre è stato fatto l’Open Day a scuola. L’introduzione dell’open day era un richiamo alla bellezza<br />

antica sotto vari aspetti. I pittori la ritraevano, i poeti la cantavano, i musicisti la componevano e i � loso� la<br />

stu<strong>di</strong>avano. Abbiamo mostrato delle immagini <strong>di</strong> alcune opere antiche.e abbiamo fatto vedere anche un brano<br />

tratto dal � lm “Il genio ribelle” <strong>di</strong> Will Hunting dove i due personaggi principali <strong>di</strong>scutono sull’esperienza<br />

della bellezza, che nasce dal vedere un’opera con i propri occhi piuttosto che dallo stu<strong>di</strong>o sui libri.<br />

Armonie <strong>di</strong> forma.<br />

Quest’anno per l’open day ho contribuito alla realizzazione dell’aula <strong>di</strong> matematica e storia dell’arte, insieme<br />

ad altri studenti del biennio. L’argomento che ho trattato, dal titolo “armonie <strong>di</strong> forma”, consisteva nello<br />

spiegare il concetto <strong>di</strong> “concinnitas”, ovvero l’armonia <strong>di</strong> una singola parte con il tutto, e come essa si manifesta<br />

nelle varie forme <strong>di</strong> arte. Nella scultura durante il periodo greco si manifestava attraverso le perfette<br />

proporzioni <strong>di</strong> ogni singolo elemento; oppure nell’architettura si otteneva rapportando tutte le misure ad un<br />

unico modulo. Ho deciso con i miei insegnanti <strong>di</strong> mostrare un video tratto dal � lm “Les choristes”, nel quale<br />

un coro canta all’unisono, facendo da sottofondo a un solista. La voce del solista è resa più bella dal coro, e,<br />

viceversa, il coro è reso bello dalla voce del solista, che è in armonia con tutto il resto. Grazie a questo video<br />

ho capito che la concinnitas si può conseguire in ogni forma d’arte. Mi è piaciuto molto approfon<strong>di</strong>re questo<br />

tema, che già mi aveva colpito durante la prima ora <strong>di</strong> lezione <strong>di</strong> Storia dell’arte, e penso che abbiamo fatto<br />

un buon lavoro.<br />

Costruttori <strong>di</strong> Cattedrali<br />

Nella terza sezione abbiamo spiegato come gli uomini nel tempo si sono ingegnati creando strutture architettoniche<br />

sempre più resistenti.<br />

La prima costruzione dell’uomo è stato il trilite formato da tre elementi,du verticali e uno verticale orizzontale<br />

denominato architrave. Questa costruzione ad esempio compare sia a Stonehenge che poi nel Partenone<br />

nell’Acropoli <strong>di</strong> Atene.<br />

I Romani introducono poi un nuovo sistema costruttivo, l’arco a tutto sesto, più resistente e stabile rispetto al<br />

trilite. Questa invenzione statica ha consentito ai romani <strong>di</strong> costruire gran<strong>di</strong>osi monumenti quali ad esempio il<br />

Colosseo a Roma, l’arena <strong>di</strong> Verona e il Pont du Gard (in Francia). Nella Basilica <strong>di</strong> Massenzio, abbiamo scoperto<br />

un nuovo elemento strutturale che è la volta a botte, ottenuta con la traslazione <strong>di</strong> un arco a tutto sesto<br />

lungo un asse orizzontale.<br />

L’arco a tutto sesto ha poi avuto delle evoluzioni nel corso dei secoli. Nella cattedrale <strong>di</strong> Notre Dame a Parigi,<br />

si può notare infatti l’arco a sesto acuto, che rispetto al tutto sesto è più slanciato e più resistente perché<br />

rispetto all’arco a tutto sesto la componete orizzontale del vettore forza è inferiore.<br />

All’interno <strong>di</strong> Notre Dame abbiano poi scoperto un’evoluzione della volta a botte, la volta a crociera che si<br />

ottiene intersecando ortogonalmente due volte a botte.<br />

All’esterno <strong>di</strong> Notre Dame abbiamo poi ritrovato un altro tipo <strong>di</strong> arco, l’arco rampante, che contribuisce a<br />

irrigi<strong>di</strong>re gli alti muri delle cattedrali e a contrastare le spinte orizzontali delle volte a crociera della navata<br />

principale<br />

In� ne abbiamo stu<strong>di</strong>ato l’arco paraboloide utilizzato da Antonì Gaudì nella costruzione della Sagrada Familia.<br />

E’ un arco ancora più resistente dell’arco a sesto acuto perché la sua forma consente ai conci <strong>di</strong> pietra<br />

dell’arco <strong>di</strong> essere sottoposti alla sola tensione <strong>di</strong> compressione. La pietra infatti ha un’elevata resistenza alla<br />

compressione, e una resistenza inferiore agli sforzi laterali <strong>di</strong> taglio e trazione.<br />

Gaudì e la sagrada familia.<br />

Nella quarta sezione io e la mia compagna abbiamo parlato della Sagrada Familia, e il più grande capolavoro<br />

<strong>di</strong> Gaudì, che fu il massimo esponente del modernismo catalano. Egli nacque vicino a Barcellona nel<br />

1852. La costruzione <strong>di</strong> questa chiesa è cominciata nel 1882, ma Gaudì non riuscì a terminare l’opera; ed


ALBATROS 5<br />

fatti <strong>di</strong> scuola: open day 2011<br />

infatti ancora oggi ci sono architetti che stanno proseguendo il suo lavoro. Gaudì si appassionò all’arte osservando<br />

la natura della terra in cui è vissuto. I numeri della bellezza che regolano la costruzione del tempio<br />

espiatorio della Sagrada sono stati scoperti da Gaudì dall’attenta osservazione della natura. La spirale delle<br />

conchiglie, gli l’archi paraboloi<strong>di</strong> dei modelli <strong>di</strong> catenarie e delle valli <strong>di</strong> montagna, gli alberi sono così <strong>di</strong>ventati<br />

le scale nelle torri, gli archi della navata, i no<strong>di</strong> dei pilastri e delle travi. Come se nelle cose ci fosse già<br />

tutto e l’artista più che inventarsi chissà quale formula e forma, dovesse semplicemente svelare quello che<br />

già c’è, tradurre in pietra quello che la natura presenta in forma organica. Guardando La Sagrada, rileggendo<br />

in classe con il professore le parole <strong>di</strong> Gaudì, , abbiamo capito che amare le cose viene prima della conoscenza<br />

delle cose, che per conoscere bisogna prima amare e guardare.<br />

La sezione aurea.<br />

Nell’ultima sezione abbiamo affrontato il tema della sezione aurea che ha consistito nello scoprire <strong>di</strong> volta in<br />

volta nelle varie civiltà come il suo utilizzo abbia portato in architettura e in scultura all’equilibrio, all’armonia e<br />

alla perfezione<br />

Nell’antico Egitto, dove non risulta che tale proporzione fosse esplicitamente conosciuta, l’uso della sezione<br />

aurea appare il risultato inconscio <strong>di</strong> una necessità costruttiva.<br />

Dalla civiltà ellenica, che invece conosceva la costruzione del numero d’oro, la proporzione venne utilizzata<br />

in quanto realizzazione dell’ideale <strong>di</strong> bellezza tramite il quale “si può giungere alla contemplazione della<br />

verità.” (Platone)<br />

Essa venne poi usata nel Me<strong>di</strong>oevo ed in questo periodo la sezione aurea acquistò anche un valore simbolico<br />

e gli architetti la utilizzarono non solo per motivi estetici.<br />

La sezione aurea la troviamo poi anche nel Novecento e persino ai giorni nostri, nel palazzo dell’Onu e nel<br />

Pentagono per esempio.<br />

Il numero aureo però, non appare solo nell’architettura e quin<strong>di</strong> nell’arte, ma è presente anche nelle costruzioni<br />

matematiche come nel rettangolo, nel pentagono e nella spirale aurea. Esso si trova anche nelle cose<br />

naturali, è presente infatti ad esempio nella conchiglia del Nautilus e nella stella marina. Alla � ne del percorso<br />

delle cinque sezioni mi è stato chiaro quanto afferma Galilei che la natura è scritta con un linguaggio matematico,<br />

e come i numeri possano anche portare alla bellezza.


6 ALBATROS<br />

FATTI DI SCUOLA: open day 2011<br />

LE FIBRE DELLA NATURA<br />

Maria Vittoria Bazzocchi<br />

Quando arriva il momento <strong>di</strong> scegliere <strong>di</strong> cosa occuparsi per l’annuale open-day, chi sceglie una materia<br />

scienti� ca quasi sempre si pone come obiettivo quello <strong>di</strong> riuscire in <strong>di</strong>eci minuti a spiegare esaurientemente<br />

ciò che ha appreso in un trimestre <strong>di</strong> scuola e magari anche quello <strong>di</strong> appassionare i ragazzi più piccoli alla<br />

scienza e alla � sica, che detto sinceramente è molto <strong>di</strong>f� cile. Noi ci abbiamo provato e abbiamo usato pure<br />

gli effetti speciali.<br />

L’obiettivo era <strong>di</strong> legare la spiegazione della riproduzione <strong>di</strong> una cellula (la base della vita) a quella <strong>di</strong> una<br />

della più gran<strong>di</strong> scoperte tecnologiche dell’uomo negli ultimi 30 anni: le � bre ottiche.<br />

Entrando nel dettaglio del nostro open day, siamo partiti dalla <strong>di</strong>visione <strong>di</strong> una cellula: una cellula madre deve<br />

<strong>di</strong>vidersi per perpetuarsi, e per farlo deve prima moltiplicare per due tutto ciò che ha (i suoi cromosomi), i<br />

doppioni vengono poi separati da lunghi � lamenti (<strong>di</strong> morfologia simili a � bre ottiche) e la cellula madre si<br />

separa dalla cellula � glia che è pronta per una nuova <strong>di</strong>visione.<br />

Abbiamo voluto dare la possibilità ai ragazzi più piccoli <strong>di</strong> analizzare ogni fase della <strong>di</strong>visione mitotica tramite<br />

vetrini <strong>di</strong> cellule vegetali in <strong>di</strong>visione, osservati al microscopio elettronico, per accompagnare le nostre parole<br />

con qualcosa <strong>di</strong> reale e tangibile, e per fare in modo che ciò che <strong>di</strong>cevamo non rimanesse solo un <strong>di</strong>scorso<br />

astratto.<br />

Prima <strong>di</strong> parlare dell’utilizzo delle � bre ottiche dobbiamo fare una premessa: le � bre ottiche sono tubicini <strong>di</strong><br />

vetro sottili quanto un capello, all’interno dei quali la luce entra da un capo ed esce da quello opposto senza<br />

mai fuoriuscire dalle pareti del tubulo. Questo è possibile grazie a un fenomeno detto ri� essione totale: un<br />

raggio <strong>di</strong> luce colpisce una super� cie con un certo angolo, quando il raggio viene rifratto l’angolo cambia:<br />

l’angolo limite <strong>di</strong> un raggio è l’angolo che ha un angolo rifratto <strong>di</strong> 90 gra<strong>di</strong>. Quando un raggio colpisce una<br />

super� cie con l’angolo limite il raggio non viene rifratto bensì ri� esso; quando questo processo avviene in un<br />

sottile tubo, il fenomeno si ripete � no alla terminazione del tubo, ed è qui che la luce esce.<br />

Le � bre ottiche portano informazioni con velocità signi� cativamente superiore ai cavi in rame (una sola � bra<br />

può trasportare 12.000 telefonate) e sono state una vera e propria svolta per la comunicazione e la me<strong>di</strong>cina<br />

che si è modernizzata utilizzandole per alcuni interventi.<br />

Per spiegare e rendere più comprensibile il fenomeno durante l’Open Day abbiamo steso lungo il corridoio<br />

e il vano scale del Liceo più <strong>di</strong> 100 mt <strong>di</strong> � bra ottica illuminandola a un capo con un laser. Con una bottiglia<br />

d’acqua forata abbiamo poi mostrato che se si mette il laser dalla parte opposta della bottiglia rispetto al<br />

foro, la luce seguirà lo zampillo d’acqua che risulterà colorato.<br />

Davanti a un pubblico interessato a come funziona la vita <strong>di</strong> tutti i giorni (interna ed esterna al corpo) abbiamo<br />

cercato <strong>di</strong> spiegare la connessione tra questi due temi che non hanno apparentemente nulla in comune<br />

se non che sono etichettati con il nome <strong>di</strong> “argomenti scienti� ci”.<br />

Ebbene il punto cruciale è che tutto è un circolo, questi due elementi sono legati dal fatto che si aiutano ad<br />

esistere. Il processo <strong>di</strong> riproduzione cellulare è la vita, ciò che permette all’uomo <strong>di</strong> essere, quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> pensare<br />

ed è pensando e ragionando (la ragione è ciò che <strong>di</strong>stingue l’uomo dagli altri primati) che l’uomo può scoprire<br />

la verità. Così ad esempio l’uomo può applicare le proprie scoperte scienti� che costruendo le � bre ottiche<br />

che possono poi essere usate in me<strong>di</strong>cina per fare operazioni fondamentali e meno invasive della chirurgia<br />

tra<strong>di</strong>zionale. Ho imparato che tutto parte da una sola cellula che si moltiplica in� nite volte e crea ciò che<br />

siamo, crea la nostra mente che ha un funzionamento misterioso e meraviglioso e che permette all’uomo <strong>di</strong><br />

migliorare le proprie con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vita.<br />

Voglio <strong>di</strong>re insomma che la connessione tra i due argomenti non è da ricercare intrinsecamente ad essi ma<br />

all’esterno: ciò che li lega è la passione dell’uomo per la scienza e la sua voglia <strong>di</strong> scoprire sempre più i misteri<br />

della natura e il misterio eterno dell’esser nostro….


L’ORDINE E IL CAOS<br />

Francesca Fioretti<br />

ALBATROS 7<br />

fatti <strong>di</strong> scuola: open day 2011<br />

All’open day del nostro liceo, grande interesse ha suscitato il lavoro svolto nell’aula <strong>di</strong> matematica. Partendo<br />

da argomenti stu<strong>di</strong>ati al Liceo, come le serie e le successioni dei numeri, sono stati illustrate <strong>di</strong>verse esperienze<br />

<strong>di</strong> come la matematica sia presente in natura, <strong>di</strong> come interagisca quoti<strong>di</strong>anamente con la nostra vita<br />

e <strong>di</strong> quanto sia in rado <strong>di</strong> creare modelli interpretativi della realtà. Dopo aver spiegato dal punto <strong>di</strong> vista matematico<br />

cosa si intende per serie e successione, ci si é soffermati ad analizzare la serie nota, con il nome<br />

<strong>di</strong> “Serie <strong>di</strong> Fibonacci”. Essa è rappresentata dai numeri 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55..dove ciascun termine<br />

é uguale alla somma dei due termini precedenti. In natura questa successione si presenta in <strong>di</strong>verse occasioni,<br />

ad esempio nella riproduzione dei conigli. Come si può notare nella tabella a lato riportata i conigli si<br />

riproducono secondo la serie matematica <strong>di</strong> Fibonacci: premettendo che una coppia <strong>di</strong> conigli si riproduce<br />

ogni mese, e che un coniglio appena nato <strong>di</strong>venta fertile dopo due mesi, il primo mese abbiamo una coppia<br />

<strong>di</strong> conigli (1), il secondo mese la coppia <strong>di</strong> conigli resta sempre la stessa e concepiscono un coniglio piccolo<br />

(2), il terzo mese abbiamo la coppia <strong>di</strong> conigli iniziale, il piccolo del mese precedente che é cresciuto<br />

<strong>di</strong>ventando adulto e un nuovo coniglio appena nato (3), e così via. Un altro esempio che abbiamo analizzato<br />

é la successione delle foglie e dei rami <strong>di</strong> Girasole. Essa ha una componente rotatoria, che con l’avanzamento<br />

verso l’alto traccia intorno al fusto un’elica immaginaria. Anche la <strong>di</strong>sposizione delle foglie sul fusto<br />

del girasole, detta Filotassi, è basata sui numeri <strong>di</strong> Fibonacci. Così pure le squame che rivestono la super� -<br />

cie dell’ananas presentano una successione numerica <strong>di</strong> 5, 8, 13 o 21 spirali via via più ripide che altro non<br />

sono che i numeri <strong>di</strong> Fibonacci.<br />

É stato inoltre introdotto un altro concetto matematico: il Frattale, ossia quella � gura geometrica caratterizzata<br />

dal ripetersi all’in� nito <strong>di</strong> una stessa costruzione su scala sempre più ridotta o ingran<strong>di</strong>ta. Il Frattale<br />

presenta delle autosimilarità, infatti con una operazione <strong>di</strong> zoom, la parte che viene ingran<strong>di</strong>ta riproduce<br />

esattamente l’immagine iniziale del Frattale stesso. Trattando questo argomento non ci siamo soffermati solo<br />

su esempi celebri ed esteticamente affascinanti e coinvolgenti,come <strong>di</strong> Frattale <strong>di</strong> Mandelbrot o l’Albero <strong>di</strong><br />

Pitagora, bensì abbiamo ricercato anche i Frattali in natura e li abbiamo identi� cati per esempio nelle coste<br />

della Cornovaglia, nei Fior<strong>di</strong> norvegesi, nel � occo <strong>di</strong> neve e anche nel semplice ma intrigante Cavolo Romano.<br />

Questo é solo un piccolo esempio del lavoro svolto, che ha coinvolto noi ragazzi del triennio. É stato un<br />

momento interessante perché ci ha permesso <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are la matematica in maniera <strong>di</strong>versa, scoprendone<br />

applicazioni inaspettate.


8 ALBATROS<br />

Filosofando<br />

BUGIE E BORSE GRIFFATE<br />

Federica Pianese<br />

Chi potrebbe mai pensare che in un pomeriggio <strong>di</strong> shopping, passando davanti ad uno dei tantissimi negozi<br />

<strong>di</strong> articoli cosiddetti “taroccati” nel gergo comune, si possa intuire uno stretto legame fra l’economia <strong>di</strong> un<br />

paese e i rapporti affettivi tra le persone?<br />

Beh, è successo a me, una neo-<strong>di</strong>ciassettenne che nei primi giorni <strong>di</strong> questo 2012 stava passeggiando per<br />

Cesenatico con la sorella.<br />

Guardando le vetrine dei negozi ho constatato quanto sia semplice comprare l’imitazione <strong>di</strong> un qualsiasi<br />

oggetto <strong>di</strong> marca piuttosto che l’originale; insomma è necessario poco tempo e poco denaro, è una scelta<br />

lampo che non implica alcuna fatica ….proprio come una bugia o una mezza verità.<br />

Entrambe le cose sembrano ciò che non sono e alla lunga non portano mai al risultato ottimale che avevamo<br />

preventivato: una bugia corrode lentamente un rapporto <strong>di</strong> � ducia tanto quanto un “falso” svenduto logora e<br />

compromette l’economia <strong>di</strong> un paese!<br />

Per comprare un articolo griffato, invece, le forze in gioco sono ben <strong>di</strong>verse; bisogna innanzitutto guadagnare<br />

in qualche modo i sol<strong>di</strong> necessari a coprire la somma da capogiro, poi verrà naturale ragionare e ponderare<br />

attentamente la scelta.<br />

Ma una volta acquistato, l’articolo non dà una illusoria e momentanea sod<strong>di</strong>sfazione poiché <strong>di</strong>mostra con<br />

fedeltà il suo valore a lungo termine, infatti vale quanto costa.<br />

A chi non è mai successo <strong>di</strong> dover raccontare una verità piuttosto bollente che avrebbe preferito nascondere<br />

nei meandri della coscienza?<br />

Bene ... la verità, in un rapporto <strong>di</strong> qualsiasi tipo, in alcune situazioni è pesante da pagare quanto lo può essere<br />

il prezzo segnato sul cartellino <strong>di</strong> una borsa � rmato Prada, Gucci o Armani ma in qualche modo è anche<br />

lo scontrino della felicità.


filosofando<br />

ALBATROS 9<br />

RIFLESSIONI (UN PO’ DISORDINATE) FATTE A PARTIRE DA ALTRE RIFLESSIONI<br />

FATTE, QUESTE ULTIME, DURANTE LO SHOPPING A CESENATICO<br />

<strong>Lo</strong>renzo Gianfelici<br />

Cara Federica… è proprio vero, un articolo taroccato è una bugia facile da comprare e con le gambe corte.<br />

Dura poco, non è “fedele”. Ho cassetti pieni <strong>di</strong> made in China tutti da buttare. <strong>Lo</strong> ammetto: sono proprio un<br />

bugiardo, o almeno collaboro a questa bugia universale.<br />

Però devo <strong>di</strong>re che, come testimoniano alcuni dei miei cassetti pieni <strong>di</strong> roba da buttare, l’inganno è ben<br />

presto svelato. Basta indagare un po’, magari guardare l’etichetta, e la bugia si palesa per quello che è: una<br />

bugia appunto. In più, si tratta <strong>di</strong> una bugia tragica, in quanto <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> essa c’è la verità (questa sì che è<br />

vera!) <strong>di</strong> lavoratori malpagati, con pochi <strong>di</strong>ritti, in poche parole sfruttati.<br />

La verità, invece, è più <strong>di</strong>f� cile da scoprire. La borsa “griffata” è vera? Qui le cose si complicano un po’, non<br />

cre<strong>di</strong>? È vera perché è originale? Ma esiste in generale l’originalità? Essa stessa non è una copia, più o meno<br />

fedele, <strong>di</strong> una borsa precedente, un’imitazione, una citazione <strong>di</strong> altre borse?<br />

La stessa cosa vale per i quadri: i falsi� catori vengono punti dalla legge ed è giusto che sia così. Ma, andando<br />

più a fondo, esiste un quadro assolutamente originale, che non sia imitazione (geniale, sicuramente) <strong>di</strong> un<br />

altro o almeno <strong>di</strong> alcuni stilemi artistici? Pren<strong>di</strong> il David <strong>di</strong> Michelangelo: è originale, ma al contempo è chiara<br />

l’imitazione degli stilemi classici. Voglio <strong>di</strong>re che una statua assolutamente vera-originale potrebbe crearla<br />

solo Dio, il quale, non a caso, secondo le Scritture, ha creato un’opera che non si era mai vista prima: l’universo<br />

e l’uomo. Tutto il resto è ripetizione (più o meno vicina all’originale, più o meno innovativa e rivoluzionaria).<br />

E <strong>di</strong>venta bugia se si considera come creazione assolutamente originale. Insomma, non si inventa nulla,<br />

ma si ripete con più o meno onestà e impegno.<br />

Ad ogni modo, scen<strong>di</strong>amo un po’. Non c’è bisogno <strong>di</strong> chiamare in causa Dio.<br />

L’articolo <strong>di</strong> marca ha una speciale verità. La sua verità è il prezzo, e la chiamiamo valore. Ma, mi chiedo,<br />

una verità che ha un prezzo non è in fondo una bugia?<br />

Forse è vero che l’articolo originale “vale quanto costa”, ma basta questo per renderlo vero?<br />

Non si <strong>di</strong>ce sempre che la “verità non ha prezzo”? Il valore della borsa lo puoi misurare. Quello della verità<br />

no.<br />

Non c’è economia che tenga: l’amicizia, se vuole essere vera, deve abbattere la bugia del prezzo. Ed è vero<br />

che “mi costa fatica” essere vero nell’amicizia ma è un prezzo che <strong>di</strong>struggerebbe l’amicizia stessa se mi<br />

spingesse a chiederne il conto all’amico.<br />

L’amicizia risponde alla logica gratuita del dono e non a quella economica dello scambio. Non ha valore,<br />

perché non è misurabile. La Borsa sì, l’amicizia no.<br />

Forse, allora, la verità, quella vera, sta proprio nella gratuità, nell’amare senza chiedere nulla in cambio..<br />

nemmeno lo scontrino. Un dono è vero proprio perché non si scambia con nulla. Si tratta <strong>di</strong> donare, in tutte<br />

le forme possibili, la vita all’altro. Questo non ha prezzo, per questo ha un valore in� nito, non misurabile da<br />

nulla, tanto meno dal prezzo.<br />

Insomma, o la borsa o la vita…


10 ALBATROS<br />

l’intervista a...<br />

FRANCESCO AMADORI<br />

Francesca Brotto e Francesca Fioretti<br />

Una delle più gran<strong>di</strong> aziende agroalimentari d’Europa: abbiamo qui a Cesena la sede <strong>di</strong> Amadori. Oggi<br />

abbiamo avuto l’opportunità <strong>di</strong> incontrare il suo fondatore: Francesco Amadori, che ci riceve nel suo uf� cio<br />

accogliendoci con un largo sorriso e mettendoci subito a nostro agio, vista la nostra emozione nell’incontrare<br />

un personaggio così famoso e importante.<br />

Ci può raccontare un po’ la sua storia?<br />

Io ho iniziato a lavorare quando avevo 12-13 anni aiutando i miei genitori che andavano a vendere polli nei<br />

mercati. Nel ‘45 ancora noi facevamo tutti i mercati. Poi nel ‘54-’55 sono nati i primi polli d’allevamento e abbiamo<br />

iniziato ad allevarli anche noi, � no al ‘64-’65, in batterie. Per batteria s’intendono i polli allevati in piani,<br />

non come adesso che sono per terra. Dopo invece abbiamo iniziato ad allevarli a terra. E pensare che molti<br />

ancora credono che i polli si allevino nelle gabbie, cosa che non è più così da molto tempo. Per il consumatore<br />

infatti è anche facile confondere le cose perché i me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> solito fanno vedere una batteria <strong>di</strong> galline che<br />

producono uova, e poi per il consumatore quelli sono i polli insomma.<br />

E da quella volta che abbiamo iniziato a far l’allevamento, da 500 polli alla settimana siamo arrivati ad oggi,<br />

con più <strong>di</strong> 2 milioni <strong>di</strong> polli alla settimana. Abbiamo sempre investito negli allevamenti, � no al ‘70-’75 <strong>di</strong>ciamo<br />

che gli allevamenti li abbiamo fatti in proprio, dopo invece abbiamo iniziato a creare una società d’allevamento.<br />

E pian piano abbiamo creato l’iniziativa a Cesena, abbiamo intrapreso anche un’iniziativa a Teramo, e<br />

abbiamo realizzato una collaborazione anche con Brescia e con la Toscana. Nel 2005 poi abbiamo assorbito<br />

la Pollo del Campo. E da qui è seguita tutta l’evoluzione che ci ha portato ad avere 5 stabilimenti <strong>di</strong> lavorazione<br />

rispettivamente a Brescia, a Cesena, a Santa So� a, a Siena e a Teramo, che impiegano in totale 6700<br />

<strong>di</strong>pendenti.<br />

A proposito <strong>di</strong> lavoro, sappiamo bene che questi ultimi tempi sono <strong>di</strong> crisi, e noi ragazzi, che ancora<br />

stiamo stu<strong>di</strong>ando, sentiamo <strong>di</strong>re che non c’è molto lavoro. Cosa dovremmo pensare secondo lei?<br />

Cosa consiglierebbe, ripensando anche al suo cammino, a noi giovani che ci stiamo per approcciare a<br />

questo mondo?<br />

Secondo me il lavoro è anche, credo, quello che uno crea e per il quale si dà da fare, perché c’è sempre<br />

stata un po’ <strong>di</strong> crisi <strong>di</strong> lavoro, specialmente per i giovani. Quello che bisogna assolutamente fare è credere<br />

nel proprio lavoro perché se non ci si crede allora si parte sviliti e poi non è facile raggiungere l’obbiettivo. Io<br />

credo che voi dobbiate cercare <strong>di</strong> lavorare non cambiando tanti mestieri e investendo nel vostro lavoro, nella<br />

vostra esperienza.<br />

E al <strong>di</strong> là dell’azienda che interpretazioni dà lei della crisi <strong>di</strong> oggi?<br />

Direi che la crisi <strong>di</strong> oggi è una crisi per la quale la gente ha paura <strong>di</strong> investire e <strong>di</strong> conseguenza si è fermato<br />

un po’ tutto il ciclo produttivo o anche economico-� nanziario, e quin<strong>di</strong> questo è un problema. In più c’è la<br />

pressione me<strong>di</strong>atica sulla crisi che porta alla paura, ovvero parlando sempre <strong>di</strong> crisi dopo tutto si ampli� ca. E<br />

quin<strong>di</strong> la crisi la si sente anche <strong>di</strong> più, però un po’ <strong>di</strong> crisi c’è, ecco.<br />

Ma lei nonostante questo suggerirebbe ai giovani <strong>di</strong> investire sulle proprie idee, sui propri sogni, e<br />

comunque <strong>di</strong> contare sulle proprie capacità?<br />

Io <strong>di</strong>rei proprio <strong>di</strong> sì. Bisogna avere � ducia nelle proprie capacità e idee e quando si lavora è utile cercare <strong>di</strong><br />

creare qualcosa. Insomma, bisogna cercare <strong>di</strong> impegnarsi nel lavoro senza <strong>di</strong>re “questo mi piace”, “questo<br />

non mi piace”…


Quin<strong>di</strong> avere un po’ <strong>di</strong> sano spirito <strong>di</strong> adattamento…<br />

ALBATROS 11<br />

Certo, è necessario adattarsi. Bisogna rendersi <strong>di</strong>sponibili a fare quello che si necessita, anche raccogliere<br />

un pezzo <strong>di</strong> carta da terra.<br />

E oltre al lavoro ha degli interessi, delle cose che la appassionano particolarmente?<br />

Io ho sempre de<strong>di</strong>cato il mio tempo al lavoro, al lavoro fatto anche come un <strong>di</strong>vertimento. In realtà <strong>di</strong> hobby<br />

ne ho pochi. Mi piace guardare così ogni tanto qualche corsa <strong>di</strong> motociclette, dato che sono sempre stato un<br />

po’ portato alla meccanica, inoltre mi piace anche il pugilato. Il mio tempo e il mio hobby è tutto de<strong>di</strong>cato al<br />

lavoro insomma.<br />

Al lavoro e anche alla famiglia perché sappiamo come Amadori abbia fondato la sua storia su questi<br />

valori, che sono molto importanti per lei..<br />

Sì, sicuramente alla famiglia ho sempre dato peso, però trascurandola anche un po’ delle volte, sempre per il<br />

lavoro insomma.<br />

Può <strong>di</strong>rsi comunque contento del suo percorso?<br />

l’intervista a...<br />

Io <strong>di</strong>rei che sono abbastanza sod<strong>di</strong>sfatto e poi se si guarda al passato qualche errore lo abbiam commesso<br />

tutti, però sì, sono contento <strong>di</strong> quello che ho fatto, soprattutto perché ho ancora � ducia per il futuro.


12 ALBATROS<br />

l’intervista a...<br />

COSTANTINO ESPOSITO<br />

Luca Farneti, Federica Pianese, <strong>Lo</strong>renzo Gianfelici<br />

Oltre ad essere autore del nostro Manuale <strong>di</strong> Filoso� a, Costantino Esposito è professore <strong>di</strong> Storia della � loso� a<br />

presso la Facoltà <strong>di</strong> Lettere e Filoso� a dell’Università <strong>di</strong> Bari. Assieme ad altri giovani � loso� italiani cura la pubblicazione<br />

<strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> Letture <strong>di</strong> � loso� a per un pubblico più vasto <strong>di</strong> quello accademico. I titoli � nora apparsi<br />

(tutti presso le E<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> “Pagina”, Bari) sono Finito in� nito (2002, 20042), Bellezza e realtà (2003, 20042), Felicità<br />

e desiderio (2004), Errare è umano (2005), Il potere della libertà (2008).<br />

Perché ha scelto <strong>di</strong> de<strong>di</strong>carsi alla � loso� a? Quale intima necessità l’ha spinta ad approfon<strong>di</strong>re questa<br />

“strana” <strong>di</strong>sciplina?<br />

Ciò che mi ha sempre colpito nello stu<strong>di</strong>o della � loso� a sin dal liceo è stata la possibilità che essa mi offriva<br />

<strong>di</strong> scoprire momenti, e più ancora <strong>di</strong>mensioni della realtà – del mondo e <strong>di</strong> me stesso – che il più delle volte<br />

guar<strong>di</strong>amo senza riuscire effettivamente a vedere. La realtà possiede una densità <strong>di</strong> signi� cato e una potenza<br />

<strong>di</strong> valore che si può riconoscere solo se si educa lo sguardo. Certo, come <strong>di</strong>ceva Cartesio all’inizio del<br />

Discorso sul metodo, la bona mens, ossia l’intelligenza naturale <strong>di</strong> cui tutti gli uomini sono forniti, ha un’imme<strong>di</strong>ata<br />

capacità <strong>di</strong> cogliere il vero, cioè il senso ultimo delle cose; ma d’altra parte è esperienza altrettanto comune<br />

il fatto che questo primo sguardo dell’intelligenza assai facilmente si riduce all’abitu<strong>di</strong>ne, ai pregiu<strong>di</strong>zi o<br />

agli schemi impostici dalla cultura dominante. La � loso� a può – nei suoi casi migliori – aiutarci a guadagnare<br />

un metodo per tenere aperto lo sguardo.<br />

Quali suggerimenti darebbe ad uno studente che inizia a rapportarsi con questa nuova materia per<br />

poterla apprezzare il più possibile?<br />

Innanzitutto, sperando <strong>di</strong> non risultare impopolare in questa risposta, il mio suggerimento è quello <strong>di</strong> imparare<br />

a conoscere con <strong>di</strong>sponibilità e umiltà critica le gran<strong>di</strong> esperienze <strong>di</strong> pensiero della storia della � loso� a,<br />

perché è proprio scoprendo in che modo i gran<strong>di</strong> � loso� che ci hanno preceduto hanno preso sul serio le<br />

domande della loro ragione, che possiamo a nostra volta imparare a porre correttamente le nostre domande.<br />

La storia della � loso� a, infatti, è un aiuto utilissimo non tanto per accumulare nozioni sul passato (il che comunque<br />

ha un innegabile valore) ma nell’imparare a domandare, a parlare, ad argomentare. In una parola: a<br />

“pensare”. Ma perché questo avvenga c’è bisogno che chi stu<strong>di</strong>a la storia della � loso� a abbia ben presente<br />

l’esigenza <strong>di</strong> senso che caratterizza la nostra ragione. Insomma, per conoscere davvero Platone o Tommaso<br />

o Hegel, devo esserci “io”, con tutta la forza delle mie domande.<br />

Da sempre si insegna agli studenti che stu<strong>di</strong>are è la via verso la conoscenza <strong>di</strong> se stessi. Lei quale<br />

aspetto <strong>di</strong> sé ha scoperto de<strong>di</strong>candosi alla � loso� a?<br />

Per paradossale che possa sembrare, si conosce tanto più se stessi, quanto più si scopre che ciascuno <strong>di</strong><br />

noi è in rapporto con altro da sé. Questo rapporto non è solo una delle possibilità a nostra <strong>di</strong>sposizione o<br />

un’opzione comportamentale ma costituisce la stoffa del nostro stesso io.<br />

E la scoperta più affascinante è che anche il mio io è in qualche modo altro rispetto a se stesso: “dato” da<br />

altro e costitutivamente aperto o esposto al mondo.<br />

La � loso� a antica è un percorso che tende a un sapere che mira alla trasformazione della vita <strong>di</strong> chi lo<br />

compie. Filoso� a e vita sono dunque strettamente collegati. La � loso� a ha mo<strong>di</strong>� cato il suo sguardo<br />

sul mondo? Ha contribuito nell’aiutarla ad affrontare gli avvenimenti che la vita le ha posto innanzi?<br />

Il bello ma anche il drammatico della � loso� a è che essa non costituisce automaticamente una soluzione ai


ALBATROS 13<br />

l’intervista a...<br />

problemi dell’uomo. Nel migliore dei casi essa, come già <strong>di</strong>cevo, essa non aiuta tanto nel processo <strong>di</strong> problem<br />

solving ma piuttosto in quello <strong>di</strong> question setting, cioè nel porre le vere domande. Come una volta ha<br />

scritto Oscar Wilde, “A dare risposte son capaci tutti, mentre per porre le domande vere ci vuole un genio”.<br />

Da questo punto <strong>di</strong> vista, la storia della � loso� a ci presenta una serie <strong>di</strong> geni che possono servire a risvegliare<br />

quella nostra genialità che ci permette <strong>di</strong> essere coscienti dell’essere. Ma è anche vero che la � loso� a<br />

può in <strong>di</strong>versi casi complicare il percorso, offuscare lo sguardo con pregiu<strong>di</strong>zi e ideologie. Il problema resta<br />

apertissimo.<br />

Nel primo volume del suo testo, “Filoso� a antica e me<strong>di</strong>evale”, Socrate viene de� nito come a-topos,<br />

dunque come colui che “è fuori luogo”, che non ha un posto nel mondo e che, proprio per questo,<br />

riesce ad osservare la realtà da un altro punto <strong>di</strong> vista, mettendo in crisi abitu<strong>di</strong>ni e presunte certezze.<br />

Che vuol <strong>di</strong>re, nel mondo a noi contemporaneo, essere a-topos? E inoltre, è possibile esserlo?<br />

Il senso più interessante <strong>di</strong> questa a-topia è vivere l’ideale della realtà dentro la realtà stessa. D’altra parte,<br />

lo stesso mondo ideale <strong>di</strong> Platone è scorrettamente inteso come un mondo semplicemente separato dall’esperienza.<br />

Al contrario, è il richiamo al senso e al valore ultimo delle cose che il � losofo può guadagnare<br />

attraverso le tracce che tale segno lascia nelle singole cose. E l’esempio più eloquente è quello della bellezza:<br />

quando una singola cosa o una singola persona ci colpiscono e ci attraggono per la loro bellezza, non è<br />

forse questo un invito a cercare e a riconoscere la misteriosa origine del loro fascino?


14 ALBATROS<br />

l’intervista a...<br />

PAOLO LUCCHI<br />

Luigia Bianchi<br />

Lunedì 23 gennaio 2012 mi sono recata nel primo pomeriggio presso gli uf� ci del comune <strong>di</strong> Cesena.<br />

Ad aspettarmi c’era il sindaco Paolo Lucchi, che avrei dovuto intervistare per il giornalino scolastico.<br />

La prima impressione è stata positiva: ero un po’ agitata ma il sindaco subito mi h messa a<br />

mio agio. Il sindaco Lucchi, infatti, si è subito <strong>di</strong>mostrato una persona <strong>di</strong>sponibile. Non sembrava<br />

avere fretta. Tutt’altro. Pareva quasi che quell’intervista fosse importante anche per lui.<br />

Ho pensato allora che fosse il caso <strong>di</strong> appro� ttare delle con<strong>di</strong>zioni favorevoli e ho posto al sindaco<br />

alcune domande che mi hanno consentito <strong>di</strong> comprendere quali siano le funzioni che un sindaco<br />

debba svolgere e i motivi della sua can<strong>di</strong>datura.<br />

Quando era piccolo, cosa sognava <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare da grande?<br />

Volevo fare il giornalista, ed è una cosa che avrei voluto fare. Ci ho pensato per molti anni. Poi quando<br />

ho iniziato il liceo, il mio professore del ginnasio mi <strong>di</strong>sse che secondo lui scrivevo male. In realtà<br />

io penso <strong>di</strong> scrivere abbastanza bene. Oltretutto alla � ne sono <strong>di</strong>ventato giornalista, però non è<br />

<strong>di</strong>ventata la mia professione come speravo quando ero ragazzino.<br />

Quando ha deciso <strong>di</strong> can<strong>di</strong>darsi? Dopo essersi <strong>di</strong>plomato?<br />

No, � nito il liceo ho frequentato l’università ed ho iniziato a lavorare in quello che allora era il Partito<br />

Comunista, per alcuni anni. A ventisette anni ho cambiato completamente lavoro: sono andato a<br />

fare l’impiegato alla Confesercenti e nel giro <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci anni sono <strong>di</strong>ventato il Segretario Generale. Solo<br />

dopo altri quattro anni mi sono can<strong>di</strong>dato al Consiglio Regionale e successivamente come sindaco.<br />

Per molti anni non ho fatto politica. Ho deciso <strong>di</strong> can<strong>di</strong>darmi perché ho una grande passione per la<br />

politica che mi ha sempre incuriosito e interessato sin da ragazzino. Ai tempi del liceo, infatti, ero nel<br />

Consiglio d’Istituto.<br />

Che compiti ha un sindaco?<br />

È una domanda che mi fanno anche i miei � gli, spesso. Il sindaco si occupa <strong>di</strong> tutto ciò che riguarda<br />

l’amministrazione e la gestione della città, dai problemi più piccoli, che in realtà piccoli non<br />

sono, che riguardano l’organizzazione per esempio delle scuole, dei trasporti pubblici, sino al piano<br />

regolatore e al volto della città. Sostanzialmente tutta la rete dei servizi che ci accompagnano da<br />

che nasciamo a che <strong>di</strong>ventiamo anziani, è gestita più o meno dal Comune. Noi abbiamo molti servizi<br />

fatti con principio <strong>di</strong> sussi<strong>di</strong>arietà, ma nella gran parte dei casi sono gestiti <strong>di</strong>rettamente dal Comune.<br />

È più <strong>di</strong>f� cile pensare ad una cosa che il comune non fa e della quale il sindaco non si occupa,<br />

che trovare cose <strong>di</strong> cui si occupa, poiché si occupa <strong>di</strong> tutto. Anche <strong>di</strong> questioni <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne pubblico,<br />

che per legge non sono <strong>di</strong> competenza del Comune, ciò nonostante al Comune tocca fare la propria<br />

parte.<br />

Le piace il suo lavoro?<br />

Essere sindaco è per me un grande onore, è la cosa più bella che mi sia capitata dal punto <strong>di</strong> vista<br />

sia professionale sia personale, ed è un’esperienza che fa crescere moltissimo come uomo, in questo<br />

caso. Per questo forse non mi sono mai alzato dal letto la mattina pensando <strong>di</strong> non essere felice<br />

della giornata che stavo affrontando.


ALBATROS 15<br />

l’intervista a...<br />

Che scuole ha frequentato?<br />

Ho fatto le elementari un po’ all’Oltre Savio e un po’ alla Fiorita perché i miei genitori abitavano in<br />

una casa in af� tto e ogni tanto cambiavamo casa. Le me<strong>di</strong>e le ho fatte alla n°4, alla Plauto, poi ho<br />

fatto il Liceo classico Monti e poi l’Università a Bologna.<br />

Quali sono le iniziative del Comune <strong>di</strong> Cesena per gli studenti delle scuole superiori?<br />

Per i ragazzi delle superiori facciamo soprattutto delle giornate <strong>di</strong> informazione e <strong>di</strong> orientamento.<br />

Una è, hai fatto bene a citarla, la Giornata della Memoria. Organizziamo <strong>di</strong>versi incontri anche in<br />

occasione del 25 aprile e del 22 ottobre, giornata della liberazione <strong>di</strong> Cesena. E poi, per fortuna,<br />

negli ultimi anni sono aumentate le adesioni per il 2 giugno, festa della Repubblica. Nel 2011 abbiamo<br />

fatto un numero altissimo <strong>di</strong> iniziative collegate al 150° anniversario dell’Unità d’Italia rivolta alle<br />

scuole.<br />

Mentre tornavo a casa e ripensavo ai minuti trascorsi in quel’uf� cio, mi sono chiesta se un giorno<br />

sarei potuta <strong>di</strong>ventare sindaco e se sarei riuscita a sopportare il peso <strong>di</strong> tutte quelle responsabilità.<br />

Non ho saputo darmi una risposta e forse non saprei farlo neppure ora. Certo è che il sindaco riveste<br />

un ruolo impegnativo e <strong>di</strong> grande responsabilità, per il quale sono necessari carisma, motivazione<br />

e voglia <strong>di</strong> lavorare bene per migliorare la città in cui viviamo.


16 ALBATROS<br />

l’intervista a...<br />

FRANCO MESCOLINI<br />

Tommaso Fae<strong>di</strong><br />

Durante il pomeriggio del 13 febbraio mi sono recato a casa del noto attore e regista <strong>di</strong> teatro Franco Mescolini,<br />

nonchè mio attuale insegnante, per proporgli alcune domande su come sia nata questa grande passione<br />

per l’arte, in particolare per l’arte drammaturgica. Di seguito ho trascritto fedelmente le risposte, in forma<br />

‘parlata’, per non perdere la schiettezza delle sue ri� essioni..<br />

Com’è iniziata l’esperienza con il teatro?<br />

Direi che il teatro ha sempre accompagnato la mia esistenza, perchè � n da bambino io ho cercato in questo<br />

magni� co gioco che è appunto il teatro,... ho cercato tutte le cose che non riuscivo a trovare nella realtà, non<br />

riuscivo a trovarle a portata <strong>di</strong> mano..., e tutto quello che la fantasia mi suggeriva io non riuscivo a trovarlo<br />

accanto a me. Così il teatro è stato per me un grande veicolo <strong>di</strong> rapporto con un mondo magico e un mondo<br />

sconosciuto, con... l’isola che non c’è, e questo..., questo ha fatto sì che io lo curassi, lo seguissi, lo amassi, e<br />

quin<strong>di</strong> � n da bambino ho fatto teatro giocando con gli altri bambini. Io giocavo col teatro.<br />

... E invece il cinema?<br />

Nella mia vita professionale prima c’è stato il teatro... poi più tar<strong>di</strong> quand’ero grande il cinema, e il cinema è<br />

indubbiamente una cosa totalmente <strong>di</strong>versa per certi aspetti, perchè il cinema è una realtà tecnica, realizzata<br />

con una cinepresa che ti riprende, tutto è assolutamente possibile, ma tutto è assolutamente costruito,<br />

irreale... non sei in rapporto <strong>di</strong>retto col pubblico, sei in rapporto <strong>di</strong>retto con una camera: con una camera nel<br />

senso <strong>di</strong> cinepresa che ti riprende, e tu devi assolutamente attraverso il volto, l’espressione degli occhi, devi<br />

saper raccontare. Certamente per un attore è molto... molto interessante e molto piacevole. Quin<strong>di</strong> il cinema<br />

io l’ho vissuto come un arricchimento interiore a quello che era il gioco del teatro.


ALBATROS 17<br />

l’intervista a...<br />

A forza <strong>di</strong> giocare con la � nzione non è che a un certo punto ti sei perso in quel mondo tanto da non<br />

capire più la <strong>di</strong>fferenza tra reale e irreale?<br />

Ma no la realtà è comunque realtà ed è con la realtà che ahimè sbattiamo il grugno quando è il momento...<br />

no, no la � nzione è un rapporto artistico della realtà col sogno insomma... e quin<strong>di</strong> tu sei cosciente <strong>di</strong> questo<br />

nel momento in cui � ngi e sai che � ngere ti deve portare alla creazione <strong>di</strong> qualcosa che non esiste ma che<br />

da quel momento in cui fai l’atto creativo, artistico <strong>di</strong>venta reale, <strong>di</strong>venta una cosa... come la realtà, ecco! E<br />

questa è appunto l’arte, l’arte del � ngere, del � ngere teatralmente, cinematogra� camente: quando più sei<br />

cre<strong>di</strong>bile più sei artista.<br />

C’è qualche spettacolo in programma, Franco?<br />

Allora progetti futuri..., c’è uno spettacolo grosso per quest’estate “Se mai avrò vita”, invece adesso per il<br />

prossimo maggio ho lo spettacolo al teatro Bonci con i ragazzi del laboratorio che ormai è una tra<strong>di</strong>zione per<br />

il “teatro ragazzi”, è uno spettacolo che parla appunto dei ragazzi, dei loro problemi, della loro..., della loro<br />

<strong>di</strong>f� coltà nell’inserirsi nella realtà, perchè è un’età critica, <strong>di</strong>f� cile, e perchè vivono tante contrad<strong>di</strong>zioni..., e<br />

perchè non sono poi purtroppo molto aiutati, il mondo degli adulti è un po’ <strong>di</strong>stratto, o se è presente lo è in<br />

maniera non adeguata, perchè nessuno in effetti ci aiuta a... essere adulti, capaci <strong>di</strong> seguire delle creature<br />

che stanno crescendo.<br />

Le risposte riportate <strong>di</strong>mostrano come Franco sia riuscito nella sua vita a partecipare a moltissimi progetti<br />

che un po’ alla volta gli hanno consentito <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare l’uomo che è oggi. Anch’io un giorno spero <strong>di</strong> seguire<br />

le orme del mio maestro e <strong>di</strong> raggiungere,almeno in parte, i suoi stessi risultati!


18 ALBATROS<br />

l’intervista a...<br />

CLAUDIO DAMIANI<br />

Veronica Batani<br />

“Se la poetica é qualcosa che sta prima del testo, io non ho nessuna poetica”.<br />

Di Clau<strong>di</strong>o Damiani (San Giovanni Rotondo, 1957) è uscito nel 2010, per l’E<strong>di</strong>tore Fazi, un libro antologico<br />

(Poesie) che, come chiamando a raccolta tutta la sua precedente produzione poetica, rappresenta un momento<br />

<strong>di</strong> sintesi e ri� essione, e certo anche un nuovo punto <strong>di</strong> partenza. Damiani è un poeta importante nel<br />

panorama della poesia italiana contemporanea, la sua poesia è sorgiva, generativa, viva, <strong>di</strong>remmo piena <strong>di</strong><br />

vento. Per questo abbiamo deciso <strong>di</strong> rivolgere a lui qualche domanda sulla poesia, sulla scrittura. Ed ecco le<br />

risposte, ecco le sue parole. Profonde, talora davvero sorprendenti.<br />

Clau<strong>di</strong>o, quando hai iniziato a scrivere? In che occasione?<br />

Ho iniziato a scrivere intorno ai <strong>di</strong>ciassette anni, non c’é stata un’occasione precisa, o comunque non me la<br />

ricordo. Ho cominciato a leggere poesia e nello stesso tempo a scrivere.<br />

Usi il computer o carta e penna? Perché?<br />

Uso dei quaderni e scrivo a penna, poi ricopio al computer. Nei quaderni scrivo qualsiasi cosa, molto liberamente,<br />

non penso in particolare alla poesia. Non penso a niente. E’ vero, non penso proprio a niente. Spesso<br />

scrivo in quello stato <strong>di</strong> semicoscienza che precede il sonno. Direttamente al computer scrivo generalmente<br />

la prosa, quella poca che scrivo. In questo periodo sto � nendo <strong>di</strong> scrivere una prosa poetica sulla mia infanzia<br />

passata in un villaggio minerario da tanto abbandonato nel sud d’Italia. E’ un libro abbastanza strano, un<br />

misto <strong>di</strong> prosa e poesia. Devo � nire poi un testo teatrale. Devo <strong>di</strong>re peró che dove mi sento più vicino alla mia<br />

natura é in quella scrittura a penna e a sprazzi, senza un piano o un intento, senza <strong>di</strong>segni preor<strong>di</strong>nati, su<br />

quei miei quaderni. Torno a rileggere quello che ho scritto dopo qualche giorno, e qualche volta trovo quello<br />

che potrebbe assomigliare a una poesia, e allora lo ricopio al computer.<br />

Perché scrivi? Che senso ha scrivere?<br />

Scrivere per me non è tanto qualcosa che ha o che non ha senso, quanto qualcosa che lo ricerca, il senso. E’<br />

un andare, un po’ a tentoni, guidato forse da una mano invisibile, verso un senso. E’ un po’ come il pescatore,<br />

butti l’amo e ve<strong>di</strong> se riesci a pescare qualcosa. La poesia è come un pesce che esiste tutto intero e nuota<br />

liberamente nel mare. Non è qualcosa che crei tu, o inventi. Anzi io credo che sia sempre qualcosa che non ti<br />

aspetti.<br />

Di solito a scuola quando si stu<strong>di</strong>a un autore, si stu<strong>di</strong>a la sua poetica, e spesso si stu<strong>di</strong>a più quella che<br />

i suoi testi. Allora ti chie<strong>di</strong>amo: qual è la tua poetica...?<br />

Se la poetica é qualcosa che sta prima del testo, io non ho nessuna poetica. Prima del testo, caso mai, c’è la<br />

lingua, che è un po’ come il mare <strong>di</strong> cui parlavo prima. Penso che il poeta debba avere molta con� denza con<br />

la lingua, la debba conoscere in lungo e in largo, debba essere un tutt’uno con essa. Io credo che il poeta sia<br />

un pezzo <strong>di</strong> lei, un suo strumento, un suo emissario in terra. Dico questo perché penso che la lingua abbia<br />

qualcosa <strong>di</strong> celeste, ossia sia imparentata con la lingua delle cose, la grammatica dell’universo, intendo. La<br />

logica o la � sica, chiamiamola come vogliamo. Per lo stesso motivo penso che arte e scienza siano tutt’altro<br />

che lontane, anzi vicinissime. Si riferiscono tutte e due a qualcosa non <strong>di</strong> soggettivo, ma <strong>di</strong> oggettivo, qualcosa<br />

che c’é veramente, qualcosa <strong>di</strong> cui anche noi stessi siamo fatti.<br />

Che cosa stai facendo ora?<br />

Ora sto rispondendo alle domande che mi hai inviato, e sono arrivato all’ultima. Mentre scrivo il mio � glio più<br />

piccolo, <strong>di</strong> nove anni, sta giocando col suo amichetto. Mi hanno strappato più volte tutti e due il computer per<br />

vedere delle immagini <strong>di</strong> auto da corsa, hanno giocato col gatto e l’amichetto é stato graf� ato a una mano,<br />

per la qual cosa l’ho <strong>di</strong>sinfettato con un po’ <strong>di</strong> acqua ossigenata. Mentre scrivevo la seconda o terza risposta<br />

mi sono alzato a preparargli la merenda. Adesso stanno giocando con delle macchinine. Un altro mio � glio,


ALBATROS 19<br />

l’intervista a...<br />

che ne ha <strong>di</strong>ciassette, è entrato nella mia stanza per comunicarmi che gli erano riusciti tutti gli esercizi <strong>di</strong><br />

matematica, e abbiamo battuto il cinque. Ero contento, ma insieme preoccupato, perché so che poi <strong>di</strong>venteranno<br />

sempre più <strong>di</strong>f� cili, e spero che riuscirà anche allora a risolverli.<br />

Quali autori leggevi quando hai iniziato a scrivere? E quali ora?<br />

Allora leggevo principalmente classici latini, greci, italiani e cinesi, in particolare <strong>di</strong> poesia. Molta anche prosa<br />

morale, tipo Seneca, Senofonte, Epitteto, Confucio, Lao Tze, Bibbia, Petrarca delle Familiari, prose <strong>di</strong> Pascoli.<br />

Adesso riscopro anche qualche moderno e contemporaneo, leggo anche un po’ più <strong>di</strong> narrativa e libri <strong>di</strong><br />

scienza, geologia, � sica, biologia. Ma quando mi ricapita in mano che so, Orazio, o Omero, o Boiardo, sono<br />

sempre gli stessi brivi<strong>di</strong>.<br />

Quale classico e quale contemporaneo consiglieresti a chi voglia iniziare a conoscere davvero la poesia?<br />

Consiglierei il Cantico dei cantici nella traduzione del padre Dalmazio Colombo, gli Inni Omerici nella traduzione<br />

<strong>di</strong> Filippo Cassola, Iliade e O<strong>di</strong>ssea nelle traduzioni <strong>di</strong> Monti e Pindemonte, Le trecento poesie T’ang<br />

nella traduzione <strong>di</strong> Martin Bene<strong>di</strong>kter, Holderlin nella traduzione <strong>di</strong> Giorgio Vigolo, e poi i poeti italiani ovviamente,<br />

specialmente quelli tra il trecento e il cinquecento, dove la nostra lingua ha raggiunto vertici altissimi,<br />

ma anche Foscolo e Leopar<strong>di</strong>, D’Annunzio e Pascoli, e i poeti del novecento ovviamente. Tra i contemporanei<br />

italiani consiglierei Beppe Salvia, Davide Rondoni, Umberto Fiori per <strong>di</strong>rne solo tre, ma ce ne sono molti<br />

altri davvero bravi, é un momento buono questo per la nostra poesia, o anche poeti <strong>di</strong>alettali come il grande<br />

Franco <strong>Lo</strong>i.


20 ALBATROS<br />

l’intervista a...<br />

ALESSANDRO D’AVENIA<br />

Teresa Angeli<br />

Ciao Teresa,<br />

scusami per l’attesa. E’ un periodo pienissimo.<br />

Ecco le risposte. Grazie ancora per aver pensato a me.<br />

Un caro saluto,<br />

A.<br />

Quando è nata la sua passione per l’insegnamento?<br />

Al liceo. Guardando un � lm: L’attimo fuggente. Guardando un uomo, anzi due: il mio professore <strong>di</strong><br />

lettere, Mario Franchina, e il mio professore <strong>di</strong> religione: padre Pino Puglisi.<br />

C’è una cosa nella sua vita alla quale non potrebbe rinunciare?<br />

Dio.<br />

E’ più affezionato al personaggio <strong>di</strong> Leo o a quello <strong>di</strong> Margherita?<br />

Come si fa a non amare i miei primi due � gli, ciascuno come fosse l’unico?<br />

Chi sono le persone che lei ritiene essere i suoi punti <strong>di</strong> riferimento? Perchè?<br />

I miei genitori: un amore fedele da 46 anni e due vite spese al servizio dei � gli, siamo sei � gli, e degli<br />

altri.<br />

Padre Puglisi: il sacri� cio <strong>di</strong> un uomo che ha cambiato, nel silenzio, una città, una scuola, un alunno.<br />

Il mio prof <strong>di</strong> lettere: che amava il suo lavoro e lo faceva come si deve, andando al<strong>di</strong>là del dovuto.<br />

I miei autori preferiti: Dante, Omero, Shakespeare, Dostoevskij.


Tesori nascosti a Cesena:<br />

LA CHIESA DI SANTA CRISTINA, perla <strong>di</strong> Giuseppe Vala<strong>di</strong>er.<br />

Teresa Consalici<br />

ALBATROS 21<br />

OSSERVANDO<br />

Nonostante il suo recente restauro, la chiesa <strong>di</strong> Santa Cristina rimane nascosta agli occhi <strong>di</strong> tanti.<br />

La sua storia è piuttosto antica: le sue origini si perdono nel Me<strong>di</strong>oevo, quando a Cesena esisteva un convento<br />

de<strong>di</strong>cato alla santa.<br />

Nel 1470 il piccolo e<strong>di</strong>� cio sottostava all’attuale parrocchia <strong>di</strong> S. Bartolo; soltanto nel 1612 Santa Cristina<br />

<strong>di</strong>ventò essa stessa parrocchia e, nello stesso anno fu approvata la costruzione <strong>di</strong> una nuova chiesa: il locale<br />

era <strong>di</strong> aspetto semplice, un piccolo spazio ad unica navata. La chiesa subì un ulteriore rinnovamento, condotto<br />

nel 1740, dall’architetto Giovanni Zon<strong>di</strong>ni, incaricato <strong>di</strong> decorare l’ambiente. Al termine dei lavori la<br />

chiesa contava tre altari ed un campaniletto dotato <strong>di</strong> una sola campana.<br />

Nel 1806 il governo francese che amministrava Cesena decise <strong>di</strong> sopprimere la parrocchia <strong>di</strong> Santa Cristina<br />

che <strong>di</strong>ventò così succursale <strong>di</strong> Santa Maria <strong>di</strong> Boccaquattro. Nella primavera del 1814, il papa cesenate Pio<br />

VII, durante il suo viaggio <strong>di</strong> ritorno dalla deportazione in Francia, decise <strong>di</strong> fare tappa nella sua città natale;<br />

e fu proprio durante questo breve soggiorno che si gettarono le basi per un nuovo cantiere. Venne stabilito<br />

<strong>di</strong> af� dare i nuovi lavori agli architetti cesenati Brunelli e Barbieri per la “rie<strong>di</strong>� cazione” della parrocchia <strong>di</strong><br />

Santa Cristina; <strong>di</strong>fatti il 21 marzo del 1815, a palazzo Chiaramonti, si decise “<strong>di</strong> far demolire per intiero, e sino<br />

al piano dei volti ad uso <strong>di</strong> cantina, la chiesa, e casa parrocchiale per appalto”<br />

Numerose sono le interruzioni a partire dal 1817: Giuseppe Cedrini, depositario delle somme <strong>di</strong> denaro<br />

destinate al ponte� ce sosteneva, infatti, che non ci fossero abbastanza fon<strong>di</strong> per poter portare a termine un<br />

progetto <strong>di</strong> così grande valore. Nel contempo, l’arcinoto architetto Giuseppe Vala<strong>di</strong>er, che � no a pochi anni<br />

prima aveva progettato la ristrutturazione del Pantheon a Roma, propose (sotto la richiesta <strong>di</strong> Pio VII) un <strong>di</strong>segno<br />

per una nuova Santa Cristina: un luogo puro, semplice e <strong>di</strong>gnitoso. I lavori dunque abbandonarono il<br />

progetto Brunelli-Barbieri e proseguirono secondo quello vala<strong>di</strong>eriano.<br />

Il giorno 8 aprile 1816 cominciarono i lavori <strong>di</strong> costruzione della fabbrica <strong>di</strong> Santa Cristina su progetto dell’architetto<br />

romano Giuseppe Vala<strong>di</strong>er. Il 17 luglio 1925, dopo nove lunghi anni <strong>di</strong> lavori e dopo la morte <strong>di</strong> Pio<br />

VII, � nalmente la chiesa veniva consacrata.<br />

Raf� nato esempio <strong>di</strong> architettura neoclassica, la facciata dell’e<strong>di</strong>� cio si presenta come un fronte articolato<br />

dalle linee essenziali. Gli or<strong>di</strong>ni sono in pietra bianca calcarea mentre i fon<strong>di</strong> in mattoni. Due massicce colonne<br />

con capitello dorico proteggono l’ingresso; la facciata<br />

è coronata da un cornicione lapideo decorato con dentelli.<br />

L’architettura interna della chiesa ruota intorno alla<br />

modesta aula a pianta centrale sormontata da una magni�<br />

ca e luminosa cupola a lacunari. Quello <strong>di</strong> Vala<strong>di</strong>er è<br />

un vero e proprio progetto <strong>di</strong> luce: i fusti delle colonne e<br />

le pareti sono decorate a marmorino tirato a ferro, i capitelli<br />

a stucco bianco <strong>di</strong> gesso. Una volta entrati si viene<br />

così abbracciati dal dolce candore e dalla delicatezza<br />

dell’e<strong>di</strong>� cio.<br />

Tanti sono i dettagli presenti: semplici parole non bastano<br />

per descriverli tutti.<br />

Un occhio curioso e assetato <strong>di</strong> bellezza rimarrebbe<br />

colpito dalla “nobile semplicità e quieta grandezza” <strong>di</strong><br />

questa chiesa, per usare le parole del teorico del neoclassicismo<br />

Johann Joachim Winckelmann.<br />

Il mio dunque è un invito a scoprirla e a farne tesoro perché è l’arte che, attraverso le cose belle, sa educare<br />

l’uomo ad essere più vero nella vita. E per chi volesse seguire il mio consiglio, questa perla <strong>di</strong> Vala<strong>di</strong>er de<strong>di</strong>cata<br />

a Santa Cristina si trova in Via Chiaramonti…<br />

1 Cesena, Archivio privato Chiaramonti d’Ottaviano; Libro degli atti, lettere, ed altro riguardante la Deposizione<br />

per la nuova fabbrica della Chiesa <strong>di</strong> Santa Cristina, 1816;


22 ALBATROS<br />

storie<br />

E MENTRE TUTTO SCORRE IO NON ME NE ACCORGO<br />

Beatrice Serra<br />

“La vita ce l’ha con me”. Questo è quello che mi sono ripetuta per tre anni. Tre lunghi anni in cui non sono<br />

stata più io, perché quello che rimaneva <strong>di</strong> me era soltanto l’etichetta che gli altri avevano associato e incollato<br />

alla mia persona: Anoressia Nervosa.<br />

Questo terribile demone mi ha rapita e mi ha portato dentro il suo inferno all’interno del quale ancora mi trovo<br />

intrappolata. <strong>Lo</strong> ammetto, questa terribile malattia fa parte <strong>di</strong> me.<br />

Avevo 15 anni quando un giorno per scherzo, per colpa <strong>di</strong> una professoressa che non mi reputava brillante<br />

nella sua materia, ho deciso <strong>di</strong> mangiare meno. Si tratta <strong>di</strong> un motivo futile, ma per me fu l’ultimo decisivo<br />

pretesto per iniziare la mia battaglia contro me stessa. In quel preciso momento una mina è penetrata dentro<br />

<strong>di</strong> me ed è esplosa proprio lì, lì dove erano concentrate tutte le mie più gran<strong>di</strong> insicurezze, i miei dubbi, e le<br />

mie paure riguardo alla vita.<br />

Avevo tanti progetti in testa, tanti sogni.. i sogni <strong>di</strong> una ragazzina <strong>di</strong> soli 15 anni. Quel giorno, però, ho deciso<br />

che avrei smesso piano piano <strong>di</strong> mangiare, <strong>di</strong> esaurire le mie forze e <strong>di</strong> lasciarmi morire lentamente. Non<br />

tolleravo la mia vita, eppure avevo buoni risultati a scuola, ma non riuscivo ad essere sod<strong>di</strong>sfatta <strong>di</strong> ciò che<br />

facevo. Non ero mai sazia <strong>di</strong> questa vita che sembrava non appagarmi mai.<br />

Ho cominciato ad informarmi su come si potesse fare per <strong>di</strong>magrire, consultando siti pro-ana (così chiamati<br />

dalle teenager che vogliono condurre le proprie coetanee verso lo stesso cammino <strong>di</strong>struttivo) e così è iniziato<br />

tutto per scherzo, sebbene sapessi che avrei dovuto lottare contro me stessa e, quel che è peggio, contro<br />

le persone che si prendevano cura <strong>di</strong> me e <strong>di</strong>cevano <strong>di</strong> volermi bene.<br />

Per tre lunghi anni mi sono sbattuta tra vomito, lassativi, <strong>di</strong>giuni, calcoli, <strong>di</strong>magrimenti e lacerazioni <strong>di</strong> cui<br />

ancora oggi porto le ferite. Volevo raggiungere quel “peso ideale”, quella situazione che io sola credevo <strong>di</strong><br />

benessere. La mia vita era legata ad un numero, alla bilancia, anzi a quelle maledette bilance che ormai sognavo<br />

anche <strong>di</strong> notte. Non stavo bene con me stessa, è evidente.<br />

Non mi accettavo, o<strong>di</strong>avo il mio corpo, le amiche non mi capivano e � ngevano <strong>di</strong> starmi vicine, i genitori mi<br />

stavano sempre troppo addosso. È stato quello il momento in cui ho deciso che, se non potevo controllare<br />

nulla, allora avrei almeno controllato il mio corpo. Piano piano ho perso sempre più peso, nonostante seguissi<br />

delle <strong>di</strong>ete per ricercare un equilibrio alimentare, che forse, inconsciamente, non accettavo. Il problema, infatti,<br />

non era il cibo in sé, ma la mia collocazione in un mondo che sembrava non volermi riconoscere. Volevo<br />

essere LA malata, ma non mi accorgevo del tempo che passava e del fatto che questa maledetta ossessione,<br />

lentamente e inconsciamente, mi stava togliendo tutta la mia adolescenza, � no a quando un giorno mi<br />

sono ritrovata, nel Natale del 2010, in un letto <strong>di</strong> ospedale, sola, triste e senza più speranze. Pesavo 33 chili.<br />

Pensavo fosse la � ne e forse speravo davvero <strong>di</strong> poter essere giunta al capolinea <strong>di</strong> quella vita che non prospettava<br />

niente <strong>di</strong> buono per me. Dormivo tutto il giorno, mi riempivano <strong>di</strong> psicofarmaci, ero continuamente<br />

circondata da camici bianchi e torturata da aghi nella pelle. Non ne potevo più. Così dopo un mese <strong>di</strong> ospedale<br />

ho deciso <strong>di</strong> dare una svolta alla mia vita e ho cercato un po’ <strong>di</strong> luce in fondo ad un tunnel che sembrava<br />

in� nito. È come se ad un tratto mi fossi svegliata e avessi capito che nessuno poteva costringermi a fare<br />

ciò che non volevo, a stare in ospedale controvoglia e a soffrire inutilmente. Volevo davvero tornare a vivere o<br />

ero semplicemente stanca <strong>di</strong> essere trattata da malata?<br />

Tutte le attenzioni che avevo sempre ricercato con il mio <strong>di</strong>sagio, ora le avevo, ma ne ero satura. Forse volevo<br />

invece solamente uscire da quelle quattro mura e svincolarmi dagli or<strong>di</strong>ni dei me<strong>di</strong>ci, per ritornare � nalmente<br />

a riascoltare quella vocina cattiva, l’Anoressia, che da qualche tempo avevo “trascurato”.<br />

Sono uscita dall’ospedale, avendo acquistato 3 miseri chili e un po’ più <strong>di</strong> voglia <strong>di</strong> mangiare. I me<strong>di</strong>ci erano<br />

positivi e credevano nei miglioramenti, mi davano � ducia, ma io li ingannavo, facendo loro credere <strong>di</strong> voler<br />

guarire. Pian piano, infatti, la situazione peggiorò. Quei chili “<strong>di</strong> troppo” sulla bilancia mi davano fasti<strong>di</strong>o,<br />

avevo ricominciato ad o<strong>di</strong>are il cibo e tutto quello che volevo era <strong>di</strong> nuovo <strong>di</strong>magrire, annullare me stessa<br />

<strong>di</strong>etro un numero. Tornai quin<strong>di</strong> allo start, come nel “gioco dell’oca”. Dovevo ricominciare tutto da capo.<br />

Non riuscivo più a frequentare la scuola, mi mancava il sostegno degli amici, passavo le mie giornate in<br />

casa, sentendomi inutile per tutto e tutti.


ALBATROS 23<br />

storie<br />

Fu così che a � ne febbraio del 2011 chiamai un noto<br />

professore <strong>di</strong> Bologna, un certo Dottor F. il quale,<br />

soltanto dopo avermi sentito parlare per telefono, si<br />

impegnò a trovarmi un posto nel reparto DCA (Disturbi<br />

del Comportamento Alimentare) a Bologna presso<br />

il S. Orsola. L’attesa fu abbastanza lunga, ma verso la<br />

� ne <strong>di</strong> marzo riuscii ad entrare all’ospedale <strong>di</strong> Bologna,<br />

dove, dopo un certo periodo, mi permisero <strong>di</strong><br />

prendere lezioni per non perdere l’anno scolastico.<br />

Volevo guarire, questo era il mio scopo, e forse questa<br />

volta non era una bugia. Volevo uscire da quella<br />

malattia che mi aveva portato via gli anni migliori e<br />

che non mi fa assaporare la bellezza della vita. Ma<br />

le cose sono sempre più facili a <strong>di</strong>rsi che a farsi. Una<br />

volta entrata a Bologna, cominciarono subito a farmi<br />

� ebo e dopo neanche un mese, con il mio parere<br />

contrario ma con l’approvazione dei miei genitori, i<br />

me<strong>di</strong>ci mi costrinsero ad una alimentazione forzata<br />

tramite il son<strong>di</strong>no naso - gastrico poiché continuavo<br />

a perdere peso. Io non potevo più decidere. Mi trovavo in una situazione in cui non potevo più scegliere cosa<br />

fare della mia vita, tutto era in mano agli altri e per me il son<strong>di</strong>no rappresentò una grande scon� tta, per me, che<br />

pensavo <strong>di</strong> potercela fare da sola. Il dolore � sico fu immenso, ma quello che provavo dentro nessuno può capirlo.<br />

Mi sentivo tra<strong>di</strong>ta da tutti, anche dai miei genitori, e non avevo più quel controllo che tanto desideravo. Cercavo<br />

<strong>di</strong> compensare l’incapacità <strong>di</strong> gestirmi con lunghissime camminate dentro ai corridoi dell’ospedale e centinaia<br />

<strong>di</strong> addominali eseguiti sempre <strong>di</strong> nascosto, sopra un letto vecchio e arrugginito che produceva un cigolio prolungato,<br />

quasi volesse lamentarsi dei miei inutili sforzi. Ebbene anche il Dottor F. era riuscito a spaventarmi con il<br />

suo tono austero e <strong>di</strong>ttatoriale ed io, con le mie false promesse, mi rinchiudevo sempre <strong>di</strong> più nella mia malattia.<br />

Forse e <strong>di</strong> nuovo non ero più così convinta <strong>di</strong> voler guarire. Quel posto mi opprimeva. Supplicavo i miei genitori <strong>di</strong><br />

portarmi via e più volte ho tentato il suici<strong>di</strong>o.<br />

Dopo cinque lunghi mesi trascorsi in clinica, con piacevoli e al contempo spiacevoli incontri, sono uscita più forte, più<br />

combattiva e avevo “imparato” a mangiare, come succede ai bambini. Ma la battaglia iniziava solo in quel momento,<br />

la montagna era ancora tutta da scalare. Infatti tra alti e bassi ora sono qui. Ho cambiato per� no scuola poiché nella<br />

precedente non ho trovato persone in grado <strong>di</strong> capirmi e <strong>di</strong> accettarmi per quello che sono. Il 2011 è un anno che<br />

vorrei <strong>di</strong>menticare, ma so che sarà <strong>di</strong>f� cile riuscirci. È stato l’anno in cui ho rinunciato alle cose che più amavo fare,<br />

come uscire con gli amici, suonare il pianoforte, andare a scuola. Ora ho cercato <strong>di</strong> mettere un punto e <strong>di</strong> andare a<br />

capo, <strong>di</strong> ricominciare a combattere, questa volta sul serio. Purtroppo questa malattia mi è talvolta nemica talvolta amica<br />

e mi fa oscillare tra momenti <strong>di</strong> intenso dolore e <strong>di</strong> gioia. A volte basta una semplice frase come “stai bene”, detta da<br />

qualche conoscente, per far precipitare la giornata e il mio umore. È davvero possibile che una frase tanto paradossale<br />

e apparentemente inoffensiva, se non ad<strong>di</strong>rittura cor<strong>di</strong>ale, possa turbare il mio animo? Certo, perché il mio più grande<br />

problema è il giu<strong>di</strong>zio degli altri che, spesso, si ferma soltanto all’apparenza, quell’apparenza che, il più delle volte, non<br />

mostra il dolore dell’anima. Quell’apparenza che ha portato le persone a giu<strong>di</strong>carmi per quello che sono <strong>di</strong>ventata, non<br />

per quello che sono realmente.<br />

L’anoressia è una malattia che, dopo tanto tempo, non sono più in grado <strong>di</strong> controllare. A volte mi capita <strong>di</strong> chiedermi<br />

se, dopo questa esperienza, la vita possa riservarmi qualcosa <strong>di</strong> migliore, <strong>di</strong> “normale”. Io credo <strong>di</strong> aver<br />

già scontato la mia “pena”, se mai ne abbia meritata una. La sofferenza mi ha accompagnato per tanti anni. Ora<br />

è tempo <strong>di</strong> sorridere alla vita.


24 ALBATROS<br />

storie<br />

“I RAGAZZI E LA FATICA:<br />

PERCHE’ I RAGAZZI SOFFRONO IN SILENZIO?”<br />

Tommaso Fae<strong>di</strong><br />

Il testo è stato pensato in modo da alternare battute <strong>di</strong>verse che <strong>di</strong>ano voce a due punti <strong>di</strong> vista <strong>di</strong>fferenti: il mio<br />

e quello dei miei coetanei.<br />

- Luca, parliamone! Non ti sembra una decisione troppo affrettata?-<br />

-Marco, perché lo fai? Sono sicuro che insieme troveremo la soluzione migliore!-<br />

Stoltezza.<br />

Solo stoltezza pensare che queste parole avrebbero fatto ricredere i miei due vecchi compagni <strong>di</strong> classe, che<br />

pochi mesi fa hanno cambiato scuola.<br />

CAUSA: non voler mettersi in gioco, non voler impegnarsi, non voler provare, non voler sopportare, non voler<br />

affrontare la vita per quello che è, con le sue grati� cazioni e le sue gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>f� coltà.<br />

Le mie sarebbero state parole vane, quelle parole che non sono neppure mai riuscito a pronunciare, perché<br />

non c’è stato tempo, perché non c’è stata l’opportunità.<br />

I miei due compagni se ne sono andati e io non ho neppure avuto il tempo <strong>di</strong> accorgermene, <strong>di</strong> salutarli come<br />

avrei voluto.<br />

CAUSA: la fretta, la fretta <strong>di</strong> cambiare, la fretta <strong>di</strong> abbandonare, la fretta <strong>di</strong> voltare pagina senza neanche averla<br />

cominciata, la fretta <strong>di</strong> chi non sa aspettare, <strong>di</strong> chi non sa giu<strong>di</strong>care, <strong>di</strong> chi non sa assumersi le proprie responsabilità,<br />

<strong>di</strong> chi non vuole fare fatica e <strong>di</strong> chi non vede l’ora <strong>di</strong> intraprendere una nuova strada che sembra garantire<br />

felicità e non richiedere alcuno sforzo.<br />

Siamo ragazzi, siamo giovani, perché soffrire?<br />

Perché affrontare le <strong>di</strong>f� coltà se possono essere evitate?<br />

Perché affaticarsi quando ci sono i genitori, pronti in qualsiasi circostanza a intervenire per rendere la nostra vita<br />

meno faticosa, meno impegnativa?<br />

Perché chiedere scusa per un torto commesso, quando mamma e papà “in primis” ci giusti� cano ad ogni costo<br />

in nome della nostra felicità?<br />

Perché affrontare la fatica, se i modelli che ci vengono proposti insegnano che si può fare <strong>di</strong>versamente?<br />

Perché sacri� care le nostre giornate sui libri quando c’è chi ottiene ottimi risultati con poco sforzo?<br />

Perché soffrire per una relazione, affrontare le <strong>di</strong>f� coltà <strong>di</strong> un rapporto, comprendere e capire chi ci sta vicino<br />

quando è suf� ciente voltare pagina al primo ostacolo e cercare la compagnia <strong>di</strong> un’altra persona?<br />

Perché?<br />

Perché?<br />

Perché?<br />

...<br />

Sembra proprio che i ragazzi oggi non vogliano più soffrire.<br />

C’è qualcuno che si domanda il motivo? Qualcuno intenzionato a scavare nel profondo e comprendere perché<br />

i ragazzi siano <strong>di</strong>ventati così apparentemente pigri, svogliati, incapaci <strong>di</strong> apprezzare le belle grati� cazioni che<br />

ricompensano i perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> intensa fatica?<br />

Non potrebbe trattarsi <strong>di</strong> una maschera, un comportamento che consente <strong>di</strong> anticipare e evitare le delusioni e<br />

che nasconde in realtà una profonda fragilità e incapacità <strong>di</strong> affrontare gli ostacoli?<br />

Un voto insuf� ciente a scuola, un litigio in famiglia, un’incomprensione con un insegnante: a volte è suf� ciente<br />

uno solo <strong>di</strong> questi motivi per portare un adolescente ad abbandonare i suoi progetti, a lasciar perdere, a cambiare<br />

strada o, ancor peggio, a <strong>di</strong>sprezzare la vita.<br />

Non è vero, le cose non stanno come qualcuno crede: noi ragazzi soffriamo e anche tanto. Il problema è che lo<br />

facciamo in silenzio, senza chiedere l’aiuto <strong>di</strong> nessuno, senza gridare il nostro dolore. Gli ostacoli ci spaventano,<br />

le delusioni ancora <strong>di</strong> più. Per questo a volte cerchiamo <strong>di</strong> evitarle, <strong>di</strong> scegliere una strada <strong>di</strong>versa da quella<br />

intrapresa all’inizio, che ci faccia fare bella � gura e ci consenta <strong>di</strong> sentirci apprezzati da chi ci accompagna


ALBATROS 25<br />

lungo quel percorso.<br />

Nessuno sa però che in fondo al nostro cuore una scelta <strong>di</strong> questo tipo rappresenta una scon� tta personale con<br />

cui ogni giorno dovremo fare i conti. Nessuno sa che preferiamo soffrire in silenzio e rischiare <strong>di</strong> essere considerati<br />

degli sfaticati piuttosto che palesare il nostro dolore, piuttosto che essere considerati dei falliti.<br />

Con gli amici dobbiamo sempre avere la battuta pronta, essere sfrontati e “giusti” in ogni situazione; i genitori<br />

pretendono da noi i migliori risultati a scuola e non sono consentite le <strong>di</strong>f� coltà, i perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> stanchezza o <strong>di</strong> crisi.<br />

Dobbiamo sempre essere bravi e buoni, comportarci bene, costruire il nostro futuro e pretendere il meglio per<br />

noi. E quando tutto ciò non è possibile? Quando non riusciamo a essere all’altezza <strong>di</strong> tutte queste richieste?<br />

Quando la fatica è superiore alle nostre forze? Quando è grande la paura <strong>di</strong> deludere prima <strong>di</strong> tutti noi stessi e<br />

poi gli altri? Quando accade tutto ciò, è inevitabile lasciare la presa e arrendersi.<br />

Io non voglio ritrovarmi tra trent’anni a fare i conti con una vita che non mi rispecchia a causa delle scelte sbagliate<br />

fatte quando ero giovane. Voglio essere un giorno vicino alla mia famiglia, vicino a mia moglie e ai miei<br />

� gli. Questo è il mio DESIDERIO!<br />

Un desiderio che a volte non si realizza perché davanti agli ostacoli ci arren<strong>di</strong>amo subito e preferiamo scegliere<br />

la strada più semplice, la strada del non far niente, la strada del piacere, quella strada che sembra portare la<br />

felicità quando si è giovani, ma che lascia con un pugno <strong>di</strong> cenere in mano quando si è adulti.<br />

Marco <strong>Lo</strong>doli in un suo articolo, “Se i nostri ragazzi non sanno più soffrire” del 2004, <strong>di</strong>ceva che: “la sofferenza<br />

non può mai essere debellata totalmente perché le prepotenze sociali restano, perché la morte alla � ne arriva,<br />

perché la vita è comunque dura. E soprattutto non si può cancellare la fatica che ognuno deve fare per dare<br />

una forma alla propria esistenza”.<br />

La sofferenza non può essere evitata, Marco <strong>Lo</strong>doli in questo ha ragione.<br />

Non puoi, ragazzo, scegliere per tutta la vita la strada più semplice, perché un giorno ti troverai davanti solo<br />

quella <strong>di</strong>f� cile e percorrerla sarà così complicato che dovrai utilizzare tutte le tue forze.<br />

Sarai in grado <strong>di</strong> farcela?<br />

Quel giorno avrai solo due opzioni:<br />

PRIMA: rinunciare, rinunciare anche a quell’ultima possibilità che la vita ti offrirà.<br />

SECONDA: accettare, accettare quell’ultima possibilità che la vita ti offrirà... e farcela!<br />

I genitori sono i primi che devono aiutare i � gli a crescere, che devono insegnare loro a vivere, che devono far<br />

capire loro che il bene che li lega è immenso e indescrivibile, ma purtroppo spesso scontato.<br />

Forza! Non abbiate paura. Non avete ancora capito che i vostri � gli preferiscono un sincero ”ti voglio bene” a<br />

tanti regali che non racchiudono alcun sentimento? I ragazzi hanno solo bisogno <strong>di</strong> essere guidati, <strong>di</strong> trovare<br />

punti <strong>di</strong> riferimento e modelli <strong>di</strong>versi da quelli ef� meri e<br />

inconsistenti proposti dalla televisioni. I ragazzi hanno<br />

bisogno <strong>di</strong> essere capiti quando soffrono, quando<br />

credono <strong>di</strong> non poter essere all’altezza della situazione.<br />

Compito dei genitori è quello <strong>di</strong> forti� care i � gli e <strong>di</strong><br />

insegnare loro che nella vita tutto va guadagnato con<br />

grande impegno e fatica perché solo in questo modo<br />

si otterranno quelle grati� cazioni che ripagano anche i<br />

momenti più impegnativi. Compito dei genitori è insegnare<br />

ai � gli che le delusioni fanno parte della vita e<br />

che per questo non vanno evitate, ma vinte e superate.<br />

E noi, ragazzi, affrontiamo le nostre paure e sofferenze<br />

insieme e non nell’incavo più profondo <strong>di</strong> noi stessi.<br />

Solo così riusciremo a superarle più facilmente!<br />

storie


26 ALBATROS<br />

FILM<br />

THIS MUST BE THE PLACE<br />

Simone Pracucci<br />

Titolo: This must be the place<br />

Regia: Paolo Sorrentino<br />

Anno: 2011<br />

“This must be the place”, letteralmente “questo dovrebbe essere<br />

il posto”: <strong>di</strong> che cosa si sta parlando? Qual è il “posto” a cui si fa<br />

riferimento? Questa è la domanda a cui lo spettatore deve cercare<br />

<strong>di</strong> dare risposta guardando il � lm… E’ probabile che una visione<br />

<strong>di</strong>stratta o affrettata non riesca a risolvere questo interrogativo,<br />

anzi, in questo caso lo spettatore potrebbe risultare deluso da un<br />

� lm bizzarro, apparentemente senza né capo né coda. E in effetti<br />

Cheyenne, il protagonista, è un personaggio contrad<strong>di</strong>ttorio e fuori<br />

dal comune: rockstar del passato ormai ritirata dalla scena, non<br />

ha però perso le abitu<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> gioventù e continua a vestirsi e truccarsi<br />

come quando era il leader dei “Fellows”. Tuttavia, nonostante<br />

questa apparenza aggressiva, nulla gli è rimasto della originale<br />

esuberanza: vive in maniera agiata in una <strong>di</strong>mora lussuosa a<br />

Dublino, senza preoccupazioni, ma è irrime<strong>di</strong>abilmente depresso,<br />

triste, apatico. Si trascina attraverso le sue giornate <strong>di</strong>strattamente,<br />

come se nulla potesse più risvegliare il suo interesse e questo<br />

suo stato è ulteriormente aggravato dai rimorsi che lo tormentano,<br />

in particolare rimpiange <strong>di</strong> non essere mai stato amato dal padre,<br />

con cui non ha rapporti da tanti anni, a causa della sua scelta<br />

<strong>di</strong> vita. Ma un avvenimento inaspettato interviene a sancire una<br />

svolta nella vita del protagonista: quando è costretto a recarsi a New York a causa della morte del genitore,<br />

scopre che questi aveva trascorso svariati anni della sua vita a dare la caccia all’uf� ciale nazista che, durante<br />

la seconda guerra mon<strong>di</strong>ale, lo aveva umiliato in un campo <strong>di</strong> concentramento. Inizia quin<strong>di</strong> per Cheyenne<br />

un affascinante viaggio per le strade d’America sulle tracce del criminale che suo padre non è mai riuscito a<br />

trovare, animato dal desiderio <strong>di</strong> realizzare la volontà del genitore. E’ proprio questo il cuore del � lm: costellato<br />

<strong>di</strong> incontri, episo<strong>di</strong>, parole, sullo sfondo magni� co e malinconico dell’America più nascosta, lontana dalle<br />

luci e dalla frenesia delle gran<strong>di</strong> metropoli, il viaggio si traduce per Cheyenne in una ricerca interiore, in una<br />

riscoperta <strong>di</strong> sé, dei propri desideri, e <strong>di</strong> qualcosa per cui la vita possa acquistare <strong>di</strong> nuovo un signi� cato. E<br />

la domanda <strong>di</strong> fondo si fa sempre più insistente, ed assume un carattere universale, graf� ando la coscienza<br />

dello spettatore: che cosa cerchiamo nella vita? Abbiamo un ideale, un desiderio per cui valga la pena lottare?<br />

Cheyenne l’ha trovato e la sua vita è cambiata ra<strong>di</strong>calmente, in<strong>di</strong>pendentemente dal raggiungimento del<br />

suo obiettivo. Nonostante ciò, egli riesce in conclusione a scovare il nascon<strong>di</strong>glio dell’uf� ciale, � gura emblematica<br />

della generazione <strong>di</strong> giovani tedeschi che vissero da protagonisti la <strong>di</strong>ttatura nazista, al quale riserva<br />

lo stesso trattamento che suo padre era stato costretto a subire, senza tuttavia ucciderlo come si era pre� ssato<br />

<strong>di</strong> fare. In de� nitiva, dunque, una scia <strong>di</strong> redenzione accompagna le fasi � nali del � lm: il protagonista<br />

non solo riesce a perdonare l’uf� ciale, ma più in generale rivaluta il rapporto con le altre persone e l’importanza<br />

del tempo che ha a <strong>di</strong>sposizione. Grazie a questo cambiamento, la vita <strong>di</strong> Cheyenne non è più la stessa,<br />

è più piena, più consapevole, più felice. Il suo sorriso, con cui la scena � nale si chiude, ne è testimone, ed è<br />

un’ultima provocazione allo spettatore: la felicità non è più irraggiungibile.


IL VIOLINISTA NELLA METRO<br />

ALBATROS 27<br />

storie<br />

Un uomo era seduto in una stazione della metropolitana <strong>di</strong> Washington DC e iniziò a suonare il violino,<br />

era un freddo mattino <strong>di</strong> gennaio. Suonò sei pezzi <strong>di</strong> Bach per circa 45 minuti. Durante questo lasso <strong>di</strong><br />

tempo, poiché era l’ora <strong>di</strong> punta, è stato calcolato che 1.100 persone sarebbero passate per la stazione, la<br />

maggior parte <strong>di</strong> loro sull‘ intento <strong>di</strong> andare a lavorare. Passarono tre minuti e un uomo <strong>di</strong> mezza età notò che<br />

c’era un musicista che suonava. Rallentò il passo, si fermò per alcuni secon<strong>di</strong>, e poi si affrettò per riprendere<br />

il tempo perso. Un minuto dopo il violinista ricevette il primo dollaro <strong>di</strong> mancia: una donna lanciò il denaro<br />

nella cassettina e, senza neanche fermarsi, continuò a camminare.<br />

Pochi minuti dopo qualcuno si appoggiò al muro per ascoltarlo, ma poi guardò l’orologio e ricominciò<br />

a camminare. Chiaramente era in ritardo per il lavoro. Quello che prestò maggior attenzione fu un bambino<br />

<strong>di</strong> 3 anni. Sua madre lo invitava a sbrigarsi, ma il ragazzino si fermò a guardare il violinista. In� ne la madre lo<br />

trascinò via ma il bambino continuò a camminare girando la testa tutto il tempo. Questo comportamento fu<br />

ripetuto da <strong>di</strong>versi altri bambini. Tutti i genitori, senza eccezione, li forzarono a muoversi. Nei 45 minuti che il<br />

musicista suonò, solo 6 persone si fermarono e rimasero un po ‘. Circa 20 gli <strong>di</strong>edero dei sol<strong>di</strong>, ma continuarono<br />

a camminare normalmente. Tirò su $ 32. Quando � nì <strong>di</strong> suonare e tornò il silenzio, nessuno se ne accorse.<br />

Nessuno applaudì, né ci fu alcun riconoscimento.<br />

Nessuno lo sapeva ma il violinista era Joshua Bell, uno dei musicisti più talentuosi del mondo. Aveva<br />

appena eseguito uno dei pezzi più complessi mai scritti, su un violino del valore <strong>di</strong> $ 3.5 milioni <strong>di</strong> dollari. Due<br />

giorni prima che suonasse nella metro, Joshua Bell fece il tutto esaurito al teatro <strong>di</strong> Boston, dove i post in me<strong>di</strong>a<br />

costavano $ 100. Questa è una storia vera. Joshua Bell era in incognito nella stazione della metro, il tutto<br />

organizzato dal quoti<strong>di</strong>ano Washington Post come parte <strong>di</strong> un esperimento sociale sulla percezione, il gusto<br />

e le priorità delle persone. La prova era se in un ambiente comune ad un’ora inappropriata: percepiamo la<br />

bellezza? Ci fermiamo ad apprezzarla? Riconosciamo il talento in un contesto inaspettato?<br />

Una delle possibili conclusioni <strong>di</strong> questa esperienza potrebbe essere: se non abbiamo un momento per fermarci<br />

ed ascoltare uno dei migliori musicisti al mondo suonare la miglior musica mai scritta, quante altre cose<br />

ci stiamo perdendo ?


28 ALBATROS<br />

storie<br />

IO E IL TEATRO<br />

Tommaso Fae<strong>di</strong><br />

Vi siete mai domandati se nella vita c’è qualcosa che vorreste fare più <strong>di</strong> ogni altra?<br />

Io me lo sono chiesto e la mia risposta è stata: IL TEATRO.<br />

Il teatro non è altro che un gioco, al quale tutti possiamo partecipare.<br />

Come in tutti i giochi anche in questo vi sono delle regole: la prima è che ognuno <strong>di</strong> noi è protagonista, anche<br />

se ricopre il ruolo <strong>di</strong> una semplice comparsa, e la seconda, la più importante, è che il teatro consente <strong>di</strong><br />

essere liberi.<br />

Infatti sul palcoscenico possiamo fare quello che nella vita non faremmo mai o per paura o, forse, per vergogna:<br />

nel teatro non ci sono limiti.<br />

Possiamo essere un per� do pirata che solca gli oceani sul dorso <strong>di</strong> una balena gialla, uno gnomo innamorato<br />

<strong>di</strong> un � ore, una principessa che sogna <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare una strega o semplicemente un ragazzo che desidera<br />

volare … insomma, quasi per magia, possiamo <strong>di</strong>ventare quello che preferiamo essere!<br />

La passione per il teatro è nata � n da piccolo, quando insieme a mio padre tutte le sere mi sedevo sul <strong>di</strong>vano<br />

con un pacchetto <strong>di</strong> patatine e accendevo la televisione. Non ci staccavamo un secondo e, come ipnotizzati,<br />

ci “sciroppavamo” un � lm dopo l’altro � nché, stanchi, non crollavamo.<br />

Ho cominciato presto a partecipare a qualche rappresentazione insieme ad amici <strong>di</strong> scuola poi un giorno i<br />

miei genitori hanno deciso <strong>di</strong> iscrivermi a quello che sarebbe stato il mio primo corso <strong>di</strong> teatro.<br />

Ero felice, anzi felicissimo.<br />

Mi restava ancora però un grande sogno: quello <strong>di</strong> recitare nel teatro più importante <strong>di</strong> Cesena, il teatro Bonci.<br />

Esattamente un anno fa il mio sogno si è avverato! Ho debuttato da protagonista in uno spettacolo intitolato<br />

“Elia e il Signor Maccaroni Jett”.<br />

In quell’occasione ho interpretato Elia, un personaggio a me molto af� ne per carattere e sentimenti: si tratta <strong>di</strong><br />

un ragazzo dei nostri tempi che si trova a dover fare i conti con <strong>di</strong>f� coltà ormai purtroppo “<strong>di</strong> casa” al mondo<br />

d’oggi come il <strong>di</strong>vorzio dei genitori, l’essere incompreso, la povertà... tutte caratteristiche che mi hanno consentito<br />

<strong>di</strong> calarmi al meglio nella parte.


ALBATROS 29<br />

storie<br />

Questa esperienza farà parte dei miei più preziosi ricor<strong>di</strong> per tutta la vita anche perché mi ha permesso <strong>di</strong><br />

conoscere Franco Mescolini, il mio attuale insegnante <strong>di</strong> teatro.<br />

Sono molto legato a Franco e oggi per me è come un nonno con il quale parlo spesso nei momenti <strong>di</strong><br />

bisogno perché lui si è sempre <strong>di</strong>mostrato <strong>di</strong>sponibile e pronto a darmi una mano.<br />

Insieme a lui ho incontrato anche tantissime altre persone con le quali ho instaurato un grande rapporto<br />

<strong>di</strong> amicizia.<br />

Questo è stato l’inizio <strong>di</strong> un lungo anno: il 2011, nel quale ho partecipato a altre rappresentazioni come<br />

il musical “The Sound of Music” (la versione inglese <strong>di</strong> “Tutti insieme appassionatamente”) insieme alle<br />

“vecchie” 3A e 3B della scuola secondaria <strong>di</strong> primo grado Sacro Cuore <strong>di</strong> Cesena, in cui interpretavo il<br />

capitano Georg Von Trapp, padre <strong>di</strong> sette � gli; lo spettacolo estivo “Cani” insieme al mio maestro Franco<br />

e alla “Bottega del Teatro”: qui ero invece Dirchi, un ingegnoso e furbo ragazzino mandato dal cielo per<br />

salvare alcuni poveri matti dal maligno.<br />

Insomma le avventure sono state tante � no ad ora, ed altre ancora mi attendono.<br />

Consiglio a tutti voi <strong>di</strong> inseguire i vostri sogni perché solo così un giorno potranno <strong>di</strong>ventare realtà.


30 ALBATROS<br />

storie<br />

7 Marzo 2012 - Cesena, Aula Magna <strong>di</strong> Psicologia<br />

SAMUEL MODIANO<br />

Andrea Garaffoni<br />

Due ore <strong>di</strong> assoluto silenzio accompagnano lo sconvolgente racconto <strong>di</strong> Samuel Mo<strong>di</strong>ano davanti agli studenti<br />

delle scuole superiori della città, in un incontro carico <strong>di</strong> commozione, scan<strong>di</strong>to dal ritmo coinvolgente<br />

dalle parole <strong>di</strong> uno dei pochissimi sopravvissuti alla Shoah.<br />

Davanti ad una platea <strong>di</strong> solito chiassosa e <strong>di</strong>stratta ed invece, in questo caso, straor<strong>di</strong>nariamente attenta e<br />

partecipe, Mo<strong>di</strong>ano ha offerto a quelli che hanno avuto la possibilità e la fortuna <strong>di</strong> ascoltarlo (proprio a causa<br />

del grande interesse che la sua presenza ha suscitato non è stato possibile sod<strong>di</strong>sfare tutte le richieste <strong>di</strong><br />

partecipazione) una preziosissima testimonianza che si è impressa a fuoco nella memoria degli astanti.<br />

La testimonianza <strong>di</strong> un uomo semplice, che non teme e non esita a de� nirsi ignorante, che da anni con coraggio<br />

ed abnegazione porta avanti il suo messaggio <strong>di</strong> pace senza arti� ci retorici, ma con passione sincera:<br />

con la consapevolezza che si tratta, per lui, <strong>di</strong> un compito a cui non può sottrarsi, proprio a vantaggio delle<br />

future generazioni.<br />

Nato nel 1930 nell’isola <strong>di</strong> Ro<strong>di</strong>, che si trovava all’epoca sotto il dominio italiano (come riba<strong>di</strong>sce lui stesso,<br />

professandosi orgogliosamente ebreo italiano), Samuel Mo<strong>di</strong>ano ha subito in prima persona l’entrata in vigore<br />

della legge razziale, che ha signi� cato anzitutto l’imme<strong>di</strong>ata espulsione dalla scuola quando frequentava la<br />

terza elementare.<br />

Quando nel ’43 Ro<strong>di</strong> cade in mano ai nazisti venne organizzata la deportazione dell’intera comunità ebraica<br />

dell’isola nei campi <strong>di</strong> sterminio <strong>di</strong> Birkenau e Auschwitz. Una deportazione già drammatica per le sue terribili<br />

modalità: uomini, donne e bambini ammassati dentro malconci battelli per carico <strong>di</strong> bestiame e, dal Pireo in<br />

poi, stipati nei famigerati treni della morte, dove Samuel viaggiò insieme al padre e alla sorella in indescrivibili<br />

con<strong>di</strong>zioni igieniche: e soprattutto con il presentimento opprimente <strong>di</strong> avviarsi verso la morte.<br />

Dopo un mese estenuante <strong>di</strong> viaggio si apre l’inferno <strong>di</strong> Birkenau, in cui venne separato dalla amatissima sorella:<br />

qui ebbe la fortuna <strong>di</strong> essere selezionato per i lavori forzati, salvandosi dunque temporaneamente dalle<br />

camere a gas.<br />

Ciò che lo aspettava era, però, forse peggiore: l’impietosa e tremenda violenza delle ‘bestie’ naziste, le<br />

continue umiliazioni, il durissimo lavoro in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong>sumane, la fame che annebbia la vista: in� ne dovette<br />

affrontare lo shock della morte del padre, che, estenuato, cessa <strong>di</strong> combattere per salvarsi, abbandonando a<br />

se stesso il � glio solo tre<strong>di</strong>cenne, la cui speranza si attenua giorno dopo giorno in una <strong>di</strong>sperazione sempre<br />

più cupa.<br />

Poi il miracolo: Samuel viene salvato da quelli che de� nisce come due angeli custo<strong>di</strong> mentre, durante il trasferimento<br />

a pie<strong>di</strong> da Auschwitz a Birkeau, era caduto a terra esausto. Il 27 gennaio 1945 viene quin<strong>di</strong> liberato<br />

dall’arrivo dei russi.<br />

Eppure il suo ‘calvario’ non era ancora terminato: il sentore ossessivo della morte, il suo aleggiare costante<br />

sul suo animo devastato viene sostituito da un ingiusto senso <strong>di</strong> colpa per essere sopravvissuto al padre e<br />

alla sorella. Una sensazione così intensa che annulla qualsiasi felicità per la salvezza conquistata e lo precipita<br />

in una crisi esistenziale da cui riuscirà ad uscire solo molti anni più tar<strong>di</strong>.<br />

Interrogativi incalzanti lo tormentano: Samuel, infatti, non può fare a meno <strong>di</strong> domandarsi perché proprio lui si<br />

era salvato, mentre tanti altri, più forti e robusti <strong>di</strong> lui (e magari anche più meritevoli), non ce l’hanno fatta.<br />

Solo molto tempo dopo ed in seguito ad un cammino costellato <strong>di</strong> sofferenza, questo ‘ebreo italiano’ ha trovato<br />

una risposta: egli vive unicamente per testimoniare quell’inferno a chi non l’ha sperimentato af� nché una<br />

simile trage<strong>di</strong>a non si ripeta mai più.<br />

Malgrado il lancinante dolore che ancora oggi, a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> sessantacinque anni, Sami, come ama essere<br />

chiamato, prova nel richiamare alla memoria quell’orrore, egli è consapevole <strong>di</strong> essere portatore <strong>di</strong> una<br />

missione non ab<strong>di</strong>cabile: quella <strong>di</strong> non cessare <strong>di</strong> comunicare e trasmettere instancabilmente le voci dei suoi<br />

amici e parenti (e <strong>di</strong> tutti gli ebrei) morti nei campi <strong>di</strong> sterminio.<br />

Egli, ora, riconosce il suo posto nel mondo e la funzione cui l’ha destinato il suo essere superstite dell’Olocausto:<br />

fare in modo che tutti conoscano ciò che lui non può cancellare dalla memoria, così come il numero<br />

tatuato sul suo braccio dai nazisti nel campo, B7456.<br />

E il pubblico, attonito e sgomento, che l’ascolta con autentico rapimento, comprova come la sua faticosa


ALBATROS 31<br />

storie<br />

testimonianza sia feconda e porti frutto: nessuno dei presenti potrà mai <strong>di</strong>menticare quel vecchietto apparentemente<br />

così gracile e debole ma la cui statura umana si eleva altissima a monito ed insegnamento per<br />

tutti contro la barbarie in cui può precipitare il genere umano quando ignora Dio.


32 ALBATROS<br />

storie<br />

EPPURE NON MI SONO MAI SENTITO COSI’ LIBERO…<br />

Elena Belluzzi e Agnese Faberi<br />

“E’ un viaggio, una specie <strong>di</strong> � lm <strong>di</strong> fantascienza. C’è un uomo che viene scaraventato in questo pianeta e<br />

vede tutte le cose per la prima volta, tutto prende luce. È una s� da ovviamente”.<br />

Sono queste le parole con le quali lo stesso <strong>Lo</strong>renzo Cherubini, in arte Jovanotti, ha spiegato l’intento del suo<br />

concerto, l’Ora tour.<br />

Ed è proprio così che noi ci siamo sentite: come qualcuno che vede tutte le cose per la prima volta, quin<strong>di</strong><br />

stupito, sorpreso e desideroso <strong>di</strong> scoprire...e noi la s� da l’abbiamo accettata.<br />

Abbiamo partecipato ad una festa: due ore e mezza <strong>di</strong> musica bella, positiva e vitale.<br />

Si vedeva questa carica in ogni gesto <strong>di</strong> <strong>Lo</strong>renzo: ballava scatenato, cantava e dava tutto se stesso.<br />

Questa contentezza ed energia che si sprigionavano, non solo da lui, ma da tutta l’atmosfera e dagli altri che<br />

come noi erano lì, sono il motivo per cui a noi piace Jovanotti e la sua musica, perché riesce sempre a trovare<br />

un aspetto <strong>di</strong> speranza e <strong>di</strong> bellezza nella realtà. Questo non vuol <strong>di</strong>re che le sue siano canzonette per<br />

illusi che raccontano <strong>di</strong> un mondo tutto rose e � ori; anche Jovanotti è convinto che tante cose nel mondo non<br />

vanno, ma bisogna muoversi per cambiarle, come <strong>di</strong>ce nella canzone ‘Fango’: “un mondo vecchio che sta<br />

insieme solo grazie a quelli che hanno ancora il coraggio <strong>di</strong> innamorarsi e una musica che pompa sangue<br />

nelle vene e che fa venire voglia <strong>di</strong> svegliarsi e <strong>di</strong> alzarsi e <strong>di</strong> smettere <strong>di</strong> lamentarsi”.<br />

Bisogna avere coraggio.<br />

Non solo il concerto, ma tutta la vita è una s� da.<br />

Si può vivere <strong>di</strong>strattamente, lagnandosi <strong>di</strong> tutto quello che va male, in fondo è la posizione più comoda e il<br />

rischio che tutti corriamo sempre: “l’unico pericolo che senti veramente è quello <strong>di</strong> non riuscire più a sentire<br />

niente”.<br />

Se si accetta la s� da, invece, si deve fare la fatica <strong>di</strong> essere sempre attenti a tutte le cose, anche le più piccole,<br />

ma in cambio si può scorgere la bellezza che si nasconde in esse.<br />

È proprio questo il nostro desiderio e ci sembra anche quello <strong>di</strong> Jovanotti. Le cose belle che lui vede e che<br />

racconta a tutti quanti, sono le più semplici e concrete: “il profumo dei � ori, l’odore della città, il suono dei<br />

motorini, il sapore della pizza, le lacrime <strong>di</strong> una mamma, le idee <strong>di</strong> uno studente, gli incroci possibili in una<br />

piazza e stare con le antenne alzate verso il cielo, io lo so che non sono solo”.<br />

Nella vita ci vuole coraggio, coraggio <strong>di</strong> usare la propria libertà, quando tutti intorno ti <strong>di</strong>cono che non sei<br />

libero o che lo puoi essere solo in un certo modo, quello che ti impongono; <strong>di</strong>ce Jovanotti: “ci impongono<br />

censure sulle cose da sapere, ci danno in<strong>di</strong>cazioni sulle fonti <strong>di</strong> piacere, ci <strong>di</strong>con cosa bere, ci copiano lo<br />

stile, ci giu<strong>di</strong>cano in base a quale zona uno vive. Eppure non mi sono mai sentito così libero, perché io danzo<br />

sulla frontiera”, o ancora: “<strong>di</strong>cono che è vero che ad ogni entusiasmo corrisponde stessa quantità <strong>di</strong> frustrazione,<br />

<strong>di</strong>cono che è vero, sì, ma anche fosse vero non sarebbe giusti� cazione per non farlo più ora”.<br />

Jovanotti non si stanca mai <strong>di</strong> ripetere nelle sue canzoni che possiamo essere liberi, perché siamo nati liberi,<br />

e quin<strong>di</strong> se non usiamo la nostra libertà siamo degli stupi<strong>di</strong>: “non c’è montagna più alta <strong>di</strong> quella che non<br />

scalerò ora. Non c’è scommessa più persa <strong>di</strong> quella che non giocherò, ora”.<br />

Un’altra cosa che ci ha fatto scoprire Jovanotti è che non è scontato neanche il fatto che noi ci siamo, la nostra<br />

presenza non è scontata; infatti durante il concerto ci ha detto: “Celebriamo la vita, celebriamo il fatto <strong>di</strong><br />

essere qui, <strong>di</strong> esserci ora”.<br />

Queste cose le abbiamo scritte per raccontarvi un’esperienza bella che noi abbiamo vissuto e che può essere<br />

bella anche per voi. È nello stile <strong>di</strong> Jovanotti comunicare a tutti la bellezza della vita!<br />

(Mentre scrivevamo l’articolo pensavamo che sarebbe stato troppo bello farvi ascoltare la canzone ‘Fango’,<br />

che è quella che più delle altre ci ha fatto scoprire delle verità; essendo questo impossibile vi chie<strong>di</strong>amo, per<br />

voi, <strong>di</strong> investire 4 minuti e 38 secon<strong>di</strong> della vostra giornata per ascoltarla).


ALBATROS 33<br />

storie


34 ALBATROS<br />

LETTERANDO<br />

L’ELEGANZA DEL RICCIO<br />

Elena Belluzzi<br />

Il romanzo, scritto da Muriel Barbery nel 2006, è ambientato in un elegante<br />

quartiere del centro parigino.<br />

“La vera novità è ciò che non invecchia nonostante lo scorrere del tempo”.<br />

Ed è proprio la ricerca <strong>di</strong> qualcosa che non invecchia e che non s� orisce<br />

mai ad accomunare le due protagoniste, Renée e Paloma, che si alternano<br />

nel racconto <strong>di</strong> se stesse, attraverso le pagine del loro <strong>di</strong>ario<br />

“Mi chiamo Renée. Ho cinquantaquattro anni. Da ventisette sono la portinaia<br />

al numero 7 <strong>di</strong> rue de Grenelle, un bel palazzo privato con cortile e<br />

giar<strong>di</strong>no interni, sud<strong>di</strong>viso in otto appartamenti <strong>di</strong> gran lusso, tutti abitati,<br />

tutti enormi. Sono vedova, bassa, brutta, grassottella, ho i capelli ai pie<strong>di</strong><br />

e, se penso a certe mattine autolesionistiche, l’alito <strong>di</strong> un mammut. Non ho<br />

stu<strong>di</strong>ato, sono sempre stata povera, <strong>di</strong>screta e insigni� cante”.<br />

Renée, dalla sua guar<strong>di</strong>ola, assiste allo scorrere vacuo della lussuosa<br />

vita del palazzo e ne prende le <strong>di</strong>stanze in un modo originale: costruisce<br />

un’apparenza <strong>di</strong> sé in tutto conforme all’idea che il mondo ha della portinaia:<br />

sciatta, tele<strong>di</strong>pendente e stupida. Ma nel segreto della sua casa,<br />

ella è se stessa, a tutti sconosciuta: una colta auto<strong>di</strong>datta, appassionata <strong>di</strong><br />

� loso� a, musica e letteratura, stu<strong>di</strong>a Husserl, ascolta Purcell e il suo gatto<br />

si chiama Lev, in omaggio a Tolstoj.<br />

“Io ho do<strong>di</strong>ci anni, abito al numero 7 <strong>di</strong> rue de Grenelle in un appartamento<br />

da ricchi. I miei genitori sono ricchi, la mia famiglia è ricca, e <strong>di</strong> conseguenza mia sorella e io siamo virtualmente<br />

ricche(…). Nonostante ciò, nonostante tutta questa fortuna e tutta questa ricchezza, da molto tempo<br />

so che la meta � nale è la boccia dei pesci”.<br />

Paloma Josse, � glia <strong>di</strong> un deputato, ex ministro, è una do<strong>di</strong>cenne superdotata “<strong>di</strong> un’ intelligenza ad<strong>di</strong>rittura<br />

eccezionale”, “così portata per lo stu<strong>di</strong>o, così <strong>di</strong>versa dagli altri e così superiore ai più”, da sentirsi fuori luogo<br />

nel mondo in cui vive. Cresciuta prematuramente, Paloma guarda il mondo con sagacia e freddezza, ri� ette<br />

su tutto e annota sul suo quaderno i suoi pensieri profon<strong>di</strong>: “se nulla ha un senso, la mente deve almeno<br />

potersi mettere alla prova, non è vero?”.<br />

Ha scoperto che la vita non è quello che le raccontano i gran<strong>di</strong> e che “la gente crede <strong>di</strong> inseguire le stelle e<br />

� nisce come un pesce rosso in una boccia”.<br />

Così, tormentata dall’ insensatezza dell’esistenza e infasti<strong>di</strong>ta dalla super� cialità delle persone che la circondano,<br />

Paloma decide <strong>di</strong> uccidersi il giorno del suo tre<strong>di</strong>cesimo compleanno.<br />

Nell’alternarsi delle ri� essioni <strong>di</strong> Renée e Paloma, emerge la specularità dei sentimenti e la somiglianza tra i<br />

due personaggi.<br />

Nello stesso palazzo, due anime in incognito sentono la realtà estranea alla propria sensibilità e vivono interiormente<br />

un mondo tutto <strong>di</strong>verso da quello che fanno apparire, cercando <strong>di</strong> <strong>di</strong>ssimulare e simulare: Renée<br />

nasconde i libri tra le sportine della spesa e tiene la televisione sempre accesa mentre ascolta Mahler, e<br />

Paloma si da da fare per sembrare meno intelligente e non essere la prima della classe.<br />

Alla ricerca <strong>di</strong> rapporti umani veri e profon<strong>di</strong>, l’una troverà una fedele alleata e compagna nell’altra, grazie<br />

all’incontro <strong>di</strong> un nuovo ricco e affascinante condomino giapponese, Monsieur Kakuro Ozu.<br />

Questi saprà ‘smascherare’ Renée e il suo antico, doloroso segreto, portando alla luce i sentimenti del suo<br />

cuore, � no a quel momento mai con<strong>di</strong>visi con nessuno. Allo stesso modo, stupirà Paloma facendole cogliere<br />

un modo <strong>di</strong>verso <strong>di</strong> guardare la vita e <strong>di</strong> coglierne la bellezza; con lei scoprirà l’eleganza del riccio: “Madame<br />

Michel ha l’eleganza del riccio: fuori è protetta da aculei, una vera e propria fortezza, ma ho il sospetto<br />

che dentro sia semplice e raf� nata come i ricci, animaletti � ntamente indolenti, risolutamente solitari e terribilmente<br />

eleganti”.


GITA A PARIGI<br />

<strong>Lo</strong>renzo Gianfelici<br />

ALBATROS 35<br />

Fatti <strong>di</strong> scuola<br />

“Siam rimasti soli prof”. Sono queste le ultime parole, con<strong>di</strong>te con forte accento romagnolo, che ricordo<br />

della gita <strong>di</strong> V <strong>di</strong> quest’anno a Parigi. Parigi la conoscevo già, c’ero stato da turista e per un anno era<br />

anche stata la mia casa. Ripensandoci sembra passata una vita, ma non è stato poi tanto tempo fa. In mezzo<br />

però si sono succeduti tanti eventi, incontri, nuove esperienze e, la vita, se non ti impegni a trattenerla anche<br />

nei suoi dettagli, � nisce che se ne va, ti rimangono delle sensazioni confuse, dei volti un po’ sbia<strong>di</strong>ti, delle<br />

stanze che non rivedrai mai più. E allora sei preda della malinconia, perché ti ren<strong>di</strong> conto che, come tutte<br />

le cose, anche l’esperien- za più intensa, se non te<br />

ne pren<strong>di</strong> cura, se non la proteggi dalla marea degli<br />

attimi che si succedono, se insomma sei tutto preso dal<br />

presente, rischia <strong>di</strong> perder- si. Non <strong>di</strong>co che sparisca,<br />

ma rimane nascosta, come in una sorta <strong>di</strong> schiena o<br />

rovescio del tempo… Ser- vono altre esperienze per<br />

ridestarla, altri incontri per richiamarla, e anche altre<br />

orecchie a cui, in qual- che modo e come meglio<br />

puoi, raccontarla. Succede questo <strong>di</strong> miracoloso nell’incontrarsi:<br />

l’altro è come uno specchio che, se c’è buona<br />

luce, ri� ette parti <strong>di</strong> te che credevi perdute, con la sua<br />

sola presenza fa risorgere interi continenti sommersi.<br />

La gita <strong>di</strong> V è stato questo per me: un ritornare<br />

sui miei passi con altri passi e altri occhi. Nelle angosce<br />

<strong>di</strong> alcuni studenti alle prese, per la prima volta, con un<br />

viaggio in aereo, ho rivisto la mia angoscia nel prendere<br />

i bagagli e salutare i miei affetti più cari che non<br />

avrei rivisto se non dopo molti mesi. Nello stupore<br />

degli studenti <strong>di</strong> fronte alla Tour Eiffel illuminata <strong>di</strong> notte,<br />

ho rivissuto l’emozione nel capire, per la prima volta,<br />

<strong>di</strong> vivere in una città che mi avrebbe dato tanto. Osservandoli<br />

minuscoli sotto l’immensa Grande Arche mi<br />

sono tornati in mente tanti pomeriggi passati in quegli<br />

stessi luoghi, il senso <strong>di</strong> spaesamento <strong>di</strong> fronte alla<br />

grandezza impersonale dei grattaceli della moderna<br />

zona commerciale <strong>di</strong> Pari- gi. E poi il <strong>Lo</strong>uvre, il museo<br />

d’Orsay, Montmartre, Notre Dame e il Centre Pompidou,<br />

salire su � no in cima, e vedere dall’alto una città che non ti aspetti, immobile, tranquilla, senza rumore.<br />

Insegnare, in classe e fuori, vuole <strong>di</strong>re, in fondo, questo: ripercorrere a ritroso il proprio cammino, accompagnando<br />

gli studenti sui tuoi stessi sentieri, impegnarti af� nché nessuno si perda per strada, far sì che<br />

vedano quella bellezza che anche tu un giorno, per poco e dopo mille fatiche, hai visto, e lasciarti coinvolgere<br />

nei loro sguar<strong>di</strong>, in modo che ti aiutino a vedere cose che magari ti erano sfuggite. Un panino al foie gras e<br />

tartufo in un ristorante vicino Place de la Concorde che non avevi mai assaggiato, una passeggiata alla Sorbona<br />

insieme al sogno <strong>di</strong> una studentessa che vorrebbe andarci a stu<strong>di</strong>are, l’emozione <strong>di</strong> fronte ad un quadro<br />

<strong>di</strong> Caravaggio al <strong>Lo</strong>uvre che non ricordavi nemmeno <strong>di</strong> aver visto, l’impegno <strong>di</strong> aspiranti ingegneri che<br />

cercano, senza gran successo, <strong>di</strong> spiegare il meccanismo delle luci intermittenti della tour Eiffel. E vengono<br />

fuori domande che non ti eri mai fatto, che ti spiazzano, a cui non sai rispondere, e risposte ad altre domande<br />

che invece sei contento <strong>di</strong> poter dare dopo che anche tu le avevi fatte e altri ti avevano risposto. In classe<br />

e fuori, per esempio a Parigi, si coglie bene cosa signi� chi ere<strong>di</strong>tà, e come anche quest’ultima possa morire<br />

se non c’è qualche domanda che <strong>di</strong> nuovo la interpelli, rivitalizzandola, dandole nuova forma nel presente.<br />

Tutto questo penso voglia <strong>di</strong>re vivere e rivivere, e scoprire che se non riesci sempre ad aver cura della<br />

tua vita passata, può capitare <strong>di</strong> incontrare dei ragazzi e delle ragazze <strong>di</strong> 18 anni che, anche non volendo, ti


36 ALBATROS<br />

Fatti <strong>di</strong> scuola<br />

insegnano come fare.<br />

Si tratta <strong>di</strong> istanti fuggevoli, che tocca afferrare prima che scompaiono e conservare � nché non giunga<br />

qualcuno che li risvegli se nel frattempo si sono assopiti. È un compito urgente perché la gita prima o poi<br />

� nisce…<br />

Ritornati all’aeroporto <strong>di</strong> Bologna, le porte del gate si aprono; i genitori, dopo cinque giorni, riabbracciano<br />

i � gli. Io rimango in <strong>di</strong>sparte, in un angolo, da <strong>di</strong>etro sento insinuarsi la voce <strong>di</strong> Belluzzi che, anche lui in<br />

<strong>di</strong>sparte, mi <strong>di</strong>ce, tra l’ironico e il malinconico: “Siam rimasti soli, eh prof?!”.


ALBATROS 37<br />

Fatti <strong>di</strong> scuola


38 ALBATROS<br />

Fatti <strong>di</strong> scuola<br />

GITA IN PROVENZA<br />

Teresa Angeli<br />

Mercoledì 22 febbraio. Ore 5. Un pullman <strong>di</strong> ragazzi felici e un po’ stanchi parte dalla stazione <strong>di</strong> Cesena,<br />

<strong>di</strong>retto a Nizza, Francia. Siamo tutti carichi <strong>di</strong> aspettative e <strong>di</strong> curiosità! Dopo sei ore <strong>di</strong> viaggio arriviamo a<br />

Nizza: c’è il sole e pranziamo seduti in un prato. Dopo un po’ <strong>di</strong> riposo, visitiamo il museo <strong>di</strong> Chagall, rimanendo<br />

incantati dai colori vivaci e dalle spiegazioni dettagliate del professor Di Camillo. Poi deci<strong>di</strong>amo <strong>di</strong><br />

passeggiare per la città, invasa dai carri <strong>di</strong> Carnevale, che ci <strong>di</strong>vertiamo ad ammirare. An<strong>di</strong>amo sulla spiaggia<br />

e ci bagniamo i pie<strong>di</strong> nell’acqua del mare: lo stu<strong>di</strong>o è l’ultimo dei nostri pensieri e per un attimo, ci illu<strong>di</strong>amo<br />

che sia arrivata l’estate… Risaliamo sul pullman per raggiungere Avignone, dove si trova il nostro albergo.<br />

Dopo alcune ore, ci sistemiamo nelle camere e ceniamo, facendo una prima passeggiata nella città per<br />

arrivare al fast food. Dopo cena passeggiamo per la città e an<strong>di</strong>amo in un pub a <strong>di</strong>vertirci, senza fare troppo<br />

tar<strong>di</strong> poiché sappiamo che ci aspetta una giornata intensa l’indomani. Giovedì 23, infatti, ci alziamo presto<br />

e an<strong>di</strong>amo a vedere il Pont du Gard, imponente acquedotto romano. Rimaniamo molto colpiti dalla bellezza<br />

del ponte e deci<strong>di</strong>amo <strong>di</strong> farci una foto <strong>di</strong> gruppo davanti ad esso. Poi ci <strong>di</strong>rigiamo ad Orange per visitare la<br />

città, in particolare il Théatre antique, un grande teatro romano <strong>di</strong> cui scopriamo alcune informazioni e curiosità.<br />

Dopo pranzo, visitiamo il Palais des Papes ad Avignone, ovvero il palazzo dei Papi nel periodo in cui la<br />

sede del Papato era Avignone. Ci inoltriamo nelle enormi stanze decorate e ne impariamo le storie, attraverso<br />

un simpatico francese che ci fa da guida. Poi abbiamo un po’ <strong>di</strong> tempo libero, che passiamo girando per la<br />

città e per i negozi. Alla sera, dopo aver cenato nel solito posto, facciamo una passeggiata � no al pont Saint<br />

Bènezet e poi torniamo nel pub, che ci era tanto piaciuto la sera precedente. Venerdì visitiamo Arles, dove<br />

riconosciamo alcuni dei quadri più famosi <strong>di</strong> Van Gogh, girando per i parchi e per le strade della città. Visitiamo<br />

anche un antico cimitero, citato da Dante nella Divina Comme<strong>di</strong>a. Dopo pranzo, ci spostiamo in Camargue<br />

e an<strong>di</strong>amo a Aigues Mortes e a Saintes Maries de-la-mer, dove stiamo in spiaggia a riposarci. Facciamo<br />

molte fotogra� e, giochiamo a calcio e chiacchieriamo. In� ne, ceniamo e, come sempre, ci <strong>di</strong>vertiamo un po’<br />

nel solito pub, prima <strong>di</strong> tornare in albergo. Sabato 25, ultimo giorno, visitiamo Les Baux de Provence, un’antica<br />

città forti� cata. Osserviamo le catapulte e ciò che rimane del castello, “arrampicandoci” tra le rocce. Dopo<br />

aver comprato alcuni souvenir, saliamo in pullman e ripartiamo per Cesena, contenti, sì, <strong>di</strong> tornare a casa, ma<br />

con la consapevolezza che ben presto ci mancheranno la Francia e la bella atmosfera che si è creata!


Istantanee dalla gita in Provenza<br />

Foto <strong>di</strong> gruppo a Pount du Gard<br />

Gigi al palazzo dei Papi<br />

Marchino e Agny<br />

Antonio, Gianluca e José<br />

Le ragazze della III<br />

ALBATROS 39


40 ALBATROS<br />

Il mitico Irish Pub!<br />

Chagall<br />

Fede, Mavi e Megghi Mavi e Fendy<br />

Rita e Camilla Tutti noi sulle mura!<br />

Agny e Chagall<br />

Prof. Bacchi Maky, Megghy e Luca Eli<br />

Pont du Gard<br />

Ai se eu te pego !


Eli, Tommi e Terri<br />

E’ questione <strong>di</strong>... testa!<br />

Gigia José<br />

Mavi e Fra<br />

Vittoria a St. Marie de la Mer... e tramonto sul mare<br />

Marchino<br />

Terri<br />

ALBATROS 41


42 ALBATROS<br />

<strong>Lo</strong> <strong>Staff</strong> <strong>di</strong> <strong>Albatros</strong><br />

Agnese Faberi<br />

12/01/1995<br />

Le piace molto<br />

la musica e spera<br />

prima o poi <strong>di</strong><br />

andare a un concerto<br />

dei Coldplay.<br />

Ha molti amici con<br />

cui con<strong>di</strong>vide ogni<br />

giorno <strong>di</strong> scuola<br />

ma soprattutto ogni<br />

momento libero.<br />

Ama viaggiare e<br />

vorrebbe conoscere<br />

tutte le lingue. Per<br />

<strong>Albatros</strong> si occupa<br />

della rubrica “News<br />

from the world”.<br />

Tommaso Fae<strong>di</strong><br />

08/05/1997<br />

Ha quin<strong>di</strong>ci anni<br />

appena compiuti<br />

e una sorella più<br />

piccola. Il teatro è<br />

la sua passione:<br />

appartiene alla<br />

compagnia “La<br />

Bottega del Teatro”<br />

<strong>di</strong> Franco Mescolini.<br />

E’ solare, estroverso<br />

e gli piace passare<br />

le giornate in compagnia<br />

dei suoi<br />

amici. Per <strong>Albatros</strong><br />

ha scritto sul teatro<br />

e sullo stu<strong>di</strong>o.<br />

Elena Belluzzi<br />

15/12/1995<br />

Ha una sorella e un<br />

fratello. Le piace<br />

ballare e ascoltare<br />

la musica <strong>di</strong> tutti i<br />

generi. Il suo cantante<br />

preferito è<br />

Jovanotti. E’ una<br />

persona socievole,<br />

solare ed estroversa,<br />

ha molti amici<br />

con i quali stu<strong>di</strong>a ed<br />

esce spesso. Per<br />

<strong>Albatros</strong> si occupa<br />

<strong>di</strong> En Plein Air, oltre<br />

ad esserne la<br />

segretaria.<br />

Luigia Bianchi<br />

19/01/1997<br />

Le piace molto<br />

ascoltare la musica.<br />

I suoi cantanti<br />

preferiti sono Tiziano<br />

Ferro e Jessie J.<br />

Le piace truccarsi,<br />

ballare e passare<br />

il tempo con le sue<br />

amiche. Ha una<br />

grande passione<br />

per la moda, ed è<br />

un’amante dello<br />

shopping. Per <strong>Albatros</strong><br />

ha intervistato<br />

Paolo Lucchi.<br />

Francesca Brotto<br />

09/05/1995<br />

Nata a Vicenza,<br />

frequenta la terza<br />

liceo e suona la chitarra<br />

da nove anni.<br />

Le piace la musica<br />

rock, jazz, blues<br />

e classica. Stu<strong>di</strong>a<br />

giapponese da due<br />

anni perchè appassionata<br />

dell’Oriente.<br />

Fa <strong>di</strong>segno gra� co<br />

e le piace scrivere.<br />

Fa infatti parte dei<br />

gra� ci <strong>di</strong> <strong>Albatros</strong><br />

e cura la rubrica<br />

“Attualità”.<br />

Margherita Casadei<br />

26/10/1995<br />

Frequenta la terza<br />

liceo, ha due fratelli<br />

più piccoli.<br />

Pratica � t box, la sua<br />

grande passione è la<br />

musica, specialmente<br />

quella rock: suona infatti<br />

il basso. Le piace<br />

nuotare e fare sport,<br />

in generale. E’ una<br />

persona molto creativa.<br />

Per <strong>Albatros</strong> si<br />

occupa della gra� ca e<br />

dell’impaginazione.<br />

Francesca Fioretti<br />

01/07/1993<br />

Gioca come alzatrice<br />

a pallavolo nel Diegaro<br />

Volley. Le piace<br />

stare con gli amici,<br />

<strong>di</strong>vertirsi e girare per<br />

la città con la sua<br />

macchina poiché<br />

neo patentata.Ha<br />

una passione particolare<br />

per le materie<br />

scienti� che, ed é<br />

proprio per questo<br />

che per <strong>Albatros</strong> si<br />

occupa <strong>di</strong> Osservando<br />

oltre ad esserne il<br />

<strong>di</strong>rettore.<br />

Simone Pracucci<br />

9/12/1994<br />

Nasce a Rimini.<br />

Gli piace giocare a<br />

basket e andare allo<br />

sta<strong>di</strong>o con gli amici.<br />

Il cinema è una sua<br />

passione: i suoi<br />

registi preferiti sono<br />

Guy Ritchie e i fratelli<br />

Coen. Ascolta<br />

musica elettronica,<br />

afro e hip pop.<br />

Per <strong>Albatros</strong> ha<br />

recensito “This must<br />

be the place” <strong>di</strong><br />

Paolo Sorrentino.


Teresa Angeli<br />

25/02/1997<br />

Detta Terry, frequenta<br />

la prima liceo.<br />

Ha un fratello più<br />

piccolo che si chiama<br />

Giovanni e fa la<br />

quinta elementare.<br />

Ama la scuola e la<br />

compagnia dei suoi<br />

amici con i quali<br />

passa molto del suo<br />

tempo libero. Gioca<br />

a pallavolo nel ruolo<br />

<strong>di</strong> opposto.<br />

Per <strong>Albatros</strong> ha<br />

intervistato Alessandro<br />

d’Avenia.<br />

Federica Pianese<br />

07/01/1995<br />

E’ una ragazza <strong>di</strong> 17<br />

anni con molte passioni;<br />

fra queste il nuoto,<br />

che pratica a livello<br />

agonistico da quando<br />

aveva 7 anni. Ama la<br />

lettura e <strong>di</strong>vora qualsiasi<br />

genere <strong>di</strong> libro entri<br />

in suo possesso. Il suo<br />

sogno nel cassetto è<br />

<strong>di</strong> andare a lavorare in<br />

Australia come me<strong>di</strong>co.<br />

Per <strong>Albatros</strong> si occupa<br />

<strong>di</strong> “Filosofando”.<br />

Teresa Consalici<br />

27/09/1993<br />

Ha un fratello più<br />

piccolo che frequenta<br />

lo scienti�<br />

co A.Righi. Nel<br />

tempo libero le<br />

piace <strong>di</strong>segnare,<br />

fare shopping e<br />

stare con gli amici!<br />

Stu<strong>di</strong>a Giapponese<br />

perché innamorata<br />

del mondo orientale<br />

ed è appassionata<br />

<strong>di</strong> make-up.<br />

Per <strong>Albatros</strong> si occupa<br />

della rubrica<br />

“En Plein Air”.<br />

Beatrice Serra<br />

13/07/1993<br />

Timida ma piena <strong>di</strong><br />

voglia <strong>di</strong> fare, è una ragazza<br />

sensibile e solare.<br />

Suona il pianoforte da<br />

un<strong>di</strong>ci anni e trova sempre<br />

un po’ <strong>di</strong> tempo per<br />

<strong>di</strong>lettarsi in tanti piccoli<br />

s� ziosi dolci.<br />

Sogna <strong>di</strong> frequentare l’università<br />

a Parigi e chissà..<br />

magari <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare<br />

una famosa pasticcera!<br />

Per <strong>Albatros</strong> collabora<br />

con le <strong>di</strong>verse rubriche.<br />

Veronica Batani<br />

04/01/1994<br />

Ultima <strong>di</strong> tre fratelli,<br />

inizia le elementari a<br />

5 anni. Non mostra<br />

particolari talenti<br />

sportivi nonostante<br />

non <strong>di</strong>sprezzi la<br />

pallavolo. Dal carattere<br />

tempestoso<br />

e sensibile, solare<br />

e malinconico, è<br />

attratta da quella<br />

proiezione degli<br />

animi umani che è<br />

la letteratura. Per<br />

<strong>Albatros</strong> si occupa<br />

<strong>di</strong> “Letterando”.<br />

Marcello Barbarossa<br />

20/05/1994<br />

Nato in Colombia, da<br />

quando è arrivato in Italia<br />

ad appena 3 mesi si<br />

sente uno sra<strong>di</strong>cato. Fa<br />

Kickboxing, ama starsene<br />

per i fatti propri e<br />

ha un carattere anticonformista.<br />

Molto solitario,<br />

non apprezza la confusione<br />

né il frastuono.<br />

Per <strong>Albatros</strong>, si occupa<br />

della sezione “Filosofando”<br />

e quella <strong>di</strong><br />

“Musica.”<br />

ALBATROS 43<br />

Maria Vittoria Bazzocchi<br />

23/11/1995<br />

E’ una persona aperta e<br />

socievole. Le piace la musica,<br />

i suoi gruppi preferiti<br />

sono i Coldplay, i Placebo<br />

e i Panic at the Disco. Ama<br />

comprare sempre un nuovo<br />

paio <strong>di</strong> scarpe in ogni luogo<br />

che visita dato che viaggia<br />

spesso. Il suo sogno nel<br />

cassetto è fare un corso <strong>di</strong><br />

tatuatrice. Ama stare con<br />

gli amici e andare a ballare.<br />

Per <strong>Albatros</strong> si occupa <strong>di</strong><br />

“Fatti <strong>di</strong> Scuola”.<br />

Luca Farneti<br />

25/03/1995<br />

E’ � glio unico e vive a<br />

San Romano. Suona la<br />

chitarra elettrica e ama<br />

la musica. Vorrebbe<br />

frequentare l’università<br />

<strong>di</strong> architettura per<br />

intraprendere la carriera<br />

<strong>di</strong> architetto. Gli piace la<br />

montagna, in particolare<br />

fare snowboard. E’ un<br />

tifoso sfegatato del Milan,<br />

la sua squadra del<br />

cuore. Per <strong>Albatros</strong> si<br />

occupa <strong>di</strong> “Filosofando”.<br />

Gra� ca e impaginazione a cura <strong>di</strong> Margherita Casadei e Francesca Brotto


Stamattina ho liberato la strada e i sentieri <strong>di</strong>etro casa<br />

provato la consistenza della neve fresca<br />

un’unica <strong>di</strong>stesa, ghiaccio scintillante, e non cedeva, ‘gli sci’,<br />

ho pensato, ‘non serve<br />

nemmeno battere la pista’. Come un anno nella fonda,<br />

<strong>di</strong>eci centimetri <strong>di</strong> ghiaccio e la paura <strong>di</strong> non fare<br />

il curvone sotto l’acquedotto…<br />

e ti spiego le leggi della neve, gli orari, i trucchi<br />

<strong>di</strong> chi scia nei campi <strong>di</strong>etro casa e aspetta la neve tutto l’anno.<br />

‘E <strong>di</strong> là dal � ume c’è la primavera’, ti <strong>di</strong>co poi,<br />

‘ne sento l’odore inde� nito che sboccia ora<br />

sui cristalli de la neve’. Una ron<strong>di</strong>ne non fa primavera<br />

ma la neve <strong>di</strong> marzo sì, la neve <strong>di</strong> marzo geme<br />

nell’aria tiepida del giorno e indurisce<br />

nel ghiaccio leggero della notte, la neve <strong>di</strong> marzo<br />

è la primavera, stagione <strong>di</strong> frontiera.<br />

La vita annuncia sempre altro nelle cose<br />

le cose sono cose<br />

e sono altro, <strong>di</strong>ci tu.<br />

Tiziano Mariani Ecco il bambino, si affaccia dagli occhi<br />

dell’uomo che guarda la neve <strong>di</strong> casa<br />

e ricorda come era bello sciare nella<br />

fonda. Ma la nostalgia dolce e mesta<br />

non resta sospesa. A un tratto come<br />

parola necessaria, come saggezza<br />

innata si sprigiona una musicalità<br />

semplice e vera come le parole <strong>di</strong> un<br />

nonno, quelle che nella neve sono nascoste<br />

da sempre. Una musica <strong>di</strong> suoni<br />

che porta il ritmo del vento che porta<br />

gli odori, le cose rinate nella stagione<br />

della lotta e quin<strong>di</strong> della vita. E in� ne il<br />

ritmo si <strong>di</strong>lata, si riposa e trova quiete<br />

nelle parole vicine <strong>di</strong> una voce amata,<br />

amante della vita e del suo segreto.<br />

IL GRIDO DELL’ALBATROS

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!