La Conservazione della Biodiversità nell'Ecoregione ... - CCB

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Biodiversity Vision<strong>La</strong> <strong>Conservazione</strong> <strong>della</strong> <strong>Biodiversità</strong>nell’EcoregioneMediterraneo CentraleContributi al Piano Nazionaleper la <strong>Biodiversità</strong>Luglio 2006


2 B I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E3SommarioA cura di:Fabrizio Bulgarini, Corrado Teofili, Stefano PetrellaProgramma <strong>Conservazione</strong> Ecoregione Mediterraneo CentraleWWF Italia - ONG ONLUSLo sviluppo <strong>della</strong> <strong>Conservazione</strong> ecoregionale e la redazione di questo volume sono state possibili grazie ai contributi di:Andrea Agapito Ludovici, Luigi Agresti, Franco Andaloro, Rosanna Asproni , Vincent Attard, Gianluigi Bacchetta, Corrado Battisti,David Belfiori, Maristella Biliotti, Gianfranco Bologna, Pierandrea Brichetti, Gianfranco Botte, Fabio Calosi, Michele Candotti,Fabrizio Canonico, Antonio Canu, Massimo Capula, Paolo Casale, Mauro Casti, Claudio Celada, Fulvio Cerfolli, Fabio Cianchi,Paolo Tito Colombari, Longino Contoli, Girolamo Culmone, Augusto De Sanctis, Antonio Dei Rossi, Antonio Di Natale,Jean Marie Dominici, Alberto Fanfani, Patrizia Fantilli, Franco Ferroni, Sara Fioravanti, Carlo Franzosini, Fulvio Fraticelli,Roberto Furlani, Gioia Gibelli, Anna Giordano, Silvestro Greco, Marcello Grussu, Paolo Guglielmi, Paolo Lombardi, Raffaella Longo,Roberto Mamone, Francesco Marcone, Daniele Meregalli, Alessandro Montemaggiori, Carlo Murgia, Andrea R. Natale,Giuseppe Notarbartolo di Sciara, Massimo Pandolfi, Pino Paolillo, Paolo Pelusi, Guido Pesante, Bruno Petriccione, Luca Pinna,Gianluca Piovesan, Chiara Pirovano, Antonio Pizzuti Piccoli, Mauro Polito, Antonello Pollutri, Alessandra Pomè, Carlo Alberto Pratesi,Isabella Pratesi, Giuseppe Pugliese, Maria Antonietta Quadrelli, Massimiliano Rocco, Bernardino Romano, Giampiero Sammuri,Riccardo Santolini, Bartolomeo Schirone, Silvia Scozzafava, Antonello Secci, Graziella Senis, Andrea Sforzi, Fernando Spina,Maurizio Spoto, Paul Antoine Susini, Giuliano Tallone, Eustachio Tarasco, Nicoletta Toniutti, Silvano Toso, Guido Trivellini,Elena Tomat, Sergio Zerunian, Alberto Zilli, Franco Zuppa.Si ringraziano inoltre per la collaborazione e gli utili suggerimenti:Adele Abballe, Alessandro Alessandrini, Monica Amadio, Franco Andreone, Gianni Amori, Francesco Maria Angelici, Jacopo Angelini,Francesca Antonelli, Piero Antonelli, Serena Arduino, Alessandro Bardi, Paola Belluomo, Gaetano Benedetto, Mauro Bernoni,Maurizio Biondi, Carlo Blasi, Giuseppe Bogliani, Marco Alberto Bologna, Luigi Boitani, Mauro Bon, Dante Bonazzi, Giorgio Boscagli,Massimo Brunelli, Serena Ciabò, Forte Clò, Andrea Colucci, Costantino Daga, Davide De <strong>La</strong>urentis, Mauro Fabrizio, Mauro Fasola,Gerad Féraci, Paola Fortini, Maurizio Fraissinet, Barbara Franco, Francesco Frattarelli, Matteo Fusilli, Umberto Fusini, Paolo Gasparri,Marino Gatto, Piero Genovesi, Simona Giordano, Myrta Mafai Giorgi, Simona Giuri, Luisa Gottardi, Carlo Alberto Graziani,Gianluca Guidotti, Heide Kleuser, Massimiliano Lipperi, Sandro Lovari, Luca Luiselli, Sergio Malcevschi, Luigi Maiorano,Claudio Manicastri, Carla Marangoni, Franco Mason, Bruno Massa, Ugo Mereu, Mariagrazia Midulla, Toni Mingozzi, Cinzia Morsiani,Eriuccio Nora, Luciano Onori, Cesare Patrone, Gioacchino Pedrazzoli, Guido Pedroni, Paolo Perlasca, Alessandro Piazzi,Sandro Pignatti, Emanuela Pietrobelli, Paolo Politi, Mario Posillico, Francesco Riga, Catherine Roberts, Vittoria Rossetti,Giuseppe Rossi, Massimo Rossi, Paola Ruggeri, Sara Sanetti, Aldo Sarnataro, Carlo Scoccianti, Guido Scoccianti, Massimiliano Scotti,Toni Scotti, Giuseppe Tito, Renato Soru, Walter Zago.Revisione testi:Ufficio Editoria multimediale e advertising WWF Italia, Francesca ContiFoto di:Archivio Canon, Archivio WWF, Roberto Gildi, Bruno Petriccione, Agenzia Homo AmbiensNota dei curatori 4Presentazione 51. Introduzione 62. <strong>La</strong> <strong>Conservazione</strong> Ecoregionale 83. Biodiversity Vision 164. <strong>La</strong> definizione degli obiettivi 245. Ecoregione Mediterraneo Centrale 466. Contesto socio-economico dell’Ecoregione Mediterraneo Centrale 687. Analisi del contesto politico e amministrativo 768. <strong>La</strong> policy per la <strong>Conservazione</strong> Ecoregionale 869. Comunicare la biodiversità 9410. Educazione e conservazione <strong>della</strong> biodiversità 9811. Analisi delle minacce 10212. Analisi e individuazione delle priorità terrestri 10813. Analisi e individuazione delle priorità marine 12014. Le aree prioritarie 12215. Central Mediterranean Ecoregion (Summary in English) 16016. Ecoregion Méditerranée Centrale (Summaire en Français) 16417. Glossario 16618. Bibliografia 170Analisi GIS:Stefano Petrella<strong>La</strong> citazione consigliata per il presente volume è:Bulgarini F., Petrella S., Teofili C. (a cura di), 2006. Biodiversity Vision dell’Ecoregione Mediterraneo Centrale. WWF Italia-MIUR, Roma.Progetto grafico e impaginazione: P’artnersStampa: Edicomprintottobre 2006


4B I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E5Nota dei curatoriPresentazioneNei giorni in cui ci accingevamo a concludere la revisione delle bozze di questo volume, le agenzie di stamparilanciavano notizie allarmanti sul clima. Lo scioglimento dei ghiacciai, e il conseguente aumento delle masse deglioceani, riduce inesorabilmente la capacità di riflettere la luce verso l’atmosfera e aumenta la capacità di accumularecalore solare da parte del nostro Pianeta, innescando una dinamica progressiva. Jim Hansen, eminente climatologononché “storico” Direttore del Goddard Institute for Space Studies (GISS), ribadiva la necessità di prospettare “scenarialternativi” per impedire che la Terra diventi un pianeta completamente diverso da quello che oggi conosciamo.È esattamente la necessità di immaginare scenari alternativi a quelli attuali che ha ispirato fin dall’inizio il nostro lavoro.Ci piace pensare che questo spirito fondamentale, questa convinzione morale, possa ispirare l’opera degli scienziatie di quanti si occupano di tutela <strong>della</strong> biodiversità. Auspichiamo di vedere un domani, politici, economisti, statisti,rappresentanti delle comunità locali di tutto il mondo collaborare in uno sforzo coordinato per affrontare i grandiproblemi che affliggono il Pianeta nel Terzo millennio.Con questo lavoro abbiamo cercato di proporre un metodo nuovo, fatto soprattutto di processi di elaborazione e didecisione, condivisi con un gran numero di altri protagonisti, a volte con storie e competenze diverse dalle nostre.Molte delle idee contenute in questo volume sono solo proposte ad uno stadio embrionale e necessiteranno di unosforzo ulteriore da parte di una vasta platea di partner, alleati, soggetti sociali e portatori di interesse, per concretizzarsi inprocessi di trasformazione e di conservazione <strong>della</strong> biodiversità.Il faticoso percorso che ha prodotto questo contributo, ci ha visto per quasi quattro anni coinvolti in incontri, discussionie decisioni difficili, ma abbiamo avuto anche la fortuna di incontrare molte menti brillanti che ci hanno stimolato,aiutato e soprattutto arricchito di idee e proposte. Vogliamo ringraziare davvero tutti quelli che ci hanno dedicato la loroattenzione e il loro tempo, anche quelli che ci hanno espresso le loro criticità. Tutti ci hanno comunque permesso di fareun’esperienza unica.Siamo anche consapevoli di condividere la sorte con tutti coloro che tentano di aprire nuove piste in territori impervi:possiamo non aver chiarito a sufficienza il nostro punto di vista e di conseguenza contribuito a generare intorno a noipiù dubbi che certezze. Ci sarebbe piaciuto includere nelle nostre analisi molti organismi viventi che rappresentanola componente più rilevante <strong>della</strong> biodiversità e che sono troppo spesso trascurati come i funghi, i licheni o moltiinvertebrati. <strong>La</strong> carenza e l’eterogeneità delle informazioni non ce l’hanno permesso. Non importa. Ci sarà modo diintegrare le analisi e rendere più solido il metodo e il risultato.Ciò che più importa è pensare di aver messo un punto di discontinuità col passato e di aver posto le basi, o forse solo ilprodromo, di un cambiamento culturale per adottare un atteggiamento “proattivo” che auspicabilmente ispiri il lavoro dicoloro che si cimenteranno nell’ardua impresa di rallentare la perdita di biodiversità. Se di questo si inizierà a discutere, ilnostro sforzo potrà essere un contributo utile.Fabrizio Bulgarini,Stefano Petrella,Corrado Teofili<strong>La</strong> <strong>Biodiversità</strong> è la varietà <strong>della</strong> vita sul pianeta:preservare le condizioni che favoriscono i processievolutivi è una questione di responsabilità, di conoscenzae di partecipazione.Responsabilità, poiché l’Uomo ha accelerato da 100 a1000 volte il naturale tasso di estinzione delle specie ed èstato capace di distruggere, solo negli ultimi trenta anni,tanta foresta tropicale quanto l’intero continente europeo.Se non si porrà freno a tutto ciò, dovremo immaginare unfuturo prossimo caratterizzato da scenari del tutto diversida quelli ai quali siamo abituati. Responsabilità verso noistessi e verso chi verrà dopo di noi vuol dire, dunque,difendere la diversità e la complessità da cui dipendela vita sul nostro pianeta. Responsabilità anche perchéviviamo e operiamo in un’area critica, tra le più ricche dibiodiversità in Europa e nell’intero Paleartico, ma anchetra le più densamente popolate, un ponte ecologico tradue continenti che include due delle 238 ecoregioni piùimportanti del mondo.Conoscenza, perché se non si conosce non si trasforma.Se è infatti vero che la biodiversità rappresenta le radici eil fusto <strong>della</strong> vita sul pianeta, come pensare di conservarespecie, habitat, ecosistemi e popolazioni, senza saperecon la migliore approssimazione possibile come èdistribuito il loro valore, quali sono le caratteristiche cheli rendono unici nel nostro territorio? Come è possibileintervenire se non sono chiari i fattori che minaccianoi valori <strong>della</strong> biodiversità e se non sono stati definiti econdivisi precisi obiettivi di conservazione?Il sogno di poter conoscere la mappa di quella ricchezzadi organismi che, interagendo negli ecosistemi, creano larete <strong>della</strong> vita sul pianeta e allo stesso tempo di tracciaree intervenire sui meccanismi che ne minacciano il valoree l’integrità, è il motore che alimenta la <strong>Conservazione</strong>Ecoregionale.Seguendo questo sogno per l’Ecoregione delMediterraneo centrale abbiamo raccolto, analizzato,interpretato e condiviso dati e informazioni, confrontatorisultati di ricerche, di progetti e conoscenze, cercandodi ricomporre le tessere di un mosaico affascinante ecomplesso.Abbiamo cercato con pazienza di disegnare la mappa<strong>della</strong> biodiversità, insieme ai meccanismi che neminacciano la qualità e la composizione.È nata così la Visione per la biodiversità del MediterraneoCentrale, una mappa ragionata, che ci ha permessodi individuare il gradiente di ricchezza naturale, la suadistribuzione sul territorio e quindi un elenco di obiettiviprioritari di conservazione.Un percorso analitico e logico che ha visto il WWFaffiancato ad altri enti e organizzazioni. Un grandeinvestimento di tempo, di menti, di risorse, ma che harappresentato soprattutto un’importante svolta culturale.<strong>La</strong> <strong>Conservazione</strong> Ecoregionale segna oggi unpercorso nuovo <strong>della</strong> protezione <strong>della</strong> natura, dove,partendo da una visione il più condivisa possibile per laconservazione <strong>della</strong> biodiversità, ognuno acquista unruolo e un compito diretto nel conservare il bene di tutti:il nostro pianeta.Attraverso la <strong>Conservazione</strong> Ecoregionale possiamoimparare che è importante condividere, aprire leporte delle riunioni e dei confronti a uno scenario dicompetenze, di interessi, di attori sempre più ampioe sempre più complesso. Gli esperti e i partner che cihanno accompagnato in questo viaggio, il loro sapere,la loro esperienza, il loro desiderio di partecipare, è statoil più grande arricchimento dell’associazione che si ètrovata a promuovere questa sfida. Onestamente senzaquesti contributi non avremmo completato la prima fasedel nostro sogno. Per questo oggi più che mai riteniamoche conservazione significhi partecipazione.<strong>La</strong> nostra promessa è che in questa nuova visione perla conservazione <strong>della</strong> biodiversità non ci mancheràmai l’entusiasmo che ha accompagnato per tanti annile nostre azioni per conservare le tartarughe marine, lealbanelle, i grandi carnivori, il cervo sardo: la sfida adessoè fare in modo che gli obiettivi possano essere perseguiticon azioni efficaci per assicurare l’esistenza delle infiniteforme di vita nel cuore del Mediterraneo.Isabella PratesiDirettore Programma di <strong>Conservazione</strong>WWF Italia


1. Introduzione© homo ambiens / a. cambone - r. isotti6 7<strong>La</strong> sfida <strong>della</strong> conservazione<strong>La</strong> vita sulla Terra è il risultato di complessi equilibridinamici che permettono i processi evolutivi e l’incredibilediversità biologica del pianeta. Le comunità biologichesono oggi sottoposte a processi di erosione dovutiall’azione dell’uomo che appaiono fortemente accelerati,con effetti su scala globale e locale.Alcuni ricercatori sostengono che oltre il 99% delleestinzioni di taxa avvenute in epoca moderna debbaessere attribuito alle attività antropiche, tra cui lo sviluppodi infrastrutture di comunicazione, l’espansione di attivitàindustriali e agricole intensive e, più in generale, losfruttamento delle risorse non rinnovabili. Gli ecosistemisono inoltre sottoposti agli effetti delle immissioni dispecie alloctone, al rilascio nell’ambiente di sostanzetossiche e nocive e ai cambiamenti climatici causatidall’incremento <strong>della</strong> concentrazione di gas serranell’atmosfera.Questi fattori oltre a determinare una perditadiretta di biodiversità innescano il deterioramento el’impoverimento delle capacità di resistenza e resilienzadegli ecosistemi, minacciando i processi ecologici edevolutivi, soprattutto attraverso la frammentazione deglihabitat e degli areali delle popolazioni animali e vegetali.Da un’analisi più profonda dei conflitti tra i sistemi naturalie i sistemi socio-economici, appare chiaro che l’interomodello di sviluppo umano sta entrando in conflitto conle risorse naturali, nonché con la stessa persistenza <strong>della</strong>nostra specie sulla Terra.Nel 2002 nel Summit Mondiale sullo Sviluppo Sostenibiledi Johannesburg i Governi di tutto il mondo hannoapprovato un Piano di Azione in cui si legano gliobiettivi di sostenibilità ambientale a quelli economici esociali, esplicitando chiaramente la necessità di ridurresignificativamente il tasso di distruzione <strong>della</strong> biodiversitàsul nostro pianeta entro il 2010. <strong>La</strong> Convenzione sulla<strong>Biodiversità</strong>, approvata nel 1993, è divenuta lo strumentocentrale per effettuare i passi concreti necessari arendere operativo il target di Johannesburg. L’obiettivodel 2010 è anche fortemente richiamato dal Sesto Pianodi Azione Ambientale dell’Unione Europea con quello cheè stato definito il count-down per il 2010.<strong>La</strong> Biologia <strong>della</strong> <strong>Conservazione</strong> è una scienzainterdisciplinare che si è sviluppata per cercare di darerisposte concrete ai problemi ambientali del nostrosecolo. I biologi <strong>della</strong> conservazione cercano quindidi ristabilire una relazione di coevoluzione tra i sisteminaturali e i sistemi sociali umani concentrandosi, inparticolare, su due ambiti di problemi:1. l’analisi dei flussi di materia ed energia cheattraversano il nostro sistema economico e produttivoa partire dai sistemi naturali;2. la necessità di prendere atto <strong>della</strong> velocità dei processidi modificazione e trasformazione degli ecosistemie degli ambienti naturali sul pianeta, incredibilmenteaumentata rispetto alla scala dei tempi geologici.Alla luce di una situazione di crisi <strong>della</strong> biodiversità, unadelle priorità dei biologi <strong>della</strong> conservazione in tuttoil mondo deve essere rappresentata dalla ricerca distrumenti atti a migliorare l’efficacia degli interventi.Per fronteggiare la crisi che oggi minaccia di portare afenomeni di estinzione e degrado <strong>della</strong> biodiversità diintensità crescente, è necessario progettare e realizzarepiani di conservazione su scale spaziali e temporalimaggiori rispetto al passato. Tutto ciò richiede unarinnovata sinergia tra la pianificazione di attività acarattere sovra-nazionale e l’intervento a carattere locale.Partendo da queste considerazioni e dal fatto che lerisorse economiche e le capacità di intervento in favore<strong>della</strong> conservazione <strong>della</strong> biodiversità sono limitate, ilWWF Internazionale ha lanciato un grande e ambiziosoprogetto volto a rendere più efficaci e efficienti gli sforzidi conservazione: la Strategia di <strong>Conservazione</strong> su BaseEcoregionale.Un’ecoregione è definita come un’unità di territoriorelativamente grande rappresentata da habitat terrestri,marini e/o d’acqua dolce, caratterizzati da un insiemepeculiare di comunità naturali le quali condividonospecifiche comunità di specie, dinamiche e condizioniambientali.<strong>La</strong> <strong>Conservazione</strong> Ecoregionale (ERC) rappresentaun nuovo modo di pensare e di agire, che si basasulla necessità di coinvolgere gli stakeholder presentinel contesto territoriale omogeneo individuato comeecoregione. <strong>La</strong> partecipazione di soggetti appartenential mondo scientifico, culturale e sociale rappresentaun elemento cruciale e irrinunciabile per una efficacestrategia di conservazione <strong>della</strong> biodiversità.L’approccio ecoregionale si basa sui principifondamentali <strong>della</strong> Biologia <strong>della</strong> <strong>Conservazione</strong> che sipone obiettivi mirati al mantenimento <strong>della</strong> vitalità <strong>della</strong>biodiversità a scala globale attraverso:1. la rappresentazione delle comunità naturali presenti ascala di paesaggio;2. il mantenimento dei processi ecologici ed evolutivi chesostengono la biodiversità;3. il mantenimento delle popolazioni vitali di speciecaratterizzanti l’ecoregione;4. la conservazione di blocchi di habitat naturaliabbastanza ampi da essere resilienti ai disturbi agrande scala e ai cambiamenti a lungo termine.Questo approccio non è un tentativo isolato, infattidurante gli anni ’90 si sono sviluppate nuove idee perla conservazione <strong>della</strong> biodiversità. In particolare, leorganizzazioni non governative internazionali per la tutela<strong>della</strong> biodiversità hanno individuato e stanno applicandostrategie con le stesse caratteristiche:Conservation International ispira la sua azione per latutela <strong>della</strong> biodiversità alla conservazione dei valoripresenti negli “hotspots”.Birdlife International ha proposto e adottato lametodologia che si basa sull’individuazione delleImportant Bird Areas e delle Endemic Bird Areas.The Nature Conservancy (TNC) e WWF costruiscono iloro programmi di conservazione focalizzando l’interventonelle ecoregioni prioritarie del pianeta.Tutti questi approcci si presentano sotto varieterminologie, ma condividono elementi comuni conl’approccio ecoregionale quali:• l’adozione di un’ampia scala di intervento, necessariaper assicurare la vitalità a lungo termine degliecosistemi e il mantenimento dei processi ecologicied evolutivi che sostengono la biodiversità. Lo scopo<strong>della</strong> conservazione si è quindi sempre più spostatodai progetti tradizionali, di piccole dimensioni, a quelli ascala ecoregionale;• la formulazione di obiettivi più ambiziosi che richiedonouno sforzo di conservazione più ampio;• un approccio pro-attivo, anziché solo reattivo, legatoalla difesa delle ultime aree naturali, ma capace dilavorare su di una coraggiosa visione per il futuro;• il coinvolgimento del maggior numero possibile dipartner nello sviluppo del lavoro di conservazionee la ricerca di un ampio consenso sugli obiettivi diconservazione.Strategie di conservazione di questo tipo stannoaffermandosi rapidamente come strumenti indispensabilial fine di ottenere risultati significativi nel campo <strong>della</strong>conservazione, creando degli stretti legami tra leopportunità di sviluppo per l’uomo da una parte e ladiversità biologica dall’altra.Il network del WWF ha attivato processi di conservazione<strong>della</strong> biodiversità in accordo con questi principi in oltre 50delle 238 ecoregioni prioritarie del pianeta. Due di queste:l’Ecoregione Alpi e l’Ecoregione Mediterraneo Centrale,riguardano direttamente l’Italia.


2. <strong>La</strong> <strong>Conservazione</strong> Ecoregionale© wwf-canon / m. terrettaz8 9<strong>La</strong> strategia di conservazione su base ecoregionale,promossa dal WWF in tutto il mondo, è sviluppata conlo scopo di definire e perseguire la conservazione <strong>della</strong>biodiversità all’interno di contesti territoriali ampi eomogenei dal punto di vista ecologico.Gli obiettivi prioritari legati alla conservazione <strong>della</strong>biodiversità sono:1. sviluppare progetti di conservazione capaci ditutelare tutte le distinte comunità naturali presentinell’ecoregione;2. tutelare i processi di natura ecologica ed evolutivache sono alla base <strong>della</strong> biodiversità ecoregionale;Le ecoregioni prioritarieLo sforzo di tutelare le espressioni rappresentative <strong>della</strong>biodiversità legate ai diversi ecosistemi naturali presentisul nostro pianeta, ha portato il WWF a coinvolgerevari esperti del mondo scientifico per identificare lepiù importanti ecoregioni da tutelare, ovvero quelle piùrappresentative dei diversi habitat terrestri, marini e diacqua dolce del mondo. L’insieme di queste ecoregioniè chiamato le “Global 200”.Le “Global 200” sono il frutto di un processo scientificoiniziato negli anni ‘90 e basato sulla mappatura esull’ordinamento degli habitat terrestri, marini e d’acquadolce di maggiore rilevo. Il processo è stato sviluppatoda un gruppo di ricerca internazionale promosso dalWWF US e rappresenta la prima analisi comparativa<strong>della</strong> biodiversità dell’intero pianeta sulla base <strong>della</strong>distribuzione dei Maggiori Tipi di Habitat (MHT, MajorHabitat Types).Il processo ha portato all’identificazione di 238ecoregioni prioritarie. <strong>La</strong> “Global 200 Initiative” presentatre principali innovazioni:• è comprensiva di tutti i principali tipi di habitat delpianeta distribuiti negli ecosistemi marini, terrestrie d’acqua dolce. Spazia dalla tundra artica allebarriere coralline tropicali, dai mangrovieti ai deserti,includendo specie appartenenti a ogni MHT;• è rappresentativa nella sua selezione finale, degliesempi più rilevanti per ciascun MHT presenti in ognicontinente e in ogni oceano;• usa il concetto di ecoregione come unità funzionaleper le analisi e i confronti tra i valori di biodiversità deidiversi territori.L’approccio utilizzato per la definizione delle “Global200” ha come obiettivo primario quello di promuovere laconservazione degli ecosistemi terrestri, d’acqua dolce3. mantenere vitali le popolazioni delle speciecaratterizzanti l’ecoregione;4. conservare porzioni di habitat naturali grandiabbastanza da essere resilienti a disturbi su vastascala, sia di tipo stocastico che deterministico, cosìcome a cambiamenti a lungo termine;5. prevenire l’introduzione di specie alloctone invasiveed eradicare o controllare popolazioni di speciealloctone già introdotte e acclimatate.il raggiungimento di questa serie di obiettivi in tuttele ecoregioni prioritarie del pianeta permetterebbe dicostruire una matrice essenziale per la salvaguardia<strong>della</strong> biodiversità a scala planetaria.<strong>La</strong> distribuzione dei valori di biodiversità e la presenzadei grandi processi ecologici come ad esempio lemigrazioni degli uccelli, delle tartarughe marine o deigrandi mammiferi non si conformano ai confini politici.Pertanto, anche se le azioni di conservazione hannoluogo in genere a livello locale, le ecoregioni chevarcano i confini nazionali, rappresentano le unità dianalisi più appropriate per la definizione delle priorità diconservazione.Carta delle Ecoregioni prioritarie nel mondoper la conservazione <strong>della</strong> biodiversità.The Global 200


10 L A C O N S E R V A Z I O N E E C O R E G I O N A L EB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 11e marini che ospitano biodiversità e processi ecologiciimportanti dal punto di vista globale.Oltre la metà di tutte le specie animali e vegetali notefino a oggi si trova nelle foreste pluviali tropicali; ilrestante 50% si trova in altri ambienti quali: barrierecoralline, tundre, laghi, foreste di mangrovie, estuari eforeste temperate di latifoglie. Queste aree sono statemesse in evidenza dall’individuazione degli “hotspot”per la biodiversità. Con lo scopo di conservare uncampione rappresentativo anche dell’altra metà <strong>della</strong>biodiversità presente sul nostro pianeta, nasce invece laconservazione su base ecoregionale.Questi ecosistemi non contengono la ricchezza dicomunità che esiste nelle foreste pluviali tropicali o nellebarriere coralline, ma ospitano associazioni di specieche si sono adattate a condizioni ambientali distintee riflettono differenti storie evolutive. Il venir meno diesempi di tali associazioni e dei processi ecologicied evolutivi che rappresentano, sarebbe una perditaenorme in termini di biodiversità.Inoltre, l’approccio ecoregionale completa l’obiettivo delmantenimento <strong>della</strong> diversità delle specie con un altrolivello di azione conservativa: la difesa degli ecosistemie dei processi ecologici dinamici.Global 200 InitiativeL’identificazione delle Global 200 si basa sullamappatura, su base fitogeografica, di tutte le ecoregioniterrestri, marine e di acqua dolce, con una scala didettaglio e delle finalità innovative rispetto ai modelliprecedentemente proposti.Tale processo ha portato all’identificazione di ecoregionicaratterizzate da comunità biologiche peculiari.Un’ecoregione viene quindi definita come un’unità diterritorio relativamente grande rappresentata da habitatterrestri, marini e/o d’acqua dolce, caratterizzati da uninsieme peculiare di comunità naturali che condividonospecifiche comunità di specie, dinamiche e condizioniambientali.Le fasi che hanno portato a ottenere una distribuzionerappresentativa <strong>della</strong> biodiversità a scala globale sono:1. la classificazione delle ecoregioni in base ai MajorHabitat Types (MHT), ovvero i principali tipi di habitat. Itipi di habitat individuano quelle diverse aree del mondoche condividono le condizioni ambientali, le strutturedegli habitat, i modelli di complessità ecologica similie contengono comunità con strutture associative eadattamenti delle specie simili. Da un punto di vistaspaziale, la classificazione dei Major Habitat Types èall’incirca, equivalente a quella dei biomi;2. la suddivisione di ciascun MHT in dominibiogeografici distinti (neartico, l’afrotropicale,ecc.) con lo scopo di assicurare che le comunitàecologiche esclusive di continenti o di bacini oceanicidifferenti siano rappresentate;3. l’identificazione, nell’ambito di ciascun dominiobiogeografico, delle ecoregioni che rappresentanoe conservano i più caratteristici e meglio tutelatipatrimoni di biodiversità, per ogni determinato MHT.Nell’ambito di ciascun MHT e di ciascun dominiobiogeografico, le ecoregioni sono state classificatein base alla loro valenza biologica in almeno uno deiseguenti quattro livelli:1. rilevanza a livello globale;2. rilevanza a livello regionale (ad es. a livello di regioneNeartica);3. rilevanza bioregionale (ad es. i Caraibi);4. rilevanza a livello locale.I confini delle ecoregioni terrestri prioritarie sonoindividuati da analisi approfondite degli schemidi diversità nei cinque continenti individuati dalConservation Science Program del WWF US.<strong>La</strong> delimitazione delle circa 500 ecoregioni di acquadolce e marine si basa invece su diverse analisi a scalaregionale e su consultazioni con esperti regionali.Le ecoregioni costituiscono delle unità idoneealla pianificazione e all’attuazione di processidi conservazione, in quanto sono dotate dellecaratteristiche opportune:• i loro confini corrispondono generalmente alle areedove più significativamente interagiscono i maggioriprocessi ecologici ed evolutivi responsabili di creare emantenere la biodiversità;• permettono il mantenimento di specie globalmentediffuse su grandi aree (un elemento <strong>della</strong> tutela<strong>della</strong> biodiversità che non può essere presoin considerazione da un approccio locale allaconservazione);• comprendono un insieme di comunità relazionatebiogeograficamente in un quadro per molti versi unico;• permettono di mettere in evidenza negli sforzi diconservazione anche le relazioni ecologiche tra lespecie (per es. rapporti di coevoluzione). Anche lecomunità delle specie animali presenti nell’ecoregionehanno un’espressione caratteristica in tutta la regione;• danno la possibilità di determinare in modo ottimaledove e come portare avanti gli sforzi di conservazione,Principali tipi di habitat / Major Habitat Types (MHT)TERRE EMERSE ACQUE DOLCI MARI E OCEANIForeste pluviali di latifoglie tropicali e sub-tropicali Grandi fiumi Ecoregioni marine polariForeste tropicali, aride subtropicali, Alto corso Piattaformee monsoniche di latifoglie dei grandi bacini fluviali continentali e mari temperatiForeste di conifere tropicali e sub-tropicali Delta dei grandi fiumi Upwelling dei mari temperatiForeste temperate di latifoglie e miste Fiumi minori Upwelling dei mari tropicaliForeste temperate di conifere Grandi laghi Barriere corallineForeste boreali (Taiga)Praterie savane e boscaglie tropicali e sub-tropicali<strong>La</strong>ghi minoriBacini xericiBoscaglie, praterie e savane temperatePaludi, praterie e savane allagate© homo ambiens / a. cambone - r. isottiBoscaglie e praterie tropicali MontaneTundraMacchie e boschi mediterraneiDeserti e steppe xericheMangrovie


3. Biodiversity Vision© archivio wwf / r. molinari16 17Auspichiamo che la biodiversitàche caratterizza l’EcoregioneMediterraneo Centrale, a livello diecosistemi, habitat, specie animalie vegetali, trovi nel futuro lo spazioe le condizioni ecologiche percoesistere con la specie umana inun equilibrio dinamico di relazionivirtuose e positive.Auspichiamo che trovi lasua massima espressione erappresentazione in un articolatomosaico di aree distribuite sulterritorio ecoregionale, dal Golfodi Genova fino alle isole maltesi,passando per i massicci calcareidell’Appennino centrale, la Corsica,i remoti massicci <strong>della</strong> Sardegna e,più a sud, l’Etna.Auspichiamo che queste aree sianoconnesse e immerse in un tessutocon un livello di naturalità diffusache possa permettere l’evolversi diprocessi biologici fondamentali.Attraverso la costruzione di unastrategia di conservazione <strong>della</strong>Manifestodell’Ecoregione Mediterraneo Centralebiodiversità articolata in un sistemadi otto grandi temi, immaginiamodi riuscire a creare le condizionisociali per il coinvolgimento di tuttii “portatori di interessi” e “portatoridi bisogni”: amministratori,rappresentanti di categorie epopolazioni locali.Immaginiamo di costruire insiemealle componenti attive e propositivedi una società diversa, un mododi pensare e agire che riconoscail valore <strong>della</strong> biodiversità comepatrimonio comune e valoreimprescindibile e che favorisca ilcambiamento culturale verso lascelta <strong>della</strong> conservazione <strong>della</strong>natura e delle sue risorse.Immaginiamo di dare stimolo adun circuito virtuoso ed esteso,attraverso il quale promuoverestudi di settore sulle possibilitàdi sviluppo delle comunità localie la tutela delle risorse naturalie auspichiamo che tale sforzocomune porti a sperimentareoriginali forme di aggregazione eorganizzazione sociale in gradodi contenere e razionalizzare iconsumi e quindi essere compatibilicon le risorse naturali disponibili.Immaginiamo che si riescano aformulare e adottare politichedel territorio, di concerto con gliamministratori, gli operatori ele popolazioni locali e il mondoscientifico, tali da ricostruire la tramaecologica delle relazioni essenzialiaffinché gli habitat e i popolamentianimali e vegetali in essi ospitatipossano mantenersi vitali.Immaginiamo che, grazie allepolitiche di conservazione<strong>della</strong> biodiversità intrapresenell’Ecoregione MediterraneoCentrale, possa giungerel’esortazione a tutti i paesirivieraschi affinché venganoadottate strategie comuni,concordate e condivise, peraffrontare i gravi mali che affliggonoil Mar Mediterraneo.L’approccio ecoregionale non si è fermatoall’identificazione delle ecoregioni prioritarie a livelloplanetario, ma si è dotato di uno strumento concreto perla pratica <strong>della</strong> conservazione. Questo strumento è statodefinito: “approccio di <strong>Conservazione</strong> Ecoregionale” o“processo di <strong>Conservazione</strong> Ecoregionale”.Questo approccio è il frutto delle tante esperienzecondotte in questi decenni sulla base dei progetti diconservazione e presenta alcune caratteristiche dinovità, legate soprattutto alla dimensione di “visione”che accompagna l’intero processo ecoregionale.<strong>La</strong>vorare sulle ecoregioni significa considerare con unapproccio pro-attivo, ovvero capace di fornire nuoveprospettive, uno scenario <strong>della</strong> biodiversità di un ampioterritorio e in una proiezione temporale ampia, che arrivaanche fino a cinquant’anni.Questo significa valutare scientificamente lo status <strong>della</strong>biodiversità dell’ecoregione sulla base delle miglioriconoscenze disponibili, definire i livelli di tutela giàesistenti, le minacce che incombono, e cominciarea condividere con gli “attori” sociali che operano sulterritorio una “visione” <strong>della</strong> biodiversità proiettata nelfuturo.<strong>La</strong> “visione” <strong>della</strong> biodiversità rappresenta quindi comel’ecoregione dovrà apparire nel lungo termine. Loscenario delineato deve essere utilizzato anche comeparametro di riferimento e valutazione rispetto al qualemisurare il successo delle azioni intraprese nel corsodegli anni.Per un suo corretto svolgimento il processoecoregionale prevede lo sviluppo di alcune fasi:1. una fase di Reconnaissance relativa alla primaverifica e raccolta delle informazioni a disposizionesull’ecoregione in cui si opera. Contestualmente allaprima fase si comincia a operare:• sulle azioni urgenti da attivare immediatamente percercare di contenere le minacce più significative perla biodiversità;Questo è il prodotto di articolate analisi e confronti tramappe e dati di distribuzione <strong>della</strong> biodiversità.Un’ “idea visionaria” che coloro che hanno partecipato aquesto lavoro hanno “osato” immaginare.Una spinta innovativa per invertire la tendenza,apparentemente inarrestabile, alla riduzione, erosionee banalizzazione <strong>della</strong> diversità biologica. Le causeprofonde che determinano questo spaventoso “abusodi natura” sono pressoché uguali a ogni latitudine eportano il nome di sviluppo sfrenato e scriteriato dellesocietà umane, inquinamento profondo di suolo, acqua earia, sfruttamento radicale di boschi e foreste, abnormespoliazione delle risorse ittiche.Di fronte a un siffatto scenario, particolarmente acuto nelcontesto mediterraneo per motivi naturali, storici, sociali,geomorfologici, geopolitici, ben difficile era “immaginareil futuro”. Ma abbiamo provato a farlo.In questo territorio che ha visto la nascita <strong>della</strong> civiltà,immaginiamo infine che l’uomo sappia compierel’impresa più ambiziosa: prendere in mano il propriodestino con umiltà, e in una visione di pace e di equilibriocon la natura.© archivio wwf / r. molinari


18 B I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 19B I O D I V E R S I T Y V I S I O N• all’elaborazione di un’analisi dello stato <strong>della</strong>biodiversità, allo stato socio-economico;• all’avvio del coinvolgimento dei vari stakeholder;2. l’elaborazione <strong>della</strong> Biodiversity Vision che rappresentalo stato <strong>della</strong> biodiversità dell’ecoregione, le sueprospettive in una scala temporale a lungo termine e laconseguente descrizione di uno scenario desiderabiledal punto di vista degli obiettivi <strong>della</strong> conservazione;3. la definizione di un Piano di Azione dell’ecoregionecon la sua applicazione, sottoposta a valutazionee monitoraggio con tutti gli strumenti dell’AdaptiveLearning and Management.Questo volume espone i risultati ottenutinell’applicazione dei principi <strong>della</strong> <strong>Conservazione</strong>Ecoregionale nell’Ecoregione Mediterraneo Centrale perlo sviluppo delle prime due fasi.Le caratteristiche<strong>della</strong> Biodiversity VisionScopo <strong>della</strong> Biodiversity Vision è quello di focalizzare glisforzi di conservazione sugli elementi ecologici chiavedell’ecoregione (habitat, specie, processi ecologici, areeprioritarie).OBIETTIVIStato <strong>della</strong> <strong>Biodiversità</strong>Raccolta delle informazioniReconaissance+Piani di <strong>Conservazione</strong>Applicazione e MonitoraggioStato Socio-economicoL’articolazione <strong>della</strong> Biodiversity Vision deve includere ladefinizione di tre livelli di obiettivi:• gli elementi chiave dell’ecoregione su cui fondare lacostruzione <strong>della</strong> strategia di conservazione a lungotermine;• gli obiettivi da raggiungere per mantenere i livelli dibiodiversità o migliorare alcune situazioni riducendo ifattori critici e alcuni obiettivi complementari;• una serie di traguardi attraverso cui misurare ilraggiungimento degli obiettivi in corso d’opera.I traguardi rappresentano la quantificazionenecessaria ad assicurare la tutela degli elementichiave individuati e funzionali al raggiungimento degliobiettivi.<strong>La</strong> struttura <strong>della</strong> Biodiversity Vision dovrebbe esseresempre articolata includendo due componenti:• la definizione delle aree prioritarie in cui sonoconcentrati i valori di biodiversità caratterizzantil’ecoregione;• la definizione di obiettivi a lungo termine.Questi due elementi devono essere fortemente integratiin modo da costituire insieme lo schema di riferimentosu cui edificare l’intera strategia.STRATEGIASchema logico <strong>della</strong> metodologia di conservazione ecoregionale.<strong>La</strong> Visione Ecoregionaleed il Global ChangeLe attività di conservazione <strong>della</strong> natura hanno sempreavuto nel loro ambito una componente di “Visione”,spesso non basata su solide basi scientifiche, ma checomunque ha prodotto risultati interessanti dal punto divista delle sfide lanciate e dei risultati ottenuti.I notevoli avanzamenti scientifici che negli ultimi decennisono stati ottenuti in molti campi disciplinari che derivanodalle scienze ecologiche e dall’insieme dell’ EarthSystem Science ci consentono oggi di basare il lavoro di“visioning” su fondamenti scientifici più consolidati.È comunque evidente che le attività di conservazionebasate sulla dimensione di “visione” necessitano, peressere implementate, di una consapevolezza e di unavolontà politico-economica-sociale che, purtroppo èancora molto debole.Un’intera disciplina, la biologia <strong>della</strong> conservazione ènata proprio con l’obiettivo di comprendere al meglioi sistemi naturali ecologici per mantenerne la lorodiversità e le loro capacità evolutive nei confronti deimodelli di consumo <strong>della</strong> specie umana. Questi modellisocio-economici hanno determinato la frammentazione,semplificazione e spesso la distruzione di moltiecosistemi riducendo la ricchezza delle specie presentisulla Terra a livelli paragonabili a quelli delle grandiestinzioni di massa verificatesi dopo il Cambriano.<strong>La</strong> biologia <strong>della</strong> conservazione è stata formalizzata inun’apposita società scientifica nel 1985 (The Societyfor Conservation Biology) e nel 1987 è stato stampatoil primo numero <strong>della</strong> rivista scientifica <strong>della</strong> Società,intitolato “Conservation Biology”.Gli avvii <strong>della</strong> biologia <strong>della</strong> conservazione derivano, tral’altro, proprio dall’azione di “Visione” che un gruppo dinoti e qualificati esperti hanno promosso relativamenteal continente nordamericano con il progetto definitoWildlands Project.Michael Soulè e Reed Noss hanno redatto insiemead altri il piano di questo progetto che si ponel’obiettivo di proteggere e ripristinare la ricchezzaecologica e la biodiversità indigena del Nord Americaattraverso l’istituzione di un sistema di riserve naturalireciprocamente interconnesse.Il lavoro che ha condotto all’approccio ecoregionalediscende dalle analisi e dalle intuizioni condottenel Wildlands Project con l’obiettivo di cercare diconiugare la conoscenza scientifica delle dinamichedegli ecosistemi e dell’evoluzione <strong>della</strong> biodiversitàcon la visione dei futuri, possibili e desiderabili, diquesti ecosistemi e del territorio e del paesaggio checostituiscono.L’Ecological Society of America (ESA) ha stabilito unapposito Comitato dedicato all’Ecological Visionsche nel 2004 ha prodotto un documento intitolato“Ecological Science and Sustainability for a CrowdedPlanet” (http://esa.org) in cui le scienze ecologichesono al servizio <strong>della</strong> concretizzazione di percorsi per ilconseguimento <strong>della</strong> sostenibilità nelle società umane.Il documento ricorda che le problematiche ambientalicaratterizzeranno il XXI secolo come il periodo incui nel mondo sarà presente la maggiore quantitàdi popolazione umana e gli ecosistemi subiranno ilmaggiore intervento umano.L’ecologia può e deve giocare un significativo ruolonell’assicurare un futuro in cui i sistemi naturali e quelliumani possono coesistere in un pianeta più sostenibile.L’ESA ritiene che questo si possa ottenere attraversotre strade innovative: fare in modo che le decisionivengano prese sulla base <strong>della</strong> conoscenzaecologica, avviare ricerche ecologiche innovativeche possano concretizzare la sostenibilità in unpianeta sovrappopolato ed infine stimolare i necessaricambiamenti culturali che possano valorizzare ladiversità, favorire processi collaborativi, nuovepartnership e l’interdisciplinarietà.I tre obiettivi vengono sintetizzati in tre slogan moltochiari: decisioni informate, ricerche innovative edanticipatrici e cambiamento culturale.L’analisi integrata dei sistemi naturali e dei sistemisociali diventa perciò un elemento imprescindibiledi studio e ricerca per condurre poi alle proposte disoluzione concrete.L’ESA sottolinea quanto sia critico e fondamentalel’obiettivo di contribuire alla formazione del pubblico.L’analisi integrata del funzionamento dei sisteminaturali e dei sistemi sociali è oggetto di oltre 20anni di ricerche dei grandi programmi internazionalidi ricerca, patrocinati dall’International Council forScience (ICSU), che dal 2001 sono riuniti nell’EarthSystem Science Partnership (http://www.essp.org).


20 B I O D I V E R S I T Y V I S I O NB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 21Queste ricerche e queste analisi costituiscono la baseper comprendere quanto il nostro intervento suisistemi naturali abbia prodotto cambiamenti emodificazioni globali al di fuori dei range di variabilitàdei sistemi naturali.Risulta quindi difficile oggi pensare di elaborare unaBiodiversity Vision senza tener conto dei potenzialieffetti derivanti dal Global Change.In occasione <strong>della</strong> Global Change Open ScienceConference dal titolo “Challenges of a Changing Earth”tenutasi ad Amsterdam nel luglio 2001 i Presidenti deiquattro più prestigiosi programmi di ricerca internazionalesui cambiamenti globali – l’International GeosphereBiosphere Programme (IGBP), lo Human Dimensionsof Global Environmental Change (IHDP), il WorldClimate Research Programme (WCRP) e l’InternationalProgramme on Biodiversity Science (Diversitas) – hannomanifestato la loro preoccupazione rispetto al pericoloche i cambiamenti climatici e i cambiamenti, sempre piùevidenti, causati dalle attività umane, mettano a rischiobeni primari essenziali quali le risorse alimentari, l’acqua,l’aria e un ambiente non dannoso per la salute umana.<strong>La</strong> ricerca scientifica condotta negli ultimi dieci annisotto gli auspici dei quattro programmi per valutarel’entità e gli effetti dei cambiamenti globali ha prodottoalcuni punti fermi:© homo ambiens / a. cambone - r. isotti• Il Sistema Terra funziona come un unico sistemaautoregolato comprendente componenti fisiche,chimiche, biologiche e umane. I processi diinterazione fra queste componenti sono complessi esono inoltre caratterizzati da una variabilità temporalee spaziale a diverse scale. <strong>La</strong> comprensione <strong>della</strong>dinamica del Sistema Terra è molto avanzata negliultimi tempi ed è ora in grado di fornire le basicon cui valutare gli effetti e le conseguenze deicambiamenti indotti dalle attività umane.• Le attività umane stanno influenzando l’ambientea scala globale. I cambiamenti indotti dalle attivitàantropiche nel suolo, negli oceani, nell’atmosfera, nelciclo idrologico e nei cicli biogeochimici dei principalielementi, oltre ai cambiamenti <strong>della</strong> biodiversità,sono oggi chiaramente identificabili rispetto allavariabilità naturale. Le attività antropiche sono perciòa tutti gli effetti comparabili, per intensità e scalaspaziale di azione, alle grandi forze <strong>della</strong> natura. Moltidi questi processi stanno aumentando di importanzae i cambiamenti globali sono già una realtà oggi.• I cambiamenti globali non possono essere compresinei termini <strong>della</strong> semplice relazione causa-effetto.I cambiamenti indotti dalle attività antropiche sonocausa di molteplici effetti che si manifestano nelSistema Terra in modo molto complesso. Questieffetti interagiscono fra di loro e con altri cambiamentia scala locale e regionale con andamenti multidimensionalidifficili da interpretare e ancor più dapredire. Per questo gli eventi inattesi abbondano.• <strong>La</strong> dinamica del Sistema Terra è caratterizzata dasoglie critiche e cambiamenti inattesi attivati dalleattività antropiche con conseguenze imprevedibili.Il Sistema Terra ha operato in stati diversi nelcorso dell’ultimo mezzo milione di anni, a volte contransizioni improvvise (con tempi nell’ordine di undecennio o anche meno) all’interno di uno stessostato. Le attività antropiche hanno la capacitàpotenziale di fare transitare il Sistema Terra versostati che possono dimostrarsi irreversibili e non adattia supportare la vita umana e quella delle altre specieviventi. <strong>La</strong> probabilità di un cambiamento inatteso nelfunzionamento dell’ambiente terrestre non è ancorastata quantificata ma è tutt’altro che trascurabile.• Per quanto riguarda alcuni importanti parametriambientali, il Sistema Terra si trova oggi ben al dilà delle soglie prevedibili di variabilità naturale, perlo meno rispetto all’ultimo mezzo milione di anni.<strong>La</strong> natura di questi cambiamenti che hanno luogosimultaneamente nel Sistema Terra, la loro intensitàe la velocità con cui si manifestano non hannoprecedenti nella storia del nostro pianeta.Su queste basi i programmi internazionali suicambiamenti globali intendono sensibilizzare conurgenza i governi, le istituzioni pubbliche e private etutti gli abitanti del pianeta su alcuni punti.- È necessario al più presto prevedere un sistemacondiviso di regole per la protezione e lasalvaguardia del Sistema Terra. Il ritmo sempre piùaccelerato dei cambiamenti imposti dalle attivitàantropiche all’ambiente planetario non è oggipiù sostenibile. Il modo corrente di gestione delSistema Terra non è più un’opzione percorribile edeve essere al più presto sostituito con strategiedi sviluppo sostenibile che possono preservarel’ambiente e, allo stesso tempo, perseguire obiettividi sviluppo sociale ed economico.- È necessario un nuovo sistema di scienzedell’ambiente globale. È attualmente in via dievoluzione un nuovo sistema di ricerca ambientalea livello globale dovuto all’iniziativa congiuntadei programmi internazionali sui cambiamentiglobali. Questo nuovo sistema di ricercadeve necessariamente essere consolidato eulteriormente sviluppato. Il nuovo sistema di ricercadeve necessariamente essere fondato sulle basidisciplinari delle singole scienze che si occupanodei cambiamenti globali, ma deve anche integrarediscipline diverse, le tematiche dell’ambiente conquelle dello sviluppo e le scienze naturali con lescienze sociali. Il sistema deve anche svilupparecollaborazioni a livello internazionale basate suinfrastrutture comuni, avendo cura di favorire almassimo il coinvolgimento di scienziati dei Paesiin via di sviluppo e di valorizzare le potenzialitàscientifiche e la complementarietà di tutti i Paesie le aree del pianeta per costruire un efficientesistema internazionale per le scienze ambientali alivello globale.I programmi internazionali sui cambiamenti globali siimpegnano a operare in stretto contatto con gli altrisettori <strong>della</strong> società di tutti i paesi e di ogni culturaper accettare la sfida posta da un pianeta in via dicambiamento. Il dialogo si deve sviluppare non soloall’interno <strong>della</strong> comunità scientifica, ma tra questa egli attori istituzionali.Obiettivo comune deve essere quello di svilupparele conoscenze necessarie per rispondere in modoefficace e tempestivo ai grandi interrogativi posti daicambiamenti globali.Nel 2005 è stato inoltre reso noto il più completoed autorevole rapporto mondiale sullo stato degliecosistemi del nostro pianeta: il Millennium EcosystemAssessment.Si tratta dell’iniziativa lanciata nel 2001 dal SegretarioGenerale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, con ilcoinvolgimento dei migliori scienziati che studiano isistemi naturali e quelli sociali e le loro interrelazioni.L’obiettivo è stato quello di realizzare una valutazioneintegrata, aggiornabile, delle conseguenze che derivanodai mutamenti che l’intervento <strong>della</strong> specie umanaproduce negli ecosistemi e di analizzare le opzionidisponibili allo scopo di rafforzare la conservazione epromuovere un utilizzo sostenibile degli ecosistemi,anche ai fini del loro contributo al benessere umano.Più di 1.300 esperti da 95 nazioni hanno partecipatoall’elaborazione, sotto la guida di un team specificocostituito da alcuni tra i migliori specialisti, di problemiambientali e sociali.Il Millennium assume l’esistenza di un’interazione© archivio wwf / r. gildi


22 B I O D I V E R S I T Y V I S I O NB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 23dinamica tra gli esseri umani e gli ecosistemi e pone ilbenessere umano come centro focale dell’esame <strong>della</strong>situazione, anche se riconosce che la biodiversità e gliecosistemi hanno un loro valore in sé, indipendentementedall’utilizzo che la specie umana ne può fare.Per esprimere come questa interazione dinamica siriflette sul benessere umano, il rapporto si basa inparticolare sulla valutazione dello stato dei cosiddetti“Ecosystem Services”.I “servizi degli ecosistemi” riguardano tutto quello chela struttura e le funzioni degli ecosistemi mettono adisposizione per la nostra stessa esistenza: i servizi diapprovvigionamento (che consentono di disporre delciclo idrico, dell’alimentazione con la varietà di piantecoltivate o selvatiche, di specie animali, di pescato diprovenienza dagli ambienti marini e di acqua dolce,di fibre e di legno da boschi e foreste); i servizi diregolazione (del clima, <strong>della</strong> qualità dell’acqua, delleinondazioni, delle malattie, <strong>della</strong> capacità ricettiva deirifiuti); i servizi di supporto (la formazione del suolo,la fotosintesi, il ciclo dei nutrienti); i servizi culturali (ibenefici ricreativi, spirituali ed estetici <strong>della</strong> natura).Il Rapporto giunge alla conclusione che la struttura degliecosistemi nel mondo, inclusi i loro patrimoni genetici, dispecie e di processi, è cambiata più rapidamente negliultimi 50 anni rispetto a tutti gli altri periodi precedenti<strong>della</strong> storia umana.Virtualmente tutti gli ecosistemi <strong>della</strong> Terra sono statidrammaticamente trasformati dall’azione umana.Migliorare la gestione degli ecosistemi può favoriresignificativamente sia i Paesi ricchi che quelli più poveridel pianeta. Il degrado dei servizi degli ecosistemi invecerallenterà – o addirittura, in alcune aree del pianeta,precluderà – ogni miglioramento nel benessere umano.Gli ecosistemi e i loro servizi costituiscono per ogninazione un capitale di “assets”, cioè di beni prioritari, chepurtroppo sono ancora scarsamente rappresentati negliindicatori economici convenzionali: un Paese, infatti, puòtagliare le proprie foreste e far declinare le proprie aree dipesca e vedere contemporaneamente un accrescimentodel proprio prodotto interno lordo, a dispetto <strong>della</strong> perditadi capitale naturale.Alcune nazioni che hanno registrato crescite apparentinegli anni ‘70 ed ‘80, stanno attualmente facendo i conticon una perdita significativa del capitale naturale, cheha minato alla base la sostenibilità dei guadagni chehanno ottenuto.Rallentare o invertire il degrado dei servizi degliecosistemi potrà contribuire al raggiungimento degliobiettivi di base dello sviluppo delle comunità umane,alleviando la povertà, eradicando la fame, consentendola disponibilità dell’acqua e la sostenibilità ambientale.Le richieste per molti servizi degli ecosistemi sonocresciuti sostanzialmente negli ultimi decenni econtinueranno ad aumentare in modo significativo neiprossimi cinquant’anni.Per alcuni servizi sono state “rafforzate” le capacitàproduttive, come è avvenuto per la produzione di ciboda aree coltivate, dall’acquacoltura e dalla zootecnia,oppure, negli ultimi decenni, per la capacità disequestrare carbonio atmosferico attraverso operazionidi riforestazione. Molti dei rafforzamenti di questi sistemicomportano però costi e perdite per altri servizi. Soloper fare un esempio, l’espansione dell’acquacoltura conproduzione di gamberetti nel sud dell’Asia ha contribuitoal deterioramento <strong>della</strong> qualità delle acque, alla perditadegli ambienti di mangrovie e <strong>della</strong> relativa biodiversitàcon tutto ciò che ne consegue.14 dei servizi degli ecosistemi presi in considerazionehanno subito importanti degradi: dalla cattura delpescato, alla produzione del legname, al ciclo idrico,al trattamento dei rifiuti e alla detossificazione, allapurificazione dell’acqua, alla tutela dagli eventi naturaliestremi, alla regolazione <strong>della</strong> qualità dell’aria, allaregolazione del clima locale e regionale, alla regolazionedell’erosione, e a molti servizi culturali (spirituali, estetici,ricreativi ecc.).Il Millennium Assessment ha sviluppato quattro scenari© wwf-canon / m. harveyglobali che tentano di esplorare i futuri possibili nellostato degli ecosistemi, dei loro servizi e del benessereumano. Gli scenari cercano di esplorare due tipologiedi strade per lo sviluppo, una di globalizzazione edun’altra di regionalizzazione di società ed economie,e due differenti approcci di gestione degli ecosistemi– “gestione reattiva” quando i problemi diventano palesie “gestione pro-attiva” per consentire un mantenimentodei servizi degli ecosistemi in un lungo periodo.I quattro scenari sono stati così caratterizzati e definiti:1. Global Orchestration – globalizzazione con enfasisull’equità, la crescita economica ed i beni pubblici,quali infrastrutture ed educazione, con approccioreattivo alla gestione degli ecosistemi;2. Order from Strength – regionalizzazione conenfasi sulla sicurezza e la crescita economica, conapproccio reattivo alla gestione degli ecosistemi;3. Adapting Mosaic – regionalizzazione con gestioneproattiva degli ecosistemi ed adattamento locale;4. Techno Garden – globalizzazione con gestioneproattiva degli ecosistemi ed enfasi sulla tecnologia“verde”.Questi quattro scenari non sono stati pensati peresplorare l’intero quadro dei futuri possibili, eovviamente altri scenari potrebbero essere sviluppaticon risultati più ottimistici o più pessimistici.In ogni caso questi scenari, evidenziano unariduzione importante, in molti casi particolarmentepreoccupante, delle capacità da parte degli ecosistemidi continuare ad offrire i propri servizi al benessereumano nei prossimi 50 anni.Gli scenari del Millennium hanno inoltre identificato© archivio wwf / f. cianchidiverse regioni geografiche che saranno fortementeinfluenzate dai mutamenti che avranno luogo nei servizidegli ecosistemi nei prossimi 50 anni, come l’Africasub-sahariana, il medio Oriente, l’Africa settentrionalee il Sud dell’Asia.Molte ricerche sono state realizzate e si stannorealizzando per approfondire meglio quali potrebberoessere gli scenari <strong>della</strong> biodiversità in relazione aicambiamenti globali di cui siamo parte in causa,sia perché contribuiamo significativamente alla lorocreazione sia perché ne subiamo le conseguenze.Il raggiungimento degli obiettivi descritti nellaBiodiversity Vision dell’Ecoregione del MediterraneoCentrale deve tenere in considerazione quanto sinqui acquisito dalla conoscenza scientifica, ancherelativamente agli sforzi fatti di indicazioni di scenari.Nello sviluppo del piano di azione ecoregionale e deipiani di azioni delle aree prioritarie, tali indicazionidovranno guidare mezzi e politiche per cercare digarantire nel futuro, in una prospettiva dei prossimi50 anni, la composizione, la struttura e le funzionalitàecologiche dei nostri territori.Gli sforzi di ricerca relativi agli scenari si sonosoprattutto concentrati sul cambiamento climaticoe sul come rafforzare la resistenza e la resilienzadei sistemi naturali nei confronti di tali previsticambiamenti futuri.Numerosi studi cominciano ad analizzare lo statoe l’evoluzione dei servizi degli ecosistemi e la lorovulnerabilità al cambiamento globale nella scalageografica europea.Alcuni progetti specifici sui cambiamenti climatici nelMediterraneo mirano ad elaborare un assessment degliimpatti che potrebbero aver luogo in quest’area come,ad esempio, previsto dal progetto CIRCE (ClimateChange and the Impact Research: The MediterraneanEnvironment). CIRCE vede coinvolti 59 centri diricerca mediterranei coordinati dall’Istituto Nazionaledi Geofisica e Vulcanologia e si propone in 4 anni diricerche l’elaborazione del primo assessment regionalesul cambiamento climatico nell’area mediterranea conla valutazione degli impatti diretti sulle migrazioni, sulturismo, sui mercati dell’energia, sull’agricoltura, sulleforeste e gli altri ecosistemi, sulla salute umana e laqualità dell’aria.


4. <strong>La</strong> definizione degli obiettivi© archivio wwf / f. cianchi2425Un efficiente approccio finalizzato alla conservazione<strong>della</strong> biodiversità che favorisca applicazioni nelladirezione di uno sviluppo sostenibile, è quellodell’analisi dei meccanismi che influiscono sullavitalità di un ecosistema, sia in termini positivi sia intermini negativi. L’obiettivo di ricostituire la vitalitàdi elementi naturali altamente degradati nonchédi preservare situazioni non ancora compromessedall’azione antropica, dovrebbe essere raggiuntoattraverso l’ausilio di costituenti indigene, dalle singolepopolazioni alle intere comunità. Tuttavia, è spessonecessario accettare un compromesso dettato dalbisogno di soddisfare i bisogni immediati e a lungotermine delle popolazioni umane.<strong>La</strong> <strong>Conservazione</strong> Ecoregionale individua gli obiettivi diconservazione <strong>della</strong> biodiversità in cinque diversi ambiti:1. comunità, habitat e associazioni di specie tali dacostituire unità distinte di biodiversità;2. ampie estensioni di habitat e biotopi integri;3. ecosistemi, habitat, specie o fenomeni chiave;© archivio wwf / r. molinari4. fenomeni ecologici su larga scala;5. specie di particolare interesse.Per l’individuazione delle priorità e degli elementichiave di biodiversità è fondamentale il coinvolgimento<strong>della</strong> comunità scientifica ma, per la definizionedegli obiettivi realmente raggiungibili è necessariocondividerne le scelte con gli stakeholder che agisconosul territorio (enti locali, diversi portatori di interesse).<strong>La</strong> peculiarità <strong>della</strong> <strong>Conservazione</strong> Ecoregionalesta proprio nel tentativo di “misurare” la realeraggiungibilità degli obiettivi attraverso un’analisi deifattori socio-economici quali elementi che determinanole prospettive per la biodiversità.L’attenta analisi degli elementi di biodiversità e deifattori di interferenza porta alla definizione degliobiettivi <strong>della</strong> Biodiversity Vision. Il successivo passo<strong>della</strong> <strong>Conservazione</strong> Ecoregionale è la definizione delPiano di <strong>Conservazione</strong> Ecoregionale e dei Piani diAzione per le aree prioritarie.Per tracciare un’efficace strategia di conservazione èfondamentale partire dalle aree prioritarie quali unitàfondamentali di conservazione e dagli eventuali altrivalori identificati per individuare degli obiettivi comeelementi fondanti <strong>della</strong> strategia di conservazione.Gli obiettivi rappresentano l’elemento centrale diqualsiasi processo di conservazione in quantocondizionano ogni altra azione e influenzano la suaapplicabilità. Obiettivi vaghi o troppo ambiziosi,producono risultati insoddisfacenti o non valutabilidal punto di vista dell’efficacia. Gli obiettivi devonoesprimere intenzioni chiare e nette di ciò che si vuoleraggiungere, devono determinare gli ambiti in cui leazioni di gestione saranno applicate e devono fornire lebasi per un idoneo programma di monitoraggio.L’obiettivo deve essere:• realistico (raggiungibile con le risorse a disposizione);• specifico (rispetto alle condizioni desiderate);• misurabile (rispetto ai risultati).Gli obiettivi <strong>della</strong> Biodiversity Vision dell’EcoregioneMediterraneo Centrale sono definiti su tre livelligerarchici:• al primo livello si dichiarano i valori di biodiversitàda tutelare e attraverso i quali si mira a preservare labiodiversità dell’intera ecoregione;• al secondo livello, i valori di biodiversità vengonoconnessi ai fattori di interferenza (minacce/opportunità)e alle modalità di mitigazione delle minacce;• al terzo livello, si fornisce la misura <strong>della</strong> mitigazionequantitativa e temporale.Gli otto obiettivi strategici individuati per l’EcoregioneMediterraneo Centrale, sulla base delle analisi deivalori e delle minacce presenti e grazie al processodi consultazione, indicano le priorità su cui investire,in termini di risorse economiche e umane, peril mantenimento e il ripristino <strong>della</strong> biodiversitànell’ecoregione.Tutto il percorso di analisi dei valori, identificazionedelle aree prioritarie e definizione degli obiettivi èstato sottoposto a un gruppo di lavoro composto darappresentanti ed esperti esterni in diverse disciplinespecifiche. Da questa analisi sono emersi una seriedi obiettivi trasversali considerati fattori propedeuticied essenziali al raggiungimento degli obiettividi conservazione. Tra questi: la comunicazione,l’educazione e sensibilizzazione, le azioni volte acontenere i cambiamenti climatici.Il lavoro è proseguito con le analisi delle informazioni,organizzando una serie di incontri e seminari tecnicicon i partner, per raggiungere un grado di definizionedegli obiettivi che fosse misurabile e preciso.<strong>La</strong> descrizione degli obiettivi al livello più definitopermette di misurare il loro raggiungimento usandodegli indicatori (dimensione delle popolazioni chiave,estensione degli habitat, riduzione percentuale di unfattore di minaccia, ecc.) nonché la loro quantificazionetemporale.Gli obiettivi sono stati definiti sulla base di questi seielementi chiave:• specie o indicatore: rappresenta ciò che saràmonitorato;• località: area geografica di intervento;• attributo: parametro che è oggetto <strong>della</strong> misura(densità, copertura, peso, ecc.);• azione: è il verbo che esprime l’obiettivo(incrementare, mantenere);• quantità/Stato: la grandezza, misurabile, delparametro scelto;• tempi: ambito temporale fissato per raggiungere omonitorare i risultati.Il complesso degli otto obiettivi strategici identificaticostituisce lo schema di riferimento per la strategia diconservazione dell’Ecoregione Mediterraneo Centrale.Tutelando in modo efficace e a lungo termine lecaratteristiche e la funzionalità delle 36 aree prioritariee sviluppando azioni volte a raggiungere gli obiettivi siauspica che l’intera biodiversità ecoregionale possaessere preservata.Per ottenere la tutela <strong>della</strong> biodiversità dell’interaecoregione, risulterà fondamentale garantirecondizioni ecologiche favorevoli per le specie, glihabitat e i processi ecologici presenti nelle aree


26 L A D E F I N I Z I O N E D E G L I O B I E T T I V IB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 27prioritarie, soprattutto mitigando i più significativifattori di minaccia e ripristinando migliori condizioniper le specie animali e vegetali e gli habitat checaratterizzano le singole aree prioritarie (OBIETTIVO 1).Tuttavia, ciò non è sufficiente perché gli intensifenomeni di frammentazione degli habitat, soprattuttodeterminati dal consumo irreversibile del suolo,possono determinare processi di erosione <strong>della</strong>biodiversità nelle aree prioritarie, nonostantequeste siano efficacemente gestite. Diviene quindifondamentale lavorare per ridurre la frammentazionee ripristinare condizioni di naturalità diffusa in queicontesti territoriali, al di fuori delle aree prioritarie,ma funzionali alla loro permanenza, in particolareproponendo la costruzione di una rete ecologica cheintegri le diverse componenti territoriali (OBIETTIVO 2).Le specie e gli habitat legati agli ecosistemi fluviali elacuali dell’ecoregione sono diffusi in un’area moltoestesa oppure in modo puntiforme, in entrambi icasi non possono essere efficacemente tutelatisolo garantendo la persistenza delle aree prioritarie.Occorre allora garantire condizioni ecologiche ottimalinei bacini idrografici che ospitano habitat e specie diinteresse a scala ecoregionale (OBIETTIVO 3).<strong>La</strong> migrazione <strong>della</strong> fauna (uccelli, chirotteri, grandipelagici, lepidotteri e pesci d’acqua dolce) rappresentaun fenomeno che si svolge nell’intera ecoregione ed èminacciato da fattori specifici. È fondamentale quindiassicurare la funzionalità dell’ecoregione per tutte lespecie migratrici (OBIETTIVO 4).Un contesto territoriale-ecologico che assume unvalore importante per la biodiversità dell’ecoregioneè rappresentato dal sistema delle piccole isolemediterranee. Gli ecosistemi insulari ospitano specieendemiche di flora, erpetofauna e micro-mammiferi,e sono caratterizzati dalla presenza di habitat moltovulnerabili. In queste realtà andrebbero attuati modellisocio-economici che possano rappresentare viealternative di gestione delle risorse e tutela <strong>della</strong>biodiversità (OBIETTIVO 5).<strong>La</strong> gestione adattativae il monitoraggiocome strumentidi conservazioneIl problema <strong>della</strong> valutazionedell’efficacia di programmi di gestione.In Italia la sensibilità normativa in favoredell’ambiente, sia pure già codificatanella carta costituzionale, ha vissuto lasua stagione più feconda nel corso deglianni ‘80 e ‘90 dello scorso secolo; questoprocesso è stato favorito anche dallaspinta di analoghe esperienze a livelloeuropeo, sostanziate principalmenteattraverso l’emanazione di alcune DirettiveComunitarie e, a livello internazionale,dalla ratifica di alcune importanticonvenzioni internazionali, ad esempioquella sulla <strong>Biodiversità</strong> (Rio de Janeiro,1992).Le leggi promulgate e gli impegniformali derivanti dalla ratifica dei trattatiinternazionali hanno avuto comeconseguenze pratiche la definizione dinorme di salvaguardia, la creazione diaree protette (con le conseguenti misuredi gestione) e l’applicazione operativadi disposizioni e strumenti finalizzati allagestione delle risorse naturali, nonchél’attivazione di specifici finanziamenti inmodo da dare sostanza, non solo giuridica,ai principi ispiratori delle norme. Granparte delle realtà così definite godono,infatti, di finanziamenti dedicati tali dapoter realmente sostenere le azioni disalvaguardia e gestione delle risorse allequali sono diretti.In definitiva, una notevole mole di energiee risorse economiche sono oggi dedicatealla conservazione <strong>della</strong> natura anche se,raramente, ci si interroga circa l’effettivoraggiungimento degli obiettivi di gestionemalgrado questo rappresenti un indicatoretangibile degli sforzi sostenuti.Si assiste quindi ad una certa discrasia frala norma e la sua attuazione, il legislatore,da un lato, riesce nella lungimiranteazione di protezione ma, spesso, non èin grado di assicurare alla norma la suaefficace esecuzione, almeno se la si vuolemisurare utilizzando i parametri <strong>della</strong>biologia di conservazione. Inoltre, anchese vengono stabiliti degli indicatori genericidi funzionalità (ad es. l’istituzione degliorgani di gestione), di fatto ad essi nonviene assegnata la necessaria capacitàdiscriminante rispetto al raggiungimentodegli obiettivi su cui si fonda la normastessa.Lo stesso discorso può valere, insenso generale, anche per i progetti diconservazione, pubblici o privati, i quali,benché ambiziosi, spesso non sonoaccompagnati da appropriati strumentidi valutazione. Negli anni recenti, infatti,è costantemente cresciuto l’interesse neiconfronti sia dei risultati dei progetti diconservazione, sia sulla definizione stessa disuccesso di conservazione. Le associazioninon governative che gestiscono progetti e,soprattutto, i finanziatori (privati e pubblici)dei progetti di conservazione pretendono,giustamente, di conoscere, oltre che leazioni materialmente condotte sul campoanche la reale ricaduta che tali azioni hannoavuto sulle specie e/o gli ambienti oggettodei finanziamenti.In fase programmatica, al processo e alletecniche di valutazione non viene peròassegnato il giusto rilievo e assai raramenteè quindi possibile condurre analisi aposteriori.Infatti, può accadere che le azioniprogrammate e condotte non possanoessere concretamente valutabili in terminidi risultati raggiunti, in quanto gli obiettivisu cui si fondano, non sono stati costruitiin modo da essere realistici, specifici emisurabili.Mancando tale prerequisito, divienequanto mai difficile riuscire a condurre ilmonitoraggio: l’aspetto più critico ma alcontempo irrinunciabile di tutte le azioni digestione.Il monitoraggioIl monitoraggio viene definito come “laraccolta e l’analisi di misure e osservazioniripetute nel tempo al fine di valutareeventuali cambiamenti e/o sviluppi indirezione di obiettivi gestionali”.Attraverso il monitoraggio, è possibile cosìmisurare, in modo oggettivo, se un certoprogetto di conservazione si sta svolgendo(o si è concluso) con successo, e quindise può essere ulteriormente implementato,promosso oppure se può essere replicatoin situazioni analoghe e a quali condizioni.In senso lato, il monitoraggio <strong>della</strong>biodiversità sempre più spesso divieneil tema centrale di programmi diconservazione condotti o promossi anchesu scala planetaria.Il monitoraggio rappresenta quindi unelemento quanto mai critico anche inconsiderazione <strong>della</strong> generale esiguità deifondi dedicati alle azioni di conservazioneche impone, necessariamente, un’attentae consapevole capacità di controllo deirisultati.L’esigenza di prevedere attività di controlloè inoltre considerata in molte delle normerelative alla conservazione in Italia e inEuropa anche se spesso manca unaunivoca chiave di riferimento.Essendo, infatti, il termine “monitoraggio”suscettibile di interpretazioni diverse,sia pure non contraddittorie, viene dachiedersi se, e in che modo, le attività dimonitoraggio, eventualmente previste,possano garantire il raggiungimento degliobiettivi prefissi.Devono essere sottoposte a monitoraggiotre componenti di un processo diconservazione: obiettivi, minacce, processi.Il monitoraggio costituisce quindi unostrumento efficace al fine di:– rilevare tendenze nel lungo periodo;– individuare crisi potenziali in tempo utile;– valutare l’esito di interventi di gestione;– accrescere le conoscenze in campoecologico.Monitoraggio di base (inventario)Il termine “monitoraggio” ha nella suaaccezione più comune, il significato distudio preliminare rivolto alla conoscenzadi parametri o elementi poco conosciuti.Più correttamente, l’applicazione diun programma di studio di questotipo dovrebbe essere indicato come“inventario” o monitoraggio di base; talitermini dovrebbero essere sempre utilizzatinel caso in cui l’indagine non sia inserita inun quadro gestionale chiaro e definito.L’inventario identifica lo stato di una risorsae, in generale, viene utilizzato a una scaladefinita per fornire informazioni sulle specieanimali e vegetali presenti, in questo casopuò anche assumere nomi diversi: checklist,atlante, lista, elenco, ecc.L’inventario, se condotto in manierarigorosa, costituisce l’elemento di partenzadei successivi programmi di conservazionee gestione e può essere utilizzatocome misura di riferimento rispetto alladefinizione degli obiettivi e al monitoraggiodei processi.<strong>La</strong> gestione adattativa(Adaptive management)Nel paradigma <strong>della</strong> gestione adattativa,il monitoraggio costituisce il momento diverifica affinché il raggiungimento degliobiettivi (definiti all’inizio del processo)sia misurato periodicamente, in modotale da poter intervenire nei programmi diconservazione con aggiustamenti mirati.<strong>La</strong> gestione adattiva è definita come “unprocesso di acquisizione sistematica esuccessiva applicazione di informazioniaffidabili al fine di migliorare l’efficacia <strong>della</strong>gestione nel tempo”.È quindi un processo iterativo nel qualele azioni di gestione sono accuratamentepianificate, applicate e verificate aintervalli prestabiliti; se, e solo se, irisultati di verifica che emergono dalleazioni di monitoraggio, sono congruenti ecompatibili con i risultati attesi, la gestioneprocede nel suo corso.In caso contrario si potranno percorrere trediverse opzioni in funzione degli obiettiviprefissi:– interruzione (se l’obiettivo è statoraggiunto);– cambiamento (se i risultati non sonosoddisfacenti);– prosecuzione del programma (se ilprogramma si sta svolgendo comeprevisto).Formulata in questi termini la gestioneadattativa assume un significato chetrova la sua applicazione in molti campidiversi, non solo relativi ai temi <strong>della</strong>conservazione.È importante chiarire che la gestioneadattativa non va confusa con una gestionecosiddetta flessibile (flexible), né con unagestione basata su un’alternanza di proveed errori (trial and error approach).In entrambi i casi, non è richiesta un’attentae solida pianificazione condotta, a priori,rispetto allo svolgimento delle azioni e,parimenti, gli obiettivi eventualmenteraggiunti non sono direttamentericonducibili ad un protocollo sperimentalereplicabile.Inoltre, nella gestione adattativa, assumonoun rilievo fondamentale gli obiettivi digestione in quanto costituiscono l’elementoguida dell’intero processo; gli obiettivisono stabiliti con attenzione e cognizionedi causa e il loro cambiamento implica larinuncia del programma di gestione in attoe la successiva implementazione di unprogramma tarato in funzione di obiettivinuovi.<strong>La</strong> gestione adattativa infine, affrontatutte le azioni di gestione col rigoremetodologico del protocollo scientificosperimentale e nella sua accezione più“pura” dovrebbe prevedere delle unitàdi controllo dove non si applica nessunintervento e che vengono utilizzate al finedi confrontare, statisticamente, risultati eandamenti in assenza di gestione.Come tale, un protocollo di gestioneadattativa consta di una serie di passaggispecifici:1. definizione di un chiaro obiettivodi gestione al fine di descriverela condizione desiderata di unaspecie, ecosistema, area protetta oqualsiasi altra variabile di interesseconservazionistico;2. sviluppo di un piano di gestione cheidentifichi chiaramente i fattori diminaccia in atto e le azioni necessarieper ridurli e raggiungere così i risultatiattesi;3. sviluppo di un piano di monitoraggiomirato su obiettivi, minacce e attività;4. applicazione dei piani di gestione emonitoraggio;5. analisi dei dati e diffusione dei risultati;6. uso iterativo dei risultati in mododa adattarli e imparare dalle nuoveesperienze.<strong>La</strong> gestione è quindi “adattata” (modificata)se gli obiettivi non sono raggiunti ose le nuove esperienze, desunte dalmonitoraggio, suggeriscono un miglioreprotocollo di azione.


30 L A D E F I N I Z I O N E D E G L I O B I E T T I V IB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 31OBIETTIVO 1Assicurare la composizione,la struttura e la funzionalità ecologicadelle aree prioritarie ecoregionali<strong>La</strong> conservazione di una rete complessa di animali epiante che interagiscono tra loro e con il loro habitat èfondamentale per il mantenimento <strong>della</strong> vita sul Pianeta.<strong>La</strong> protezione delle specie (a livello di popolazione) edegli habitat (a livello di comunità) deve essere perseguitaattraverso la tutela delle aree ove queste sono presenti inmodo più peculiare.L’Ecoregione Mediterraneo Centrale presenta un livelloassai elevato di biodiversità, in termini di ricchezza ediversità, e molte specie sono seriamente minacciate diestinzione.Per assicurare la tutela delle principali caratteristicheecologiche delle aree prioritarie, è necessario perseguireobiettivi a breve e medio termine in ciascuna area prioritaria.A breve termine, in 5-10 anni (entro 2010-2015) occorre:• ottenere la trasformazione dei piani e degli interventi in atto,secondo principi naturalistici tesi alla conservazione <strong>della</strong>biodiversità a tutti i livelli (da quello genetico a quello dipaesaggio);• ridurre in modo significativo l’intensità dei principalifattori di pressione sulla biodiversità legati a pratichelegali o illegali (espansione urbanistica ed infrastrutturale,bracconaggio);• avviare progetti di conservazione ex-situ e in-siturelativamente a tutte le specie caratteristiche delle areeprioritarie.A lungo termine, in 15-25 anni (entro 2020-2030) occorre:• aumentare in modo significativo la superficie dellearee prioritarie caratterizzata da una gestione di tipoconservativo o sostenibile;• ridurre in modo significativo la superficie delle areeprioritarie caratterizzata da fattori di disturbo ricorrenti(eccesso di incendi e di attività turistiche, attività agrosilvo-pastoralisvolte in modo non compatibile con gliobiettivi di conservazione);• promuovere l’attuazione di modelli di gestione integratadel territorio per gli ecosistemi più sensibili presentinelle aree prioritarie.<strong>La</strong> <strong>Conservazione</strong> Ecoregionale propone di realizzare perciascuna area prioritaria un piano di azione finalizzatoalla tutela dei valori di biodiversità caratteristici, dando laprecedenza agli ecosistemi caratterizzati dai più alti valoridi naturalità e da grande estensione territoriale, tra i qualiquelli forestali e di alta montagna.Tra gli ecosistemi di estensione comparabile, quelliforestali sono i meno disturbati, nonostante l’antichissimainfluenza dell’azione umana. Un totale di 58, sui 198habitat prioritari elencati nell’All. I <strong>della</strong> Direttiva Habitat,sono habitat forestali mentre il 20% delle specie vegetaliminacciate o in pericolo di estinzione vive nelle nostreforeste. Allo stesso modo, gli ecosistemi di alta montagnacomprendono habitat unici e relitti, nonché un’altaconcentrazione di specie endemiche e relitte. Anche gliecosistemi costieri ospitano habitat e specie focali, puressendo oggi estremamente frammentati a causa divalori tra i più alti di impatto umano.Carta delle Aree prioritarie terrestri e marine dell’Ecoregione Mediterraneo Centrale.Scopo di questo obiettivo è digarantire la persistenza e/o ilmiglioramento a lungo terminedello stato dei valori di biodiversità(specie, habitat e processi ecologici)specifici di ciascuna area, attraversola realizzazione e adozione di pianidi azione. Tali piani dovranno esserefocalizzati alla gestione delle minaccee alla tutela dei valori di biodiversitàin particolare secondo gli obiettivioperativi identificati.1.1. Promuovere modalità di gestionein grado di favorire la funzionalitàecologica degli ecosistemi forestalinelle aree prioritarie1.1.1 Entro il 2020 la superficie diforeste selezionate con criteriHCVF (High Conservation ValueForests), gestita in manierapassiva (senza alcun interventoumano) sarà incrementatadel 20%.1.1.2 Entro il 2025 la superficie deitipi di habitat forestali gestitisecondo criteri FSC saràincrementata dell’80%.1.1.3 Entro il 2010 la totalità deirimboschimenti all’interno dellearee prioritarie sarà effettuatacon genotipi certificati.1.2. Ridurre l’incidenza dei fattori didisturbo sulle specie e sui tipi dihabitat specifici delle aree prioritarie1.2.1 Entro il 2030 la superficiepercorsa dal fuoco all’internodelle aree prioritarie sarà ridottadel 50%.1.2.2 Entro il 2030, attraverso lamitigazione dei fattori chevi favoriscono gli incendi, lasuperficie vulnerabile agli incendisarà ridotta del 20%.1.2.3 Entro il 2010 il numero annuodelle violazioni accertate perbracconaggio rispetto alle speciecaratterizzanti le aree prioritarie,sarà ridotto del 50%.1.2.4 Entro il 2010 tutti i pianiterritoriali e settoriali sarannosoggetti alla ValutazioneAmbientale Strategica tenendoconto degli impatti sui valori dibiodiversità caratterizzanti learee prioritarie.1.3 Ridurre in modo significativo ilconsumo irreversibile del suoloannuo1.3.1 Entro il 2015 l’attuale tassoannuo di consumo disuolo irreversibile causatodall’espansione urbanistica edelle infrastrutture sarà ridottodel 50%.1.3.2 Entro il 2010 sarà modificato ilsistema di tassazione favorendogli interventi di restauroconservativo e ristrutturazionidi immobili ad uso abitativoe produttivo e sfavorendo larealizzazione di nuovi immobili.1.4 Promuovere e attuare modelli diturismo sostenibile, compatibili conla conservazione a lungo terminedei tipi di habitat e delle specie checaratterizzano le aree prioritarie1.4.1 Entro il 2020 il 50% delle areeprotette all’interno delle areeprioritarie adotterà la Carta delturismo sostenibile.1.4.2 Entro il 2020 il 50% dei comunia vocazione turistica all’internodelle aree prioritarie aderirà alsistema di gestione ambientaleEMAS o equivalente.1.4.3 Entro il 2020 i posti letto offertida strutture per l’ospitalitàdiffusa (es. agriturismo, B&B.)saranno incrementati del 20%,mentre quelli offerti dall’ospitalitàtradizionale resteranno costanti.1.5 Sostenere le attività agro-silvopastoralitradizionali funzionali allaconservazione dei tipi di habitat edelle specie caratterizzanti le areeprioritarie1.5.1 Entro il 2025 la superficieagricola estensiva sarà aumentadel 20%.1.5.2 Entro il 2025 saranno attuatimodelli di pascolo sostenibili.1.5.3 Entro il 2013 il 5% delle risorsefinanziarie disponibili dai fondiper lo sviluppo rurale sarannoutilizzati per sostenere buoneprassi di coltivazione e progettiagro-ambientali che forniscanouna protezione a lungo termine<strong>della</strong> biodiversità.1.6 <strong>Conservazione</strong> ex-situ delgermoplasma delle specie vegetalicaratterizzanti le aree prioritarie1.6.1 Entro il 2015 la totalità dellespecie vegetali caratterizzanti learee prioritarie, sarà interessatada progetti di conservazioneex situ.1.7 Ridurre la presenza di specie aliene enon autoctone nelle aree prioritarie1.7.1 Entro il 2015 almeno il 50%delle Regioni avranno definitoe adottato programmi perprevenire le immissioni di specienon indigene invasive nelle areeprioritarie.1.7.2 Entro il 2015 saranno statiattivati, all’interno delle areeprioritarie, almeno tre progetti dicontrollo di specie aliene.1.8 Promuovere e attuare modellidi gestione in grado di favorirela funzionalità ecologica degliecosistemi nelle aree prioritarieche necessitano una pianificazioneintegrata con altre politicheterritoriali (turismo, gestione acque,agricoltura, uso del suolo)1.8.1 Entro il 2020 sarà attuato unmodello di gestione integrato pergli ecosistemi costieri.1.8.2 Entro il 2020 sarà attuato unmodello di gestione integrato pergli ambienti alto-montani.1.8.3 Entro il 2020 sarà attuato unmodello di gestione integrato pergli ecosistemi steppici.1.8.4 Entro il 2020 sarà attuato unmodello di gestione integrato pergli ambienti ipogei.


32 L A D E F I N I Z I O N E D E G L I O B I E T T I V IB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 33OBIETTIVO 2notevolmente e si dovrà tendere piuttosto a unqualora non interferisca in maniera evidente e conumana) che in esso sono sempre presenti, ma che laGarantire la naturalità diffusae la funzionalità ecologica dei territoriesterni e in relazione con le areeprioritarie assicurandone la gestionesostenibile<strong>La</strong> visione ecoregionale del governo delletrasformazioni comporta come conseguenza direttal’esigenza di una classificazione dei valori ambientalicomprensiva anche di quelli di rango medio e basso,sulla totale estensione del territorio, apprezzandoli siasotto il profilo posizionale-gerarchico, ma, soprattutto,per la loro funzione relazionale.Evidentemente, con tali presupposti, la differenzatradizionale tra “aree di valore” e “matrice” si stemperadisegno che gradua un sistema di valori che, seppurinternamente diversificato, copre interamente ilterritorio inteso come substrato fisico.Le differenze di cui si dice riguarderanno alcuni ruolieco-biologici di spicco (aree prioritarie), nonché ilsistema dei contrasti, delle interferenze e dei disturbirappresentato dall’organismo insediativo nelle suevarie forme.In una logica così conformata le funzioni delle areeprioritarie condizionano le azioni sulla matrice e,quindi, i processi di frammentazione nelle aree esternealle aree prioritarie devono essere analizzati allascala dei valori ecoregionali individuati. Il processodi frammentazione viene quindi ritenuto ammissibileuno o più processi ecologici esistenti all’interno dellearee prioritarie. L’impatto <strong>della</strong> frammentazione vienecomunque ritenuto elevato quando avviene in estremaprossimità dell’area prioritaria o interferisce con lapresenza dei valori individuati nelle aree prioritarie.Per poter progettare le forme e le dimensionidell’insediamento (strade, parti residenziali e produttive,servizi) in modo da inserirle convenientemente nella“matrice” preesistente, minimizzando gli impatti eottimizzandone le qualità prestazionali, è indispensabileconoscere le caratteristiche multiple dell’assettoecosistemico, considerato nella sua fisionomia allargata,comprensivo di tutte le manifestazioni di permanenza edi relazione (naturale-naturale, umana-umana, naturale-cultura tecnico-scientifica che nel passato ha elaborato iprogetti di territorio non è stata in grado (anche a causadi carenze scientifiche), di apprezzare e di esplorare.Nella “matrice”, che è comunque anch’essa un sistemadi “valori” diffusi, vanno misurate e condizionateal contenimento dell’effetto frammentante verso ilcontesto ambientale interessato le dimensioni deglispazi previsti dal nuovo insediamento, la loro tipologia,la loro forma geometrica, la dislocazione delle nuovereti infrastrutturali e i loro rapporti spaziali, le modalitàdi uso attuale del suolo dei territori suscettibili di“consumo” ai fini dell’urbanizzazione e la “reversibilità”totale o parziale di alcune funzioni .Carta dei gradienti di priorità di conservazione nell’Ecoregione Mediterraneo Centrale.I processi di frammentazione e idisturbi che agiscono all’esternodelle aree prioritarie comportanouna minore capacità di persisteredei valori di biodiversità nonostantegli obiettivi specifici di ciascuna areasiano perseguiti in modo efficace.Per questo occorre agire in modostrategico in quelle aree che sonoin relazione ecologica con le areeprioritarie2.1 Definire e attuare un modello di reteecologica a scala ecoregionale (areeprioritarie e matrice) nell’ambito delPiano Nazionale per la <strong>Biodiversità</strong>2.1.1 Entro il 2008 sarà definita unelenco di specie (animali evegetali) e di tipi di habitat diinteresse ecoregionale (speciefocali, tipi di habitat relitti, etc.).2.1.2 Entro il 2010 sarà definitoun modello di rete ecologicamultiscalare per l’interaecoregione.2.1.3 Entro il 2012 almeno tre progettipilota derivati dal modello, anchea scala diversa, saranno statiavviati nell’ecoregione.2.1.4 Entro il 2013 il 5% delle risorsefinanziarie disponibili dai fondistrutturali e dallo svilupporurale saranno utilizzati perprogetti funzionali e coerentiall’attuazione di reti ecologiche adiverse scale.2.1.5 Entro il 2020 la pianificazionepaesaggistica e territorialeassicurerà il mantenimento el’accrescimento <strong>della</strong> funzionalitàecologica delle unità dipaesaggio in modo coerente almodello.2.2 Migliorare la gestione degli ambitirurali e dei corridoi ecologici perfavorire la naturalità diffusa e laconnettività nelle aree di relazionecon le aree prioritarie2.2.1 Entro il 2050 nelle aree direlazione la pressione di pascolosarà ridotta entro un caricosostenibile.2.2.2 Entro il 2050 nelle aree direlazione sarà incrementatadi almeno il 25% la coperturadei tipi di habitat residualio degradati sensibili allaframmentazione.2.2.3 Entro il 2020 nelle aree direlazione sarà ridotta del 50% lasuperficie (o lunghezza lineare)attualmente artificializzata delleaste fluviali.2.2.4 Entro il 2025 sarà attuata laconversione ad alto fusto del50% dei boschi attualmentegovernati a ceduo.2.2.5 Entro il 2007 nelle aree direlazione saranno concretamentemesse in atto adeguate misuredel regime di condizionalitànell’ambito del pilastroeconomico <strong>della</strong> PAC in gradodi determinare benefici per labiodiversità.2.3 Promuovere la riabilitazionedelle funzioni ecosistemiche perincrementare i livelli quantitativi equalitativi di naturalità nelle aree direlazione con le aree prioritarie2.3.1 Entro il 2020 la superficie dellezone umide sarà incrementataalmeno del 10%.2.3.2 Entro il 2015 la superficie di tipidi habitat lineari (siepi, filari, etc.)di pertinenza <strong>della</strong> superficieagricola utilizzata (SAU) saràincrementata del 10%.2.3.3 Entro il 2015 saranno avviati eapprovati (completati entro il2025) progetti per il ripristino,riconversione e riqualificazione<strong>della</strong> totalità delle caveimproduttive e/o dimesse.2.3.4 Entro il 2025 l’attuale tasso annuodi consumo di suolo irreversibilecausato dall’espansioneurbanistica e delle infrastrutturesarà ridotto del 30%.2.3.5 Entro il 2050 la presenza didiscariche abusive sarà paria zero grazie a un sistema diprevenzione/repressione econtrollo più efficace e un’azionedi bonifica dei siti.2.4 Individuazione e gestioneconservativa di “aree rifugio” per lespecie, tipi di habitat e comunità inrelazione ai cambiamenti climatici2.4.1 Entro il 2008 saranno individuatii tipi di habitat e le specie più arischio per i mutamenti climatici.2.4.2 Entro il 2012 saranno individuatele “aree rifugio” per i tipi dihabitat e le specie sensibiliai cambiamenti climatici eanalizzati i fattori di minacciaspecifici.2.4.3 Entro il 2015 saranno avviateforme di gestione integratain cinque aree volte a ridurrel’incidenza in particolare <strong>della</strong>perdita di suolo irreversibile.2.5 Mitigazione e compensazione deglieffetti dei disturbi antropici specificidelle aree di relazione con le areeprioritarie2.5.1 Entro il 2050 saranno attuatemisure di mitigazione ocompensazione dell’effettobarriera delle infrastrutture.2.5.2 Entro il 2050 saranno attuatemisure di mitigazione ocompensazione dell’effettodi disturbo dell’agricolturaintensiva.2.5.3 Entro il 2050 saranno attuatemisure di mitigazione ocompensazione dell’effettodi impatto e disturbodell’urbanizzato.2.5.4 Entro il 2030 saranno attuatemisure di mitigazione ocompensazione dell’effetto didisturbo del turismo.2.6 Incremento <strong>della</strong> superficie e <strong>della</strong>qualità e contemporanea riduzionedel grado di isolamento di frammentidi tipi di habitat residuali2.6.1 Entro il 2020 tutti i frammenti ditipi di habitat residuali sarannoidentificati e tutelati con idoneistrumenti di gestione.2.6.2 Entro il 2050 il 50% deiframmenti di tipi di habitatresiduali identificati sarannoincrementati nella loro superficie.


34 L A D E F I N I Z I O N E D E G L I O B I E T T I V IB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 35OBIETTIVO 3Assicurare la tutela e la gestionesostenibile degli ecosistemi fluvialie lacustri di interesse ecoregionaleGli ecosistemi fluviali e lacustri sono ricchi di biodiversità(solo i pesci d’acqua dolce annoverano ben 22endemismi nel territorio <strong>della</strong> penisola italiana), che risultadistribuita secondo modelli peculiari. Considerandoad esempio gli endemismi, ci troviamo di fronte asituazioni totalmente diverse: a un estremo troviamodue specie a distribuzione puntiforme come il carpionedel garda (Salmo carpio) e il carpione del fibreno (Salmofibreni), all’altro un buon numero di specie ampiamentedistribuite nei fiumi e laghi di diverse regioni d’Italia:il ghiozzo padano (Padogobius martensii), la rovella(Rutilus rubilio), il triotto (Rutilus erythrophthalmus), ilbarbo (Barbus plebejus), ecc. Ciò determina difficoltàoggettive nell’individuazione di aree prioritarie; questeultime, comunque individuate, possono inoltre risultareinsufficienti a garantire la conservazione di una frazioneimportante <strong>della</strong> biodiversità.Nel caso degli ecosistemi delle acque interne è quindinecessario adottare una strategia che non concentrigli sforzi di conservazione in particolari aree prioritarie,ma che si ponga obiettivi di gestione razionale equindi sostenibile su un’ampia scala geografica. Ènecessario puntare alla conservazione di tutti gli habitatche sono oggi in grado di ospitare comunità biotichecomprendenti specie sensibili, o più correttamentespecie stenoecie, e a migliorare lo stato ecologicodi quelli che risultano più o meno alterati dalle varieattività antropiche che gravitano sui fiumi e sui laghi.Il raggiungimento di un buono stato ecologico di tuttii corpi d’acqua superficiali è anche uno degli obiettivifondamentali <strong>della</strong> Direttiva Quadro Acque 2000/60/CE,finalmente recepita anche nel nostro paese.I cinque punti in cui si articola l’Obiettivo 3 pongonorisultati che vanno perseguiti in via prioritaria nei bacinidi interesse ecoregionale indicati nella mappa, trannealcuni specificati che sono validi per l’intero reticoloidrografico nazionale, rientrando nel più ampio obiettivodi un buon governo del territorio. Infine, un buonostato ecologico dei corsi d’acqua non è funzionalesolo alla conservazione <strong>della</strong> biodiversità acquatica,ma rappresenta un importante risultato generale per lecapacità di interconnessione fra vari tipi di habitat e areeprioritarie con indiscutibili vantaggi anche per le flore ele faune terrestri.© archivio wwf / f. cianchiCarta dei sistemi d’acqua dolce e bacini idrografici di maggior interesse conservazionisticonell’Ecoregione Mediterraneo Centrale.Gli ecosistemi fluviali rappresentanosistemi ecologici funzionali allapresenza e alla dispersione sulterritorio <strong>della</strong> biodiversità. L’analisi<strong>della</strong> biodiversità a scala ecoregionaleha individuato un’estesa areache comprende alcuni bacini diinteresse ecoregionale; per il suocompletamento sarà fondamentaleindividuare tutti quei tratti di corsid’acqua che ospitano valori dibiodiversità a scala ecoregionale3.1 Assicurare il raggiungimento del“buono stato” ecologico e chimicodei corpi idrici superficiali anchesecondo la Direttiva Quadro Acque2000/60/CE3.1.1 Entro il 2008 saranno individuatie definiti, in una lista ufficiale, itratti dei corsi d’acqua o bacinilacustri d’interesse ecoregionale.3.1.2 Entro il 2010 saranno individuatie sperimentati idonei indicibiotici per il monitoraggio dellequattro categorie tassonomicheecologichepreviste dallaDirettiva Acque.3.1.3 Entro il 2015 almeno il 30%dei corsi d’acqua identificatidovrà essere dotato di sistemaadeguato di monitoraggio.3.2 Garantire/promuovere ilmantenimento o il ripristinostrutturale e funzionale degliecosistemi fluviali e lacustri diinteresse ecoregionale3.2.1 Entro il 2015 saranno nelcomplesso incrementatidel 5% (per lunghezza e/osuperficie), mediante interventi dirinaturalizzazione, i tipi di habitattipici e naturali.3.2.2 Entro il 2015 saranno, nelcomplesso, ridotte del 5%(per lunghezza), le opere diregimazione.3.2.3 Entro il 2015 sarà incrementatala ricchezza di specie autoctonein relazione ai valori storici.3.2.4 Entro il 2015 in 10 corsi d’acquadi importanza ecoregionale saràaumentata la continuità lineareattraverso la riduzione dell’effettobarriera per il 60% infrastrutturepresenti.3.3 Garantire/promuovere ilmantenimento o la ricostituzione dicenosi ripariali nei bacini di interesseecoregionale3.3.1 Entro il 2015 saranno nelcomplesso incrementati almenodel 20% (per lunghezza e/osuperficie), i tipi di habitatforestali naturali.3.4 Tutelare le specie autoctone, inparticolare quelle endemiche,attraverso la conservazione deglihabitat e la mitigazione dell’impattoantropico e delle specie aliene3.4.1 Entro il 2010 tutte lespecie ittiche endemichedell’Ecoregione saranno inseritenelle liste di riferimento delleDirettive Europee (Dir. Habitat oequivalenti).3.4.2 Entro il 2010 saranno promulgatealcune leggi nazionali (Italia,Francia) sulla gestione esalvaguardia delle specie itticheautoctone, con particolareattenzione per quelle endemiche.3.4.3 Entro il 2010 il ripopolamentoe la reintroduzione di specieavverrà solo con fenotipi egenotipi certificati e sarà vietatal’immissione di specie alienenell’intero reticolo idrograficonazionale.© archivio wwf / f. cianchi3.5 Definire e promuovere le buonepratiche di gestione delle acqueinterne3.5.1 Entro il 2007 sarà redatto epromosso un manuale relativoalle buone pratiche di gestionedelle acque interne.3.5.2 Entro il 2007 saranno avviatecollaborazioni con l’ANBI(Associazione NazionaleBonifiche e Irrigazioni) e il CISBA(Centro Italiano Studi BiologiaAmbientale).3.5.3 Entro il 2010 saranno promossied avviati almeno tre progettipilota ispirati al manuale.3.5.4 Fino al 2016 saranno organizzatialmeno tre eventi all’anno perla promozione del manuale ealmeno due corsi di formazionel’anno per addetti ai lavori.


36 L A D E F I N I Z I O N E D E G L I O B I E T T I V IB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 37OBIETTIVO 4Assicurare il ruolo funzionaledell’intera ecoregione per le speciemigratrici attraverso la tutela dellerotte di migrazione<strong>La</strong> migrazione è un fenomeno biologico di fondamentaleimportanza che interessa l’intero territorio dell’ecoregionee come tale non può essere tutelata in modo efficacecon azioni di conservazione sviluppate esclusivamentenell’ambito delle aree protette o delle aree prioritarie.Le migrazioni sono soggette a fattori di minacciaspecifici tali da richiedere l’adozione di strategie mirate:il mantenimento a lungo termine di questo processobiologico è possibile attraverso azioni volte a garantirela persistenza dei siti utilizzati per riproduzione,svernamento e stop-over delle specie migratrici.Le specie migratrici non sembrano subire minaccediverse o in numero maggiore rispetto alle speciestanziali, anzi, nel caso degli uccelli molte specie hannouna prole più ridotta (dimensione <strong>della</strong> covata, numerodi covate), ma hanno un tasso di mortalità annua piùbasso. Tuttavia, ciò vale in condizioni di interventoumano. Infatti l’azione dell’uomo può rappresentareun fattore determinante di sopravvivenza di interepopolazioni. I migratori sono soggetti a fattori diminaccia di natura antropica che possono manifestarsiin uno o più dei territori frequentati durante l’anno (areadi svernamento, di migrazione e di riproduzione); da ciòderiva un maggiore rischio.Nonostante ciò, a tutt’oggi è spesso trascurato il ruolodel territorio (terrestre o marino) per i migratori.Il Mediterraneo riveste un ruolo determinante permolte specie e molte popolazioni di uccelli migratorieuropei.I fattori che possono determinare il declino delle speciemigratrici possono essere:• perdita di habitat riproduttivi (bonifiche zone umide,trasformazione uso del suolo);• diminuzione <strong>della</strong> disponibilità trofica nelle aree chiave(uso di veleni in agricoltura, incendi, inquinamentocostiero);• desertificazione a causa di cambiamenti climatici inparticolare nelle aree di svernamento in Africa (siccità,shift dell’areale di svernamento);• diffusione di elettrodotti e impianti eolici (soprattuttoper i grandi veleggiatori come cicogne e rapaci);• avvelenamento da sostanze chimiche tossiche;• bracconaggio (anche attraverso la pesca illegale suspecie ittiche);• inquinamento luminoso (soprattutto per gli insetti).© archivio wwf / f. cianchiCarta delle aree di maggiore importanza per le migrazioni degli uccellinell’Ecoregione Mediterraneo Centrale.<strong>La</strong> migrazione è un processo biologicoche interessa l’intera ecoregionee che non viene tutelato in modoefficace con la sola gestione delle areeprioritarie a causa <strong>della</strong> sua peculiarediffusione sul territorio e poichéminacciato da fattori specifici4.1 Contrastare il bracconaggio suuccelli, pesci anadromi e catadromie grandi pelagici nelle aree chiaveutilizzate per il transito, la sosta e losvernamento4.1.1 Entro il 2010 sarà individuatae definita, in forma ufficiale, lalista delle aree particolarmentesensibili ai flussi di migrazionenell’ecoregione.4.1.2 Entro il 2015 il numero annuodelle violazioni accertate perbracconaggio nell’ecoregione neiconfronti delle specie migratrici,sarà ridotto dell’80%.4.2 Assicurare la tutela, il ripristino ela funzionalità ecologica di habitatchiave nei siti di sosta di uccelli einsetti4.2.1 Entro il 2010 saranno individuatee definite, in forma ufficiale, lelinee guida con le condizioninecessarie (disponibilità di tipi dihabitat, condizioni ecologiche,ecc.) per le specie migratrici diinteresse ecoregionale.4.2.2 Entro il 2012 sarà definito unpiano di azione per la gestionedei flussi migratori dei principalitaxa: uccelli, insetti, pesci.4.2.3 Entro il 2025 la superficie dei tipidi habitat necessari e minacciatiper i migratori sarà incrementatadel 10%.4.3 Ridurre l’inquinamento luminosolungo le rotte migratorie di uccelli,insetti, chirotteri e tartaruga marinacomune (siti riproduttivi)4.3.1 Entro il 2010 sarà realizzatoun manuale per la scelta,progettazione e applicazionedi impianti di illuminazione adimpatto luminoso zero.4.3.2 Entro il 2010 saranno diminuitedel 10% le fonti di illuminazionea grande potenza (illuminazionistradali, portuali etc.) interferenticon i flussi migratori.4.3.3 Entro il 2025 almeno 10 areesensibili per i flussi migratori(o per la nidificazione di speciemarine) saranno completamentedotate di impianti di illuminazionepubblica ad impatto zero.4.3.4 Entro il 2025 sarà ridotta del50% la potenza (intesa comeconsumo e capacità luminosa)degli impianti di illuminazionepubblica di tutte le aree sensibiliper le migrazioni.4.4 Ridurre l’impatto dell’attivitàvenatoria sull’avifauna migratoriaattraverso la modifica el’adeguamento delle normativenazionali alla Direttiva 79/409/CE4.4.1 Entro il 2012 le norme venatorievigenti saranno adeguate inmodo da ridurre a zero l’impattosui migratori.4.4.2 Entro il 2010 sarà avviato unprogramma permanente dimonitoraggio dell’avifaunamigratoria in tutta l’ecoregione.4.5 Progettare le infrastrutture(elettrodotti, impianti eolici,sbarramenti, dighe) in modo daridurre gli effetti negativi sulle speciemigratrici4.5.1 Entro il 2008 sarà realizzato unmanuale per la progettazionee gestione di infrastrutture adimpatto ridotto sulla base deidati reali di presenza e impatto.Monitoraggio ornitologico4.5.2 Entro il 2010 la Valutazioned’incidenza e la Valutazione diImpatto Ambientale sarannoeffettuate in accordo con leindicazioni del manule.4.5.3 Entro il 2016 saranno diminuitidell’80% i casi segnalati diimpatto o interferenza all’anno.Per poter svolgere un efficace monitoraggio è fondamentale individuare degliindicatori idonei. Nessun taxon è perfetto, ma alcuni sono meglio di altri.Gli uccelli per numero di specie, per la capacità di colonizzare ambienti diversi,per come rispondono ai cambiamenti, sia localmente che globalmente, e per laloro relativa facilità di individuazione, presentano molti vantaggi. Non va trascuratoanche il fatto che la rete di birdwatcher e ornitologi professionisti distribuiti su tuttoil territorio nazionale non ha uguale per altri taxa. Tutto ciò consente di sviluppare unprogramma pluriennale di monitoraggio usando gli uccelli come indicatori ambientalicon il coinvolgimento di singoli rilevatori e delle molte associazioni ornitologicheregionali, alcune delle quali hanno già aderito alla <strong>Conservazione</strong> ecoregionale.Due attività in questi anni hanno permesso di comprendere meglio il fenomeno dellemigrazioni, nonché l’uso dell’habitat e delle risorse da parte degli uccelli.<strong>La</strong> prima sono i campi di osservazione sullo Stretto di Messina che hanno permessodi comprendere tempi e modalità <strong>della</strong> migrazione dei grandi rapaci.<strong>La</strong> seconda è un grande e ambizioso progetto, denominato “Piccole Isole”,iniziato nel 1988 sotto il coordinamento dell’Istituto Nazionale per la FaunaSelvatica (INFS), che sta chiarendo moltissimi aspetti legati alla migrazione deipasseriformi transahariani attraverso il Mediterraneo grazie ad una rete di stazioni diinanellamento, soprattutto posizionate nelle piccole isole tirreniche.


38 L A D E F I N I Z I O N E D E G L I O B I E T T I V IB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 39OBIETTIVO 5disponibili espongono gli habitat e le specie a rischi piùTali valori, per esser efficacemente tutelati, richiedonol’approvvigionamento dal continente, a forme diAssicurare la tutela degli ecosistemiinsulari, terrestri e marini,attraverso la promozione di modellisocio-economici compatibilinelle piccole isole mediterraneeTranne Sicilia, Sardegna, Corsica, Malta, Elba eSant’Antioco, le oltre 300 piccole isole presentinell’Ecoregione Mediterraneo Centrale hannogeneralmente un’estensione inferiore a 100 Km 2 .Complessivamente il sistema delle piccole isoledell’ecoregione presenta una superficie media di circa19 Km 2 .gravi che sulla terraferma. A rendere più preoccupantela situazione, va aggiunta la tendenza di sostituire lagran parte delle attività economiche tradizionali conmodelli di sfruttamento intensivo del turismo di massa.Le piccole isole mediterranee mantengono tuttavia unruolo decisivo per la conservazione di alcuni importantivalori di biodiversità, tra cui:• colonie di uccelli marini;• aree di sosta per gli uccelli migratori transmediterranei;• importanti endemismi (flora, invertebrati, rettili, anfibi,micro-mammiferi) proprio in virtù delle condizioni dil’adozione di attività specifiche capaci di integrare leragioni <strong>della</strong> pianificazione urbanistica e territorialecon la tutela <strong>della</strong> biodiversità. Infatti, pur essendo latotalità delle isole minori dell’ecoregione totalmente oparzialmente designate come SIC, la tutela dei valori dibiodiversità deve inquadrarsi in un processo coerentedi azioni di conservazione e di progettazione di attivitàumane, economiche e sociali sostenibili.I piani gestionali andranno formulati in modo da poterconseguire alcuni obiettivi generali, tra cui:• l’adozione di modelli di gestione sostenibile delterritorio, con particolare riferimento alla produzioneturismo sostenibile in alternativa al turismo di massa;• la riduzione dell’edificazione selvaggia e l’inserimentonei piani di sviluppo territoriale dei principi di tutela deivalori di biodiversità identificati;• il recupero delle attività economiche tradizionali abasso impatto e la riduzione di attività impattanti suidelicati equilibri ecologici insulari;• il controllo di specie vegetali e animali introdotte.Le piccole isole difficilmente possono ospitare grandiisolamento;energetica da fonti rinnovabili, alla gestione e ricicloopere infrastrutturali; d’altra parte le modeste superfici• ecosistemi costieri e marini talvolta unici.dei rifiuti, alla gestione <strong>della</strong> risorsa acqua per ridurreCarta delle piccole isole dell’Ecoregione Mediterraneo Centrale.Le piccole isole mediterraneecostituiscono un sistema territorialeche ospita valori importanti dibiodiversità (migrazione, endemismivegetali, micro-mammiferi, ecosistemicostieri e marini) che possono esseretutelati efficacemente solo con azionispecifiche. I piani territoriali e le attivitàgestionali devono rappresentareun contributo all’applicazione <strong>della</strong><strong>Conservazione</strong> Ecoregionale5.1 Gestione dell’impatto del turismoestivo attraverso la promozione diforme di turismo sostenibile e lariduzione dell’impatto del turismo dimassa5.1.1 Entro il 2015 in due isolecampione, le attività dipescaturismo, pesca-ristorazionee ittiturismo saranno raddoppiate(come numero di presenze ofatturato) su base annua.5.1.2 Entro il 2015 i posti letto didue isole campione sarannoaumentati unicamente attraversoforme di ospitalità diffusa inrelazione ad un modello perla valutazione <strong>della</strong> pressioneturistica.5.1.3 Entro il 2012 in due isolecampione, il turismo saràdestagionalizzato su baseannuale, incrementando del 50%il rapporto fra presenze turistichemedie mensili e presenzeturistiche in agosto.5.1.4 Entro il 2012 in due isolecampione, saranno sperimentatie adottati modelli di fruizionevolti a ridurre la pressioneturistica in alta stagione.5.1.5 Entro il 2012 due isole campioneavranno aderito al sistema digestione ambientale EMASo equivalente e il 40% deglioperatori turistici avrà adottatol’Ecolabel europea per il turismo.5.2 Attuare forme di gestione dell’acquae di produzione/gestione energeticada fonti rinnovabili, in particolare ilfotovoltaico e termico solare diffuso,fino a raggiungere progressivamentel’autosufficienza5.2.1 Entro il 2016 in due isolecampione, verrà ridotto del50% il rapporto di acqua dolceimportata esternamente e fornitalocalmente (dissalatori, cisternedi raccolta, ecc.).5.2.2 Entro il 2016 in due isolecampione, la totalità dell’acquapotabile utilizzata saràsottoposta a piani e programmidi gestione.5.2.3 Entro il 2010 un’isola campioneraggiungerà l’obiettivo di primaisola ad “emissioni zero”.5.2.4 Entro il 2016 in due isolecampione, la produzione dienergia proveniente da fontirinnovabili sarà pari al 30% delconsumo totale annuo.5.3 Promuovere forme di gestione deirifiuti volte a contenere la produzionee favorire la realizzazione di stazionidi compostaggio e la raccoltadifferenziata5.3.1 Entro il 2020 in due isolecampione, la quantità di rifiutiprodotta, soprattutto attraversola riduzione degli imballaggi iningresso, sarà ridotta del 25%.5.3.2 Entro il 2020 in due isolecampione, la quota dei rifiuti nontrattati (compostaggio, raccoltadifferenziata, etc) sarà ridotta al20%.5.4 Ridurre l’impatto dell’abusivismoedilizio5.4.1 Dal 2010 in cinque isolecampione il nuovo edificatoabusivo sarà azzerato.5.4.2 Entro il 2015 in due isolecampione il 50% dell’edificatoabusivo più impattante saràdemolito.5.5 Riduzione fattori specifici di disturbonei confronti di specie e habitat diinteresse ecoregionale, in particolare:incendi, bracconaggio e specie aliene© archivio wwf / f. bulgarini5.5.1 Entro il 2010 in tre isolecampione, sarà ridotta a zero lasuperficie percorsa da incendioattraverso l’adozione di piani diprevenzione e monitoraggio.5.5.2 Entro il 2010 in due isolecampione, sarà ridotta a zerol’incidenza del bracconaggio,come violazioni accertate peruccisione, prelievo di uova e pullidi specie coloniali come Bertamaggiore, Berta minore e Falco<strong>della</strong> regina.5.5.3 Entro il 2010 verrà realizzatoun piano strategico dicontrollo che individuerà isolesensibili e specie sensibili allapresenza di specie alloctone einvasive (specie domestiche,sinantropiche, selvatiche).5.5.4 Entro il 2020 in due isolestrategiche saranno eradicate lespecie animali e vegetali aliene einvasive.


40 L A D E F I N I Z I O N E D E G L I O B I E T T I V IB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 41OBIETTIVO 6complessa matrice territoriale esterna alle 36 areee le diverse attività gestionali e condividendo specificinell’ambito <strong>della</strong> cooperazione allo sviluppo regionaleAssicurare la conservazione dei valoriecoregionali di biodiversità attraversoil ruolo efficace <strong>della</strong> rete delle areeprotette e dei Siti Natura 2000Il sistema delle aree naturali protette (Legge n.394/91)e i Siti Natura 2000, assumono un ruolo strategico nelcontesto ecoregionale. Nell’Ecoregione MediterraneoCentrale sono presenti 494 aree naturali protette,1.566 SIC e 328 ZPS. Mettere a sistema questovasto e articolato panorama di aree protette vuol direcondividere obiettivi strategici di conservazione <strong>della</strong>biodiversità nell’ambito di aree vaste omogenee dalpunto di vista ecologico. Ciò può consentire anchedi esercitare un’efficace tutela <strong>della</strong> biodiversità nellaprioritarie individuate, spesso costituita da tipi di habitatrelitti, puntiformi o dispersi in contesti antropizzati, comele zone umide, gli ecosistemi costieri, le dune sabbiose,le steppe e gli ambienti ipogei. Tali aree, certamenteproblematiche perché frammentate e sottoposte adisturbi di natura antropica, possono tuttavia svolgereun ruolo importante nei programmi di conservazione<strong>della</strong> biodiversità sia per la presenza di taxa endemicisia come maglie di reti ecologiche complesse.In una visione sistemica, le aree protette presentinelle 36 aree prioritarie individuate potrannopartecipare in modo sinergico alla conservazionedei valori ecoregionali di biodiversità, coordinandoopportunamente i propri programmi di conservazioneobiettivi operativi. Gli Amministratori pubblici locali,le Associazioni di categoria, il mondo scientifico equello ambientalista, possono favorire i processi dipartecipazione e concertazione indispensabili perdefinire i piani di azione previsti dalla <strong>Conservazione</strong>Ecoregionale. Gli accordi di programma promossi dalMinistero dell’Ambiente per i sistemi territoriali deiparchi dell’Appennino, delle isole, delle coste e dellearee marine protette possono inoltre favorire l’avviodi processi partecipati di area vasta per la definizionee attuazione del piano d’azione ecoregionale e dellesingole aree prioritarie. Per lo stesso scopo possonoessere favoriti accordi di collaborazione e partenariatotra aree protette italiane e Parco Naturale Regionale<strong>della</strong> Corsica e Ministero dell’Ambiente di Malta,dell’Unione Europea e degli Stati membri, come previstodalla programmazione dei Fondi Strutturali 2007-2013.© archivio wwf oasiCarta delle aree protette e delle aree Natura 2000 dell’Ecoregione Mediterraneo Centrale.I Piani di Gestione e le attività digestione delle aree protette e dei SitiNatura 2000 devono contribuire informa coordinata e partecipata, alraggiungimento di obiettivi generalidefiniti a scala ecoregionale conparticolare riferimento alla tutela diquei valori dispersi o localizzati chenon sono efficacemente tutelati nellearee prioritarie e dagli altri obiettivi.6.1 Garantire la gestione del sistema diaree Natura 2000 in relazione ai valoria scala ecoregionale6.1.1 Entro il 2015 almeno 5 dellespecie animali o vegetali diimportanza ecoregionale sarannointeressate dall’applicazione di unpiano di azione a livello europeo.6.1.2 Entro il 2010 tutti i siti <strong>della</strong>rete Natura 2000 avrannopiani di gestione con misuredi conservazione definite econdivise con le parti sociali edeconomiche interessate.6.1.3 Entro il 2013 il 5% delle risorsefinanziarie disponibili dai fondistrutturali e dallo sviluppo ruralesarà utilizzato per perseguiregli obiettivi di gestione dei sitiNatura 2000.6.1.4 Entro il 2010 l’Art.6 <strong>della</strong>Dir. Habitat sarà recepitointegralmente e coerentementenella legislazione nazionalee regionale e nelle politichedi pianificazione territoriale esettoriale.6.2 Raggiungere la massimaconnessione ecologica e gestionaletra le aree protette e la rete Natura20006.2.1 Entro il 2020 saranno attivatinetwork gestionali in almeno 5aree prioritarie attraverso ampiprocessi partecipativi.6.2.2 Entro il 2020 per tutte le areenaturali protette sarannoindividuate aree contigue,funzionali alla connettivitàecologica, attraverso opportunaconcertazione e su area vasta.6.3 Ottimizzare la gestione del sistema diaree protette (anche trans-nazionali)per renderla coerente con la tuteladei valori di biodiversità ecoregionali6.3.1 Entro il 2010, 5 aree protette e30 siti Natura 2000 si doterannodi misure volte a tutelareefficacemente valori ecoregionalidispersi (in particolare:endemismi, le zone umide,gli ecosistemi costieri, dunali,ipogei, steppici e marini).6.3.2 Entro il 2015 i piani di gestionedi 5 aree protette saranno statimodificati o integrati per renderlipiù efficaci per la conservazionedei valori di biodiversità a scalaecoregionale.6.3.3 Entro il 2020 nel 50% dellearee protette saranno sviluppatispecifici programmi per laconservazione <strong>della</strong> biodiversitàa scala locale coerenti con gliobiettivi ecoregionali.6.3.4 Entro il 2010 in almeno 5 areeprotette marine saranno applicatied adottati standard gestionaliinternazionali.6.4 Utilizzare il sistema delle areeprotette come laboratori di buonepratiche gestionali e di diffusione delvalore <strong>della</strong> biodiversità6.4.1 Entro il 2010 verrà prodotto evalidato un manuale di buonepratiche gestionali.© archivio wwf / f. bulgarini6.4.2 Entro il 2015 in 5 aree protettesaranno avviati programmi perla promozione di buone pratichedi conservazione e gestione<strong>della</strong> biodiversità a livelloecoregionale.6.4.3 Entro il 2013 saranno realizzati5 progetti coerenti con la<strong>Conservazione</strong> Ecoregionalenell’ambito <strong>della</strong> Convenzionedegli Appennini con unpartenariato tra Enti gestori.


42 L A D E F I N I Z I O N E D E G L I O B I E T T I V IB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 43OBIETTIVO 7Garantire la gestione delle vastearee marine ad elevata biodiversitàecoregionali<strong>La</strong> ricchezza del Mediterraneo richiede un approcciomulti-scalare e accanto alla tutela dei siti chiave e allaconservazione delle specie focali occorre anche unastrategia per la gestione delle grandi aree. Accantoquindi all’identificazione delle aree prioritarie terrestri èopportuno individuare grandi estensioni marine in cuisperimentare forme di gestione internazionale.Il Santuario dei mammiferi marini del Mediterraneo,denominato “Santuario Pelagos” comprende le acquetra Tolone sulla costa francese, Capo Falcone nellaSardegna occidentale, Capo Ferro nella Sardegnaorientale e Fosso Chiarone in Toscana.<strong>La</strong> sua gestione vede quindi coinvolti tre Paesi:Italia, Francia e Principato di Monaco che nel 2003nella Prima Conferenza delle Parti Contraenti, hannodiscusso e approvato le linee guida per la redazionedel Piano di gestione del Santuario.Si tratta <strong>della</strong> prima grande area marina protettainternazionale del Mediterraneo e del primo santuariodei cetacei dell’emisfero boreale. L’area è iscritta tra learee specialmente protette d’importanza mediterranea“Specialy Protected Areas of Mideterranean Importance(ASPIM)”, ai sensi <strong>della</strong> Convenzione di Barcellona.Con l’istituzione del Santuario Pelagos, le particontraenti si sono impegnate a:• garantire uno stato di conservazione favorevole deimammiferi marini proteggendoli, insieme al lorohabitat, dagli impatti ambientali negativi diretti oindiretti delle attività umane;• esercitare la sorveglianza e intensificare la lottacontro ogni forma di inquinamento con un impatto suimammiferi marini;• adottare strategie nazionali miranti alla soppressioneprogressiva degli scarichi di sostanze tossiche nelSantuario;• vietare ogni cattura o turbativa intenzionale deimammiferi;• confermare la normativa internazionale e dell’UnioneEuropea in particolar modo per quanto riguardal'utilizzo e la detenzione delle cosiddette "reti derivanti";• adottare regole riguardanti l'uso di nuovi sistemi dipesca e vietare quelle che potrebbero comportare lacattura dei mammiferi marini o mettere in pericolo leloro risorse alimentari, tenuto anche conto del rischio diperdita o abbandono degli strumenti di pesca in mare.Esso rappresenta un buon esempio (ancora pocoapplicato) di come dovrebbe essere impostata anche lagestione di un’altra area chiave rappresentata dall’areadel Canale di Sicilia, Malta e isole Pelagie.Carta delle aree vaste ad alta biodiversità marina dell’Ecoregione Mediterraneo Centrale.Santuario “Pelagos” (istituito) fra Sardegna e Mar Ligure;Santuario delle Isole Pelagie (proposto) nel Canale di Sicilia.Nelle aree marine a maggiorebiodiversità nel Mediterraneo Centraledevono essere individuate e applicatenorme di salvaguardia sottoscrittee condivise dagli Stati coinvoltiper la tutela di cetacei, tartarughemarine, elasmobranchi, grandi e medipelagici. In queste aree devono esserepromossi e mantenuti programmi dimonitoraggio continuo e i principalifattori di minaccia ed interferenzadevono essere ridotti o controllati inmodo efficace.7.2.2 Entro il 2012 sarà istituito ilsantuario secondo un percorsonormativo internazionaleprecedentemente (2010) definito.7.2.3 Entro il 2012 sarà definito il pianodi gestione per il santuario.7.3 Garantire l’efficacia delle attivitàpreviste dall’accordo Accobams7.3.1 Entro il 2007 saranno definitii termini <strong>della</strong> collaborazionefra tutti i soggetti interessatiall’accordo per verificare lafunzionalità delle finalità finoraattivate.7.3.2 Entro il 2008 saranno avviatealmeno l’80% delle azioni digestione previste dall’accordo.7.4 Individuazione e istituzione di altregrandi aree marine per la biodiveristà7.4.1 Entro il 2010 sarà definito unaccordo di collaborazione fratutti i soggetti interessati perla realizzazione di uno studiovolto a individuare e verificare lafattibilità di altri santuari o areesimilari (sito Unesco nello Strettodi Messina; Santuario nel NordAdriatico; Isole Eolie).7.4.2 Entro il 2020 saranno istituitealmeno altre 2 grandi areemarine “high seas” o “deepseas” nell’ecoregione.7.1 Garantire la gestione efficace edefficiente del Santuario Pelagos7.1.1 Entro il 2007 sarà verificata lafunzionalità del programma dilavoro del Comitato di Pilotaggioed elaborate raccomandazioniper migliorarne l’efficaciaoperativa.7.1.2 Entro il 2007 sarà attivato ilComitato Internazionale delSantuario.7.1.3 Entro il 2010 saranno definite eapplicate norme e regolamentispecifici per il traffico marittimoall’interno dell’area del santuario.7.2 Istituire il Santuario per labiodiversità delle isole Pelagie7.2.1 Entro il 2008 sarà definito unaccordo di collaborazione fratutti i soggetti coinvolti perdefinire i limiti, la zonizzazione eun piano di ricerca e controllo sucetacei, selaci, tartarughe ed altripelagici.© wwf-canon / chris martin bahr


44 L A D E F I N I Z I O N E D E G L I O B I E T T I V IB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 45OBIETTIVO 8ammissibili di catture) dall’Unione Europea è il tonnoscelte e nelle decisioni: questi devono partecipareAssicurare forme sostenibili delleattività di pesca e di acquacolturain mareLo sfruttamento delle risorse ittiche rappresenta uno deifattori di massima criticità del bacino del Mediterraneoè uno dei temi dominanti anche <strong>della</strong> politicaComunitaria Europea; infatti l’Unione Europea ha dapoco varato una nuova politica <strong>della</strong> pesca per cercareun connubio indispensabile tra tutela delle risorseittiche, salvaguardia dell’ambiente marino, assicurare laredditività economica delle flotte europee e fornire cibodi buona qualità ai consumatori.<strong>La</strong> situazione del Mediterraneo si presenta critica, bastipensare che l’unica specie sottoposta a TAC (totalirosso che viene sfruttato dalle altre numerose marineriecircum-mediterranee ed extra-mediterranee.Sarebbe auspicabile che tutte le specie di interessecommerciale fossero adeguatamente monitorate.Una riforma efficace deve proporsi una serie di priorità:• è necessario migliorare le flotte, in modo da creareuna corrispondenza tra la capacità di pesca e lapossibilità di pesca, riducendo al minimo gli sprechi, leforme di pesca illegale e lo sforzo in mare;• è indispensabile una migliore applicazione delleregole: la diversità esistente in termini di regimidi controllo nazionali e sanzioni per i trasgressoricompromette l'efficacia dell'applicazione delle norme;• è fondamentale il coinvolgimento dei pescatori nellemaggiormente e in maniera consapevole al processodi gestione <strong>della</strong> pesca;• è necessario incentivare le pratiche di acquacolturarispettose dell’ambiente, <strong>della</strong> qualità dei prodotti edel benessere dei consumatori;• deve essere incentivato l'utilizzo di tecniche e attrezzida pesca più selettivi o che abbiano un impatto minoresulle specie pescate accidentalmente (by-catch);• il reddito derivante dalle attività di pesca deve esserediversificato (pesca-turismo, itti-turismo).<strong>La</strong> pesca è una di quelle attività per cui il futuro devepassare inevitabilmente attraverso una gestionesostenibile e quindi uno sfruttamento entro i limiti dellecapacità di rigenerazione <strong>della</strong> risorsa.© archivio wwf / p. paolilloCarta delle aree prioritarie per la riproduzione e la presenza di specie ittichelegate agli ambienti costieri (demersali).Gli stock ittici nel MediterraneoCentrale devono essere sottoposti aprogrammi di monitoraggio continuo ele attività di pesca professionale devonoessere subordinate al mantenimento dideterminati valori soglia. I valori minimivitali devono essere stabiliti attraversoprocessi partecipati che coinvolganole associazioni professionali dicategoria; queste sono chiamate acollaborare anche alle successivefasi di monitoraggio. L’acquacolturasostenibile ed ecocompatibile devesvolgere un ruolo predominante nelleproduzioni ittiche commerciali e devonoessere promosse ed incentivate letecniche di pesca tradizionale a bassoimpatto.8.1 Ridurre la pesca illegale,regolamentare la pesca non normatae fare emergere la pesca e il pescatonon dichiarati8.1.1 Entro il 2007 sarà incrementato ilnumero dei controlli a mare ed aterra anche attraverso l’impiegodi dispositivi satellitari e radar,e con particolare attenzione alcomparto commerciale.8.1.2 Entro il 2008 le sanzioni per ireati legati alla pesca illegalesaranno più severe, commisurateal reale danno ambientale edeconomico arrecato.8.1.3 A seguito di monitoraggi condottisu scala ecoregionale, entroil 2010 la quantità annua delpescato illegale commercializzatosarà ridotta del 75%.8.1.4 Dal 2008 la pesca sarà svolta nelrispetto delle leggi comunitariequindi senza più alcunaprocedura di infrazione <strong>della</strong> UEai paesi dell’Ecoregione.8.1.5. Entro il 2010 il prelievoeffettuato attraverso la pescasportiva è regolamentato da unaspecifica normativa nazionale.8.2 Ridurre il by-catch sulle specieprotette e/o sensibili delMediterraneo8.2.1 Entro il 2008 saranno emanateleggi riguardanti le misuretecniche/operative per limitare alminimo il by-catch di tartarughemarine e pesci cartilaginei e sullealtre specie sensibili.8.2.2 Entro il 2007 sarà avviata unacampagna nazionale, rivolta aipescatori professionali, sullaconservazione e sulle tecnicheutilizzabili per ridurre la mortalitàdelle specie by-catch.8.2.3 Entro il 2007 sarà avviato unostudio sull’impatto sui cetaceidelle reti da posta per speciepelagiche consentite dalla legge.8.2.4 Entro il 2008 sarà sviluppatoun sistema di certificazioneambientale per attrezzi da pescaprofessionale.8.3 Ridurre e/o eliminare l’impatto <strong>della</strong>pesca su specie sensibili e sugliambienti marini e salmastri ancheattraverso lo sviluppo di forme dipesca tradizionale e di pescaturismo8.3.1 Entro il 2013 sarà condottouno studio sulla consistenzadegli stock ittici più sfruttati esull’impatto <strong>della</strong> pesca su diessi.8.3.2 Entro il 2013 sarà sviluppatoed adottato un sistema dicertificazione ambientale per leimbarcazioni da pesca di nuovacostruzione.8.3.3 Entro il 2020 sarà ridottodel 25% (azzerato nel 2040)l’impatto <strong>della</strong> pesca sugliecosistemi marini e salmastri.8.3.4 Entro il 2020 l’impatto <strong>della</strong>pesca sarà ridotto del 50% intutte le più importanti aree dinursery e riproduzione dellespecie demersali.8.3.5 Entro il 2030 tutte le attivitàalieutiche saranno condotte inmodo sostenibile.8.3.6 Entro il 2010 un sistemaorganico di incentivi/disincentivi/divieti favorirà le attività dipesca tradizionali funzionali allaconservazione di specie sensibili.8.3.7 Entro il 2008 verranno elaboratestrategie su scala mediterraneaal fine di incentivare ladiversificazione di attivitàdi pesca convenzionale inpescaturismo ecocompatibile.8.3.8 Entro il 2008 sarà varata unanormativa comunitaria cherenda possibile l’attività dipescaturismo.8.3.9 Entro il 2010 il numero dioperatori attivi del pescaturismosarà incrementato di almeno il25%.8.3.10 Entro il 2010 sarà svoltouno studio sugli effettisocio-economici di un pianoper la riconversione delleattività alieutiche in attività dipescaturismo e ittiturismo, chepreveda adeguate azioni diaccompagnamento.8.4 Raggiungimento di un modellogenerale di acquacoltura sostenibileed ecocompatibile8.4.1 Entro il 2009 un sistema diincentivi/disincentivi/divietifavorirà l’acquacolturasostenibile e le produzionibiologiche per garantire il 25%entro 2013 (l’80% entro il 2050)dei prodotti ittici da sistemiecocompatibili.8.4.2 Entro il 2008 verrà sviluppatoun sistema di certificazioneambientale di impianti diacquacoltura e saranno normatele produzioni di acquacolturabiologica secondo un protocollostandard.8.4.3 Entro il 2007 saranno inviateallo Stato Italiano e alla GFCM(General Fisheries Commissionfor the Mediterranean) propostenormative per regolamentare iltuna ranching.8.5 Garantire la gestione econservazione delle risorse e degliecosistemi marini sulla base deglienunciati internazionali8.5.1 Entro il 2010 sarà sottoscrittoun protocollo per l’adozionee la ratifica degli enunciatiinternazionali per la gestionee conservazione delle risorsee degli ecosistemi marini daigoverni dei Paesi coinvoltinell’ecoregione.


5. Ecoregione Mediterraneo Centrale© homo ambiens / r. isotti4647Oltre alle caratteristiche geologiche, geomorfologiche,vegetazionali, faunistiche e floristiche, si è cercatodi mettere in rilievo soprattutto le caratteristicheecologiche ed evolutive che hanno permessoe permettono il differenziarsi <strong>della</strong> biodiversitànel contesto mediterraneo. Sono proprio questecaratteristiche che rappresentano le componenti su cuifocalizzare l’attenzione nella pianificazione di efficaciazioni di conservazione a lungo termine.Per l’Ecoregione Mediterraneo, il WWF Internazionaleha attivato già da diversi anni, l’ufficio MediterraneanProgramme Office (MedPO) con il ruolo di sviluppareazioni di conservazione ispirate all’approccioecoregionale, in quei Paesi del Bacino Mediterraneoin cui non esiste un ufficio nazionale del WWF (PaesiNord-africani, Turchia, Balcani, ecc.).<strong>La</strong> difficoltà di applicare la strategia ecoregionale inun’area così vasta e complessa da un punto di vistaecologico, con grandi diversificazioni sul piano socialeed economico, ha condotto il MedPO a creare unacartografia dell’Ecoregione Mediterraneo suddivisain 20 sub-ecoregioni omogenee. Queste sonoidentificate come unità funzionali in cui sviluppare laconservazione.L’individuazione delle ecoregioni è basata su:divisioni fitogeografiche, divisioni bioclimatiche eprincipali tipi di habitat forestali. I risultati sono statisottoposti a verifica in un incontro con gli espertidell’European Topic Centre on Nature Conservation(ETCNC), dell’Agenzia Europea per l’Ambiente(EEA) e del WWF-US organizzato a Parigi nel febbraiodel 1999.L’ecoregione in cui il WWF Italia sta promovendol’applicazione del processo di <strong>Conservazione</strong>Ecoregionale è formata da due sub-ecoregioni:• la n. 10 - Sardegna e Corsica• la n. 17 - Italia Peninsulare, Sicilia, Malta e TirrenomeridionaleQuesto territorio che include buona parte dell’Italiapeninsulare, con esclusione <strong>della</strong> Pianura Padana, finoalla Calabria, la Sicilia, la Sardegna, la Corsica, le IsoleMaltesi e le isole minori è stato denominato EcoregioneMediterraneo Centrale.Il processo di <strong>Conservazione</strong> Ecoregionale iniziacon una fase di Reconnaissance necessaria perindividuare le caratteristiche ecologiche propriedell’ecoregione.Generalità sull’ecoregione<strong>La</strong> biodiversità che riscontriamo nel Bacino delMediterraneo è una conseguenza dei molti processi diimmigrazione, estinzione, differenziazione regionale chenel corso dei millenni si sono succeduti nella regione eche hanno visto direttamente coinvolta la nostra specie.<strong>La</strong> conoscenza relativa alla distribuzione delle speciedel Bacino del Mediterraneo è relativamente buonasoprattutto per i diversi gruppi di piante vascolari edi vertebrati. Nonostante ciò, la ricerca scientifica sulcampo non smette di aggiungere nuove specie allecheck list nazionali. Questo vale soprattutto per gliinvertebrati e la flora, ma talvolta anche per specie benpiù evidenti come i vertebrati superiori. Recentementeanche in Italia, grazie all’uso delle nuove tecnicheCarta delle Ecoregioni del bacino del Mediterraneo; le aree 10 e 17 corrispondono all’Ecoregione Mediterraneo Centrale (elaborazione WWF MedPO).Carta politica del bacino del Mare Mediterraneo, in grigio, l’Ecoregione Mediterraneo Centrale.


48 E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L EB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 49di indagine del DNA, è stato possibile accertarela presenza di nuove specie di vertebrati come adesempio: la lepre appenninica (Lepus corsicanus),l’orecchione sardo (Plecotus sardus) e la testuggine diSicilia (Emys trinacris).Un carattere peculiare <strong>della</strong> fauna e <strong>della</strong> flora nelBacino del Mediterraneo è l’alto livello di endemicità,superiore a qualsiasi altra parte d’Europa. Questofattore è dovuto a una differenziazione locale cheha dato origine a taxa endemici, favoriti dalla storiaevolutiva <strong>della</strong> regione e dalla sua suddivisione in varidistretti in relazione alla presenza di innumerevoli isole,penisole e catene montuose.Aspetti climaticiAnche il clima dell’ecoregione si presenta estremamentediversificato in termini di precipitazioni, temperature epressioni. Si passa dal clima sub-tropicale <strong>della</strong> Siciliaa quello nivale dei rilievi più elevati dell’Appenninocentrale.Tale diversità è determinata dall’elevato rangelatitudinale <strong>della</strong> penisola, dalla presenza <strong>della</strong> catenaappenninica, orientata approssimativamente nord-sud,e dalla vicinanza delle masse continentali africana edeuropea.Una proposta consolidata di classificazione <strong>della</strong>variabilità climatica utile a definire i fitoclimi è quellache propone per l’Italia 9 bioclimi, suddivisibili in 28classi e 83 varianti. Dalla distribuzione geografica delle28 classi si ricava la carta del fitoclima d’Italia. <strong>La</strong>regione climatica Mediterranea si estende dalla Rivieradi Levante in Liguria, continua nelle grandi e piccoleisole, nella parte ionica e nel versante adriatico finoall’altezza di Pescara. <strong>La</strong> regione climatica temperata èlocalizzata oltre che sull’arco alpino, sull’Appennino eanti-Appennino e nelle isole maggiori alle quote mediee alte. Le regioni di transizioni “bordano” i climi descritticon presenza di stazioni mediterranee e temperate edove prevalgono le une sulle altre.In questa sintetica analisi del clima dell’ecoregionenon si può non accennare ai cambiamenti climatici chestanno interessando la biosfera negli ultimi decenni.Intendendo per cambiamenti climatici prevalentementegli effetti di origine antropica dovuti essenzialmenteall’immissione dei cosiddetti “gas serra” nell’atmosfera(vapore acqueo, anidride carbonica, metano, ossidi diazoto). Tali effetti si manifestano in modo più evidentein quei climi più estremi che caratterizzano i biomiartico, alpino, desertico e di foresta boreale. Alcunistudi condotti analizzando serie climatiche a partire dal1870, delineano scenari preoccupanti con cambiamentisignificativi delle temperature medie e dei regimipluviometrici.Dalla rivoluzione industriale a oggi l’entità delleimmissioni dei “gas serra” è andata aumentando inmodo esponenziale. Per l’anidride carbonica siamopassati in 150 anni, ma soprattutto negli ultimi 70, da280 a 364 parti per milione. Nell’ultimo mezzo milionedi anni la concentrazione di questo gas è aumentata di3 volte. Il tasso medio annuale di riscaldamento <strong>della</strong>superficie terrestre è oggi di 0,15 °C. In alcune areesi sono registrate temperature medie di circa 3-5 °Csuperiori alle medie stagionali.Aspetti geologiciDurante il Triassico (220-210 milioni di anni fa) l’area<strong>della</strong> futura Penisola italiana si trovava al margineoccidentale <strong>della</strong> Tetide e dominavano le condizionidi un mare di modesta profondità. Le uniche zonesub-aeree erano probabilmente la Toscana tirrenica,l’Argentario e la Sardegna dove si riscontrava unpaesaggio di pianure costiere invase da maree chehanno favorito i depositi carbonatici che oggi ritroviamonelle Apuane, Simbruini, Aurunci, Picentini, <strong>La</strong>ttari,Calabria settentrionale, Iblei e monti di Palermo.Durante il Giurassico-Cretaceo (180-70 milioni di annifa) il territorio <strong>della</strong> futura penisola era completamentesommerso e giaceva a una profondità variabile tra i2.500-3.000 m, con alcuni altopiani sottomarini tra500-1.500 m e infine, una serie di banchi tropicali chedovevano apparire come le attuali Maldive. I banchimaggiori erano a est nell’attuale piana friulana e a sudnella Piattaforma apula. Risalgono a questo periodoi depositi fossiliferi di Pietraroja (Benevento) coninteressanti testimonianze di grandi rettili giurassici.Durante l’Oligocene (28-30 milioni di anni fa) è avvenutala rotazione in senso antiorario del blocco sardo-corsoche si è staccato dalla Provenza per muoversi versosud-est. Alla fine del Miocene (16-18 milioni di anni fa)la Sardegna e la Corsica raggiunsero l’attuale posizione.Questo movimento innescò i grandi movimentiorogenetici che tra 30 e 16 milioni di anni fa produsserola catena appenninica. L’Appennino tuttavia si collocònell’attuale posizione solo nel Miocene superiore conl’apertura del Mar Tirreno.Questo accadde circa 8 milioni di anni fa quando il MarTirreno raggiunse la profondità di 3.600 metri e si formail più giovane dei bacini del Mediterraneo, mediantel’apertura di profonde faglie sia sul margine sardo-corsoche <strong>della</strong> futura costa tirrenica italiana.All’incirca 6,4-6,5 milioni di anni fa, durante ilMessiniano si ebbe la famosa crisi di salinità delMediterraneo dovuta alla “chiusura” dello Stretto diGibilterra, a causa probabilmente di motivi tettonici. Neconseguì l’essiccamento parziale del Mediterraneo e, acausa <strong>della</strong> forte evaporazione, la formazione di depositidi sali. Circa 4,8 milioni di anni fa si riaprì lo Stretto diGibilterra e l’Oceano Atlantico irruppe nel deserto esalato Bacino Mediterraneo. I depositi evaporitici oggisi ritrovano in Calabria fino in Romagna in virtù deimovimenti di sollevamento avvenuti durante il Miocene.Nel Pliocene medio, l’Italia era ancora parzialmentesommersa e i depositi marini pliocenicicaratterizzavano il periodo tra 4,7 e 4,8 milioni di annifa. L’Appennino continuò i suoi movimenti orogenetici,mentre il Tirreno aumentava la sua profondità.Risalgono a questo periodo anche l’imponente attivitàeruttiva dei vulcani sottomarini, del vulcanismo lazialee dei Campi Flegrei. I blocchi cristallini dell’ArcoCalabro, un tempo appartenenti alla catena alpinae situati a ridosso <strong>della</strong> Sardegna, continuarono ilmovimento di drift verso sud-est. Lungo l’Appenninosi verificò inoltre un collasso tettonico che generòuna serie di graben poi colmati nel tempo d’acqua eprosciugati, lasciando il <strong>La</strong>go Trasimeno come unicotestimone di queste vicende geologiche. In Calabriae Sicilia troviamo invece i “trubi”, calcari marnosi chetestimoniano il ritorno delle condizioni marine dopol’essiccamento messiniano.Da un punto di vista strutturale è opportuno ricordare,a oriente dell’Appennino la presenza dell’avanfossache dalla Pianura Padana arriva fino al Golfo di Tarantoe ricompare nella Sicilia meridionale; ancora più a estabbiamo invece l’avampaese, cioè un area non piùinteressata dai movimenti di orogenesi. L’avampaeseaffiora in Puglia (Gargano, Murge e Salento) e nellaSicilia sud-orientale; anche il cosiddetto “bloccopelagico” che include le Isole Pelagie e le Isole maltesi èparte dell’avampaese ibleo.PaesaggioL’Ecoregione Mediterraneo Centrale possiede unavarietà di paesaggi incredibilmente elevata se siconsidera la sua estensione. <strong>La</strong> struttura e la posizione<strong>della</strong> penisola italiana ne favoriscono il ruolo di pontetra il continente africano e l’Europa per le faune ele flore. Inoltre, la presenza di rilievi montuosi cheraggiungono i 3.000 m (il Gran Sasso con i suoi 2.914metri s.l.m.), le pianure, i piani collinari e gli oltre 8.000km di coste rocciose e sabbiose consentono unadiversità a livello di habitat che sostiene l’incredibilevarietà di forme viventi.Nel contesto ecoregionale in esame si possonodistinguere i seguenti sistemi paesistici:Paesaggio lagunareIl paesaggio lagunare è rappresentato dalla <strong>La</strong>guna diVenezia e dal sistema di zone umide costiere dell’AltoAdriatico che va dalle <strong>La</strong>gune di Grado e Marano alleValli di Comacchio. Questo paesaggio è caratterizzatodal clima centro-europeo con temperature medieintorno ai 12 °C e precipitazioni scarse intorno ai700-800 mm annui, ma senza la siccità estiva cosìcaratteristica del clima mediterraneo. <strong>La</strong> conservazionedi questo tipo di paesaggio è ottenuta grazie all’attivitàumana, senza la quale il destino naturale sarebbe quellodell’interrimento e scomparsa.© archivio wwf / f. cianchi


50 E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L EB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 51Paesaggio ligureIl paesaggio ligure è il frutto di relazioni climatiche di tipomediterraneo e centro-europee, essendo ridotto a unasottile striscia tra litorale e montagna. Grazie a questaelevata eterogeneità ambientale la Liguria, pur essendoal terzultimo posto delle regioni italiane come superficieè al primo come ricchezza di flora. Il paesaggiocostiero, più di tipo mediterraneo, è caratterizzato perla vegetazione a leccio Quercus ilex del tipo Quercetumilicis galloprovinciale e anche per la presenza dei tipiciterrazzamenti agricoli. Il paesaggio <strong>della</strong> Liguria internainvece è caratterizzato dalla presenza di pino marittimoPinus pinaster e dalle associazioni a <strong>La</strong>vandula.Paesaggio dell’Appennino settentrionaleQuesto settore <strong>della</strong> catena montuosa appenninica èdelimitato a nord dal Monte Lesima (1.724 m s.l.m.)fino al Falterona con il Monte Cimone (2.165 m s.l.m.).Questo spartiacque separa il limite biogeograficomediterraneo con quello continentale. Il clima ècaratterizzato da precipitazioni abbondanti, soprattuttosul versante meridionale. Lo spiccato carattere ditransizione permette di riunire in pochi chilometri lavegetazione mediterranea <strong>della</strong> lecceta con quelladei boschi misti e <strong>della</strong> faggeta. Sono presenti anchealcuni elementi alpini come l’abete rosso Piceaexcelsa. Le Alpi Apuane presentano caratteristicheparticolari per il substrato calcareo, la frequenza diendemismi e la comparsa di elementi oceanici qualialcune felci.Paesaggio toscanoIl paesaggio toscano, forse più di altri, è costituitodall’armonia di elementi naturali e di origine antropica.Questo paesaggio è tipicamente di transizione,con clima mediterraneo lungo la costa che divienepiù centro-europeo spostandosi verso l’interno. <strong>La</strong>vegetazione dominante climatogena è costituita dallalecceta nelle aree più calde e dal bosco misto di quercecaducifoglie nelle aree più umide e fresche. Sonopresenti anche le associazioni dei prati steppici deiBrometalia e cespuglieti. Infine, alcuni elementi alloctonisono così diffusi da divenire caratteristici del paesaggiotoscano: la presenza di pini Pinus pinea e Pinus pinastere cipressi Cupressus sempervirens spesso in posizionepanoramica.Paesaggio umbroIl paesaggio umbro è impostato su argille o argillemarnose e consiste in un’ampia fascia collinare che neipunti dove l’erosione è più accentuata ospita formazionia calanchi. Il clima è di tipo sub-mediterraneo, conmancanza di un vero e proprio periodo arido. <strong>La</strong> floraumbra è piuttosto povera in quanto si tratta di unalacuna geologica affiorata di recente e il substratoumido argilloso non fornisce condizioni favorevoli allaspeciazione. Un’eccezione a quanto appena detto èrappresentata dal comprensorio dei Monti Sibillini.<strong>La</strong> vegetazione climatogena nella fascia basale è delQuercetum pubescentis, mentre in quota compare lafaggeta per arrivare poi alla vegetazione alto-montana aSesleria tenuifolia sui Sibillini.Paesaggio <strong>della</strong> TusciaSi indica con il termine di Tuscia romana l’area a nordovestdi Roma, tra il Fiume Tevere e il Mar Tirreno efino alla Toscana, dalla quale però si distingue perla prevalenza di lave e tufi provenienti dal VulcanoSabatino, da cui deriva l’attuale <strong>La</strong>go di Vico. Il climaè caratterizzato da temperature medie annue di 13-14 °C e precipitazioni intorno ai 700-900 mm, che peròarrivano fino ai 1.200 mm sui rilievi. Sono caratteristicii crateri vulcanici di Bolsena, Vico e Bracciano.<strong>La</strong> vegetazione climatogena è di bosco misto condominanza di querce caducifoglie con abbondanzadi cerro Quercus cerris. Notevole è la presenza difaggete extrazonali a quote inferiori a quella nominale,interpretabili come relitti glaciali: quella di Allumiere edi Monte Fogliano a 600 m s.l.m. e quella del Cimino a1.000 m s.l.m.Paesaggio <strong>della</strong> Campagna Romana<strong>La</strong> pianura ondulata attraversata dal Tevere edall’Aniene, in gran parte disboscata e convertita apascolo ovino, ha lasciato il posto all’espansione ediliziadi Roma e degli insediamenti peri-urbani. Il clima diRoma presenta una temperatura media annua di 14 °Ce precipitazioni di 700-800 mm con aridità estiva ridottaa soli due mesi. <strong>La</strong> vegetazione originaria dell’arearomana è ricostruibile dagli studi condotti in alcuni lembirimasti miracolosamente intatti come Castelporziano,Capocotta e Padiglione. Qui si trovano la lecceta deltipo Viburno-Quercetum ilicis e i boschi di caducifogliecon cerro Quercus cerris e farnetto Quercus frainetto.Ovviamente la presenza di Roma e <strong>della</strong> civiltà romanada oltre 2700 anni ha profondamente modificato ilpaesaggio con l’introduzione di molte specie estranee,tra cui spicca il pino marittimo Pinus pinea.Paesaggio pontinoL’antico paesaggio pontino costituito dalle PaludiPontine, in cui si allevavano bufali e dove incombeva lamalaria, è stato completamente modificato dall’operadi bonifica da parte dell’uomo. L’area è oggi notacome “Agro Pontino” e si presenta completamentepianeggiante con una fascia dunale costiera cheraggiunge i 20-30 m s.l.m.; l’area è anche riccadi risorgive provenienti dalle montagne calcareeretrostanti. Il clima è uguale a quello di Roma. Ilbosco planiziale del P.N. del Circeo è del tipo <strong>La</strong>thyro-Quercetum cerris e rappresenta uno dei lembi rimastidelle antiche selve costiere caratterizzate tra l’altrodalla presenza di pozze d’acqua temporanee (piscine).Il promontorio del Circeo, per le sue caratteristicheinsulari, non rientra in questo paesaggio.Paesaggio centro-appenninico<strong>La</strong> dorsale <strong>della</strong> Penisola è costituita dall’Appenninocentrale con i massicci principali dei Sibillini, Monti<strong>della</strong> <strong>La</strong>ga, Gran Sasso, Majella, Sirente e Velino; lacima più elevata del Corno Grande sul Gran Sassoraggiunge i 2.912 m s.l.m. Altri sistemi montuosiminori (Monte Catria, Monti Martani, Sabini, Prenestini,Aurunci, Ausoni, Mainarde, Matese, Picentini)contribuiscono a costituire forse il più ampio earticolato complesso montagnoso <strong>della</strong> Penisola aldi fuori delle Alpi. Il clima è prevalentemente centroeuropeo,con precipitazioni nevose abbondanti, che inalcune località superano quelle delle Alpi.<strong>La</strong> posizione interposta tra Tirreno e Adriatico© b. petriccionedetermina un forte gradiente barico che originaintensi venti. <strong>La</strong> piovosità è elevata, tra 1.000 e 2.000mm. Il substrato è perlopiù di formato da calcari delGiurassico, tranne che sui Monti <strong>della</strong> <strong>La</strong>ga dovepredominano le arenarie. <strong>La</strong> vegetazione climatogena èrappresentata da almeno cinque comunità, distribuitesu quattro fasce di vegetazione. Si passa da formazionipropriamente mediterranee limitate alle vallate, albosco caducifoglie costituito da consorzi a Ostryacarpinifolia,alle faggete tra i 1.300-1.500 m s.l.m.Oltre il limite del bosco, che sull’Appennino è posto sui2.000 m s.l.m. troviamo i pascoli a Sasleria tenuifolia.In alcune località, che tra l’altro appartengonoformalmente all’Ecoregione Alpi troviamo formazionia Pinus mugo e Juniperus (Maiella, Camosciara).L’origine del bosco a Pinus nigra di Villetta Barrea èancora controversa, la maggior parte degli autori laritengono un relitto glaciale, altri frutto di un anticorimboschimento. Rilevante è la presenza di nucleiancora abbastanza estesi anche se isolati di abetebianco Abies alba var. apennina (Capracotta, Rosello,Agnone).Paesaggio litorale tirrenico<strong>La</strong> fascia litorale del versante occidentale <strong>della</strong> penisolacostituisce la Maremma tra le foci dell’Arno e delTevere e più a sud la fascia costiera che comprendequattro regioni: <strong>La</strong>zio, Campania, Basilicata e Calabria.


56 E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L EB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 57rispetto al Bacino del Mediterraneo. Sono presentiinoltre più di 100 comuni specie arboree tipiche <strong>della</strong>composizione <strong>della</strong> flora mediterranea, molte dellequali endemiche.L’Ecoregione Mediterraneo Centrale si trovageograficamente al centro del Mar Mediterraneoe svolge per questo un ruolo di crocevia di flore dicarattere mitteleuropeo e nord-africano. Allo stessotempo si trova a ospitare anche specie di provenienzabalcanica e in genere orientale.Questi aspetti, che si riscontrano anche in molti taxadel regno animale, sono alla base del fenomeno diricchezza specifico e anche del processo di origine diendemismi floristici e faunistici.Le specie floristiche mediterranee sono altamenteadattate a vari tipi di stress legati alle condizioniclimatiche di questa regione, come la presenza di2-6 mesi di siccità estiva che determina un periodo dicrescita e fruttificazione di molte piante mediterraneecollocato durante l’autunno o addirittura nei primi mesiinvernali.Le specie vegetali del Mediterraneo sono inoltrealtamente diversificate per quanto riguarda forme dicrescita, morfologia, fisiologia e fenologia delle speciedominanti in ciascuna regione.Il valore <strong>della</strong> flora del Mediterraneo non risiede solonella grande varietà di specie presenti, quanto nelsignificativo numero di endemismi. Molti di questisono ristretti a una singola o poche località come areesabbiose, isole, “isole” geologiche costituite da unaparticolare litologia o geologia e catene montuoseisolate. In questo senso è altamente significativo notareche l’80% di tutte le piante endemiche europee sonomediterranee. Dei 37 rilevanti centri di biodiversità edendemismi vegetali, globalmente identificati in Europa,la maggiore concentrazione si ritrova proprio nelBacino del Mediterraneo.All’origine di tale ricchezza di endemismi ci sonoanche le remote migrazioni di alcune specie inrelazione all’alternanza di periodi glaciali e interglacialiquaternari, con il loro frequente isolamento in siti dovenessun ulteriore spostamento è stato possibile a causadel ritiro dei ghiacci.Aspetti evolutivi <strong>della</strong> fauna invertebrataAnche nel caso degli invertebrati, così come nellepiante, l’area del Mediterraneo è la più ricca d’Europain termini di diversità di specie. Il 75% <strong>della</strong> faunaentomologica totale europea si trova nel Bacino delMediterraneo con una stima complessiva di 150.000specie di insetti, di cui forse solo il 70% è statodescritto e classificato.Una caratteristica generale ricorrente in tutti i gruppitassonomici di animali del Mediterraneo, ad esclusionedei mammiferi, è il loro predominante e chiaro carattereboreale. Di conseguenza, anche la fauna di invertebratidel Bacino del Mediterraneo mostra una più strettaaffinità con le corrispondenti faune Paleartica eOloartica, piuttosto che con quelle di altre regionibiogeografiche.Molte specie boreali hanno colonizzato la regionemediterranea durante i periodi glaciali, rimpiazzandoparzialmente l’esistente fauna paleotropicale. Esempirelativi a questo fenomeno sono rappresentati dallefarfalle appartenenti al genere Parnassus, Coliase Pieris. Molte specie di invertebrati forestali, esolitamente fitofagi, sono anch’esse specie borealiche hanno seguito gli spostamenti <strong>della</strong> pianta ospite,la cui distribuzione nel corso dei millenni ha subitovariazioni verso nord o sud in relazione ai cicli glaciali.L’Ecoregione Mediterraneo Centrale a causa <strong>della</strong>sua posizione, svolge un ruolo di “ponte” tra ilcontinente europeo e il Nord-Africa. Molte speciee interi gruppi di invertebrati si incontrano propriolungo la penisola italiana, in Sicilia e nelle Isole delcomplesso sardo-corso.Aspetti evolutivi dell’ittiofauna d’acqua dolceIl numero, la diversità e l’isolamento geografico deglispecchi d’acqua nel Bacino del Mediterraneo, un’areacaratterizzata da una marcata aridità estiva e dallapresenza di diverse catene montuose che la dividonoin vari distretti, hanno favorito una grande ricchezza dispecie tra i pesci di acqua dolce.Come per molti altri gruppi tassonomici, anche inquesto i livelli di endemismo sono molto elevati,presumibilmente poiché quest’area si è comportata darifugio per un gran numero di specie di pesci durante iperiodi glaciali.Alcune specie endemiche dell’EcoregioneMediterraneo Centrale sono limitate a siti moltolocalizzati. É il caso del carpione del FibrenoSalmo fibreni nel <strong>La</strong>zio o del ghiozzetto di ruscelloPodogobius nigricans. Sebbene molte specie <strong>della</strong>fauna ittica del Bacino del Mediterraneo siano adistribuzione tipicamente paleartica, alcune diesse sono di origine afro-tropicale (Ciclidi, Claridi)o sono addirittura degli esempi (diverse specie diCiprinodontidi) di fauna relitta risalente al Mar<strong>della</strong> Tetide.Aspetti evolutivi dell’erpetofaunaI rettili sono un gruppo tassonomico molto benadattato alla calda e asciutta regione mediterranea,di conseguenza risultano essere molto più abbondantie ricchi in diversità rispetto alla classe degli anfibi.© b. petriccione© archivio wwf / f. cianchi


58 E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L EB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 59Nel Bacino del Mediterraneo sono presenti 165 speciedi rettili, distribuite in 15 famiglie, e 63 specie di anfibi,distribuite in 9 famiglie.In accordo con la differente ecologia e fisiologia deidue gruppi, la diversità delle specie di rettili crescescendendo da nord verso sud, e da ovest verso est,parallelamente al gradiente di aridità. Al contrario laricchezza di specie di anfibi incrementa da sud versonord, e da est verso ovest.Per quanto riguarda gli anfibi, nella Penisola italianasi riscontra il maggior numero di specie endemichedel Bacino Mediterraneo: 35%. Molte di questeappartengono a linee evolutive piuttosto arcaiche,rimaste relativamente simili morfologicamente sindalla loro origine durante l’Eocene. É il caso deigeneri Pelobates, Discoglossus ed Euproctus.Tra i rettili, molte specie neo-endemiche delBacino del Mediterraneo appartenenti al generePodarcis, <strong>La</strong>certa, Chalcides e Vipera si sonoevolute in tale ambiente come risultato di un intensoprocesso di radiazione adattativa in siti localizzati.In particolare nei <strong>La</strong>certidi, il genere Algyroides ePsammodromus sono tipici endemismi mediterraneidi tipo relittuale.Il complesso sardo-corso rappresenta un’area diestrema ricchezza di endemismi di rettili e anfibi,con le quattro specie di Speleomantes, il genereEuproctus presente con due specie gemelle in Corsicae Sardegna, il discoglosso sardo Discoglossussardus e la raganella sarda Hyla sarda, mentre tra irettili troviamo la natrice del Cetti Natrix (natrix) cetti,la lucertola di Bedriaga Archeolacerta bedriagae el’algiroide nano Algyroides fitzingeri.Aspetti evolutivi dell’avifaunaNell’Ecoregione Mediterraneo Centrale sono presenticirca 370 specie di uccelli nidificanti, rispetto alle circa500 presenti in Europa.L’attuale ornitofauna europea si stabilizzò durante ilPliocene e il Pleistocene, attraverso l‘arrivo di elementiche colonizzarono il Bacino del Mediterraneo da almenonove aree biogeografiche diverse e come conseguenza<strong>della</strong> progressiva scomparsa di taxa tropicali dalPaleartico occidentale, durante il freddo e arido periodocompreso tra Oligocene e Miocene.I gruppi che hanno dato un contributo maggiore,sono rappresentati rispettivamente da 144 specie diorigine settentrionale, caratteristiche di ambienti diforesta, fiumi e paludi di tutta l’Eurasia occidentale,e da 94 specie tipiche delle steppe, presumibilmenteoriginate nella regione arabo-sahariana. L’importanzadi quest’ultimo elemento faunistico nel Bacino delMediterraneo è stato secondariamente favorito, sianella distribuzione geografica che nelle dimensioni dellepopolazioni, dalla generale diminuzione dell’estensionedelle foreste a causa dell’azione dell’uomo che iniziò amanifestarsi a partire dal Neolitico.L’ornitofauna del Mediterraneo differisce nelle suecaratteristiche da quelle degli altri taxa animali e dallaflora in due punti principali:• nonostante le loro differenziate origini biogeografiche,molte specie risultano essere distribuitepiuttosto omogeneamente attraverso il Bacinodel Mediterraneo. <strong>La</strong> variazione regionale nellacomposizione specifica delle popolazioni non è moltomarcata, ciò principalmente per quanto riguarda lespecie forestali;• presenta un livello di endemicità sorprendente basso:solo 64 specie (17% del totale) sembrano essersioriginate all’interno dei limiti geografici del Bacino delMediterraneo.Le specie endemiche dell’Ecoregione MediterraneoCentrale sono: la passera d’Italia Passer italiae, specieubiquitaria e il picchio muratore corso Sitta whiteheadi,distribuito nelle foreste a pino nero Pinus nigra laricio<strong>della</strong> Corsica. Malgrado ciò, nella regione si registraun valore molto più elevato di variazione sub-specificarispetto a tutto il resto del Paleartico Occidentale.Questo alto livello di variazione intraspecifica è ilrisultato <strong>della</strong> diversità geografica del Bacino delMediterraneo che con tutte le sue isole, penisole e lealtre barriere geografiche ed ecologiche contrasta ladispersione. Infatti, si riscontrano moltissime formesottospecifiche con popolazioni isolate in Sardegna, nelcomplesso sardo-corso, nell’Appennino centrale e inSicilia.Un processo biologico di estrema importanza cheinteressa l’Ecoregione Mediterraneo Centrale è lamigrazione degli uccelli. Ogni primavera si stima checinque miliardi di uccelli attraversino il Mar Mediterraneocompiendo voli di migliaia di chilometri, spesso dopoaver attraversato il Sahara diretti verso l’Europa pernidificare.I grandi veleggiatori, si concentrano lungo gli strettie i valichi montani, altri come i piccoli passeriformimigrano con un fronte anche molto esteso. Per questeultime specie anche piccole aree naturali poste in sitistrategici lungo le rotte migratorie possono rivestire unruolo fondamentale se presentano le giuste condizioniecologiche.Aspetti evolutivi <strong>della</strong> teriofauna terrestreNell’area dell’intero Bacino Mediterraneo sonopresenti circa 200 specie di mammiferi, delle quali il25% è endemico. Tre fattori principali influenzano lacomposizione <strong>della</strong> fauna di mammiferi terrestri nonvolanti:• le origini biogeografiche multiple, dovute allaprossimità e quindi al contributo di tre massecontinentali diverse;• i ripetuti eventi di turnover faunistico, provocatoda variazioni climatiche durante il periodoPliocene-Pleistocene, inclusi numerosi fenomeni diinterscambio tra continenti;• la ricchezza di specie e la distribuzione dei mammiferiè stata influenzata profondamente dalla presenzalocale <strong>della</strong> specie umana che, soprattutto attraverso© s. zerunian© archivio wwf / f. cianchila caccia, ha esercitato pressioni sin dal Paleolitico.Lo Stretto di Gibilterra, sebbene largo soli 14 km, hasvolto per i mammiferi non volanti un ruolo di barrieraisolando l’Europa dall’Africa.


60 E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L EB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 61Di conseguenza, la teriofauna <strong>della</strong> parte settentrionaledel Mar Mediterraneo è fondamentalmente di origineeuro-siberiana. Il cinghiale Sus scrofa, il cervo Cervuselaphus, il capriolo Capreolus capreolus e l’orso brunoUrsus arctos come elementi tipici e tutti presentinell’Ecoregione Mediterraneo Centrale. A parte pocheeccezioni, come l’istrice Hystrix cristata in Italia centromeridionalee alcuni roditori e toporagni, le speciedi origine tropicale si estinsero dalle regioni euromediterraneeall’inizio del Pleistocene.L’Ecoregione Mediterraneo Centrale è il quadrantedel Bacino del Mediterraneo con un numero minore dispecie (72) e presenta rari esempi di specie endemiche:tra queste il mustiolo etrusco Suncus etruscus (il piùpiccolo mammifero del mondo), e altre specie di roditorie toporagni diffusi sulle isole del Mediterraneo come peresempio la Sicilia.<strong>Biodiversità</strong> degli ecosistemi mariniIl Mar Mediterraneo rappresenta appena lo 0,82% <strong>della</strong>superficie marina <strong>della</strong> Terra, ma è uno dei mari piùricchi del mondo dal punto di vista <strong>della</strong> biodiversità.Ospita il 7,5% dei taxa di animali marini di tutto ilpianeta e il 18% dei taxa relativi alla flora marinamondiale in un’area. <strong>La</strong> stima attuale per il totale dellespecie macroscopiche è di circa 8.500, ma metà dellequali è endemica.Come nel caso dei biomi terrestri, gli ecosistemimarini mediterranei sono composti da specie conmolte origini biogeografiche diversificate: atlanticomediterranee,pan-oceaniche, paleo-endemicherisalenti al Mar <strong>della</strong> Tetide, neo-endemiche esubtropicali. Alcuni taxa marini hanno popolato la parteorientale del Mediterraneo dal momento dell’aperturaartificiale del canale di Suez.Di conseguenza, possiamo a ragione pensare alMediterraneo come un crocevia per le forme di vitamarine, così come le terre che lo circondano lo sonoper quelle terrestri.Diversi fattori hanno contribuito all’alto livello dibiodiversità marina:• la diversità delle condizioni climatiche tipichedei diversi quadranti del Mediterraneo, con lapredominanza di condizioni di tipo temperato nellaparte occidentale del Mediterraneo e di condizioni ditipo subtropicale nel Mediterraneo orientale;• gli eventi geologici, con particolare riferimento allacrisi di salinità messiniana, avvenuta circa 5,5 milionidi anni fa con conseguente prosciugamento quasicompleto del Mediterraneo e successiva estinzione dimassa <strong>della</strong> fauna marina originaria;• il successivo ripristinarsi di una connessione conl’Oceano Atlantico che determinò il ripopolamento delMediterraneo attraverso elementi faunistici di origineatlantica.Tipi di habitat dell’Ecoregione Mediterraneo Centrale<strong>La</strong> presenza combinata di numerosi e differenziatihabitat, distribuiti in diverse combinazioni e stadi, donaal paesaggio dell’Ecoregione Mediterraneo Centralequelle particolari caratteristiche a mosaico che lodistinguono e lo rendono così tipico rispetto a moltezone temperate del nord o rispetto alle aride o umidezone tropicali.Uno dei principali fattori che governa la distribuzionedegli habitat nel Mediterraneo è rappresentato dalgradiente bioclimatico nord-sud, il quale per esempio siriflette chiaramente nella distribuzione delle aree forestali.© homo ambiens / r. isottiForesteDurante le glaciazioni quaternarie, la penisola italiana fuun’importante area rifugio per le specie arboree tantoche oggi la penisola italiana può vantare un numero dispecie indigene senza dubbio superiore a quello delresto dell’Europa. Una traccia di queste vicende è lapresenza dei 27 abeti dei Nebrodi Abies nebrodensisdelle Madonie, i popolamenti di agrifoglio Ilex aquifoliumdei Nebrodi, la Foresta Umbra del Gargano dove ilfaggio Fagus sylvatica è extrazonale, le formazionipure e miste di abete bianco Abies alba var. apenninadell’Appennino centro-meridionale e i nuclei di pinonero Pinus nigra di Villetta Barrea nel Parco Nazionaled’Abruzzo, <strong>La</strong>zio e Molise.Le foreste mediterranee presentano inoltre un numerosorprendentemente alto di conifere: pini (Pinusspp.), ginepri (Juniperus spp.), abeti (Abies) e fuoridall’ecoregione anche cipressi (Cupressus) e cedri(Cedrus).Le foreste sempreverdi dominate dal genere Quercus,principalmente dal leccio Quercus ilex o specieequivalenti, sono probabilmente la vegetazioneclimax a cui tendono molti degli ambienti del Bacinodel Mediterraneo. Queste foreste possono esserecaratterizzate da una disposizione meno densa deglialberi, tale da dare origine ad un abbondante stratocespuglioso comprendente Cistus, Genista ed Erica.In ambienti più freddi e montuosi possono esserecomuni specie decidue appartenenti di norma ai generiQuercus, Ulmus, Acer e Fraxinus.Ripopolamenti di conifere e altre specie alloctoneeffettuati dall’uomo in tempi più o meno recenti hannoin alcuni casi modificato profondamente i popolamentivegetazionali. Non mancano però esempi dirimboschimenti, creati e gestiti in maniera oculata, chepossono avvicinarsi alle foreste naturali.Le specie animali che caratterizzano questo tipo dihabitat sono numerossisime e costituiscono comunitàpeculiari delle diverse cenosi forestali. Tra i Mammiferidi grande e media taglia che popolano i boschidell’Ecoregione Mediterraneo Centrale ci sono: l’orsobruno Ursus arctos, il lupo Canis lupus, la martoraMartes martes, il gatto selvatico Felis sylvestris, ilcapriolo Capreolus capreolus e diverse specie dichirotteri; tra gli uccelli fino a sette specie di Picidae, ledue specie di nibbi (Milvus spp.), il pecchiaiolo Pernisapivorus e il Biancone Circaetus gallicus; tra gli anfibipiù strettamente forestali troviamo la salamandrinadagli occhiali Salamandrina terdigitata (endemismoitalico) e la salamandra pezzata Salamandra salamandrae alcune specie di anuri. Si calcola che circa 40.000invertebrati vivano negli ambienti forestali, tra cui alcunistrettamente xilofagi come i coleotteri cerambicidi, ibuprestidi e gli scolitidi.Macchia mediterraneaEsistono decine di formazioni arbustive, molte dellequali sono di tipo secondario come diretta conseguenzadell’impatto delle attività antropiche.<strong>La</strong> macchia mediterranea è dominata da speciesclerofille sempreverdi, tra cui spiccano il carruboCeratonia siliqua, il lentisco Pistacia lentiscus e lespecie appartenenti ai generi Arbutus, Daphne, <strong>La</strong>urus,Phillyrea, Myrtus, Rhamnus e Viburnum. Il pianomediano e quello inferiore <strong>della</strong> macchia mediterraneaincludono un buon numero di comuni e diffusirappresentanti <strong>della</strong> famiglia delle <strong>La</strong>miacee quali il timoThymus vulgaris, la lavanda <strong>La</strong>vandula stoechas e ilrosmarino Rosmarinus officinalis. Tuttavia in termini dirapporto tra specie, almeno la metà sono decidue, traqueste: Acer, Pistacia, Cotinus e Rhus e Quercus.


62 E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L EB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 63<strong>La</strong> maggior parte delle specie ha una parte sotterranea(geofite bulbose e tuberose) con una fase vegetativaintensa dall’autunno alla primavera e un periodo diinattività in estate: una perfetta strategia per sfuggirei mesi più caldi e secchi dell’anno. Tra queste: laScilla Urginea maritima, la mandragora Mandragoraautunnalis, Asphodelus spp. e le molte Orchideaceae.Quest’ultima famiglia è presente nel BacinoMediterraneo con oltre 100 specie. In una singola areadi macchia mediterranea di 100 ettari è stata osservatala coesistenza di oltre 50 specie diverse.Tra i mammiferi tipici <strong>della</strong> macchia mediterraneanell’ecoregione troviamo: il cervo sardo Cervus elaphuscorsicanus, l’istrice Hystrix cristata, il mustiolo etruscoSuncus etruscus, la crocidura siciliana, Crocidura sicula.Tra gli uccelli, un buon numero di specie appartenenti aigeneri: Sylvia e Hippolais, la ghiandaia marina Coraciasgarrulus, il gruccione Merops apiaster, il succiacapreCaprimulgus europaeus, l’assiolo Otus scops. Moltonumerose le specie di anfibi, tra cui il tritone sardoEuproctus platycephalus, le raganelle Hyla spp., itritoni Triturus spp., i geotritoni Hydromantes spp., idiscoglossi Discoglossus spp. e altri ancora. Tra i rettili:le testuggini palustri Emys orbicularis e Emys trinacris,la testuggine di Hermann Testuto hermanni, i gechi(Hemidactylus, Tarentola, Cytopodion e Euleptes), leluscengole e il gongilo (Chalcides spp.), gli algiroidi(Algyroides spp.) e molte specie di lucertole (Podarcise <strong>La</strong>certa spp.). Infine tra gli ofidi molte specieappartenenti ai generi Elaphe, Coluber, Coronella spp.Molto numerosi sono gli invertebrati che hannosviluppato fenomeni di coevoluzione con le speciefloristiche <strong>della</strong> macchia mediterrana: Lepidoptera,Hymenoptera, Diptera, Odonata, coleotteri crisomelidi,curculionidi e adefagi.Steppe e praterieLe specie floristiche diffuse negli ambienti steppici delBacino del Mediterraneo sono originarie delle steppearide e semi-aride dell’Asia centrale. Tali formazionivegetali sono caratterizzate dalla presenza di essenzeerbacee sia annuali che perenni, con una scarsapresenza di forme arbustive ed arboree, e risultanoessere tipicamente dominate dalla Stipa, spessoaccompagnata da arbusti appartenenti ai generiArtemisia e Rhanterium.Spesso questi ambienti devono la loro struttura, manon la loro composizione, ad attività umane: incendi,taglio <strong>della</strong> legna e, soprattutto, pascolo. Talvolta sonocompletamente artificiali come nel caso di zone costituiteda coltivazioni di graminacee con frammisti alberi di olivo.Alcune specie ornitiche sono particolarmente legate aquesti ambienti: l’occhione Burhinus oedicnemus, lagallina prataiola Tetrax tetrax e le specie delle famiglieAlaudidae e <strong>La</strong>nidae e del genere Oenanthe. Numerosele specie di rettili, in particolare Ofidae e ovviamenteinvertebrati terrestri.Agro-ecosistemi<strong>La</strong> presenza umana nel paesaggio mediterraneo haprodotto profondi cambiamenti, talvolta allevatori epastori sono riusciti ad attuare una formula sostenibileper le loro terre raggiungendo uno stato di equilibrio.Uno dei migliori esempi <strong>della</strong> lunga interazione tral’uomo e il suo ambiente nei paesi del Mediterraneo è ladehesa in Spagna e Portogallo. Nell’Ecoregione oggettod’indagine, mancano esempi su estese superficidi formazioni di questo tipo, tuttavia soprattutto inSardegna e Sicilia si ritrovano importanti estensionicoltivate a sughero.In linea generale molti ambienti di origine antropicapossono rivestire un’importanza rilevante per la© wwf-canon / hartmut jungiusbiodiversità, soprattutto dove viene mantenuto unmosaico ambientale capace di favorire un’eterogeneitàdi habitat.Coltivi e pascoli abbandonatiPiù di 1.500 specie annuali, biennali e bulbose<strong>della</strong> flora mediterranea sono fortemente diffuseprincipalmente durante le prime successioni vegetaliche si instaurano in seguito all’abbandono dei coltivida parte dell’uomo. Ciò permette di includere i coltiviabbandonati nel novero degli habitat importanti per labiodiversità all’interno del Bacino del Mediterraneo. Sitratta in genere di specie tipicamente pioniere resistentialla siccità e alla eccessiva insolazione.Foreste riparialiLe foreste ripariali del Mediterraneo rappresentavano inpassato ecosistemi altamente complessi e diversificatidal punto di vista biologico, si estendevano per più di2.000 km2 e caratterizzavano intere regioni.Gran parte di queste ricchissime formazioni forestaliè stata distrutta dall’uomo nel corso <strong>della</strong> storia perottenere terreni ad uso agricolo. Solamente alcuniresidui delle antiche foreste primigenie sono rimastituttora integri.Grazie a condizioni del terreno particolarmentefavorevoli, queste foreste sono dominate da speciedecidue quali querce, pioppi (es. Popolus alba) olmi esalici, su cui si sviluppano piante rampicanti come lavite selvatica Vitis silvestris, il luppolo Humulus lupulus,e le Clematis.Nell’ecoregione sono pochi i residui delle anticheforeste ripariali mediterranee, uno di questi è ilBosco di Policoro in Basilicata, oggi in pericolo per laregimentazione dei corsi d’acqua che ne permettevanol’esistenza.Pareti rocciose e grotteMolte aree dell’ecoregione sono caratterizzate dallapresenza di declivi e scarpate capaci di interromperela continuità del territorio, e fornire habitat specializzatiper un gran numero di piante e animali. Inoltre, esistonodecine di migliaia di caverne, inghiottitoi, doline e altririsultati dei fenomeni carsici.Tra le piante più comuni in questi ambienti mediterraneivi sono le cosiddette casmofite, specie che entranonella costituzione di cenosi rupicole (es. Athamantasicula) le alofite, che vegetano sulle scogliere prossimeal mare (es. Crithmum maritimum) e le neofite cheincludono ciclamini (Cyclamen spp.), felci (Pteridophyta),muschi, briofite (Bryophyta) e piante succulente (Sedum,Cotyledon, e Caralluma spp.).Nel sud <strong>della</strong> penisola un esempio importante di golemediterranee è rappresentato dalle “gravine” <strong>della</strong>Puglia e <strong>della</strong> Basilicata. Di origine tettonica seguita daerosione si collocano nell’altopiano delle Murge tra lacosta adriatica e quella ionica.Qui si osserva un‘inversione nella stratificazione <strong>della</strong>vegetazione con la presenza di specie generalmentepiù settentrionali. Le gravine costituiscono corridoinaturali tra questi ecosistemi relitti, rimasti inalteratinel tempo in aree ad alto livello di antropizzazione.Nelle gole naturali le specie si sono conservate conun alto grado di isolamento genetico per questosono frequenti gli endemismi e specie rare, anche diorigine balcanica o transadriatica, come Campanulaversicolor.Questi habitat altamente specializzati offrono inoltre sitiadatti per la nidificazione di molte specie di rapaci, tracui: il grifone Gyps fulvus, il gufo reale Bubo bubo, ilcapovaccaio Neophron percnopterus, il falco pellegrinoFalco peregrinus, il lanario Falco biarmicus e il falcogrillaio Falco naumanni.


64 E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L EB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 65Scogliere e dune costiereAlcuni tratti di costa dell’Ecoregione MediterraneoCentrale sono caratterizzati da pinete di pino di aleppoPinus halepensis, pino domestico P. pinea e pinomarittimo P. pinaster.Sulle dune costiere, oltre a specie ampiamente diffusecome eringio marino Eryngium maritimum, cannizzolaAmmophila arenaria e rughetta marina Cakile maritima,si rinvengono specie meridionali come ad esempio ilpancrazio Pancratium maritimum, la pastinaca marinaPastinaca marina, la malcomia littorea, M. parviflora. Nellezone retrodunali troviamo il ginepro coccolone Juniperusoxycedrus ssp. macrocarpa le cui bacche rappresentanouna risorsa importante per gli uccelli migratori.Le pareti costiere sono caratterizzate da associazionicomprendenti erba da calli Sedum acre, finocchiomarino Crithmum maritmum, Limonium cancellatum,Plantago subulata, e Reichardia picroides. In alcuneregioni del Mediterraneo meridionale e orientale, lescogliere che si affacciano a picco sul mare ospitanoun falco dalla biologia particolare: il falco <strong>della</strong> reginaFalco eleonorae. Questo rapace si riproduce durantela stagione estiva, in ritardo rispetto agli altri falchi, in© homo ambiens / a. cambone - r. isottimodo da poter beneficiare <strong>della</strong> migrazione autunnaledei passeriformi di cui si nutre.Le piccole isole del mediterraneo e le scogliererappresentano anche siti importanti per gli uccelli marinimediterranei: berta maggiore Calonectris diomedea,berta minore Puffinus yelkouan, uccello delle tempesteHydrobates pelagicus, gabbiano corso <strong>La</strong>rus audouinii emarangone dal ciuffo Phalacrocorax aristotelis.Zone umideL’Ecoregione Mediterraneo Centrale ospita una vastatipologia di aree umide, che possono variare dagliestesi laghi interni fino a piccoli stagni temporanei.Fatta eccezione per le aree umide che sono connessecon grandi corsi d’acqua a carattere permanente ocon i grandi laghi interni, la principale caratteristica dimolte zone umide è rappresentata dalla fluttuazionenei livelli di acqua e salinità. Escludendo i numerosibacini artificiali, e i laghi di origine glaciale, localizzatisoprattutto nelle vicinanze delle catene montuose i laghiinterni presenti nell’ecoregione sono di origine vulcanicae occupano i siti di antiche caldere (Vico, Bolsena,Bracciano e laghi del <strong>La</strong>zio meridionale).Le lagune costiere sono tipicamente isolate dal mareaperto dalla presenza di dune sabbiose che comunquenon formano una barriera continua e consentono laconnessione tra i due bacini. <strong>La</strong> vegetazione delle dunecostiere varia nella sua struttura, da piccole formazionidi Ammophila arriva a estesi boschi di ginepro rossoJuniperus phoenicea e pino domestico Pinus pinea.<strong>La</strong> produttività delle lagune costiere e degli ambienti adelta è molto elevata tanto da superare di circa 8-10volte quella del mare aperto. Il valore economico delleattività di sfruttamento delle risorse ittiche dei sistemidi lagune mediterranee è molto alto e le lagune costiereprovvedono dal 10 al 30 % <strong>della</strong> produzione totale dipesce nel Mar Mediterraneo.L’uomo non è il solo a sfruttare l’eccezionalebiodiversità e produttività di questi habitat. Molte speciedi uccelli si riuniscono a migliaia nelle lagune formandocolonie miste di fenicotteri, gabbiani, varie specie dianatre, oche selvatiche e decine di limicoli. Gli ordinigeneralmente più rappresentati sono: Caradriformi,Anseriformi, Ciconiformi.I più importanti sistemi di lagune <strong>della</strong> regionemediterranea si estendono per oltre 200 km, ilsecondo in ordine di importanza del Mediterraneo siestende dalla <strong>La</strong>guna di Venezia alla zona di Trieste.Nell’Ecoregione Mediterraneo Centrale alcuni dei piùimportanti sistemi di lagune e laghi costieri sono: i laghidell’Oristanese e del Cagliaritano in Sardegna, lo stagnodi Biguglia in Corsica, la <strong>La</strong>guna di Orbetello e il <strong>La</strong>go diBurano in Toscana, le Saline di Margherita di Savoia e il<strong>La</strong>go di Lesina in Puglia, i <strong>La</strong>ghi del Circeo nel <strong>La</strong>zio emolte altre aree in Sicilia.Le paludi endoreiche mediterranee, note anche come“piscine astatiche”, sono una caratteristica tipologia dizone umide che dipende quasi completamente dallepiogge, e quindi si asciugano per molti mesi l’anno.Sono zone paludose temporanee ampiamente variabiliin ampiezza, durata di allagamento e livelli di salinità, eospitano spesso specie molto caratteristiche dal puntodi vista biologico capaci di sopravvivere in condizioniestreme di siccità.Questi ambienti sono importanti in quanto spessoospitano specie vegetali ed animali rare e minacciate,per esempio anfibi quali il tritone punteggiato Triturusvulgaris, il pelodite punteggiato Pelodytes punctatus, lediverse specie di raganelle Hyla spp. o invertebrati comeil Triops sp.Le lagune costiere salate si sviluppano in pianure situatein località dove avviene un abbondante deposito disedimento e dove l’azione delle maree è poco incisiva.Queste condizioni favoriscono l’insediarsi di piantepioniere capaci di tollerare la salinità. <strong>La</strong> loro presenzafacilita una successiva sedimentazione che riducel’azione delle onde. Il fattore essenziale nel determinarela composizione e la distribuzione <strong>della</strong> vegetazionetipica di questi ambienti è il grado di tolleranza diciascuna specie alla temporanea immersione inacqua di mare e alla presenza di sedimento salino. Diconseguenza, la vegetazione è fortemente distribuitain fasce distinte tra loro. <strong>La</strong> zona più prossima al mareospita specie pioniere che rappresentano le primecolonizzatrici del sito e appartengono a generi qualiSpartina, Salicornia e Puccinellia, che generalmentedanno luogo a comunità monospecifiche. <strong>La</strong> zonaintermedia è tipicamente dominata da cespugli diHalimione portulacoides e dall’erbacea Festuca rubra.Infine, la zona in cui la comunità vegetale appare piùricca e variabile come composizione specifica.Gli ambienti mariniIl Mediterraneo si trova attualmente in una fase interglaciale:attraverso lo Stretto di Gibilterra penetranodall’Oceano Atlantico specie che prediligono acquecalde. Molte si attestano in aree prossime a Gibilterra,nel Mare di Alboran, le coste dell’Africa maghrebina e<strong>della</strong> Spagna meridionale, ma alcuni di questi odierniimmigrati atlantici si spingono fino alle coste italiane,soprattutto <strong>della</strong> Sicilia, come il bivalve Perna picta.Ben poche sono invece le specie atlantiche di acquefredde che stanno penetrando nel Mediterraneo: unpossibile esempio è rappresentato da <strong>La</strong>brus bergylta,un pesce appartenente alla famiglia dei <strong>La</strong>bridi,comune nelle acque atlantiche e segnalato anche nelMediterraneo.Una caratteristica del Mar Mediterraneo è l’influenzadell’uomo che, con i suoi traffici marittimi, ha introdottomolte specie provenienti da altri mari del globo. Sial’azione dell’uomo che le penetrazioni di specie termofiledall’Oceano Atlantico e, in misura minore, dall’OceanoIndiano attraverso il Canale di Suez, favorisconodunque la presenza nel Mediterraneo di specie di acquecalde. A questo, secondo molti autori, va aggiunto ilriscaldamento del clima. L’insieme di tutti questi fattoricostituisce la causa prima del cosiddetto fenomeno ditropicalizzazione del Mediterraneo.Anche nel Mar Mediterraneo, come del resto in tuttii mari e gli oceani del nostro pianeta, è possibileindividuare due grandi ambienti capaci di ospitare lavita: l’ambiente pelagico e l’ambiente bentonico.L’ambiente pelagicoL’ambiente pelagico è contraddistinto dalla presenzadi una serie di organismi viventi, il cosiddetto pelagos,la cui caratteristica unificante è data dal fatto che essisono capaci di vivere sospesi nella colonna di acqua.Tuttavia a seconda del tipo di interazione possibile conil proprio ambiente, il pelagos a sua volta comprendedue categorie che spesso sfumano l’una nell’altra: ilplancton e il necton.Il plancton, ovvero l’insieme degli organismi animalie vegetali che vivono sospesi nell’acqua e che nonpossono opporsi al moto delle correnti e delle onde.Il plancton nei nostri mari possiede un comportamentolegato alla disponibilità stagionale di nutrienti. Ininverno non è molto abbondante, mentre in primaverai nutrienti messi in circolazione dai rimescolamentiinvernali delle acque e l’aumento delle ore diinsolazione provoca l’esplosione del fitoplancton.Questo evento riproduttivo sostiene il sistema marinoper tutto il resto dell’anno.


66 E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L EB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 67Nel Mar Mediterraneo tra le principali componenti dellozooplancton ci sono diverse specie di crostacei: comei copepodi, di piccole dimensioni (di solito attornoal millimetro) presenti principalmente con i generiCentropages, Euterpina, Clausocalanos, Oithona eAcartia, gli eufasiacei rappresentati nei nostri mari daMeganichtyphanes norvegica tra i principali componentidel cosiddetto krill, i decapodi, gli ostracodi e gli anfipodi.Altri componenti del plancton includono meduse,cnidari, rotiferi e il meroplancton (letteralmente: planctontemporaneo) composto da organismi che passano solouna parte <strong>della</strong> vita (normalmente lo stadio larvale) nelplancton come gli Echinoderma.Il necton è composto invece da pesci, rettili e cetacei,capaci di opporsi alle correnti con il nuoto. A parte pocheeccezioni (i molluschi cefalopodi) il necton è costituito davertebrati, tra cui i più abbondanti sono i pesci.I pesci sono i vertebrati più diversificati e anche tra ipiù antichi. Il Mar Mediterraneo è ricco sia di speciecartilaginee (squali, razze, ecc.) che di pesci ossei; traquesti ultimi alcuni dei rappresentanti più caratteristicidei mari intorno all’ecoregione sono: il tonno Thunnusthynnus, la ricciola Seriola dumerilii, la palamita Sardasarda, lo sgombro Scomber scomber, il pesce spadaXiphias gladius, il merluzzo o nasello Merlucciusmerluccius, il barracuda Sphyraena barracuda.Nel mare che circonda l’Ecoregione MediterraneoCentrale vivono quattro specie di tartarughe marine, dicui la più abbondante risulta essere la tartaruga marinacomune Caretta caretta.Assai rilevante nei mari che circondano l’ecoregione è lapresenza di cetacei, tanto che quasi tutto il Mar Ligureè stato istituito a “santuario dei cetacei”. Oltre al delfinocomune Delphinus delphis, tursiope Tursiops truncatuse stenella Stenella coeruleoalba, questi mari ospitano labalenottera comune Balaenoptera physalus, il grampoGrampus griseus, il globicefalo Globicephala melaena,lo zifio Zyphius cavirostris e il capodoglio Physetercatodon.Un’altra area che recentemente è stata individuata perla presenza di grandi cetacei è la zona delle Pelagie-Canale di Sicilia. Qui le balene sono state osservatementre si nutrivano in superficie di una specie di krilltipica delle acque poco profonde. Nel marzo 2006 èstato osservato un esemplare di balenottera comunelungo 24 m con un piccolo di pochi mesi al fianco.Altro mammifero simbolo del Mediterraneo, ormaivirtualmente scomparso nel mare intorno all’EcoregioneMediterraneo Centrale, è la foca monaca Monachusmonachus. Alcuni individui fanno la loro sporadicae irregolare apparizione lungo le coste del Tirrenomeridionale.L’ambiente bentonicoL’ambiente bentonico è caratterizzato dalla presenza diorganismi che vivono sui fondali o in loro strettissimaprossimità.<strong>La</strong> varietà di gruppi zoologici presenti nel benthos èmaggiore rispetto all’ambiente pelagico; ciò è dovutoa una maggiore eterogeneità ambientale e alla grandevarietà di habitat che ne consegue.I fondi mobiliI principali organismi che abitano i fondi mobili sonomolluschi, anellidi, cefalopodi, e ben più numerosi sonoi molluschi gasteropodi, soprattutto bivalvi. Sui fondifangosi dominano invece i policheti e gli echinodermi,presenti soprattutto con quattro classi: Oloturoidi,Asteroidi, Ofiuroidi e Echinoidi.I crostacei compaiono nei fondi mobili con numerosespecie, tra cui i più noti anche perché ampiamentesfruttati come risorsa dall’uomo, sono i decapodi.Infine tra i pesci dei fondi mobili, i più tipici sonoi Pleuronettiformi, tra cui nei mari che circondanol’ecoregione troviamo il rombo Psetta maxima, lasogliola Solea vulgaris e la passera di mare Platichtys© homo ambiens / r. isottiflesus. Abitudini simili si osservano nei CondroittiReiformi anch’essi dal tipico corpo largo e depresso.Molti pesci Osteitti vivono legati a questi substraticome ad esempio molte specie demersali: la tracinaTrachinus spp., la triglia di fango Mullus barbatus, larana pescatrice Lophius piscatorius e diverse specie digallinelle (fam. Triglidi). Le coste del Mediterraneo sonoanche ricche di molte specie di ghiozzi (gen. Gobius).Il fondo sabbioso è normalmente un ambiente abasso contenuto energetico privo di rifugi, e quindinon molto ricco dal punto di vista del popolamentofaunistico. Tuttavia è sui fondi sabbiosi più ricchi dinutrienti, ben ossigenati e illuminati che troviamo lepraterie di posidonia Posidonia oceanica. Questa piantasuperiore endemica del Mediterraneo rappresenta unvero e proprio serbatoio di biodiversità, infatti ospitauna comunità molto diversificata che comprendespecie appartenenti ai Signatidi come i cavalluccimarini Hippocampus spp. e il pesce ago Sygnathustaenionotus, oltre alla salpa Boops salpa. Altre piantemarine, come Cymodocea nodosa, possono formarevaste praterie nel Mediterraneo, ma non raggiungonol’importanza <strong>della</strong> Posidonia oceanica.I fondi duriI fondali rocciosi costituiscono solo una sottile corniceattorno alle isole e lungo le coste alte, mentre lamaggior parte <strong>della</strong> piattaforma costiera è occupata dafondi mobili. Questi substrati duri sono quindi ponti chepermettono la dispersione <strong>della</strong> fauna.Tra i molluschi caratteristici di questo tipo di fondali visono numerosi bivalvi, appartenenti ad esempio allafamiglia Pettinidi come la capasanta Pecten jacobaeus,echinodermi e crostacei, tra cui la granceola Majasquinado.Altri gruppi ben rappresentati nella fauna dei fondirocciosi sono i poriferi e gli cnidari, in particolare gliantozoi, come: Anemonia viridis, Alicia mirabilis e legorgonie, tra cui il corallo rosso Corallium rubrum.I fondi infra-litorali, poco al di sotto <strong>della</strong> superficie delmare, sono caratterizzati dalla dominanza di alghe chespesso formano popolamenti esuberanti fino a 40 m diprofondità, e ospitano una ricca fauna sia epifitica chevagile. Gli animali vagili che frequentano i popolamentialgali comprendono anche specie di grossa taglia, tracui abbondano i crostacei, molluschi gasteropodi e icefalopodi, come il polpo Octopus vulgaris.Il coralligeno rappresenta la tipica biocenosi di fondoduro e può essere preceduto, batimetricamente e/otopograficamente, dal pre-coralligeno. Quest’ultimosi distingue per la mancanza di una significativabioconcrezione e di alcune importanti specie chiave, eospita specie sciafile, molte delle quali in comune con ilcoralligeno. Tra la numerosa fauna vagile che prediligei popolamenti pre-coralligeni, pur senza esserneesclusiva, si possono menzionare l’aragosta Palinuruselephas e la murena Murena melena.Una specie che frequenta il coralligeno è la cerniabruna Epinephelus marginatus, diventata piuttostorara e localizzata in tutto il Mediterraneo a causadell’eccessivo prelievo.Infine un aspetto ancora poco noto è rappresentatodalle formazioni coralligene presenti oltre gli800-1.000 m di profondità. Queste zone sembranosvolgere un ruolo rilevante per la biodiversità eproduttività del Mediterraneo. Questi ambienti profondi,una volta considerati privi di vita, sono oggi riconosciuticome ecosistemi ricchi di biodiversità e in grado disostenere catene trofiche uniche. Ricerche pionieristichesvolte nell’Oceano Pacifico e Atlantico agli inizi deglianni ‘70 rivelarono la presenza di ecosistemi abissalibasati sulla produzione primaria chemio-sintetica legataalle sorgenti idrotermali di profondità. Questi ambientisono divenuti oggi l’ultima frontiera per lo sfruttamentodell’industria ittica mondiale.


6. Contesto socio-economicodell’Ecoregione Mediterraneo Centrale© wwf-canon / m. gunther68 69Il processo di <strong>Conservazione</strong> Ecoregionale <strong>della</strong>biodiversità prevede di considerare la realtà nel suoinsieme, permettendo di coglierne così la complessitàche contraddistingue l’età contemporanea, nelle suemolteplici reti e relazioni costitutive. <strong>La</strong> conservazione<strong>della</strong> biodiversità, infatti, non può essere perseguitasenza considerare i processi culturali, sociali edeconomici che, da un lato, si basano sui di essa eche, dall’altro, la “costruiscono” e ne permettono ilmantenimento per le generazioni future.<strong>La</strong> metodologia standard prevede l’elaborazione delcosiddetto Rapid socio-economic Assessmentfinalizzato a individuare le dinamiche socio-economichepiù rilevanti che interessano il territorio dell’ecoregione,per prevederne in seguito gli effetti (positivi e negativi)che queste possono comportare rispetto allaconservazione <strong>della</strong> biodiversità.In questo capitolo si presenta un quadro <strong>della</strong> realtàsocio-economica attuale dell’Ecoregione MediterraneoCentrale che purtroppo non costituisce un’unitàamministrativa o geografica tradizionale e pertanto nonsono disponibili in letteratura studi a carattere socioeconomicosu tale scala.Sono stati quindi elaborati dati del complesso dei territoridelle regioni: Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Umbria,Marche, <strong>La</strong>zio, Campania, Basilicata, Molise, Puglia,Calabria, Sicilia, Sardegna e le isole minori, più Corsica ele isole Maltesi. Veneto e Friuli Venezia Giulia sono stateconsiderate per le valutazioni relative alla pesca.Le fonti di dati sono costituite dai documenti diriferimento elaborati dal WWF Internazionale, levalutazioni intermedie dei POR (2003), i dati Istatrelativi ai censimenti più recenti (in particolare 2001per la popolazione e l’industria; 2000 per l’agricoltura),i vari documenti relativi all’inquadramento di settorispecifici <strong>della</strong> realtà socio-economica elaborati daenti e istituzioni competenti (Bankitalia, Inea, Ministerodelle Politiche Agricole e Forestali, Apat, Legambiente-Ambiente Italia, ecc).Sono stati analizzati gli indicatori economici tradizionali(Pil e Valore aggiunto) e quelli più complessi mamaggiormente indicativi (indicatore di benessere edi povertà). È stata inoltre condotta l’analisi dei dati(alla scala regionale e provinciale) relativi ai settori delPrimario (agricoltura e attività agro-silvo-pastorali,caccia), del Secondario (industria in particolareriguardo a stabilimenti industriali a rischio di incidenterilevante e ai siti contaminati, le attività estrattive, laproduzione di energia), del Terziario (in particolareil turismo), i trasporti e le infrastrutture viarie e laproduzione e la gestione dei rifiuti.<strong>Biodiversità</strong> e dinamichesocio-economiche:la rilevanza del territorioLe cause di diminuzione <strong>della</strong> biodiversità sonomolteplici e spesso dipendono da una complessasinergia di fattori antropici e naturali agenti a variescale. D’altra parte, vi sono innumerevoli interazionibiunivoche e, peraltro, di segno spesso controverso trale risorse naturali (es. suolo, acqua, aria), la biodiversitàa livello genetico, specifico ed ecosistemico (es.funzionalità) e la gestione/convivenza antropica di talirisorse. Nella letteratura internazionale sono presentinumerosi studi volti all’individuazione di specifici fattorisocio-economici suscettibili di impatto sull’ambiente,tramite l’elaborazione di sistemi di indicatori variamentecomposti. Le ricerche elaborate con particolareattenzione al tema <strong>della</strong> biodiversità, invece, risultanomeno diffuse, costituendo così un’interessantefrontiera di ricerca. Tra queste lo studio del 2003 diBunning e <strong>La</strong>ne porta a sintetizzare quali pressioni sullabiodiversità più importanti: il cambiamento dell’usodel suolo, l’inquinamento in generale, il cambiamentoclimatico e l’invasione delle specie alloctone. Lericerche sono comunque state realizzate soprattuttoa livello metodologico e applicate alla scala globale,mentre sono rare quelle realizzate alla scala locale.Quasi il 70% del territorio italiano ricade nell’EcoregioneMediterraneo Centrale, per un’estensione di quasi 21milioni di ettari, sommando anche la Corsica e le IsoleMaltesi si raggiungono i 21.794.798 ha. L’ecoregioneinclude poco più <strong>della</strong> metà del totale dei comuniitaliani (4.136 su 8.101) che ricadono per la maggiorparte in ambito collinare (poco più di 2000) e montano(1195 comuni) mentre una percentuale ridotta interessasubstrati pianeggianti.Tali caratteristiche mettono in evidenza la rilevanteattenzione che nelle politiche territoriali e di protezione<strong>della</strong> biodiversità devono assumere gli aspetti legatialla particolarità degli ambiti montani e collinari:le caratteristiche peculiari <strong>della</strong> dinamica sociodemografica(spopolamento, invecchiamento <strong>della</strong>popolazione, abbandono), economica (settore primarioe turismo) e ambientale (dissesto idrogeologico,cambiamenti climatici, utilizzo sostenibile delle risorse).L’uso del suolo: primo fattorecondizionante per la biodiversitàI fattori socio-economici che costituiscono potenzialidrivers di impatto (positivo e negativo) sulla biodiversitàsono molteplici. Da numerosi studi emerge che ilfattore principale condizionante la biodiversità, datii suoi caratteri distributivi, è rappresentato dall’usodel suolo, in considerazione delle potenzialitàdi impermeabilizzazione, di artificializzazione, diframmentazione e di inquinamento.Secondo una recente indagine Eurostat, il 7% delterritorio italiano, pari a circa 2,1 milioni di ettari,è interessato da artificializzazione, in termini dicementificazione. Ciò significa in particolare per labiodiversità la trasformazione di una risorsa rinnovabilequale quella del suolo in una risorsa non rinnovabile.Infatti, tale percentuale di territorio è interessato da© wwf-canon / c. doole© archivio wwf / c. dagainsediamenti, abitazioni, impianti, costruzioni, strade eferrovie. In generale, il totale <strong>della</strong> superficie agricolarisulta in forte diminuzione: i dati relativi ai censimentiIstat e disponibili presso il Corpo Forestale dello Statoregistrano una riduzione del 22% in un decennio


70 C O N T E S T O S O C I O - E C O N O M I C O D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L EB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 71(1990-2000), maggiore di 3 punti percentuali di quellariscontrata considerando l’intero territorio nazionale(-19%). <strong>La</strong>zio, Puglia, Emilia Romagna, Sicilia, Toscanae Sardegna risultano le regioni ove la superficie agricolae forestale supera il milione di ettari. Analizzando i datidisponibili alla scala regionale per quanto riguardal’uso del suolo, emerge come Molise e Basilicatarappresentino le regioni percentualmente menointeressate dalla presenza di aree artificiali. <strong>La</strong> Liguriapresenta invece nel panorama ecoregionale la maggiorpercentuale di aree boschive e semi-naturali mentre faregistrare i più bassi valori di territorio dedicato a usoagricolo. <strong>La</strong> Puglia, specularmente alla Liguria, presentala percentuale di territorio regionale interessata da areeagricole più elevata e la più ridotta di aree boschive esemi-naturali, segnalando la particolare predisposizioneall’erosione e alla desertificazione di tale regione.Per quanto riguarda la tipologia prevalente di areeagricole, la Basilicata e l’Emilia Romagna si distinguonoin particolare per presentare la più consistentepercentuale di superficie coltivata a seminativi e lapiù ridotta di colture permanenti, per la maggior parterappresentate da colture legnose. <strong>La</strong> Liguria, invece,presenta le più alte percentuali di suolo interessateda colture permanenti e da zone agricole eterogenee.Queste ultime, invece, risultano particolarmente ridottein Calabria, dato che denota una bassa biodiversitàdell’ambiente rurale.Assumendo una prospettiva diacronica, emerge comel’artificializzazione sia andata sempre aumentando daldopoguerra a oggi. In particolare, l’entità del costruitopuò essere in parte desunto dai dati relativi agli edifici,per la prima volta censiti dall’Istat nel 2001, chenell’ecoregione ammontano a 7.544.402 edifici, di cui il6,15% non è utilizzato.In generale si è assistito a una forte urbanizzazione <strong>della</strong>popolazione e conseguentemente all’espasione <strong>della</strong>cementificazione non solo delle cinture periurbane dellegrandi e medie metropoli ma anche <strong>della</strong> campagnadiffusa. Tale fenomeno si è verificato in tutte leregioni, con intensità diversa laddove gli strumenti dipianificazione si sono dimostrati più o meno capaci dimantenersi coerenti ai propri fini. Tutto ciò è avvenutoovviamente a scapito delle superfici agro-forestali,porzioni delle quali erano proprietà collettive che negestivano i cosiddetti usi civici. Tale peculiarità nellagestione del territorio non ha mai ricevuto la correttaattenzione dallo Stato e dalle Regioni quando, avendoradici storiche e quindi di particolare “sapienza”,potrebbero rappresentare dei riferimenti importantiper la rifunzionalizzazione sostenibile di alcuni ambititerritoriali. Tali superfici potrebbero essere stimate,mediamente, in circa 500 ha di terra boschiva epastorale per comune, per un totale del territorionazionale maggiore di 5 milioni di ettari.Altro fattore rilevante che ha comportatol’artificializzazione e l’estinzione degli habitat,contribuendo in particolar modo alla loroframmentazione, è rappresentato dall’aumento delleinfrastrutture viarie, in particolare delle autostrade. Unodegli indicatori più utili per valutare l’impatto almeno alivello indicativo delle infrastrutture di comunicazioneè rappresentato dalla cosiddetta densità delle stesse(lunghezza in metri delle infrastrutture rapportata agliettari di superficie, nell’ecoregione l’indicatore risulta dipoco inferiore alla media nazionale (6,3 m/ha contro 6,6m/ha) mentre per quanto riguarda la densità relativa allesuperfici protette, il dato medio risulta superiore rispettoal dato nazionale (3,6 m/ha contro 3,1 m/ha).<strong>La</strong> popolazioneL’aspetto demografico rappresenta una dellecaratteristiche più importanti nella definizione di unquadro socio-economico. Secondo una visione forsetroppo semplicistica, l’entità stessa <strong>della</strong> popolazionecostituisce una delle minacce più rilevanti perl’ambiente, tuttavia ragionando su scala internazionale ein termini di disponibilità di risorse pro capite, lo stile divita delle comunità è molto più significativo in qualità difattore di minaccia per la conservazione <strong>della</strong> natura e ilprelievo di risorse.In ambienti anticamente e profondamente antropizzaticome quelli oggetto d’indagine, l’evoluzione <strong>della</strong>biodiversità risulta strettamente connessa conle pratiche umane con le quali essa ha intessutoun rapporto biunivoco, anche positivo. Occorreinoltre sottolineare che in territori caratterizzati dallospopolamento come la maggior parte degli ambitimontani europei la diminuzione <strong>della</strong> popolazione,sebbene abbia contribuito a una maggiore estensione<strong>della</strong> componente boschiva, rappresenta nelquadro attuale un fattore di degrado culturale,sociale ed economico ma può anche portare a unasostanziale riduzione <strong>della</strong> biodiversità, in termini diomogeneizzazione del paesaggio e diminuzione dihabitat semi-naturali. <strong>La</strong> discussione qui espostadunque non deve essere interpretata come sempliceanalisi dei fattori di minaccia per la biodiversità, mabensì come chiavi di lettura dell’evoluzione di uncontesto più generale.Analizzando i dati demografici, la popolazione nelcontesto ecoregionale fa registrare una crescita inferiorerispetto a quella nazionale (1,7%), passando da36.820.274 nel 1982 a 37.445.644 nel 2004 (65% <strong>della</strong>popolazione nazionale). Il saldo positivo è soprattuttodovuto al contributo comportato dall’immigrazione.Considerando la densità <strong>della</strong> popolazione si nota chela media risulta inferiore alla media nazionale (179,21ab/kmq e 192,11 ab/kmq). Per quanto riguarda lalocalizzazione <strong>della</strong> popolazione e la sua dislocazionenegli ultimi anni emergono in Italia evoluzioni cheriflettono trend di lungo periodo, ossia quelli <strong>della</strong>sempre maggiore urbanizzazione delle società e <strong>della</strong>concentrazione sulle coste. Entrambi tali movimenticomportano evidenti problemi per la biodiversità, anchese di natura e in misura diverse.© wwf-canon / m. deprazL’agricolturaLe attività agricole e silvo-pastorali rappresentano leprime, e nel passato anche le più rilevanti, praticheumane che hanno prodotto profonde trasformazionidell’ambiente. Esse sono state anche interpretate,spesso, quali principali fattori di degrado e di estinzione<strong>della</strong> biodiversità, soprattutto con l’avvento <strong>della</strong>meccanizzazione e dell’agricoltura intensiva. Piùrecentemente il rapporto tra agricoltura e ambientesi è orientato in Europa verso un parziale riequilibrio.Il settore agricolo, infatti, sta vivendo una fase ditrasformazione strutturale a livello europeo e mondiale.In Italia secondo il più recente censimento Istat (2000)sono state registrate più di 2.000.000 di aziendeagricole (2.594.825), delle quali quasi i 2/3 ricadononell’ambito ecoregionale. <strong>La</strong> superficie agricola rilevataalla scala ecoregionale contribuisce per più del 70%ai valori di SAT (Superficie Agricola Totale) e di SAU(Superficie Agricola Utilizzata) nazionali. Il rapportoSAU/SAT ammonta al 69,2%, maggiore di circa duepunti percentuali rispetto al dato nazionale. Portandol’analisi alla scala regionale, in Sicilia, Puglia, Campaniae <strong>La</strong>zio si registra più <strong>della</strong> metà delle aziende agricoledell’ambito ecoregionale (55%), mentre Liguria eMolise (soprattutto in ragione delle relative ridottedimensioni) interessano circa il 3% delle aziende. InItalia, la superficie agricola disponibile per abitante è di0,23 ha mentre quella riferita al territorio ecoregionalerisulta superiore (0,26). Tali valori si mantengonocomunque significativamente al di sotto <strong>della</strong> media ditale indicatore registrato nell’Unione Europea. Occorreperò considerare che la complessità geograficadell’Italia insieme alla densità <strong>della</strong> popolazione sonoda considerarsi fattori che parzialmente spiegano talerealtà agricola nel panorama europeo.L’analisi diacronica dell’evoluzione <strong>della</strong> SAU (1992-2002) rende manifesta una diminuzione del 10,8%in Italia, valore più elevato <strong>della</strong> media UE a (15%),comportando una perdita netta di diversità degli agroecosistemi1 .1Prima <strong>della</strong> Seconda Guerra Mondiale in Italia venivano coltivate 400varietà di grano; oggi ne restano solo 205. Di 40 varietà di crucifere,solo 5 sono oggetto di coltivazione, mentre l’80% delle mele prodotteappartiene a 3 cultivar. Per quanto riguarda gli animali domesticila situazione è ancora peggiore. Di 30 varietà di bovini, 8 sonorappresentate da popolazioni in via di estinzione che contano meno di350 capi ciascuna, mentre il grosso dello stock nazionale di bovini ècostituito solo da 3 razze cosmopolite: la frisona, la bruna e l’italiana.


72 C O N T E S T O S O C I O - E C O N O M I C O D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L EB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 73In anni recenti è stata rilevata una crescita significativa<strong>della</strong> dimensione media aziendale, alla quale hacorrisposto il decremento del numero di aziendecon meno di 20 ha di SAU, in quanto probabilmentel’aumento delle superfici medie aziendali derivanosoprattutto dall’accorpamento di piccole aziende.È importante notare che la riduzione più significativaha interessato le aziende con meno di 2 ha di SAU,mentre l’incremento maggiore si è registrato per leaziende con 50 ha e oltre. Se risulta evidente chele aziende di piccole dimensioni hanno un ruololimitato nella composizione del valore economicodell’agricoltura, la relativa riduzione rappresentainevitabilmente un fattore negativo perché diminuisceil presidio del territorio, il valore culturale, turisticoe quindi anche economico e di norma contribuisceall’intensificazione dell’agricoltura. <strong>La</strong> stessa dinamicasi può rilevare per quanto riguarda il compartozootecnico che in Italia è stato interessato nel corsodegli anni ’90 da un processo di trasformazioneincentrato sulla concentrazione dei capi allevati in unminor numero di aziende e sulla specializzazione.Nel 2003 le colture prevalenti risultano i seminativi,interessando più <strong>della</strong> metà <strong>della</strong> SAT e <strong>della</strong> SAU inentrambi i casi. “I seminativi, coltivati su circa 7,3 milionidi ettari di superficie, sono complessivamente diminuitidel 9,7% rispetto al 1990, registrando un forte calo nelSud (-16%)”.<strong>La</strong> tipologia più numerosa di aziende è costituita daquelle con attività per autoconsumo e mercato, cheraggiungono circa 750.000 unità (40,7%) e sono diffusesoprattutto in collina.L’agricoltura, nel quadro dell’economia italianacontribuisce in modo ridotto all’ammontare del PILe del valore aggiunto, anche se è stato sottolineatocome in particolare per quest’ultimo nel 2004 ilsettore agricolo ha fatto registare una crescita, inparticolare nelle regioni del Centro e del Sud, rispettoa quanto avvenuto per altri settori. Gli scambi agroalimentaririsultano dominati dai prodotti dell’industriadi trasformazione, evidenziando il ruolo di paesetrasformatore dell’Italia.Portando l’analisi alla scala ecoregionale e regionale,inoltre, dieci regioni amministrative presentano uncontributo al valore aggiunto totale derivante da“agricoltura, silvicoltura e pesca” più elevato rispettoalla media italiana.Uno degli impatti più rilevanti dell’agricolturaattualmente è da ascriversi al diffuso utilizzo di sostanzedi sintesi per aumentare la produttività del settore.Tale utilizzo si è evoluto parallelamente al progressotecnologico ed è stato particolarmente sviluppato apartire dal Secondo Dopoguerra.Data l’importanza di tale settore, l’Istat rileva tramite uncensimento annuale la distribuzione a uso agricolo deifertilizzanti e dei prodotti fitosanitari. L’analisi diacronicadi tale dato nel periodo 1999-2002 fa emergere unadistribuzione di fertilizzanti sostanzialmente stabileper i concimi e i correttivi, mentre un lieve aumentodegli ammendanti. Per quanto riguarda i prodottifitosanitari (erbicidi, fungicidi, insetticidi, acaricidi evari altri) i dati sono relativi ai quantitativi immessi sulmercato e quindi derivanti dalla vendita e non dall’usoeffettivo. Nel periodo 1997-2003 si evidenzia che nelcomplesso sono diminuiti del 5,4%, calo rilevato intutte le categorie tranne in quella degli erbicidi cherisulta in crescita (+5,8%). Emergono alcuni dati positivi,risultato dell’applicazione delle misure agro-ambientalicomunitarie e nazionali: sono aumentati i prodotti diorigine biologica, che rimangono comunque marginali esi è ridotta la tossicità dei prodotti sia in valore assolutoche in percentuale (sebbene siano cresciuti sia i principiattivi contenuti nei prodotti sia la concentrazione deiprodotti fitosanitari, 4,12%).Anche il settore dell’economia forestale ha subito unaforte contrazione, marginalizzando la sua importanzanel quadro italiano. Negli ultimi trent’anni la produzionedi legno è calata dai 13 milioni di mc l’anno a meno di8 milioni. Negli anni ‘50 l’Italia era autosufficiente peril 60% del legno impiegato dall’industria mentre oggi,anche in seguito a un forte sviluppo dell’industria delmobile e per gli effetti indotti dalla globalizzazione deimercati, il legno nazionale contribuisce solo per il 17%.<strong>La</strong> Pesca<strong>La</strong> pesca è un’attività di prelievo che attualmenteesercita un rilevante impatto sugli ecosistemi marini.Tale pressione si ripercuote non solo sugli stockcommerciali, ma anche su uccelli, mammiferi, rettili e sumoltissimi altri organismi marini.I principali impatti ambientali derivanti dall’attività dipesca professionale possono essere classificati indue gruppi: danni alla biodiversità specifica e danniagli habitat. Il primo tipo di minaccia, in particolare,è riconducibile all’utilizzazione di attrezzi da pescanon selettivi, nonché al sovrasfruttamento dellespecie commerciali. Va comunque precisato che unosfruttamento sostenibile degli stock ittici commercialinon significa necessariamente la salvaguardia <strong>della</strong>biodiversità in senso lato e, pertanto, misure diconservazione ambientale saranno sempre necessarie.I dati Istat disponibili riguardanti l’attività di pesca, riferitial 2004, indicano che attualmente in Italia le attività diPesca, piscicoltura e servizi connessi rappresentano lo0,1% del valore aggiunto nazionale e il 3,2% del settoreprimario produttore di biomasse (agricoltura, silvicolturae pesca). <strong>La</strong> produzione ittica dell’Italia riferita al 2004è di 384 mila tonnellate derivante per la maggior partedalla pesca nel Mediterraneo (63%) e dall’acquacoltura(31%). Seguono la pesca in acque oceaniche (5%) e lapesca nei laghi e bacini artificiali (1%).Il sistema di pesca più diffuso è rappresentato dallapiccola pesca (60% delle unità); questo tipo di pesca,di tipo artigianale esercita la propria attività conimbarcazioni di piccole dimensioni e viene effettuataper lo più in zone costiere. Per questa ragione risentein maniera particolare <strong>della</strong> eccessiva antropizzazione<strong>della</strong> fascia costiera entrando in competizione contutte le varie attività che in essa si svolgono (es. pescasportiva). Nel 2004 si è registrata una riduzione <strong>della</strong>flotta rispetto all’anno precedente: il numero di battelliha subito una variazione di -4,7%, il tonnellaggio di-3,2% e la potenza motore di -3,3%.Confrontando i dati relativi al 2004 con quelli dell’annoprecedente si nota una riduzione non solo <strong>della</strong> flottama anche <strong>della</strong> produzione ittica ad indicare un generaleridimensionamento dello sforzo di pesca nonostanteun notevole aumento <strong>della</strong> domanda con conseguenteaumento delle importazioni di prodotti dall’estero.Le ragioni di tali riduzioni sono prevalentementerappresentate dal generale impoverimento delle risorsenaturali e dalle conseguenti politiche comunitarie volte acontenere tale fenomeno.<strong>La</strong> situazione generale italiana indica, quindi, unachiara contrazione in atto <strong>della</strong> produzione ittica,<strong>della</strong> flotta navale e dell’occupazione da inquadrarenel contesto delle nuove politiche comunitarie volte alimitare lo sforzo di pesca. L’importanza <strong>della</strong> pescanel Mediterraneo va ben oltre, infatti, il suo pesoeconomico: questa attività si integra nelle politicheambientali e di conservazione delle risorse biologichenonché nelle politiche alimentari di tutti i paesimediterranei.Le capacità produttive e la biodiversità degli ecosistemidevono essere mantenute a un livello elevato e nonsacrificate in favore di interessi a breve termine; soloil giusto equilibrio tra la flotta operante e le risorsedisponibili può garantire la stabilità economica delsettore e mantenere l’occupazione delle zone costiere.Il turismoAllo stato attuale emerge una sostanziale carenza divalori di riferimento capaci di informare sulle capacitàdi carico dei singoli ecosistemi e di indicatori specificirelativi all’impatto del turismo, risulta quindi arduoquantificare gli impatti economici, sociali e ambientalidi tale importante settore. L’Italia si situa al primo postonella Comunità Europea per il numero degli eserciziricettivi, con il 30,8% del totale e al secondo postocome numero di posti letto.Osservando il dato diacronico (1990-2003) in Italia siregistra una flessione per quanto riguarda il numerodi strutture mentre un aumento del 15,6% dei postiletto. In tale confronto di lungo periodo, inoltre, siosserva una diminuzione significativa degli esercizialberghieri (-7,8%) rispetto a un notevole aumentodelle strutture complementari (230%). Tale datoè generato dalle nuove normative regionali chehanno permesso il riconoscimento di strutture cheprecedentemente non venivano inserite nelle indaginisia per la diffusione di forme alternative di ricettivitàrispetto a quella alberghiera. Per quanto riguarda gliesercizi complementari interessa per la nostra analisila crescita nel periodo 2000-2003 degli alloggi agroturisticidel 39% in termini di esercizi e del 43,9% diposti letto.<strong>La</strong> distribuzione degli esercizi ricettivi, sia alberghierisia complementari, per area geografica mostra unaumento nel 2003 rispetto all’anno precedente nell’areasud e nelle isole. Dato interessante per comprendereil carico turistico sul territorio e quindi anche sullabiodiversità è quello relativo alla “densità turistica”(calcolata rapportando il numero di posti letto nellestrutture alberghiere alle rispettive popolazioni residenti).Nel panorama UE, l’Italia si situa al quinto posto con ilvalore dell’indicatore di 3,4%.


74 C O N T E S T O S O C I O - E C O N O M I C O D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L EB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 75In Italia il dato complessivo registrato per gli arrividel 2004 è stato di 85,9 milioni per 344,9 milioni dipernottamenti, con una permanenza media di 4,2 giorni.Il dato relativo alle presenze in rapporto al numero degliabitanti (indicatore particolarmente adeguato per fornireun quadro del carico turistico soprattutto in rapportoalla componente sociale <strong>della</strong> sostenibilità) è più elevatala Toscana, seguita dalla Liguria, dall’Emilia Romagna,dalle Marche, dall’Umbria e dalla Sardegna.Analizzando i flussi mensili, emerge come anche nel2004 la connotazione principale del turismo italiano siaquella stagionale, in particolare nei mesi estivi, ove siconcentra la maggiore affluenza turistica (sia italianache straniera, sebbene in quest’ultimo caso la finestrasia più ampia, ossia non solo agosto-luglio ma l’interoquadrimestre giugno-settembre).Tali dati relativi al turismo non sono però sufficientiper descrivere la complessità del turismo in quanto lestatistiche ufficiali non tengono conto del compartorappresentato dagli appartamenti per vacanze, settoreparticolarmente sviluppato in Italia. Infatti risulta chesolo lo 0,8% di tali strutture rientra in quelle rilevatedall’Istat e quindi rispondenti a normative regionali onazionali. Si stima infatti che il movimento turisticogenerato dalla case private risulta oltre due volte quellaufficiale con 729,2 milioni di presenze (stima per il 2003)rispetto a 344,4 ufficiali per un totale di 1.073,6 milioni.In termini di introiti, il turismo sulle coste italianecontribuisce per il 60%, seguito a distanza dalturismo d’arte e di città (17%), dal turismo montanoestivo (9,8%) e dal turismo montano invernale (3,8%)mentre in termini di presenze sulle coste italiane siconcentrano poco meno del 50% di quelle rilevate suscala nazionale. Tale comparto, però, presenta unaserie di criticità, da un lato, relative ai peculiari impatticoncentrati in aree di ecotono, pertanto connotate daparticolare fragilità e, dall’altro, legate essenzialmenteal proprio sviluppo. Analizzando i dati relativiall’urbanizzazione costiera, si nota come essa abbiasolo recentemente allentato la forte pressione in alcunezone. I problemi più generali riguardano oggi anche labalneabilità e l’erosione delle coste.Corsica<strong>La</strong> Corsica ricade all’interno dell’EcoregioneMediterraneo Centrale in ragione delle caratteristichefitogeografiche ed ecosistemiche del territorio.Essa, però, è stata considerata a parte rispettoalla trattazione dei territori italiani in quanto i datidisponibili risultano difficilmente omogenei conquelli rilevati in Italia. Nel territorio corso (8.680 kmq)emergono le problematiche legate agli ambienticostieri, variamente caratterizzati in ragione dellediverse origini geomorfologiche (1.047 km) e a quellimontani.Nel 1999, la popolazione censita era di 260.196abitanti, più concentrata nel Dipartimento <strong>della</strong>Haute Corse. Secondo i dati dell’ultimo censimentodell’agricoltura (1999-2000), in Corsica si registrano3.576 aziende per una superficie totale di 156.000ha. Negli ultimi vent’anni il numero delle aziende èdiminuito sensibilmente mentre il decremento relativoalla SAU è risultato più ridotto, denotando il fenomenodi accorpamento delle aziende. <strong>La</strong> tipologia di attivitàagricola prevalente in Corsica è quella zootecnicache interessa all’incirca il 60% delle aziende. Metà diqueste sono specializzate nell’allevamento estensivodi erbivori nei pascoli di cui è ricca la parte centraledell’isola. Un’altra attività caratteristica <strong>della</strong> Corsica èrappresentata dalla viticoltura.Date le caratteristiche territoriali <strong>della</strong> Corsica unsettore particolarmente sviluppato dell’economiasi sostanzia nel turismo. In un ventennio, il numerodi turisti si è quadruplicato mentre le potenzialitàdi accoglienza dell’isola sono state contabilizzatedall’ente statistico nazionale in 380.000 persone.<strong>La</strong> maggioranza delle presenze si concentra nelleresidenze secondarie che nel 1999 erano 58.977.<strong>La</strong> pesca in Corsica non risulta particolarmentesviluppata, al contrario dell’acquacoltura, avviata apartire dagli anni ’60. Questa è divenuta la secondaattività esportatrice di prodotti agricoli <strong>della</strong> regione,dopo la viticoltura, tanto che la Corsica risulta laterza regione produttrice di pesci adulti nel panoramanazionale francese prodotti da colture marine.Le Isole MaltesiL’arcipelago Maltese è costituito da tre isole maggioriMalta (245,7 kmq), Gozo (Ghawdex, 67,1 km2) eComino (Kemmuna, 2,8 km22), e altre minori.<strong>La</strong> superficie totale è di 316 km2. Queste sono situatenel Mediterraneo centromeridionale, a 95 km dallacosta <strong>della</strong> Sicilia e a 290 km dal punto più vicino <strong>della</strong>costa Nordafricana (Tunisia). L’arcipelago Maltese,colonia britannica, è stata proclamata Repubblica nel1974 mentre nel 2004 è entrato a far parte dell’UnioneEuropea.Il territorio è suddiviso amministrativamente in 6 regioni(Gozo e Comino, Occidentale, Porto esterno, Portointerno, Settentrionale, Sudorientale; la capitale èValletta).<strong>La</strong> popolazione stimata nel 2004 è di 402.668 abitanti,per lo più concentrati nelle regioni di Porto esterno edi Porto interno. Essa non risulta significativamenteaumentata rispetto al 1995. <strong>La</strong> densità media <strong>della</strong>popolazione è di 1.274 ab/km2, dato che rappresentauno dei valori più alti al mondo e di gran lungamaggiore <strong>della</strong> media europea (118 ab/km2).Il territorio per lo più è montano con coste alte earticolate e il substrato è povero di materie prime.Per questi motivi l’economia è essenzialmente basatasul turismo che fa registrare più di 1 milione di ingressiall’anno (2004). <strong>La</strong> cooperazione transfrontaliera traItalia e Malta è stata recentemente incentivata tramitebandi specifici, grazie anche al recente ingressonell’Unione Europea.Secondo il Rapporto sullo Stato dell’Ambiente di Maltai maggiori drivers socio-economici che influenzanolo stato dell’ambiente e <strong>della</strong> biodiversità sonosostanziati nei cambiamenti degli stili di vita degliabitanti, nell’aumento eccessivo del parco auto e <strong>della</strong>crescente domanda in termini energetici.© wwf-canon / m. gunther


7. Analisi del contestopolitico e amministrativo© wwf-canon / m. gunther7677Pur restando fermi i riferimenti culturali e concettualilegati alla biologia <strong>della</strong> conservazione, l’attuazione<strong>della</strong> <strong>Conservazione</strong> Ecoregionale deve avvenireapplicando la metodologia tenendo in considerazionei contesti ambientali, ecologici, sociali, economicie politici tra loro diversi. Attuare la <strong>Conservazione</strong>Ecoregionale nel bacino del Congo, nel Mare di Bering oin Nepal è oggettivamente diverso rispetto alle Alpi o alMediterraneo centrale.Adattare la metodologia per l’attuazione <strong>della</strong><strong>Conservazione</strong> Ecoregionale allo specifico contestoesterno non significa solo definire una metodologiaappropriata dal punto di vista tecnico scientifico per ladefinizione <strong>della</strong> Biodiversity Vision e dei diversi pianidi azione, in relazione alle informazioni disponibili,alle competenze coinvolte, alle risorse umane efinanziarie investite, ma definire anche un’opportuna especifica strategia politico istituzionale che consentadi integrare gli obiettivi di conservazione individuatinella Biodiversity Vision nelle politiche settoriali di© wwf-canon / m. rautkariogni singolo Stato e nelle sue diverse articolazioniistituzionali ed amministrative.L’Ecoregione Mediterraneo Centrale, interessaessenzialmente l’Italia e solo marginalmente, almeno intermini di superficie, altri Stati (la Francia con la Corsica eMalta), da ciò deriva che l’attuazione <strong>della</strong> <strong>Conservazione</strong>Ecoregionale nel Mediterraneo Centrale è determinataessenzialmente dall’assetto istituzionale e amministrativodello Stato italiano e la conseguente ripartizione dellecompetenze tra Ministeri e Regioni nella gestione dellediverse normative che direttamente o indirettamenteinteressano la conservazione <strong>della</strong> biodiversità.L’analisi del contesto politico e amministrativo, svoltoper l’Italia, ha messo in evidenza alcuni aspetti checondizioneranno inevitabilmente l’attuazione <strong>della</strong><strong>Conservazione</strong> Ecoregionale per il Mediterraneo Centrale,di cui sarà opportuno tenere conto nella definizione deipiani di azione previsti dalle fasi di sviluppo del processosuccessive alla Biodiversity Vision.1. Il valore <strong>della</strong> ‘’biodiversità’’ viene sottostimatoda politici, parti sociali, società civile. Esso vienepercepito essenzialmente in funzione di unavalorizzazione economica e opportunità di marketingterritoriale. I mercati e le politiche economiche sonoinfatti fallimentari nella valutazione <strong>della</strong> biodiversitào <strong>della</strong> conservazione degli ecosistemi. In generale,si riscontra scarsa remunerazione per la tutela<strong>della</strong> biodiversità e scarse penalizzazioni per chi ladistrugge, un sistema su cui pesa l’ignoranza deibenefici economici <strong>della</strong> conservazione dei sisteminaturali o i costi <strong>della</strong> perdita di biodiversità. Unsistema in cui pesa anche la scarsa conoscenzadei valori reali degli ecosistemi e come questi valorivengono condizionati da diverse forme di gestione.2. Mancata o inadeguata attuazione di Convenzioniinternazionali e Direttive dell’Unione Europea relativeo connesse alla tutela <strong>della</strong> biodiversità (CBD, Natura2000, VAS, VIA, Direttiva Acque <strong>della</strong> UE). Scarsaconsiderazione da parte di Amministratori pubblicio decisori politici per gli impegni formali assuntiin sede internazionale se il loro mancato rispettonon comporta delle sanzioni dirette ed efficacinell’immediato, in particolare con penalizzazioni dinatura economica o finanziaria. L’impegno formaleassunto in sede internazionale non può comunqueessere del tutto ignorato da parte dei diversi Entipubblici ed è in aumento l’attenzione verso gli effettinegativi determinati dalla mancata attuazione ditrattati e norme internazionali, anche per conseguenteperdita d’immagine all’estero. <strong>La</strong> perdita di credibilitàe un discredito a livello internazionale può tradursifacilmente in una perdita di competitività sui mercati.3. Approccio eccessivamente burocratico da partedegli Enti pubblici competenti nella gestione <strong>della</strong>diversità biologica. Si definiscono piani e programmiessenzialmente se imposti da Direttive o dallenormative nazionali, si applicano le norme solo perevitare le possibili sanzioni penali o amministrative.Se la normativa quadro nazionale non prevedesanzioni resta generalmente inapplicata da partedei diversi enti locali (come già accade per leConvenzioni internazionali, con l’aggravante che perl’applicazione delle norme nazionali e regionali vienemeno anche l’incentivo dell’impegno per evitareun possibile discredito a livello internazionale).<strong>La</strong> scarsa attenzione al valore <strong>della</strong> biodiversitàemerge anche dal ritardo con cui viene attuata laRete Natura 2000 come previsto dalle Direttivedell’Unione Europea, Habitat ed Uccelli, sia nelladefinizione ultima dei siti di interesse comunitario edelle zone di protezione speciale che nell’avvio deiprevisti piani di gestione, oltre che nella definizionedei corridoi ecologici. Anche in questo caso idecisori politici nazionali e regionali non hanno unatteggiamento pro-attivo ma sembrano operare,nella generalità dei casi, sotto la minaccia delleinfrazioni e sanzioni europee.4. Il potere sostitutivo dello Stato sulle Regioni o altriEnti locali inadempienti, se previsto dalla norma,non viene mai esercitato. Il conflitto di competenzeche si determina con la sistematica interpretazionestrumentale del principio di ‘’sussidiarietà’’nel decentramento amministrativo, comportanell’operatività una sistematica concertazione daparte dello Stato con le Regioni e gli altri Enti Localiper tutti gli aspetti applicativi <strong>della</strong> conservazione<strong>della</strong> diversità biologica, nonostante dopo la riformadel Titolo V <strong>della</strong> Costituzione sia rimasta unamateria di competenza esclusiva dello Stato. Nellaconcertazione tra Stato e Regioni sulla tutela prevalegeneralmente ancora la gestione finalizzata allavalorizzazione economica del patrimonio naturale.5. <strong>La</strong> realizzazione di progetti per la conservazione<strong>della</strong> biodiversità è possibile, prevalentemente,se disponibili risorse economiche aggiuntive albilancio ordinario degli Enti pubblici. Gli obiettivi diconservazione vengono individuati in relazione allamaggiore possibilità di attivare risorse finanziariefuori bilancio ordinario. I progetti sono in prevalenzafinalizzati alla valorizzazione del patrimonio naturale.<strong>La</strong> tutela <strong>della</strong> biodiversità non è comunque unapriorità nelle agende dei governi, se imposta dauna normativa viene percepita da Amministratori


78 A N A L I S I D E L C O N T E S T O P O L I T I C O E A M M I N I S T R AT I V OB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 79e stakeholder essenzialmente come un vincolo,un limite alle attività antropiche ed economiche,da compensare comunque sempre attraversouna possibile valorizzazione. I progetti non sonocomunque funzionali ad una strategia nazionale,regionale o di area vasta.6. L’attenzione del Governo centrale e delle Regioniappare concentrata sulla definizione e attuazione dipiani e programmi di infrastrutturazione del Paesee c’è il rischio concreto che la stessa pianificazioneterritoriale, derivata dal nuovo Codice dei beniculturali e del paesaggio (Codice Urbani), più checoncentrarsi sugli aspetti paesistici, naturalistici edambientali definisca le varie valenze e destinazioniterritoriali ancora una volta essenzialmente sullacentralità degli insediamenti e sulle servitù impostedalle grandi reti infrastrutturali.7. In questo quadro anche il rispetto delle regolee delle procedure comunitarie sulla VAS e sullaVIA e l’aggiornamento tecnico-disciplinare sulla© archivio wwf / m. lippericentralità <strong>della</strong> biodiversità nel valutare pianiprogrammi e progetti sono disattesi dalle pubblicheamministrazioni, peraltro non favorite da unquadro legislativo che, dapprima, con la normativaspeciale sulle infrastrutture strategiche e, poi,con la Legge Delega Ambientale mirano più allacompatibilizzazione degli interventi che alla lororeale valutazione nel quadro di una valutazionecomparativa delle soluzioni a minore impattoambientale.<strong>La</strong> biodiversità e il paesaggio deve essere un tematrasversale nelle politiche di gestione del territorio.Purtroppo l’attuale struttura amministrativa degli entiè organizzata per settori spesso non comunicanti traloro. Questa inadeguatezza genera conflitti e rendedifficile creare quelle sinergie di obiettivi e di risorse,indispensabili per una gestione sostenibile di un sistemaambientale complesso.<strong>La</strong> normativa regionalesulla tutela <strong>della</strong> biodiversitàNella redazione <strong>della</strong> Biodiversity Vision è sicuramentedi grande importanza la ricognizione del quadronormativo esistente nelle Regioni italiane in materia ditutela <strong>della</strong> biodiversità o comunque delle normativela cui applicazione ha conseguenza più o meno direttesulla conservazione degli habitat e delle specie animalie vegetali.È necessario premettere che in Italia la ripartizionedi competenze legislative tra Stato e Regione èstata recentemente rivista dalla legge costituzionale3/2001, che ridisegna il Titolo V <strong>della</strong> Costituzione.Il nuovo Articolo 117 <strong>della</strong> Costituzione - così comemodificato dalla L. 3/2001 - ha mantenuto in capoallo Stato la “legislazione esclusiva” in alcune materieritenute di rilevanza nazionale o internazionale, tra lequali la “Tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e deibeni culturali” (art. 117 Costituzione, comma II, letteras). Inoltre, a seguito di questa importante riforma, laCorte Costituzionale è tornata ad esprimersi sullanozione giuridica di “tutela dell’ambiente”, stabilendoche questa non può ritenersi una singola “materia”,ma è da considerarsi un valore “trasversale”,costituzionalmente protetto, in funzione del quale loStato può dettare standard di tutela uniformi sull’interoterritorio nazionale.Se pertanto la materia <strong>della</strong> tutela dell’ambiente rimanenelle competenze dello Stato, è vero anche che aseguito delle due leggi note come “Leggi Bassanini”e del successivo Decreto legislativo, una lunga lista difunzioni e di compiti amministrativi anche nel campo<strong>della</strong> tutela ambientale sono diventati comunquedi competenza delle Regioni e degli enti locali. Inparticolare il principio di fondo è che allo Stato, equindi al Ministero dell’Ambiente, rimangono i poteririguardanti la fissazione dei principi generali e dei criteridi base, mentre alle Regioni, e da queste agli enti locali,spetta il compito di programmare e gestire direttamentegli interventi sul territorio.Risultano pertanto decisive le competenze delle Regioninel campo <strong>della</strong> tutela <strong>della</strong> biodiversità, basti pensarealle Leggi ed ai provvedimenti regionali sulle areeprotette, sulla caccia, sulla tutela <strong>della</strong> fauna e <strong>della</strong>flora, sulla gestione forestale, sulla difesa del suolo, aiprovvedimenti di attuazione del D.P.R. 357/97, per nondire degli atti di pianificazione territoriale ed urbanistica,anche alla luce del nuovo Codice dei beni culturalie del paesaggio, che determineranno in manierafondamentale il destino di buona parte delle risorsenaturali del territorio dell’ecoregione.In questo quadro normativo è quindi di fondamentaleimportanza per l’attuazione <strong>della</strong> <strong>Conservazione</strong>Ecoregionale, l’analisi del quadro normativo regionale dicontesto entro cui individuare e pianificare le strategie diconservazione.L’analisi <strong>della</strong> normativa regionale svolta nell’ambitodel processo di definizione <strong>della</strong> Biodiversity Visionha avuto come oggetto le leggi ed i decreti emanatidalle Regioni italiane interessate dall’EcoregioneMediterraneo Centrale, nelle seguenti materie:acqua, aree protette, biodiversità, boschi e foreste,caccia e pesca, cave e miniere, energia eolica, florae fauna, grotte, habitat naturali, opere pubbliche,pianificazione paesaggistica, urbanistica, rete natura2000, valutazione di impatto ambientale e valutazionedi incidenza. Sono state considerate quindi le 13Regioni italiane dell’Ecoregione Mediterranea: Sicilia,Sardegna, Calabria, Basilicata, Campania, Puglia,Molise, Marche, <strong>La</strong>zio, Toscana, Emilia Romagna,Liguria e Veneto. In totale sono state individuati 392provvedimenti tra leggi e decreti.Il quadro che emerge dall’indagine è piuttostoarticolato e disomogeneo, determinato soprattuttodalla mancanza di una legge quadro di tutela <strong>della</strong>biodiversità in tal senso non ha certo semplificatole cose. Si considerano di seguito i dati rilevati sullenormative specifiche di tutela <strong>della</strong> biodiversità, inparticolare quelle relative alla tutela <strong>della</strong> flora e <strong>della</strong>fauna e quelle relative alle aree protette, alla rete natura2000 e alla caccia.Tutela <strong>della</strong> fauna, flora e degli habitatAd oggi solo la Regione Toscana ha emanato unanormativa generale di tutela <strong>della</strong> biodiversità. Le altreRegioni hanno invece una serie di normative specificheper la tutela <strong>della</strong> flora, <strong>della</strong> fauna o degli habitat. Inparticolare 5 Regioni (Abruzzo, <strong>La</strong>zio, Liguria, Molise,Veneto) hanno leggi sulla tutela <strong>della</strong> fauna minore,8 sulla tutela <strong>della</strong> fauna ittica (Abruzzo, Basilicata,Calabria, Emilia, Liguria, Marche, Molise, Veneto),2 sulla tutela di specie faunistiche rare (Abruzzo eMolise).© archivio wwf / o. chiaradia


80 A N A L I S I D E L C O N T E S T O P O L I T I C O E A M M I N I S T R AT I V OB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 81In materia di tutela <strong>della</strong> flora l’Abruzzo, la Campania,l’Emilia e la Liguria si sono dotate di specifichenormative, mentre Molise e Veneto hanno legiferatosulla tutela degli alberi monumentali. Dei 392provvedimenti esaminati solo 4 riportano nel titoloil termine “biodiversità”: Questo dato è sicuramenteindicativo di come la tutela <strong>della</strong> biodiversità stenti adessere considerata come un obiettivo primario da partedei legislatori regionali.Aree naturali protetteTutte le Regioni hanno recepito la Legge quadrosulle aree protette. Secondo l’elenco ufficiale dellearee naturali protette, in Italia sono istituiti 105 parchiRegionali per un’estensione di 1.175.110 ha, 335 riserveregionali per un’estensione di 214.221 ha e 141 altrearee protette regionali per un’estensione di 57.249ha. Ci troviamo di fronte sicuramente ad un buonrisultato quantitativo, che certamente corrisponde alleaspettative di tutela e valorizzazione di molte delle areeprioritarie individuate per l’ecoregione, cui però non© archivio wwf / f. bulgarinicorrisponde spesso un’efficace e significativa tutela deivalori di biodiversità.L’attività delle Regioni, infatti, non appare ancoraconvincente sotto il profilo <strong>della</strong> qualità delle gestioni nésono sufficienti gli investimenti sino a ora effettuati percreare un efficace ed efficiente sistema di aree protette,in grado di assicurare in via prioritaria la conservazione<strong>della</strong> natura e delle sue risorse. Manca soprattutto unapolitica di sistema che coinvolga con un ruolo attivo glienti di gestione dei parchi e delle riserve naturali in unacomune strategia con obiettivi condivisi per la tutela<strong>della</strong> biodiversità. In particolare si rileva come moltearee protette non abbiano ancora negli enti di gestione,direttori, personale, tabelle di perimetrazione, piano delparco e piano economico sociale. A ciò si aggiunganofattori di crisi più strumentali come le perimetrazioniridotte per motivi speculativi, numerosi compromessicon gli interessi privati.Nel complesso, l’Emilia Romagna, la Sicilia, la Toscana,le Marche e l’Abruzzo sono le Regioni che hannoassegnato più fondi alle aree protette e con una discretaqualità <strong>della</strong> loro gestione.Rete Natura 2000Il progetto Rete Natura 2000 nasce per essere unsistema coordinato e coerente di aree destinate allaconservazione <strong>della</strong> diversità biologica presentenei territori dell’Unione e in particolare alla tuteladi una serie di habitat e specie animali e vegetaliappositamente individuati.<strong>La</strong> rete Natura 2000 nasce dall’applicazione <strong>della</strong>Direttiva Uccelli (n. 79/409/CE) e <strong>della</strong> DirettivaComunitaria Habitat (n. 92/43/CEE). Quest’ultima haavuto la sua attuazione in Italia con un decreto cheaffida alle Regioni e alle Province autonome il compitodi adottare le misure necessarie a salvaguardare etutelare i proposti siti di importanza comunitaria. Inparticolare l’art. 4 affida alle Regioni il compito diassicurare per i siti opportune misure per evitare ildegrado degli ambienti naturali, degli habitat di specie,nonché la perturbazione delle specie per cui le zonesono state designate, nonché di adottate le misure diconservazione necessarie che implicano all’occorrenzaappropriati piani di gestione specifici o integrati ad altripiani di sviluppo.L’art.5, inoltre, impone per progetti o programmiche insistono nei siti, la valutazione di incidenzaper individuare gli effetti che i piani o i progettipossono avere sui siti tenuto conto degli obiettivi diconservazione dei medesimi. Nel recepire il decreto357/97, le Regioni hanno preso sino a oggi iniziative inmodo settoriale procedendo quasi esclusivamente sullabase di esigenze contingenti, prima fra tutte la necessitàdi adottare la valutazione di incidenza, eccezione fattaper la Toscana che si è dotata di un organico strumentolegislativo per la gestione complessiva del territorio aifini <strong>della</strong> conservazione <strong>della</strong> natura.Ad oggi comunque tutte le Regioni hanno emanatoproprie deliberazioni in applicazione <strong>della</strong> DirettivaHabitat e del D.P.R. 357/97. I provvedimenti intrapresidalla amministrazioni riguardano per la maggior partela valutazione di incidenza, l’elenco ufficiale dei SICe delle ZPS e, di recente, per alcune regioni, le primeindicazioni riguardanti la pianificazione e la gestionedei siti. In particolare le Regioni che hanno definito ilproprio elenco di SIC con legge sono il <strong>La</strong>zio, l’Umbriae la Toscana, mentre la Basilicata, l’Emilia Romagna,la Liguria, le Marche, la Sicilia ed il Veneto, hannoemanato apposite delibere di Giunta Regionale. Perquanto riguarda l’individuazione delle ZPS, le Regioniche hanno emanato appositi provvedimenti sono: laBasilicata, la Campania, l’Emilia Romagna, la Liguria, leMarche, la Sardegna e il Veneto.Quanto alla valutazione di incidenza, le regioni hannocominciato a recepirla nelle propria normativa sindal 1998. <strong>La</strong> prima Regione a citare la valutazione diincidenza nella propria normativa è stata la Toscana.Le Regioni che applicano direttamente l’articolo 5 delDPR 357/97 sono l’Umbria, il <strong>La</strong>zio, il Molise e la Sicilia.Vi è poi un altro gruppo di regioni formato da Marche,Sardegna e Campania che hanno inserito la valutazionedi incidenza negli atti che riguardano la VIA. L’Abruzzo,la Basilicata, la Calabria, la Liguria, la Puglia ed ilVeneto hanno normato con apposite delibere di giuntaregionale. L’Emilia Romagna infine ha disciplinato lamateria con una recente legge regionale.L’altro blocco di provvedimenti emanati dalle regioniin merito all’attuazione del DPR 357/97 riguardanole linee guida per la redazione di piani di gestione ela regolamentazione sostenibile dei SIC e ZPS. In talsenso hanno provveduto ad emanare provvedimentiamministrativi il <strong>La</strong>zio, la Liguria, le Marche, laSardegna, la Sicilia, l’Umbria ed il Veneto. Tra questiprovvedimenti degno di particolare attenzione è ladelibera del <strong>La</strong>zio per l’approvazione delle linee guidaper la redazione di piani di gestione dei SIC e ZPS,per il modo puntuale e tempestivo con cui recepiscele Linee Guida per la gestione dei Siti Natura 2000 delMinistero dell’Ambiente. Particolarmente interessantisono inoltre la già citata legge <strong>della</strong> Toscana e larecente legge dell’Emilia Romagna sulla disciplina <strong>della</strong>formazione e <strong>della</strong> gestione del sistema regionale dellearee naturali protette e dei siti <strong>della</strong> Rete Natura 2000,che provvedono a disciplinare in modo organico i siti<strong>della</strong> Rete natura 2000 all’interno del sistema delle areeprotette regionali.Attività venatoriaTutte le Regioni hanno emanato leggi in attuazione<strong>della</strong> legge sul prelievo venatorio. Questa legge,che ha segnato un importante punto di svolta nellaregolamentazione dell’attività venatoria in Italia,attribuisce alle Regioni compiti e funzioni per ladisciplina del prelievo venatorio, lasciando invece alloStato la definizione di standard di tutela nazionali per lafauna selvatica. <strong>La</strong> legge, in generale, definisce i criteri


82 A N A L I S I D E L C O N T E S T O P O L I T I C O E A M M I N I S T R AT I V OB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 83a cui si devono attenere le Regioni nell’approvazionedel calendario venatorio e fissa tassativamente itempi, le specie, i mezzi e i modi per l’attuazione<strong>della</strong> caccia programmata. Non vi sono praticamenteeccezioni a tali criteri tranne quelle, comunque previstedalla legge, che si riferiscono alla possibilità di “preapertura”ai primi di settembre per alcune speciesolo con un preventivo parere INFS, o nel caso <strong>della</strong>deroga prevista per il prelievo di alcune specie. Al difuori di tali casi, si considera tassativo da parte delleRegioni il rispetto completo <strong>della</strong> legge nazionale.Purtroppo però, negli anni questa chiara e definitadisciplina è stata spesso disattesa dalle Regioni che sisono comportate con una certa “autonomia”, in alcunicasi anche violando i dettami nazionali e più spessotentando di raggirare i vincoli imposti per una corretta,e armonizzata, applicazione <strong>della</strong> normativa vigente sulterritorio. Così ogni anno, dal 1992 in poi, la caccia siè aperta in molte regioni all’inizio di settembre, anchesenza il parere dell’INFS, e ha di fatto costituito unprolungamento <strong>della</strong> stagione venatoria che invece,dal dettame normativo nazionale, dovrebbe andaredalla terza settimana di settembre a fine gennaio. Taleapertura anticipata, in realtà, è stata spesso oggettodi ricorsi amministrativi da parte delle Associazioniambientaliste e i TAR hanno di sovente sospeso iprovvedimenti regionali in favore del rispetto <strong>della</strong>normativa nazionale.Si aggiunga a tale abitudine anche quella di volerattuare annualmente le deroghe previste dalla direttivaUccelli con la previsione di poter prelevare speciedi uccelli protetti con motivazioni non conformia quanto prescritto dalla direttiva stessa, che,comunque, impedisce di attuare le deroghe per solifini venatori. Anche in questo caso sono stati moltii ricorsi amministrativi. Tale comportamento checontrastava radicalmente con l’eccezionalità insita inun provvedimento di deroga, è diventato, soprattuttoin alcune regioni, un sistema per raggirare la lista dellespecie cacciabili ampliandola, il che ha provocato anchela condanna dell’Italia da parte <strong>della</strong> Corte di Giustiziaeuropea per violazione <strong>della</strong> Direttiva Uccelli. A taliviolazioni, aggiungiamo poi le “peculiarità” regionalitradottesi in apertura alla pratica dell’uccellagione(rientrante, tra l’altro tra i reati venatori), caccia agliungulati tutto l’anno, prolungamenti <strong>della</strong> stagione a finefebbraio, all’approvazione di provvedimenti in violazionedelle regole sui richiami vivi, l’autorizzazione di cacciasulla neve ed altre pratiche illecite che hanno mostratouna volontà ferma delle Regioni di voler tradurre in pura“gestione” regionale quella attività che invece la leggenazionale chiama e riconosce come esercizio ricreativoche può essere fatto solo se sono garantite le misuredi tutela <strong>della</strong> fauna selvatica nell’interesse nazionale einternazionale.Negli ultimi 5 anni, poi, la situazione regionale si ètradotta in comportamenti ancora più “regionalistici”sulla base di un’interpretazione scorretta <strong>della</strong> riformafederalista dello Stato attuata con l’approvazione di unnuovo Titolo V <strong>della</strong> Costituzione. Così molte regionihanno sostenuto di poter “gestire” l’attività venatoria inpiena autonomia dalla normativa nazionale ed hannoapprovato leggi e calendari venatori in totale violazione<strong>della</strong> legge nazionale. A porre un freno a tali misure èintervenuta la Corte Costituzionale che ha fissato nuoviprincipi riconoscendo che la tutela <strong>della</strong> fauna selvaticaspetta esclusivamente allo Stato.territorio, la rete ecologica e tutti gli altri indirizzi digoverno. Dovrebbe essere questa la via maestra per unpercorso atto a ridurre le conflittualità e a interiorizzarele istanze legate alla biodiversità.Un altro obiettivo da perseguire dovrà essere unamaggiore integrazione, soprattutto nella fase dipianificazione, tra le normative di conservazione <strong>della</strong>natura, di difesa del suolo e di urbanistica; se risultacarente infatti la normativa di tutela <strong>della</strong> biodiversità,altrettanto carente è la sinergia e coerenza tra i diversistrumenti di pianificazione generale e di settore(Piani di inquadramento territoriale, Piani territoriali diCoordinamento, Piani di bacino, Piani attività estrattive,Piani di sviluppo rurale, Piani faunistico-venatori, Piani disviluppo regionali).È fondamentale invece che tale coordinamento siagarantito e la tutela <strong>della</strong> biodiversità sia consideratacome un obiettivo trasversale nei vari piani di settore.Anche in questo caso si citano due esperienzesignificative come quelle <strong>della</strong> Regione Umbria e <strong>della</strong>Regione Basilicata. <strong>La</strong> Regine Umbria, già nel suo PianoUrbanistico Territoriale fa riferimento ai siti SIC e ZPS ericonosce alla biodiversità valore prioritario.© archivio wwf / f. bulgarini<strong>Biodiversità</strong> e governo del territorioIn Italia manca una politica di sistema che possagarantire una reale ed efficace conservazione e gestionedelle risorse naturali.In tal senso è urgente una Legge quadro nazionale sullabiodiversità che possa poi essere recepita dalla singoleregioni in modo che queste possano organizzare in untesto unico le varie normative sul tema e individuarequindi come obiettivo strategico la costruzione delle retiecologiche regionali.Significative in tal senso le esperienze <strong>della</strong> Toscanae dell’Emilia Romagna che provvedono a disciplinarein modo organico i siti <strong>della</strong> Rete natura 2000 e ilsistema delle aree protette regionali, che nell’insiemecontribuiscono alla composizione delle reti ecologicheregionali. Anche le Marche e la Calabria hanno volutoimpostare le linee guida per la realizzazione delle retiecologiche con l’obiettivo di tutelare in maniera organicale risorse naturali regionali.<strong>La</strong> Regione Liguria attiverà in autunno un progettodi rete ecologica come parte integrante del PianoTerritoriale Regionale, con l’evidente obiettivo di tentaredi integrare nello strumento regionale di governo del<strong>La</strong> Regione Basilicata con la disciplina <strong>della</strong>pianificazione territoriale ed urbanistica, individua lacompatibilità delle azioni dei piani con l’integrità fisicae culturale dei luoghi e la tutela e la valorizzazionedelle risorse e dei beni territoriali per garantirnela fruizione alla presenti e future generazioni.Individua poi quale oggetto dei piani il sistemanaturalistico-ambientale <strong>della</strong> regione costituito dalterritorio non interessato agli insediamenti ma conquesto interagente nei processi di trasformazione,conservazione e riqualificazione territoriale. Nelsuddetto sistema naturalistico ambientale la leggeprevede che debbano essere individuate le unitàgeomorfologiche e paesaggistico ambientali, i corridoidi continuità ambientale, gli areali di valore, gli arealidi frattura <strong>della</strong> continuità morfologico ambientale: inpratica gli elementi necessari per la realizzazione dellereti ecologiche.Tutte le Regioni, nel loro ruolo di soggetti preposti allapianificazione del territorio, dovranno in prospettivaindividuare obiettivi ed interventi prioritari per la tutela<strong>della</strong> biodiversità, da perseguire ed attuare attraversopolitiche di sistema coerenti ed efficaci. In tal sensoil processo di <strong>Conservazione</strong> Ecoregionale potràsicuramente offrire un valido e concreto contributo.


84 A N A L I S I D E L C O N T E S T O P O L I T I C O E A M M I N I S T R AT I V OB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E85Da un punto di vista comunitario e mediterraneo Maltariveste un ruolo del tutto particolare in considerazione<strong>della</strong> sua collocazione geografica e del suo essere dapoco entrata nell’Unione Europea.Come risultato dell’ingresso dell’Arcipelago Maltesenell’Unione Europea, sono state recepite anchetutte le Direttive di carattere ambientale così comeimposto dall’acquis communautaire; di conseguenza lalegislazione ambientale è stata adeguata o è in corso diadeguamento per renderla omogenea rispetto a quelladegli altri Stati membri.<strong>La</strong> legislazione maltese sulla protezione <strong>della</strong> natura hapiena applicazione in tutto il territorio sul quale vige lagiurisdizione nazionale e rappresenta lo strumento legalepiù diretto e appropriato per la conservazione <strong>della</strong> localebiodiversità.Le più importanti leggi relative alla conservazione<strong>della</strong> natura sono la Legge per la Protezionedell’Ambiente (Environment Protection Act) e la leggeper la Programmazione dello Sviluppo (DevelopmentPlanning Act).L’Environment Protection Act assegna al Ministerodell’Ambiente la responsabilità e la possibilità dipromuovere leggi di tipo subordinato e sussidiario, manon rappresenta l’unico strumento di protezione <strong>della</strong>natura nell’Arcipelago Maltese.Filfla rappresenta l’isola dell’arcipelago sottoposta alpiù rigoroso regime di conservazione, una legge del1988 (Filfla Nature Riserve Act) ne dispone la protezionerigorosa e ne limita l’accesso, tutte le specie di florae fauna sono protette. Anche per l’Isola di Saint Paul(Selmunett) vigono restrizioni di accesso ed è vietataqualsiasi forma di prelievo di flora e/o fauna, normeanaloghe vigono anche per la piccola isola di Fungus dipertinenza dell’Isola di Gozo.Malta ha recepito la Direttiva Uccelli e la DirettivaHabitat, abrogando tra l’altro la precedente legislazionein relazione alla protezione degli uccelli e avviandoil processo di individuazione di una lista di siti diimportanza comunitaria. Anche la Direttiva comunitariaquadro Acque è stata recepita.I mammiferi marini sono tutelati in virtù <strong>della</strong> LN203/2003, in particolar modo per quello che riguardai cetacei e la foca monaca. Anche tutte le specie direttili terrestri e marini sono protetti, in particolare sonoprotetti i sauri endemici e le tartarughe marine. Fra imammiferi terrestri, il coniglio selvatico autoctono èinteressato da una legge che ne regolamenta il prelievovenatorio.Per quello che riguarda la flora, il patrimonio arboreoè in gran parte protetto sia per quanto concernele specie sia rispetto agli esemplari vetusti. <strong>La</strong>stessa legge stabilisce anche una lista di speciealiene invasive che non possono essere propagate,piantate o vendute nel territorio di Malta, ma chevengono attivamente estirpate a cura del Ministerodell’Ambiente. <strong>La</strong> flora è inoltre protetta da unaspecifica legge che proibisce le attività potenzialmentedannose per le numerose specie indicate negli allegati.Malta ha anche recepito sia la normativa internazionaleche regola il commercio internazionale di flora e fauna(CITES) e sia la Convenzione sulla <strong>Biodiversità</strong> diRio de Janeiro.<strong>La</strong> Corsica è la più importante isola francese. Ègovernata da una Regione autonoma. Tale situazionepolitico-amministrativa non può essere equiparata alleregioni autonome italiane in quanto la decentralizzazionepresenta caratteri diversi per quanto riguarda deleghedi poteri e risorse, configurandosi piuttosto come unadeconcentrazione amministrativa. A livello locale, visono 2 dipartimenti, Département de Corse du Sud eDépartement Haute Corse (simili alle province italiane)che interessano nel complesso 360 comuni.<strong>La</strong> Corsica è attualmente inserita nel quadro del processodi decentramento intrapreso dallo Stato francese(contratti Stato-Regioni, logica di progetto applicati aiterritori, ecc) che deve confrontarsi anche con l’uscita<strong>della</strong> regione dall’Obiettivo 1.L’economia <strong>della</strong> Corsica ha subito un realetracollo, notato anche dall’evoluzione del parametrodemografico, alla fine dell’Ottocento, in particolare inragione di un forte esodo che ha colpito le aree internecaratterizzate da un’agricoltura povera (produzione dicastagne) e dall’allevamento. <strong>La</strong> situazione è mutatain seguito al 1960 grazie al Piano governativo divalorizzazione economica <strong>della</strong> Corsica promossoda due società miste (SOMIVAC e SETCO), tramite labonifica <strong>della</strong> piana orientale e la dotazione di capacitàricettive turistiche.Il Piano di Sviluppo <strong>della</strong> Corsica è stato adottato nel1993 con la definizione di obiettivi a medio termine(prossimi 25 anni) sullo sviluppo economico, socialee culturale e l’identificazione dei mezzi per realizzarlo.Attualmente tale quadro di riferimento è in corso direvisione. A questo è strettamente legato il cosiddettoSchéma d’aménagement, ossia il documentopianificatorio operativo che definisce i grandi assi dicomunicazione dell’isola, le destinazioni d’uso, ecc.Per quanto riguarda la gestione <strong>della</strong> biodiversità inCorsica, e quindi in Francia occorre fare riferimento a unosvariato numero di dettati legislativi diversi, sistematizzatinel recente Code de l’Environnement (2000) che cita trai suoi Principi generali la “protection, la mise en valeur,la restauration, la remise en état et la gestion” dellecomponenti naturali.<strong>La</strong> nuova codificazione, infatti, conferisce un significativoruolo all’azione di protezione e ai suoi corollari nel“contribuire all’obiettivo dello sviluppo durevole che miria soddisfare i bisogni dello sviluppo e <strong>della</strong> salute dellegenerazioni presenti senza compromettere la capacitàdelle generazioni future di rispondere ai loro”, ispirataal principio di “precauzione”, di “azione preventiva e dicorrezione”, di “chi inquina paga” e di “partecipazione”.<strong>La</strong> regolamentazione dell’uso delle acque e la tutela <strong>della</strong>relativa qualità è in Corsica di competenza dell’Agenziadi Bacino Rodano-Mediterraneo-Corsica, uno dei seiorganismi creati a tale scopo nel 1964 e dipendenti dalComitato nazionale dell’acqua.A parte le riserve nazionali, la principale area protettapresente nell’isola appartiene alla categoria dei ParcsNaturels Régionaux de France, che si differenzianorispetto alle aree protette regionali italiane. <strong>La</strong> peculiaritàpiù significativa è da ascriversi al legame specifico tral’ente parco e un progetto di territorio, la cosiddettaCharte, che viene valutato ogni dieci anni secondo gliobiettivi esplicitati che rispondono a volontà comuniespresse dalle collettività locali coinvolte. Tale documentoassume il valore di una sorta di impegno (contratto) conlo Stato. <strong>La</strong> pratica contrattualistica <strong>della</strong> protezione<strong>della</strong> natura premia i comportamenti virtuosi nei confronti<strong>della</strong> protezione dell’ambiente, scegliendo di non imporrenessun reale vincolo. Il Parc Naturel Régional de la Corseè stato istituito nel 1972 e rinnovato nel 1999, comprende145 comuni (26.000 abitanti) per un’estensioneterritoriale di 375.000 ha, a cavallo tra i due dipartimenti,interessando il 40% dell’intera isola.Non vi sono quindi parchi nazionali sebbene vi sia datempo un interesse dell’autorità centrale francese perl’istituzione di un parco di tale categoria (da Piana aCalvi).A differenza dell’Italia, dove l’ambito “marino” è statoseparato da quello “costiero” o più generalmenteterrestre, fatto che spesso è individuato comeun punto di debolezza <strong>della</strong> politica nazionale, inFrancia la protezione delle aree marine è conferitaprevalentemente a eventuali parchi, riserve e biotopi,non individuando così un regime giuridico distinto. Perla salvaguardia degli ambiti costieri (lacuali e marini)dal 1975 è stato istituito un ente pubblico a livellonazionale organizzato in delegazioni, il Conservatoire del’Espace du Littoral et des Rivages <strong>La</strong>custres (CELRL).<strong>La</strong> missione di protezione e fruizione di tale istituzionepubblica è definita nel Codice Rurale, prevedendo comestrumento principale quello dell’acquisto/prelazione/espropriazione di terreni costieri per sottrarli soprattuttoad interventi di urbanizzazione e per riqualificarli in vista<strong>della</strong> fruizione del pubblico, grazie a fondi statali e acontributi sia privati che pubblici. I siti interessano varitipi di ambienti dotati sia di valenza naturalistica sia diquella storico-culturale.Si segnala inoltre la cosiddetta legge Voynet che haintrodotto nuove configurazioni di associazioni territoriali(pays) per dare vita a collettività più ampie e quindi conmaggiori disponibilità economiche se vincolate a progettidi valorizzazione del patrimonio naturale in un’ottica disviluppo sostenibile.Numerose province italiane hanno prodotto e stannoproducendo, all’interno dei PTCP, progetti di retiecologiche, spesso indipendentemente da quantoprescrivono le leggi regionali, che tendono a inserire lenorme di tutela derivanti da Natura 2000, entro la reteecologica, in un percorso di integrazione.È importante infire ricordare l’importanza <strong>della</strong>collaborazione tra le Regioni italiane e la Corsica cherisulta molto consolidata: sono, infatti, molteplici i progettiInterreg inerenti all’ambiente che hanno interessato inparticolare la Toscana e la Sardegna, con la quale è statoavviato il progetto del Parco Marino internazionale delleBocche di Bonifacio.


8. <strong>La</strong> policy per la<strong>Conservazione</strong> Ecoregionale© homo ambiens / a. cambone - r. isotti8687<strong>La</strong> <strong>Conservazione</strong> Ecoregionale è funzionale alladefinizione di una strategia di medio e lungo periodoper la conservazione <strong>della</strong> biodiversità, permettendodi focalizzare gli interventi, di ottimizzare i risultatiin relazione alle limitate risorse umane e finanziariedisponibili.Presupposto indispensabile per l’attuazione <strong>della</strong><strong>Conservazione</strong> Ecoregionale è il relativo interessedegli interlocutori politico e amministrativi essenzialeper il raggiungimento degli obiettivi strategici diconservazione. Interesse che deve manifestarsiattraverso la disponibilità a collaborare fattivamente apiani definiti su area vasta.Dall’analisi del contesto politico risulta evidenteuna sostanziale sottovalutazione del valore <strong>della</strong>biodiversità e la mancanza di consapevolezzadell’urgenza di predisporre strategie ed azioniper “rallentarne in modo significativo la perditaentro il 2010’’, un obiettivo che lo Stato italiano- e di conseguenza le Regioni e gli enti locali - si èformalmente impegnato a perseguire con l’adesione alCountdown 2010 promosso dall’IUCN.È inoltre tangibile quotidianamente la difficoltà dicollaborazione tra enti diversi che a vario titolocondividono aspetti complementari del governo delterritorio. Nel definire una strategia politico istituzionalefunzionale all’attuazione <strong>della</strong> <strong>Conservazione</strong>Ecoregionale si dovranno pertanto individuare leopportune leve in grado di attivare un comuneinteresse alla collaborazione tra stakeholder per ladefinizione ed attuazione di strategie indispensabili perrendere praticabile e realistica la Biodiversity Vision.Attuare la <strong>Conservazione</strong> Ecoregionale, secondo unapproccio pro-attivo, significa individuare lo status <strong>della</strong>biodiversità dell’ecoregione, i livelli di tutela esistenti,le minacce e condividere con gli “attori” politici, socialied economici che operano sul territorio, una “visione”<strong>della</strong> biodiversità nel futuro. L’approccio pro-attivorichiede capacità di intervento ed interlocuzione nellevarie fasi di pianificazione e programmazione di areavasta e di medio e lungo termine con l’intento dipromuovere e privilegiare la realizzazione di azioni localiche contribuiscono attivamente al raggiungimentodegli obiettivi strategici di conservazione <strong>della</strong>biodiversità, in modo anche da prevenire i rischi diuna possibile compromissione <strong>della</strong> funzionalità degliecosistemi. L’approccio pro-attivo privilegia azioni edinterventi innovativi per la divulgazione e diffusionedi buone pratiche, evitando le scelte che possonodeterminare minacce insostenibili per la biodiversità contrasformazioni e utilizzo delle risorse non compatibilicon la conservazione <strong>della</strong> biodiversità.Presupposto indispensabile per ottenere unamanifestazione d’interesse da parte di unamministratore pubblico o decisore politico per la<strong>Conservazione</strong> Ecoregionale è la volontà politicadi definire e attuare una strategia, condivisa conaltri soggetti istituzionali, sociali ed economici, perla conservazione <strong>della</strong> biodiversità su aree vasteomogenee dal punto di vista ecologico.Un punto di debolezza sostanziale <strong>della</strong> <strong>Conservazione</strong>Ecoregionale rispetto alla possibilità di catturarel’attenzione di un amministratore pubblico èrappresentato proprio dalla prospettiva temporaledi medio e lungo periodo. È difficile ottenere ilcoinvolgimento su un obiettivo <strong>della</strong> durata di 50 annida parte di un amministratore pubblico che resta incarica in media 5 anni. Sarà pertanto necessario,accanto alla suggestione dello scenario di lungotermine, declinare la strategia in obiettivi intermedicompatibili con l’esercizio di un mandato. I pianid’azione dovranno proporre quindi obiettivi operativiorganizzati come passi successivi secondo unprogramma pluriennale ben definito. <strong>La</strong> strategiaecoregionale deve essere vista come il progettodell’edificio e i progetti come i mattoni.Un limite da considerare è che la <strong>Conservazione</strong>Ecoregionale è una metodologia ancorasostanzialmente sconosciuta ad amministratoripubblici e decisori politici in quanto non esistonoancora esperienze che possono facilitarel’accreditamento <strong>della</strong> metodologia.Strategia di policy per l’attuazione<strong>della</strong> Biodiversity VisionLivello nazionalePer evitare che i risultati dell’applicazione <strong>della</strong><strong>Conservazione</strong> Ecoregionale siano limitati allapubblicazione e presentazione <strong>della</strong> BiodiversityVision, è indispensabile individuare un percorsopolitico istituzionale che accrediti tali risultati comecontributi per la definizione del Piano Nazionale per laDiversità Biologica, in attuazione <strong>della</strong> ConvenzioneInternazionale sulla diversità biologica. L’assenzadi una strategia, piano o programma nazionale perla conservazione e l’uso durevole <strong>della</strong> diversitàbiologica è una lacuna evidente, tangibile efacilmente comunicabile e comprensibile anche ad unpubblico generico. In tal senso i contenuti di questapubblicazione devono essere interpretati e accolticome “contributi per la redazione del Piano nazionaleper la diversità biologica’’.<strong>La</strong> Biodiversity Vision fornisce, infatti, tutti gli elementiutili per una proposta di strategia nazionale, concretae operativa, individua aree prioritarie dove focalizzareinterventi ed elenca obiettivi di conservazione chepossono essere con facilità recepiti e istituzionalizatiin un primo piano d’azione per la biodiversità redattodal Ministero dell’Ambiente, da attuare con adeguaterisorse finanziarie, verificando le possibili fonti finanziariedisponibili e rilanciando l’impegno a destinare almenoil 10% delle risorse dei Fondi Strutturali dell’UnioneEuropea per il periodo 2007-2013 a misure dirette diconservazione <strong>della</strong> biodiversità.<strong>La</strong> <strong>Conservazione</strong> Ecoregionale lascia anche spazioper la necessaria concertazione tra Stato, Regioni edenti locali nella definizione dei piani di azione operativi.I piani di gestione e le attività di gestione, ancheordinaria, delle aree protette e dei siti Natura 2000dovrebbero contribuire al mantenimento e recuperodelle condizioni ecologiche ottimali per le areeprioritarie, le zone umide d’interesse ecoregionale, isistemi dunali e le aree marine protette.Garantire l’efficacia <strong>della</strong> gestione del sistema dellearee protette per il raggiungimento degli obiettividi conservazione <strong>della</strong> biodiversità dovrà essereil riferimento obbligato e imprescindibile ancheper la possibile e probabile futura revisione <strong>della</strong>legge quadro sulle aree naturali protette. In questomomento risulta però evidente l’esigenza di una Leggequadro sulla diversità biologica come indispensabileriferimento normativo per il finanziamento el’attuazione del piano nazionale, il coordinamentodell’azione legislativa delle Regioni in materia ditutela e gestione <strong>della</strong> biodiversità, per assicurareun indirizzo normativo comune per la definizione eimplementazione delle reti ecologiche e la correttaattuazione delle direttive dell’Unione Europea.© archivio wwf / f. bulgarini


88 L A P O L I C Y P E R L A C O N S E R V A Z I O N E E C O R E G I O N A L EB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 89Livello regionale e provinciale<strong>La</strong> Convenzione Internazionale sulla diversità biologicaprevede l’integrazione <strong>della</strong> conservazione e l’usodurevole <strong>della</strong> diversità biologica nei piani settoriali ointersettoriali pertinenti. Attraverso l’integrazione dellereti ecologiche nelle normative regionali sul governodel territorio, alcune regioni (ad esempio Umbria eBasilicata) hanno già attuato questo fondamentaleprincipio richiamato dalla Convenzione Internazionale.Fondamentale risulterà l’integrazione degli obiettividi conservazione individuati nella Biodiversity Visionnei diversi strumenti di governo del territorio previstidalle normative nazionali e regionali e nei nuovi pianipaesaggistici previsti dal Codice dei beni culturali e delpaesaggio (noto anche come Codice Urbani) che perl’Italia rappresenta anche la norma di riferimento perl’attuazione <strong>della</strong> Convenzione Europea del Paesaggio.Le aree prioritarie per la biodiversità dovrebbero essereindividuate nell’ambito dei nuovi Piani PaesaggisticiRegionali, oppure nei Piani Territoriali Regionali quandoquesti abbiano anche valenza paesistica, come ambitiomogenei per il governo del territorio, includendotra gli obiettivi di qualità paesaggistica gli obiettividi conservazione <strong>della</strong> biodiversità. <strong>La</strong> definizionedi modelli di reti ecologiche a scala regionale o ascala provinciale, con implementazione nell’ambitodei Piani Territoriali di Coordinamento delle Provinceoffre l’opportunità di recepimento degli obiettivi <strong>della</strong>Biodiversity Vision e coinvolgimento di enti locali nella<strong>Conservazione</strong> Ecoregionale.Un approccio possibile per l’attuazione <strong>della</strong>conservazione ecoregionale a livello regionale, puòessere quindi il seguente:– promuovere la possibile funzione <strong>della</strong> conservazioneecoregionale per la progettazione delle reti ecologichea livello interregionale, regionale e provinciale.<strong>La</strong> Biodiversity Vision consente la progettazione di unsistema omogeneo di reti ecologiche su area vasta;– promuovere la possibile funzione <strong>della</strong> <strong>Conservazione</strong>Ecoregionale per integrare le aree protette in paesaggiterrestri e marini più ampi applicando un approccioecosistemico e, dove opportuno, sviluppare strumentiper potenziare la connettività ecologica;– promuovere la possibile funzione <strong>della</strong> <strong>Conservazione</strong>Ecoregionale per fare in modo che Natura 2000contribuisca all’istituzione di reti di aree protetteterrestri e marine integrate in una rete globale,che siano efficacemente gestite, complete erappresentative da un punto di vista ecologico;– promuovere la possibile funzione <strong>della</strong> <strong>Conservazione</strong>Ecoregionale per garantire un governo del territoriosostenibile, attraverso una adeguata condizionedi protezione e gestione di aree importanti per laconservazione <strong>della</strong> biodiversità non incluse nella reteNatura 2000;– individuare, sulla base dell’analisi dei valori e delleminacce, i possibili conflitti la cui gestione potrebbeessere facilitata dall’attuazione <strong>della</strong> <strong>Conservazione</strong>Ecoregionale;– promuovere la definizione dei piani di azioneecoregionali (per le singole aree prioritarie o per singoliobiettivi di conservazione) come strumento funzionalealla individuazione di misure di compensazione efficacida attuare in caso di impatti inevitabili determinati daattività antropiche (in particolare per interventi nei siti<strong>della</strong> rete Natura 2000);– promuovere la definizione di proposte di progetti,attraverso una progettazione partecipata constakeholder locali, in grado di attivare risorsefinanziarie “straordinarie” previste da programmi difinanziamento nazionali, europei o internazionali,funzionali al raggiungimento degli obiettivi diconservazione <strong>della</strong> biodiversità individuati nellaBiodiversity Vision;– promuovere e sviluppare la concertazione multistakeholdere metodi partecipativi per la gestionedei conflitti. Identificare strumenti politici efficienti econvincenti, per mettere in pratica l’uso sostenibile,la conservazione e il recupero di specie e habitat,migliorare i metodi di applicazione dell’approccioecosistemico, del monitoraggio e valutazione dellepolitiche di settore.<strong>La</strong> maggior parte di questi punti rispettano anche gliobiettivi definiti dal Manifesto di Malahide.Nell’azione di policy congiunta da parte dei partner<strong>della</strong> <strong>Conservazione</strong> Ecoregionale, alla realizzazionenelle regioni ed altri enti locali competenti delle seguentiazioni, dovrà essere data massima priorità a:– realizzazione di un inventario georeferenziato eaccessibile a livello interregionale e regionale sulladistribuzione di specie e habitat, condizioni attuali etendenze, promuovendo per questo anche specifichericerche con il coinvolgimento delle Università e altriIstituti di ricerca presenti sul territorio.– sviluppo di una rete di monitoraggio <strong>della</strong> biodiversità alivello interregionale e regionale, funzionale alla verificadell’efficacia dell’attuazione dei diversi piani di azioneecoregionali, con particolare riferimento alla valutazionedell’efficacia di gestione <strong>della</strong> rete Natura 2000;– realizzazione di una carta ecosistemica in grado dimettere in relazione valori di biodiversità e attivitàantropiche a livello interregionale e regionale, comestrumento in grado di facilitare scelte di governo delterritorio che tengano conto in modo adeguato <strong>della</strong>conservazione <strong>della</strong> biodiversità;– sviluppo di modelli di reti ecologiche a livellointerregionale, regionale e provinciali, funzionali agliobiettivi di conservazione <strong>della</strong> biodiversità individuatidalla Biodiversity Vision. Fare assumere la scalaecoregionale come riferimento per la definizione deimodelli di reti ecologiche;– inclusione degli obiettivi di conservazione <strong>della</strong>biodiversità individuati dalla Biodiversity Vision neidiversi piani e programmi di settore a livello regionalee provinciale;– realizzazione <strong>della</strong> Valutazione Ambientale Strategica(VAS) per tutti i piani territoriali e di settore previstidalla Direttiva UE, considerando in modo adeguato gli© archivio wwf / r. gildiimpatti sulla biodiversità e l’assunzione <strong>della</strong> centralitàdel valore <strong>della</strong> biodiversità nella valutazione diimpatto ambientale dei progetti;– inclusione degli obiettivi di conservazione <strong>della</strong>biodiversità individuati dalla Biodiversity Vision neipiani di azione per l’attuazione <strong>della</strong> “Convenzionedegli Appennini” e altri Programmi nazionali e politichedi sistema.Gli strumenti utilizzabili per la promozione ed attuazione<strong>della</strong> <strong>Conservazione</strong> Ecoregionale a livello nazionale eregionale potranno essere:– la definizione di accordi di programma istituzionalitra Ministero dell’Ambiente e Tutela del Territoriocon le regioni che condividono aree prioritarieindividuate dalla Biodiversity Vision o sono interessatea condividere la definizione di piani di azioneinterregionali su singoli obiettivi di conservazioneindividuati dalla Biodiversity Vision;– la definizione di partenariati tra enti pubblici eprivati per la predisposizione di progetti funzionalial raggiungimento degli obiettivi di conservazioneindividuati dalla Biodiversity Vision, in grado di attivarerisorse finanziarie straordinarie a livello nazionale,europeo o internazionale.


90 L A P O L I C Y P E R L A C O N S E R V A Z I O N E E C O R E G I O N A L EB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E91Ambiti territorialiper la tutela <strong>della</strong> biodiversitàPolitiche di sistemaper la conservazione <strong>della</strong> biodiversitàIn relazione alle diverse Convenzioni internazionali(Convenzione di Ramsar, DPR n.184 del 11 febbraio1987), alle Direttive dell’Unione Europea (DirettivaUccelli, 79/409/CEE e Direttiva Habitat, 92/43/CEE),alla normativa nazionale (Legge quadro sulle areeprotette, n.394 del 6 dicembre 1991) e suo recepimentonelle normative regionali sulle aree naturali protette,è possibile individuare sul territorio nazionale diversiambiti territoriali importanti per la conservazione <strong>della</strong>biodiversità, con differenti finalità e modalità di gestione.In base al 5° aggiornamento dell’elenco ufficiale (2003)le aree naturali protette conformi alla Legge quadrorisultano essere 772 per una superficie complessiva aterra di 2.911.851 ha. Di queste 22 sono Parchi nazionali(diventati 23 dopo l’istituzione del Parco Nazionale <strong>della</strong>Val d’Agri nel 2006) per una superficie di oltre 1.350.000ha, 146 sono Riserve naturali dello Stato per unasuperficie di oltre 122.000 ha, 105 Parchi regionali peruna superficie di oltre 1.175.000 ha, 335 Riserve naturaliregionali per una superficie di oltre 214.000 ha e 141altre aree protette per una superficie di 57.000 ha.In Italia con l’attuazione delle due Direttive dell’UnioneEuropea per la tutela <strong>della</strong> biodiversità sono statiindividuati inoltre 2480 siti (dato al mese di ottobre 2004)di cui 2330 SIC e 434 ZPS (284 sono i siti coincidentiper territorio, i cosiddetti siti di tipo C), per effetto diuna sentenza <strong>della</strong> Corte di Giustizia il numero delleZPS è però destinato ad aumentare. Gli Enti prepostialla gestione di queste parti significative del territorionazionale sono molteplici, in base alle normative diriferimento (generalmente pubblici ma anche privaticome le Associazioni di protezione ambientale chegestiscono Oasi e Riserve naturali). Uno studio condottodal WWF nel 2001 sulle aree naturali protette regionaliindividuava ad esempio sette principali diverse tipologiedi Enti gestori, dall’Ente regionale di diritto pubblicoai Consorzi di enti locali, dalle Province alle ComunitàMontane, dai Comuni alle Università e le Associazionidi protezione ambientale. Per i siti Natura 2000 lasituazione è ancora più complessa, non essendo pergran parte di queste aree individuato ancora un soggettogestore. <strong>La</strong> babele del governo del territorio applicatoalla conservazione <strong>della</strong> biodiversità risulta essereulteriormente complicata dal sovrapporsi di competenzeper i diversi settori, dall’urbanistica, alla gestione delleforeste, dall’attività venatoria alla gestione delle acque,dall’agricoltura al dissesto idrogeologico. Tutti questisettori hanno relazioni dirette con il governo del territorioed influenze sulla tutela e gestione <strong>della</strong> biodiversità,ma di norma sono competenza di Enti pubblici diversi,con l’ingresso in alcuni casi anche di soggetti privati(ad esempio nella gestione delle risorse idriche), anchequando interessano ambiti territoriali protetti o soggettiad un governo “straordinario” finalizzato alla tutela delpatrimonio naturale e del paesaggio. Il sovrapporsidelle competenze tra i diversi Enti determina sistematici“conflitti d’interessi, di ruoli e compiti”, rendendocomplesse e difficoltose le auspicabili quanto necessariecollaborazioni e sinergie, non solo tra i diversi soggettipubblici e privati ma anche all’interno di una stessaAmministrazione pubblica. Altro aspetto problematicorilevante è la sostanziale incompatibilità tra i confiniamministrativi dei diversi Enti ed i confini biogeografici odefiniti in base a parametri ecologici (ecoregioni, biomi,areali di distribuzione delle diverse specie, home range diuna singola specie). In questo contesto la <strong>Conservazione</strong>Ecoregionale diventa un valore aggiunto significativo perla definizione di politiche di sistema per la conservazione<strong>della</strong> biodiversità, individuando attraverso la “BiodiversityVision” aree prioritarie ed obiettivi strategici su area vasta,ad una scala sovra-nazionale, che interessa nel nostrocaso l’intero bacino del Mediterraneo. <strong>La</strong> conservazione<strong>della</strong> biodiversità richiede necessariamente, per essereefficace nel medio e lungo termine, la definizione diquesto tipo di strategia, trasversale anche ai diversisettori d’intervento antropico, con obiettivi sovraordinati etrasversali alle diverse strategie e programmazioni a scalalocale (interregionale, regionale, provinciale o del singoloParco nazionale o regionale). Attuare politiche di sistemasignifica essenzialmente far condividere questi obiettivistrategici di area vasta ai diversi soggetti pubblici e privatiche in definiti ambiti territoriali hanno proprie specifichecompetenze e risorse da gestire. Tale condivisione diobiettivi deve essere favorita attraverso un approccio “topdown”, con normative e direttive a livello internazionale,europeo o nazionale ma anche con incentivi economici(possibili attraverso una adeguata programmazionedelle risorse ordinarie e dei diversi Fondi comunitari) edagevolazioni fiscali (necessariamente definite a livellonazionale), ed un approccio “bottom up” che partendodai bisogni e dalle aspettative delle comunità localifavorisca una programmazione territoriale, sociale edeconomica compatibile con gli obiettivi di conservazioneCarta degli ambiti territoriali per la tutela <strong>della</strong> biodiversità.


92 L A P O L I C Y P E R L A C O N S E R V A Z I O N E E C O R E G I O N A L EB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E93<strong>della</strong> biodiversità. In questo caso diventa essenzialepromuovere su un’area adeguatamente vasta unaprogrammazione partecipata con il coinvolgimentodegli attori sociali ed economici che nei diversi ambitiamministrativi coinvolti (Parco o altra Area protetta,Province, Comunità Montane, ecc.) condizionano edeterminano l’utilizzo delle risorse del territorio e chepossono, in relazione agli obiettivi strategici di area vastadefiniti dalla “Biodiversity Vision”, generare minacceo favorire positive sinergie ed opportunità di sviluppoconnesse alla tutela.<strong>La</strong> sovrapposizione dei diversi ambiti territorialiindividuati attraverso diversi parametri e normedi riferimento, che comunque impongono edorientano analoghe scelte di governo coerenti conla conservazione <strong>della</strong> biodiversità e del paesaggiosu territori con diverse Amministrazioni, consentedi individuare ambiti prioritari dove sperimentaretali politiche di sistema (nella mappa è riportata lasovrapposizione tra ecoregione Mediterraneo centrale,aree prioritarie, aree protette inclusi siti Ramsar e sitiNatura 2000 incluse Important Bird Areas - IBA).Le aree prioritarie per la conservazione ecoregionale(Obiettivo 1 <strong>della</strong> Biodiversity Vision per il Mediterraenocentrale) possono così individuare sistemi territorialisufficientemente vasti per essere funzionali allaconservazione <strong>della</strong> biodiversità a scala ecoregionale edallo stesso tempo adeguatamente ampi per una efficaceprogrammazione territoriale ed economica, verticaleed orrizontale, basata su una reale concertazionemultistakeholder. Gli altri obiettivi <strong>della</strong> “BiodiversityVision” consentono invece di promuovere sinergie ecollaborazioni tra i diversi soggetti competenti nellapianificazione territoriale di area vasta o di settore(Regioni e Province), orientando scelte coerenti. Glistessi obiettivi possono inoltre favorire politiche disistema tra soggetti responsabili <strong>della</strong> gestione di sitiisolati dalle aree prioritarie ma funzionali alla tutela dispecifici processi o valori di biodiversità per l’Ecoregione(esempio le migrazioni, le zone umide o le dunecostiere). Gli interventi necessari per raggiungere tuttigli obiettivi strategici di area vasta e di medio e lungoperiodo, definiti dalla “Biodiversity Vision”, richiedono ilcoinvolgimento di una molteplicità di soggetti pubblicie privati, ed implicano decisioni istituzionali e risorsefinanziarie a carico di Amministrazioni statali, regionalie degli Enti locali, nonché una coordinata e coerenteprogrammazione dei Fondi dell’Unione Europea ingrado di assicurare l’utilizzo delle risorse <strong>della</strong> politicaaggiuntiva (già dal periodo 2007-2013) ad integrazionedelle iniziative e risorse assicurate dalla politica ordinaria.Questi interventi possono essere definiti e regolatiattraverso la “Programmazione negoziata” o una“Intesa istituzionale di programma” da attuareattraverso un “Accordo di programma quadro” o un“Patto territoriale” come già previsto dalla Legge n.662del 23 dicembre 1996, Art.2, comma 203 (GazzettaUfficiale n.303 del 28 dicembre 1996).Il bacino del Po e il suo ruoloper la connessione tra l’ecoregione Alpie l’ecoregione Mediterraneo centrale<strong>La</strong> rete idrografica del bacino del Po e dei fiumi dell’AltoAdriatico rappresenta un’importante opportunità diconnessione tra gli ecosistemi dell’ecoregione Alpie dell’adiacente ecoregione Mediterrano centrale,contribuendo in modo significativo alla creazione<strong>della</strong> rete ecologica nella pianura padano – veneta.Questa vasta pianura compresa tra le due ecoregioniè, infatti, un’ampia area estremamente problematica- si pensi alla bassa biopermeabilità dovutaall’estrema antropizzazione del territorio - sia per gliaspetti di conservazione <strong>della</strong> natura sia per quelli dipianificazione territoriale e difesa del suolo.Vi è certamente la necessità di promuovere un’attivaintegrazione delle politiche territoriali per consentireil perseguimento di più obiettivi di interesse pubblicoquali il “buono stato delle acque” (Direttiva 2000/60/CE),la riqualificazione e tutela dell’ambiente, la riduzionedel rischio idraulico, il ripristino delle capacità autodepurativedei sistemi e, in genere, il recupero <strong>della</strong>funzionalità ecologica del territorio. Tali esigenze sonogià presenti su diversi strumenti normativo-pianificatoricome i Piani territoriali di coordinamento (PTC) delleProvince. Validi esempi in tal senso sono, in particolare,il progetto <strong>della</strong> rete ecologica <strong>della</strong> Provincia diBologna e la sua integrazione nel PTC (cfr. Atti delConvegno nazionale “Ecoregioni e Reti Ecologiche, lapianificazione incontra la conservazione” e lo studiopreliminare svolto dalla Provincia di Modena sullerelazioni metodologiche tra la definizione del proprioPTC e la conservazione ecoregionale (cfr. Atti delConvegno nazionale “<strong>Conservazione</strong> Ecoregionale, RetiEcologiche e governo del Territorio”) 1 .<strong>La</strong> Provincia di Bologna e la Provincia di Modena, conl’Istituto per i Beni Artistici, Culturali e Naturali <strong>della</strong>Regione Emilia Romagna, hanno inoltre partecipato alProgetto LIFE ECOnet (1999-2003) che rappresenta unesempio concreto di sviluppo delle reti ecologiche nellapianura padano-veneta, attraverso il coinvolgimento didiversi soggetti pubblici e privati, con una metodologiasostanzialmente simile alla conservazione ecoregionale(cfr. http://www.lifeconet.com).Altro valido esempio è il Piano stralcio per l’assettoidrogeologico dell’Autorità di Bacino del Po, che“costituisce riferimento per la progettazione e lagestione delle reti ecologiche”, prevedendo il ripristinodegli equilibri idrogeologici ed ambientali, il recuperodegli ambiti fluviali anche con interventi di rinaturazionee riqualificazione ambientale. A tal proposito l’Autoritàdi Bacino ha redatto una direttiva tecnica con le “lineeguida tecnico-procedurali per la progettazione evalutazione degli interventi di rinaturazione”.1Gli atti dei convegni citati sono scaricabili in formato pdf dal sitohttp://www.wwf.it© archivio wwf / r. gildiRete idrograficadell’ecoregione “Bacinodel Po”.


9. Comunicare la biodiversità© wwf-canon / wwf-spain9495Qualsiasi organizzazione pubblica o privata puòraggiungere risultati soddisfacenti nella misura in cui essaè capace di ottenere il consenso e la collaborazione dialtri soggetti. Questa regola generale vale ancora di piùper chi opera nel campo <strong>della</strong> conservazione <strong>della</strong> natura:nessuna ONG o istituzione pubblica può difendere labiodiversità agendo da sola. Il buon esito <strong>della</strong> sua azionedipenderà fondamentalmente dalla collaborazione cheessa riuscirà a ottenere da parte dei portatori di interesse.Ecco perché, in questo ambito, la capacità di comunicareè di vitale importanza.Inutile nascondere che la comunicazione in campoambientale è piuttosto complessa da mettere in atto. Lecose si complicano ulteriormente quando il messaggioriguarda specificamente la biodiversità, un concetto le cuiimplicazioni in termini di comportamenti e di risoluzionida adottare portano con sé un modo nuovo di pensare edi agire, non facilmente comprensibile da parte dei diversipubblici.Le difficoltà dipendono fondamentalmente dai seguentifattori:Il linguaggio. I professionisti <strong>della</strong> conservazione hannosviluppato nel tempo un loro gergo specifico non sempreimmediatamente comprensibile ai non addetti ai lavori.Nel caso specifico <strong>della</strong> biodiversità esiste un ulterioreproblema dovuto al significato del termine stesso. Infatti,la traduzione italiana <strong>della</strong> parola inglese biodiversityne modifica leggermente, ma in modo determinante, ilsignificato. In inglese “diverse” significa vario, molteplice,mentre in italiano “diverso” assume una connotazionenegativa poiché indica qualcosa o qualcuno che deviadalla norma, da uno standard di riferimento.Biodiversity potrebbe quindi essere correttamentetradotto in “biovarietà” o meglio ancora “varietà <strong>della</strong>vita”. D’altra parte, il termine biodiversità si è ormaiconsolidato e viene comunemente utilizzato nei diversiambiti, sia scientifici che di comunicazione.<strong>La</strong> complessità del concetto. I biologi <strong>della</strong>conservazione grazie al loro background non hannoin genere particolari difficoltà a trattare argomenticomplessi, proprio perché i sistemi biologici sonoprobabilmente tra i sistemi più complessi checonosciamo. Ciò però non è così per un individuodi cultura media, che può avere difficoltà a cogliereimmediatamente un concetto come quello di biodiversità.Per biodiversità si intende infatti un sistema complessoche si manifesta a livello di geni, di specie, di popolazionie di ecosistemi. Tutto ciò può essere difficile dacomunicare e divulgare.L’estensione temporale. Il rapporto tra azione perla conservazione <strong>della</strong> biodiversità e risultato chetale azione genera si svolge su un arco temporaleestremamente ampio, che può anche travalicare legenerazioni umane. Tale prospettiva richiede una visionedi lungo periodo difficile da adottare dal pubblico.“A lungo termine saremo tutti morti” diceva l’economistaJohn M. Keynes interpretando l’atteggiamento comunedell’opinione pubblica.Far comprendere il valore <strong>della</strong> biodiversità. Adifferenza di altre tematiche ambientali (inquinamento,riscaldamento globale, OGM) è meno facile per i nonaddetti ai lavori comprendere le motivazioni di fondoche rendono importante la conservazione di tutte lespecie animali e vegetali, comprese quelle meno “nobili”o addirittura percepite come dannose per l’uomo.Non a caso i progetti di conservazione sono spessofocalizzati su specie “bandiera”, ovvero quelle specie piùaffascinanti e di grosse dimensioni, e molto di rado suspecie rare e minacciate, ma poco evidenti e a volte nongradevoli per l’uomo, come insetti, anfibi, rettili e piccolimammiferi.Influenza degli stereotipi. Alcuni individui e categoriehanno una tale cattiva considerazione di chi si adoperaper la conservazione <strong>della</strong> natura da essere inclini a nonascoltare i loro messaggi, malgrado tutti gli sforzi profusinella comunicazione. Non mancano stereotipi di naturaopposta: pochi conservazionisti saranno disposti adascoltare gli esperti di comunicazione.Prevalenza di cattive notizie. È indubbio che quandosi parla di conservazione <strong>della</strong> biodiversità il più dellevolte i messaggi da veicolare non sono positivi. A frontedi una comunicazione relativa alla scomparsa di qualchemigliaia di specie, o all’imminente pericolo per altre,si richiedono stili di vita e di consumo più morigerati,si cerca di limitare alcune attività antropiche. Gli statid’animo che più facilmente si stimolano sono la paura ela depressione.Alla luce di queste premesse è facile comprenderequanto sia critico il ruolo che la comunicazione devesvolgere per diffondere tra stakeholder e pubblicogenerale la Biodiversity Vision e quanto sia facilecommettere errori.I principali errori nei quali si incorrequando si comunica la biodiversità<strong>La</strong> comunicazione è una componente irrinunciabile perqualsiasi attività di conservazione. Purtroppo non semprei risultati sono stati soddisfacenti. L’esperienza di moltecampagne ha portato a evidenziare i principali errori chegeneralmente si commettono.Autoreferenzialità. L’errore più frequente chesi commette nel comunicare è quello di pensareunicamente ai propri obiettivi e alla propria visione <strong>della</strong>realtà, senza tentare di valutare il problema secondoaltre prospettive. Quando il messaggio viene formulatoin assenza di ascolto e rispetto delle opinioni altrui,si rischia facilmente che l’interlocutore si domandi sesia veramente il caso di prendere in considerazioneciò che gli viene richiesto. <strong>La</strong> comunicazione funzionaovviamente molto meglio se impostata sulla base deibisogni e degli atteggiamenti del target audience.Scelta errata degli strumenti. Molto spesso nellaselezione degli strumenti di comunicazione si tende aprivilegiare quelli “one way” come brochure, poster, lettere,cd rom, comunicati radio. Molto più raramente si usanoattività di tipo simmetrico come: meeting, telefonate,workshop, tavole rotonde, forum su internet. Questosuccede perché gli strumenti del primo tipo sono in generepiù facili da gestire e meno rischiosi in termini relazionali.Atteggiamento “noi” e “loro”. Un atteggiamentocomune, non solo dei conservazionisti, è la tendenza adividere il mondo in due blocchi: chi è da una parte echi è dall’altra. Il più delle volte pensano (o si illudono) diconoscere gli “amici”, e sono convinti che tutti gli altri lapensino diversamente. In realtà si sforzano molto poconel riconoscere i propri pregiudizi e nel cercare di trovaregli elementi di condivisione tra i due schieramenti.Non tener conto <strong>della</strong> comunicazione implicita.Un altro motivo che può comportare risultati menopositivi del previsto è il fatto che accanto ai messaggiche esplicitamente vengono inviati verso il target chi sioccupa di conservazione veicola, in modo implicito e inparte involontario, una serie di segnali contraddittori. Allostesso modo in cui ci si veste o si arredano gli uffici puòessere del tutto difforme rispetto a ciò che si vorrebbecomunicare. Un soggetto può sforzarsi di trasferireall’esterno un’immagine legata al tema <strong>della</strong> difesa deglihabitat e dei sistemi naturali nel loro complesso (e nondelle singole specie) per poi promuovere calendari,mailing e manifesti con foto di elefanti o lupi.Alla luce di quanto appena enunciato appare evidentecome una campagna di comunicazione per promuovereil valore <strong>della</strong> biodiversità debba essere impostata inmodo estremamente attento, avendo ben chiari obiettivi,destinatari, messaggi e strumenti da utilizzare, al fine dimassimizzare l’efficacia del budget investito.Il processo sequenziale da mettere in atto dovrebbeessere il seguente:1. Definizione degli obiettivi;2. Individuazione dei destinatari;3. Costruzione del messaggio;4. Scelta degli strumenti.Obiettivi <strong>della</strong> comunicazionesulla biodiversità<strong>La</strong> comunicazione <strong>della</strong> biodiversità è generalmenteorientata verso alcuni obiettivi, quelli principali sono iseguenti:Facilitare la comprensione dei processi e l’adozionedi comportamenti coerenti da parte del pubblico chiave,come enti e istituzioni locali e regionali, associazioni dicategoria.


96 C O M U N I C A R E L A B I O D I V E R S I T ÀB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 97Motivare le figure chiave a livello mediatico sulla validitàe l’importanza del percorso avviato, evidenziandol’importanza del ruolo che essi stessi possono svolgere.Avviare un rapporto interattivo per svilupparepartnership a creare consenso tra gli interlocutoriscientifici del progetto e le funzioni tecniche (es.responsabili di funzione, incaricati speciali, gruppi dilavoro ad hoc) delle istituzioni e degli enti di riferimento,quali per esempio assessorati, comunità montane, entiparco.Trasferire a un pubblico più vasto il senso e il valore<strong>della</strong> conservazione <strong>della</strong> biodiversità, diffondendol’approccio ecoregionale.Destinatari delle attivitàUna comunicazione efficace deve riuscire a raggiungerepiù interlocutori senza disperdere il senso dei messaggiche si intendono trasferire e - al tempo stesso -differenziando le modalità e le leve di comunicazione inrelazione ai diversi profili degli interlocutori. I principali tretarget verso i quali ci si rivolge sono:1. Influenti ed esperti. Il primo target di riferimentoè sicuramente quello <strong>della</strong> comunità scientifica. Sitratta del target che per funzione ha competenza inmerito alla biodiversità rappresenta un’interlocuzioneessenziale nella definizione di progetti o iniziativespecifiche relative alla conservazione <strong>della</strong> stessa.Comprende anche le istituzioni e gli enti, nazionali eterritoriali, che per funzione e competenza decidonoo possono influenzare, ad esempio attraverso lapredisposizione di “pareri” giuridici, le decisioni inmerito alle azioni e alle risorse da destinare alla tutela<strong>della</strong> biodiversità. Generalmente si tratta di interlocutoriche hanno familiarità con i concetti relativi alla tuteladell’ambiente ma che possono non avere conoscenzespecifiche.attitudini e sensibilità, generalmente poco o per nullainformato sulla biodiversità. Nell’immediato l’opinionepubblica non è emotivamente coinvolta nell’azione ditutela ma - soprattutto a livello locale - può influenzaregli orientamenti nel medio-lungo periodo.Il messaggio ovvero come parlare<strong>della</strong> biodiversitàPer trattare il tema <strong>della</strong> biodiverisità si può anche fareriferimento a contesti non naturalistici, per esempio almondo delle imprese o a quello dei prodotti alimentari.A fronte di un generale atteggiamento delle aziende divera e propria intolleranza nei confronti <strong>della</strong> diversità(nelle organizzazioni il “diverso” è colui che esce daglischemi, chi è troppo creativo, che conduce una vitadifferente) esiste un gruppo sempre più numeroso diimprese che si stanno accorgendo che la “diversità”porta valore, e non problemi, perché aumenta lacreatività, il confronto interno, pone in discussionegli assunti più profondi del business. Con il “diversitymanagement” queste aziende cercano di valorizzaree utilizzare pienamente le differenze (di genere, dietnia, di abilità e culturali) di cui ciascun individuo èportatore all’interno dell’organizzazione. Il presuppostoè che un’azienda “multiculturale” possiede molta piùricchezza, in termini di potenziale umano, di un’azienda“monoculturale”.Anche nell’alimentazione esistono esperienze divalorizzazione <strong>della</strong> diversità. In Italia sono nate iniziative(per esempio presìdi slow food) a sostegno delle piccoleproduzioni eccellenti che rischiano di scomparire, ela cui sopravvivenza può servire a valorizzare territori,recuperare mestieri e tecniche di lavorazione tradizionali,salvare dall’estinzione razze autoctone e antiche varietàdi ortaggi e frutta. In Italia sono circa 200 e tutelano iprodotti più disparati.piuttosto tradizionale che prevede un processo deltipo unidirezionale e di massa. In questo caso siache si tratti di strumenti classici - come la pubblicità,le sponsorizzazioni, i testimonial, gli eventi o l’ufficiostampa - o di attività meno convenzionali - come ilproduct placement (ossia l’inserimento di un messaggioall’interno <strong>della</strong> trama di un film), la comunicazioneesperienziale (cioè quella che presuppone uncoinvolgimento polisensoriale). Di fatto il processodi comunicazione presuppone sempre che ci siaun’organizzazione che comunica e un pubblico cherecepisce. Il principale risultato di questa attività è ilmiglioramento dell’awareness (ossia la consapevolezzacirca il concetto di base <strong>della</strong> biodiversità).Una seconda categoria è quella degli strumenti interattivio di tipo “one to one”, che si fondano su un altroprincipio, quello <strong>della</strong> comunicazione bidirezionale.In questo caso non è solo l’organizzazione che parlaall’individuo, ma è anche l’individuo che risponde (peresempio utilizzando il web, il telefono o la posta). Anchein tale ambito ci sono strumenti tradizionali come il directmarketing e più moderni come l’e-mailing o gli sms. Ciòche dà valore al processo “one to one” è la possibilitàche esso sia simmetrico, presupponendo un iter ancheinverso, dall’individuo all’organizzazione.<strong>La</strong> terza categoria è quella più moderna e comprendetutti gli strumenti fondati sulla comunicazione non traorganizzazione e target, ma tra individui che fannoparte del target e i loro simili. L’affollamento dei mediautilizzati per raggiungere il target in tutti i possibili luoghi,la minore percezione di credibilità <strong>della</strong> pubblicità edelle attività di comunicazione classiche, e la ridottadisponibilità delle persone a intessere una vera epropria relazione con l’organizzazione sta comportandouna radicale evoluzione nella comunicazione. Oggiassumono crescente importanza tutte quelle attività dicomunicazione che non presuppongono un collegamentodiretto tra organizzazione e destinatario del messaggio,ma utilizzano altri interlocutori molto più vicini al targetche fanno da sponda. Il presupposto, infatti, è che ilpubblico tende ad avere meno fiducia che in passato inciò che gli viene comunicato dalle organizzazioni o daimedia, e si affida sempre di più ai vicini, agli amici, aicolleghi di lavoro. In pratica, ciò che spinge le personea modificare certi comportamenti non è tanto ciò che lesingole organizzazioni dichiarano o fanno dichiarare ailoro testimonial ma, soprattutto, ciò che viene riferito evissuto nel contesto nel quale essi vivono.È evidente che le tre macro-categorie appena enunciatenon si escludono a vicenda, né è ipotizzabile immaginareil piano di comunicazione per la biodiversità nonpreveda in diversa misura tutte le componenti. Ancheperché, è giusto sottolinearlo, ciò che rende efficacela comunicazione non è tanto l’uso di una specificastrumentazione, quanto lo spostamento dell’attenzionedai singoli strumenti verso la cosiddetta “comunicazioneolistica”, che comprende qualunque attività o situazionein cui un messaggio si manifesta nei confronti di unqualsiasi interlocutore.2. Connettori e moltiplicatori. In questo secondo targetpossono essere inclusi tutti coloro che per professionepossono svolgere il ruolo di diffusori del messaggio.In particolare i media, soprattutto quelli specializzati elocali, gli insegnanti, le associazioni di categoria, finoad arrivare ai settori del mondo produttivo e dei servizi.3. Il pubblico generale. Il terzo target, infine, è quellodell’opinione pubblica, innanzitutto la cittadinanza e gliinterlocutori sociali. È un target variegato, con diverseGli strumenti da utilizzareSe si dovessero classificare in modo non troppoconvenzionale gli innumerevoli strumenti dicomunicazione a disposizione delle organizzazioni perpromuovere se stesse e le loro cause, si potrebberoindividuare tre macro categorie.Una prima categoria è rappresentata dalle attivitàche vengono sviluppate secondo un approccio© archivio wwf / m. lipperi


10. Educazione e conservazione<strong>della</strong> biodiversità© wwf-canon / e. coppola9899I progetti di conservazione richiedono un’azionecostante e diffusa nell’ambito educativo poiché laconservazione <strong>della</strong> natura, pur essendo caratterizzatada aspetti tecnico-scientifici, ha un forte carattereculturale: le iniziative in difesa dell’ambiente possonoavere successo solo se sono sostenute da un ampio ediffuso cambiamento dei modelli culturali di riferimento,degli stili di vita, degli approcci di pensiero alla realtà,dei valori, dell’etica che solo un approccio educativopuò garantire.L’educazione ambientale mira alla diffusionedell’informazione, delle conoscenze ma anche <strong>della</strong>motivazione, delle competenze e capacità per lacomprensione dell’ambiente, dei suoi problemi e dellesue dinamiche, <strong>della</strong> complessità e interconnessionetra problemi economici, ambientali, sociali. L’obiettivodell’educazione ambientale è rendere capaci individui ecomunità di prendere decisioni e comportarsi in modoculturalmente adeguato e localmente significativo perrisolvere i problemi che minacciano l’ambiente e lesocietà umane.© wwf-canon / e. coppolaIn questo senso l’educazione ambientale rappresental’elemento decisivo in grado di muovere la società versoil cambiamento e la scelta <strong>della</strong> conservazione <strong>della</strong>natura, delle sue risorse e del suo equilibrio.Oggi ci ritroviamo a far i conti con un contestofortemente cambiato rispetto a un passato ancherecente. Con la globalizzazione il mondo divienesempre più un tutto, in cui ogni parte è strettamenteconnessa con le altre in un gioco di continui rimandi,condizionamenti e cambiamenti repentini. Diventaindispensabile, di fronte ai nuovi scenari, chiedersiquanto tutto ciò sta modificando i territori, le singolepersone e le comunità, cosa significa questo in terminidi approcci, di stili di lavoro, di azioni.Ciò che caratterizza il nostro presente è radicalmentediverso da ciò che si poteva analizzare nel passato: siparla di incertezza, di imprevedibilità, di cambiamentirepentini, di sovraccarico di informazioni, confronti escontri tra culture.Cosa significa in termini di approcci, di stili di lavoro,di azioni? Fino a che punto va ridefinito il progettoculturale di riferimento al nostro agire quotidiano?<strong>La</strong> <strong>Conservazione</strong> Ecoregionale cerca di dare unarisposta che possa essere adeguata ad un contesto cosìdiverso rispetto al passato. Il processo di innovazionenella conservazione applica categorie nuove, mediatedalla teoria <strong>della</strong> complessità, che implicano processinon lineari su più piani e con strategie condivise da piùattori che portano interessi diversi e a volte in conflittotra loro, favorisce sempre di più la partecipazione e sicura di intervenire tenendo in massima considerazioneconseguenze, relazioni e connessioni. Lo scenario che siprospetta è un’azione profonda sui comportamenti futuri,che dovranno essere ispirati a stili di vita più sostenibili.Emerge una forte somiglianza tra i principi ecoregionali<strong>della</strong> conservazione e i principi pedagogici cui siispirano le più recenti riflessioni sull’educazione:acquisizione <strong>della</strong> teoria <strong>della</strong> complessità comechiave di lettura del reale, attenzione al contesto comecontenitore di relazioni e di connessioni, strategiedi intervento condivise da più soggetti, portatori diinteressi diversi, capacità di gestire i conflitti, ascolto dichi porta bisogni e richieste.Sia nell’approccio ecoregionale sia nell’approccioeducativo vi è un rapporto stretto tra conoscenza evalori etici, tra informazioni e responsabilità individualie collettive rispetto alla tutela e alla salvaguardiadel territorio nella sua interezza, tra intenzionalitàeducative e progettualità. In un processo che fa <strong>della</strong>complessità, anzi <strong>della</strong> gestione <strong>della</strong> complessità, lachiave per la futura conservazione, l’educazione è unostrumento potente per realizzare coscienze e sensibilitàsostenibili. L’azione educativa diventa fondamentaleper ottenere cambiamenti che siano efficaci a livellocomportamentale. Occorre agire su questo pianoper creare nuove competenze in grado di gestirel’incertezza, per costruire un sapere che ha nel dubbiola base per la crescita e lo sviluppo.In questo contesto l’azione educativa presuppone unariflessione sul paradigma culturale e metodologicoche ha fino ad ora sostenuto l’educazione ambientalee che forse non è più efficace, non è più funzionale araggiungere l’obiettivo di cambiamento individuale esociale enunciato.Si tratta di formare al pensiero evolutivo, che non riducei processi a semplice somma di tratti lineari, ma chefavorisce il pensiero che collega e integra la conoscenzadelle parti con la conoscenza <strong>della</strong> totalità, l’analisi conla sintesi.In linea con questi principi, le proposte educative,volendo avere una valenza fortemente formativa, non sidovrebbero fermare solo all’acquisizione di conoscenze,ma devono immaginare un contesto “sistemico”, unarete che racchiuda in sé vari nodi, rappresentantinon solo obiettivi formativi o disciplinari, contenuti,metodologie, ma anche relazioni tra vari soggetti(discipline, insegnanti, agenzie educative, enti locali,strutture operanti sul territorio).I possibili obiettivi di ogni azione educativa dovrebberoessere:• la creazione di una mentalità capace di pensareper relazioni e affrontare i problemi in una visionesistemica;• la formazione di persone in grado di subordinare lescelte al senso del limite;• il coinvolgimento di valori e conoscenze;• la spinta ad agire in coerenza con le proprie idee e adassumersi delle responsabilità.Le proposte educative devono essere attente alcontesto e proporre di lavorare sui nessi, sulle relazioniche legano i contenuti e i concetti, facendo risaltarei diversi punti di vista, che possono essere tuttiegualmente importanti, prima uno poi l’altro, in uncontinuo gioco di rimandi e ritorni.Così l’attenzione a tutti gli aspetti metacognitivi(attenzione, motivazione, impegno, relazioni, ecc.) del“fatto educativo” diventa necessaria tanto quanto eforse più dei messaggi espliciti.© wwf-canon / e. coppola


100 E D U C A Z I O N E E C O N S E R V A Z I O N E D E L L A B I O D I V E R S I T ÀB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 101Lo “stile” educativo si deve caratterizzare perl’attenzione alle relazioni (es. l’attenzione al “clima”relazionale dei gruppi e la gestione dei conflitti), peril rifiuto di uno stile didascalico, per la scelta di unapproccio che superi la logica “catastrofistica” troppospesso tipica dell’ambientalismo, per l’attenzione adare messaggi non contradditori, attenti a far emergerela dicotomia tra il “detto” e il “vissuto”, tra “l’implicito”e il “dichiarato”, per la cura nel predisporre uno spazioadatto ad una comunicazione e a un’azione partecipatae condivisa, per l’attenzione nei confronti <strong>della</strong> stessastruttura in cui avviene l’azione educativa, per la volontàdi rendere la complessità degli argomenti proposti,tramite un approccio narrativo e una visione di sintesi,per lo sforzo di comunicare la non prevedibilità del reale,confermandone la complessità, suggerita accostandocontenuti eterogenei o alludendo ad altri lasciati aperti,per il partire dai vissuti, dalle esperienze concrete e datutto quello che può testimoniare il viaggio comunedell’uomo e del suo ambiente.Ciò significa che la scuola può e deve operare come unsoggetto attivo, capace di esprimere bisogni e punti divista, di produrre progetti e contributi, perché questo,nella nuova dimensione dell’autonomia, è oggi parteintegrante del suo ruolo istituzionale.L’obiettivo di una scuola moderna, capace cioè dieducare alla complessità crescente e di anticipare ibisogni del futuro, dovrebbe essere quello di costruireuno scenario culturale in cui il rapporto tra se stessa e ilterritorio diviene elemento di innovazione scolastica ededucativa.In tale direzione, dunque, l’educazione ambientaleutilizza tutte le risorse presenti sul territorio, con unaforte carica innovativa per trasformare una scuolaautoreferenziale, che si pone al centro del sistemaeducativo, in una scuola che diventa parte di unsistema formativo integrato, con capacità di parteciparealla progettazione dell’evoluzione ambientalmente esocialmente sostenibile del territorio e <strong>della</strong> comunità.Avere a disposizione conoscenze e dati è solo la basedi un processo su cui si deve innestare poi un lavorodi azione, riflessione, sperimentazione, confronto,che, all’interno di un contesto di relazione, porta allacostruzione di competenze, in una parola occorreun’azione educativa, che partendo da informazioniarrivi a un apprendimento profondo che coinvolgetutta la persona, inserita all’interno del gruppo socialedi appartenenza sia essa la scuola o la società civile,affinché i contenuti vengano interiorizzati.Il supporto alla scuola si deve concretizzare attraversopubblicazioni, iniziative per la formazione dei docenti ele opportunità offerte per tradurre contenuti generali inesperienze calate nello specifico locale.Altro strumento di supporto alla strategia ecoregionaleche non può essere tralasciato è quello dell’educazioneagli adulti e <strong>della</strong> sensibilizzazione diffusa all’internodelle comunità locali.© archivio wwf / m. mafaiRivolgendosi a giovani, insegnanti, categorieprofessionali specifiche e al grande pubblico, leiniziative educative si devono caratterizzare per lo sforzodi aprirsi al territorio coinvolgendo scuole, comunitàlocali, istituzioni, associazioni sforzandosi di attivareprocessi compartecipati, che tengano conto dei varisoggetti presenti, dei loro differenti punti di vista e digestire i conflitti che possono insorgere tra i diversiinterlocutori.Con il mondo scolastico, si dovrebbe puntaresull’azione formativa dei docenti e su esperienze cherendano le scuole soggetti importanti per lo svilupposostenibile del proprio territorio: occorre rilanciare econsolidare il rapporto tra scuola e comunità locale,nell’ambito di un vero percorso che ricostruisca i legamiinterni alla comunità, perché ci si riconosca in essa e sidivenga consapevoli delle proprie radici, riscoprendo ilsenso di appartenenza.© archivio bioparco / g. marcoaldi<strong>Conservazione</strong> ex-situGli Zoo di tutto il mondo si stannoevolvendo in maniera radicale,assumendo sempre più un ruolodeterminante nel campo <strong>della</strong>conservazione <strong>della</strong> natura.Ciò si realizza in modo diretto,attraverso la riproduzione dispecie minacciate e la raccoltafondi per sostenere progetti diconservazione “in situ”, ma anchein modo indiretto tramite la ricerca,l’educazione e la sensibilizzazionedel pubblico.I giardini zoologici, infatti,dispongono di un grandepotenziale educativo e sonospesso le uniche struttureall’interno di grandi città in gradodi avvicinare l’uomo alla natura,così come diffuso dalla “World ZooConservation Strategy”.Il presupposto che non si possaproteggere ciò che non si conoscerende le attività educative deigiardini zoologici, strumentifondamentali <strong>della</strong> conservazione:il pubblico, di qualunque etàed estrazione sociale, vienecoinvolto emotivamente medianteattività appositamente realizzatee viene stimolato a riflettere ea comprendere meglio alcuneproblematiche ambientali.<strong>La</strong> Fondazione Bioparco di Romapone al centro <strong>della</strong> sua missionel’educazione e la sensibilizzazionedelle famiglie e dei bambini nonsolo attraverso la divulgazionedi tematiche direttamente collegatealle estinzioni delle specie animaliche ospita, ma anche attraversole più grandi tematiche di attualitàambientale come la perdita dibiodiversità, l’uso sostenibile dellerisorse o i cambiamenti climaticida cui dipende la sopravvivenza ditutte le specie.


11. Analisi delle minacce© wwf-canon / m. gunther102103Un aspetto fondamentale per una efficace ed efficientegestione <strong>della</strong> natura è rappresentato dalla analisidegli elementi di minaccia che insistono sui valoridi biodiversità. Ovviamente, non può esistere unadefinizione dei fattori di minaccia senza una preliminareanalisi dei valori nei confronti dei quali tali fattoriesercitano un’influenza negativa.Nella sua accezione più ampia una minaccia puòessere definita come: qualsiasi attività o processoumano che ha causato, sta causando o causerà infuturo distruzione, degrado o disturbo di elementi dibiodiversità o di processi naturali.A volte esiste una differenza molto sottile fra fenomeninaturali e quelli indotti dall’uomo: un esempio èrappresentato dagli incendi che possono avvenirespontaneamente in ambienti naturalmente predisposti,ma che possono più frequentemente essere di origineantropica; solo questi ultimi possono essere consideratidelle minacce su cui agire.Negli ecosistemi ove la presenza di alcune attivitàumane, come il pascolo, costituiscono un importantefattore di regolazione, l’abbandono o la trasformazionedi tali pratiche può costituire un fattore di minaccia.In generale, è possibile distinguere fra minaccedirette, intese come i fenomeni che in maniera causaleproducono il danno o il disturbo (es. disboscamento)e le minacce indirette che sono rappresentate dacondizioni sociali, economiche o politiche di contestoche sostengono o contribuiscono alla presenza opersistenza di una minaccia diretta.Le risposte delle singole specie, delle comunità, deiprocessi ecologici, dei sistemi naturali ai fattori diminaccia diretta vengono identificati come stress.Gli stress possono essere valutati attraverso lamisura dei parametri sensibili e sono quindi semprespecifici rispetto al livello di analisi (specie, comunità,ecosistemi).Purtroppo risulta sempre assai complesso riuscire adiscriminare e misurare con precisione tutti gli stressspecifici anche perché la contemporanea presenzadi minacce diverse produce effetti combinati tali darendere quasi impossibile la misura di variazioni legate auna singola causa.Per tali ragioni, al fine di sottoporre a monitoraggiole azioni di conservazione, benché finalizzateall’eliminazione o mitigazione degli stress indotti,è preferibile agire al livello dei fattori di minacciaconsiderando implicita la relazione che sussistefra minacce e stress. I fattori di minaccia risultanogeneralmente di semplice misura e inseriti in sistemi asviluppo lineare anziché appartenere a reti funzionali aelevata complessità ecologica e geografica.Tuttavia i diversi fattori possono interferire in manieradiretta e lineare con le specie o i tipi di habitat presentiin una certa area (si pensi, ad esempio, all’effettoimmediato di sottrazione e frammentazione causato dauna strada), inoltre possono sovrapporsi e interagirenegativamente anche con altri fenomeni naturali in atto(la stessa strada, ad esempio, può essere utilizzataper raggiungere più rapidamente zone di caccia o diesbosco, o può favorire la diffusione di specie invasive ol’intensità del pascolo).L’analisi delle minacce e dei disturbi rappresenta,quindi, uno dei passaggi cruciali in quanto soloin seguito all’individuazione di fattori diretti certi eidentificati, è possibile predisporre azioni e programmi diconservazione efficaci.L’elemento di maggiore criticità è quindi rappresentatodalla capacità di poter stabilire, su base scientificasperimentale, una relazione diretta e lineare fra fattoridi minaccia e stress subiti in modo da poter farcorrispondere, a una diminuzione dell’incidenza <strong>della</strong>minaccia, una proporzionale variazione dello stresssubito.Nei vari casi, assume quindi un’importanza peculiare lacomprensione <strong>della</strong> scala alla quale vanno consideratele potenziali minacce e, parallelamente, la scala allaquale queste minacce devono essere monitorate. Adesempio, il problema delle piogge acide necessita diessere analizzato sino al livello (scala ampia) al qualesia possibile comprendere le fonti responsabili delleemissioni e le interazioni a livello dell’atmosfera; ilmonitoraggio degli effetti e dell’efficacia delle azioni dimitigazione può, però, anche essere limitato alle areegeografiche, oppure alle formazioni vegetali, più sensibiliall’inquinamento (scala locale).Una delle valutazioni preliminari da condurre perrealizzare l’analisi delle minacce su scala ecoregionaleè quella che fattori di minaccia generali possonoesercitare il loro impatto negativo contemporaneamentesu numerosi siti, diversi per caratteristiche ecologiche egeografiche. Alcuni fattori possono essere tali per i tipidi habitat, per le specie, per le comunità e per i processiecologici o naturali, per via diretta e indiretta.Ad esempio, il bracconaggio o il sovrasfruttamento dialcune specie (ad esempio ittiche) per fini commercialiriduce direttamente le popolazioni di predatori mainfluenza, indirettamente, anche le dinamiche dipopolazione degli erbivori e delle prede presentinella stessa area; oppure, gli incendi producono uneffetto immediato sulle comunità naturali presenti ma,al contempo possono favorire l’aumento di specie© wwf-canon / m. guntheraliene e invasive e possono incrementare la fragilitàidrogeologica di substrati particolarmente sensibili.L’insufficienza propria degli strumenti di conoscenzatradizionali nel comprendere le dinamiche complessedei sistemi multiscala e multilivello è uno dei maggiorilimiti dell’applicazione di un efficace programmadi <strong>Conservazione</strong> Ecoregionale; per questo èfondamentale accompagnare alle azioni di analisi,gestione e mitigazione degli effetti dei fattori diminaccia, dei robusti progetti di monitoraggio finalizzatiall’applicazione di programmi di gestione adattativa.L’approccio prevede l’analisi e le azioni a livelloecoregionale piuttosto che dei siti, in quanto, l’efficaciadi programmi condotti alla scala dei fenomeni risultasicuramente più efficace di una condotta alla scaladegli effetti. Pur tuttavia, la scala locale rimane il puntodi partenza per ogni definizione e studio dei fattori diminaccia e l’insieme dei siti dove i fattori di minacciasi manifestano, rappresenta il livello adeguato al qualecondurre le azioni di monitoraggio.


104 A N A L I S I D E L L E M I N A C C EB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 105Infatti se è plausibile condurre le azioni di conservazioneconcentrando i propri sforzi esclusivamente sullamitigazione delle minacce, non è detto che i risultatiraggiunti siano comunque focalizzati nelle aree dovele minacce sono più gravi o pesanti, considerato che ivalori naturali sono distribuiti in maniera discontinua.Va comunque sottolineato come un’analisi dei fattoridi minaccia a scala ecoregionale non corrisponda aun’analisi delle cause profonde di tali minacce(ad esempio l’illegal logging è un problema a largascala che ha delle motivazioni profonde diverse neipaesi sottosviluppati rispetto ai paesi a maggior livellodi industrializzazione); l’approccio a scala ecoregionaleconsente di predisporre piani di azione a scala vastadi contrasto alle minacce dirette con ricadute che,ovviamente, possono interagire positivamente anchecon le cause profonde di natura sociale ed economica.<strong>La</strong> mitigazione delle minacce dirette non si realizzaovviamente solo attraverso interventi normativi o attivitàdi repressione, in un contesto concettuale di comandoe controllo; assumono grande importanza anche iprocessi partecipati di coinvolgimento delle comunitàlocali che possono essere favorevoli a cambiamentianche radicali dei propri modelli di sfruttamento dellerisorse purché tali cambiamenti siano inseriti in quadridi gestione di più ampio respiro, agganciate a sceltepolitiche e tecniche innovative ed efficaci.Per far questo è necessario attivare dei tavoli di lavoroin cui non siano rappresentate solo le istanze <strong>della</strong>conservazione. È necessario attivare dei processi digestione multidisciplinari, in grado di cogliere e risolverela complessità delle situazioni e al contempo autorevolinel proporre soluzioni strategiche di alto livello.Ad esempio, così come un economista, o un sociologo,possono non cogliere le interferenze che possonoderivare dalla frammentazione del territorio, oppuredalla sostituzione di specie autoctone con speciealiene, allo stesso modo un biologo può sottovalutarele relazioni sociali ed economiche che intercorrono frala trasformazione del territorio e le scelte politiche diprogramma (si pensi, ad esempio all’impatto che laPolitica Agricola Comunitaria può avere a livello europeo).Chi si occupa di biologia di conservazione non può,però, correlare direttamente tali cause con gli effettimisurabili sul territorio quello che è possibile fare èperò comprendere come un fattore su larga scala (adesempio il bracconaggio), sia pure motivato da causedrammatiche profonde (la necessità di sussistenza),agisce e interferisce a scala locale in maniera grave(danneggiando specie rare) o trascurabile (nei confrontidi specie non minacciate).Le minacce alla biodiversità, in un ambito ecoregionale,devono quindi essere affrontate da un punto di vistasia naturalistico, sia socio-economico. I due piani sonoi due aspetti di uno stesso problema: l’erosione <strong>della</strong>biodiversità.I dati per la definizionedei fattori di minacciaRelativamente all’analisi dei fattori di minaccia su scalaecoregionale una delle fonti di dati più utili è la bancadati sui siti Natura 2000 contenuti nelle aree prioritarie.Infatti, l’esigenza principale deve essere quella didefinire un campione rappresentativo attraverso ilquale valutare i fattori di minaccia che interagiscononegativamente alla scala delle aree prioritarie. Daquesto punto di vista, l’insieme dei siti Natura 2000,rappresenta e custodisce le tipologie ambientali, i tipi dihabitat e le specie di maggior valore conservazionisticopresenti nelle diverse aree prioritarie.Di conseguenza i siti Natura 2000 (SIC e ZPS) possonoessere considerati un campione assai rappresentativo,sia per territorio che per valori, rispetto all’insiemecomplessivo delle aree prioritarie e, più in generale,<strong>della</strong> biodiversità nell’ecoregione.Inoltre per ognuno dei siti Natura 2000 esistonoinformazioni codificate relative ai fattori di minacciain quanto, all’atto <strong>della</strong> definizione dei siti, da partedell’Unione Europea, è stato chiesto agli stati membridi descrivere nel dettaglio, oltre che le peculiaritànaturalistiche, anche le attività a impatto potenziale oche possono essere causa di vulnerabilità reale.All’atto <strong>della</strong> compilazione delle schede, tali attivitàhanno dovuto essere ricondotte ad una precisa tabelladi codifica stabilita dall’Unione Europea, valida perl’intero territorio europeo; questo elemento consentedi avere dei dati autorevoli, confrontabili a vari livelli intutti di tutti gli Stati membri. <strong>La</strong> tabella contiene 167categorie diverse di fattori di minaccia raggruppate in 9categorie generali.Infine, un ulteriore importantissimo valore aggiunto,<strong>della</strong> metodologia proposta è rappresentato dal fattoche gli Stati membri sono tenuti, ai sensi <strong>della</strong> DirettivaHabitat (43/92/CE), ad aggiornare periodicamente i datirelativi allo stato di conservazione delle specie e deitipi di habitat presenti nei siti. Utilizzando i parametristabiliti, compresi gli impatti e le attività codificate eche possono interferire con i valori segnalati nel sito.Questo consentirà di poter monitorare, sia pure su basecampionaria, lo sviluppo e gli andamenti dei fattoridi minaccia nel corso del tempo e rispetto ai valori dibiodiversità più tipici dell’ecoregione.Per poter realizzare tale analisi, si è proceduto colselezionare, con l’ausilio del GIS (Sistema InformativoGeografico), tutti i siti Natura 2000 (SIC e ZPS)ricadenti, in tutto o in parte, all’interno delle singolearee prioritarie: in totale 35 per l’intero territorioitaliano. Questa procedura ha consentito di esaminare,complessivamente, oltre 760 siti Natura 2000.Per ciascuno di questi siti sono state consultate lesotto-schede descrittive “4.3 - Vulnerabilità” e“6 - Fenomeni e attività nel sito e nell’area circostante”contenute nella Scheda generale ufficiale del sito deirispettivi Formulari Standard Natura 2000.L’analisi comparata di queste due schede haconsentito di individuare quali attività presenti nelsito (sotto-scheda 6) costituiscano reali fattori di© wwf-canon / m. gunthervulnerabilità (sotto-scheda 4.3) e minaccia per labiodiversità.Ad esempio: nel caso in cui tra le attività riportateper un dato sito (Scheda 6) siano state indicate: “160- Gestione Forestale”, “300 - Estrazione di sabbia eghiaia” e “608 - Camping”, e come fattori di vulnerabilità(Scheda 4.3) siano stati indicati “ceduazione del faggio”e “presenza di cave di sabbia fluviale”, i fattori diminaccia conseguentemente presi in considerazionesono stati quelli identificati con i codici “160” e “300”.Il terzo tipo di attività, non costituendo, evidentemente,fattore di minaccia, è stato inserito nella tabella “Altreattività presenti nell’area ma che, attualmente, noncostituiscono fattori di vulnerabilità <strong>della</strong> biodiversità”. Icodici indicati nella tabella a pag. 89 sono quelli utilizzatidai Formulari Standard Natura 2000 (97/266/CE).I fattori di minaccia sono “ordinati” dal livello piùgenerale a quello più specifico. I corrispondenti codici,tenendo conto di ciò, vanno dal livello più generale (aduna cifra) al livello più articolato (a tre cifre). Ad esempiola voce “Agricoltura, Foreste” ha codice “1”, la voce“Coltivazione” ha codice “1.0.0.”, le voci “coltivazionemodificata dalle pratiche colturali” e “mietitura/sfalcio”hanno, rispettivamente, codici “1.0.1.” e 1.0.2.”.Complessivamente i fattori di minaccia sono 167,suddivisi in 9 categorie generali.


106 A N A L I S I D E L L E M I N A C C EB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 107Tabelle riassuntive di sintesiAnalisi dei fenomeni e delle attività influenzanti lo stato di protezione dei siti Natura 2000 complessivamente segnalati nellearee prioritarie. Dati aggregati sul totale dei siti natura esaminati (n=766). Il numero delle ricorrenze corrisponde al numerodi aree prioritarie in cui questa la singola voce compare, ad esempio il fattore “incendi” è stato indicato in 29 delle 35 areeprioritarie italiane.Analisi dei fenomeni e delle attività influenzanti lo statodi protezione dei siti Natura 2000 complessivamentesegnalati nelle aree; suddivisione per Categorie GeneraliCodiceDESCRIZIONE DELLE ATTIVITÀ CHE INFLUENZANOLO STATO DELLA BIODIVERSITÀN°ricorrenze% sul TOTricorrenzeCodiceDESCRIZIONE DELLE ATTIVITÀ CHE INFLUENZANOLO STATO DELLA BIODIVERSITÀN°ricorrenze% sul TOTricorrenzeCodiceDESCRIZIONE DELLE ATTIVITÀ CHE INFLUENZANOLO STATO DELLA BIODIVERSITÀN°ricorrenze% sul TOTricorrenzeCodiceCATEGORIA GENERALEN°ricorrenze% sul TOTricorrenze180 incendi 29 6,8290caccia, pesca e altre attività di raccolta nonelencate4 0,9422 discariche di rifiuti industriali 1 0,21 Agricoltura Foreste 124 29,0160 gestione forestale 23 5,4410 aree commerciali o industriali 4 0,9490 altre attività urbanistiche, industriali e simili 1 0,22 Pesca Caccia Raccolta 43 10,0502 strade, autostrade 21 4,9624 alpinismo, scalate, speleologia 4 0,9500 reti di comunicazione 1 0,23 Attività mineraria estrattiva 23 5,4140 pascolo 20 4,7810 drenaggio 4 0,9501 sentieri, piste ciclabili 1 0,24 Ubanizzazione Industrializzazione 51 11,9620 attività sportive e divertimenti all’aperto 20 4,7890altre modifiche nelle condizioni idrauliche indottedall’uomo4 0,9509 altre reti di comunicazione 1 0,25 Trasporti e Comunicazioni 29 6,8100 coltivazione 15 3,5101 modificata dalle pratiche colturali 3 0,7511 elettrodotti 1 0,26 Divertimento e Turismo 45 10,5402 urbanizzazione discontinua 15 3,5210 pesca professionale 3 0,7590 altre forme 1 0,27 Inquinamento e Altre Attività Umane 37 8,6701 inquinamento dell’acqua 15 3,5740 vandalismo 3 0,7600 strutture per lo sport ed il divertimento 1 0,28Modifiche umane delle condizioni idrauliche(zone umide ed ambiente marino)44 10,3301 cave 13 3,0954 invasione di una specie 3 0,7602 complessi sciistici 1 0,29 Processi Naturali (biotici e abiotici) 32 7,5400 aree urbane, insediamenti umani 13 3,0972 parassitismo 3 0,7609 altri complessi sport/divertimento 1 0,2850modifiche del funzionamento idrografico ingenerale13 3,0212 pesca a strascico 2 0,5625 volo a vela, deltaplani, parapendii, mongolfiere 1 0,2900 erosione 11 2,6720 calpestio eccessivo 10 2,3230 caccia 9 2,1423 discariche di materiali inerti 2 0,5504 aree portuali 2 0,5608 camping 2 0,5626 sci, sci alpinismo 1 0,2700 inquinamento 1 0,2702 inquinamento dell’aria 1 0,2243intrappolamento, avvelenamento, caccia/pescadi frodo9 2,1623 veicoli motorizzati 2 0,5703 inquinamento del suolo 1 0,2300 estrazione di sabbia e ghiaia 9 2,1420 discariche 8 1,9690 altri divertimenti e attività turistiche non elencate 2 0,5710 disturbi sonori 2 0,5800 discariche, bonifiche e prosciugamenti in genere 1 0,2802 bonifica di territori marini di estuari e paludi 1 0,2830 canalizzazione 8 1,9730 manovre militari 2 0,5803riempimento di fossi, canali, stagni, specchid’acqua, paludi o torbiere1 0,2141 abbandono sistemi pastorali 6 1,4403 abitazioni disperse 6 1,4852 modifica delle strutture dei corsi d’acqua interni 6 1,4110 uso di pesticidi 5 1,2162 piantagione artificiale 5 1,2167 disboscamento senza reimpianto 5 1,2200 acquacoltura e molluschicoltura 5 1,2790 altre attività umane inquinanti 2 0,5820 rimozione di sedimenti (fanghi) 2 0,5853 gestione del livello idrometrico 2 0,5102 mietitura/sfalcio 1 0,2161 piantagione 1 0,2163 reimpianto 1 0,2164 taglio raso 1 0,2860 scarico, deposito di materiali dragati 1 0,2943 smottamenti 1 0,2945 attività vulcaniche 1 0,2952 eutrofizzazione 1 0,2961 competizione (ad es. gabbiano/sterna) 1 0,2964 inquinamento genetico 1 0,2965 predazione 1 0,2621 sport nautici 5 1,2165 pulizia sottobosco 1 0,2969altre forme di competizione interspecifica <strong>della</strong>fauna1 0,2622 passeggiate, equitazione e veicoli non motorizzati 5 1,2910 interramento 5 1,2240 prelievo/raccolta di fauna in generale 1 0,2250 prelivo/raccolta di flora in generale 1 0,2971 competizione 1 0,2976 danni da specie da caccia 1 0,2120 fertilizzazione 4 0,9170 allevamento animali 4 0,9220 pesca sportiva 4 0,9250 prelievo/raccolta di flora in generale 4 0,9251 saccheggio di stazioni floristiche 1 0,2302 prelievo di materiali litoranei 1 0,2409 altri tipi di insediamenti urbani 1 0,2419 altri tipi di insediamenti industriali 1 0,2979altre forme di competizione interspecifica <strong>della</strong>flora1 0,2© wwf-canon / a. compost


12. Analisi e individuazionedelle priorità terrestri© homo ambiens / a. cambone - r. isotti108109Un passaggio fondamentale dello sviluppo <strong>della</strong><strong>Conservazione</strong> Ecoregionale, quale strumentofunzionale per definire le priorità di conservazione, èl’individuazione delle Aree prioritarie, ovvero quelleunità di conservazione in cui investire in modo prioritariopoiché possiedono un’alta valenza naturalistica e, allostesso tempo risultano più vulnerabili.Nel 2003 per sviluppare la metodologia ecoregionaleè stato coinvolto un gruppo di esperti esterni alWWF Italia, che hanno dato, a titolo gratuito, la lorodisponibilità a fornire il supporto scientifico e culturale. Ilgruppo di lavoro WWF è stato affiancato, nello sviluppoe applicazione <strong>della</strong> metodologia, da un grupporistretto di esperti esterni, individuati tra quanti hannomanifestato una maggiore disponibilità innanzi tutto aconoscere e approfondire i principi <strong>della</strong> <strong>Conservazione</strong>Ecoregionale e a dedicare il loro tempo allo sviluppo<strong>della</strong> metodologia. Il lavoro svolto ha permesso di:• identificare i temi chiave per mappare la biodiversità;• acquisire le informazioni per elaborare una serie dicarte tematiche che, opportunamente analizzate,hanno consentito di formulare la proposta di areeprioritarie che costituisce il risultato di questo lavoro;• identificare un’ampia lista di ulteriori esperti daconsultare per la verifica e validazione delle scelte edelle informazioni;• coinvolgere gli enti e istituti di appartenenza degliesperti per cominciare a costruire la partnership asostegno <strong>della</strong> <strong>Conservazione</strong> Ecoregionale.<strong>La</strong> disponibilità di informazioni georeferenziate eomogenee a scala ecoregionale è stato il primoproblema da affrontare. A tale scopo è stata avviata unacollaborazione con la Direzione per la Protezione <strong>della</strong>Natura (DPN) del Ministero dell’Ambiente e <strong>della</strong> Tuteladel Territorio per poter disporre delle banche dati sullabiodiversità. Purtroppo, all’inizio del lavoro, la maggiorparte non erano ancora complete, tuttavia il contattocon la DPN ha permesso di organizzare un seminariotecnico per i funzionari direttamente presso il Ministerodell’Ambiente per verificare le possibili sinergie tral’approccio ecoregionale e le strategie attuate dalMinistero (luglio 2004).Le informazioni utilizzate sono quelle relative alladistribuzione dei vertebrati terrestri contenute nellabanca-dati <strong>della</strong> Rete Ecologica Nazionale - REN, agliendemismi vegetali (EDEN), alle specie rare e in viadi estinzione <strong>della</strong> flora italiana e delle aree marine dimaggiore rilevanza. Dopo la pubblicazione di tutte lebanche dati a disposizione del Ministero dell’Ambientee <strong>della</strong> Tutela del Territorio - DPN, contenute nel DVD“GIS Natura” allegato alla pubblicazione “Stato <strong>della</strong>biodiversità in Italia” è stato possibile completare leanalisi.Le principali fonti delle banche-dati cartografiche sonostate quindi:• <strong>La</strong> Rete Ecologica Nazionale-REN che include duediversi tipi di dati relativi alla fauna italiana vertebrata:l’areale geografico di ciascuna specie (Geographicrange) in formato ESRI ® shapefile e il modello diidoneità ambientale di ciascuna specie (Habitatsuitability model) in formato ESRI ® grid.• <strong>La</strong> raccolta su DVD “GIS Natura” che contiene 23banche-dati relative a quattro grandi aree tematiche:Flora, Fauna, Aree Protette, Ambiente e Territorio, siain formato raster che vettoriale.Nei casi in cui non è stato possibile reperire informazioniutili alla scala di indagine, si è proceduto attraverso ilcoinvolgimento diretto degli esperti che ha consentito diintegrare le conoscenze e produrre mappe inedite.Per tutte le elaborazioni cartografiche effettuatenel presente lavoro è stato utilizzato il software GIS“ArcView 3.2” di ESRI ® .I confini dell’EcoregioneMediterraneo CentralePer la definizione dei confini dell’EcoregioneMediterraneo Centrale si è fatto riferimento alla cartadelle Mediterranean Terrestrial Ecoregions elaborataWWF MedPO. L’Ecoregione Mediterraneo Centraleinclude le sub-ecoregioni n.10 - Complesso sardo-corsoe la n. 17 - Penisola italiana e isole maltesi.Carta delle Aree prioritarie dell’Ecoregione Mediterraneo Centrale.


110 A N A L I S I E I N D I V I D U A Z I O N E D E L L E P R I O R I T À T E R R E S T R IB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 111Il confine settentrionale dell’ecoregione terrestre è statocollocato in corrispondenza <strong>della</strong> fascia pedemontanadell’Appennino settentrionale e delle Alpi Marittime,utilizzando come base cartografica le unità di paesaggio(UDP), includendo tutti i Comuni comprendenti le areepedemontane appenniniche.Dal processo di consultazione con gli esperti è emersal’opportunità di includere anche le lagune costieredell’alto Adriatico. Infatti questa area è stata segnalatacome importante per l’elevato valore di biodiversità(uccelli nidificanti, migrazioni degli uccelli, flora, pescidelle acque interne, invertebrati e biotopi rari).I confini di quest’area sono stati tracciati prendendo inconsiderazione tutte le unità di paesaggio classificatecome “lagune” o “pianure costiere” (Valli di Comacchio,Delta del Po, <strong>La</strong>guna di Venezia, <strong>La</strong>guna di Caorle,<strong>La</strong>guna di Grado e Marano).Riportando sulla carta l’Ecoregione MediterraneoCentrale e l’Ecoregione Alpi (quest’ultima definita inbase al confine <strong>della</strong> Convenzione delle Alpi - CIPRA), siosserva una parziale sovrapposizione in corrispondenza<strong>della</strong> Liguria di ponente. I valori di biodiversità emersiin questa zona sono inclusi nell’area prioritaria “A -Alpi Marittime” identificata in modo indipendente dalprocesso ecoregionale alpino.I tematismi terrestri<strong>La</strong> mappa delle aree prioritarie terrestri è stata realizzataindividuando e analizzando dieci temi selezionati inmodo opportuno:• ambienti ipogei, per l’importanza che questi ambientirivestono per la fauna troglobia e gli endemismi, inparticolare per i chirotteri e l’invertebratofauna;• aree remote o aree a basso impatto antropico, disuperficie superiore a 100 Km 2 ;• aree importanti per la migrazione degli uccelli, inparticolare passeriformi e rapaci;• vegetazione e biotopi di interesse rilevante, permettere in evidenza le formazioni vegetazionali e ibiotopi più rari e minacciati dell’ecoregione;• flora vascolare, per rappresentare le aree cheospitano maggiore ricchezza e diversità flogistica;• invertebrati terrestri, rappresentano il valorequantitativo <strong>della</strong> biodiversità, ma sono uno deglistrati più difficili da elaborare per la carenza e lanon omogeneità dei dati di distribuzione e per il loroenorme numero;• pesci delle acque interne, per mettere in evidenzai corsi d’acqua e i corpi idrici con la più altaconcentrazione di pesci endemici e autoctoni;• anfibi e rettili, per mettere in evidenza le aree piùimportanti per la presenza di endemismi appartenentia queste due classi di vertebrati;• uccelli, per mappare la biodiversità dell’ornitofaunanidificante, includendo anche le Important Bird Areaselaborate da LIPU-BirdLife;• mammiferi, mettendo in evidenza le aree di presenzadi un set rappresentativo di questa classe.<strong>La</strong> metodologia ha permesso di realizzare 10 mappeche mettono in evidenza le aree più importanti perciascun ambito esaminato. È importante sottolineareche ciascun gruppo di lavoro ha scelto la metodologiapiù opportuna per arrivare alla rappresentazione miglioredelle priorità.Le singole mappe prodotte, rappresentanti il livello dibiodiversità per ciascun tema, sono state confrontatecon le unità di paesaggio (UDP) al fine di individuare leUDP ospitanti i livelli più alti di biodiversità.Usando il software GIS è stato attribuito un valore aciascuna unità di paesaggio (UDP) in funzione di quantoognuna di esse si sovrappone alle aree riportate sullemappe di ciascuno dei dieci layer tematici. I valoriattribuiti a ciascuna UDP dai singoli layer tematici, sonostati poi sommati e sono stati utilizzati per produrreuna carta finale riportante tutte le unità di paesaggiociascuna con il suo valore totale.Successivamente le unità di paesaggio sono stateselezionate secondo un determinato “valore soglia” dibiodiversità individuato per ciascuno dei nove settoriomogenei definiti sulla base <strong>della</strong> carta litologica1:500.000. Le Aree Prioritarie per la tutela <strong>della</strong>biodiversità a scala ecoregionale sono state individuatecome somma di diverse UDP selezionate in relazione alvalore soglia.<strong>La</strong> scelta di utilizzare le UDP è stata adottata anche peruna omogeneizzazione dei dati a maggiore dettaglio(es. flora, vegetazione) con quelli con dettaglio minore(es. invertebrati, vertebrati). In questo modo è statopossibile ricondurre i dati ad ambiti morfologicamentecoerenti e omogenei rappresentati proprio dalle diverseunità di paesaggio. Pertanto le aree individuate hannoCarta delle aree importanti per la presenza di ambienti ipogei.al loro interno non solo i valori di biodiversità secondola metodologia proposta, ma evidenziano quei territoriomogenei nei quali è maggiormente plausibile supporrel’espansione dei valori di biodiversità.Ambienti ipogeiLe grotte naturali rappresentano una tipologia dihabitat molto sensibili e allo stesso tempo di enormevalore. Le severe condizioni ecologiche determinanocondizioni di vita molto peculiari che danno originea processi evolutivi che permettono alla faunatroglobia straordinari adattamenti con modificazione<strong>della</strong> fisiologia e dell’anatomia. Circa il 90% dellepiù significative cavità sotterranee si impostano susubstrati carbonatici.È stata ottenuta una mappa indotta <strong>della</strong> biodiversitàdegli ambienti ipogei, nel senso che non è statautilizzata la distribuzione delle specie troglobie, ma lapresenza degli ambienti idonei a queste ultime. D’altraparte utilizzare, come base conoscitiva, la distribuzionedelle grotte esplorate dall’uomo sarebbe stato moltoriduttivo, infatti è molto più probabile che le specietroglobie utilizzino piccole cavità, inghiottitoi e condottinon esplorabili e sicuramente meno disturbati dalleattività speleologiche.Carta delle aree importanti per la presenza di aree remote.<strong>La</strong> mappa degli ambienti ipogei evidenzia, procedendoda nord a sud: le Alpi Apuane, tre aree nelle provincedi Pisa, Grosseto e Siena e il Monte Argentario tutte inToscana, il Conero, l’Appennino centro-meridionale,dalla dorsale marchigiana/umbro-marchigiana fino alMatese, i Monti Picentini, la Penisola Sorrentina, Monti<strong>La</strong>ttari fino al Pollino; i Monti Aurunci, Ausoni e Lepini eil promontorio del Circeo nel <strong>La</strong>zio; il Gargano, le Murgee il Salento; la Sicilia sud-orinetale, i Monti Sicani, leMadonie, la costa nord-occidentale; infine in SardegnaCapo Teulada, area di Carbonia, Capo Caccia, la Nurra,il Gennargentu, l’area del Supramonte del Golfo diOrosei e il Monte Albo.Aree remote<strong>La</strong> mappa indica le aree con il livello più basso diframmentazione prodotta utilizzando le coperturedell’uso del suolo di Corine <strong>La</strong>nd Cover III livello, relativealle seguenti tipologie: boschi, pascoli e incolti.Sono state invece escluse:• tutte le aree dei Comuni con una densità abitativasuperiore alla media nazionale (187 ab./Km 2 );• tutte le strade interpoderali e vicinali e una fascia, diampiezza variabile tra 0,5 e 1 km, intorno a tutte lestrade nazionali, provinciali e comunali;


112 A N A L I S I E I N D I V I D U A Z I O N E D E L L E P R I O R I T À T E R R E S T R IB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 113© archivio wwf / f. cianchi© b. petriccioneCarta delle aree importanti per le migrazioni di uccelli rapaci e passeriformi.Carta delle aree importanti per la vegetazione.• tutte le aree occupate dai centri abitati superiori a 200abitanti;• un’area di raggio 10 km per tutti i centri abitati con piùdi 1.000.000 di abitanti, un’area di raggio 5 km per icentri con più di 100.000 abitanti e un’area di raggio2 km per quelli con più di 50.000 abitanti.Dal risultato finale sono state sottratte tutte le aree conuna superficie più piccola di 10 km 2 e selezionate tuttequelle più grandi di 100 km 2 .Nel contesto ecoregionale è probabilmente inopportunocorrelare direttamente le “aree remote” con i valori dibiodiversità, come invece risulta coerente in grandicontesti continentali in cui sono stati sviluppati iWildlands Project. Tuttavia si tratta di contesti in cui lapressione umana è comunque ridotta e restano aree adalta naturalità in cui si riscontrano dimensioni ancorasignificative degli habitat. Purtroppo in molti casi fattorispecifici hanno contribuito alla perdita di elementiimportanti di biodiversità (grandi ungulati, predatori,uccelli rapaci, ecc.).<strong>La</strong> carta evidenzia un’area sulle Alpi Marittime, l’Alpe diSan Benedetto, alcune aree nell’Appennino centrale, ilCilento e Pollino, l’Etna e i Monti Peloritani settentrionali.Sono ancora abbastanza diffuse aree con un bassolivello di antropizzazione in Sardegna, soprattutto intutto il settore orientale e nel Sulcis.Aree importanti per la migrazionedi rapaci e passeriformiIl fenomeno <strong>della</strong> migrazione degli uccelli rappresentauno dei valori più importanti per la sua dimensione e peril suo ruolo di fenomeno biologico tra diversi continenti.Questa carta è stata realizzata acquisendo i dati odigitalizzando le seguenti informazioni:• le principali aree di migrazione dei passeriformi,secondo quanto emerso dalle ricerche condottenell’ambito del “Progetto Piccole Isole” coordinatodall’Istituto Fauna selvatica;• le principali aree di migrazione dei rapaci in base airiferimenti bibliografici, con riferimento ai siti in cuisono stati osservati almeno 1.000 rapaci in migrazioneprimaverile o autunnale, ovvero: Malta, Marettimo,Ustica, Stretto di Messina, Monte Covello, Capod’Otranto, Circeo, Conero, Monte S. Bartolo, Arenano,Valle Stura, Monte Ciarm e Colli Asolani.Questa carta mette in evidenza il sistema delle piccoleisole del Tirreno, lo Stretto di Messina, le Isole maltesioltre a una serie di aree molto localizzate in cui sonostati osservati un numero di rapaci maggiore di 1.000durante la migrazione primaverile: Liguria centrale,Conero, Circeo, Marettimo, Ustica, Salento.<strong>La</strong> migrazione degli uccelli è un fenomeno biologicoche attraversa l’intera ecoregione e la tutela efficacedi questo “valore” può essere raggiunta, tutelando learee chiave “bottleneck”, ma anche perseguendo unastrategia globale che miri ad assicurare la funzionalità dialcuni habitat durante le migrazioni (siti di stop-over) eagendo per ridurre i fattori di interferenza diretta comeil bracconaggio, la distruzione degli habitat chiave el’alterazione di siti chiave.Aree importanti per la vegetazione<strong>La</strong> mappa delle aree più importanti per la vegetazionee i biotopi minacciati è stata realizzata sulla base di 8delle 14 tipologie vegetazionali sensibili ai cambiamenticlimatici riportate in bibliografia, ovvero:• foreste planiziali a Quercus robur e Carpinus betulus(Ornithogalo pyrenaici-Carpinetum betuli);• foreste ripariali e golenali a Alnus glutinosa e Fraxinusoxycarpa (Populetalia albae);• vegetazione palustre (Phragmitetea);• vegetazione di torbiera (Oxycocco-Sphagnetea);• arbusteti a Pinus mugo degli Appennini (Vaccinio-Piceetalia);• arbusteti a Vaccinium myrtillus degli Appennini centrali(Vaccinio-Hypericetum richeri);• praterie di altitudine mediterraneo-montane a Sesleriatenuifolia (Pediculari elegantis-Seslerietum tenuifoliae);• tundra alpina a Silene acaulis e Kobresia myosuroidesdegli Appennini centrali (Saxifrago speciosae-Silenetum cenisiae, Leontopodio-Elynetum).Dal punto di vista operativo, utilizzando il softwareGIS, sono state utilizzate le coperture georeferenziaterelative ai confini comunali, alla distribuzione deivalori presenti nei siti di Interesse Comunitario (SIC)<strong>della</strong> Rete Natura 2000 e all’uso del suolo di Corine<strong>La</strong>nd Cover. Sono stati selezionati quindi i confinicomunali che ospitano le tipologie indicate e, tra tuttii siti individuati, sono stati evidenziati solo quelli consuperficie maggiore di 10 ha.A questo layer sono stati poi aggiunti tutti i SIC conalmeno il 50% <strong>della</strong> superficie occupato da uno o piùhabitat individuati negli allegati <strong>della</strong> Direttiva 92/43/CEE.Questa mappa mette in evidenza un elevato numerodi siti, poco apprezzabili su una rappresentazionecartografica di piccola scala, ma che posti in relazionealle unità di paesaggio hanno contribuito ad attribuite inmodo significativo il valore complessivo di ciascuna UDP.


114 A N A L I S I E I N D I V I D U A Z I O N E D E L L E P R I O R I T À T E R R E S T R IB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 1159. querceti <strong>della</strong> Basilicata: Vulture, Dolomiti lucane, Vald’Agri;10. Monti Lepini, Monti Aurunci e Monti Lepini;11. pinete montane mediterranee e le praterie xeromontanedel <strong>La</strong>gonegro, Pollino, Monte Sirino eMonte Orsomarso;12. area delle Murge e delle Gravine fino al FiumeBradano;13. fiumare calabresi;14. Monti Iblei (l’area del Fiume Noto e altri corsid’acqua vicini);15. Etna, versante settentrionale con Pino laricio Pinusnigra laricio e Betulla dell’Etna Betula aentensis;16. Le Madonie, i Nebrodi e Piana di Roccabusambra;17. aree di gariga con Palma nana Chaemorops humilisin tutta l’ecoregione;18. isole di Pantelleria e <strong>La</strong>mpedusa;19. Gennargentu, il Supramonte, M.Albo, Barbagia, area© b. petriccioneinterna del Golfo di Orosei, Limbara;20. steppe xeriche di Ozieri, Campeda, Nurra.21. grotte naturali.Carta delle aree importanti per la flora.Aree importanti per la floraPer realizzare la mappa delle aree più rilevanti per laflora è stata utilizzata la banca dati <strong>della</strong> flora vascolarein cui è riportata la distribuzione di 1.070 specie esottospecie <strong>della</strong> flora vascolare italiana inserite nellaLista Rossa Nazionale e nelle Liste Rosse Regionali.Sono state considerate 970 specie in quanto sonostate escluse dall’analisi le specie estinte e quelledistribuite solo nell’Italia continentale.• L’intero territorio dell’Ecoregione MediterraneoCentrale è stato suddiviso in un reticolo di maglia10x10 km e all’interno di ciascuna maglia è statocalcolato un Indice di Valore Conservazionistico perla Flora (Indice VCF), tenendo in considerazione siail numero di taxa che il numero di stazioni presentiin ciascuna maglia. Tale Indice è stato ottenutoutilizzando l’equazione di Shannon-Weaver.• È stata poi realizzata una seconda mappa con ladistribuzione delle specie minacciate attribuendoun valore differenziato per singoli taxa in base allecategorie IUCN di minaccia, escludendo le specie apiù basso rischio (LR) e carenti di informazioni (DD)e assegnando i seguenti valori: valore 10 alle specie“In pericolo critico” (CR), valore 8 alle specie “Inpericolo” (EN) e valore 5 alle specie “Vulnerabili” (VU).Dalla sovrapposizione di queste due mappe è stataottenuta una terza mappa con le aree prioritarie perla flora vascolare che riporta le aree evidenziate inentrambe le cartografie elaborate. È possibile osservareuna distribuzione abbastanza diffusa di queste areeanche oltre le zone già note per ospitare una particolarericchezza di endemismi come: la Liguria, le Alpi Apuane,il Gargano e la Sardegna centro-orientale.Aree importanti per gli invertebrati terrestriSono state raccolte una serie di informazioni di caratteregeografico ed ecologico che hanno permesso dicartografare in ambiente GIS un buon numero di areeimportanti per l’invertebratofauna.Sono state evidenziate 21 “tipologie territoriali”considerate quelle più importanti per la presenzadi endemismi o per particolari livelli di ricchezzadell’entomofauna terrestre. Queste tipologie sonoascrivibili a tre classi: aree che presentano particolaricondizioni ecologiche e vegetazionali tali che le rendonofunzionali a sostenere una elevata biodiversità; areeidentificabili in modo discreto da un punto di vistageografico e/o geomorfologico; aree identificate perentrambe le caratteristiche. Le tipologie territorialiindividuate sono riportate di seguito:Carta delle aree importanti per la presenza di invertebrati terrestri.1. Alpi liguri fino al mare, da Ventimiglia alla zona diAlbenga-San Remo;2. aree di brughiera a Calluna vulgaris dalla Liguriaall’Umbria;3. fascia costiera tra Piombino e l’Argentario el’Arcipelago Toscano;4. foreste planiziali tirreniche con Fraxinus spp. (es.Circeo, Foglino, Castelporziano, la foce dell’Arrone),dalla Toscana fino alla foce del Fiume Sele;5. Appennino centrale: aree alto-montane oltre i 2.000m s.l.m, con faggete mature, abetine pure e mistedell’Appennino centro-meridionale, formazioniautoctone a Pino nero, praterie xero-montane(pseudo-steppe), Marsica e i monti circum-fucensi;6. aree palustri e lagunari litoranee con specie di floraalofila. Dall’area di Fucecchio al Fiume Sele, SalineMargherita di Savoia, Lesina, Le Cesine, Circeo,Taranto, zone umide dell’Oristanese e Cagliaritano,Delta del Po, lagune costiere di Venezia e Marano;7. sistemi di dune sabbiose litoranee <strong>della</strong> Penisola edelle isole maggiori (es. Circeo, Piscinas, Siculiana,ecc.);8. aree montane <strong>della</strong> Campania: Monti Picentini, MontiAlburni, Monte Taburno, Monte Cervialto, Monti<strong>La</strong>ttari;Attraverso l’utilizzo combinato in ambiente GIS dellecoperture amministrative, dell’uso del suolo (Corine<strong>La</strong>nd Cover), delle unità di paesaggio e degli altri layer(rete idrografica, Natura 2000, litomorfologia, areeprotette, banca dati CK-Map) è stato possibile produrrela mappa delle aree di maggiore biodiversità per gliinvertebrati terrestri.Aree importanti per i Pesci delle acque dolciSono stati selezionati due set di specie rappresentative:un primo set di 8 taxa endemici o sub-endemici e unsecondo set di 10 specie indigene. Gli areali sono statiacquisiti facendo riferimento alla banca dati <strong>della</strong> ReteEcologica nazionale - REN.Dopo una prima elaborazione, gli areali di 16 taxa su 18sono stati modificati e ridigitalizzati ex-novo secondoquanto riportato nell’Iconografia dei Pesci delle AcqueDolci. Sono rimasti invariati gli areali di due speciemolto localizzate: la trota macrostigma (Salmo (trutta)macrostigma) e il carpione del Fibreno (Salmo fibreni).Le specie selezionate sono:• taxa endemici o sub-endemici: ghiozzo di ruscello(Gobius nigricans), trota macrostigma [Salmo (trutta)macrostigma], carpione del fibreno (Salmo fibreni),arborella meridionale (Alburnus albidus), rovella (Rutilusrubilio), vairone (Leuciscus souffia muticellus), barbo(Barbus plebejus) e cobite (Cobitis tenia bilineata);


116 A N A L I S I E I N D I V I D U A Z I O N E D E L L E P R I O R I T À T E R R E S T R IB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 117(Calandrella brachydactyla), cappellaccia (Galeridacristata), tottavilla (Lullula arborea) e allodola (Alaudaarvensis). A queste cinque specie sono state aggiuntealtre due rappresentative degli stessi ambientimediterranei: la monachella (Oenanthe hispanica) e ilcalandro (Anthus campestris).Le specie appartenenti al genere Sylvia sonospecie tipicamente di ambienti arbustivi e boschivimediterranei. Sono stati utilizzati gli areali disponibilinella Rete Ecologica Nazionale - REN di un set di 6specie opportunatamente selezionate: magnanina sarda(Sylvia sarda), magnanina (Sylvia undata), sterpazzoladi Sardegna (Sylvia conspicillata), sterpazzolina (Sylviacantillans), bigia grossa (Sylvia hortensis), sterpazzola(Sylvia communis). Tra i silvidi non sono state prese inconsiderazione le specie accidentali e le specie troppolocalizzate oppure molto comuni e quindi non funzionalia selezionare aree a scala ecoregionale.<strong>La</strong> famiglia picidi è presente nell’EcoregioneMediterraneo Centrale con sette specie nidificanti.Carta delle aree importanti per i pesci d’acqua dolce.• taxa indigeni: lampreda di ruscello (<strong>La</strong>mpetra planeri),cavedano (Leuciscus cephalus), tinca (Tinca tinca),scardola (Scardinius erythrophthalmus), luccio (Esoxlucius), latterino (Atherina boyeri), nono (Aphaniusfasciatus), spinarello (Gasterosteus aculeatus),scazzone (Cottus gobio), cagnetta (Salaria fluviatilis).<strong>La</strong> mappa definitiva delle aree più importanti per ipesci d’acqua dolce (sub)endemici e indigeni evidenziaun’ampia area che dalla costa tirrenica si espandeverso est per tutta l’Umbria e metà delle Marche e versosud include buona parte <strong>della</strong> Campania e del Molise.Trattandosi di un’area estremamente estesa, all’internodi quest’area prioritaria per i pesci (sub)endemici eindigeni sono stati individuati i corpi idrici principali eriportata una “fascia di rispetto”(buffer) di 300 m perciascuna sponda di corso d’acqua o riva dei laghi.Aree importanti per gli anfibi e rettili<strong>La</strong> mappa che presenta le aree di interesse perl’erpetofauna, è ricavata dall’esame di 21 areali dispecie e sottospecie endemiche di anfibi e rettilipresenti nell’Ecoregione Mediterraneo Centrale. Sonostati esaminati 12 taxa per gli anfibi e 9 per i rettili; conl’esclusione dei geotritoni, la cui distribuzione non ècartografata in REN e comunque molto localizzata.Carta delle aree importanti per la presenza di anfibi e rettili.Anche in questo caso, come per i pesci, tutti gli arealisono stati successivamente modificati e digitalizzati exnovoin base alle mappe dell’Atlante dei rettili e anfibid’Italia.Le specie prese in esame sono:• anfibi: salamandra pezzata appenninica SalamandraSalamandra gigliolii), salamandrina dagli occhiali(Salamandrina terdigitata), tritone alpestre<strong>della</strong> Calabria (Triturus alpestris inexpectatus),tritone alpestre appenninico (Triturus alpestrisapuanus), tritone italiano (Triturus italicus), tritonesardo (Euproctus platycephalus), discoglossodipinto (Discoglossus pictus), discoglosso sardo(Discoglossus sardus), ululone dal ventre gialloappenninico (Bombina variegata pachypus), raganellatirrenica (Hyla sarda), rana di <strong>La</strong>taste (Rana latastei),rana appenninica (Rana italica).• rettili: lucertola dei Faraglioni di Capri (Podarcis siculacoerulea), lucertola di Bedriaga (<strong>La</strong>certa bedriagae),lucertola siciliana (Podarcis wagleriana), lucertola delleEolie (Podarcis raffonei), lucertola di Malta (Podarcisfilfolensis), tarantolino (Phyllodatcylus europaeus),algiroide nano (Algiroides fitzngeri), vipera dell’Orsini(Vipera ursinii), natrice del cetti [Natrix (natrix) cetti].Carta delle aree importanti per la presenza di uccelli.<strong>La</strong> mappa che riporta le aree importanti perl’erpetofauna e la batracofauna pone in evidenza:un’area piuttosto estesa che include la Liguriameridionale, la Toscana settentrionale e raggiungendoanche parzialmente l’Emilia Romagna, una secondaarea molto estesa che dall’Appennino centrale, passaper la Campania settentrionale fino alla propaggine piùmeridionale <strong>della</strong> Calabria, infine un insieme di quattroaree in Sardegna che corrispondono all’incirca con laGallura, il comprensorio Gennargentu-Supramonte, ilSarrabus e il Sulcis.Aree importanti per gli uccelliPer realizzare la carta delle aree più importanti perl’ornitofauna è stata utilizzata la cartografia delleImportant Bird Areas (IBA) realizzate per l’Italia da LIPU-BirdLife, integrata con l’individuazione di aree attraversola selezione di set di specie rappresentative di alcunetipologie ambientali caratteristiche dell’EcoregioneMediterraneo Centrale.<strong>La</strong> famiglia degli alaudidi è stata utilizzata perevidenziare gli ambienti steppici, di pascolo e agricoli.Sono stati utilizzati gli areali disponibili nella ReteEcologica Nazionale - REN di 5 specie di alaudidi:calandra (Melanocorypha calandra), calandrellaQueste specie mostrano esigenze ecologiche tali dafar assumere loro il ruolo di indicatori degli ambientiforestali maturi. Sono state selezionate le specie piùrare o localizzate: picchio nero (Dryocopus martius),picchio rosso mezzano (Picoides medius), picchiodorsobianco (Picoides leucotos), picchio rosso minore(Picoides minor). <strong>La</strong> mappa dei picidi è stata ottenutaselezionando le aree in cui il picchio rosso minore (laspecie più largamente distribuita delle quattro) è presentein simpatria con almeno una delle altre tre specie.Infine è stata realizzata una mappa che mette inevidenza le aree di presenza in simpatria delle tre speciedel Genere <strong>La</strong>nius nidificanti in Italia: averla piccola(<strong>La</strong>nius collurio), averla cenerina (<strong>La</strong>nius minor), averlacapirossa (<strong>La</strong>nius senator) in quanto specie legate agliambienti ecotonali costituiti da pascoli cespugliati eambienti aperti con siepi.Le quattro carte sopra descritte sono state sommateper ottenere una singola carta complessiva indicantele aree di maggior interesse conservazionistico,relativamente agli ambienti boschivi, prativi-steppici, agliarbusteti-cespuglieti ed ecotonali.È stata poi realizzata un’ulteriore mappa sulla base<strong>della</strong> presenza dei rapaci diurni (Fam. Accipitridae);questo gruppo è stato prescelto in virtù <strong>della</strong> suaspecializzazione in termini ecologici e <strong>della</strong> distribuzionein un’ampia gamma di tipologie di habitat.


118 A N A L I S I E I N D I V I D U A Z I O N E D E L L E P R I O R I T À T E R R E S T R IB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 119© archivio wwf / r. nardi© archivio wwf / r. gildiCarta delle aree importanti per la presenza di mammiferi.Le 15 specie prese in esame appartengono ai due ordinidegli accipitriformes e dei falconiformes. Le specieselezionate sono: falco pecchiaiolo (Pernis apivorus),nibbio bruno (Milvus migrans), nibbio reale (Milvusmilvus), capovaccaio (Neophron percnopterus), grifone(Gyps fulvus), biancone (Circaetus gallicus), falco dipalude (Circus aeruginosus), albanella minore (Circuspygargus), astore (Accipiter gentilis), aquila reale (Aquilachrysaetos), aquila del Bonelli (Hieraaetus fasciatus),grillaio (Falco naumanni), lodolaio (Falco subbuteo),lanario (Falco biarmicus), pellegrino (Falco peregrinus).Attraverso un’elaborazione GIS, è stata quindirealizzata una mappa “filtrando” la mappa di sintesidi alaudidi-silvidi-picidi-lanidi con la carta dei rapacidiurni. In questo modo si è ottenuta una mappa incui sono riportate le aree importanti per i rapaci econtemporaneamente per almeno uno degli altri 4tematismi.Aree importanti per i mammiferiPer la realizzazione <strong>della</strong> carta delle aree importantiper i mammiferi è stato selezionato un set di specierappresentative <strong>della</strong> teriofauna italiana, escludendogruppi a distribuzione eccessivamente ampia opuntiforme.Le 9 specie individuate appartengono agli ordini:insettivori (1), lagomorfi (1), roditori (4), artiodattili (1) ecarnivori (2) e a taxa endemici oppure caratterizzantialcune tipologie ambientali.I taxa sono: toporagno appenninico (Sorex samniticus),crocidura siciliana (Crocidura sicula), talpa romana(Talpa romana), arvicola di Savi (Microtus savii), istrice(Hystrix cristata), orso bruno marsicano (Ursus arctosmarsicanus), lontra (Lutra lutra), capriolo italiano(Capreolus capreulus italicus), lepre appenninica (Lepuscorsicanus).<strong>La</strong> mappa delle aree prioritarie per i mammiferimostra un insieme di ambiti territoriali di cui il piùsignificativo è quello che include il Cilento-Vallo diDiano e gran parte <strong>della</strong> Basilicata, una secondaarea è quella dell’Appennino centrale e una terza èquella delle Marche; quest’ultima mostra un’anomalaconformazione sostanzialmente attribuibile allo scarsogrado di definizione degli areali di alcune specie(es. talpa romana) nella banca-dati REN. Lo stessovale per alcune zone del <strong>La</strong>zio, Gargano e Calabriache risentono <strong>della</strong> distribuzione estremamenteframmentata del capriolo italico e <strong>della</strong> lepreappenninica.Altre aree prioritarieUna volta ottenuta la mappa delle aree prioritarieutilizzando i dieci temi e le unità di paesaggio, sonostate aggiunte due aree ritenute di alto valore per labiodiversità.Aree prioritarie <strong>della</strong> CorsicaPer le aree <strong>della</strong> Corsica, non disponendo <strong>della</strong> stessabase di informazioni utilizzate per le aree in Italia, è statoutilizzato un criterio ad hoc diverso da quello utilizzatoper il resto dell’Ecoregione Mediterraneo Centrale.È stata attivata una collaborazione con gli esperti delParc Naturel Régional de Corse (PNRC) che hannofornito informazioni circa i valori di biodiversità percui questa isola è importante a livello del BacinoMediterraneo; le informazioni sulla distribuzionesono state reperite in bibliografia e dal processo diconsultazione con gli esperti del PNRC.Gli elementi di biodiversità per cui la Corsica svolge unruolo rilevante per l’intera ecoregione, sono riconducibilialla presenza delle seguenti specie:• il gipeto (Gypaetus barbatus),• il falco pescatore (Pandion heliaetus),• il picchio muratore corso (Sitta whiteheadi),• le formazioni forestali a pino laricio (Pinus nigra laricio).Tutte questi elementi hanno un areale incluso entro iconfini del PNR Corso. Si è quindi scelto di individuarecome area prioritaria per la Corsica i confini del ParcoAree prioritarie dell’Alto AdriaticoPer quanto riguarda le aree lagunari costiere dell’AltoAdriatico sono state incluse nell’ecoregione per la loroimportanza in termini di biodiversità, con particolareriferimento agli uccelli nidificanti, le migrazionidegli uccelli, la flora, i pesci delle acque interne, gliinvertebrati e i biotopi rari.<strong>La</strong> rappresentazione cartografica di quest’area è stataeffettuata identificando tutte le unità di paesaggioclassificate come tipologia “lagune” o “pianurecostiere” e considerando direttamente come prioritariele seguenti UDP:• Valli di Comacchio;• Delta del Po;• <strong>La</strong>guna di Venezia;• <strong>La</strong>guna di Caorle;• <strong>La</strong>guna di Grado e Marano.


13. Analisi e individuazionedelle priorità marine© wwf-canon / m. gunther120121I limiti marini dell’Ecoregione Mediterraneo Centralesono stati definiti seguendo la piattaforma continentale.Per la definizione <strong>della</strong> piattaforma continentale,secondo le norme del Diritto marittimo internazionale,sono stati considerati gli accordi bilateralirispettivamente fra Italia e Grecia, Spagna, Tunisia eJugoslavia stipulati nel 1970.I tematismi marini<strong>La</strong> realizzazione <strong>della</strong> mappa <strong>della</strong> biodiversità marinaè un processo quanto mai complesso a causa delleinformazioni scarsamente omogenee disponibili a scalaecoregionale. Sono state tuttavia prodotte diversemappe che mettono in evidenza le aree importantie/o critiche nelle acque circostanti l’EcoregioneMediterraneo Centrale. Attraverso il contributo dinumerosi biologi marini che hanno partecipato alprocesso di consultazione preliminare per la definizione<strong>della</strong> Biodiversity Vision, sono stati elaborati i dati eprodotte cartografie tematiche per i seguenti valori dibiodiversità:• aree importanti per la presenza di colonie diuccelli marini di interesse conservazionistico nelMediterraneo: uccello delle tempeste Hydrobatespelagicus, gabbiano corso <strong>La</strong>rus audouinii, bertamaggiore Calonectris diomedea e berta minoremediterranea Puffinus yelkouan;• aree importanti per la presenza di cetacei, ovvero ilsantuario dei cetacei esistente (Santuario “Pelagos”del Mar Ligure) e quello proposto (Santuario <strong>della</strong>biodiversità marina delle Isole Pelagie-Canale diSicilia). Per la mappatura del Santuario “Pelagos”sono state utilizzate le coordinate ufficiali cheindividuano un poligono con vertici in prossimità <strong>della</strong>foce del Fosso Chiarone (GR), Capo Ferro (SS), CapoFalcone (SS) e Punta Escampobariou (Provenza). Perquanto riguarda le Isole Pelagie, si è fatto riferimentoalle informazioni fornite dall’indagine ICRAM sullapresenza di cetacei nel Canale di Sicilia, non essendostata ancora definita la perimetrazione ufficiale;• i risultati <strong>della</strong> Gap Analysis marina effettuata dal WWFMedPO. Attraverso questa metodologia sono statiesaminati, con adeguate tecniche GIS, i numerosifattori biotici e abiotici e le interferenze antropicheesistenti nell’intero bacino del Mediterraneo. Da ciòè stata derivata una mappa delle aree di maggiorebiodiversità marina dell’Ecoregione MediterraneoCentrale.Ad integrazione delle informazioni sopra esposte, sonostate considerate ulteriori indicazioni fornite dal gruppodi lavoro formato dai biologi coinvolti:• una fascia costiera, estesa dalle Isole Tremiti allaPenisola Sorrentina, compresa all’interno all’isobatadei -100 m;• l’area dello Stretto di Messina e delle Isole campaneper la presenza di cetacei e per la migrazione deigrandi pelagici;• le aree “deep seas” che si estendono oltre i 1.000 mdi profondità, per la presenza di formazioni a Corallobianco e per il loro ruolo nella regolazione <strong>della</strong>produttività del Mediterraneo;• le aree di massima concentrazione <strong>della</strong> tartarugamarina comune Caretta caretta in fase neritica nell’AltoAdriatico.Ulteriori informazioni sono state acquisiteda “Atlante delle Risorse ittiche demersali italiane- triennio 1994-1996” relativo alla distribuzione epresenza di aree di nursery di 10 specie demersali:nasello (Merluccius merluccius), triglia di fango(Mullus barbatus), potassolo (Micromesistiuspoutassou), musdea (Phycis blennoides), gamberorosa (Parapenaeus longirostris), gambero rosso(Aristaeomorpha foliacea), gambero viola (Aristeusantennatus), scampo (Nephrops norvegicus),moscardino bianco (Eledone cirrhosa) e polpo comune(Octopus vulgaris).Le carte prodotte riportano, per ciascuna specie:• la resa delle risorse demersali in termini di kg dipescato per Km 2 , autunnale e primaverile;• le aree di nursery primaverile e autunnale.Nonostante queste mappe abbiano evidenziatonumerose aree di un certo interesse a finiconservazionistici, in accordo con i biologi mariniconsultati si è ritenuto più funzionale operare una sintesie definire degli obiettivi a scala ecoregionale centratisui santuari dei cetacei e <strong>della</strong> biodiversità marina, sullecolonie di uccelli marini e sulla riduzione dell’impattoderivante <strong>della</strong> pesca.È stato inoltre ritenuto opportuno includere per 20 dellearee prioritarie anche la componente marina.L’inclusione <strong>della</strong> parte marina in queste aree prioritarieè giustificato anche dal fatto che da terra si originanospesso gran parte dei disturbi e delle minacce per labiodiversità marina. È pertanto auspicabile che, ai fini<strong>della</strong> futura gestione, esse siano considerate come unasingola unità di conservazione, marina e terrestre.© homo ambiens / a. piccioni© archivio wwf / p. paolillo© homo ambiens / r. isotti


14. Le aree prioritarie© homo ambiens / a. cambone - r. isotti122 123Area n. 1 “Monte Beigua” (319 Km 2 )Area n. 2 “Monte di Portofino e cinque terre” (642 Km 2 )Descrizione generaleL’area si presenta come unmosaico di ambienti naturali grazieal quale il gruppo montuoso delBeigua viene considerato una dellezone più ricche di biodiversità <strong>della</strong>Liguria. È caratterizzato da collinee medie montagne appenniniche,metamorfiche e cristalline. Lungola fascia costiera l’area si estendeda Voltri ad Albissola Marina.Principali elementidi biodiversitàL’area ospita, negli ambientidi prateria e nelle faggete,alcune specie vegetali tipichedel Serpentino, come la felceAsplenium cuneifolium e la DafneAree protetteodorosa Daphne cneorum. <strong>La</strong> zonadel Monte Beigua riveste un ruolodeterminante per la migrazionedei rapaci diurni sia in primaverache in autunno (si stimano dai 500ai 3000 rapaci, particolarmentebiancone, falco di palude e falcopecchiaiolo).Principali minacce per labiodiversitàI principali fattori di minacciagenerali per la biodiversità nell’areaprioritaria risultano essere: l’attivitàestrattiva, gli incendi, la presenzadi infrastrutture di comunicazioneviaria e l’urbanizzazione a scopoinsediativo e turistico.Tipologia Numero Superficie (Km 2 )Parchi Nazionali 0 0,00Riserve Naturali dello Stato 0 0,00Parchi Naturali Regionali 1 82,28Riserve Naturali Regionali 0 0,00Aree Naturali di interesse locale 0 0,00Aree Marine Protette 0 0,00SIC 4 166,25ZPS 1 83,24Siti Ramsar 0 0,00IBA 1 92,73Totale* 7 424,50*Alcune aree protette possono essere parzialmente o totalmente sovrapposte ad altre aree protettedi diversa tipologia, pertanto la superficie totale protetta può risultare maggiore <strong>della</strong> superficiedell’intera area prioritaria.© wwf-canon / m. gunther© homo ambiens / a. cambone - r. isottiGenovaSavona25 0 25 50 kmDescrizione generaleL’area si presenta come una sottileporzione di territorio estesa percirca 75 Km nel Levante ligure.Nell’entroterra, l’area presentaun crinale orientato NE-SW. Irilievi principali, tutti al di sotto dei1000 m s.l.m., sono il Monte diPortofino e Monte Le Rocchette,Monte Gottero, Monte Groppi, ele aree collinari delle Cinque Terre,<strong>La</strong> Spezia e Monte Croce. I corsid’acqua sono modesti e a carattereprevalentemente torrentizio.Principali elementi di biodiversitàL’area è di rilevante importanzafloristica ed erpetologica. Nelleacque antistanti, la regolarepresenza di numerose specie dicetacei ha motivato l’istituzione delSantuario dei cetacei “Pelagos”.Aree protetteL’area ha anche una certaimportanza per la chirotterifauna:è segnalata la presenza di unadecina di specie di pipistrelli, tra cuialcune minacciate come il rinolofominore, il vespertilio di Capaccinie il vespertilio di Natterer. Nei corsid’acqua è da segnalare la presenzadello spinarello.Principali minacce per labiodiversitàI principali fattori di minaccia perla biodiversità sono rappresentatida incendi ed espansione degliinsediamenti umani e delleinfrastrutture. Nelle aree costiere emarine si riscontrano inquinamento,disturbo da sport nautici eacquacoltura; negli ambientimontani interni sono presentiattività estrattive e venatorie.Tipologia Numero Superficie (Km 2 )Parchi Nazionali 1 34,38Riserve Naturali dello Stato 0 0,00Parchi Naturali Regionali 3 29,12Riserve Naturali Regionali 0 0,00Aree Naturali di interesse locale 0 0,00Aree Marine Protette 4 33,39SIC 27 120,46ZPS 0 0,00Siti Ramsar 0 0,00IBA 0 0,00Totale* 35 217,35*Alcune aree protette possono essere parzialmente o totalmente sovrapposte ad altre aree protettedi diversa tipologia, pertanto la superficie totale protetta può risultare maggiore <strong>della</strong> superficiedell’intera area prioritaria.© wwf-canon / h. whitehead© wwf-canon / e. coppolaGenova<strong>La</strong> Spezia25 0 25 50 km


124 L E A R E E P R I O R I TA R I EB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 125Area n. 3 “Alpi Apuane - Garfagnana” (1.747 Km 2 )Area n. 4 “<strong>La</strong>gune costiere dell’Alto Adriatico” (1.767 Km 2 )Descrizione generaleL’area si estende dalle AlpiApuane al settore occidentaledell’Appennino tosco-emiliano.È caratterizzata dalla presenza diestese faggete e boschi di cerro ecastagno. Le vette principali sonoil monte Cimone, il Monte Cusna,il Monte Pisanino e l’Abetone. Trai fiumi che interessano l’area, ilMagra, il Serchio.Principali elementi di biodiversitàL’area risulta essere importanteper la ricchezza floristica e per lapresenza di endemismi vegetali(Centaurea montis-borlaeche,Aree protetteAthamanta cortiana ferrarini,Salix craegifolia, Globulariaincanescens, Cerastium apuanum,Buphthalmum salicifolium subsp.flexile, Santolina leucantha).Rilevante anche la presenzadi anfibi e rettili e <strong>della</strong> faunaentomologica.Principali minacce per labiodiversitàI principali fattori di interferenzacon la biodiversità consistononelle attività turistiche noncontrollate, nello sviluppo dellereti viarie e nell’attività estrattivaprevalentemente marmifera.Tipologia Numero Superficie (Km 2 )Parchi Nazionali 1 86,30Riserve Naturali dello Stato 7 21,17Parchi Naturali Regionali 4 317,51Riserve Naturali Regionali 0 0,00<strong>La</strong> SpeziaMassa CarraraPistoiaLucca25 0 25 50 kmDescrizione generaleL’area prioritaria n. 4 è compostada tre distinti settori: il piùmeridionale si estende da Ravennaa Iesolo e comprende le vallidi Comacchio, il bosco <strong>della</strong>Mesola, il Polesine, la sacca diGoro, il delta del Po e relativapiana alluvionale, la foce delBrenta e dell’Adige e l’intera<strong>La</strong>guna di Venezia. Più a nord, ilsecondo settore è costituito dallalaguna di Caorle e dalle zoneumide circostanti. Infine il terzosettore è in Friuli Venezia-Giuliae interessa le lagune di Marano eGrado, in prossimità <strong>della</strong> foce delTagliamento.Principali elementi di biodiversitàIl complesso di lagune costiere ezone umide d’Alto Adriatico è unodegli ecosistemi più importantid’Europa per la presenza dimoltissime specie di uccelliche si riproducono, svernano emigrano in queste aree: volpoca,canapiglia, fistione turco, morettatabaccata, alzavola, mestolone,marzaiola, moriglione, ecc.Nell’area <strong>della</strong> bonifica delMezzano è ancora presente la piùimportante popolazione selvaticadi starna.Per quanto concerne l’ittiofaunasi ricorda la presenza di: arborella,barbo, lampreda di ruscello,latterino, ghiozzo, cavedano, nono,scardola, scazzone e spinarello.Principali minacce per labiodiversitàL’analisi dei fattori di interferenzacon la biodiversità ha rivelatola presenza di inquinamento, dierosione delle coste con perditadi habitat rari, la trasformazionedel suolo per agricoltura intensiva,attività turistiche, prelievo di inertie attività venatoria.PordenoneTrevisoVenezia25 0 25 50 kmAree Naturali di interesse locale 0 0,00Aree Marine Protette 0 0,00SIC 26 471,78ZPS 13 418,15Siti Ramsar 0 0,00IBA 2 358,62Totale* 53 1673,33*Alcune aree protette possono essere parzialmente o totalmente sovrapposte ad altre aree protettedi diversa tipologia, pertanto la superficie totale protetta può risultare maggiore <strong>della</strong> superficiedell’intera area prioritaria.© homo ambiens / a. cambone - r. isottiAree protetteTipologia Numero Superficie (Km 2 )Parchi Nazionali 0 0,00Riserve Naturali dello Stato 10 15,74Parchi Naturali Regionali 2 213,02Riserve Naturali Regionali 4 19,67Aree Naturali di interesse locale 0 0,00Aree Marine Protette 0 0,00© archivio wwf / f. cianchiSIC 21 1021,36ZPS 16 878,07Siti Ramsar 6 196,52IBA 9 1262,80Totale* 68 3607,18© archivio wwf / f. cianchi*Alcune aree protette possono essere parzialmente o totalmente sovrapposte ad altre aree protettedi diversa tipologia, pertanto la superficie totale protetta può risultare maggiore <strong>della</strong> superficiedell’intera area prioritaria.© archivio wwf / f. cianchi


126 L E A R E E P R I O R I TA R I EB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 127Area n. 5 “Casentino” (663 Km 2 )Area n. 6 “Appennino Umbro-marchigiano” (2.061 Km 2 )Descrizione generaleL’area occupa l’estremapropaggine nord-orientale <strong>della</strong>Toscana, a cavallo del confinecon l’Emilia-Romagna. A est èdelimitata dall’alta valle del Tevere,mentre a sud si spinge fino atoccare il confine con l’Umbria. Dinotevole importanza è la presenzadel Parco Nazionale delle ForesteCasentinesi, Monte Falterona eCampigna.Principali elementi di biodiversitàDi particolare interesseè la presenza di forestemonospecifiche di abete biancodi antica origine. In particolarela foresta di Sasso Fratinorappresenta uno dei più preziosiboschi italiani. L’area presentauna flora assai ricca e differenziatafrutto dell’incontro di specie diorigine eurasiatica e mediterranea.Tra i vertebrati occorre citare lapresenza del lupo, di una buonapopolazione di ungulati, di uno deipochi siti appenninici del merlo dalcollare e del rampichino alpestre.Sono presenti circa 25 specie dianfibi e rettili.Principali minacce per labiodiversitàSono presenti fenomeni di rapidatrasformazione dell’uso delsuolo dovuti all’abbandono dellepratiche agricole e dei sistemipastorali tradizionali. Si registranoattività di rimboschimentoche possono compromettela biodiversità forestale. Dasegnalare inoltre fattori diinterferenza legati alle attivitàestrattive nel Valdarno Aretino.Infine in molte aree si registraun incremento <strong>della</strong> rete viariache accelera il preoccupanteprocesso di erosione dei suoli eframmentazione degli habitat.Arezzo25 0 25 50 kmDescrizione generaleL’area si sviluppa lungo il confinetra Marche, Umbria e <strong>La</strong>zio. Asud è presente il complesso deimonti Sibillini, da cui dipartono duedistinti “rami”, con orientamentoSE-NW, separati dalle aree collinaridi Camerino, Fabriano, Pergolae Matelica. <strong>La</strong> valle del Metaurosegna l’estremità settentrionaledell’area.Principali elementi di biodiversitàNei monti Sibillini sono presentidue invertebrati endemici: ilcoleottero carabide DuvaliusAree protetteruffoi e il fillopode anostracoChirocephalus marchesoniinel lago di Pilato. Sono inoltrepresenti interessanti ambientiipogei.Principali minacce per labiodiversitàI fattori di minaccia prevalenti perla biodiversità sono riconducibilial disturbo da attività del tempolibero, incremento di infrastruttureviarie, attività estrattive e aspetti digestione forestale inadeguata noncompatibile con la conservazione<strong>della</strong> biodiversità.Tipologia Numero Superficie (Km 2 )Parchi Nazionali 1 550,06Riserve Naturali dello Stato 1 3,34Parchi Naturali Regionali 3 178,11Riserve Naturali Regionali 0 0,00AnconaMacerataPerugia25 0 25 50 kmAree Naturali di interesse locale 0 0,00Aree protetteAree Marine Protette 0 0,00SIC 54 694,68Tipologia Numero Superficie (Km 2 )Parchi Nazionali 1 141,37Riserve Naturali dello Stato 9 51,36Parchi Naturali Regionali 0 0,00Riserve Naturali Regionali 2 6,42Aree Naturali di interesse locale 1 0,53© archivio wwf / r. gildiZPS 13 882,90Siti Ramsar 0 0,00IBA 3 756,18Totale* 75 3065,27*Alcune aree protette possono essere parzialmente o totalmente sovrapposte ad altre aree protettedi diversa tipologia, pertanto la superficie totale protetta può risultare maggiore <strong>della</strong> superficiedell’intera area prioritaria.© archivio wwf / f. cianchiAree Marine Protette 0 0,00SIC 12 250,70ZPS 3 62,52Siti Ramsar 0 0,00IBA 2 67,13Totale* 30 580,03*Alcune aree protette possono essere parzialmente o totalmente sovrapposte ad altre aree protettedi diversa tipologia, pertanto la superficie totale protetta può risultare maggiore <strong>della</strong> superficiedell’intera area prioritaria.© archivio wwf / f. cianchi© archivio wwf / f. cianchi


128 L E A R E E P R I O R I TA R I EB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 129Area n. 7 “Maremma Tosco-laziale” (4.938 Km 2 )Area n. 8 “Appennino Centrale” (7.650 Km 2 )Descrizione generaleAmpia area geografica situata aridosso <strong>della</strong> costa medio-tirrenicache si sviluppa, dalla linea costa, asettentrione fino alla Val d’Orcia everso sud sino ai Monti <strong>della</strong> Tolfa.Principali elementi di biodiversitàL’area si caratterizza come uninteressante mosaico ambientale.I principali valori di biodiversitàsono rappresentati dall’avifauna.È anche interessante la presenzadi numerose specie di mammiferi,Aree protettepesci e insetti. L’area riveste inoltreuna certa importanza floristica.Principali minacce per labiodiversitàSono stati rilevati fattori diminaccia molto diversificati, tra cui:inquinamento del terreno legatoalle attività agricole, inquinamentodei fiumi e dei tratti di mare incorrispondenza delle foci, erosionedei tratti costieri e delle formazionidunali, sviluppo delle reti viarie eframmentazione degli habitat.Tipologia Numero Superficie (Km 2 )Parchi Nazionali 0 0,00Riserve Naturali dello Stato 9 35,72Parchi Naturali Regionali 2 97,62Riserve Naturali Regionali 12 77,21SienaGrossetoViterbo25 0 25 50 kmDescrizione generaleSi tratta di una vastaarea montuosa nel cuoredell’Appennino centrale, traAbruzzo, <strong>La</strong>zio e Molise. Èdelimitata a nord dalla valle delVelino e a sud dal fiume Voltuno.Sono presenti il più alto massicciomontuoso degli Appennini, il CornoGrande del Gran Sasso e il piùmeridionale ghiacciaio europeo, ilGhiacciaio del Calderone.Principali elementi di biodiversitàGrazie alle particolarità ecologichee alla varietà di ambienti, l’areaospita un numero elevato diendemismi e di presenze relitte.Tra i grandi mammiferi, il lupo,l’orso bruno e il camoscioappenninico hanno un posto dirilievo. Moltissime le specie diuccelli, tra cui picchi, gracchi, moltipasseriformi. Importantissime lepresenzi di anfibi: tritoni, ululonea ventre giallo e salamandre.Notevolissime le presenze diinvertebrati e specie floristicheminacciate. Da segnalare ancheformazioni forestali importantiquali le abetine ad abete bianco,stazioni di betulle, tasso eagrifoglio, oltre a faggete tra le piùantiche <strong>della</strong> Penisola.Principali minacce per labiodiversitàLe attività di maggior disturboantropico risultano essere ilsovrappascolo, lo sviluppo <strong>della</strong>rete viaria e delle infrastruttureindustriali legate alla produzionedi energia, l’inadeguata gestioneforestale produttiva e numeroseattività del tempo libero nonregolamentate.RietiTeramoL’AquilaPescaraFrosinone<strong>La</strong>tina25 0 25 50 kmAree Naturali di interesse locale 2 12,76Aree Marine Protette 0 0,00SIC 43 627,07Aree protetteZPS 18 429,94Siti Ramsar 3 23,87IBA 8 1115,36Totale* 97 2419,55*Alcune aree protette possono essere parzialmente o totalmente sovrapposte ad altre aree protettedi diversa tipologia, pertanto la superficie totale protetta può risultare maggiore <strong>della</strong> superficiedell’intera area prioritaria.© archivio wwf / f. cianchiTipologia Numero Superficie (Km 2 )Parchi Nazionali 3 1640,25Riserve Naturali dello Stato 12 165,40Parchi Naturali Regionali 3 1051,71Riserve Naturali Regionali 11 136,40Aree Naturali di interesse locale 2 0,37Aree Marine Protette 0 0,00© archivio wwf / r. gildiSIC 67 2329,18ZPS 13 3334,35Siti Ramsar 1 1,59IBA 7 3798,72Totale* 119 12457,97© archivio wwf / f. cianchi*Alcune aree protette possono essere parzialmente o totalmente sovrapposte ad altre aree protettedi diversa tipologia, pertanto la superficie totale protetta può risultare maggiore <strong>della</strong> superficiedell’intera area prioritaria.© homo ambiens / a. cambone - r. isotti


130 L E A R E E P R I O R I TA R I EB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 131Area n. 9 “Monti del Matese” (632 Km 2 )Area n. 10 “Monti Lepini - Ausoni - Aurunci” (1.346 Km 2 )Descrizione generaleIl Matese è un massiccio montuosoal confine tra Campania e Molise.È delimitato, a ovest e sud-ovestdall’alto corso del Volturno, a suddal suo affluente Calore, a est dalTammaro e a nord dai ripiani checostituiscono i bacini di testata delTrigno e del Biferno.Principali elementi di biodiversitàL’area presenta una ottimacopertura forestale, soprattuttofaggete con la tipica flora e faunaappenninica. Nelle faggete siriscontra la presenza del tasso,dell’acero riccio, dell’aceromontano, dell’agrifoglio e delsorbo. A quote minori è invecepresente la macchia mediterranea,formata in prevalenza da leccio,che si alterna a boschi di carpino,roverella e cerro. Importantifioriture di orchidee selvatichedei generi Orchis, Serapias,Dactylorhiza e Platanthera. Tra imammiferi il lupo, il gatto selvatico,l’orso bruno e il quercino. Graziealla buona copertura forestaleabbondano le specie rapaci, qualiil falco pecchiaiolo, il nibbio reale, ilnibbio bruno.Principali minacce per labiodiversitàI fattori che in quest’areainterferiscono con la tutela deivalori di biodiversità possonoessere identificati principalmentetra i seguenti: gestionesilvicolturale non compatibile,sviluppo di complessi sciiscicie progettazione di impianti diproduzione di energia eolica inaree ad alto valore naturalistico (sitiNatura 2000, aree protette).Isernia Campobasso25 0 25 50 kmDescrizione generaleL’area si colloca nell’antiappenninolaziale meridionale,chiamato anche “Catenadei Volsci”. È delimitata anord dai Colli Albani, a sudapprossimativamente dal confinecon la regione Campania. Il settoreorientale confina con la dorsaleappenninica e la pianura Pontinane borda il limite occidentale.Principali elementi di biodiversitàL’area è ricca di endemismifloristici e entomologici. PresentaAree protettepareti rocciose tipiche dei substraticarbonatici. Nelle numerose grotteè presente una interessante faunatroglobia.Principali minacce per labiodiversitàI principali fattori che determinanointerazioni negative con la tuteladei valori di biodiversità sono:urbanizzazione ed espansione<strong>della</strong> rete viaria, disturbo da attivitàincontrollate del tempo libero egestione forestale non compatibilecon la conservazione.Tipologia Numero Superficie (Km 2 )Parchi Nazionali 0 0,00Riserve Naturali dello Stato 0 0,00Parchi Naturali Regionali 1 193,19Riserve Naturali Regionali 0 0,00Frosinone<strong>La</strong>tina25 0 25 50 kmAree protetteTipologia Numero Superficie (Km 2 )Parchi Nazionali 0 0,00Riserve Naturali dello Stato 0 0,00Parchi Naturali Regionali 1 246,21Riserve Naturali Regionali 1 0,50Aree Naturali di interesse locale 1 8,38Aree Marine Protette 0 0,00© homo ambiens / a. cambone - r. isottiAree Naturali di interesse locale 4 10,65Aree Marine Protette 2 0,68SIC 15 100,24ZPS 2 268,13Siti Ramsar 0 0,00IBA 2 1289,62Totale* 26 1862,51*Alcune aree protette possono essere parzialmente o totalmente sovrapposte ad altre aree protettedi diversa tipologia, pertanto la superficie totale protetta può risultare maggiore <strong>della</strong> superficiedell’intera area prioritaria.© wwf-canon / a. vorauerSIC 5 481,53ZPS 2 435,87Siti Ramsar 0 0,00IBA 1 576,86Totale* 11 1749,35*Alcune aree protette possono essere parzialmente o totalmente sovrapposte ad altre aree protettedi diversa tipologia, pertanto la superficie totale protetta può risultare maggiore <strong>della</strong> superficiedell’intera area prioritaria.© homo ambiens / a. cambone - r. isotti© archivio wwf / g. viviano


132 L E A R E E P R I O R I TA R I EB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 133Area n. 11 “Gargano” (2.106 Km 2 )Area n. 12 “Monti Picentini” (770 Km 2 )Descrizione generaleL’area ricopre l’intero promontoriodel Gargano, da Lesina alle salinedi Margherita di Savoia. A nord èdelimitata dalla valle del Fortore,a sud dalla valle dell’Ofanto.A occidente, il vasto Tavolieredelle Puglie delimita anchemorfologicamente l’area.Principali elementi di biodiversitàL’area è di particolare importanzaper l’avifauna, la flora el’entomofauna. In quest’areasi contano più di 2.200 speciebotaniche, che rappresentano circail 35% dell’intera flora nazionale.È l’area più ricca d’Europa per lapresenza di orchidee selvatiche,con ben 85 specie.Principali minacce per labiodiversitàI fattori principali di minaccia sonocostituiti dall’inquinamento delleacque interne, dalla salinizzazionedelle falde acquifere nel settorenord-occidentale dell’area,dall’erosione costiera nel Garganoe dagli incendi boschivi.Foggia25 0 25 50 kmDescrizione generaleL’area è collocata in Campania, trale province di Salerno e Avellino. Asud-ovest la valle dell’Irno separai Monti Picentini dai Monti <strong>La</strong>ttari;ad est e a nord il confine dell’areaè segnato dalla valle del Sele.Principali elementi di biodiversitàL’area riveste una notevoleimportanza dal punto di vistaentomologico, per la fauna ipogea,la flora e gli uccelli. Importante lapresenza di lupo, lontra e gattoselvatico. Tra gli uccelli, il picchionero, il nibbio bruno e il nibbioreale.Principali minacce per labiodiversitàI principali fattori di minacciaper la biodiversità riguardanol’inquinamento delle acqueinterne, l’ampliamento <strong>della</strong> reteviaria, il dissesto idrogeologicodel territorio e lo sfruttamentoincontrollato del patrimonioforestale.SalernoAvellino25 0 25 50 kmAree protetteAree protetteTipologia Numero Superficie (Km 2 )Tipologia Numero Superficie (Km 2 )Parchi Nazionali 1 1173,74Riserve Naturali dello Stato 11 56,24Parchi Naturali Regionali 0 0,00Riserve Naturali Regionali 0 0,00Aree Naturali di interesse locale 0 0,00Aree Marine Protette 0 0,00SIC 16 1115,87ZPS 8 401,12Siti Ramsar 1 32,07IBA 2 1931,28Totale* 39 4710,32*Alcune aree protette possono essere parzialmente o totalmente sovrapposte ad altre aree protettedi diversa tipologia, pertanto la superficie totale protetta può risultare maggiore <strong>della</strong> superficiedell’intera area prioritaria.© archivio wwf / r. gildiParchi Nazionali 0 0,00Riserve Naturali dello Stato 0 0,00Parchi Naturali Regionali 1 615,46Riserve Naturali Regionali 1 0,09Aree Naturali di interesse locale 1 5,86Aree Marine Protette 0 0,00SIC 8 527,18ZPS 1 616,02Siti Ramsar 0 0,00IBA 1 473,26Totale* 13 2237,87*Alcune aree protette possono essere parzialmente o totalmente sovrapposte ad altre aree protettedi diversa tipologia, pertanto la superficie totale protetta può risultare maggiore <strong>della</strong> superficiedell’intera area prioritaria.© archivio wwf / f. bulgarini© homo ambiens / a. cambone - r. isotti© archivio wwf / r. gildi


134 L E A R E E P R I O R I TA R I EB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 135Area n. 13 “Monti <strong>La</strong>ttari e penisola Sorrentina” (256 Km 2 )Area n. 14 “Monte Vulture” (212 Km 2 )Descrizione generaleL’area occupa la penisolaSorrentina che, prolungandosi indirezione ovest dalla catena deimonti Picentini verso il mar Tirreno,divide il Golfo di Napoli da quellodi Salerno. Il territorio comprendequindi la parte più orientale deitormentati rilievi calcarei cheprecipitano con improvvise balzea nord verso la piana nocerinosarnesee a sud verso il mare.Principali elementi di biodiversitàL’area è importante per la faunadi ambienti ipogei (invertebrati,chirotteri), per specie rare,endemiche e minacciate di piantevascolari, per gli invertebratiterrestri e per l’ittiofauna delleacque interne.Principali minacce per labiodiversitàI maggiori fattori di minacciaper la biodiversità sonorappresentati dall’inquinamentodelle acque del Golfo di Napolie dell’area costiera salernitana,soprattutto durante l’estate acausa del sovrapopolamento,dall’insufficienza degli impiantidi depurazione e dallo scarsocontrollo sugli scarichi a mare,dall’espansione edilizia edall’abusivismo, dal bracconaggio,dal diportismo e dalla pescaillegale.È inoltre prevista la realizzazione diopere portuali di grande impatto.NapoliSalerno25 0 25 50 kmDescrizione generaleL’area è costituita dall’edificiovulcanico del Monte Vulture, dallecolline e ripiani vulcanici di Melfie, a ovest e sud, dall’ampia valledell’Ofanto.Principali elementi di biodiversitàL’area riveste un’importanza ascala ecoregionale per la presenzadi: uccelli, mammiferi, invertebratiterrestri, specie floristiche e pescidelle acque interne.Aree protettePrincipali minacce per labiodiversitàI principali fattori di interferenzacon la biodiversità possonoessere ricondotti allo sfruttamentoforestale non compatibile,all’inquinamento e allemodificazione strutturale dei corsid’acqua.Tipologia Numero Superficie (Kmq)Parchi Nazionali 0 0,00Riserve Naturali dello Stato 1 2,14Parchi Naturali Regionali 0 0,00Riserve Naturali Regionali 1 1,89Potenza25 0 25 50 kmAree protetteAree Naturali di interesse locale 0 0,00Aree Marine Protette 0 0,00Tipologia Numero Superficie (Km 2 )Parchi Nazionali 0 0,00Riserve Naturali dello Stato 1 4,57Parchi Naturali Regionali 1 95,76Riserve Naturali Regionali 0 0,00Aree Naturali di interesse locale 1 0,30Aree Marine Protette 1 15,04SIC 8 252,71ZPS 4 8,77Siti Ramsar 0 0,00IBA 0 0,00Totale* 12 377,15*Alcune aree protette possono essere parzialmente o totalmente sovrapposte ad altre aree protettedi diversa tipologia, pertanto la superficie totale protetta può risultare maggiore <strong>della</strong> superficiedell’intera area prioritaria.© wwf-canon / m. depraz © archivio wwf / f. cianchiSIC 4 29,90ZPS 1 18,96Siti Ramsar 0 0,00IBA 1 23,10Totale* 8 75,99*Alcune aree protette possono essere parzialmente o totalmente sovrapposte ad altre aree protettedi diversa tipologia, pertanto la superficie totale protetta può risultare maggiore <strong>della</strong> superficiedell’intera area prioritaria.© archivio wwf / o. chiaradia© archivio wwf / f. cianchi


136 L E A R E E P R I O R I TA R I EB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 137Area n. 15 “Cilento - Val d’Agri - gruppo del Pollino” (4.705 Km 2 )Area n. 16 “Murge e valli fluviali Lucane” (4.532 Km 2 )Descrizione generaleL’area si estende attraversola Campania meridionale, laBasilicata e la Calabria nordoccidentale. Ha caratteristicheprincipalmente montane, purcoinvolgendo l’intera costatirrenica <strong>della</strong> Basilicata e un brevetratto di costa meridionale <strong>della</strong>Campania.Principali elementi di biodiversitàL’area prioritaria rivesteun’importanza a scalaecoregionale soprattutto per lapresenza di uccelli, mammiferi,anfibi e rettili, entomofaunaterrestre, fauna ipogea, floravascolare. Tra le molte specie diinteresse conservazionistico sonopresenti la lontra, il lupo, rapacied endemismi floristici, tra cui laprimula di Palinuro.Principali minacce per labiodiversitàTra i principali fattori di minaccia<strong>della</strong> biodiversità rilevati si citano:attività di estrazione petroliferae conseguente inquinamento eframmentazione del territorio,incendi boschivi, espansione <strong>della</strong>rete viaria, gestione forestale nonsostenibile, pascolo eccessivo,disturbo dalle attività del tempolibero non regolamentate, dissestoidrogeologico.Potenza25 0 2550 kmDescrizione generale<strong>La</strong> parte pugliese dell’area occupai tavolati carbonatici e le areecollinari di Minervino Murge,Gioia del Colle, Martina Franca eMottola. In territorio lucano l’arearicade interamente nella provinciadi Matera. Verso est essa occupaun lungo tratto costiero che siestende dall’estremo lembo <strong>della</strong>Calabria settentrionale, attraversol’intera costa ionica <strong>della</strong>Basilicata, per arrivare fin quasi alambire il porto di Taranto.Principali elementi di biodiversitàL’area delle Murge ospita unaricca fauna entomologica legataagli ambienti aridi, nonchèmoltissime specie ornitichedi interesse europeo, tra cuiil grillaio, il capovaccaio, ilnibbio reale, l’occhione e moltipasseriformi.Principali minacce per labiodiversitàI fattori di interferenza con labiodiversità sono l’inquinamentodei principali corsi d’acqua,fenomeni di erosione costieralungo l’arco ionico, processi didesertificazione a causa <strong>della</strong>deforestazione, dello sfruttamentointensivo del terreno e delle risorseidriche, gli incendi boschivi.PotenzaBariMateraTaranto25 0 25 50 kmAree protetteAree protetteTipologia Numero Superficie (Kmq)Tipologia Numero Superficie (Km 2 )Parchi Nazionali 1 648,74Parchi Nazionali 3 2393,76Riserve Naturali dello Stato 6 24,29Riserve Naturali dello Stato 4 103,19Parchi Naturali Regionali 2 88,03Parchi Naturali Regionali 0 0,00Riserve Naturali Regionali 3 26,14Riserve Naturali Regionali 3 46,10Aree Naturali di interesse locale 0 0,00Aree Marine Protette 0 0,00SIC 68 1447,38ZPS 13 956,21Siti Ramsar 0 0,00IBA 6 2186,72Totale* 96 7133,36*Alcune aree protette possono essere parzialmente o totalmente sovrapposte ad altre aree protettedi diversa tipologia, pertanto la superficie totale protetta può risultare maggiore <strong>della</strong> superficiedell’intera area prioritaria.© archivio wwf / o. chiaradia © b. petriccioneAree Naturali di interesse locale 1 6,05Aree Marine Protette 0 0,00SIC 16 1968,33ZPS 7 1411,59Siti Ramsar 1 13,40IBA 6 1909,99Totale* 43 6096,56*Alcune aree protette possono essere parzialmente o totalmente sovrapposte ad altre aree protettedi diversa tipologia, pertanto la superficie totale protetta può risultare maggiore <strong>della</strong> superficiedell’intera area prioritaria.© homo ambiens / a. cambone - r. isotti© homo ambiens / a. cambone - r. isotti


138 L E A R E E P R I O R I TA R I EB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 139Area n. 17 “Sila” (2.156 Km 2 )Area n. 18 “Catena costiera da Paola al Golfo di S.Eufemia” (677 Km 2 )Descrizione generaleL’area è composta nella sua partecentrale dai gruppi montuosi <strong>della</strong>Sila Grande e <strong>della</strong> Sila Piccola.Ad est include le colline terrigenedi Verzino, mentre a ovest siestende al massiccio di monteBotte Donato e a nord all’altopianointramontano <strong>della</strong> Sila Greca.Principali elementi di biodiversitàL’area prioritaria è importantesoprattutto per mammiferi, anfibi,rettili e flora vascolare.Tra le molte specie di interesseconservazionistico va menzionatala trota macrostigma, fortementeminacciata, specie identificatada studi recenti come originariadell’Appennino centro-meridionalee delle isole.Principali minacce per labiodiversitàIncendi: tutta l’area è sottopostaad un regime di insufficientegestione forestale che favoriscel’insorgenza di gravi incendi.Inquinamento genetico: iripopolamenti compiuti controte (soprattutto fario ed iridee)provenienti da allevamentidell’Appennino settentrionalee delle Alpi, mettono in seriopericolo la purezza dei ceppigenetici di trota macrostigma, quiautoctoni.CosenzaCatanzaro25 0 25 50 kmDescrizione GeneraleL’area consiste in una sottilefascia territoriale <strong>della</strong> Calabriaoccidentale ad orientamento N-S,compresa tra il mar Tirreno (daPaola fino al limite settentrionale<strong>della</strong> Piana di S. Eufemia) ed èestesa verso l’interno fin quasialla valle del fiume Crati. L’areacoincide interamente con i rilievimontuosi <strong>della</strong> Catena Costiera.Aree protettePrincipali elementi dibiodiversitàL’area prioritaria rivesteun’importanza a scalaecoregionale soprattutto per lapresenza di anfibi e rettili e floravascolare.Principali minacce per labiodiversitàErosione costiera dovuta allaintensa attività di prelievo di inerti;zona a rischio estremo per gliincendi boschivi.Tipologia Numero Superficie (Kmq)Parchi Nazionali 0 0,00Riserve Naturali dello Stato 1 1,45Parchi Naturali Regionali 0 0,00CosenzaCatanzaro25 0 25 50 kmRiserve Naturali Regionali 0 0,00Aree Naturali di interesse locale 0 0,00Aree protetteTipologia Numero Superficie (Km 2 )Parchi Nazionali 1 714,53Riserve Naturali dello Stato 9 36,06Parchi Naturali Regionali 0 0,00Riserve Naturali Regionali 0 0,00Aree Naturali di interesse locale 0 0,00Aree Marine Protette 0 0,00SIC 31 95,73ZPS 0 0,00Siti Ramsar 0 0,00IBA 2 620,23Totale* 43 1466,55*Alcune aree protette possono essere parzialmente o totalmente sovrapposte ad altre aree protettedi diversa tipologia, pertanto la superficie totale protetta può risultare maggiore <strong>della</strong> superficiedell’intera area prioritaria.© homo ambiens / a. cambone - r. isotti© wwf-canon / h. jungiusAree Marine Protette 0 0,00SIC 5 6,93ZPS 0 0,00Siti Ramsar 0 0,00IBA 0 0,00Totale* 6 8,38*Alcune aree protette possono essere parzialmente o totalmente sovrapposte ad altre aree protettedi diversa tipologia, pertanto la superficie totale protetta può risultare maggiore <strong>della</strong> superficiedell’intera area prioritaria.© homo ambiens / a. cambone - r. isotti © archivio wwf / r. gildi


140 L E A R E E P R I O R I TA R I EB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 141Area n. 19 “Marchesato di Crotone” (389 Km 2 )Area n. 20 “Le Serre - Aspromonte” (1.594 Km 2 )Descrizione generaleL’area del Marchesato di Crotoneoccupa il lembo più orientale <strong>della</strong>Calabria. Lungo la costa si estendedalla vasta piana del fiume Netofino al limite meridionale dell’AreaNaturale Marina di Capo Rizzuto.Principali elementi di biodiversitàL’area prioritaria riveste unanotevole importanza per la varietà<strong>della</strong> flora vascolare. Nelle acqueantistanti sono inoltre presentiinteressanti biocenosi marine.Aree protettePrincipali minacce per labiodiversitàSull’area insistono processi dierosione costiera e di salinizzazionedelle falde acquifere. Il Crotoneseè inoltre da tempo monitorato peril fenomeno <strong>della</strong> desertificazione e<strong>della</strong> perdita di fertilità dei suoli. Tragli altri fattori di pressione antropicavanno riportati: abusivismoedilizio, elevata pressione turistica,eccessivo prelievo ittico, attivitàper l’estrazione di gas e i sondaggipetroliferi.Tipologia Numero Superficie (Km 2 )Parchi Nazionali 0 0,00Riserve Naturali dello Stato 0 0,00CosenzaCatanzaro25 0 25 50 kmDescrizione generaleArea montuosa dell’appenninocalabro estesa per circa 100 Kmin direzione N-S, dalla Serraltadi S. Vito fino all’Aspromonte.Il versante orientale dell’area sipresenta profondamente incisodalle valli dei fiumi che dai montidell’Aspromonte raggiungono ilmar Ionio.Principali elementi di biodiversitàL’area prioritaria rivesteun’importanza a scala ecoregionalesoprattutto per la presenza dianfibi e rettili, mammiferi, insettie flora vascolare. Notevolissima èla presenza del driomio (Dryomysnitedula aspromontis), sottospecieendemica <strong>della</strong> Calabria. Questopiccolo roditore, distribuitonell’Europa centrale, orientalee meridionale e in Asia centrooccidentalecon numerosesottospecie, in Italia è presentesulle Alpi orientali e, in Calabria,sul Pollino e sull’Aspromonte.Principali minacce per labiodiversitàLe principali minacce allabiodiversità nell’area sonoriconducibili al bracconaggio,sia nei confronti delle numerosespecie di uccelli migratori, sia neiconfronti del lupo, agli incendiboschivi, spesso favoriti dallainsufficiente gestione forestale eai processi di desertificazione e diperdita di fertilità dei suoli.MessinaReggioCalabria25 0 25 50 kmParchi Naturali Regionali 0 0,00Riserve Naturali Regionali 0 0,00Aree Naturali di interesse locale 0 0,00Aree Marine Protette 1 155,33SIC 5 13,96ZPS 0 0,00Siti Ramsar 0 0,00IBA 1 23,72Totale* 7 193,01*Alcune aree protette possono essere parzialmente o totalmente sovrapposte ad altre aree protettedi diversa tipologia, pertanto la superficie totale protetta può risultare maggiore <strong>della</strong> superficiedell’intera area prioritaria.© wwf-canon / m. guntherAree protetteTipologia Numero Superficie (Kmq)Parchi Nazionali 1 565,60Riserve Naturali dello Stato 2 15,80Parchi Naturali Regionali 0 0,00Riserve Naturali Regionali 0 0,00Aree Naturali di interesse locale 0 0,00Aree Marine Protette 0 0,00SIC 27 144,24ZPS 1 161,86Siti Ramsar 0 0,00© homo ambiens / a. cambone - r. isottiIBA 1 33,39Totale* 32 920,89*Alcune aree protette possono essere parzialmente o totalmente sovrapposte ad altre aree protettedi diversa tipologia, pertanto la superficie totale protetta può risultare maggiore <strong>della</strong> superficiedell’intera area prioritaria.© homo ambiens / a. cambone - r. isotti© homo ambiens / a. cambone - r. isotti


142 L E A R E E P R I O R I TA R I EB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 143Area n. 21 “Monti Peloritani – Stretto di Messina” (248 Km 2 )Area n. 22 “Monti Nebrodi - Etna” (2.176 Km 2 )Descrizione generaleL’area è composta da due distintisettori affacciati sullo Strettodi Messina, uno in Calabriacomprendente la piana di Villa S.Giovanni e le retrostanti colline diPettogallico, l’altra in Sicilia, nelterritorio del comune di Messina,comprendente Capo Peloro e imonti Peloritani nord orientali.Principali elementi di biodiversitàL’area prioritaria rivesteun’importanza a scalaecoregionale soprattutto per lapresenza di aree di migrazione,insetti, flora vascolare e uccelli.Aree protettePrincipali minacce per labiodiversitàSul versante siciliano è presenteuna emergenza ambientalelegata all’inquinamento nelcomprensorio industriale delMela, dichiarato area ad elevatorischio di crisi ambientale a causadell’elevata concentrazione diinsediamenti industriali (raffineria,centrale termoelettrica, centralea cogenerazione termica ecc.),dell’elevato carico antropico e<strong>della</strong> vicinanza degli insediamentiurbani all’area industriale.MessinaReggio Calabria25 0 25 50 kmDescrizione generaleL’area è formata da due settoricontigui: a est il massicciodell’Etna, a ovest i Monti Nebrodi.<strong>La</strong> valle del fiume Simeto segnail margine meridionale dell’area,mentre i fiumi Milè e Alcantara ladelimitano a nord.Principali elementi di biodiversitàL’area riveste notevole importanzaper la flora vascolare. Fra le specievegetali più interessanti vannomenzionati i densi popolamentidi pino laricio (Pinus laricio), iraggruppamenti di betulla dell’Etna(Betula aetnensis); anche Celtisaetnensis è un interessanteendemismo siculo, presentesull’Etna soltanto sul versantesud-occidentale del vulcano, infinePetagnia saniculifolia è endemicadei Monti Nebrodi ed elencatanella direttiva Habitat.Principali minacce per labiodiversitàLe principali minacce per labiodiversità nell’area sonocostituite dalla crescenteurbanizzazione del territorioe dal conseguente dissestoidrogeologico e dallaframmentazione degli habitatconseguente allo sviluppodelle reti infrastrutturali. Siosserva inoltre il degrado e laframmentazione delle sugheretea causa dell’agricoltura e di altreattività produttive.EnnaMessinaCatania25 0 25 50 kmReggioCalabriaTipologia Numero Superficie (Km 2 )Parchi Nazionali 0 0,00Riserve Naturali dello Stato 0 0,00Parchi Naturali Regionali 0 0,00Riserve Naturali Regionali 2 5,78Aree Naturali di interesse locale 0 0,00Aree Marine Protette 0 0,00SIC 5 96,03ZPS 1 128,67Siti Ramsar 0 0,00IBA 4 143,14Totale* 12 373,62*Alcune aree protette possono essere parzialmente o totalmente sovrapposte ad altre aree protettedi diversa tipologia, pertanto la superficie totale protetta può risultare maggiore <strong>della</strong> superficiedell’intera area prioritaria.© homo ambiens / a. cambone - r. isottiAree protetteTipologia Numero Superficie (Kmq)Parchi Nazionali 0 0,00Riserve Naturali dello Stato 0 0,00Parchi Naturali Regionali 3 1317,06Riserve Naturali Regionali 2 4,54Aree Naturali di interesse locale 1 0,04Aree Marine Protette 0 0,00SIC 37 747,29ZPS 5 723,03Siti Ramsar 0 0,00IBA 1 719,02Totale* 49 3510,98© homo ambiens / a. cambone - r. isotti*Alcune aree protette possono essere parzialmente o totalmente sovrapposte ad altre aree protettedi diversa tipologia, pertanto la superficie totale protetta può risultare maggiore <strong>della</strong> superficiedell’intera area prioritaria.© wwf-canon / m. harvey© homo ambiens / a. cambone - r. isotti


144 L E A R E E P R I O R I TA R I EB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 145Area n. 23 “Monti Iblei - Tavolati di Ragusa” (2.028 Km 2 )Area n. 24 “Madonie” (823 Km 2 )Descrizione generaleL’area, ubicata nella parte sudorientale <strong>della</strong> Sicilia, confina anord con i Monti Iblei, a est ea sud giunge fino alla piana diAvola. Il tavolato carbonaticodi Vittoria chiude infine l’areaad occidente. Una piccolaporzione di appena 100 Kmqsi trova più a nord e occupa iltavolato carbonatico tra i comunidi Militello in Val di Catania eFrancofonte.Principali elementi di biodiversitàL’area prioritaria rivesteun’importanza a scalaecoregionale soprattutto per lapresenza di fauna legata agliambienti ipogei, entomofauna eflora vascolare.Principali minacce per labiodiversitàTra le minacce più rilevanti perla biodiversità va segnalatol’elevato rischio di desertificazioneimputabile al degrado dei suolie alla salinizzazione delle faldeidriche, l’erosione costiera eil degrado dei litorali lungo iversanti sud orientali dell’isola,l’inquinamento dei suoli, dei corsid’acqua e di tratti di mare dovutoagli scarichi industriali del polopetrolchimico.EnnaCataniaCaltanissettaSiracusaRagusa25 0 25 50 kmDescrizione generaleL’area, composta da un corpoprincipale e tre piccole aree satellitipiù occidentali, comprende perintero il gruppo montuoso delleMadonie, con l’omonimo ParcoRegionale, e le aree montuose asud e ad ovest di questo. I versantisettentrionali dell’area giungono acirca 1,5 Km dalla costa.Principali elementi di biodiversitàL’area prioritaria riveste notevoleimportanza per la presenza difauna legata agli ambienti ipogei,entomofauna, flora vascolare.Notevolissima la presenzadell’Abete dei Nebrodi (Abiesnebrodensis), conifera che inepoca remota ricopriva buonaparte dei monti siciliani. Oggi èpresente con gli ultimi 30 individui,all’interno <strong>della</strong> zona di riservaintegrale del Parco delle Madonie.Principali minacce per labiodiversitàGli incendi boschivi hanno assuntonell’area dimensioni preoccupanti,particolarmente negli ultimidecenni. L’inquinamento ditipo organico dei corsi d’acquadetermina una scarsa qualitàecologica dei fiumi presenti.PalermoEnna25 0 25 50 kmAree protetteTipologia Numero Superficie (Km 2 )Parchi Nazionali 0 0,00Riserve Naturali dello Stato 0 0,00Parchi Naturali Regionali 0 0,00Riserve Naturali Regionali 6 62,65Aree Naturali di interesse locale 0 0,00Aree Marine Protette 0 0,00SIC 20 225,39ZPS 0 0,00Siti Ramsar 0 0,00IBA 0 0,00Totale* 26 288,04*Alcune aree protette possono essere parzialmente o totalmente sovrapposte ad altre aree protettedi diversa tipologia, pertanto la superficie totale protetta può risultare maggiore <strong>della</strong> superficiedell’intera area prioritaria.© homo ambiens / a. cambone - r. isottiAree protetteTipologia Numero Superficie (Kmq)Parchi Nazionali 0 0,00Riserve Naturali dello Stato 0 0,00Parchi Naturali Regionali 1 238,97Riserve Naturali Regionali 3 99,13Aree Naturali di interesse locale 0 0,00Aree Marine Protette 0 0,00SIC 10 268,83ZPS 1 239,60Siti Ramsar 0 0,00IBA 1 238,84Totale* 16 1085,37*Alcune aree protette possono essere parzialmente o totalmente sovrapposte ad altre aree protettedi diversa tipologia, pertanto la superficie totale protetta può risultare maggiore <strong>della</strong> superficiedell’intera area prioritaria.© homo ambiens / a. cambone - r. isotti© homo ambiens / a. cambone - r. isotti© homo ambiens / a. cambone - r. isotti


146 L E A R E E P R I O R I TA R I EB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 147Area n. 25 “Monti Sicani - Rocca Busambra - Colline di Carini” (1.470 Km 2 )Area n. 26 “Capo S. Vito - Lo Zingaro - Monte Inici” (145 Km 2 )Descrizione generaleL’area si estende a sud di Palermofino ai Monti Sicani e alle collinedi Casteltermini. Una piccolaporzione satellite, di circa 45 Kmq,separata dal corpo principaledalla valle del fiume Platani, ècollocata a sud-est e occupa l’areacollinare del comune di Sutera. Nelcomplesso l’area ha un aspettoaspro e roccioso, con le sue cimeoltre i 1.500 m e le gole dell’altocorso del fiume Sosio.Principali elementi di biodiversitàL’area prioritaria rivesteimportanza ecoregionaleAree protettesoprattutto per la presenza diambienti ipogei, insetti, floravascolare e uccelli. Qui è ospitatala più grande popolazione dicapovaccaio nidificante in Siciliae l’unica popolazione stanzialeitaliana di nibbio reale.Principali minacce per labiodiversitàGli incendi boschivi rappresentanouno dei maggiori motivi diimpatto sugli ecosistemi e sullabiodiversità dell’area. A ciò siaggiunge l’inquinamento dasostanze organiche dei corsid’acqua.TrapaniPalermo25 0 25 50 kmDescrizione generaleL’area ricopre una piccolasuperficie di circa 1.450 ha, conuna fascia litoranea frastagliata,formata da una costa rocciosa,intercalata da numerose calettee ospita le due riserve naturaliorientate dello Zingaro e di MonteCofano.Principali elementi di biodiversitàNell’area nidifica l’aquila delBonelli. <strong>La</strong> costa rocciosa èorlata dal trottoir, o marciapiedea Vermetus, una notevolissimaformazione rocciosa biogenacostruito da un molluscogasteropode che vive all’internodi tubi calcarei che salda a quellidegli organismi vicini e che,mantenendosi a pelo d’acqua,formano appunto una sorta dimarciapiede (trottoir) vivente: iltrottoir a Vermetus è presenteesclusivamente nel Mediterraneo,particolarmente negli ambienti incui la qualità del mare è elevata.Principali minacce per labiodiversitàNell’area, come in altri sitisiciliani, è elevato il rischio didesertificazione dovuto a scarsadisponibilità idrica e al degradodei suoli. Sono inoltre presentifenomeni di inquinamento e dieutrofizzazione dei corsi d’acquae <strong>della</strong> fascia costiera dovuti ascarichi di origine industriale edomestica.TrapaniPalermo25 0 25 50 kmTipologia Numero Superficie (Km 2 )Parchi Nazionali 0 0,00Riserve Naturali dello Stato 0 0,00Parchi Naturali Regionali 0 0,00Riserve Naturali Regionali 9 162,54Aree Naturali di interesse locale 0 0,00Aree Marine Protette 1 21,75SIC 24 648,12ZPS 4 520,99Siti Ramsar 0 0,00IBA 2 674,19Totale* 40 2027,59*Alcune aree protette possono essere parzialmente o totalmente sovrapposte ad altre aree protettedi diversa tipologia, pertanto la superficie totale protetta può risultare maggiore <strong>della</strong> superficiedell’intera area prioritaria.© archivio wwf / f. cianchi © archivio wwf / m. mafaiAree protetteTipologia Numero Superficie (Kmq)Parchi Nazionali 0 0,00Riserve Naturali dello Stato 0 0,00Parchi Naturali Regionali 0 0,00Riserve Naturali Regionali 2 20,90Aree Naturali di interesse locale 0 0,00Aree Marine Protette 0 0,00SIC 4 91,80ZPS 1 91,34Siti Ramsar 0 0,00IBA 1 110,32Totale* 8 314,36*Alcune aree protette possono essere parzialmente o totalmente sovrapposte ad altre aree protettedi diversa tipologia, pertanto la superficie totale protetta può risultare maggiore <strong>della</strong> superficiedell’intera area prioritaria.© homo ambiens / a. cambone - r. isotti© homo ambiens / a. cambone - r. isotti


148 L E A R E E P R I O R I TA R I EB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 149Area n. 27 “Sulcis - Iglesiente” (2.342 Km 2 )Area n. 28 “Sarrabus - Gerrei” (951 Km 2 )Descrizione generaleL’Area Prioritaria del Sulcis-Iglesiente comprende i settorimontuosi e collinari del Sulcis, lafascia costiera compresa tra S.Margherita di Pula e Portixeddu(Buggerru), le isole sulcitane diS. Pietro e S. Antioco e le areecalcaree dell’Iglesiente-Fluminese,situate a Nord di Iglesias, dallacosta fino al territorio <strong>della</strong> ForestaMarganai.Principali elementi di biodiversitàNell’area sono presenti numerosiendemismi vegetali di particolarepregio. In particolare le scogliere,ospitano importanti colonie diAree protetteuccelli marini. L’avifauna e lamammalofauna hanno qui alcunidei rappresentanti di maggiorpregio conservazionistico.Principali minacce per labiodiversitàNell’area risultano particolarmentegravi per l’impatto che hannosulla biodiversità diverse attivitàumane, tra cui: speculazioneedilizia, bracconaggio, incendi<strong>della</strong> macchia mediterranea,inquinamento atmosferico e deisuoli legato alla presenza di areeindustriali, centrali termoelettrichee siti minerari dismessi.OristanoCagliari25 0 25 50 kmDescrizione generaleL’area prioritaria comprende lezone montuose <strong>della</strong> Sardegnasud-orientale. Le creste piùelevate sono allineate secondo ladirezione SE-NO e situate nellaparte più interna dell’area. <strong>La</strong> parteorientale dell’area presenta quoteinferiori ed è percorsa dalle vallidei due principali corsi d’acqua<strong>della</strong> regione: il Rio Ollastu e ilRio Cannas, che confluiscono aformare il Rio Picocca in prossimitàdel confine orientale.Principali elementi di biodiversitàTra le specie di notevole interessebotanico sono da annoverare gliendemismi legati alle rupi e aicorsi d’acqua. Per quanto riguardala fauna, occupano un posto dirilievo il cervo sardo e il gattoselvatico sardo. Importante èanche l’avifauna e l’erpetofauna.Principali minacce per labiodiversitàLe principali minacce per labiodiversità sono costituitedall’inquinamento dei corsid’acqua dovuto a reflui urbani,eccessiva pressione turisticaparticolarmente lungo la fasciacostiera, cementificazione dellecoste e abusivismo edilizio, incendiboschivi nelle aree montane,bracconaggio e introduzione dispecie ittiche alloctone nei corsid’acqua.Cagliari25 0 25 50 kmTipologia Numero Superficie (Km 2 )Parchi Nazionali 0 0,00Aree protetteRiserve Naturali dello Stato 0 0,00Parchi Naturali Regionali 0 0,00Riserve Naturali Regionali 0 0,00Aree Naturali di interesse locale 2 31,66Aree Marine Protette 0 0,00SIC 23 864,37ZPS 1 31,23Siti Ramsar 0 0,00IBA 8 88,22Totale* 34 1015,48*Alcune aree protette possono essere parzialmente o totalmente sovrapposte ad altre aree protettedi diversa tipologia, pertanto la superficie totale protetta può risultare maggiore <strong>della</strong> superficiedell’intera area prioritaria.© archivio wwf / g. paulisTipologia Numero Superficie (Kmq)Parchi Nazionali 0 0,00Riserve Naturali dello Stato 0 0,00Parchi Naturali Regionali 0 0,00Riserve Naturali Regionali 0 0,00Aree Naturali di interesse locale 0 0,00Aree Marine Protette 1 86,28SIC 10 136,69ZPS 0 0,00Siti Ramsar 0 0,00IBA 4 373,54Totale* 15 596,51*Alcune aree protette possono essere parzialmente o totalmente sovrapposte ad altre aree protettedi diversa tipologia, pertanto la superficie totale protetta può risultare maggiore <strong>della</strong> superficiedell’intera area prioritaria.© archivio wwf / a. loddo© archivio wwf / a. loddo© wwf-canon / homo ambiens / r. isotti - a. cambone


150 L E A R E E P R I O R I TA R I EB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 151Area n. 29 “Monti del Gennargentu - Supramonte - Golfo di Orosei” (2.660 Km 2 )Area n. 30 “Piana e stagni di Oristano - Valle del Tirso” (573 Km 2 )Descrizione generaleL’area è caratterizzata dallapresenza di rilievi montuosiche culminano con la Punta<strong>La</strong>marmora, nei monti delGennargentu, ed è delimitataa Nord dall’avvallamento chesepara questi rilievi da quelli delMontacuto, mentre a est giungefino alle coste del Golfo di Orosei.I limiti occidentale e meridionalesono meno evidenti e segnati dalpassaggio dagli ambienti montania quelli di collina.Principali elementi di biodiversitàL’area considerata è la più ricca diflora endemica <strong>della</strong> Sardegna, euna delle più interessanti dell’interobacino del Mediterraneo.Presenze di grande importanzasono il muflone, il gatto selvaticosardo, la martora, la donnolae altri mammiferi come il ghiroe il quercino. Particolarmenteimportante è la colonia nidificantedi falco <strong>della</strong> regina sulle falesiedel Golfo di Orosei. Nell’ambitodell’erpetofauna si possonocitare il tritone sardo, il geotritonedel Supramonte, il discoglossosardo, e la lucertola di Bedriaga.Nei torrenti è ancora possibileosservare la trota macrostigma.Principali minacce per labiodiversitàMinacce per la biodiversitàderivano da un’eccessivapressione turistica sugli habitatcostieri, dal sovrapascolo chespesso minaccia le aree di maggiorpregio naturalistico, dagli incendiboschivi e dal bracconaggio.Nuoro25 0 25 50 kmDescrizione generaleL’area è situata nella Sardegnacentro-occidentale e comprendeil Campidano di Oristano e lapenisola del Sinis. Il tratto litoralecorrisponde al Golfo di Oristanoe alle coste del Sinis fino as’Archittu. L’area comprendeanche il basso corso del Tirso.Principali elementi di biodiversitàLe specie vegetali di maggioreinteresse sono legateprincipalmente agli habitat <strong>della</strong>costa rocciosa, con presenza dinumerosi endemismi. Le speciefaunistiche di maggiore interesseAree protettesono quelle ornitiche delle zoneumide: fenicottero rosa, pollosultano, airone rosso, tarabuso,falco di palude, cormorano,marangone dal ciuffo, ecc.Principali minacce per labiodiversitàNell’area si registrano insediamentituristici il località Is Arenas,alterazione dei valori di salinitànegli stagni costieri, inquinamentoda pesticidi di provenienzaagricola delle aree umide, disturboambientale legato ai tentativi dieradicazione dei cormorani daglistagni di Cabras.Tipologia Numero Superficie (Kmq)Parchi Nazionali 0 0,00Oristano25 0 25 50 kmRiserve Naturali dello Stato 0 0,00Aree protetteTipologia Numero Superficie (Km 2 )Parchi Nazionali 1 723,58Riserve Naturali dello Stato 0 0,00Parchi Naturali Regionali 0 0,00Riserve Naturali Regionali 0 0,00Aree Naturali di interesse locale 7 0,99Aree Marine Protette 0 0,00SIC 7 919,89ZPS 0 0,00Siti Ramsar 0 0,00© homo ambiens / a. cambone - r. isottiParchi Naturali Regionali 0 0,00Riserve Naturali Regionali 0 0,00Aree Naturali di interesse locale 0 0,00Aree Marine Protette 1 331,19SIC 12 109,81ZPS 6 50,65Siti Ramsar 6 49,13IBA 3 209,21Totale* 28 749,99*Alcune aree protette possono essere parzialmente o totalmente sovrapposte ad altre aree protettedi diversa tipologia, pertanto la superficie totale protetta può risultare maggiore <strong>della</strong> superficiedell’intera area prioritaria.© archivio wwf / f. cianchiIBA 1 927,97Totale* 16 2572,43*Alcune aree protette possono essere parzialmente o totalmente sovrapposte ad altre aree protettedi diversa tipologia, pertanto la superficie totale protetta può risultare maggiore <strong>della</strong> superficiedell’intera area prioritaria.© archivio wwf / f. bulgarini© archivio wwf / f. cianchi


152 L E A R E E P R I O R I TA R I EB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 153Area n. 31 “Montiferru - Marghine - Goceano - Monti di Alà” (1.744 Km 2 )Area n. 32 “Monte Albo” (79 Km 2 )Descrizione generaleL’area comprende le catenedel Marghine e del Goceano, ilrilievo del Montiferru e i Monti diAlà, l’altopiano di Campeda e lepianure di Ozieri. Le due catenemontuose sono le uniche dell’isolae si trovano allineate secondo unadirezione SO-NE nella Sardegnacentro-settentrionale.Principali elementi di biodiversitàTra la flora di maggiore interessemeritano di essere ricordate Rubusarrigonii e Ribes sandalioticum.Le presenze faunistiche piùinteressanti sono la gallinaprataiola e numerosi rapaci. Frai mammiferi ricordiamo il ghiro, ilgatto selvatico sardo e la martora.Per l’erpetofauna si possono citarel’euprotto sardo, il discoglossosardo e la lucertola di Bedriaga.Principali minacce per labiodiversità<strong>La</strong> trasformazione d’uso delterritorio, in particolare ladiminuzione del pascolo estensivo,rappresenta una seria minaccia perla popolazione di gallina prataiola.<strong>La</strong> minaccia degli incendi puòessere particolarmente grave perle tipologie forestali che ospitanole formazioni relittuali a tasso eagrifoglio e ad alloro.SassariTempioPausania25 0 25 50 kmOlbiaNuoroDescrizione generaleIl Monte Albo è un rilievo situatonella Sardegna nord-orientale,nella regione delle Baronie. Ha unaforma allungata in direzione SO-NE e si presenta come un rilievoisolato che risalta nettamentesui territori circostanti, sia per lasua mole sia per le estese paretirocciose che ne caratterizzanol’aspetto.Principali elementi di biodiversitàSono numerosi gli endemismivegetali in comune con ilSupramonte e il Golfo di Oroseie/o con quelli calcarei situatipiù a Nord (Capo Figari e Isoladi Tavolara). <strong>La</strong> fauna annoveraspecie come il muflone, l’aquilareale, lo sparviero, l’astore e, comespecie esclusiva, il geotritone delMonte Albo.Principali minacce per labiodiversitàIl rischio incendi, i substraticalcarei, con suoli spesso pocoevoluti e ricchi in scheletro, gliincendi comportano l’avvio diprocessi erosivi che portanoben presto all’affioramento <strong>della</strong>roccia madre senza possibilità diricostituzione dell’originario mantovegetale. I versanti del MonteAlbo, soprattutto nella parte nordorientale,appaiono in alcuni settorideturpati dall’attività delle cave.TempioPausaniaNuoro25 0 25 50 kmAree protetteTipologia Numero Superficie (Km 2 )Aree protetteParchi Nazionali 0 0,00Riserve Naturali dello Stato 0 0,00Parchi Naturali Regionali 0 0,00Riserve Naturali Regionali 0 0,00Aree Naturali di interesse locale 1 0,78Aree Marine Protette 0 0,00SIC 4 279,86ZPS 0 0,00Siti Ramsar 0 0,00IBA 4 281,64Totale* 7 561,51*Alcune aree protette possono essere parzialmente o totalmente sovrapposte ad altre aree protettedi diversa tipologia, pertanto la superficie totale protetta può risultare maggiore <strong>della</strong> superficiedell’intera area prioritaria.© archivio wwf / c. tedeschi © archivio oasi wwf / a. de mariaTipologia Numero Superficie (Kmq)Parchi Nazionali 0 0,00Riserve Naturali dello Stato 0 0,00Parchi Naturali Regionali 0 0,00Riserve Naturali Regionali 0 0,00Aree Naturali di interesse locale 0 0,00Aree Marine Protette 0 0,00SIC 1 72,64ZPS 0 0,00Siti Ramsar 0 0,00IBA 0 0,00Totale* 1 72,64*Alcune aree protette possono essere parzialmente o totalmente sovrapposte ad altre aree protettedi diversa tipologia, pertanto la superficie totale protetta può risultare maggiore <strong>della</strong> superficiedell’intera area prioritaria.© homo ambiens / a. cambone - r. isotti © wwf-canon / r. le guen


154 L E A R E E P R I O R I TA R I EB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 155Area n. 33 “Costa <strong>della</strong> Sardegna nord-occidentale, dall’isola dell’Asinara a Bosa” (379 Km 2 )Area n. 34 “Monte Limbara” (239 Km 2 )Descrizione generaleL’area include la costa di Algheroe tutte le aree costiere che vannodall’isola dell’Asinara fino alla focedel Temo. L’isola dell’Asinara ècompletamente inclusa nell’area.Principali elementi di biodiversitàLe pareti rocciose ospitanoendemismi rupestri come Galiumschmidii e, in prossimità del mare,Erodium corsicum. Gli aspettifaunistici più importanti riguardanogli uccelli nidificanti sulle scoglieredi Capo Caccia: falco <strong>della</strong> regina,Aree protettefalco pellegrino, gabbiano corso,berta maggiore, marangone dalciuffo. L’avifauna dello Stagno diCalich annovera numerose speciedi trampolieri e limicoli: garzette,cavalieri d’Italia, corrieri, ecc.Principali minacce per labiodiversitàQuali principali fattori di minacciaper la biodiversità vengonoindividuati l’eccessiva pressioneturistica, il rischio incendi,l’inadeguata gestione del ParcoNazionale dell’Asinara.Tipologia Numero Superficie (Km 2 )Parchi Nazionali 1 45,19Riserve Naturali dello Stato 0 0,00Sassari25 0 25 50 kmTempioPausaniaDescrizione generaleIl massiccio del Limbararappresenta uno dei più importantirilievi <strong>della</strong> Sardegna. È situatoal centro <strong>della</strong> regione <strong>della</strong>Gallura e rappresenta una sortadi ponte ecologico tra i montidel Gennargentu e i rilievi <strong>della</strong>Corsica, con i quali condividecaratteristiche ambientali enumerose specie floristiche.Principali elementi di biodiversitàFra le specie vegetali sonopresenti numerosi endemismi. Perquanto riguarda la fauna vannocitate diverse specie di rapaci:aquila reale, astore, sparviero.Tra i mammiferi sono presentila martora, il gatto selvaticosardo e il muflone, reintrodottoinsieme al daino dall’AziendaForeste Demaniali <strong>della</strong> RegioneSardegna. Di particolare interesseè l’erpetofauna, che comprenderettili come la lucertola diBedriaga e la tartaruga d’acqua eanfibi come l’euprotto sardo e ildiscoglosso sardo.Principali minacce per labiodiversitàIl Monte Limbara appare un’areaestremamente vulnerabile agliincendi boschivi. Come elementipotenzialmente negativi perla biodiversità vanno citatil’istallazione di una centraleeolica sulle creste occidentali delmassiccio e il rischio di aperturadi cave per l’estrazione del granitogallurese.TempioPausaniaOlbia25 0 25 50 kmParchi Naturali Regionali 1 45,91Riserve Naturali Regionali 0 0,00Aree Naturali di interesse locale 0 0,00Aree Marine Protette 3 135,17SIC 7 243,76ZPS 1 49,62Siti Ramsar 0 0,00IBA 7 250,25Totale* 20 769,9*Alcune aree protette possono essere parzialmente o totalmente sovrapposte ad altre aree protettedi diversa tipologia, pertanto la superficie totale protetta può risultare maggiore <strong>della</strong> superficiedell’intera area prioritaria.Aree protetteTipologia Numero Superficie (Kmq)Parchi Nazionali 0 0,00Riserve Naturali dello Stato 0 0,00Parchi Naturali Regionali 0 0,00Riserve Naturali Regionali 0 0,00Aree Naturali di interesse locale 0 0,00Aree Marine Protette 0 0,00SIC 2 153,22ZPS 0 0,00© wwf-canon / s. richSiti Ramsar 0 0,00IBA 0 0,00Totale* 2 153,22*Alcune aree protette possono essere parzialmente o totalmente sovrapposte ad altre aree protettedi diversa tipologia, pertanto la superficie totale protetta può risultare maggiore <strong>della</strong> superficiedell’intera area prioritaria.© archivio wwf / m. mafai© wwf-canon / m. gunther© archivio wwf / r. gildi


156 L E A R E E P R I O R I TA R I EB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 157Area n. 35 “Costa da S. Teodoro a Portobello di Gallura - Bocche di Bonifacio” (2.447 Km 2 )Area n. 36 “Parco Naturale <strong>della</strong> Corsica” (3.385 Km 2 )Descrizione generaleL’area comprende le coste <strong>della</strong>Sardegna da Porto Pitrosu, a suddi Capo Testa, fino alla Punta deli Francesi; le coste <strong>della</strong> Corsicatra Cala di Furnellu e la Punta diChiappa (che chiude a sud il golfodi Porto Vecchio); l’arcipelago <strong>della</strong>Maddalena e le Isole di <strong>La</strong>vezzie Cavallo, il golfo di Olbia e, piùa sud, lo stagno di S. Teodoro, leisole di Tavolara, Molara.Principali elementi di biodiversità<strong>La</strong> flora è caratterizzata inquesto territorio da numerosiendemismi. Le coste roccioseospitano un gran numero diAree protettespecie di Limonium endemichesarde e sardo-corse. Le presenzefaunistiche di maggiore interessesono rappresentate dall’avifauna(pernice sarda, berta maggiore,cicogna bianca, falco pescatore,grillaio, falco pellegrino, falco <strong>della</strong>regina, gabbiano corso, gabbianoroseo, ecc.).Principali minacce per labiodiversitàTra le principali minacce per labiodiversità va ricordato il transitodelle petroliere nelle Bocche diBonifacio, la cementificazione dellecoste, la pressione antropica sullespiagge e gli incendi boschivi.Tipologia Numero Superficie (Km 2 )Parchi Nazionali 1 205,05Riserve Naturali dello Stato 0 0,00Parchi Naturali Regionali 0 0,00Riserve Naturali Regionali 0 0,00Aree Naturali di interesse locale 0 0,00Aree Marine Protette 2 307,16SIC 6 271,52ZPS 2 247,18Siti Ramsar 0 0,00IBA 6 759,59Totale* 17 1790,5© archivio wwf / f. bulgariniTempioPausaniaOlbia25 0 25 50 kmDescrizione generaleL’area coincide con il “ParqueNaturel Régional de Corse”,circa un terzo <strong>della</strong> superficiedell’isola. L’area corrispondegrosso modo all’allineamentodei più alti rilievi <strong>della</strong> Corsica,da quelli più meridionali a ovestdi Porto Vecchio fino al MonteGrosso a nord-ovest, passandoper i principali massicci dell’Isola:M. Incudine (2128 m), M. Renoso(2352 m), M. d’Oro (2389 m), M.Rotondo (2622 m) e M. Cinto, lacima più elevata dell’Isola con2706 m.Principali elementi di biodiversità<strong>La</strong> flora <strong>della</strong> Corsica ècaratterizzata da circa 300 pianteendemiche e sub-endemichesardo-corse. Per quanto riguardale presenze faunistiche piùimportanti, fra i mammiferi sipossono citare: il muflone, il cervosardo (recentemente reintrodotto),il gatto selvatico e il ghiro; fra gliuccelli: il gipeto, l’aquila reale, ilnibbio reale, l’astore, lo sparviero,la sterpazzolina e la magnaninasarda. L’erpetofauna comprendetre specie esclusive di anfibi:euprotto corso, discoglosso corsoe salamandra corsa. Fra i rettilisi possono citare la tartarugad’acqua, le testuggini terrestrie una sottospecie endemica dibiscia dal collare: Natrix natrixcorsa. Nelle acque dolci vive latrota macrostigma.Principali minacce per labiodiversitàIncendi: nelle aree interne <strong>della</strong>Corsica, la scarsa pressioneantropica, unita alla valorizzazionedei beni naturali come fontedi reddito, hanno garantitonegli ultimi anni una adeguataprotezione degli habitat e dellespecie vegetali e animali. Il piùgrave pericolo rimane quello degliincendi, ultimamente piuttostofrequenti nelle aree boschive, cheminacciano l’immenso patrimonioforestale che rappresenta lapiù importante caratteristicapaesaggistica e una inestimabilerisorsa economica per quest’ “isolamontana”.BastiaAjaccioBonifacio25 0 25 50 km*Alcune aree protette possono essere parzialmente o totalmente sovrapposte ad altre aree protettedi diversa tipologia, pertanto la superficie totale protetta può risultare maggiore <strong>della</strong> superficiedell’intera area prioritaria.© archivio wwf / f. bulgarini© archivio wwf / f. bulgarini© archivio wwf / f. bulgarini


158 L E A R E E P R I O R I TA R I EB I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E159Le specie nellaconservazioneecoregionaleIn tutti i progetti di conservazionele specie hanno sempre avutoun posto di rilievo, in particolarequelle specie molto carismatichee che possono facilmentecoinvolgere un vasto pubblico.<strong>La</strong> conservazioneecoregionale pone le sue basisull’individuazione di valori dibiodiversità su un contesto diarea vasta e tiene ovviamentein considerazione il ruolo che lespecie possono svolgere nellosviluppo di un programma cosìambizioso.Generalmente in ecologia alle specie viene attribuitouno o più di questi significati: le specie chiave, ovveroquelle specie che occupano una posizione crucialenell’ecosistema o nelle comunità a cui appartengono;le specie ombrello sono invece quelle caratterizzateda home range molto ampi e da esigenze di habitat© archivio wwf / r. gildialtrettanto ampie, cosicché proteggendo il loroambiente si riesce a proteggere indirettamente anche lespecie che occupano lo stesso habitat; infine le speciebandiera, secondo un concetto più di comunicazionee marketing che ecologico. Sono infatti quelle speciemolto popolari e carismatiche utilizzate come simbolie punti di attenzione per promuovere azioni diconservazione e di sensibilizzazione del pubblico.Il Panda gigante è uno dei tanti esempi.Le specie possono assumere anche una funzione dispecie indicatrici con riferimento alla loro sensibilitàrispetto la qualità ed i cambiamenti delle condizioniambientali, così come alcuni aspetti <strong>della</strong> composizione<strong>della</strong> comunità in cui vive:anfibi, molluschi, uccelli, funghi, licheni, coralli e altriinvertebrati marini sono solo alcuni esempi.Una proposta sviluppata nelle analisi delle areeprioritarie (cfr. documento “Aree Prioritarie: analisidelle componenti di biodiversità e delle minacce”scaricabile in formato pdf dal sito www.wwf.it) consistenel selezionare per ciascuna area, un set di trespecie minacciate che hanno la più elevata idoneitàambientale secondo la Rete Ecologica Nazionale(REN). In questo modo sono state individuate le specieminacciate per le quali ogni singola area prioritariarisulta maggiormente vocata. Questo non significa chele specie indicate siano le più minacciate a livello locale,viceversa le specie indicate sono quelle le cui esigenzeecologiche sono maggiormente favorite dall’attuale (epotenziale) contesto ecologico ed ambientale. In altreparole quelle segnalate potrebbero essere le specie“indicatrici” rispetto alle quali definire un programma diconservazione a scala locale.Nello sviluppo dei singoli piani di conservazione ascala di area prioritaria sarà fondamentale avviareun processo di ricognizione e analisi più completoe ampio per individuare quali specie possonoefficacemente essere utilizzate per sviluppare le azionidi conservazione.A tale scopo, durante il lavoro che ha portato allaredazione di questo volume, molti stimoli e disponibilitàa collaborare sono venuti da alcuni partner quali: ilCorpo Forestale dello Stato, l’Istituto Nazionale perla Fauna Selvatica, le organizzazioni ornitologiche,l’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i ServiziTecnici e le Università. Uno dei prossimi passi sarà diavviare un tavolo di lavoro tecnico per mettere a puntouna metodologia per selezionare efficacemente lespecie su cui lavorare e un protocollo di monitoraggio<strong>della</strong> biodiversità.© archivio wwf / r. gildiappariscente <strong>della</strong> biodiversità, dovrebbe identificareprima di tutto il ruolo specifico di ciascun taxa oggettodi intervento e sviluppare programmi di conservazionesul territorio, mirando a garantire le condizioniecologiche per la loro presenza e recupero. I futuriprogrammi di conservazione dovranno essere cosìefficaci di garantire la tutela delle specie senza agiredirettamente su esse.© wwf-canon / sanchez & lope<strong>La</strong> strategia di conservazione ecoregionale mira adindividuare delle specie focali, ovvero quelle specieche sono particolarmente sensibili rispetto le minacceindividuate dalle analisi. Grazie all’individuazione diquesti “indicatori” è possibile selezionare le azionidi tutela su vasti ambiti territoriali. Le specie focalidovrebbero permettere di monitorare l’effettiva riduzionedei fattori di interferenza sulla biodiversità e quindil’efficacia delle azioni messe in atto. Le specie focalinon necessariamente sono quelle più minacciate,dovrebbero essere piuttosto un gruppo di specie, e nonuna singola specie, che sono particolarmente sensibilialle minacce individuate a scala ecoregionale o disingola area prioritaria.Uno dei dilemmi <strong>della</strong> conservazione che dovrà essereaffrontato, è se puntare principalmente sulle specie più“popolari”, quali ad esempio l’orso bruno, il lupo, il cervoe l’aquila reale, gli squali oppure tenere giustamente inconsiderazione quelle specie troppo spesso trascurateche rappresentano il 98% <strong>della</strong> biodiversità come gliinvertebrati e le piante. Purtroppo questi organismi nonsono favoriti poiché non sono così attraenti e noti quantouccelli e mammiferi e in più sono completamente ignoratida normative nazionali o da piani di azione.Per concludere, un’efficace strategia per la tutela <strong>della</strong>biodiversità, che tenga nella giusta considerazioneil ruolo delle specie, certamente la componente più© wwf-canon / c. m. bahr


15. Central Mediterranean EcoregionSummary in English© archivio wwf / f. ferroni160161Towards a Programme for Ecoregional ConservationOrganization of workIn 2003 following the establishment of an internationalconsulting group for the development of EcoregionalConservation in the Alps, WWF Italy decided toreorganise its own structure through the institutionof the Office for the Conservation of the CentralMediterranean Ecoregion. Its aim was to developan effective methodology for the identification ofconservation priorities within this regional domain.The working group from WWF Italy, responsible fordefining the conservation strategy for the CentralMediterranean Ecoregion, consists of one scientificmanager and two scientific consultants. Othercolleagues of WWF Italy’s staff have provided theirspecific contributions.The first important step, accomplished by way of directmeetings and correspondence, was to involve anextended group of public figures external to WWF Italy,specialists in both environmental and socio-economicfields. With this constructive phase of brainstorming,we began to define the essential outlines of a newway of looking at biodiversity conservation in thewhole ecoregion: a vision that will inspire the work ofWWF Italy and its prospective partners for the comingdecades.Analyses carried our so far have been evaluated byand shared with a team of about 100 experts fromdiverse backgrounds (botanists, zoologists, ecologists,city planners, sociologists, etc.). A core working group,the Starter Group, has been established to deal withthose activities that are more directly analytical andproposal-oriented.The Starter GroupThe Starter Group, working alongside the WWF Italyworking group, is an interdisciplinary structure of about20 external experts. It has contributed to:• defining essential themes necessary for thecreation of a first “biodiversity map” for the CentralMediterranean Ecoregion;• acquiring the necessary information for the thematicmaps that will allow the subsequent definition ofPriority Areas;• identifying public figures in the scientific world whowould examine the ongoing results of the work andshare discussions, suggestions and evaluations;• facilitating the involvement of organizations andinstitutions as partners in the process of ecoregionconservation. Currently, among the official partnersare Universities, Scientific Association and Institution,Public Administrations, NGOs etc.The dataThanks to collaboration with the Ministry of theEnvironment and <strong>La</strong>nd Protection - Department for theProtection of Nature, it has been possible to accessdatabases containing geo-referenced information onthe environment, land, and biodiversity. In particular:• The National Ecological Network, including twodifferent types of data related to Italian vertebratefauna: The Geographic Range of each species inESRI ® shapefile format and the Habitat SuitabilityModel of each species in ESRI ® Grid format;• The DVD collection “GIS Nature”, with 23 databanks on four broad thematic areas: Flora, Fauna,Protected Areas, Environment and <strong>La</strong>nd.When the available databases were not sufficient,specialists were involved in collecting new data.Ongoing consultation with experts during the variousstages of work has been fundamental for the correctinterpretation and validation of results.The Boundaries of the CentralMediterranean EcoregionThe Mediterranean Terrestrial Ecoregions mapdeveloped by WWF Mediterranean Programme(MedPO), was used as a reference for the definitionof the boundaries of the Central MediterraneanEcoregion. The Central Mediterranean Ecoregionincludes the sub-ecoregions no.10 (Sardinia-Corsica)and no.17 (Italian Peninsula and Maltese islands).The boundaries of the marine ecoregionBilateral agreements between neighbouring countrieswere used as a reference in defining the boundariesof the marine ecoregion, since the simple limits ofterritorial waters would have left out important marineareas. The Central Mediterranean Ecoregion marineboundaries have therefore been defined accordingto the continental shelf, in line with the internationaldefinition of Maritime <strong>La</strong>w.The boundaries of the terrestrial ecoregionThe northern boundary of the terrestrial ecoregioncorresponds to the Piedmont zone of thenorthern Apennines and Maritime Alps, as per theMediterranean Ecoregion map developed by MedPO.Terrestrial ThemesThe map of Terrestrial Priority Areas was producedas a result of the examination of ten selected themes,following consultation with the Starter Group:• Hypogean Environments, due to the importance ofthese environments for the fauna and for endemicspecies (in particular bats and invertebrates);• Remote Areas, extensive areas with low humanimpact;• Important Areas for the Migration of Birds,especially for passerines and birds of prey;• Vegetation and biotopes of significant interest, inorder to highlight vegetation groups and the rarestand most threatened biotopes in the ecoregion;• Vascular Flora, in order to represent the areas withthe greatest wealth and diversity;• Terrestrial Invertebrates, principally insects;• Fish of Inland Waters in order to highlight the watercourses with the highest concentration of endemicand autochthonous fish;• Amphibians and Reptiles, in order to highlight thoseareas important for the endemic examples of thesetwo classes of vertebrates;• Birds, biodiversity of breeding ornithological fauna,which also includes the Important Bird Areasdeveloped by LIPU-BirdLife;• Mammals, highlighting the areas in which arepresentative set of this class are present.The working group has produced 10 maps showing themost important areas for each of these themes.Marine ThemesSome difficulties were encountered in realizing the mapfor marine biodiversity, largely because of the scarcityof available information on an ecoregional scale.Maps for the marine sector of the CentralMediterranean Ecoregion were also produced, andthey highlight important and/or critical areas in thesector of the Mediterranean Sea which surrounds theecoregion.Data were analysed and thematic maps produced for:• areas important for the presence of coloniesof marine birds of conservation interest in theMediterranean;• areas important for the presence of cetaceans;• the results of the Marine Gap Analysis, carried outby MedPO, which highlights the areas of greatestbiodiversity according to biological parameters andhuman interference.The following related information is also worthy ofconsideration:• a coastal area extending within the -100 metresisobath, from the Tremiti Islands to the SorrentinaPeninsula;


162 C E N T R A L M E D I T E R R A N E A N E C O R E G I O N B I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 163• the Strait of Messina and the Campania Islands forthe presence of cetaceans and for their strategicimportance in the migration of the large pelagic fish;• marine areas deeper than 1,000 metres for thepresence of coralliferous (white corals) sea beds andtheir role in Mediterranean productivity;• areas with the highest concentration of theLoggerhead Sea Turtle (Caretta caretta);Further information was obtained from the ItalianDemersal Fish Resources Atlas - three-year period1994-1996.Map of the Priority AreasUsing data relative to the above themes, the CentralMediterranean Ecoregion Map of BiodiversityValues, showing the various biodiversity values withineach territorial area, was produced.Areas with biodiversity values exceeding a definedthreshold were selected, thus enabling the definitionof 34 Priority Areas for the Central MediterraneanEcoregion: this is the most important result of ourwork.Other Priority AreasOnce the map of Priority Areas based upon the tenthemes and the <strong>La</strong>ndscape Units was created, twofurther areas of high biodiversity value were added,thus increasing the total number of Priority Areas to 36.These are:Priority Areas of Corsica (n. 36)In collaboration with experts of the Parc NaturelRégional de Corse (PNRC), it was possible to identifythe biodiversity values that make this island importantwithin the Mediterranean basin. As a result, theboundaries of the Corsican Regional Natural Park werechosen to delineate the priority area for Corsica.Priority Areas of the Upper Adriatic (n. 4)The coastal lagoon areas of the Upper Adriatic wereincluded in the ecoregion for the importance of theirbiodiversity, in particular nesting and migratory birds,flora, inland water fish, invertebrates and rare biotopes.Objectives of the Biodiversity VisionThe Central Mediterranean Ecoregion conservationstrategy is based on the management of the 36Priority Areas, identified as described above. Withineach of these areas a careful analysis of the mainthreats to ecological processes, habitats, plants andanimals was carried out in accordance with the ThreatsReduction Assessment (TRA) method establishedby The Nature Conservancy (TNC). The effectiveprotection in the long-term of the characteristics andfunctions of these areas will hopefully result in thepreservation of the biodiversity of the entire ecoregion.Eight strategic objectives were identified in order toachieve this goal. They are the backbone of the CentralMediterranean Ecoregion conservation strategy.Objective 1. The protection of the biodiversity of theentire ecoregion can only be achieved by guaranteeingfavourable ecological conditions for species, habitats,and ecological processes in Priority Areas. Thisinvolves reducing major threats and ensuring the bestconditions for plants, animals, and focal habitats,ensuring the characteristics and the ecological functionof protected areas in the ecoregion.Objective 2. This is not enough, however, as thephenomena which result in fragmentation of habitats,for instance the irreversible exploitation of soil,determine the erosion of biodiversity in Priority Areas,no matter how effectively protected. It is fundamental,therefore, to reduce fragmentation and restorenatural conditions beyond Priority Areas ensuringmanagement of territories external to protected areas,for reduce fragmentation and restore natural conditionsObjective 3. The species and habitats of theecoregion’s fluvial and lacustrine ecosystems aredistributed in a very large area. Optimal ecologicalconditions should therefore be guaranteed for thehydrographic basins that host riparian forest habitatsand endemic and autochthonous fish species ensuringthe protection and the sustainable management ofthese fluvial and lacustrine ecosystems;Objective 4. Migration of fauna (birds, bats, butterflies,large pelagic and freshwater fish) is a phenomenonwhich concerns the entire ecoregion, and is one thatis under threat from a variety of specific factors. It isfundamental to ensure the smooth functioning of theecoregion for migratory species and protect the routesof migratory species.Objective 5. The terrestrial-ecological context ofthe system of small Mediterranean islands is ofgreat biodiversity value for the ecoregion. Insularecosystems host endemic species of flora, reptiles andamphibians and small mammals and are characterizedby vulnerable habitats. This situation calls for socioeconomicmodels which provide alternatives forthe management of resources and the protectionof biodiversity, so is important to promote socioeconomicmodels in small Mediterranean island whichare compatible with the protection of insular, terrestrialand marine ecosystems.Objective 6. Many biodiversity values of ecoregionalsignificance are, for particular historical-biologicalreasons, distributed in a fragmentary manner, such assites of floral endemism, non-vagile animals, wetlands,coastal dunes, marine protected areas, and hypogeal(underground) areas. Adequate protection of theseareas requires the creation and management of afunctioning system of Protected Areas and Natura2000sites. To ensure biodiversity conservation in the CentralMediterranean ecoregion.Objective 7. In the Central Mediterranean there arevast areas of extreme biodiversity value, known asSanctuaries. They are found in the north Thyrrhenianand in the Sicilian Channel. Their foundation andeffective management is strategic for biodiversity. Thisgoal aim to guarantee the protection of marine areas ofmajor importance for the conservation of biodiversityon the Central Mediterranean, paying particularattention to the conservation of cetaceans, marineturtles and sharks and rays (Pelagos Sanctuary andSouthern Thyrrhenean - Pelagie Islands).Objective 8. The protection of many marine speciesof fish, mammals and reptiles is at risk from intensiveand irrational over-fishing. The search for sustainableforms of exploitation of marine resources which areecosystem-friendly is a priority objective. This goalaim to achieve sustainable fishing activity which bothguarantees the continued functioning of Mediterraneanecosystems and their productivity and allowsmaintenance of their structure.Cross-Cutting Contextual ElementsThese strategic conservation objectives, with theirassociated operational plans and actions, representthe ecoregional conservation strategy. There are,however, certain fundamental conditions necessaryto the achievement of these eight objectives, crosscuttingissues which, if they are not adequatelyaddressed could jeopardize the success of each singleobjective, and biodiversity protection as a whole. It istherefore necessary to:Invest in education and consciousness-raising,to reinforce the value of biodiversity, in a serious,structured and consistent manner;Develop a plan for monitoring and evaluation whichis consistent with targets and objectives and whichguarantees the effectiveness of conservation planning.Each strategic conservation objective must haveprecise indicators of effectiveness;Take into consideration factors acting on a scalebeyond that of the ecoregion, in the first placeclimate change. Ecoregional conservation plans mustincorporate actions and objectives which contribute tothe definition of adaptive strategies for the reduction ofthe effects of climate change;Contribute towards the creation of a newconservation culture, founded on the protection of“priority spaces” with an approach incorporating thehuman dimension and participatory processes.In synthesis, these are considered cross-cutting goals:• Develop education and consciousness-raisingactivities to facilitate the achievement ofconservation objectives;• Develop a monitoring plan which is coherent with theobjectives and actions identified;• Climate change is one of the principle causes ofbiodiversity loss. This issue must inform the definitionof conservation plans within the entire ecoregionalstrategy;• Create a new conservation culture sensitive to thepreservation of extensive “priority spaces”;• In developing the conservation strategy, “humandimensions” must be taken into account, i.e. therelationships between natural resources and thepeople who use them, understanding and usingthese relationships to effectively engage communitiesin conservation;• Develop biodiversity conservation strategies using aparticipative approach.


16. Ecoregion Méditerranée CentraleSummaire en Français© archivio wwf / f. ferroni164165Vers un Programme de Conservation EcoregionaleOrganisation du travailEn 2003 le WWF Italie, après avoir mis en placeun groupe de consultation international pour ledéveloppement de la conservation écorégionale dansl’écorégion des Alpes, a décidé de réorganiser sastructure en créant une unité appelée “Bureau pour laconservation de l’écorégion Méditerranée centrale”,dans le but de développer une méthodologie efficacevisant à déterminer les priorités de conservation sur ceterritoire. Le groupe de travail du WWF Italie, qui depuiss’occupe de mettre au point la stratégie de conservationpour l’écorégion Méditerranée centrale, est composéed’un responsable scientifique et de deux consultantsscientifiques. D’autres collègues actifs dans différentessections de l’association ont fourni des contributionsspécifiques.Les rencontres ou les échanges épistolaires avec ungrand nombre de personnalités externes aux WWFItalie, compétentes dans le milieu naturaliste ou socioéconomiquereprésente un premier pas important. Cettephase enrichissante de confrontation des idées nousa permis de commencer à définir les grandes lignesd’une nouvelle manière de considérer la conservationde la biodiversité dans l’ensemble de l’écorégion : unevision qui devra inspirer l’action du WWF Italie et de sespartenaires dans les prochaines décennies.Jusqu’à aujourd’hui, le travail d’analyse réalisé a étésoumis à une équipe d’environ 100 experts compétentsdans divers domaines (botanistes, zoologues,écologues, urbanistes, sociologues, etc.). Mais lesactivités plus directement analytiques et l’élaboration depropositions ont été confiées à un petit groupe de travaildu nom de “Starter Group”.Le “Starter Group”Le “Starter Group”, qui a épaulé le groupe de travaildu WWF Italie, est une structure interdisciplinaireconstituée de quinze experts externes. Il a contribué à :• définir les thèmes essentiels pour tracer unepremière “carte de la biodiversité” dans l’écorégionMéditerranée centrale ;• acquérir les informations nécessaires pour réaliserles cartes thématiques sur la base desquelles ont étédéfinies par la suite les zones prioritaires ;• indiquer les personnalités du monde scientifiqueauxquelles soumettre les résultats partiels des travauxpour obtenir des commentaires, des suggestions etdes validations ;• favoriser la participation d’organismes et institutionstels que l’université, les associations et institutionsscientifiques, l’administration, les ONG etc., entant que partenaires du procédé de conservationécorégionale.DonneesGrâce à une collaboration spéciale avec le Ministèrede l’environnement et de la protection du territoire– Direction pour la Protection de la Nature (DPN), il a étépossible d’accéder aux banques de données contenantdes informations référencées géographiquement surl’environnement, le territoire et la biodiversité. Enparticulier :• le réseau écologique national REN (Rete EcologicaNazionale) qui comprend deux types de donnéesrelatives à la faune italienne vertébrée : la zonegéographique de chaque espèce (Geographic range)dans le format ESRI ® shapefile et le modèle d’aptitudeenvironnementale de chaque espèce (Habitatsuitability model) dans le format ESRI ® Grid.• la collecte sur DVD “GIS Nature” de 23 banques dedonnées relatives à quatre grands thèmes : Flore,Faune, Zones protégées, Environnement et territoire.Quand les banques de données disponibles n’étaientpas suffisantes, nous avons acquis des donnéesinédites en impliquant directement des spécialistes dedivers taxons.Au cours des différentes phases du travail, laconsultation constante des experts a été fondamentalepour interpréter correctement les résultats et les valider.Les limites de l’EcorégionMéditerranée CentralePour définir les limites de l’écorégion Méditerranéecentrale, nous nous sommes référés à la carte desécorégions terrestres de Méditerranée élaborée parle WWF MedPO. L’écorégion Méditerranée centraleinclut les sous-régions n°10 (Sardaigne-Corse) et n°17(péninsule italienne et îles maltaises).Les limites de l’écorégion marinePour définir les limites de l’écorégion marine, nous noussommes référés aux accords bilatéraux signés entrepays limitrophes, car les confins des eaux territorialesauraient exclu des zones marines importantes. Leslimites marines de l’écorégion Méditerranée centrale ontdonc été définies en suivant la plate-forme continentale,selon la définition internationale du droit maritime.Les limites de l’écorégion terrestre<strong>La</strong> limite septentrionale de l’écorégion terrestre aété tracée, sur la base de la carte de l’écorégionMéditerranée élaborée par le MedPO, le long de la basenord des Apennins et des Alpes Maritimes.Les themes terrestres<strong>La</strong> carte des zones prioritaires terrestres a été réaliséesuite à l’examen de dix thèmes sélectionnés en accordavec le “Starter Group”:• Les milieux hypogés, pour l’importance quereprésentent ces milieux pour la faune troglobie etpour les endémismes (en particulier les chiroptères etles invertébrés);• Les zones reculées ou zones à bas impactanthropique très étendues;• Les zones importantes pour la migration desoiseaux, surtout les passereaux et les rapaces;• <strong>La</strong> végétation et les biotopes de grand intérêt,de manière à mettre en évidence les groupes devégétation et les biotopes les plus rares et les plusmenacés de l’écorégion;• <strong>La</strong> flore vasculaire, pour représenter les zones lesplus riches et ayant la plus grande diversité floristique;• Les invertébrés terrestres, principalement lesinsectes;• Les poissons d’eaux internes, pour mettreen évidence les cours d’eau dotés de la plusgrande concentration de poissons endémiques etautochtones;• Les amphibies et les reptiles, pour mettre enévidence les zones importantes pour les endémismesde ces deux classes de vertébrés;• Les oiseaux, biodiversité de l’ornithofaune nidifiant,en incluant les Important Bird Areas élaborées par laLIPU-BirdLife;• Les mammifères, en mettant en évidence les zonesde présence d’un set représentatif de cette classe.<strong>La</strong> méthodologie adoptée a permis de réaliser dix cartesindiquant les zones les plus importantes pour chaquemilieu examiné.Les themes marinsAu cours de la réalisation de la carte de la biodiversitémarine, nous avons rencontré quelques difficultés, duessurtout au manque d’informations disponibles au niveauécorégional.Une carte pour la partie marine de l’écorégionMéditerranée centrale a également été réalisée, quimet en évidence les zones importantes et/ou critiquesdans le secteur de la mer Méditerranée qui entourel’écorégion.Des cartes thématiques et des données sur les thèmessuivants ont été élaborées et réalisées:• zones importantes pour la présence de coloniesd’oiseaux marins d’intérêt conservatoire enMéditerranée;• zones importantes pour la présence de cétacés;• les résultats de la Gap Analysis marine effectuéepar le WWF MedPO qui met en évidence les zonesde biodiversité majeure en fonction de paramètresbiologiques et d’interférences anthropiques.Les informations ci-dessus ayant été examinées, lesindications ultérieures suivantes ont été prises encompte:• une zone côtière allant des îles Tremiti à la péninsuleSorrentine comprise dans l’isobathe des -100 m;• la zone du détroit de Messine et des îlescampaniennes pour la présence de cétacés et pour


166 E C O R E G I O N M É D I T E R R A N É E C E N T R A L E B I O D I V E R S I T Y V I S I O N D E L L ’ E C O R E G I O N E M E D I T E R R A N E O C E N T R A L E 167l’importance stratégique représentée par la migrationdes grands pélagiques;• les zones marines au-delà de 1000 m de profondeurpour la présence des fonds coralligènes, pour leurfonctionnalité dans la productivité de la Méditerranée;• les zones de concentration maximale de la Tortuemarine commune;D’autres informations ont été obtenues par le biaisde la consultation de l’“Atlante delle Risorse ittichedemersali italiane - triennio 1994-1996”.Carte des Zones PrioritairesLes données relatives aux thèmes mentionnés plushaut ont permis de réaliser la Carte des valeurs debiodiversité de l’écorégion Méditerranée centrale,qui montre les zones dotées de valeurs de biodiversitédifférentes.En sélectionnant les zones qui dépassent un certainseuil de biodiversité, il a été possible d’identifier 34zones prioritaires de l’écorégion Méditerranée centrale:cela constitue le résultat le plus important de notretravail.Autres zones prioritairesUne fois établie la carte des zones prioritaires enutilisant les dix thèmes et les unités de paysages, deuxzones considérées comme étant de grande valeur pourla biodiversité ont été ajoutées, ce qui a donc porté à 36le nombre total de zones prioritaires.Zones prioritaires corses (n. 36)Ces zones ont été définies en collaboration avec lesexperts du Parc Naturel Régional de Corse (PNRC)qui ont indiqué les valeurs de biodiversité pourlesquelles cette île est importante au niveau du bassinméditerranéen. Nous avons donc décidé d’indiquercomme zone prioritaire pour la Corse les limites du ParcNaturel Régional.Zones prioritaires de l’Adriatique nord (n. 4)Les zones lagunaires côtières de l’Adriatique nordont été incluses dans l’écorégion en raison de leurimportance en termes de biodiversité, en particulierpour les oiseaux nidificateurs et migrateurs, la flore,les poissons des eaux internes, les invertébrés et lesbiotopes rares.Objectifs de la Biodiversity Vision<strong>La</strong> stratégie de conservation de l’écorégionMéditerranée centrale se fonde sur la gestion des 36zones prioritaires identifiées par le biais du processusmentionné précédemment. Dans chacune de ces zonesa commencé une analyse approfondie des menacesprincipales concernant l’habitat, les espèces végétaleset animales ainsi que les processus écologiquesprincipaux, selon la méthode d’évaluation pour laréduction des menaces (Threats Reduction Assessment)élaborée par Conservation de la nature (The NatureConservancy). En protégeant efficacement etdurablement les caractéristiques et la fonctionnalité deces zones, on espère que l’ensemble de la biodiversitéécorégionale puisse être préservée.Pour atteindre ce but, on a considéré opportund’indiquer huit objectifs stratégiques constituant lesquelette de la stratégie de conservation écorégionale.Objectif 1. Pour protéger la biodiversité de l’ensemblede l’écorégion, il est fondamental de garantir desconditions écologiques favorables aux espèces, auxhabitats et aux processus écologiques des zonesprioritaires, surtout en atténuant les facteurs de menaceles plus significatifs et en rétablissant de meilleuresconditions pour les espèces animales et végétales ainsique pour les habitats concernés.Objectif 2. Toutefois, cela n’est pas suffisant car lesphénomènes de fragmentation intense des habitats,causés surtout par la consommation irréversible dusol, peuvent entraîner des processus d’érosion de labiodiversité dans les zones prioritaires, même si ellessont protégées efficacement. Il s’avère donc fondamentalde réduire la fragmentation et de rétablir des conditionsde naturalité diffuse, hors des zones prioritaires.Objectif 3. Les espèces et les habitats liés auxécosystèmes fluviaux et lacustres de l’écorégion sontdiffusés de manière discontinue ou ponctuelle. Il fautdonc garantir des conditions écologiques maximalesdans les bassins hydrographiques accueillant deshabitats forestiers ripariaux et des espèces de poissonsendémiques et autochtones.Objectif 4. <strong>La</strong> migration de la faune (oiseaux,chiroptères, grands pélagiques, lépidoptères etpoissons d’eau douce) représente un phénomène quia lieu sur l’ensemble de l’écorégion et qui subit unemenace spécifique. Il est donc fondamental d’assurerla fonctionnalité de l’écorégion pour les espècesmigratrices.Objectif 5. Le système des îles méditerranéennes depetites dimensions représente un contexte territorial etécologique de grande importance pour la biodiversitéde l’écorégion. Les écosystèmes insulaires, quiaccueillent des espèces endémiques de flore, dereptiles et de micro-mammifères, se caractérisent pardes habitats très vulnérables. Ces réalités exigeraient lamise en place de modèles socio-économiques pouvantreprésenter des modes de gestion des ressources etune protection de la biodiversité alternatifs.Objectif 6. Beaucoup des valeurs de biodiversitéd’intérêt écorégional sont, pour des raisons historicobiologiques,distribuées de manière fragmentaire,comme par exemple les zones où se développe uneflore endémique, où vivent des animaux peu vagiles, leszones humides, les dunes côtières, les zones marinesprotégées et les milieux hypogés. Ces valeurs doiventêtre protégées par le biais de la création et surtout parla gestion d’un système fonctionnel de zones protégéeset par l’entrée dans le réseau des sites Natura 2000.Objectif 7. En Méditerranée centrale existent des zonesmarines étendues de grande valeur pour la biodiversité,appelées sanctuaires: le bassin nord-tyrrhénien et lecanal de Sicile. Leur institution et leur gestion effectivefonctionnelle est stratégique pour la biodiversité.Objectif 8. <strong>La</strong> protection de nombreuses espècesmarines de poissons, de mammifères et de reptilesest à risque, en raison d’une exploitation intensiveet irrationnelle de la pêche. <strong>La</strong> recherche de formesd’exploitation du poisson compatible avec laconservation des écosystèmes est un objectif prioritaire.Conditions essentiellesL’ensemble de ces objectifs stratégiques deconservation, déclinés en un nombre minimum maissuffisant d’objectifs opérationnels puis d’actions,représente la stratégie de conservation écorégionale.Il existe néanmoins des conditions essentielles pouratteindre ces huit objectifs, des conditions transversalesqui, dans le cas où elles ne seraient pas garanties,pourraient compromettre la réalisation de chacun desobjectifs de protection de la biodiversité.Un investissement sérieux et continu est nécessairepour affirmer la valeur de la biodiversité, à traversun travail structuré en termes d’éducation et desensibilisation.Il est également nécessaire de développer un plande monitorage cohérent identifiant bien les objectifsà atteindre et les actions à engager, afin de garantirle contrôle de l’efficacité des plans de conservation.Chaque objectif doit être décliné en déterminant desindicateurs d’efficacité et de monitorage précis.Il faut par ailleurs tenir compte de facteurs qui ont uneffet sur une échelle plus vaste encore que l’écorégion,en premier lieu les changements climatiques. Lesplans de conservation écorégionaux doivent prendreen compte des objectifs et des actions permettant demodérer et de définir des stratégies d’adaptation parrapport aux effets.Il faut enfin investir pour la création d’une nouvelleculture de la conservation, fondée sur la protectiondes “espaces prioritaires”, avec une approche quiconsidère dans une juste mesure la dimension humaineet les processus de participation.In brief les éléments transversaux contextuels sont:• Développer les activités de sensibilisation etd’éducation pour promouvoir et favoriser la réalisationdes objectifs de conservation.• Développer un plan de monitorage cohérent avec lesobjectifs et actions déterminés.• Les changements climatiques représentent une descauses principales de la perte de biodiversité. Cethème devra inspirer toute la stratégie écorégionalepour définir les plans de conservation.• Créer une nouvelle culture de la conservation visant àpréserver les “espaces prioritaires” étendus.• Lors du développement de la stratégie deconservation, prendre en compte la dimensionhumaine, à savoir le niveau de partage et la perceptiondes valeurs que l’on souhaite protéger.• Développer des stratégies de conservation de labiodiversité à travers des formes de participation.


17. Glossario© wwf-canon / m. terrettaz168169Analisi socio-economica<strong>La</strong> <strong>Conservazione</strong> Ecoregionale si basa sullacostruzione di una Biodiversity Vision, ovvero di unamigliore prospettiva dello stato <strong>della</strong> biodiversitànell’ecoregione. Gli obiettivi e le priorità diconservazione sono valutati e misurati in relazioneai fattori socio-economici che influenzano lo stato diconservazione <strong>della</strong> biodiversità. Con la <strong>Conservazione</strong>Ecoregionale non vengono solo fissati obiettivi a lungotermine, ma anche misurata le possibilità di raggiungerli.L’analisi socio-economica permette di descrivere ifattori che entrano in gioco nella conservazione <strong>della</strong>biodiversità (demografia, uso del suolo, infrastrutture,ecc.) sia nella fase di Biodiversity Vision che in quella direalizzazione del Piano di <strong>Conservazione</strong>.Aree prioritarieNello sviluppo del Processo di <strong>Conservazione</strong>Ecoregionale vengono individuate le priorità diconservazione attraverso la mappa delle aree prioritarieche mettono in evidenza le aree con i livelli più elevati dibiodiversità e che richiedono prioritariamente l’impegnodi tutela. Attraverso la tutela di queste aree chiave siintende garantire la biodiversità e i processi ecologicinell’intera ecoregione.Azione urgenteLo sviluppo del Processo di <strong>Conservazione</strong>Ecoregionale richiede impegno, risorse e tempo. Nelfrattempo può essere necessario intraprendere subitodelle attività per arginare incombenti fattori di minaccia<strong>della</strong> biodiversità o per cogliere delle opportunitàdi carattere strategico o economico. Le “azioniurgenti” dovrebbero comunque fornire un contributoallo sviluppo del Processo (permettendo ad es. diapprofondire alcune problematiche).Biodiversity Vision<strong>La</strong> Biodiversity Vision è il primo prodotto del Processodi <strong>Conservazione</strong> Ecoregionale. Rappresenta il migliorescenario dello stato <strong>della</strong> biodiversità nell’ecoregionea lungo termine. Con questo documento si fissano gliobiettivi e le priorità, di conservazione dell’ecoregione.BiopermeabilitàSono definiti “biopermeabili” gli ambiti territoriali noninteressati da urbanizzazioni o da forme d’uso antropicointensivo, ivi compresi gli usi agricoli industriali.Ecoregione Mediterraneo CentraleIl Bacino Mediterraneo è stato individuato comeun’unica grande ecoregione prioritaria, una delleGlobal 200. Attraverso un lavoro di analisi svoltodall’Ufficio di Programma Mediterraneo del WWFInternazionale (WWF MedPO), si è arrivati a suddividerequesta ecoregione in 20 sub-ecoregioni omogenee.L’Ecoregione Mediterraneo Centrale include parte <strong>della</strong>Penisola italiana, la Sicilia, la Sardegna, la Corsica,Malta, le piccole isole e il mare circostante.EcoregioneUn’ecoregione è una unità territoriale, terrestre e/omarina relativamente estesa che contiene un insiemeomogeneo e unico di ecosistemi, che hanno in comuneun numero significativo di specie, di processi ecologicie di condizioni ambientali, e che possono essere gestiticome un’unica unità di conservazione.Global 200A partire dal 1993, il WWF ha coordinato un autorevolee ben rappresentativo gruppo di lavoro internazionaleche ha avuto come compito la classificazione ecologicadell’intera superficie del globo terrestre su basefitogeografica. Tale lavoro, noto come Global 200Iniative ha portato alla produzione dell’Atlante delleEcoregioni Terrestri.PartnerNel Processo di <strong>Conservazione</strong> Ecoregionale applicatoall’Ecoregione Mediterraneo Centrale, i partner sonocoloro che sostengono e accettano di sostenerel’impegno di condurre una parte del Processo. Possonofornire un supporto mettendo a disposizione esperti odati. Potranno anche partecipare all’applicazione di unaparte del Piano di <strong>Conservazione</strong> Ecoregionale, attuandodirettamente progetti e attività che contribuiscono alraggiungimento degli obiettivi ecoregionali.Piano di Azione delle aree prioritarieDefiniti obiettivi e priorità di conservazione a scalaecoregionale, si passa allo sviluppo del Piano di<strong>Conservazione</strong> Ecoregionale e dei Piani di Azione dellesingole aree prioritarie. Questi piani, rappresentano glistrumenti che descrivono le singole azioni necessarieper raggiungere gli obiettivi descritti nella BiodiversityVision alla scala delle singole aree prioritarie,individuando nel dettaglio valori di biodiversità, fattorisocio-economici e stakeholder a questa scala.Piano di <strong>Conservazione</strong> Ecoregionale<strong>La</strong> definizione di questo documento rappresenta percerti versi il punto di arrivo del Processo ERC; è ilmomento in cui vengono concordate con partner estakeholder le azioni necessarie per raggiungere gliobiettivi a lungo termine a scala ecoregionale. Il Piano di<strong>Conservazione</strong> Ecoregionale rappresenta però anche unpunto di partenza; è infatti il momento in cui inizia la suaapplicazione e il processo di monitoraggio attraverso ilquale si misurano i successi rispetto al raggiungimentodegli obiettivi.Processo di <strong>Conservazione</strong> Ecoregionale (ERC)Il termine “Processo” indica un percorso cheviene intrapreso per fissare priorità e obiettivi diconservazione e sviluppare un Piano che prevede tuttele azioni necessarie per conseguirli. <strong>La</strong> <strong>Conservazione</strong>Ecoregionale si basa su obiettivi a lungo termine,su una scala spaziale ampia, fissati attraverso unprocesso partecipato che mira a coinvolgere partnerse stakeholders. Il grande valore <strong>della</strong> <strong>Conservazione</strong>Ecoregionale è rappresentato dall’atteggiamento “proattivo”(propositivo), rispetto a quello “reattivo” (reazionealle minacce) caratteristico <strong>della</strong> conservazionetradizionale.Reversibilità ambientaleEsprime l’esigenza di “energia” politica, tecnologicae finanziaria, necessaria a riportare una determinataporzione di suolo nelle condizioni di naturalità che ilsuolo interessato assumerebbe spontaneamente selasciato in evoluzione libera per un arco indefinito ditempo e in ogni caso coerenti con lo standard biologico,geomorfologico e fitoclimatico <strong>della</strong> ecoregione in cui sisitua geograficamente.Specie focaliNel Processo ERC, le specie focali sono quelle specieche risentono maggiormente dei fattori di minacciaesistenti nell’ecoregione e d’altra parte sono le più“reattive” alle azioni di conservazione messe in campo.Permettono in questo modo di monitorare l’evoluzionedei processi di degrado e perdita di biodiversità, nonchél’efficacia del Piano di <strong>Conservazione</strong> Ecoregionale.Il concetto di specie focale include spesso altri treconcetti base <strong>della</strong> Biologia <strong>della</strong> <strong>Conservazione</strong> cheriguardano le specie: le specie chiave, quelle cherivestono un ruolo ecologico strategico, le specieombrello, che occupando grandi territori permettono ditutelare intere comunità animali e vegetali e le speciebandiera, quelle specie che possono essere utilizzateper azioni di comunicazione e marketing.StakeholderLetteralmente i “portatori di interesse”. Nel Processodi <strong>Conservazione</strong> Ecoregionale, sono quei soggettisenza i quali è improbabile o impossibile raggiungeregli obiettivi di conservazione. Gli stakeholder hannointeressi o rivendicano diritti che devono essereconsiderati nella pianificazione delle azioni diconservazione. Gli stakeholder possono non avere glistessi interessi istituzionali del WWF, ma esercitanoun ruolo determinante nella gestione di una risorsao un’area (es. le associazioni di categoria, il mondovenatorio, le istituzioni, ecc.).


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