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Le normative "verticali" - Ordiniveterinaripiemonte.it

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LE NORMATIVE “VERTICALI” NEL CONTESTO DELLAEVOLUZIONE DELLA NORMATIVA VERSO UNA AUTORITA’EUROPEA E NAZIONALE DELLA SICUREZZA ALIMENTARE.La normativa concernente le corrette modal<strong>it</strong>à ed il controllodelle fasi di produzione e distribuzione degli alimenti di origineanimale è caratterizzata dalla presenza di un numerosa schiera di atti d<strong>it</strong>ipo “verticale”, ovvero rifer<strong>it</strong>i a singoli e ben caratterizzati compartiproduttivi. Questa impostazione normativa, attualmente vigente ma,come vedremo, in corso di superamento, rappresenta un passo nellaevoluzione dei motivi ispiratrici di fondo del legislatore comun<strong>it</strong>ario edella progressiva trasformazione della Comun<strong>it</strong>à Europea da ent<strong>it</strong>àfondamentalmente basata su uno spazio economico comune ad unoStato un<strong>it</strong>ario basato su evoluti ed avanzati principi di civiltà.L’esame di queste <strong>normative</strong> non può prescindere da una attentavalutazione della evoluzione del concetto di “igiene e sicurezzaalimentare”, informativo delle stesse norme e del loro sviluppo.Si tratta di tematiche che inferiscono infatti su uno dei pilastri delnostro tessuto sociale europeo. Attualmente nella Unione Europea (UE)l’industria degli alimenti e delle bevande è uno dei principali settoriindustriali con una produzione pari quasi a 600 miliardi di Euro, vale adire il 15% dell’output manifatturiero complessivo. Da un raffrontointernazionale emerge che l’UE è il maggior produttore al mondo diprodotti alimentari e bevande, con più di 2,6 milioni di lavoratori, il30% dei quali occupati in piccole medie imprese 1 .Di pari passo allo sviluppo di questo settore economico portante,si è evoluto il concetto stesso di “alimento” e di “sistema produttivo” adesso correlato, parallelamente alle nuove istanze determinatesi dallaevoluzione della civiltà europea.Sin dalla nasc<strong>it</strong>a della Comun<strong>it</strong>à Economica Europea (CEE) con iltrattato di Roma del 1957 la liberalizzazione degli scambi commerciali èstato uno degli obiettivi primari (art 30 del Trattato). D’altra partel’aspetto “igienico” non era avvert<strong>it</strong>o come una necess<strong>it</strong>à primaria:prevaleva l’urgenza della “quant<strong>it</strong>à” sulla qual<strong>it</strong>à”.Fra i primi anni ’60 e la metà degli anni ’80 il legislatore europeoriservava l’attiv<strong>it</strong>à della tutela della salute dei c<strong>it</strong>tadini ai singoli statimembri, dedicandosi soprattutto alla normazione relativa agli aspett<strong>it</strong>ecnici delle produzioni alimentari, le cosiddette “leggi ricetta” 2 , spessoostacolo alla libera circolazione delle derrate alimentari per la divers<strong>it</strong>àdelle disposizioni nazionali in materia. Nel nostro paese il concetto diautorizzazione e di controllo della produzione alimentare trova unaprima organica sistemazione giuridica con la legge 30 aprile 1962 n.283ma il regolamento di attuazione entra in vigore ben 18 anni dopo 3 . 1 Libro bianco sulla sicurezza alimentare COM(1999) 719 defin<strong>it</strong>ivo2 “La riforma della normativa comun<strong>it</strong>aria sull’igiene delle produzioni alimentari:dall’autocontrollo alla sicurezza alimentare”.Rubino V<strong>it</strong>o, Dir<strong>it</strong>to&Dir<strong>it</strong>ti, www.dir<strong>it</strong>ti.<strong>it</strong>, aprile2002. Giulio Ottaviano Edizioni.3 D.P.R. 26 marzo 1980 n. 327


Alla libera circolazione degli alimenti nella comun<strong>it</strong>à siopponevano anche altre cr<strong>it</strong>ic<strong>it</strong>à.In primo luogo l’eterogene<strong>it</strong>à delle legislazioni nazionali deipaesi membri.In secondo luogo un fondamentale e diverso modo di concepirela qual<strong>it</strong>à a livello nazionale. Per i paesi nordici ed anglosassoni laqual<strong>it</strong>à è legata alla sicurezza del prodotto, alle caratteristichenutrizionali ed alla conform<strong>it</strong>à a determinati parametri di standardproduttivi. Nei paesi dell’area med<strong>it</strong>erranea la qual<strong>it</strong>à degli alimenti èinscindibile alle tradizioni del terr<strong>it</strong>orio, alla tradizional<strong>it</strong>à del processoproduttivo ed al talento dell’uomo.Inoltre in ogni stato membro esistevano norme tecniche emanateda enti di normazione, riconosciuti giuridicamente, per la codificazionedi specifiche sulle caratteristiche costruttive dei prodotti al di fuori deiristretti amb<strong>it</strong>i aziendali 4 .Per superare questi ostacoli il legislatore comun<strong>it</strong>ario si producein uno sforzo normativo immenso nel tentativo di creare un“europrodotto” che, uniformato in amb<strong>it</strong>o comun<strong>it</strong>ario nei caratteriproduttivi e qual<strong>it</strong>ativi essenziali, potesse circolare liberamente in tutti iPaesi dell’unione. In tal senso va letta la risoluzione 85/C136/01 del 7maggio 1985, nella quale la Comun<strong>it</strong>à europea ha defin<strong>it</strong>o il “nuovoapproccio della pol<strong>it</strong>ica di armonizzazione”. In questa sede si punta aduna armonizzazione normativa rifer<strong>it</strong>a al mutuo riconoscimento delleregole tecniche volontarie (certificazioni UNI EN ISO). Dall’altra sidecide di armonizzare progressivamente, mediante regole tecnichecogenti sia orizzontali a carattere generale, ma soprattutto in una primafase, verticali rifer<strong>it</strong>e a singoli comparti, i requis<strong>it</strong>i essenziali di qual<strong>it</strong>àche i prodotti devono avere per poter essere immessi sul mercato.Secondo una presumibile valutazione preventiva dell’impatto edei rischi offerti dalle varie matrici alimentari, gli alimenti di origineanimale sono stati uno dei primi comparti produttivi oggetto di unaradicale e profonda trasformazione. I servizi veterinari europei hannodovuto in pochi anni mutare in maniera copernicana i propri modi dioperare sul terr<strong>it</strong>orio e di intendere i propri fini ist<strong>it</strong>uzionali.Mutamento di ruolo ancora in essere, che dovrà trovare ancora modi etempi di discussione e di confronto, trovando più efficaci sistemi dicoordinamento nazionale e regionale proporzionali al valore sociale deicomp<strong>it</strong>i attribu<strong>it</strong>i in amb<strong>it</strong>o comun<strong>it</strong>ario.<strong>Le</strong> difficoltà incontrate lungo questo percorso sono state molte. Illegislatore comun<strong>it</strong>ario a fronte della estrema eterogene<strong>it</strong>à della realtàsu cui operare, in questa fase utilizza in massima parte lo strumentodelle direttive alle quali i vari paesi avrebbero dovuto uniformarsi in unarco di tempo prestabil<strong>it</strong>o, anche secondo cr<strong>it</strong>eri di flessibil<strong>it</strong>à sia neimodi che negli strumenti legislativi nazionali adottati.Si assiste peraltro, al fine di preservare il tessuto sociale edeconomico secondo un cr<strong>it</strong>erio non esplic<strong>it</strong>ato ma presente di 4 Cfr. “<strong>Le</strong> pol<strong>it</strong>iche comun<strong>it</strong>arie e nazionali per la qual<strong>it</strong>à”. Sabrina Giuca, Inea.<strong>it</strong>.


“sostenibil<strong>it</strong>à” del sistema dal forte impatto economico derivatodall’adeguamento delle strutture ai dettami comun<strong>it</strong>ari, ad una sceltapragmatica di definizione di un doppio cr<strong>it</strong>erio della qual<strong>it</strong>à e dellasicurezza degli alimenti presenti sul terr<strong>it</strong>orio della comun<strong>it</strong>à. Infattivengono esclusi dall’obbligo di uniformarsi agli standard europeidefin<strong>it</strong>i dalle <strong>normative</strong> verticali tutti gli alimenti prodotti al fine dellacessione diretta ad un “consumatore finale” stabil<strong>it</strong>o in una accezioneestremamente ampia, comprendendo ai sensi del d.lvo 27 gennaio 1992n. 109 5 anche mense e collettiv<strong>it</strong>à.Sempre nell’ottica di una salvaguardia del tessuto produttivosoprattutto meno industrialmente avanzato e marginale, ma non perquesto trascurabile nell’economia di vari paesi quale il nostro,nell’amb<strong>it</strong>o di numerose direttive verticali vengono defin<strong>it</strong>i dei cr<strong>it</strong>eri diproduzione a capac<strong>it</strong>à lim<strong>it</strong>ata, caratterizzati da standard impiantistici eproduttivi meno stringenti, correlati ad un minor quant<strong>it</strong>ativo diprodotto finale e/o alla lim<strong>it</strong>azione della commercializzazione al soloterr<strong>it</strong>orio nazionale.Si rileva però che queste deroghe riguardavano specificatamentei requis<strong>it</strong>i strutturali e impiantistici delle un<strong>it</strong>à produttive, ma mai icr<strong>it</strong>eri minimi della qual<strong>it</strong>à igienica degli alimenti prodotti.Non ha caso insieme alle direttive verticali di compartoproduttivo, il legislatore europeo si preoccupa di emanare una delleprincipali direttive a carattere trasversale, la direttiva 79/112/CEE delConsiglio del 18 dicembre 1978 poi modificata dalla ulteriore direttiva89/0395/CEE e recep<strong>it</strong>a con il d.lvo 27 gennaio 1992, n. 109,concernente l’etichettatura, la presentazione e la pubblic<strong>it</strong>à dei prodottialimentari in senso lato. I dettami di questa norma si affiancano a quelliemanati dai vari dispos<strong>it</strong>ivi verticali, integrandosi a vicenda.L’europrodotto non avrebbe potuto essere senza un denominatorecomune di riconoscibil<strong>it</strong>à in tutto il terr<strong>it</strong>orio dell’unione, volto sia aprevenire, dietro la responsabil<strong>it</strong>à del produttore, l’immissione sulcommercio di prodotti pericolosi o fraudolenti, sia a creare dellecondizioni di garanzia del consumatore, individuato da tale normacome soggetto primo da tutelare. Sforzo normativo ancora in corso,come testimoniano le varie circolari nazionali recentemente emanate intema di etichettatura e la ulteriore direttiva 2000/13/CE del Parlamentoeuropeo e del Consiglio del 20 marzo 2000, relativa al riavvicinamentodelle legislazioni degli stati membri concernenti l’etichettatura e lapresentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblic<strong>it</strong>à.L’art. 30 del Trattato non permette che si impongano divieti orestrizioni da parte di uno stato membro al commercio intracomun<strong>it</strong>ariodi alimenti, se non giustificati da motivi di tutela della salute e dellav<strong>it</strong>a delle persone o degli animali. Ma tali motivi non devono cost<strong>it</strong>uirediscriminazione arb<strong>it</strong>raria per la tutela del singolo stato. 5 D.L.vo n.109 del 27.1.1992 (GU n.39 del 17.2.1992 SO n.31 Rett. GU n.49del 28.2.1992) Circolare n.3303/C del 23.2.1993 (GU n.59 del 12.3.1993)


Processo questo che non è stato immune da difficoltà, soprattuttoper i diversi modi di intendere la qual<strong>it</strong>à di un alimento nelle varie areedell’unione, con una certa tendenza iniziale, sull’urgenza anche dicreare lo spazio comune di interscambio europeo, di far prevalere sulletipic<strong>it</strong>à tipiche dell’area med<strong>it</strong>erranea la visione nordica della qual<strong>it</strong>àdell’alimento in quanto tale, prevalentemente nutrizionistica eproduttiva, non percep<strong>it</strong>o come uno, e non ultimo, dei valori delconsesso civile.Tutto ciò ha portato la Corte di Giustizia Europea a stabilire convarie sentenze, a cominciare dalla nota Cassis de Dijon, il principio delmutuo riconoscimento dei prodotti tra i vari stati membri, che poi hainvest<strong>it</strong>o tutto il dir<strong>it</strong>to internazionale. Con il Trattato di Marrakech taleprincipio viene infatti esteso a tutto i paesi aderenti all’OrganizzazioneMondiale del Commercio (World Trade Organization, WTO).Nel nostro paese i vari settori inerenti la produzione e ladistribuzione degli alimenti di origine animale hanno sub<strong>it</strong>o unprofondo processo di rinnovamento, manifestando veloc<strong>it</strong>à diadeguamento diverse per i singoli comparti.Significativo il caso del settore delle carni avicole, nel quale ilnostro paese realizza la piena autosufficienza per il mercato interno consignificative quote di export, realizzando tipologie di prodotti di altavalenza nutrizionale, igienica e di qual<strong>it</strong>à merceologica. In questo casoil legislatore nazionale, sulla scorta delle direttive comun<strong>it</strong>arie, con ilDecreto del Presidente della Repubblica dell’8 giugno 1982 n. 503 6 ,traccia un quadro caratterizzato da un<strong>it</strong>à produttive a carattereindustriale, stabilendo di fatto la chiusura indiscriminata di tutte lepiccole realtà produttive rurali. La nuova legge quadro rappresentatadal Decreto del presidente della Repubblica 10 dicembre 1997 n. 495 7 ,recepimento della direttiva 92/116/CEE che modifica la 71/118/CEE,reintroduce lo stabilimento a capac<strong>it</strong>à lim<strong>it</strong>ata per un<strong>it</strong>à produttive finoa 150000 capi annui macellati o a tre tonnellate settimanali di prodottosezionato, sia riconoscendo una giusta gradual<strong>it</strong>à ai requis<strong>it</strong>i strutturalied impiantistici richiesti a seconda della capac<strong>it</strong>à produttiva espressa,sia riconoscendo piena leg<strong>it</strong>tim<strong>it</strong>à comun<strong>it</strong>aria al prodotto tipico<strong>it</strong>aliano, ovvero sia il pollo fresco parzialmente sviscerato con testa ezampe. Ai sensi dell’art. 4 dello stesso DPR, vengono reintrodotte lepiccole realtà produttive a carattere rionale fino a 10000 capi annuimacellati, con commercio lim<strong>it</strong>ato al terr<strong>it</strong>orio della ASL diappartenenza e autorizzati dal Sindaco ai sensi <strong>Le</strong>gge 283/62 8 .Spesso per i servizi veterinari impegnati sul campo sia nellaveste di controllori ma anche di informatori ed educatori nel processodi ristrutturazione generale del tessuto produttivo, le deroghe concessenel contesto delle direttive comun<strong>it</strong>arie e relative leggi di recepimento 6 DPR 8 giugno 1982 n. 503 G.U. 5.08.1982 n. 2147 DPR 10 dicembre 1997 n. 495 GU n.20 del 26.1.1998 Rett. GU n.61 del 14.3.20008 Analoga possibil<strong>it</strong>à è anche ammessa per la macellazione dei conigli ai sensi DPR n.559 del30.12.1992 (GU n.28 del 4.2.1993 SO).


sono state uno strumento v<strong>it</strong>ale per difendere, leg<strong>it</strong>timare e valorizzareproduzioni marginali ma tipiche del contesto terr<strong>it</strong>oriale e regionale neiquali operavano. Attiv<strong>it</strong>à spesso volontaria ma preziosa, spesso noncoordinata e contradd<strong>it</strong>oria in mancanza di un adeguato contesto dicoordinamento nazionale e regionale ed in un quadro di inizialedisinteresse del legislatore comun<strong>it</strong>ario verso le tipic<strong>it</strong>à regionali.E’ questo il caso rappresentato sia dal d.lvo 18 aprile 1994 n. 286 9“attuazione delle direttive 91/497/CEE E 91/498/CEE concernenti iproblemi san<strong>it</strong>ari in materia di produzione ed immissione sul mercatodi carni fresche, sia dal d.lvo 30 dicembre 1992 n. 537 10 attuazione delladirettiva 92/5/CEE relativa a problemi san<strong>it</strong>ari in materia diproduzione e commercializzazione dei prodotti a base di carne e dialcuni prodotti di origine animale, che normano il complesso universodella produzione e trasformazione delle carni. In tutte e due i decretilegislativi si inserisce il concetto di un<strong>it</strong>à produttiva a capac<strong>it</strong>à lim<strong>it</strong>ata,riconoscendo alle regioni capac<strong>it</strong>à regolamentativi in tal senso. LaRegione Toscana ha infatti il Decreto della Giunta Regionale 25 ottobre1994 n. 1573 sui macelli e sezionamenti a carni rosse a capac<strong>it</strong>à lim<strong>it</strong>ata.In queste norme troviamo una puntigliosa descrizione dei cr<strong>it</strong>eristrutturali ed impiantistici dello standard europeo delle “nuove” un<strong>it</strong>àproduttive. Cr<strong>it</strong>eri spesso anche esasperati, come nel contesto adesempio dei due decreti legislativi sopra menzionati, che hannorichiesto un grande impegno progettuale nella loro fattiva traduzioneed applicazione nelle nostre realtà. Parallelamente però ai corposiallegati tecnici caratteristici di queste <strong>normative</strong> verticali, si vadelineando un cr<strong>it</strong>erio di moderna e razionale progettazione delle un<strong>it</strong>àproduttive. Sarebbe stato infatti problematico applicare i più maturisistemi di controllo del flusso produttivo realizzati dalla applicazionegeneralizzata del sistema HACCP, su una realtà industriale noncaratterizzata da cr<strong>it</strong>eri strutturali, impiantistici e manageriali uniformie razionali.Si introducono i concetti operativi di lay-out produttivo, disistema caratterizzato da un avanzamento progressivo delle matricialimentari prevenendo incroci irrazionali delle merci e del personale, digestione e controllo dei flussi delle merci in arrivo ed in partenza.Nell’amb<strong>it</strong>o degli allegati delle varie <strong>normative</strong> verticali si definisconoparametri igienico-san<strong>it</strong>ari standard delle varie matrici alimentari, conprecisi e caratterizzati sistemi di controllo, campionamento e valutazione. Sistemi di valutazione e campionamento per altro incontinua evoluzione per effetto di vari atti normativi comun<strong>it</strong>arisuccessivi 11 .9 D.Lvo n.286 del 18.4.1994 (GU n.111 del 14.5.1994 SO n.75)10 D. Lvo n 537 del 30.12.1992 (GU n.7 del 11.1.1993 SO n.5)11 Vedasi a t<strong>it</strong>olo di esempio i nuovi cr<strong>it</strong>eri di campionamento di varie matrici alimentaricome espressi dalla Direttiva 2001/22/CE del 8 marzo 2001 (GUCE L 77 del16.03.2001) o i cr<strong>it</strong>eri sanc<strong>it</strong>i in amb<strong>it</strong>o degli allegati del d.lvo n.531 del 30.12.1992(GU n.7 del 11.1.1993 SO n.5, GU n.175 del 29.7.1998) concernente il settore deiprodotti della pesca. Da non dimenticare il regolamento comun<strong>it</strong>ario n. 466/2001


Per dare compimento ed efficacia a questo sistema di norme, nelquadro di un sistema di garanzie comuni e costanti offerte alconsumatore, viene introdotta la figura del veterinario ufficiale, ovverodi un funzionario veterinario con funzioni pubbliche di controllo, chegarantisce la supervisione sulle un<strong>it</strong>à produttive al fine di verificare ilmantenimento dei prerequis<strong>it</strong>i strutturali, impiantistici e di gestioneigienico-san<strong>it</strong>aria degli stabilimenti da parte delle imprese. In casopos<strong>it</strong>ivo il controllo pubblico “certifica” sia lo stabilimento che ilprodotto con “un bollo san<strong>it</strong>ario” che ne permette la libera circolazionein amb<strong>it</strong>o commerciale. Bollo san<strong>it</strong>ario che in Italia è diversificato permatrice alimentare a differenza di altri paesi europei dove si certifical’un<strong>it</strong>à produttiva in toto.La figura del veterinario ufficiale deve essere intesa come unesempio di funzionario pubblico al quale viene affidato un potere eduna responsabil<strong>it</strong>à notevole e diretta, in un sistema di controllo chedeve essere rapido ed efficace e di alto livello professionale. In questaveste il veterinario è garante del rispetto di determinate norme a neiconfronti dei consumatori e del quadro generale di mutue garanziestabil<strong>it</strong>e in amb<strong>it</strong>o comun<strong>it</strong>ario. La diversa connotazione giuridica deiveterinari pubblici nei vari paesi comun<strong>it</strong>ari ha però determinato neltempo sfaldamenti nella rete dei controlli e delle garanzie realmenteeserc<strong>it</strong>ate. Non a caso nei paesi oggetto di impoverimentoindiscriminato dei sistemi san<strong>it</strong>ari di controllo come la Gran Bretagna ilpatrimonio zootecnico e produttivo è stato praticamente distrutto daemergenze planetarie quali la BSE o da pandemie animali. Attualmenterecenti <strong>normative</strong> comun<strong>it</strong>arie 12 mirano a stabilire i requis<strong>it</strong>i minimirichiesti ad un funzionario pubblico per essere certificatore, restandodelle notevoli difform<strong>it</strong>à sullo stato giuridico e sul livello professionalerichiesto ai funzionari veterinari nelle diverse aree dell’Unione.L’applicazione di norme comuni su un terr<strong>it</strong>orio così vasto haportato alla creazione di un area mondiale trainante sul mercatomondiale ed una cresc<strong>it</strong>a collettiva generalizzata del concetto stesso diproduzione alimentare. <strong>Le</strong> metodologie ed i cr<strong>it</strong>eri operativi applicatinella fase di attuazione nelle <strong>normative</strong> verticali si sonoprogressivamente affinate, per imporsi poi anche nella definizione delleprocedure di approccio ai restanti settori della produzione alimentare,preparando il campo alla applicazione della direttiva 93/43/CEErecep<strong>it</strong>a con d.lvo del 26.5.1997 n.155 13 . Per alcuni settori merceologiciquali il miele e la produzione e commercializzazione delle uova si èriusc<strong>it</strong>o ad ottenere rapidamente un quadro uniforme di garanzie come modificato dai regolamenti 221 e 472 del 2002 sui tenori massimi di talunicontaminanti presenti nelle derrate alimentari.12 Vedi Decreto 19 giugno 2000 n. 303 (GU 27.10.2000 n. 252) : Regolamento diattuazione della direttiva 96/93/CE relativa alla certificazione di animali e di prodotti diorigine animale.13 D.L.vo n.155 del 26.5.1997 (GU n.136 del 13.6.1997 SO n.118/L), modificatodall'art.10 della <strong>Le</strong>gge n.526 del 21.12.1999 (<strong>Le</strong>gge comun<strong>it</strong>aria 1999, GU n.13 del18.1.2000 SO n.15/L)


sanc<strong>it</strong>e dalla normativa su tutto il terr<strong>it</strong>orio dell’unione tram<strong>it</strong>e il piùrapido strumento dei regolamenti comun<strong>it</strong>ari, immediatamente cogenti.Con la direttiva 93/43/CEE si assiste ad un ulteriore evoluzionedell’approccio comun<strong>it</strong>ario alla garanzia della qual<strong>it</strong>à degli alimenti.Con questo atto il legislatore comun<strong>it</strong>ario vuole risolvere il problemarappresentato dalla esistenza di due livelli di salvaguardia della qual<strong>it</strong>àigienico-san<strong>it</strong>aria degli alimenti differenziati nell’amb<strong>it</strong>o dellacomun<strong>it</strong>à, conseguente alla introduzione delle <strong>normative</strong> verticali.Peraltro la direttiva 89/397/CEE, recep<strong>it</strong>a con d.lvo 3 marzo 1993n 123 14 , aveva iniziato il cammino volto a rendere uniformi nel terr<strong>it</strong>oriodell’Unione le modal<strong>it</strong>à ed i cr<strong>it</strong>eri del controllo ufficiale dei prodottialimentari, prevedendo da parte dell’organo di controllo unavalutazione complessiva di tutta l’un<strong>it</strong>à produttiva controllata e delleprocedure attivate dalla stessa al fine di “…di assicurare la conform<strong>it</strong>àdei prodotti …. Alle disposizioni dirette a prevenire i rischi per lapubblica salute, a proteggere gli interesse dei consumatore, tra cuiquelli inerenti la corretta informazione, e ad assicurare la lealtà delletransazioni commerciali.”Con l’estensione generalizzata del sistema Haccp come metododi controllo e verifica della filiera produttiva si delinea una precisascelta di campo da parte del legislatore comun<strong>it</strong>ario, con una nettadefinizione della responsabil<strong>it</strong>à dell’impresa produttrice. L’intera retedella produzione e della distribuzione degli alimenti viene interessatada un sistema di controlli incrociati e di garanzie reciproche, dove ilsistema pubblico di controllo interviene come supervisore ecertificatore, con forti poteri prescr<strong>it</strong>tivi per il miglioramento generaledelle realtà esaminate.Nelle varie direttive verticali, succedutesi nell’arco di undecennio, i richiami a sistemi di autocontrollo basati sul sistemaHACCP erano diversificati. Da vaghi richiami a controlli sullaproduzione da parte del responsabile dell’impresa, fino alla nettadefinizione del tipo di organizzazione di controllo da applicare comenella decisione della Commissione 94/356/CE del 20 maggio 1994relativa all’applicazione del sistema HACCP nell’amb<strong>it</strong>o di stabilimentiaddetti alla produzione, trasformazione e distribuzione dei prodottidella pesca.Al di là delle particolar<strong>it</strong>à delle singole norme verticali,l’applicazione della direttiva 93/43/CEE ha comportato un ulterioreimpulso dell’intero sistema, promosso anche dalla grandissimaattenzione rivolta dal legislatore comun<strong>it</strong>ario allo strumento dellaformazione aziendale, visto come strumento strategico nellapromozione del livello di salute collettiva. Questo aspetto, anche inragione delle ulteriori evoluzioni del quadro generale, richiedeall’organo pubblico di controllo un atteggiamento rinnovato di altolivello professionale, volto sia alla promozione che allo sviluppo di 14 ) D.L.vo n.123 del 3.3.1993 (GU n.97 del 27.4.1993)


sistemi formativi e di addestramento del personale delle impreseveramente “efficaci”.<strong>Le</strong> anal<strong>it</strong>iche disposizioni però presenti, come già nelle direttiveverticali, anche nella direttiva 93/43/CEE, ponevano ulteriormente ilproblema della difesa delle produzioni caratteristiche propriesoprattutto dell’area med<strong>it</strong>erranea, specie in paesi come Francia edItalia che basano gran parte della produzione su aziende di piccoladimensione ed a carattere artigianale.L’art. 7 della 93/43 poneva come unica clausola di salvaguardiaper queste produzioni tipiche una “facoltà” di specificazione delleregole contenute nell’allegato per i singoli stati membri, vincolandoperò quest’ultimi al mantenimento dello stesso rigore igienico. 15Importanti strumenti di deroga per la salvaguardia delleproduzioni tipiche a base di latte sono state due decisioni, la 96/536/CEe la successiva integrazione 97/284/CE 16 , tram<strong>it</strong>e le quali è statopossibile leg<strong>it</strong>timare produzioni quali i formaggi di fossa nei quali ilocali di maturazione possono essere rappresentati anche da paretinaturali. In base a questi dispos<strong>it</strong>ivi la normativa verticale DPR 54 del14 gennaio 1997 17 (Regolamento di recepimento delle direttive 92/46 e92/47/CEE in materia di produzione ed immissione sul mercato di lattee prodotti a base di latte) è stata affiancata anche da legislazioniregionali come la <strong>Le</strong>gge Regionale n. 1 della Regione Basilicata del 4gennaio 1999.Per dare organic<strong>it</strong>à alla leg<strong>it</strong>timazione dei prodotti tipici presentinella comun<strong>it</strong>à, peraltro oggetto nel nostro paese di quasi tutte le varie<strong>normative</strong> verticali esistenti, il legislatore affianca quest’ultime aspecifiche produttive basate su appos<strong>it</strong>i disciplinari riconosciuti in baseal Regolamento CEE del Consiglio 14 luglio 1992 n. 2081/92 18 , cheintroduce il registro delle denominazioni d’origine protette e delleindicazioni geografiche protette (DOP e IGP).A questo punto però la maggiore cr<strong>it</strong>ic<strong>it</strong>à del sistema europa èdovuta alla presenza contemporanea di un elevato numero di norme inmateria alimentare, spesso sovrapposte o addir<strong>it</strong>tura in contraddizione.Parallelamente a questo, la progressiva integrazione sociale, economicae culturale fra le varie aree della comun<strong>it</strong>à prosegue, arrivando allanasc<strong>it</strong>a della Comun<strong>it</strong>à Europea come stato federale basato su una seriedi valori condivisi, oltre che inteso come spazio economico comune.Sull’onda delle grandi emergenze quali la BSE e dei rischi, reali opercep<strong>it</strong>i come tali dalla società, derivati dall’utilizzo di nuove edinvasive tecnologie nella produzione degli alimenti (biotecnologie, 15 Cfr. “La vicenda dei prodotti agroalimentari tradizionali nel dir<strong>it</strong>to comun<strong>it</strong>ario enazionale” Rubino V<strong>it</strong>o, Dir<strong>it</strong>to&Dir<strong>it</strong>ti, www.dir<strong>it</strong>to.<strong>it</strong>, aprile 200216 Decisione 96/536/CE del 29.07.96 (GUCE L 230 11.09.96) e Decisione 97/284/CE(GUCE L 114 01.05.1997) nonché il D.M. 4.11.99 (GU 18.02.2000 n. 40):”Concessionedi deroghe agli stabilimenti che fabbricano taluni prodotti a base di latte avendicaratteristiche tradizionali”17 DPR 14 gennaio 1997 n. 54 (GU n.59 del 12.3.1997 SO n.54/L)18 Assieme al Regolamento 2082/92 su GUCE L 208 24.07.92


OGM), sotto la potente richiesta anche di una etic<strong>it</strong>à delle stesseproduzioni alimentari, l’atteggiamento del legislatore comun<strong>it</strong>arioevolve, recependo una visione dell’alimento e della sua produzione checomprende anche gli aspetti inerenti i suoi rapporti con il terr<strong>it</strong>orio diorigine, con l’ambiente, con le aspettative del consumatore e con lasostenibil<strong>it</strong>à del sistema. Della diversa prospettiva di approccio né è unesempio il Regolamento 2078/92 del 30 luglio 1992 19 relativo a metodidi produzione agricola compatibili con le esigenze di protezionedell’ambiente e dello spazio naturale, che prevede incentivi perl’utilizzazione di tecniche produttive più rispettose dell’ambiente.Contemporaneamente avviene una evoluzione dei mercati e si passa dauna produzione di massa ad una produzione differenziata, lim<strong>it</strong>ata eflessibile alle esigenze di mercato e di un consumatore che associasempre più il concetto di qual<strong>it</strong>à di un alimento a valorial<strong>it</strong>à salutistichee sociali da esso possedute.Con il libro verde della Commissione sui principi generali dellalegislazione in materia alimentare nell’Unione europea (COM (97) 176def.) si inizia un grande processo di discussione allargata inerentel’intero sistema della produzione e distribuzione degli alimenti , suisistemi di controllo ufficiale attivati e sulla legislazione san<strong>it</strong>ariaesistente, per definirne gli approcci di miglioramento e di evoluzione.Ci si interroga, sotto la spinta della globalizzazione dei sistemi e delleproduzioni, sul significato stesso di alimento e sulla sua definizione esu quale debba essere la nozione stessa di immissione di un alimentosul mercato.Con il Libro Bianco sulla sicurezza alimentare 20 e si definisconogli obiettivi per la risoluzione di questi problemi e si tracciano i binariper una ulteriore evoluzione sociale del concetto di igiene alimentare. Sipersegue una visione di alto livello salutistico e sociale, nella quale laCommissione sceglie di perseguire nell’unione un livello elevato d<strong>it</strong>utela della salute e di informazione dei consumatorinell’elaborazione della legislazione alimentare, nel quadro dellasussidiarietà e della sostenibil<strong>it</strong>à del sistema.Da notare che il problema della sicurezza e della tutela delconsumatore è oggetto di preciso impegno pol<strong>it</strong>ico e programmaticodell’unione che investe tutto l’insieme dei prodotti o dei servizi offertiai consumatori 21 , 22 .Con il regolamento CE 178 del 28 gennaio 2002 n. 178 23 si attuanogli obiettivi espressi dal Libro Bianco. Viene ormai superato il concettodella particolarizzazione delle aree di controllo tipica delle <strong>normative</strong> 19 Regolamento CE 2078/92 del 30.07.92 (GUCE L 215 30.07.92).20 Libro Bianco sulla sicurezza alimentare COM (1999) 719 def., Bruxelles 12.1.200021 Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 3.12.2001 2001/95/CE relativa allasicurezza generale dei prodotti (GUCE L11, 15.01.2002).22 Cfr. la Recentissima Comunicazione della Commissione :”Strategia della pol<strong>it</strong>ica deiconsumatori 2002-2006” Bruxelles, 7.05.2002 COM (2002) 208 def.23 Regolamento CE 28 gennaio 2002 n. 178 (GUCE L 31 del 1.3.2002) che stabilisce i principie i requis<strong>it</strong>i generali della legislazione alimentare, ist<strong>it</strong>uisce l’Autor<strong>it</strong>à europea per la sicurezzaalimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare.


verticali, per un’ottica di approccio completo ed integrato (“dallafattoria alla forchetta” come stabil<strong>it</strong>o dal Presidente della CommissioneOn. Prodi) alla filiera produttiva, dove acqua e mangimi animalidiventano parte integrante della filiera produttiva e di controllo.Si definiscono inoltre dei cardini nel perseguimento della pol<strong>it</strong>icaalimentare comun<strong>it</strong>aria, già in parte prefigurati nell’amb<strong>it</strong>o delle<strong>normative</strong> verticali ed orizzontali:1. Il concetto di sicurezza degli alimenti, nonché dei mangimianimali, immessi sul mercato con piena responsabil<strong>it</strong>à legale deiproduttori.2. Il concetto di analisi del rischio defin<strong>it</strong>o nelle sue componenti divalutazione, gestione e comunicazione.3. Una innovativa ed allargata definizione di alimento per il qualesi intende qualsiasi sostanza o prodotto trasformato,parzialmente trasformato o non trasformato, destinato ad essereinger<strong>it</strong>o, o di cui si prevede ragionevolmente che possa essereinger<strong>it</strong>o, da esseri umani.4. L’importantissimo principio di precauzione per garantire il livelloelevato di tutela della salute che la Comun<strong>it</strong>à persegue, nellemore di quegli accertamenti propri della ricerca scientifica ai finidi una esatta valutazione del rischio.5. Un atteggiamento democratico, sociale, allargato volto non soloalla tutela dei consumatori, ma anche alla consultazione ed allainformazione dei c<strong>it</strong>tadini nell’amb<strong>it</strong>o della elaborazione dellenorme in materia alimentare, riconoscendo il valore culturale,sociale, antropologico dell’alimento.6. La rintracciabil<strong>it</strong>à alimentare su tutta la filiera produttiva pergarantire un elevato livello di tutela e di informazione delconsumatore.7. La scelta strategico-pol<strong>it</strong>ica di ist<strong>it</strong>uire una autor<strong>it</strong>à alimentareeuropea di alto valore scientifico sull’esempio delle agenziealimentari esistenti in altre aree socialmente avanzate del pianeta(vedi la Center for Food Safety and Applied Nutr<strong>it</strong>ion (Cfsan) negliStati Un<strong>it</strong>i o la Canadian Food Inspection Agency (Cfia) in Canada).Autor<strong>it</strong>à che in maniera centralizzata ed efficiente puòraccogliere e vagliare le informazione proveniente da tutti i landsdell’unione, per proporre le soluzioni più adeguate e coordinateai problemi e per assicurare i sistemi di informazione piùcorretti. La Unione Europea sceglie non a caso lo strumento normativo delregolamento, come atto cogente immediato nei suoi passi fondamentalisu tutto il terr<strong>it</strong>orio dell’unione, potendo operare adesso su un terr<strong>it</strong>orioadeguatamente omogeneo. Di grande rilievo è che non si emanasolamente una norma tecnica, ma un atto legislativo strategico basatosu un progetto “pol<strong>it</strong>ico” di elevato valore sociale e culturale. Possiamoosservare che, dopo le grandi emergenze san<strong>it</strong>arie intercorse nella storia


ecente dell’Unione, la coscienza del valore san<strong>it</strong>ario dell’alimentazioneproprio di tanta buona scuola di San<strong>it</strong>à Pubblica di matrice <strong>it</strong>aliana, èstata riconosciuta ed accettata dalla comun<strong>it</strong>à nei suoi valori fondanti.Sulla scia della attuazione progressiva di tutti gli obiettivi del LibroBianco probabilmente avremo in futuro il totale superamento dellevarie <strong>normative</strong> verticali particolari assieme ai relativi riconoscimenticomun<strong>it</strong>ari particolari, per mezzo di codici unici, magari associati amanuali di buona pratica produttiva riconosciuti e accred<strong>it</strong>ati. Moltoprobabilmente il controllo, con potestà di certificazione delle un<strong>it</strong>àproduttive di conform<strong>it</strong>à ai requis<strong>it</strong>i sia strutturali che gestionalirichiesti dalla normativa comun<strong>it</strong>aria, verrà eserc<strong>it</strong>ato da organi dicontrollo integrati e multidisciplinari, attivi su tutta la filiera diproduzione degli alimenti a partire dagli stessi allevamenti animali,superando il bollo san<strong>it</strong>ario di settore attualmente vigente con un attodi certificazione di “qual<strong>it</strong>à” unico e uniforme in tutto lo Stato Europa.

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