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APRI FILE (formato .pdf) - Regione Toscana

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CATEGORIE PROTETTE E SOGGETTI DEL DISAGIOSOCIALE(Maggio 2001)Questo rapporto presenta i risultati di una indagine svolta dal Ciriec per contodell’Osservatorio Regionale sul Mercato del Lavoro (ORML) della <strong>Regione</strong><strong>Toscana</strong>, sotto la direzione di Massimo Pinchera, e con il coordinamentoscientifico di Leonardo Bargigli. Il testo è stato redatto da Leonardo Bargigli(§§ 1, 4, 5), Nicoletta Merli (§§ 2 e 3) e Walter Naldoni (§§ 3 e 4).Le interviste ai testimoni privilegiati sono state svolte da Nicoletta Merli eWalter Naldoni, che ha anche effettuato la ricerca dei dati statistici e realizzatol’analisi dei cluster.


Si ringraziano per avere acconsentito a rispondere alle nostre domande:Michele Andolfi (Cooperativa Sogno Telematico, Siena), Vincenzo Balatti (Associazione Cortedei Miracoli, Siena), Vittorio Baroncini (UIL, Arezzo), Altero Borgi (Associazione Sobborghi,Siena), Nicoletta Boris (WOW-Woman on Work, Tavarnelle Val di Pesa), Teresa Caldarola(<strong>Regione</strong> <strong>Toscana</strong>, Firenze), Paola Cappelli (Provincia di Prato–Centro per l’Impiego), GiorgioCartocci (CGIL, Arezzo), Manuela Cordaro (Provincia di Arezzo–Centro per l’Impiego), EmiliCrestini (CSA, Arezzo), Edoardo Paolo Dimauro (Ser.T., Arezzo), Ulisse Domini (CISL,Arezzo), Simone Fabbri (CGIL, Prato), Tiberio Favagrossa (Associazione Genitori ComunitàIncontro, Pistoia), Angelo Filipponi (Federsolidarietà T., CEART, Firenze), Enzo Filosa (CGIL,Pistoia), Carmine Fiorillo (Cooperativa sociale C.R.T., Centro di reinserimento Il Tempio,Pistoia), Antonella Franceschelli (<strong>Regione</strong> <strong>Toscana</strong>, Firenze), Andrea Franchi (Cooperativasociale Il Seminatore, Pistoia), Piero Gallorini (ANOLF-CISL, Arezzo), Massimo Gambassini(CGIL, Arezzo), Romeo Gatti (Punto informa lavoro detenuti, Firenze), Francesco Gigliotti(Centro di Solidarietà, Prato), Fabio Giovagnoli (Provincia di Prato), Giuseppe Gregori (CGIL,Prato), Alvaro Guiducci (Centro di Solidarietà, Firenze), Sandro Grossi (<strong>Regione</strong> <strong>Toscana</strong>,Firenze), Paola Irenei (ASL 10, Borgo S. Lorenzo), Stefano Leoni (Cooperativa socialeProgetto 5, Arezzo), Antonio Lucchesi (Associazione Insieme, Borgo S. Lorenzo), RobertoMancini (Cooperativa Impegno Sociale, Siena), Giovanni Manfredini (Ce.I.S., Lucca), SimonMargit (Cooperativa sociale ARCA, Firenze), Paolo Maroso (Cooperativa sociale La traccia,Consorzio Astir, Prato), Elisabetta Mazzetti (educatrice, Lucca)¸ Roberto Menozzi (Ser.T.,Arezzo), Michele Mezzacappa (<strong>Regione</strong> <strong>Toscana</strong>, Firenze)¸ Carlo Mori (Centro ascoltoimmigrazione, Arezzo), Stefano Mori (Centro ascolto immigrazione, Arezzo), BarbaraMoscone (ASL, Pistoia), Enrichetta Paoli (educatore di comunità, Pisa), Lia Presenti (Comunedi Arezzo), Lorenzo Rastrelli (Comune di Prato), Francesco Ravenni (Comune di Siena), SalahChfouka (Associazione AIMAC, Lucca), Anna Maria Samodei (Cooperativa sociale Arca,Firenze), Angelo Simontacchi (Provincia di Firenze), Agostino Soldini (ANMIC, Arezzo),Paolo Sonni (Cooperativa Melampo, Borgo S. Lorenzo), Mauro Tamburrino (CooperativaAbbaino, Firenze), Danila Tarquini (Centro Diurno Associazione S. Benedetto, Livorno),Valerio Verdiani (Provincia di Prato), Raffaele Vittori (Provincia di Prato - Centro perl’Impiego), Quamil Zejnati (Centro ricerche e servizi per l’immigrazione, Prato).


SOMMARIO1. Premessa 42. Per una definizione dei soggetti svantaggiati 82.1 Premessa: i soggetti svantaggiati nella normativa 82.2 La legislazione per il diritto al lavoro dei soggetti svantaggiati 132.2.1 La normativa italiana sul collocamento obbligatorio delle categorie protettee sui lavoratori portatori di handicap. 132.2.2 Gli altri soggetti del disagio occupazionale 222.3 Conclusioni 293. Disagio sociale e lavoro: profili e politiche 323.1 Premessa 323.2 Disabili e categorie protette 353.3 Immigrati 433.4 Tossicodipendenti 513.5 Detenuti 544. Disagio sociale e lavoro in <strong>Toscana</strong>: una mappatura regionale attraversole fonti statistiche 584.1 Introduzione 584.2 Analisi delle fonti disponibili 664.3 I risultati della mappatura del territorio regionale 694.3.1 Nota metodologica 694.3.2 Indicatori relativi al benessere socio-economico 724.3.3 Indicatori relativi alla presenza di soggetti svantaggiati 784.3.4 Indicatori relativi al mercato del lavoro 844.3.5 Disagio sociale e lavoro: mappa dei Comuni toscani 874.4 Conclusioni 97Appendice al capitolo: funzioni di appartenenza e cluster assegnati ai Comuni della <strong>Toscana</strong>99


5. Conclusioni 107Riferimenti bibliografici 111Appendice: la normativa internazionale sui soggetti svantaggiati 114A1. La normativa internazionale sull’inserimento lavorativo dei disabili 115A2. Normativa internazionale sul disagio occupazionale degli altri soggettidel disagio sociale 120Appendice: appartenenza dei Comuni toscani a SEL, SLL e ZSS 1262


INDICE DELLE TABELLETabella 1. Indicatori proposti per l’analisi della situazione socio-economica 64Tabella 2. Indicatori proposti per l’analisi delle espressioni del disagio sociale 65Tabella 3. Analisi socio-economica dei SEL - indicatori e fonti 67Tabella 4. Analisi della presenza dei soggetti svantaggiati- indicatori e fonti 68Tabella 5. SEL - funzioni di appartenenza per 2 cluster e cluster di appartenenza 73Tabella 6. Valori medi assunti dagli indicatori nei cluster 74Tabella 7. Sistemi Economici Locali - Analisi della varianza nei cluster ottenuti 76Tabella 8. Zone socio-sanitarie: funzioni di appartenenza e cluster di appartenenza 79Tabella 9. Valori medi assunti dagli indicatori nei 3 cluster 81Tabella 10. Tasso di disoccupazione per SLL (1996) 84Tabella 11. Mappa complessiva - valori medi degli indicatori assunti nei cluster - indice sumedia regionale (=100) 88INDICE DELLE FIGUREFigura 1. Dalla definizione del fenomeno sociale agli indicatori 59Figura 2. Classificazione sel - valori medi degli indicatori nei cluster, rispetto al valoremedio regionale (= 100) 75Figura 3. Classificazione della situazione socio-economica dei sel toscanirispetto al rischio di disagio sociale 77Figura 4. Classificazione zone socio-sanitarie - valori medi degli indicatori nei cluster,rispetto al valore medio regionale (= 100) 82Figura 5. Classificazione delle zone socio-sanitarie 83Figura 6. Classificazione dei sistemi locali del lavoro 86Figura 7. Classificazione dei Comuni - valori medi degli indicatori nei cluster, rispetto alvalore medio regionale (= 100) 91Figura 8. Classificazione finale dei Comuni 93Figura 9. Sovrapposizione tra la classificazione dei comuni ed i confini dei sistemi economicilocali 94Figura 10. Sovrapposizione tra la classificazione dei comuni ed i confini delle zone sociosanitarie95Figura 11. Sovrapposizione tra la classificazione dei comuni ed i confinidei sistemi locali del lavoro 96


1. PREMESSALa definizione compiuta del concetto di disagio sociale rappresenta unproblema di estrema complessità. Non a caso uno dei principali obiettivi delrapporto di ricerca su “Il disagio sociale in <strong>Toscana</strong>: ricerca esplorativa per ilmonitoraggio e le nuove politiche”, realizzato dal Ciriec per conto dell’Ormlnel 1998, era proprio quello di tracciare i connotati di tale situazionedall’insieme delle osservazioni raccolte e dalla discussione degli esperti.Alla luce dei risultati di tale indagine, è possibile definire come disagio socialela situazione -prolungata nel tempo- in cui il soggetto, per specifichecondizioni, non è in grado di utilizzare pienamente le proprie risorse e leopportunità offerte della società, e alternativamente e/o contemporaneamente siisola o suscita rigetto da parte della società stessa; si manifesta cioè comeproblema sociale per la soluzione del quale è opportuno, e talvoltaindispensabile, un intervento (Orml-Ciriec, 1998: 427). Quest’ultimo puntoappare fondamentale: si può infatti definire il disagio sociale come disagioindividuale collettivamente riconosciuto, ovvero giudicato meritevole diattenzione sociale sia per la sofferenza che caratterizza il soggetto sia per glieffetti negativi che può avere sulla società.Si tratta, evidentemente, di una definizione molto ampia. A ciò deveaggiungersi come sia impossibile individuare una sola causa determinante peruna situazione di disagio sociale. Ristrettezze economiche, difficoltà familiari,disoccupazione, malattie o invalidità, solitudine, età, sesso, carenze culturali,estraneità e immigrazione, tossicodipendenza, maltrattamenti, ecc. sono tuttecause che, combinandosi in varia maniera, possono dare origine a situazioni didisagio sociale.


Inoltre la distinzione tra causa e manifestazione di disagio non è netta come sipotrebbe immaginare. Un caso per tutti: la tossicodipendenza è sicuramente unacausa di disagio sociale; contemporaneamente, tuttavia, essa può risultare unrifugio per chi si fosse trovato in una precedente situazione di disagio -permotivi familiari, solitudine, malattia, ecc.-. In questo caso fenomeni di disagiopersonale preesistenti creano le condizioni per il manifestarsi di un disagiosocialmente riconosciuto -la tossicodipendenza, appunto-; ma quest’ultimo asua volta è in grado di agire -oltre che come fattore di autoperpetuazione acausa dell’assuefazione- come causa scatenante di ulteriori comportamentidevianti secondo un processo cumulativo.Il molteplice concatenarsi e l’azione reciproca dei fattori determinanti lasituazione di disagio sociale rende difficile una valutazione distinta del ruolodella condizione occupazionale individuale. A questo riguardo -pur con ilrischio di apparire banali- occorre preliminarmente osservare che:a. l’incapacità ad inserirsi nel mercato del lavoro è senza dubbio in molti casieffetto di problemi individuali preesistenti, legati alla propria condizionepsico-fisica -come nel caso dei disabili- o a fattori ambientali -esperienzafamiliare, come ad esempio maltrattamenti, e/o scolastica, come nel caso deidrop-out, e/o personale-, oppure ancora ad una combinazione di questi, sucui possono già essersi innestati comportamenti devianti -violenza,tossicodipendenza, etc.-;b. d’altra parte, tra le forme di rigetto dei soggetti devianti da parte del corposociale, l’esclusione dal mercato del lavoro è senza dubbio una delle piùefficaci, in quanto la dimensione lavorativa rappresenta nella societàoccidentale contemporanea -fatta astrazione dalle relazioni familiari, con lequali nel nostro Paese la prima è però spesso intrecciata- la dimensione5


sociale per eccellenza, sia in termini di relazioni interpersonali che diriconoscimento di status; l’esclusione dal mercato del lavoro può quindirappresentare di per sé un fattore causale di disagio sociale, sia rinforzandoe aggravando i comportamenti devianti, sia scatenando esso stesso -inassociazione o meno con altri fattori preesistenti- tali comportamenti per laprima volta.Se appare quindi una impresa ardua quella di individuare i nessi causali chegenerano l’esclusione dal mercato del lavoro, è d’altra parte possibile associarea tale condizione gruppi distinti di ulteriori manifestazioni di disagio, conl’obiettivo di approfondire la conoscenza di un insieme di profili di rischio deldisagio occupazionale, sotto il rispetto della condizione individuale e deiservizi offerti sul territorio.A tale fine è parso opportuno privilegiare, dal punto di vista metodologico,l’indagine qualitativa sul campo, condotta tramite la tecnica dell’intervistabasata su di un questionario semistrutturato, e rivolta a testimoni privilegiati siadelle istituzioni pubbliche -operatori e responsabili dei servizi socioassistenzialie dei servizi per l’impiego- che delle associazioni del terzo settore(§ 3). L’analisi diretta delle fonti statistiche non è infatti in grado, allo statoattuale, di fornire le approfondite informazioni necessarie per costruire unprofilo significativo dei soggetti interessati.Si è scelto quindi di seguire il percorso inverso: la definizione dei profiliqualitativi ha contribuito alla individuazione di un insieme di fattori rilevanti, lacui incidenza sul territorio è misurata tramite la costruzione di opportuniindicatori statistici basati sulle fonti esistenti (§ 4). I risultati dell’attività diindagine sono preceduti da una sintetica trattazione delle diverse norme disupporto all’inserimento lavorativo dei soggetti svantaggiati, con l’obiettivo di6


chiarire le peculiarità -e le complessità- sia del sistema dei servizi, sia dei datiamministrativi prodotti dai diversi Enti preposti agli stessi (§ 2).7


2. PER UNA DEFINIZIONE DEI SOGGETTI SVANTAGGIATI2.1 Premessa: i soggetti svantaggiati nella normativaLa presente indagine intende analizzare la condizione occupazionale deisoggetti appartenenti alle categorie protette, insieme a quella di un insiemedifferenziato di altri soggetti, accomunabili sotto l’etichetta di disagio sociale.A questo riguardo occorre rilevare come, mentre il concetto di disagio sociale edi soggetti dello stesso è di ardua definizione (Orml-Ciriec, 1998) quello dicategorie protette è più agevole, in quanto desumibile dall’analisi dellanormativa italiana sul collocamento obbligatorio.Quest’ultimo termine, infatti, è stato elaborato in ambito giuridico e vieneutilizzato dalla dottrina e giurisprudenza, anche in mancanza di un espressoriferimento della legge, per indicare quelle categorie di soggetti caratterizzati dauna particolare debolezza nel rapporto di lavoro imputabile a particolaricondizioni fisiche o sociali, e quindi considerati meritevoli di una protezioneparticolare dell’ordinamento che garantisce misure legali ad hoc di tutela deldiritto al lavoro 1 (§ 2.2.1).In particolare la legge prevede un collocamento obbligatorio 2 , basatosull’obbligo d’assunzione da parte dei datori di lavoro, una volta stabilito ildiritto dei soggetti “protetti” di essere collocati secondo quote stabilite ex lege.1 Sancito a livello generale ex art. 4 Cost.2 Per la disciplina organica del collocamento delle categorie protette si fa riferimento alladisciplina generale sulle assunzioni obbligatorie, L. n. 482 n. del 1968. Si rinvia al paragrafo2.1.1.


La portata del concetto soggetto protetto in ambito lavorativo ha subitoun’evoluzione nel corso degli anni, in relazione all’aumentata sensibilità degliordinamenti nei confronti di vari soggetti definiti come deboli. Quindi si èestesa progressivamente, comprendendo coloro che hanno un impedimentofisico, includendo prima soggetti con evidente minorazione fisica, i ciechi esordomuti, e garantendo infine, con la legge n. 482 del 1968, la protezione adampie categorie, appunto le cosiddette categorie protette. Si può affermarequindi, che il termine categorie protette indichi, dei soggetti che vengonotutelati in modo speciale dall’ordinamento proprio sulla base dell’evidentepresenza di un forte disagio occupazionale 3 .Data la necessità di individuare discipline distinte per gruppi di soggettiomogenei ed una garanzia di tutela di coloro che hanno gravi impedimenti nellavoro, il legislatore ha ri<strong>formato</strong> il collocamento obbligatorio, dando attuazioneal precetto costituzionale (art. 38 Cost.), che richiedeva una normativa specificaper il diritto del lavoro degli inabili e minorati 4 . La nuova legge, anche inconformità con l’attenzione a livello comunitario e internazionale verso iportatori di handicap, si rivolge adesso solo ai disabili, ricomprendendo tutte leforme d’invalidità. Inoltre il concetto d’invalido civile è stato sostituito da unadefinizione più completa, che comprenda tutti i disabili ovvero coloro che in età3 Occorre rilevare che la presente indagine si concentra sui disabili, e su coloro che sonoprotagonisti di un disagio sociale, prescindendo dall’analisi del disagio occupazionale delledonne, categoria da sempre giudicata debole nel mercato del lavoro. Le donne a differenza dellealtre categorie esaminate, non sono come tali soggetti del disagio sociale tout court, e nonrientrano nell’ambito soggettivo cui si rivolge il nostro studio. Sul tema si rimanda a Orml(2000).4 Art. 38 Cost.9


lavorativa sono affetti da minorazione fisica, psichica, sensoriale o intellettiva 5che comporti riduzione dell’attività lavorativa.Questo significa che si è mantenuto e modificato il diritto di essere protetti nelcollocamento per i disabili, distinguendoli, in quanto soggetti che hanno unaminorazione, da coloro che meritano una protezione giuridica particolare permotivi diversi 6 .Le categorie protette e i disabili non esauriscono i soggetti del disagiooccupazionale, in quanto quest’ultima condizione non dipende esclusivamentedal riconoscimento legale del disagio, ma dalla difficoltà oggettiva dei soggettiad inserirsi nel mercato del lavoro. D’altra parte la stessa definizione di soggettidel disagio sociale è difficoltosa (Orml-Ciriec, 1998). Il fenomeno è infatticonnesso a fattori economici, ambientali, educativi e quindi in genere esterni alsoggetto; e si manifesta in modi molto differenziati, quali l’uso di droghe,l’alcolismo, il nomadismo, il disagio giovanile e degli anziani, degli immigrati edei malati cronici o terminali.In alcuni casi si può evidenziare come spesso, a condizioni di particolaresvantaggio, si associno anche difficoltà occupazionali: i tossicodipendenti ed idetenuti, ad esempio, trovano sicuramente ostacoli per pregiudizi legati alla lorocondizione fisica e psichica, oltre che alla limitata capacità ed abilità lavorativa;gli immigrati trovano difficoltà legate a pregiudizi razziali o alla mancataintegrazione. Si rileva, inoltre, come le difficoltà di queste categorie rimandino5 La L. 12 marzo 1999, n. 68, Norme per il diritto al lavoro dei disabili parla di portatori dihandicap intellettivo. Si rinvia al paragrafo 2.2.1.6 I disabili d’altra parte, possono essere sicuramente considerati soggetti svantaggiati: la leggen. 104 del 1992 ritiene tutti i portatori di un handicap come soggetti che a causa della lorominorazione riscontrano o difficoltà di apprendimento, di relazione, di integrazione lavorativa,tale da determinare un processo di svantaggio sociale e di emarginazione.10


a fattori ambientali, educativi, economici, come la povertà, il degradoambientale, lo scarso livello culturale, la presenza di fenomeni di violenzanell’ambito familiare e sociale.A riprova dell’esistenza di uno specifico svantaggio dei soggetti del disagiosociale nell’accesso al lavoro, il legislatore, pur non prevedendo uncollocamento obbligatorio, ha garantito interventi specifici per l’occupazione dialcune categorie di soggetti del disagio: ex detenuti, tossicodipendenti, eimmigrati (§ 2.2.2).Nel corso del tempo si sono intersecate tre diverse aree che definisconol’ambito soggettivo del disagio occupazionale, legate a nozioni e categorieconcettuali diverse definite in ambito giuridico e sociologico:1. l’area delle categorie protette, individuata a seguito dell’approvazione dellalegge sul collocamento obbligatorio n. 482 del 1968, che indica il disagiooccupazionale legato a una condizione di svantaggio involontaria e/ocontingente;2. l’area specifica dei disabili, formalmente distinta dalle altre categorieprotette e definita sempre in ambito giuridico, prima con la legge n. 104 del1992 e di seguito con la nuova normativa sul collocamento mirato,caratterizzata specificatamente dalla presenza di handicap oggettivi didiversa natura (§ 2.2.1);3. l’area degli altri soggetti del disagio sociale protagonisti anche del disagiooccupazionale. A differenza delle altre due, quest’area sfugge da unaclassificazione normativa univoca ed organica. Essa raggruppa soggettidiversi accomunati da una difficoltà di inserimento lavorativo, spessodeterminata da comportamenti soggettivi deviati, che possono a loro voltaessere indotti da una condizione di disagio sociale precedente. Essa risulta11


quindi caratterizzata almeno parzialmente da un disagio occupazionaleconnotato da una responsabilità soggettiva.Nei primi due casi, il legislatore ha provveduto da tempo a garantire un dirittodi assunzione cogente per i datori, tramite la realizzazione di un serviziopubblico di collocamento protetto. Nel caso dei soggetti del disagio sociale illegislatore non ha riconosciuto la titolarità di un diritto di assunzione, ma soloforme di incentivazione all’impiego, puntando soprattutto sulla capacità deiservizi di impiego locali e delle associazioni di volontariato di realizzareprogetti ed iniziative atte a favorire l’inserimento lavorativo. Non è facilespiegare perché, nonostante sia evidente che queste ultime categorie soffrano unforte disagio nell’accesso al lavoro o nel reinserimento, la normativa nonprevedano forme di protezione specifiche e più efficaci, come il collocamentoobbligatorio o la predisposizione di servizi speciali di collocamento.In ogni caso, il riferimento al disagio occupazionale comprende, oltre aidisabili, anche gli immigrati, i tossicodipendenti, i detenuti, e più genericamentetutti i soggetti del disagio sociale ed occupazionale. Si potrebbe, allorautilizzare il concetto più inclusivo di svantaggio, sinonimo di difficoltà, maanche esclusione, emarginazione, riferiti all’ambito lavorativo, in modo daricomprendere tutti i soggetti citati sotto un unico concetto.In verità, però, i termini appena citati non sono esattamente definibili esembrano indicare soprattutto lo svantaggio che si rintraccia a livello generalenell’integrazione sociale dei soggetti citati. Difatti, nella stessa legge n. 104 del1992, il legislatore si riferisce a soggetti svantaggiati, affiancando ai portatoridi handicap gli immigrati, mentre, ancor prima, nella legge sulle cooperative12


sociali 7 ha definito persone svantaggiate una serie più ampia di soggetti: gliinvalidi psichici fisici e sensoriali, i degenti d’istituti psichiatrici, i soggetti ditrattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcoolisti, i minorati in etàlavorativa in situazione di difficoltà familiare, i condannati ammessi alle misurealternative di detenzione. Questo però denota come tutte queste categorie citatesono sicuramente considerate ormai, oltre che dall’opinione pubblica o dairicercatori sociali ma anche da parte del legislatore, come soggetti del disagiooccupazionale, facendo apparire, di conseguenza ancor più ingiustificata ladisparità di trattamento e di tutela che intercorre tra i disabili e gli altri soggettidel disagio.2.2 La legislazione per il diritto al lavoro dei soggetti svantaggiati2.2.1 La normativa italiana sul collocamento obbligatorio delle categorieprotette e sui lavoratori portatori di handicap.La Costituzione italiana riconosce nell’ottica di protezione delle fasce debolidella popolazione il diritto all’avviamento professionale degli inabili e deiminorati 8 . Il legislatore ha garantito tale obiettivo con legge n. 482 del 1968,che ha imposto l’obbligo di collocare particolari categorie di soggetti protetti,7 La legge 8 novembre 1991, n. 381 sulla disciplina delle cooperative sociali.8 Ex art. 38 Cost. La Costituzione, infatti, dopo aver sancito ex art. 38 1° comma, il diritto almantenimento e all’assistenza sociale, dei cittadini inabili riconosce al 3° comma il loro dirittoall’educazione e all’avviamento professionale.Tale norma segue, l’art. 37 Cost. che tutela sia iminori che le donne nell’ambito lavorativo proprio in quanto soggetti giudicati deboli. Inoltre sideve sottolineare che lo stesso art. 3 Cost. sancisce a livello generale l’impegno dellaRepubblica a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitando di fatto lalibertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona e l’effettivapartecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica economica e sociale del Paese.13


tra cui appunto gli invalidi, in ragione della loro comune debolezza nel rapportodi lavoro, sopprimendo la facoltà decisionale dei datori di lavoro, obbligati adassumere tali soggetti pena l’irrogazione di sanzioni penali (Ghera, 1996) 9 .La prima forma di intervento risale, in verità, al primo dopoguerra, tramite unalegge a favore del collocamento degli invalidi di guerra 10 , successivamenteestesa ad altri soggetti ritenuti bisognosi di tutela come i profughi, le vedove egli orfani di guerra, tramite leggi particolari 11 . Solo con la legge n. 482 del 1968il legislatore, però, ha superato la disorganicità, dettando una disciplina generalesulle assunzioni obbligatorie delle cosiddette categorie protette (Ghera, 1996) 12 .In questa norma il legislatore ha introdotto l’obbligo di assunzione, da parte dipubbliche amministrazioni ed imprese private, di categorie cosiddette protette,individuate tassativamente ex lege: gli invalidi di guerra, militari e civili, gliinvalidi per servizio, 13 gli invalidi del lavoro 14 , gli invalidi civili 15 , i ciechi esordomuti, gli orfani e vedove dei caduti di guerra o per servizio o sul lavoro,9 Si riconosce per i soggetti individuati dalla legge un vero diritto soggettivo ad essere collocati,e un rispettivo obbligo a contrarre per i datori di lavoro , pubblici e privati.10 L. 21 agosto 1921, n. 112.11 Dopo l’entrata in vigore della Costituzione, sono da ricordare le discipline particolariprecedenti per alcune categorie specifiche, in parte incluse nell’ambito di applicazione dellalegge del 1968, quindi la L. 14 luglio 1957, n. 59, Norme sul collocamento obbligatorio deicentralinisti telefonici ciechi, e modifiche apportate dalla L. 28 luglio 1960, n. 778, e dalla L. 5marzo 1965, n. 155, la L.13 marzo del 1958, n. 308, sull’assunzione obbligatoria dei sordomuti,la L. 21 luglio 1961, n. 686 sul collocamento obbligatorio dei massaggiatori emassofisioterapisti ciechi.12 Legge intitolata alla Disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubblicheamministrazioni e le aziende private, poi abrogata di recente ex art. 22 comma 1 lett. a) dellalegge 12 marzo 1999, n. 68.13 Appartengono alla categoria tutti quei lavoratori dipendenti pubblici compreso i corpimilitarizzanti che per motivo di lavoro abbiano acquisito una malattia professionale o uninfortunio.14 Ci si riferisce ai lavoratori dipendenti di aziende private che hanno acquisito una malattia oinfortunio.15 Coloro che per motivi diverse da cause di guerra, servizio, lavoro, hanno perduto unapercentuale della loro capacità lavorativa.14


ex tubercolotici e profughi. Successivamente l’ambito soggettivo è stato estesoanche ai minorati psichici 16 , ed alle vittime del terrorismo e della criminalitàorganizzata 17 . Si escludevano, tuttavia, i soggetti di età maggiore ai 55 anni e,per i disabili, coloro che avessero perduto ogni capacità lavorativa o che per lanatura e il grado della invalidità potessero risultare di danno alla salute e allaincolumità dei compagni di lavoro o alla sicurezza degli impianti, imponendoparticolari percentuali di invalidità a seconda delle categorie.L’obbligo di assunzione riguardava solo le aziende e le pubblicheamministrazioni con più di 35 dipendenti, specificando l’aliquota di posti dariservare rispetto al numero dei dipendenti 18 . Si ammettevano esclusioni edesoneri in casi particolari 19 , anche per le aziende private 20 .16 Con la sentenza della Corte Costituzionale del 2 gennaio 1990, n. 50 con cui si è ritenutoillegittima per violazione degli artt. 3, 4, 35, 38 Cost., la L. n. 482 del 1968 nella parte in cuinon considera invalidi civili ai fini delle assunzioni obbligatorie, gli affetti da minorazionipsichiche che abbiano una capacità lavorativa che consente il proficuo impiego in mansionicompatibili. Dopo la sentenza quindi l’ambito di applicazione della disciplina è stato estesoanche a tale categoria.17 Con L. n. 302 del 1990 sulle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, chestabilisce il diritto di assunzione del coniuge, dei genitori, e dei figli delle vittime decedute o nelcaso che le stesse abbiano riportato invalidità superiore all’80%.18 All’interno delle aliquote stabilite la ripartizione dei posti avveniva in proporzione allepercentuali indicate ex art. 9 e quindi il 25% per gli invalidi di guerra, il 15% per invalidi diservizio, civili, del lavoro, per orfani e vedove di guerra, per servizio o lavoro, il 10% perinvalidi civili di guerra, il 5% per sordomuti. In tale ultimo caso la percentuale si applica soloper le aziende con più di 1000 dipendenti.19 Ex art. 13, come nel caso delle Ferrovie dello Stato e delle imprese esercenti pubblici servizidi trasporto e delle limitazioni per le amministrazioni autonoma delle Poste, dell’Azienda diStato per servizi telefonici, dell’amministrazione dei Monopoli di Stato.20 Ovvero per le aziende che per speciali condizioni della loro attività non potessero occuparel’intera percentuale degli invalidi prescritta e che potevano essere esonerate parzialmentedall’obbligo nel caso in cui assumessero orfani e vedove. Il Dlgs. 29 gennaio 1983 n. 17 Misureper il contenimento del costo del lavoro e per favorire l’occupazione convertito conmodificazioni dalla legge 25 marzo 1983 n. 79 ha poi previsto l’esonero per le aziende cheavevano in corso procedure di riconversione o di ristrutturazione produttiva, di quelle soggettead amministrazione straordinaria e di quelle che beneficiavano della cassa integrazioneguadagni.15


L’avviamento richiedeva l’iscrizione dei soggetti in appositi elenchi costituitidall’Ufficio Provinciale del Lavoro, separati per ogni singola categoria previaverifica dei requisiti necessari, come il titolo per il collocamento obbligatorio, leattitudini lavorative e professionali del richiedente. Si riconosceva il diritto allostesso trattamento economico e normativo previsto per altri lavoratori, e adessere adibito a prestazioni compatibili con menomazione.Il collocamento avveniva tramite gli Uffici Provinciali del Lavoro e secondol’avviamento d’ufficio: si individuava il soggetto in base alle graduatorie concriteri stabiliti dalle Commissioni provinciali per il collocamento obbligatoriodella Provincia, convocando il soggetto e avviandolo nelle aziende. Sisoddisfaceva così, nell’abbinamento, solo l’obbligo di procurare un posto dilavoro idoneo alla invalidità del soggetto; di conseguenza ai datori di lavoronon veniva riconosciuta facoltà di scelta, tranne che per i lavoratori di concettood il personale di fiducia, per i quali si ammetteva la chiamata nominativa.Dopo la legge n. 482 del 1968, l’impegno del legislatore si è concentrato inparticolare sulla promozione del lavoro dei portatori di handicap, sia fisici chepsichici. Con la legge n. 104 del 1992 21 non solo si è esteso l’applicazione dellanuova disciplina del collocamento obbligatorio anche a coloro che sono affettida minorazione psichica; si è anche promosso l’inserimento lavorativo deglihandicappati tramite una specifica formazione demandata alle Regioni, ed ognialtra attività idonea a favorirne l’inserimento e l’integrazione lavorativa (Ghera,1996). Sulla stessa linea la legge n. 381 del 1991 ha promosso le cooperativesociali come strumento di promozione di attività finalizzate l’inserimento di21 L. 5 Febbraio 1992, n. 104, Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i dirittidelle persone handicappate, legge di riforma economica sociale integrata dalle L. 21 maggio1998, n. 162, e la L. 28 gennaio 1999, n. 17.16


soggetti svantaggiati 22 . L’inadeguatezza della legge sul collocamentoobbligatorio, che inseriva i soggetti sulla base delle graduatorie -le cosiddetteliste protette-, e quindi a prescindere dalle loro attitudini e capacità soggettive edalle esigenze produttive delle imprese, è stata in parte attenuata nel 1987,introducendo la facoltà di ricorrere a convenzioni per progetti di collocamentomirato, supportati da attività di formazione specifica e con la possibilità diassumere su richiesta nominativa una quota di lavoratori 23 .Solo la recente L. 12 marzio 1999, n. 68, intitolata Norme per il diritto allavoro dei disabili 24 , ha provveduto ad innovare profondamente il precedentesistema di collocamento obbligatorio. Infatti, seppur intitolata al diritto del22 Successivamente la Circolare del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 7 del 1993 hariservato il 10% delle assunzioni obbligatorie ad handicappati con invalidità superiore a dueterzi, ed il D.P.C.M. del 1° dicembre 1993, intitolato ad Assunzioni obbligatorie protette etirocinio per i portatori di handicap, ha previsto le assunzioni obbligatorie delle PP.AA. afavore di handicappati con riduzione della capacità lavorativa non inferiore al 67%.23 L. 28 febbraio 1987, n. 56, Norme sull’organizzazione del mercato del lavoro che ha previstoanche ex art. 5 , comma 1° lett. d), tra i compiti della Commissione regionale per l’impiego lapredisposizione di programmi di inserimento al lavoro di lavoratori affetti da minorazionifisiche e mentali o di difficile collocamento, in collaborazione con le imprese disponibili,integrando le iniziative con le attività di orientamento, formazione e riadattamento professionalesvolte o autorizzate dalla <strong>Regione</strong>.24 Vi sono inoltre leggi che hanno integrato quelle approvate nel periodo che intercorre tra la L.n. 482 del 1968 e la l. n. 68 del 1999, come la L. 19 Maggio 1971, n. 403 Nuove norme sullaprofessione e sul collocamento dei massaggiatori e massofisioterapisti ciechi, L. 3 giugno1971, n. 397, Norme a favore dei centralinisti ciechi, L. 11 febbraio 1980. n. 18, Indennità diaccompagnamento agli invalidi civili totalmente inabili, L. 26 dicembre 1981, n. 763,Normativa organica sui profughi, L. 3 Maggio 1985, n. 113, Aggiornamento della disciplinadel collocamento al lavoro e del rapporto di lavoro dei centralinisti non vedenti, le norme per iterapisti della riabilitazione non vedenti di cui alla L. 11 gennaio 1994, n. 29 e le norme per gliinsegnanti non vedenti di cui all’art. 61 della L. 20 maggio 1982, n. 270.17


lavoro dei disabili, si rivolge di fatto a gran parte delle categorie protette,individuate dalla precedente normativa 25 .Il legislatore ha inteso promuovere l’inserimento e l’integrazione lavorativadelle persone disabili nel mondo del lavoro tramite servizi di sostegno e dicollocamento mirato, in parte già delineati, registrando formalmente la tuteladell’obbligo di assunzione anche dei soggetti portatori di minorazioni psichiche,oltre che fisiche.La grande novità è rappresentata dall’introduzione del concetto dicollocamento mirato 26 , che implica l’inserimento del disabile nell’ambiente dilavoro adatto, tramite la valutazione delle sue capacità lavorative e delleattitudini particolari, ed in relazione alle caratteristiche del posto di lavoro, alfine di favorire l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro. Il sistema ha loscopo, per così dire, di collocare la persona giusta al posto giusto, tramiteforme di sostegno ed azioni positive per risolvere i problemi di relazione delsoggetto con l’ambiente e le persone. A tal fine è previsto che l’avviamento deisoggetti avvenga sia tramite richieste nominative dei datori di lavoro, inoltrate25 L’ambito di applicazione soggettivo è ristretto alle persone affette da minorazioni fisiche,psichiche, o sensoriali o intellettive, che comportino una riduzione della capacità lavorativasuperiore al 45 %, agli invalidi del lavoro con invalidità superiore al 33%, ai non vedenti osordomuti, agli invalidi di guerra, agli invalidi civili di guerra e invalidi per servizio. Tuttavia,nell’attesa di una disciplina organica delle categorie escluse rispetto alla L. n. 482 del 1968, siprevede in via transitoria che una quota sia attribuita in favore di tali soggetti, gli orfani econiugi superstiti di coloro che sono deceduti per cause di guerra, lavoro servizio odell’aggravarsi dell’invalidità, i coniugi e figli i soggetti con gravi invalidità per le stesse cause,i profughi italiani rimpatriati solo per datori con più di 50 dipendenti.26 L’articolo 1, comma 1° della legge recita “La presente legge ha come finalità la promozionedell’inserimento e della integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoroattraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato”.18


agli uffici competenti, per percentuali fissate ex lege 27 , sia tramite convenzioni.La normativa introduce quindi un collocamento che, pur essendo obbligatorio,non impone, come accadeva in precedenza, al datore di assumere il primodisabile in graduatoria a prescindere da una valutazione delle sue capacità. Aciò si deve aggiungere, tra le forme di sostegno, anche la possibilità di svolgereattività di riqualificazione professionale dei lavoratori da parte dell’azienda, o diassociazioni di promozione, tutela e rappresentanza, o da istituti di formazione,con onere a carico delle Regioni.Ai servizi per l’avviamento 28 individuati dalle Regioni sono attribuite funzionidi programmazione ed attuazione e verifica degli interventi volti a favorirel’inserimento e l’avviamento lavorativo dei disabili, a garanzia del generalefunzionamento del nuovo collocamento obbligatorio, da curare in raccordo coni servizi sociali, sanitari, educativi e formativi del territorio. Gli appositi elenchiper l’iscrizione formano adesso un’unica graduatoria per tutti i disabili, el’ufficio competente deve elaborare per ogni soggetto iscritto un profiloindividuale, specificandone le capacità lavorative, le abilità, le competenze, la27 Le richieste nominative sono ammesse solo da parte di datori di lavoro che hanno tra 15 e 35dipendenti, per il 50% per coloro che occupano da 36 a 50 dipendenti e il 60% di coloro con piùdi 50 dipendenti; i soggetti pubblici effettuano le assunzioni in conformità all’art. 36 comma 2°del D.lgs. n. 29 del 1993.28 Ex art. 6. Si deve evidenziare come con il D.lgs. 23 dicembre 1997, n. 469 è stato trasferitoalle Regioni il collocamento obbligatorio ed è stata soppressa la Commissione provinciale per ilcollocamento obbligatorio. E’ stato stabilito che con legge regionale si dovesse disciplinarel’organizzazione amministrativa e le modalità di esercizio delle funzioni e dei compiti conferitiai sensi del decreto, la gestione ed erogazione dei servizi nelle province tramite strutturedenominate Centri per l’impiego per la programmazione e coordinamento di iniziative volte afavorire l’inserimento lavorativo di categorie svantaggiate, oltre che progetti relativiall’occupazione di soggetti tossicodipendenti ed ex detenuti. Molte funzioni tra cui ilcollocamento obbligatorio sono state affidate alla Provincia dotata di un Comitato tecnicoincaricato della valutazione della capacità lavorativa dei disabili con funzionari ed esperti delsettore sociale e medico legale.19


natura ed il grado delle minorazioni; ed analizzando poi le caratteristiche deiposti da assegnare in modo da favorire la migliore corrispondenza tra domandaed offerta 29 .La legge al fine di incrementare le opportunità concrete di lavoro contempla lafacoltà di stipulare convenzioni per programmi mirati di inserimentolavorativo 30 , con agevolazioni a carico del fondo per il diritto al lavoro deidisabili 31 per le assunzioni operate sulla base dei programmi presentati daidatori; e gli uffici competenti possono stipulare apposite convenzioni con datoridi lavoro privati, con le cooperative sociali e con disabili liberi professionisti,per l’inserimento mirato dei disabili presso gli stessi liberi professionisti, aiquali i datori si impegnano a affidare commesse 32 .29 Rispetto alla legge del 1968, l’obbligo di assunzione è esteso anche ai partiti politici, ed alleassociazioni sindacali, nel campo della solidarietà sociale, assistenza e riabilitazione, alle Forzedi Polizia, alla Protezione Civile e di Difesa. Si prevedono esclusioni in casi tassativamenteindividuati dalla legge per datori pubblici e privati nel settore del trasporto pubblico e nelsettore degli impianti a fune o per le imprese che si trovano in situazione di crisi, così comeesoneri parziali dell’obbligo per le aziende che non siano in grado di occupare l’interapercentuale di disabili. Inoltre è stata introdotta una modulazione delle quote di riserva dilavoratori da assumere in base alla dimensione dell’azienda estendendo l’obbligo anche a coloroche hanno tra i 15 e 35 dipendenti.30 Le Convenzioni stabiliscono i tempi e le modalità di assunzione che il datore si impegna adeffettuare: tra le modalità si può convenire lo svolgimento di tirocini, la facoltà di sceltanominativa, l’assunzione con contratti a termine, lo svolgimento di periodi di prova. Ci possonoessere Convenzioni specifiche per soggetti con particolari difficoltà, dette di integrazionelavorativa, oltre che convenzioni con cooperative sociali, consorzi, organizzazioni divolontariato.31 Istituito presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, con decreto del 13 gennaio2000, n. 91, che definisce che i criteri e le modalità per la ripartizione fra le Regioni delledisponibilità.32 I datori di lavoro si impegnano a affidare commesse di lavoro garantendo un percorsoformativo individualizzato per il disabile. Si stabilisce poi che i requisiti della convenzionesiano: la contestuale assunzione del disabile a tempo indeterminato, la copertura dell’aliquotadell’obbligo tramite l’assunzione di cui all’art. 9, l’impiego del disabile presso la cooperativasociale o presso il libero professionista con oneri retributivi previdenziali e assistenziali a caricodi questi ultimi per tutta la durata della convenzione ed il rispetto dell’indicazione di varielementi elencati dalla legge come l’ammontare delle commesse, i nominatavi dei soggetti da20


Alle Regioni, invece, è stata richiesta la costituzione del fondo regionale perl’occupazione dei disabili per il finanziamento dei programmi regionali diinserimento lavorativo e per erogare contributi ad enti che svolgono attività disostegno all’integrazione lavorativa dei disabili, e contributi aggiuntivi peragevolare le assunzioni 33 .Di recente lo stesso Piano d’azione nazionale per l’occupazione del 2000 haprevisto specifiche politiche a favore dei soggetti svantaggiati, rivoltesoprattutto ai portatori di handicap, ed ha rilevato il miglioramento del sistemadi collocamento, evidenziando la messa in opera di un Osservatorio nazionaleper il lavoro dei disabili e di un Comitato per la gestione del Fondo nazionaleper il diritto al lavoro dei disabili, assieme al varo di un programma triennaleper le politiche di superamento dell’handicap.Da quanto visto finora emerge che il legislatore ha tentato di tutelare le esigenzecontrapposte, del datore di lavoro e del disabile, tramite un sistema chepermetta di ridurre la percentuale di fallimento degli avviamenti, tramite unainserire, indicazione del percorso formativo personalizzato Proprio tramite le convenzionivengono avviati i disabili psichici.33 Relativamente alla <strong>Regione</strong> <strong>Toscana</strong>, si è cercato di attuare gli obblighi connessi alconferimento alle Regioni del collocamento obbligatorio, (con L.R. 6 agosto 1998, n. 52)richiedendo a tal fine di emanare una disciplina per la organizzazione amministrativa e lemodalità di esercizio necessarie. La <strong>Regione</strong> ha cercato di garantire la formazione professionalee l’inserimento lavorativo degli handicappati con L.R. 6 settembre 1982, n. 73 Interventi dipreformazione professionale e per l’inserimento al lavoro delle persone handicappate(modificata con LL. RR. 13 agosto 1984 n. 51 e 1 settembre 1986, n. 44) che ha promosso,prima della L. n. 68 del 1999, lo sviluppo e la qualificazione di attività di formazioneprofessionale oltre che la prevenzione e la rimozione delle situazioni che ostacolanol’inserimento al lavoro. Inoltre la legge n. 72 del 1997 di promozione degli interventi di politicasociale integrata, ha richiesto agli enti titolari delle funzioni assistenziali, percorsi per facilitarel’inserimento lavorativo dei cittadini in situazione di disagio, emarginazione, ridotte capacitàlavorative tramite il coordinamento con le Province per l’attività formativa, specificando che gliinterventi riguardano attività di orientamento e qualificazione professionale per soggettidisabili.21


valutazione ex ante le capacità del soggetto, in modo da inserirlo in un posto dilavoro appropriato. Si richiede quindi l’istituzione di un insieme di servizi diorientamento e di formazione professionale, oltre all’accompagnamento nellafase del collocamento ed il monitoraggio dell’inserimento lavorativo.2.2.2 Gli altri soggetti del disagio occupazionaleAccanto alla normativa in favore dei disabili e delle categorie protette troviamoanche interventi verso altri soggetti del disagio, che si muovono in conformitàcon gli indirizzi a livello internazionale e comunitario. Nel caso degli immigratiextracomunitari si favorisce e garantisce agli immigrati l’accesso per lavoroall’interno delle quote dei flussi migratori. Una disciplina puntuale riconosce ilprincipio di pari trattamento e non discriminazione nel lavoro, e quindi egualidiritti, prevedendo interventi che comprendono anche una più ampia generaleassistenza ed integrazione. Per i detenuti e gli ex detenuti, si è cercato digarantire il lavoro all’interno e all’esterno degli istituti di pena, incentivandocon agevolazioni e sgravi il loro reinserimento nel mercato del lavoro esoprattutto ricorrendo a cooperative sociali ed imprese private. Relativamente aitossicodipendenti l’intervento normativo si è concentrato sul reinserimento esull’inserimento, ma anche sul mantenimento dell’occupazione, con il costantesupporto dei servizi socio sanitari che garantiscano la loro cura e riabilitazione.a) Il disagio degli immigrati extracomunitariPer quanto attiene alle disposizioni normative sul lavoro degli immigrati èd’uopo menzionare i principali interventi legislativi in materia d’immigrazione,che hanno permesso un progressivo riconoscimento dell’accesso al lavoro, deidiritti e delle garanzie nel lavoro fino ad interventi rivolti all’integrazione degli22


immigrati a tutti i livelli, anche se all’interno di una politica di controllo degliingressi. Il legislatore si muove, infatti, in duplice direzione, sia con obiettivi ditipo restrittivo -intendendo limitare l’ingresso degli immigrati extracomunitarientro i flussi migratori-, che di tipo protettivo, riconoscendo parità ditrattamento ed eguali diritti rispetto ai lavoratori autoctoni (Viscomi, 1996).La legge n. 943 del 1986, in particolare, fissava tra i suoi obiettivi, accanto allapromozione di pari diritti e doveri per gli immigrati, alla garanzia degli alloggi,alla tutela della lingua e cultura e dell’assistenza sociale, anche l’inserimentodei lavoratori extracomunitari, per mezzo di misure quali il censimento delleofferte di lavoro e l’informazione dei lavoratori. Centrale in questa legge era ilriconoscimento 34 del principio di parità di trattamento e più in generale i dirittinel luogo di lavoro e il diritto di associazione 35 . La legge ha tuttavia collegato laconcessione dell’autorizzazione al lavoro, e quindi l’accesso al lavoro, alpresupposto della cosiddetta indisponibilità di manodopera nazionale ocomunitaria in possesso delle qualifiche per cui si è richiesta l’autorizzazione,per cui quindi era necessario che una determinata domanda di lavoro dei datorinon potesse essere soddisfatta tramite l’offerta dei lavoratori italiani e di quelliappartenenti agli Stati membri della Comunità Europea 36 .34 A fondamento di tali riconoscimenti si trova il principio costituzionale di uguaglianza sancitoex art. 3 Cost. esteso implicitamente anche ai non cittadini italiani.35 Introducendo anche il permesso di soggiorno per studio, turismo, e la possibilità di accederealle prestazioni sanitarie.36 L’art. 9 comma 3° ha previsto che gli uffici Provinciali del lavoro provvedessero al rilasciodell’autorizzazione per accedere al lavoro previo accertamento dell’indisponibilità di lavoratoriitaliani e comunitari aventi qualifiche professionali per le quali era stato richiestol’autorizzazione al lavoro, oltre che alla verifica delle condizioni di lavoro offerte dal datore dilavoro. Si sancisce inoltre che in ogni caso il trattamento non potrà essere inferiore a quellostabilito dai contratti collettivi di categoria per i lavoratori italiani.23


Successivamente la legge n. 39 del 1990, conosciuta come legge Martelli, hariconosciuto all’immigrato iscritto al collocamento gli stessi diritti dei lavorativiitaliani ed inaugurato la fase della programmazione dei flussi migratori,istituendo le consulte nazionali, regionali e provinciali dell’immigrazione, eprevedendo fondi per le politiche dell’immigrazione. Si sono inoltre previsti iprimi centri di accoglienza e riconosciute le associazioni degli immigrati equelle che operano nel campo dell’immigrazione.Il decreto n. 416 del 1995, cosiddetta legge Dini, ha cercato di far emergere illavoro nero ai danni degli immigrati, introducendo la possibilità diregolarizzare le posizioni contributive dei lavoratori immigrati nel caso in cui ildatore acconsentisse, e previo versamento in anticipo di sei mesi di contributi.Solo di recente la legge n. 40 del 1998, integrata con le previsioni delle leggiprecedenti dal D.lgs n. 286 del 1998 37 , ha ridefinito l’intero quadro giuridico inmateria. Rivolta a tutti i cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea,ed agli apolidi, disciplina organicamente l’immigrazione e la condizione degliimmigrati nell’ottica della piena integrazione con disposizioni suiricongiungimenti familiari e la tutela dei minori, sulla sanità e sull’istruzione,sulla partecipazione della vita pubblica e sull’integrazione sociale 38 .Una delle parti centrali è senza dubbio la disciplina del lavoro. Infatti,considerando che l’integrazione effettiva si realizza proprio garantendo37 Il D.lgs 25 luglio 1998, n. 286. Testo Unico in materia di immigrati extracomunitari , che hacoordinato le disposizioni delle norme, e della L. 6 marzo 1998, n. 40 Disciplinadell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, successivamente integrato dalD.lgs. 19 ottobre 1998, n. 380 e D.lgs. 13 aprile 1999, n. 113.38 Prevedendo l’istituzione di Consigli per l’immigrazione territoriali per definire le politichedell’integrazione nonché misure antidiscriminazione, di protezione sociale in casi disfruttamento, e politiche per la tutela dei minori, oltre ad un fondo nazionale per attuare talipolitiche a vari livelli e quindi nella scuola, nella sanità, nel lavoro.24


un’occupazione, si sono previsti accordi tra l’Italia e i Paesi di provenienza deilavoratori stranieri, che riconoscono l’accesso degli immigrati per scopi dilavoro e al contempo cercano di favorire il lavoro nei Paesi di origine al fine disostenere il loro sviluppo economico. Tali intese si basano quindi su quattropilastri: gli accordi di sicurezza sociale che permettano il trasferimento deicontributi pensionistici da un paese all’altro; le liste di prenotazione perrispondere ad opportunità di lavoro; gli accordi di riammissione nel paese diorigine in caso di reato; le politiche di sostegno per piccole e medie imprese deipaesi firmatari.La legge, risultante dall’integrazione delle varie normative, ammette quindil’ingresso di extracomunitari nel territorio italiano per motivi di lavorosubordinato, autonomo, stagionale nell’ambito delle quote di ingresso stabiliteex lege, tenendo conto dell’andamento degli indici economici 39 . In base aicriteri fissati dal documento programmatico sulla politica dell’immigrazione -redatto ogni tre anni dal Governo-, si definiscono le quote massime di stranierida ammettere per il lavoro e si rilasciano i visti di ingresso. Si prevede inoltrel’istituzione di un anagrafe annuale informatizzata delle offerte e delle richiestedi lavoro subordinato, e apposite intese ed accordi bilaterali per l’utilizzazionedi gruppi di lavoratori per l’esercizio di determinate opere o servizi limitati neltempo.Si sono inoltre definite le norme generali e particolari per l’ingresso a fini disvolgimento di lavoro subordinato, autonomo e stagionale. Il requisitonecessario in ogni caso è il possesso del permesso di soggiorno rilasciato per le39 Ex art. 21, comma 4°. Si deve tenere conto dell’andamento dell’occupazione, dei tassi didisoccupazione nazionali e regionali e numero dei cittadini extracomunitari iscritti alle liste delcollocamento.25


attività previste nel visto di soggiorno, sia per lavoro subordinato chestagionale.b) Il disagio dei detenutiPer quanto riguarda gli interventi relativi ai detenuti, si nota come la rilevanzadel lavoro come strumento di reinserimento sia stata percepita già durante glianni Settanta con la legge 26 luglio 1975 n. 345, Norme sull’ordinamentopenitenziario e sull’esecuzione delle misure probative e limitative della libertàe successive modifiche, con la quale il legislatore, al fine d’umanizzare la penain conformità alla Costituzione (Vitelli, 2000) ha promosso (ex art. 20) negliistituti penitenziari la destinazione dei detenuti e degli internati al lavororemunerato e non afflittivo; e la partecipazione ai corsi di formazioneprofessionale tramite lavorazioni organizzate e gestite direttamente da impresepubbliche o private. Si è ammesso anche il lavoro esterno, sia per l’internatoche per il condannato e gli imputati, con limitazioni per gli ergastolani econdannati a pena della reclusione per delitti particolari 40 .La legge n. 663 del 1986 ha apportato modifiche significative all’art. 21 dellalegge del 1975 n. 354: il lavoro non è più limitato alle imprese agricole,estendendosi a tutti i rami di attività. Successivamente la legge n. 67 del 1987ha riconosciuto il diritto di detenuti ed internati di iscriversi alle liste delcollocamento e l’esonero per il periodo di detenzione dalla conferma dello statodi disoccupazione, nonché la perdita dell’indennità per il periodo lavorativoremunerato.40 Ex art. 49 bis all’interno dell’istituto, penitenziario, e lavoro in semilibertà.26


promuovendo il recupero e reinserimento sociale e lavorativo, mediante progettiprivati e pubblici.Fondamentale in materia è il D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 -Testo unico delleleggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope,prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza- vera epropria legge-quadro in materia 42 , che ha anche regolato l’organizzazione deiservizi per le tossicodipendenze presso le USL, le quali devono garantire esvolgere attività di prevenzione, di cura e di riabilitazione, per mezzo diadeguate competenze professionali 43 .Il testo ha individuato regole specifiche sia a tutela dei lavoratori, di cui èaccertato lo stato di tossicodipendenza, sia in favore di progetti di inserimentolavorativo di tossicodipendenti in cerca di occupazione. Nel primo caso sigarantisce la conservazione del posto di lavoro a coloro che intendono accedereai programmi terapeutici e di riabilitazione presso i servizi sanitari delle USL oaltre strutture terapeutico-riabilitative e socio-assistenziali 44 . Nel secondo casosi prevedono contributi al finanziamento di progetti per l’occupazione ditossicodipendenti che abbiano completato il programma terapeutico e debbanoinserirsi o reinserirsi nel mondo del lavoro. I progetti possono essere elaboratidalle comunità terapeutiche e dalle cooperative operanti per l’inserimento42 Integrato poi anche dalla recente legge 18 febbraio 1999, n. 45, che ha istituito l’Osservatoriopermanente per la verifica dell’andamento del fenomeno delle droghe e delle tossicodipendenzee introdotto un Comitato nazionale di coordinamento per l’azione antidroga e l’assistenza aiPaesi in via di sviluppo produttori di sostanze stupefacenti. Inoltre il decreto del Ministero dellaSolidarietà Sociale del 14 settembre 1999 sull’organizzazione funzionamento dell’Osservatorio43 Come il medico, lo psicologo, l’assistente sociale, l’infermiere, l’educatore professionale e dicomunità.44 Se assunti a tempo indeterminato per tutto il trattamento riabilitativo e, comunque, per unperiodo non superiore a tre anni, prevedendo accertamenti di assenza della tossicodipendenzada parte di strutture pubbliche per gli appartenenti alle categorie di lavoratori destinati amansioni che comportano rischi per la sicurezza, l’incolumità e la salute dei terzi.28


lavorativo, anche con una fase di formazione del personale, e possono realizzarel’occupazione anche in forma cooperativistica.Nella stessa linea la legge regionale toscana n. 72 del 1997 di promozione degliinterventi integrati di politica sociale -non rivolta quindi esclusivamente aitossicodipendenti-, ha previsto un articolo specifico (art. 51) dedicato agliinserimenti lavorativi, in cui si richiedono, agli Enti titolari delle funzioniassistenziali, percorsi per facilitare l’inserimento lavorativo dei cittadini insituazione di disagio, emarginazione, o con ridotte capacità lavorative. Sirichiede il coordinamento con le Province per l’attività formativa, specificandoche gli interventi riguardano attività di orientamento e qualificazioneprofessionale oltre che per disabili, anche per soggetti con problematichepsicofisiche. Ciò dimostra come il problema del disagio occupazionale deitossicodipendenti, così come quello dei disabili, degli extracomunitari e deidetenuti o ex detenuti, sia affrontato dal legislatore sempre all’interno di ungenerale intervento volto a garantire, oltre il diritto al lavoro, anche una piùgenerale integrazione sociale.2.3 ConclusioniPer parlare del disagio occupazionale di categorie protette e degli altri soggettidel disagio sociale, si deve superare una prima difficoltà inerente alladefinizione stessa dell’oggetto del ragionamento. L’esistenza di diverse nozioniin ambito giuridico e sociologico rende difficile individuare quali soggetti sianoi veri protagonisti del disagio occupazionale, e quali tra questi sianoclassificabili come le categorie più a rischio.L’ambito di indagine può essere delimitato facendo riferimento a quei soggettiche, seppur per cause e motivi diversi, sono sicuramente accomunati da un29


disagio occupazionale più o meno grave, il quale determina la loro esclusionedal mercato del lavoro e la necessità d’interventi più o meno incisivi atti arimuoverla.Ma quello che emerge con altrettanta evidenza è la disparità di trattamento cheil legislatore ha riservato a tali soggetti, e quindi i diversi interventi predispostial fine di garantire il diritto al lavoro per le diverse categorie di disagio. Talediversità è da imputare, forse, proprio alla diversa valutazione dei fattorideterminanti il disagio occupazionale. Come abbiamo visto, per i disabili lalegislazione provvede a garantire forme coatte di inserimento al lavoro; la stessamisura coattiva non è invece stata introdotta per immigrati, tossicodipendenti edetenuti, nonostante in tali casi il pregiudizio possa seriamente compromettereil diritto sancito ex art. 4 Cost 45 . Tale diverso atteggiamento sembra quasi ilriflesso di una cultura giuridica che ha teso, sin dai tempi della Costituzione, aconsiderare meritevoli di tutela e di protezione particolare solo quelle tipologied’individui la cui debolezza nel mercato del lavoro fosse determinata da unacondizione involontaria ed oggettiva -come l’essere portatori di unaminorazione fisica o psichica congenita-, o determinata dall’aver adempiutodoveri civici -quali la difesa dello Stato o lo svolgimento del lavoro-. Exconverso non appaiono tutelabili alla stessa stregua quelle categorie chesoffrono un disagio occupazionale che solo in parte è imputabile a causeoggettive esterne, e che è quindi o caratterizzato da una componente volontaria,45 Anche se il D.lgs. 23 dicembre 1997, n. 469, recentemente ha previsto esplicitamente che tra icompiti dei servizi per l’impiego a livello provinciale, i cosiddetti Centri per l’impiego,programmino e predispongano progetti sia per tossicodipendenti ed ex detenuti e laprogrammazione e il coordinamento delle iniziative per l’inserimento lavorativo delle categoriesvantaggiate. Nello stesso anno la L. R. 72 del 1997 che ha richiesto, come visto agli entititolari delle funzioni assistenziali percorsi per facilitare l’inserimento lavorativo di soggetti insituazione di disagio o emarginazione.30


quale la responsabilità della persona, nel caso dei tossicodipendenti e detenuti, odeterminato dall’assenza di un requisito come lo status di cittadini italiani ocomunitari, nel caso degli immigrati extracomunitari.Tale disparità sembra ingiustificata poiché la tutela dei soggetti dovrebbeprescindere dalla colpa del soggetto o da requisiti di cittadinanza, che solotramite l’acceso al lavoro si possono acquisire, focalizzandosi sulle realidifficoltà di inserimento e sull’esigenza sociale di recuperare o integrare talisoggetti. Quindi anche a fronte della recente attenzione a tali problematicheanche in ambito lavorativo, ci si dovrebbe svincolare dal retaggio culturaletradizionale ed estendere il concetto di categoria protetta, forgiato in ambitogiuridico, a tutti quei soggetti per cui si prevede o “si dovrebbe prevedere”, inquanto necessaria, una particolare tutela giuridica.31


3. DISAGIO SOCIALE E LAVORO: PROFILI E POLITICHE3.1 PremessaQuasi tutte le persone intervistate concordano sul fatto che le difficoltàd’inserimento nel mondo del lavoro è un minimo comune multiplo dei soggettidel disagio sociale: seppure in forme e entità diverse, tutti i soggetti che hannoun manifesto disagio sociale hanno difficoltà nel mercato del lavoro.Non solo, il lavoro ha un ruolo importante in tutte le forme di aiuto ai soggettisvantaggiati: attraverso l’esame del disagio si cerca di effettuare un progettoindividuale, di programmare un percorso riabilitativo, al termine del qualel’inserimento nel mondo del lavoro è un momento cruciale.E’ difficile sostenere che una categoria o l’altra incontra difficoltà maggiori, inquanto le persone intervistate hanno un punto di vista legato alla loro specificaattività, che interessa il più delle volte solo alcuni aspetti del disagio sociale.Si possono comunque delineare alcuni profili riconosciuti da tutti comecaratterizzati da specifiche difficoltà nel mondo del lavoro, difficoltà che sonospesso molto diverse anche fra persone con lo stesso tipo di disagio. Peresempio, un soggetto con handicap fisico può avere difficoltà completamentediverse da un soggetto con lo stesso problema, in quanto è cresciuto in unafamiglia che ha sempre rifiutato in qualche modo l’handicap, generandoaspettative superiori alle reali opportunità; oppure il soggetto stesso hadifficoltà ad accettare l’handicap e/o a relazionarsi con gli altri. Come peraltroriconosciuto dalla normativa attuale, è quindi essenziale effettuare per i soggettisvantaggiati un collocamento mirato, mediante una valutazione precisa delle


abilità/disabilità del soggetto, ed il supporto all’inserimento iniziale con unaattività di tutoraggio.In generale comunque, le situazioni più difficili sono quelle nelle quali lecondizioni di difficoltà sono molteplici e concatenate -come ad esempio i casimolto complessi delle ragazze madri tossicodipendenti o dei detenutitossicodipendenti e sieropositivi-.Occorre poi considerare che, a prescindere dalle problematiche del disagiosociale, esistono alcune categorie di soggetti -come i giovani, le donne, isoggetti di mezza età che hanno perso il lavoro, ed in generale i lavoratori menoqualificati- che trovano maggiori difficoltà ad inserirsi nel mercato del lavoro.Se all’appartenenza a queste categorie si sommano condizioni di disagio, ledifficoltà aumentano senza dubbio in misura considerevole.Un segnale preoccupante giunto da numerosi operatori riguarda la popolazionegiovanile. Sembrano infatti numerosi gli adolescenti che, dopo una primaesperienza negativa di lavoro, ritengono superfluo cercare una nuovaoccupazione, preferendo la vita di strada e il tirare a campare con espedienti.E’ un fenomeno in espansione, che andrebbe attentamente monitorato, inquanto questi soggetti drop-out 46 si avvicinano ai servizi solo nel momento incui il loro disagio individuale si manifesta in modo eclatante(tossicodipendenza, delinquenza).Dalle interviste dei testimoni privilegiati è emerso che i seguenti soggetti deldisagio sociale sono le realtà con maggiore difficoltà:a) disabili, invalidi e categorie protette (§ 3.2);46 Con il termine drop-out si intende indicare i soggetti emarginati, sperduti, che difficilmenterientrano in particolari categorie di disagiati ma che rappresentano il serbatoiodell’emarginazione, della piccola delinquenza, della tossicodipendenza, etc.33


) immigrati (§ 3.3);c) tossicodipendenti (§ 3.4);d) ex detenuti (§ 3.5);Le interviste ai testimoni privilegiati hanno permesso di approfondire per unverso la condizione e le problematiche proprie di queste tipologie di soggetti;per un altro le caratteristiche e le problematiche dei principali servizi pubblici eprivati di inserimento lavorativo ad essi rivolti. I fatti e le considerazioni emersenel corso delle interviste sono sintetizzati nel proseguo del capitolo: per ognunodei profili individuati è prima tratteggiata la condizione di difficoltà in relazioneal mercato del lavoro; quindi sono delineate le caratteristiche dell’offerta diservizi.Considerata la mancanza di indicatori specifici relativi alla condizionelavorativa dei soggetti svantaggiati (§ 4.1), è parso opportuno privilegiare, dalpunto di vista metodologico, l’indagine qualitativa sul campo, condotta tramitela tecnica dell’intervista basata su di un questionario semistrutturato, e rivolta atestimoni privilegiati sia delle istituzioni pubbliche -operatori e responsabili deiservizi socio-assistenziali e dei servizi per l’impiego- che delle associazioni delterzo settore. La definizione dei profili qualitativi ha contribuito allaindividuazione di un insieme di fattori rilevanti, la cui incidenza sul territorio èsuccessivamente misurata tramite la costruzione di opportuni indicatori statisticibasati sulle fonti esistenti (§ 4). Le interviste (in totale pari a 60) sono statesvolte sia con amministratori, responsabili ed incaricati di diversi ufficicomunali e provinciali preposti o interessati al fenomeno -servizi per l’impiego,centri per l’immigrazione, uffici per le politiche sociali, etc.-; sia con esponentidelle associazioni e delle organizzazioni di rappresentanza a livello locale.34


3.2 Disabili e categorie protette3.2.1 Le principali problematicheIn questa categoria -che richiede già di per sé una specifica protezioneconfluisconosoggetti per i quali è estremamente difficile individuare delleopportunità di lavoro: si tratta soprattutto di soggetti del disagio mentale -psichici e psichiatrici- e tetraplegici.Se per i primi la legge sul collocamento obbligatorio può consentire di ottenerequalche successo, anche se solo in casi di lievi disturbi, nel secondo sononecessari macchinari complessi che difficilmente le aziende sono disposte adacquistare. In generale, nel caso di handicap fisici, le nuove tecnologie possonoconsentire un pieno livello di autonomia a tutti i soggetti; occorre però facilitaremaggiormente l’acquisto di questi strumenti 47 .Una categoria maggiormente a rischio risulta essere quella dei disabili giovani,che spesso per vergogna non si servono di servizi, autoescludendosi erischiando di maturare anche un disagio psichico. D’altra parte c’è chisottolinea come i giovani sono la categoria al contempo meno svantaggiata,poiché i datori preferiscono collocare un giovane piuttosto che un adulto.Vi è poi un disagio particolare per coloro che hanno perduto la loro capacitàfisica durante l’arco della vita, in particolare per incidenti sul lavoro; questisoggetti molto spesso non riescono ad accettare l’handicap, e mancano quindidi sottoporsi ad una necessaria riqualificazione.47 Esistono alcune realtà che si stanno muovendo in questo senso, come la Cooperativa “SognoTelematico” di Siena.35


La difficoltà ad inserirsi nel lavoro è dovuta in genere al fatto che il disabile nonriesce a sostenere i ritmi di lavoro richiesti, difficoltà peraltro segnalata per tuttii soggetti svantaggiati. Questa circostanza, secondo alcuni operatori, dovrebbefar riflettere sulla capacità degli attuali modelli sociali di garantire pariopportunità. I responsabili dei servizi, per altro verso, sottolineano l’incapacitàdei soggetti di valutare le proprie competenze ed attitudini e la tendenza apresentarsi per qualsiasi lavoro o a non presentarsi affatto, con conseguenzenegative sulle aspettative dei lavoratori iscritti al collocamento obbligatorio, chepuò aggravare ulteriormente il loro disagio.Per l’inserimento nel mondo del lavoro dei soggetti appartenenti a questecategorie svolge un ruolo fondamentale la famiglia. E’ nell’ambiente familiareche, per primo, può maturare o meno la consapevolezza della necessità di unprogetto riabilitativo che preveda anche, come obiettivo finale, la massimaautonomia possibile e la realizzazione della persona attraverso un lavoroqualificante. Ma la famiglia ha la necessità di essere supportata in questa scelta,sia per non generare aspettative eccessive sulle capacità lavorative del soggetto,sia per valutare la necessità e la possibilità di processi formativi adeguati. Solocosì è possibile per i soggetti svantaggiati esercitare in pieno il loro diritto allacittadinanza sociale.3.2.2 I serviziAnalizzando il disagio occupazionale delle categorie protette ed in primis deidisabili, emerge generalmente, da parte degli operatori sociali ed istituzionaliintervistati, una valutazione positiva della nuova legge sul cosiddetto36


collocamento mirato 48 , considerato un provvedimento innovativo che haimpresso una svolta decisiva in questa materia.Dall’analisi delle interviste dei responsabili ed operatori del collocamentomirato si rileva che il nuovo sistema d’avviamento dei portatori di handicapconsente, tramite la chiamata nominativa, di collocare il soggetto nell’ambientelavorativo, tenendo conto della rispondenza tra esigenze aziendali e attitudini ecapacità del soggetto, mentre in precedenza l’avviamento, basatoprincipalmente sulla chiamata numerica, prescindeva dalla valutazione dellequalifiche, dal tipo di disabilità, dal tipo d’esperienze pregresse del lavoratore.Il nuovo servizio ha introdotto un’efficiente incontro tra domanda ed offerta,volto teoricamente a consentire un maggior soddisfacimento delle due particontrattuali e ridurre di conseguenza gli esiti negativi degli avviamenti,permettendo l’attivazione diretta del disabile ed una relazione stretta con iservizi sociali.Ai fini del collocamento si prevedono colloqui individuali, seminari, tirocini, ilmonitoraggio delle offerte di lavoro delle categorie protette, si garantiscel’accompagnamento degli utenti in azienda, si realizzano i tirocini previsti dalleconvenzioni. Nel caso del disagio psichico si offrono servizi d’orientamento eseminari mirati; si sono organizzati anche inserimenti socio terapeutici al finedi sensibilizzare le aziende sul tema 49 .48 Ci si riferisce alla L. 12 Marzo 1999, n. 68 intitolata Norma per il diritto al lavoro dei disabili.A riguardo si rinvia al paragrafo 2.3.49 Difatti la condizione dei disabili psichici è particolarmente difficile, per cui è necessariofocalizzare sugli interventi a favore del loro inserimento, studiandone il disagio psichico edoccupazionale, per comprendere quali sono i bisogni e quali le misure su cui puntare, ecombattendo i pregiudizi delle aziende nei loro confronti anche con campagne disensibilizzazione.37


Se i principi ispiratori sono considerati innovativi e atti a favorire un servizioefficiente che garantisca una maggiore soddisfazione delle aziende e degliutenti, dall’altra sono stati rilevati diversi problemi soprattutto nella fased’implementazione, e sono emersi, secondo alcuni intervistati, anche aspettipeggiorativi rispetto al precedente sistema.Il problema maggiore rilevato è rappresentato dalla difficoltà d’adeguamentodel vecchio sistema ai nuovi principi legali, emersa nella fase transitoria, che hafatto registrare ovunque problemi logistici, anche se alcune Province, cheavevano adottato in precedenza progetti pilota d’inserimento mirato, sonorisultate nettamente avvantaggiate nella fase dell’implementazione.Quindi si sono denunciati ritardi nell’applicazione dei compiti legali comel’istituzione delle nuove commissioni, le convocazioni degli utenti e le relativevisite nei confronti di tutti gli iscritti al collocamento obbligatorio 50 , il ritardoquindi nella stipulazione di convenzioni con i datori di lavoro, imputabili allecaratteristiche del sistema finora vigente, ancora fondamentalmenteburocratizzato e farraginoso, e alla carenza di personale, che ha determinato asua volta ritardi negli inserimenti lavorativi.Oltre ai problemi tecnici ed organizzativi indicati dai responsabili dei servizi, silamenta, da parte dei referenti delle associazioni e del volontariato, unadifficoltà a garantire gli obiettivi legali in relazione all’attitudine dei datori edegli utenti e anche alle modalità organizzative dei servizi preposti, conl’emersione di effetti perversi. La legge consente, infatti, una maggiore50 La Dott.ssa Emanuela Cordaro, responsabile del collocamento mirato della Provincia diArezzo ha sottolineato ad esempio come si richiedano tempi lunghi in quanto ad Arezzo sidevono visitare tutte le 800 persone iscritte negli elenchi del collocamento obbligatorio percontrollare, come richiesto dalla legge, lo stato fisico e quindi se sussiste la disabilità e il gradodella stessa per determinare poi coloro che hanno diritto al collocamento mirato.38


discrezionalità dei datori di lavoro. Può accadere, allora, che alcuni datori dilavoro chiedano particolari requisiti e qualifiche, che spesso non sonosoddisfatti neanche dai lavoratori iscritti al collocamento ordinario, oprofessionalità che un disabile con una certa tipologia di handicap difficilmentepotrà soddisfare, restringendo, di fatto, le opportunità d’inserimento deilavoratori. Tale possibilità determina spesso un atteggiamento ostruzionisticodei datori, che richiedono qualifiche specifiche o comunque difficili da reperireper liberarsi dall’obbligo di assunzione.Oltre a ciò l’impatto sugli utenti non è stato sempre positivo. In genere sipercepisce una diffidenza nei confronti del nuovo sistema, che sembra offrireminori opportunità in quanto più selettivo, ed una mentalità che porta adassumere atteggiamenti errati nei confronti della logica del sistema: si riscontra,ad esempio la tendenza, da parte degli utenti, a rispondere a tutte le richieste diavviamento a prescindere dalle qualifiche richieste, o al contrario adautoescludersi dal servizio perché risulta difficile accettare un sistema cherichiede un’attivazione positiva del soggetto -anche se in molti casi si lamentache gli utenti sono scarsamente informati sulle modalità per inserirsi al lavoro-.Per quanto riguarda l’organizzazione dei centri per l’impiego si lamenta ladifficoltà a stabilire i soggetti che possono rientrare nell’applicazione dellalegge; la mancanza di un coordinamento degli attori soprattutto tra soggettiprivati e pubblici; la permanenza di una cultura organizzativa dei serviziorientata alla sola amministrazione ed un conferimento delle competenze dalla39


egione alla province solo formale 51 . Si evidenzia, infatti, come questo nonabbia comportato l’apporto di nuove idee, risorse, strumenti e strutture, e comerimane scarsa la capacità di gestire le innovazioni fissate dalla legge. Questo siriflette negativamente sui disabili, che vedono, di fatto, restringere le loroopportunità d’inserimento nel breve periodo e sono quindi spinti ad utilizzarecanali diversi, come il privato sociale.In <strong>Toscana</strong> si registra, d’altra parte un forte attivismo dei soggetti privati e dicooperative sociali, che hanno dato i risultati migliori, con esperienze che hannofavorito la creazione di una stretta rete di collaborazione tra soggetti diversi.Sia i privati che le istituzioni hanno una buona conoscenza delle possibilità difinanziamento dell’Unione Europea; si ricorre quindi a progetti qualiHORIZON o EQUAL, anche se gli intervistati ritengono che tali fondi nonvengano sempre sfruttati e al contempo non si dimostrano sufficienti. Si ricorrequindi anche a finanziamenti dei servizi sociali, dei Comune o di privati. Inproposito comunque si auspica una maggiore capacità di ricorrere ai fondieuropei, da parte degli attori toscani, con una maggiore diffusione delleopportunità esistenti e lasciando spazio nella gestione di fondi e progetti anche51 La legge 28 febbraio 1987, n. 56 norme sull’organizzazione del mercato del lavoro stabilisceex art. 5 i che le Commissioni regionali per l’impiego sono l’organo di programmazione,direzione e di controllo di politica attiva del lavoro e rinviene tra i suoi compiti lapredisposizione di programmi di inserimento al lavoro di lavoratori affetti da minorazionifisiche o mentali o di difficile collocamento integrato le iniziative con le attività di orientamentodi formazione e di riadattamento professionale svolte o autorizzate dalle regione. Il D.lgs. 23dicembre 1997, n. 469 ha poi conferito alle regioni ed enti locali funzioni e compiti in materiadi mercato del lavoro e quindi, ha conferito ex art. 2 alle regioni le funzioni e i compiti delcollocamento obbligatorio e la programmazione e coordinamento delle iniziative perinserimento lavorativo delle categorie svantaggiate. Il decreto al fine di attuare tale compitiincarica la legge regionale della gestione ed erogazione della regione dei servizi per assicurarel’integrazione dei servizi per l’impiego, tramite centri per l’impiego, che devono essere gestitidalle provincie. Per la <strong>Toscana</strong> la legge è quella del 6 agosto 1998, n. 52.40


alle piccole cooperative. Si sottolinea altresì, a fronte delle difficoltà rilevate, lanecessità di un maggior controllo ex post sui risultati ottenuti dai progetti stessi.In genere i responsabili dei centri per l’impiego reputano i servizi offertisoddisfacenti in relazione al personale disponibile, anche se un giudiziocomplessivo è secondo loro ancora prematuro. Ma, proprio in risposta allelacune e alle problematiche emerse nella fase attuativa, si avverte la necessità diincrementare l’organico degli uffici per il collocamento mirato, immettendoanche competenze specifiche, in grado di seguire in modo accurato tutto l’iterper l’avviamento dei soggetti delle categorie protette, controllando le singolesituazioni di disabilità per eliminare coloro che non hanno in verità diritto diessere iscritti e accertare la reale gravità dell’handicap. Con la maggioredisponibilità di personale, sarebbe inoltre possibile fornire una maggioreinformazione agli utenti sulle opportunità di lavoro e sulle metodologied’avviamento, puntando sull’orientamento, e sulla partecipazione attiva degliutenti, permettendo il progressivo cambiamento di un approccio eccessivamenteassistenzialistico e passivo da parte degli utenti stessi.D’altra parte l’iniziativa personale degli utenti, secondo i responsabili delleassociazioni, deve essere supportata da adeguate politiche, in particolareincentivando la formazione professionale, mediante corsi di qualificazionedirettamente a contatto con l’impresa in cui il lavoratore potrebbe esserecollocato, in modo da sopperire alla mancanza di qualifiche richieste in modomirato. Si auspica, poi, un maggior ricorso allo strumento del tirocinio daprevedere all’interno delle convenzioni.Inoltre gli esponenti delle associazioni e del privato sociale fanno notare comel’inserimento lavorativo presupponga un’integrazione più ampia del disabile,che abbracci ogni ambito di vita anche per mezzo di un percorso di lungo41


periodo, da realizzare tramite servizi integrati e la garanzia dell’assistenza,compiti che devono ricadere non solo sulle associazioni private di volontariatoma devono essere supportati dalle istituzioni pubbliche. Quindi, aldilà deiservizi offerti, permangono comunque una serie di ostacoli all’integrazionesociale e di conseguenza anche lavorativa, come ad esempio l’esistenza dibarriere architettoniche che non garantiscono pari accesso ai luoghi pubblici eprivati o la libera circolazione nei mezzi di trasporto pubblico.A ciò si deve aggiungere un approccio inadeguato riscontrato in alcune famigliedei portatori di handicap, che dà luogo ad atteggiamenti che rischiano dicompromettere l’efficacia dell’intervento dei servizi. In alcune si riscontra,infatti, la tendenza a reprimere le abilità e capacità del soggetto riducendo la suaautostima e le sue opportunità; in altre si tende a rifiutare la disabilità nutrendoaspettative superiori a quelle reali, che potrebbero determinare frustrazioni incaso di fallimento.Infine, gli intervistati hanno rilevato, oltre ai problemi di attuazione, alcunecarenze normative, formulando indicazioni per il legislatore orientate in duediverse direzioni, le quali tengano conto delle contrapposte esigenze dei datoridi lavoro e dei lavoratori disabili. Da un lato si ritiene di dover favorire inmisura maggiore l’assunzione da parte di imprese private, aumentando gliincentivi e gli sgravi fiscali per quelle che occupano disabili, ma anchepuntando sul dialogo tra le parti sociali per realizzare programmi ad hoc chepermettano di ricoprire l’inserimento in mansioni finora non coperte. Dall’altro,in particolare da parte dell’associazionismo a tutela dei disabili, si percepiscel’esigenza di garantire un obbligo più cogente d’assunzione nei confronti deidatori, corredando il sistema di sanzioni più gravi e controlli efficaci.42


3.3 Immigrati3.3.1 Le principali problematichePer quanto riguarda la condizione degli immigrati - cui si possono sommareanche altri fattori di difficoltà, come la tossicodipendenza o la detenzione, ildisagio occupazionale è imputabile a:− problemi linguistici, particolarmente forti per alcune etnie;− problemi di integrazione sociale dovuti a cultura, abitudini, e religionediversi, che in genere che incidono negativamente sulla possibilità diinserimento sociale e quindi anche lavorativo;− alla mancanza di un’istruzione e di una formazione professionale adeguate,o di significative esperienze lavorative precedenti;− al non riconoscimento dei titoli di istruzione conseguiti nel paese di origine,che limita la competitività nel mercato del lavoro.Inoltre le difficoltà crescono:− all’aumentare dell’età, dal momento che gli adulti hanno più difficoltà adintegrarsi, imparare la lingua e adattarsi a modelli di vita e lavoro diversi;− per le donne, che oltre a subire le maggiori difficoltà che incontranogeneralmente anche le donne italiane, spesso scontano le difficoltà legatealla cultura di tipo patriarcale presente nella comunità di origine, le qualinon ammettono in genere il lavoro femminile extradomestico;− per la tendenza di alcune popolazioni di abbandonare per lunghi periodi ilposto di lavoro per tornare al paese di origine, spesso in momenti dell’annolegati a festività del proprio paese di origine, non corrispondenti a periodifestivi in Italia;43


− per il fatto che molti immigrati sono abituati a ritmi di lavoro minoririspetto a quelli richiesti in loco;− perché gli immigrati sono soggetti più deboli nel caso di licenziamento, inquanto hanno una conoscenza minore dei loro diritti;− per la difficoltà di trovare una abitazione che gli permetta di stabilirsi concontinuità per lavorare;− per l’assenza di collaborazione tra etnie diverse, in quanto assumonoposizioni diverse nei confronti di proposte di lavoro non regolari,alimentando le possibilità di sfruttamento;− per la difficoltà di integrazione in un mercato del lavoro competitivo per isoggetti che provengono da un regime socialista ed ex socialista.Se le difficoltà linguistiche sono comuni a tutte le etnie, le difficoltà legate alledifferenze culturali incidono diversamente. A questo riguardo, numerosioperatori sottolineano la presenza di comportamenti ed attitudini diverse aseconda del Paese di provenienza. Per esempio, gli immigrati provenienti dalSenegal si adeguano a convivere con i propri connazionali, accettandofacilmente qualunque lavoro; mentre i nord-africani ricercando una maggioreindipendenza e, avendo una conoscenza maggiore del mondo occidentale, siattendono un maggiore rispetto dei propri diritti, tendendo a non accettarelavori al nero o a bassa remunerazione, e ricercando una maggiore tutelasindacale. Alcuni rappresentanti degli immigrati ritengono che nelleCooperative Sociali tale tutela sia difficilmente esercitabile, in quanto si ritienegeneralmente che l’opportunità di voto del socio-lavoratore sia sufficiente perdifendere i propri diritti. Alcune difficoltà specifiche ad alcune etnie si possonocogliere da alcune situazioni esemplificative indicate dagli intervistati:44


− i somali incontrano difficoltà a seguire i ritmi di lavoro nelle fabbriche e,generalmente, preferiscono lavori che consentono di rimanere all’ariaaperta -raccolta di frutta e verdura, vendita ambulante-;− alcune donne musulmane incontrano difficoltà a trovare lavoro comecollaboratrici domestiche poiché, profondamente legate alle loro tradizionireligiose, si rifiutano di servire il vino o cucinare il maiale e si coprono ilviso;− per quello che riguarda le attività di collaborazione domestica o assistenzapersonale, c’è da sottolineare come le donne dell’Africa nera subiscono laconcorrenza delle ragazze dell’Est Europa, che sono preferite dallefamiglie italiane perché non di colore e percepite come più vicine allacultura italiana;− gli albanesi sono considerati dagli operatori come la comunità che presentamaggiore difficoltà ad integrarsi ed a trovare un impiego, per la mentalità el’atteggiamento culturale che li contraddistingue: sono in molti casi nondisponibili ad adattarsi alle gerarchie, e non sono abituati ai ritmi di lavorodi una economia di mercato;− i cinesi di solito non hanno problemi particolari a lavorare poiché sonoimpiegati all’interno delle fabbriche della loro comunità; semmai il disagiosi riscontra laddove, come accade di recente, i cinesi abbiano la necessità dilavorare in aziende italiane, poiché in tal caso incontrano forti problemilinguistici.Gli operatori rilevano d’altra parte come alcune caratteristiche -più presenti,secondo loro, in alcune etnie, come indiani o pakistani- permettano viceversa45


un migliore inserimento nel mondo del lavoro, poiché consolidano unapercezione positiva da parte dei datori di lavoro:− un’istruzione medio-superiore o anche universitaria ed una mentalitàaperta, unità all’adattabilità alle condizioni di lavoro -anche noncorrispondenti per qualifica all’istruzione- ed al rispetto delle regolenell’ambiente di lavoro, con vantaggi percepiti dal datore anche rispettoall’offerta di lavoro italiana;− l’affidabilità in relazione alla continuità della prestazione lavorativa, percui le ferie ed in ritorni in patria sono gestiti di comune accordo con ildatore di lavoro;− la presenza di una rete amicale stretta, per cui gli immigrati riescono adinserirsi più facilmente nella società come nel lavoro, con una condizionepersonale più stabile.3.3.2 I serviziSecondo le interviste svolte nel territorio toscano si rileva diffusamentel’esigenza di garantire una risposta adeguata e al problema dell’immigrazionesotto il profilo del disagio sociale ed occupazionale degli stranieri che migranoin Italia alla ricerca di migliori condizioni di vita. La legge regionale del 1990ha previsto interventi a sostegno agli immigrati extracomunitari che dimoranonel territorio toscano, fissando tra i suoi obiettivi la promozione del diritto allavoro, allo studio e alle prestazioni sociali e sanitarie degli immigrati,46


promuovendo principalmente l’istituzione, da parte dei Comuni, di servizi diaccoglienza 52 .Quindi le istituzioni pubbliche, spesso in collaborazione con le organizzazionidi volontariato ed il supporto delle associazioni di categoria, offrono servizi, siadi prima accoglienza, sia rivolti ad un adeguato e stabile inserimento lavorativo,sia ad un’effettiva e completa integrazione sociale.Principalmente, infatti, gli immigrati si rivolgono ai servizi pubblici e privatiallo scopo precipuo di ottenere un’assistenza primaria, un alloggio ed un lavoroanche temporaneo, richiedendo informazioni e supporto nelle pratiche per ilpermesso di soggiorno.Le problematiche principali che i servizi hanno dovuto affrontare sono connessealle difficoltà linguistiche degli immigrati, che ne limitano le possibilitàd’impiego rendendo necessaria un’assistenza primaria, e quindi la garanzia diun reddito minimo ed di un alloggio temporaneo. A ciò si aggiungono ifrequenti casi di sfruttamento e truffe nella stipulazione dei contratti d’affitto,ed i casi di lavoro nero. Successivamente si devono affrontare problemi piùcomplessi relativi all’integrazione sociale e culturale, e connessi alla presenzadi nazionalità, culture, lingue, religioni molto diverse tra loro e spesso distantida quella italiana.Sul territorio toscano si rileva una cultura della accoglienza abbastanzasviluppata da parte delle istituzioni, del volontariato e delle parti sociali, conuna buona collaborazione tra enti locali, sindacati, forze dell’ordine eassociazionismo privato, che intervengono principalmente su tre aree: il lavoro,l’alloggio, l’assistenza primaria. La tipologia dei servizi è varia ed organizzata52 Legge regionale 22 marzo 1990, n. 22. Interventi a sostegno dei diritti degli immigratiextracomunitari in <strong>Toscana</strong>.47


secondo interventi a rete che prevedono però specializzazioni. I Comunierogano fondi e svolgono l’accoglienza primaria, indirizzano verso i servizisocio sanitari, promuovono e collaborano con le associazioni private chegarantiscono alloggi e assistenza. I centri per l’impiego ed il sindacatointervengono soprattutto con servizi connessi al lavoro, ma garantiscono spesso,nell’ottica del coordinamento integrato dei servizi, anche l’accoglienza.Si sono così realizzati centri di accoglienza, sportelli polifunzionali pressosindacati e associazioni di volontariato che garantiscono una prima accoglienza,informazioni per la ricerca di un alloggio, un’integrazione dei redditi e lagaranzia di un minimo vitale di sussistenza, l’assistenza relativa alle praticheper il permesso soggiorno e per i ricongiungimenti familiari.Per quanto riguarda il lavoro, si punta essenzialmente sul superamento deiproblemi linguistici, offrendo corsi di avviamento alla lingua italiana servizi diorientamento al lavoro, favorendo il contatto con le aziende, insegnando aleggere ed interpretare gli annunci e a comprendere i contratti di lavoro o diaffitto, ed offrendo anche una consulenza giuridica per incidenti sul lavoro e perla risoluzione delle controversie di lavoro. I centri per l’impiego hanno cercatodi garantire il diritto al lavoro tenendo conto come nel caso degli immigrati sianecessario garantire un’offerta specifica che vada da corsi di lingua, e di primoorientamento tramite colloqui individuali, fino all’inserimento concreto, anchetramite la collaborazione con sindacati, stages e tirocini nelle aziende, con una48


particolare attenzione all’attività di sostegno al mantenimento dell’occupazioneper favorire la stanzialità dei lavoratori 53 .Nell’ambito lavorativo gli intervistati non percepiscono una difficoltàd’inserimento imputabile ad atteggiamento discriminatorio dei datori di lavoro,e non si registrano avversioni particolari, anche se non si escludono pregiudizisoprattutto nei confronti di alcune etnie. Spesso anzi la domanda di lavoro delleimprese per certe particolari mansioni eccede l’offerta e quindi le aziendevalutano come una preziosa risorsa la presenza di immigrati che presentano unaforte esigenza di lavorare. D’altra parte i datori di lavoro ricercano lavoratoriaffidabili, temendo soprattutto il fenomeno dell’abbandono. Relativamenteall’atteggiamento della controparte datoriale emergono situazioni diversificate:anche se vi sono casi frequenti, specie nelle piccole e medie imprese e nelsettore dell’edilizia, di ricorso a lavoro nero degli immigrati, alcuni datori dilavoro si dimostrano rispettosi delle regole ed in molti casi interessati aqualificare i loro lavoratori con corsi formazione per far fronte alle particolariesigenze produttive.Spesso si rileva una forte diffidenza verso gli immigrati determinata dallatendenza diffusa di abbandonare il posto di lavoro senza preavviso per breviperiodi al fine di ricongiungersi con i familiari, atteggiamento imputabileprincipalmente alla carenza di una cultura del lavoro adeguata che renda53 Vi sono state inoltre una serie di iniziative e servizi ad hoc: da un lato si sono istituiteassociazioni private per il sostegno all’integrazione delle famiglie immigrate o per garantirel’alloggio temporaneo di adulti e minori, anche con il supporto delle istituzioni pubbliche;nell’ambito specifico del lavoro si realizzano iniziative, specie delle parti sociali, come accordidei sindacati con L’USL per garantire minimo contro gli infortuni sul lavoro, o intese con idatori volte a regolarizzare i lavoratori immigrati, l’organizzazione di comitati di sicurezza alivello locale che studiano soluzioni per evitare delinquenza e la costituzione associazioniprivate volte a favorire l’imprenditorialità femminile.49


consapevoli della esistenza di obblighi contrattuali, ma anche ad esigenzeconnesse a tradizioni religiose e culturali diverse. I lavoratori stranieri spessonon si preoccupano delle conseguenze della perdita del lavoro e del rapporto difiducia, così come degli effetti negativi per il datore di lavoro derivanti dal lorolicenziamento improvviso. Si rende quindi necessario sviluppare laconsapevolezza dell’importanza di lavorare in modo regolare e continuativo,concordando ad esempio le ferie anticipatamente con il datore di lavoro anchein relazione alle esigenze del lavoratore, e promuovendo al contempo l’uscitadalla situazione di clandestinità.In genere gli operatori sono soddisfatti sulla possibilità che offre la legge inmateria di assistenza agli immigrati, e del funzionamento e dei servizi offertialla comunità di immigrati. Una ampia soddisfazione si riscontra ancherelativamente alla capacità di agire attraverso un sistema integrato di servizibasato sulla collaborazione dei vari attori sociali. Anche se la rete dei servizi èsviluppata permangono tuttavia molti problemi da risolvere. Vi sono carenzeprincipalmente in termini di copertura: i servizi pubblici non riescono agarantire il contatto con i clandestini e quindi gli interventi su tale target sonocondotti dalle sole organizzazioni di volontariato o dal sindacato. Rimaneesclusa dagli interventi una larga fetta di soggetti che viene spesso coinvoltanello svolgimento di attività illecite, come lo sfruttamento o l’esercizio dellaprostituzione, lo spaccio ed il consumo delle droghe, le attività delinquenzialianche legate allo sfruttamento della clandestinità, o che vive ai margini dellasocietà in condizioni di forte povertà ed indigenza. In questi casi ancora siavverte una forte impotenza e difficoltà di recupero o prevenzione, che puòessere attualmente garantita per i soli minori accolti e tutelati dalle strutturepubbliche.50


Gli intervistati rilevano, infine, la necessità di prevenire i casi di sfruttamentospecie nell’ambito lavorativo, e in particolare i casi di lavoro nero. A questoriguardo si auspicano maggiori controlli ed una maggiore informazione,garantendo la necessaria integrazione linguistica per rendere gli straniericittadini consapevoli, oltre all’offerta di strumenti di tutela e controllo anchetramite una maggiore sindacalizzazione.3.4 Tossicodipendenti3.4.1 Le principali problematicheI tossicodipendenti sono caratterizzati da minore difficoltà, rispetto ai disabili,nel concreto svolgimento del lavoro, ma da maggiori difficoltà nella tenuta delruolo: per il tossicodipendente è infatti è molto difficile tener fede ai tempi ed aimodi del lavoro. Tuttavia, anche per quello che riguarda la categoria deitossicodipendenti, la realtà è piuttosto difforme. Registrano maggiore difficoltài soggetti che stentano ad uscire in modo definitivo dalla tossicodipendenza; isoggetti che hanno subito una forte delibitazione fisica e/o psichica conl’esperienza della tossicodipendenza; e, normalmente, il cosiddetto zoccoloduro costituito da persone:− che hanno lunga storia di tossicodipendenza alle spalle;− con problemi psichiatrici gravi;− con contesti familiari e sociali difficili;− con esperienze pregresse di carcerazione;− con problematiche aggiuntive come l’alcolismo e/o la sieropositività.51


Nella popolazione tossicodipendente si stanno affacciando poi nuovi profili chepresentano difficoltà aggiuntive nel recupero e nell’inserimento nel mondo dellavoro. Gli operatori notano che i primi tossicodipenti che si avvicinavano aiservizi negli anni ‘80, pur avendo una storia vissuta lacerata dall’usodell’eroina, provenivano da un tessuto sociale nel quale si erano positivamentemisurati con il mondo del lavoro e avevano mantenuto una rete di relazioniparentali o, più spesso, amicali, sui quali era possibile basare un percorso direcupero e di reinserimento sociale. Il giovane eroinomane che spesso arrivaoggi ai servizi ha bruciato le tappe: ha problemi psichiatrici legati all’uso didroghe sintetiche -quando non preesistenti all’uso di sostanze stupefacenti- enon di rado non si è mai avvicinato al mondo del lavoro. In questi casi, come intutti i casi cosiddetti di doppia diagnosi -tossicodipendenza e problemipsichiatrici-, sia il recupero che l’inserimento nel mondo del lavoro sonoestremamente difficoltosi.Una peculiarità della tossicodipendenza è poi il fatto di essere patologiarecidivante, per cui spesso i soggetti ricadono nell’uso delle droghe nel corsodegli anni, determinando così una maggiore diffidenza da parte dei datori dilavoro. D’altra parte il lavoro è spesso un momento importante del processo diriabilitazione e recupero: se, nel momento in cui l’ex tossicodipendente siaffaccia al mondo del lavoro, non è supportato e non è collocato in un lavorocalibrato sulle sue reali possibilità, l’insuccesso nel lavoro può di per séannullare tutto il processo terapeutico e riabilitativo.Infine occorre rilevare che la donna tossicodipendente incontra spesso maggioridifficoltà nel mercato del lavoro, perché non ha competenze spendibili e, non dirado, ha una realtà familiare difficoltosa, data l’elevata incidenza tra letossicodipendenti di ragazze-madri.52


3.4.2 I serviziNel caso dei tossicodipendenti il recupero e l’inserimento lavorativo vieneaffidato principalmente ai servizi socio sanitari, ed alle cooperative sociali. Iprimi offrono interventi finalizzati soprattutto alla prevenzione dellatossicodipendenza, con campagne di informazione nei confronti dei giovanianche in relazione all’emersione dell’uso di nuove droghe; ma soprattuttointerventi rivolti alla cura e alla riabilitazione. Le cooperative si orientanoprincipalmente alla formazione finalizzata al lavoro. Il recupero all’interno deiSer.T. prevede sia trattamenti farmacologici, psicologici che educativi ma anchela possibilità di svolgere attività lavorative che permettono di riacquisire e disviluppare le abilità manuali e, dove possibile, di realizzare il concretoinserimento lavorativo del soggetto.Si sono realizzate esperienze significative, come i gruppi riabilitativi chepermettono di regolare i tempi di vita dei soggetti e di sviluppare le lorocapacità relazionali e le abilità tramite corsi di formazione e occupazioniall’interno del servizio o in convenzione con enti locali e cooperative. Percoloro che hanno già sviluppato capacità ed autonomia, si sperimentano datempo veri e propri inserimenti socio-terapeutici, tramite tirocini mirati chepermettono un’integrazione graduale del soggetto all’interno dell’azienda esboccano nell’inserimento lavorativo.In genere si registrano esiti positivi; tuttavia vi è sempre una percentuale difallimenti imputabili alla condizione particolare di questi soggetti, caratterizzatada un’elevata recidività. Quindi emerge l’esigenza di evitare ricadute puntandosul monitoraggio e sullo sviluppo dell’autostima, proprio grazie all’integrazioneall’interno di progetti lavorativi che tengano conto sia delle difficoltà fisiche edella scarsa resistenza al lavoro di questi soggetti, sia della necessità di rendere53


autonomo l’utente dal servizio. Le difficoltà maggiori tuttavia s’incontranonella riabilitazione e reinserimento lavorativo di coloro che cumulano piùproblematiche e principalmente dei soggetti per i quali la tossicodipendenza siassocia alla detenzione.Gli operatori e responsabili dei servizi non rilevano una crescente attenzionepolitica verso la problematica della tossicodipendenza. D’altra parte emerge uncambiamento degli approcci e delle metodologie, che tendono oggi afocalizzarsi sulla prevenzione piuttosto che sul recupero. Dunque si ritienenecessario incrementare gli interventi atti a prevenire e a promuovere ilrecupero tramite il lavoro anche grazie a maggiori strutture e risorse per lecooperative, cercando anche di offrire una maggiore informazione persensibilizzare l’opinione pubblica sulle problematiche e sugli interventi eprogetti di recupero attivati.3.5 Detenuti3.5.1 Le principali problematichePer quanto riguarda i detenuti, il problema dell’inserimento lavorativo èparticolarmente accentuato, essendo la popolazione dei detenuti composta perun 30 % da immigrati e per un 50 % da tossicodipendenti e/o sieropositivi;inoltre, fra i minori detenuti, gli immigrati sono la maggioranza. Purtroppo ilsommarsi di varie forme di disagio porta spesso a realtà personali drammatiche,difficilmente superabili. Questo fenomeno è emerso nell’ultimo decennio e54


ichiede la sperimentazione di nuove strategie di riabilitazione 54 . In particolareoccorre segnalare che il detenuto quando esce dal carcere è spesso lasciato solo:se è un immigrato fa perdere le proprie tracce; se è tossicodipendente èsottoposto ad un elevato rischio di recidività.Ma l’ostacolo più rilevante per l’inserimento al lavoro è il pregiudizio: l’exdetenuto si deve scontrare con una forte mancanza di fiducia nei propriconfronti; è veramente difficoltoso trovare porte aperte per questi soggetti. Sepure trovano un’occupazione -in genere poco qualificata- corrono comunque ilrischio di essere allontanati nel caso in cui si venga a conoscenza del loropassato. C’è quindi, secondo gli operatori, la necessità di effettuare unacampagna informativa che dia maggiore dignità al detenuto e che ravvivi ildibattito sulle problematiche legate al sistema carcerario, soprattutto in questomomento, nel quale c’è una tendenza a diffusa a criticare il principiocostituzionale della finalità rieducativa della pena.Gli intervistati hanno notato infine come, con il nuovo regolamentopenitenziario, è stata sancito il principio di residenza -ovvero il detenuto devescontare la pena nell’istituto più vicino alla propria residenza-, i detenutipresenti nelle carceri toscane sono quindi in misura maggiore cittadini residentiin <strong>Toscana</strong>, per cui dovrebbe aumentare l’interesse per le politiche direinserimento anche da parte delle amministrazioni locali.54Secondo gli operatori intervistati, per facilitare l’inserimento al lavoro dei detenutioccorrerebbe più formazione professionale; più educazione alla cultura del lavoro; più lavoroall’interno del carcere (ora ridottissimo); forme di accompagnamento al lavoro per chi esce dalcarcere.55


3.5.2 I serviziCosì come i tossicodipendente, gli ex detenuti sono una categoria caratterizzatada forte recidività, dal sovrapporsi di più espressioni del disagio, e da fortegrado emarginazione sociale, rilevato soprattutto nei tentativi di reinserimentonel mercato del lavoro. I servizi concentrano, quindi, la propria azione pervalorizzare la capacità degli individui, attraverso la formazione ed i supportocontro la diffidenza ed il pregiudizio da parte dei datori di lavoro.In genere lo strumento di recupero ed inserimento lavorativo sono lecooperative sociali, che offrono chance di formazione e lavoro accompagnatocon attività integrative, ricreative e educative, incentivando l’attivapartecipazione del soggetto.L’operato delle cooperative, anche rivolte a soggetti con problemi psichiatricigravi, è giudicato positivamente da parte di chi vi opera, soprattutto perchégarantisce al detenuto di sentirsi parte attiva del lavoro, in quanto dipendente osocio della cooperativa. L’offerta non è considerata ancora esaustiva, anche seaumentata grazie agli incentivi previsti dalla legge recente in materia 55 . Siauspica inoltre, una maggiore attenzione a tale tipologia di disagio da partedelle istituzioni, l’incentivazione al ricorso ai detenuti da parte di impreseprivate con una maggiore informazione sugli sgravi fiscali esistenti, ma anchela promozione del lavoro interno al carcere. Al fine di inserire efficacemente ildetenuto nel mercato del lavoro si deve focalizzare inoltre sulla formazioneprofessionale e supportare l’attività lavorativa con lezioni in aula.55 L.22 giugno 2000, n. 193 che ha previsto una serie di misure che incentivano, di fatto, ilricorso e l’impiego del lavoro dei detenuti tramite appunto incentivi e sgravi fiscali per i datoriprivati e le cooperative56


Nel caso delle cooperative molti progetti sono finanziati da fondi europei 56 ma siutilizzano anche finanziamenti degli Enti Locali e della <strong>Regione</strong>. Si lamenta lascarsità di risorse, che impedisce di garantire effettivamente la partecipazione ditutti i detenuti a programmi d’inserimento, che richiedono anche lunghi periodidi formazione non retribuito.56 Come i progetti CAOS, di orientamento al lavoro dei detenuti, e Popolaris, progetto diinserimento lavorativo a livello regionale gestito dall’amministrazione penitenziaria nazionale;oppure i progetti transnazionali CORUS e Plexus.57


4. DISAGIO SOCIALE E LAVORO IN TOSCANA: UNAMAPPATURA REGIONALE ATTRAVERSO LE FONTISTATISTICHE4.1 IntroduzioneL’analisi statistica di un fenomeno sociale richiede di passare dagli aspetticoncettuali-discorsivi alla scelta di indicatori che ne consentano unaquantificazione. Il procedimento si può riassumere nei seguenti passaggi:− si scompone il fenomeno originario in aspetti costitutivi -come li denominòP. Lazarsfeld (Boudon-Lazarsfeld, 1965)- o dimensioni;− si individuano gli indicatori sociali corrispondenti a ciascuno degli aspetticostitutivi;− si individuano le ipotesi di relazione tra gli aspetti costitutivi scelti e ilfenomeno di partenza;− si individuano le ipotesi di interrelazione esistenti tra gli aspetti costitutividel fenomeno da misurare.Il processo logico-concettuale dal fenomeno sociale agli indicatori si puòschematizzare (Fraire-Terranova, 1983), come riportato nella figura 1.La specificazione del processo logico-concettuale è necessaria per la scelta,l’interpretazione e la verifica delle misure ottenute attraverso gli indicatori,senza la quale gli indicatori possono condurre a interpretazioni e conclusionierrate rispetto al fenomeno oggetto dell’analisi (Resi, 1978).Di primaria importanza diventa, quindi, la specificazione del modello diriferimento, ossia la traduzione della definizione astratta di partenza del


fenomeno in aspetti o dimensioni statisticamente misurabili e nelle relazioni traessi ipotizzate, la cosiddetta operativizzazione statistica della definizione.FIGURA 1. DALLA DEFINIZIONE DEL FENOMENO SOCIALE AGLIINDICATORIDefinizioneastratta delfenomenosocialeAspetticostitutivi delfenomeno sociale(dimensioni edeventualisubdimensioni)Indicatori socialicorrispondenti aciascun aspettocostitutivoEventuale sintesidegli indicatorisociali in indicisinteticiaggregatiPer quanto riguarda la presente indagine occorre rilevare che il fenomeno dellavoro dei soggetti svantaggiati è difficilmente misurabile, in quanto non esisteuna definizione precisa del disagio sociale e tantomeno una misura del livello dioccupazione dei soggetti in condizione di disagio. E’ quindi in primo luogonecessaria una definizione a priori del disagio sociale sulla quale formulareun’ipotesi di studio. La definizione di disagio sociale alla base del presenterapporto si fonda sui risultati contenuti nel rapporto di ricerca “Il disagio socialein <strong>Toscana</strong>: ricerca esplorativa per il monitoraggio delle nuove politiche”,realizzato dal Ciriec per conto dell’Orml nel 1998 (Orml-Ciriec, 1998). Talericerca delimitava il disagio sociale come un sottoinsieme del disagioindividuale, secondo l’identità disagio sociale = disagio individualecollettivamente riconosciuto. Assumendo però che il disagio sociale -quale siail significato attribuitogli- presuppone un disagio personale, è necessario che siala soggettività del sofferente a stabilire i termini della questione (Orml-Ciriec,1998: 5). Quest’approccio implicherebbe una particolare attenzione ai cosiddettiindicatori sociali percettivi -o con approccio psicologico-. Gli indicatori sociali59


percettivi sono costruiti con dati statistici cosiddetti soft: non hanno comeoggetto aree di rilevanza sociale, ma l’individuo e le sue sfere di vita. Gliindicatori sociali sono quindi rappresentati da item qualitativi-psicologici sudesideri, opinioni, atteggiamenti, giudizi, soddisfazioni, insoddisfazioni neiconfronti delle sfere della propria vita. Questi indicatori furono per la primavolta utilizzati all’inizio degli anni ‘70 per valutare la qualità della vita dellepopolazioni (Cantril, 1965; Bradburn, 1969; Campbell-Converse, 1972), conrilevazioni campionarie effettuate tramite questionario. La tecnica dell’inchiestaè infatti considerata essenziale per questo tipo di approccio alla misurazione delbenessere sociale.Questo tipo di indicatori sono antitetici rispetto agli indicatori sociali oggettivi,che dal punto di vista statistico sono caratterizzati dal fatto di essere costruiticon dati statistici cosiddetti hard, ossia metrici-quantitativi, di tipo descrittivooggettivo.Derivano da questi gli indicatori sociali oggettivi e normativi,caratterizzati dalla peculiarità di avere degli standard prefissati, ossia dei valori,o dei criteri, rispetto ai quali valutare se una determinata situazione misuratadagli indicatori sociali è da considerarsi buona/cattiva o migliore/peggiore.La dimensione estesa del territorio oggetto d’indagine impedisce, di fatto, diutilizzare indicatori sociali percettivi. Per la costruzione della mappaturaregionale si è quindi ricorsi ad indicatori oggettivi, specificati partendo da unmodello suggerito in Orml-Ciriec (1998), in cui si operava una distinzione fracause del disagio e espressioni di disagio più evidenti, anche se nella stessaindagine si evidenziava che le cause non generano con sicurezza una situazionedi disagio, ma costituiscono piuttosto la base sulla quale possono insorgeresituazioni di disagio che vedono il concorso di più fattori (Orml-Ciriec, 1998:16). Cause e manifestazioni del disagio sono quindi difficilmente distinguibili,60


generando una rete di interrelazioni nelle quali è difficile individuare unaprecisa relazione causa-effetto.Riassumendo, nella specificazione di un modello ben definito per il disagiosociale, che consenta una stima delle variabili oggetto d’indagine, si pongonodue ordini di problemi:1. non è ben definita la distinzione fra cause ed effetti;2. non esistono gli indicatori specifici relativi alla manifestazione del disagionel mercato del lavoro; non esistono, ovvero, indicatori che misurano illivello di occupazione dei soggetti deboli.Tali problemi ci conducono a scartare modelli statistici di studio come l’analisistrutturale per variabili latenti (Joreskog-Goldberger, 1975; Irpet, 1993) emodelli di regressione lineare, infatti la specificazione matematica di talimodelli implica un appropriato sistema di ipotesi riferite alle relazioni fra levariabili, non conseguibile, come sopra spiegato, nel caso del disagio sociale.Sulla falsariga della distinzione fra cause e manifestazioni del disagio sopracitata, pur con le cautele sopra espresse, si è ritenuto opportuno analizzareseparatamente indicatori relativi agli aspetti socio-economici che possonofacilitare la presenza del disagio sociale, e quelli relativi alla presenza sulterritorio dei soggetti del disagio sociale. Successivamente è stata effettuata unazonizzazione distinta per ogni categoria di indicatori individuata (§ 4.3.2, 4.3.3,4.3.4) e, in ultimo, una classificazione complessiva delle unità territorialiminime (Comuni) sulla base degli indicatori di tutte le categorie individuate(§4.3.5).Sulla scorta di Orml-Ciriec (1998) le dimensioni relative all’ambiente socioeconomicoche sono state oggetto d’interesse sono (Orml-Ciriec, 1998: § 1.4):− situazione economica;61


− ruolo sociale;− cultura;− famiglia;− ambiente sociale;− sesso.Mentre per le espressioni più evidenti del disagio si sono considerati:− uso di droghe;− uso di alcool;− nomadismo;− handicap;− disagio giovanile;− immigrazione;− detenzione.La scelta del livello di disaggregazione territoriale per effettuare le zonizzazioniè condizionata dal livello di disaggregazione al quale è possibile reperire i dati.Si è così deciso di analizzare il disagio sociale e il lavoro dei soggettisvantaggiati attraverso 3 tipi analisi, tenendo conto di tre diverse zone diriferimento:1. analisi del sistema socio-economico a livello di Sistemi Economici Locali(SEL), con particolare riguardo al disagio sociale che può provocaredifficoltà nell’inserimento nel mondo del lavoro (§ 4.3.2);2. analisi dei soggetti svantaggiati a livello di zone socio-sanitarie (§ 4.3.3);3. analisi del tasso di occupazione a livello di Sistemi Locali del Lavoro (SLL)(§ 4.3.4).62


Infine, attribuendo il valore assunto dagli indicatori nelle rispettive zone aiComuni che le compongono, è stata effettuata una classificazione dei Comunidell’intera regione (§ 4.3.5).Per quanto riguarda le aggregazioni territoriali considerate si può brevementespecificare quanto segue:− i Sistemi Economici Locali sono delle aggregazioni di Comuni individuatidall’Irpet (Irpet, 1997; <strong>Regione</strong> <strong>Toscana</strong>, 2000; Irpet, 1999) secondocaratteristiche socio-economiche omogenee;− le zone socio-sanitarie sono delle suddivisioni dei territori delle Aziendesocio-sanitarie, individuate con la L. R. n.23/95, nelle quali, in base la leggeregionale 72/97, avviene la programmazione degli interventi socio-sanitari;− i Sistemi Locali del Lavoro sono degli aggregati territoriali di Comuni neiquali, in base ai dati del Censimento del 1991, l’Istat, in collaborazione conl’Irpet, l’Università di Newcastle e l’Università di Leeds, ha individuato unmercato del lavoro a livello locale (Istat, 1997).In appendice al presente rapporto è riportato per ogni Comune toscanol’appartenenza a ciascuna aggregazione territoriale considerata.Come risulterà dalle mappe riportate di seguito, le zone SEL e le zone socioassistenzialiquasi coincidono fra di loro: spesso la convergenza non si hasemplicemente per un Comune che è presente in un SEL ma non nellacorrispondente zona socio-sanitaria. Tale quasi coincidenza non facilita certol’efficienza e l’integrazione delle politiche sociali e del lavoro.Nella pagina seguente sono illustrati gli indicatori che sono stati ritenuti idoneia misurare gli aspetti costitutivi del fenomeno, tenendo conto della disponibilitàdei dati al livello di dettaglio territoriale scelto per l’analisi.63


TABELLA 1. INDICATORI PROPOSTI PER L’ANALISI DELLASITUAZIONE SOCIO-ECONOMICACausa -tematicaSituazioneeconomicaCodiceE1Reddito pro-capiteRuolo sociale R1 Disoccupazione di lunga durataCulturaFamigliaAmbientesocialeC1C2F1F2F3A1A2Sesso S1 Tasso di attività femminileIndicatoreIndice di istruzione superiore% popolazione tra 15 e 42 anni senza licenza di scuola dell’obbligo% Famiglie in coabitazione o in abitazione improprie% Famiglie di 5 componenti con un solo percettore di reddito% Famiglie monoparentali con almeno un minoreIndice di abortività (interruzioni volontarie di gravidanza su popolazionefemminile in età fertile)Indice di affollamento abitativoAlcune riflessioni sugli indicatori prescelti per l’analisi della situazione socioeconomica(tabella 1) sono suggerite dall’analisi del concetto di disagio socialeeffettuate in Orml-Ciriec (1998).Il reddito (indicatore E1) costituisce un fattore di disagio nel senso che èall’origine di situazioni di disagio; questo nella sua forma di mancanza tantoassoluta quanto relativa. La povertà, tuttavia, può essere anche un effetto di unasituazione di disagio. Bassi livelli culturali (C2) generano situazioni didifficoltà d’inserimento; ma è pur vero che buoni livelli culturali (C1) possonogenerare disagio da aspettative.La disoccupazione prolungata (R1), oltre che creare un disagio legato al reddito,ha effetto su quello che si può chiamare disagio di ruolo. L’assenza diindipendenza economica determina una instabilità psicologica che puòtrasformarsi in vero e proprio disagio.64


L’affermarsi della famiglia nucleare a scapito di quella allargata ha determinatoil venire meno di tutta una serie di difese e di fattori che facilitavano lasocializzazione, anche se rappresentavano spesso un vincolo per l’espressionedei singoli. Nell’attuale organizzazione sociale sono quindi in una situazione didisagio le famiglie numerose nelle quali non c’è un sufficiente apportoreddituale (C2) e i nuclei familiari composti da un solo genitore con un minorea carico (C3).L’ambiente sociale, considerato come il luogo dove l’individuo vive,rappresenta un fattore di disagio laddove situazioni di degrado e marginalità(A1 e A2) si sommano a situazioni di violenza. Infine, ancora oggi lacondizione della donna, anche nei posti di lavoro, presenta elementisignificativi di discriminazione, che possono generare situazioni di disagio (S1).TABELLA 2. INDICATORI PROPOSTI PER L’ANALISI DELLEESPRESSIONI DEL DISAGIO SOCIALEFenomeno Codice IndicatoreHandicap H1 N° di soggetti portatori di handicap / popolazione 0-64Uso di droghe T1 Utenti tossicodipendenti Ser.T. / popolazione 15-64 anniUso di alcool T2 Utenti alcolisti Ser.T. / popolazione 15-64 anniDisagio giovanileD0 Reati commessi da minoriD1 Utenti Ser.T. 15-19 anni / popolazione 15-19 anniImmigrazione I1 Permessi di soggiorno a extracomunitari per 1000 abitantiNomadismo urbano N1 Nomadi per 1000 abitantiDetenzione DT1 Detenuti per 1000 abitantiPer le espressioni principali del disagio sociale sono stati scelti gli indicatorielencati nella tabella 2 riferiti alle unità territoriali Zone socio-sanitarie. Taliindicatori si riferiscono alle forme di disagio maggiormente visibili e, inqualche modo, misurabili. C’è da sottolineare come ci sono disagi invisibili,65


non meno gravi di quelli esaminati, in alcuni casi perché i soggetti nascondonola propria condizione, in altri perché esiste una percezione sociale inadeguata,dovuta a pregiudizi diffusi. Altre forme di disagio -ed in primo luogo quellelegate alla popolazione anziana-, pur rilevanti, non sono state invececonsiderate poiché estranee all’oggetto della presente analisi, in quanto nonrientranti tra la popolazione in età lavorativa.Lo studio relativo al mercato del lavoro è stato effettuato mediante una stimadel tasso di disoccupazione a livello di SLL, utilizzando gli aggregati stimatidall’Istat per l’anno 1996. A questo riguardo occorre notare che alcuni Comunidel territorio toscano sono inseriti in Sistemi Locali del Lavoro localizzatiprevalentemente in altre regioni italiane.4.2 Analisi delle fonti disponibiliIn questo paragrafo sono riportati i dettagli relativi alle fonti dei dati e allaqualità degli stessi. Alcuni indicatori sono stati costruiti aggregando, odisaggregando, i dati riferiti a livelli di dettaglio territoriale diverso; laddovequesto non è stato possibile, l’indicatore è stato escluso dall’analisi.Analizziamo in primo luogo le fonti di dati necessarie per effettuare l’analisisocio-economica a livello di SEL (tabella 3). La prima riflessione riguarda ildifferente anno di riferimento delle fonti. La quasi totalità degli indicatori ècostruita sulla base dei dati censuari del 1991. Il dato relativo ai disoccupati dilunga durata (R1) consiste invece nel numero di disoccupati nel 1991 cherisultavano in cerca di lavoro anche nel 1986. Tale dato riflette una situazioneoccupazionale piuttosto datata, anche in riferimento al forte legame che sussistecon la congiuntura di breve-medio termine; abbiamo quindi deciso di eliminarequesto indicatore dall’analisi.66


TABELLA 3. ANALISI SOCIO-ECONOMICA DEI SEL - INDICATORI EFONTICod. Indicatore Anno FonteE1 Reddito pro-capite 1996 <strong>Regione</strong> <strong>Toscana</strong> (2000)R1 Disoccupati di lunga durata 1991 Stima Ciriec su Fogli di Famiglia – R.T.C1 Indice di istruzione superiore 1991 <strong>Regione</strong> <strong>Toscana</strong> (2000)C2F1F2F3% Popolazione tra 15 e 42 annisenza licenza di scuola dell’obbligo% Famiglie in coabitazione o inabitazione impropria% Famiglie di 5 componenti con unsolo percettore di reddito% Famiglie monoparentali conalmeno un minore1991 <strong>Regione</strong> <strong>Toscana</strong> (2000)1991 Stima Ciriec su Fogli di Famiglia – R.T.1991 Stima Ciriec su Fogli di Famiglia – R.T.1991 Stima Ciriec su Fogli di Famiglia – R.T.A1 Tasso di abortività 1996 Stima Ciriec su dati IGV Archivio R.T.A2 Indice di affollamento abitativo 1991 <strong>Regione</strong> <strong>Toscana</strong> (2000)S1 Tasso di attività femminile 1991 <strong>Regione</strong> <strong>Toscana</strong> (2000)Per quanto riguarda le manifestazioni del disagio (tabella 4), l’indicatorerelativo ai reati commessi dai minori sulla popolazione minorile (D0) non èdisponibile poiché non esiste il dato relativo ai reati dei minori per zone sociosanitarie:il livello di dettaglio massimo è costituito dagli ambiti provinciali. Siè quindi deciso di eliminare questo indicatore.Gli indicatori contrassegnati con i codici T1, T2 e D1 sono stati costruitipartendo dai dati relativi alle utenze dei Ser.T. (Servizio Tossicodipendenze)delle ASL della <strong>Toscana</strong>. In alcune zone socio-sanitarie sono presenti più Ser.T.per cui è stato necessario sommare i dati per ottenere gli utenti dei Ser.T. perogni zona socio-sanitaria. Nella zona socio-sanitaria Fiorentina Nord-Ovest idati sono stati depurati dal numero di utenti serviti nel Ser.T. dell’Istitutopenitenziario di Sollicciano, non trattandosi di utenti residenti sul territorio.67


TABELLA 4. ANALISI DELLA PRESENZA DEI SOGGETTISVANTAGGIATI- INDICATORI E FONTICod.H1T1T2IndicatoreNumero di soggetti portatori di handicap /popolazione 0-64Utenti tossicodipendenti Ser.T. /popolazione 15-64 anniUtenti alcolisti Ser.T. / popolazione 15-64anniAnnoFonte1998 Osservatorio Sociale Regionale R.T.19991999D0 Reati commessi da minori 1998D1 Utenti Ser.T. 15-19 anni / pop 15-19 anni 1999I1Permessi di soggiorno a extracomunitariper 1000 abitantiN1 Nomadi per 1000 abitanti 1999DT1 Detenuti per 1000 abitanti 1999Elaborazioni Ciriec su dati Dipartimentodiritto alla salute e politiche solidarietà -area integrazione socio sanitariaElaborazioni Ciriec su dati Dipartimentodiritto alla salute e politiche solidarietà -area integrazione socio sanitariaOsservatorio Sociale Regionale R.T.(dato presente solo a livello provinciale)Elaborazioni Ciriec su dati Dipartimentodiritto alla salute e politiche solidarietà -area integrazione socio sanitaria1996 Osservatorio Sociale Regionale R.T.Osservatorio Sociale Regionale R.T.(elaborazioni su dati FondazioneMichelucci)Osservatorio Sociale Regionale R.T.(elaborazioni su dati FondazioneMichelucci)Per la popolazione tossicodipendente è necessario effettuare alcune ulterioririflessioni. L’inserimento lavorativo dell’utente tossicodipendente è spessorealizzato in un territorio diverso da quello di residenza. Per iltossicodipendente che ha svolto un percorso riabilitativo in una comunitàterapeutica il territorio di origine è spesso un luogo nel quale i vecchi legami ele vecchie abitudini possono facilitare una ricaduta. Non di rado iltossicodipendente rimane legato alla comunità terapeutica e si stabilisce interritori ad essa circostanti. Il progetto di reinserimento può essere elaboratodalla comunità di recupero, dal Ser.T. o da tutte e due congiuntamente, sempre68


che l’utente non voglia decidere arbitrariamente il suo futuro 57 . Per lo scopodella presente indagine è sufficiente conoscere in quale territorio sonomaggiormente presenti realtà di disagio legate alla tossicodipendenza; ed èquindi superfluo analizzare il percorso di reinserimento del tossicodipendente.Una simile riflessione può essere effettuata, a maggior ragione, per i detenuti.La popolazione penitenziaria è estremamente variegata, e la maggior parte deidetenuti non risiede nel territorio nel quale è insediato il penitenziario. Oltre aciò non esiste un servizio strutturato di accompagnamento all’inserimento nelmondo del lavoro dei detenuti da parte dell’amministrazione del penitenziario.Il detenuto è sicuramente un soggetto del disagio sociale che ha elevatedifficoltà d’inserimento nel mondo del lavoro; ma ciò non implica che ilterritorio nel quale è ubicato il carcere subisca più di altri questo problema.Abbiamo quindi ritenuto opportuno, vista anche la distribuzione territoriale nonomogenea degli istituti di pena, eliminare l’indicatore che rapportava i detenutialla popolazione della zona socio-sanitaria (DT1).4.3 I risultati della mappatura del territorio regionale4.3.1 Nota metodologicaGli studi territoriali e spaziali hanno costituito un campo saliente delleapplicazioni della cluster analysis, ma spesso si è trattato di una semplice57 Le comunità terapeutiche svolgono spesso il loro compito in stretto contatto con i servizipubblici e mantengono relazioni sia con i Servizi dell’ASL di provenienza deltossicodipendente che con i Servizi dell’ASL competente nel territorio in cui è presente lastruttura.69


trasposizione a zone o punti su una superficie di metodi concepiti per laclassificazione di elementi quali oggetti, individui, ecc, in cui la disposizionedegli stessi è chiaramente irrilevante.Se si analizza una superficie A con n unità spaziali elementari a(i) divise in Ggruppi, le classificazioni delle n unità possono essere di uno dei tipi seguenti:1. partizioni, quando i gruppi sono a due a due disgiunti e l’unione di tutti igruppi coincide con A;2. con gruppi parzialmente sovrapposti (overlapping clusters), quando unamedesima unità può appartenere a due o più gruppi;3. sfocate (fuzzy clusters), se l’appartenenza di un’unità ad un gruppo èdefinita da una funzione chiamata > che assumevalori nell’intervallo [0,1].I metodi trattati più ampiamente nella letteratura, e applicati piùfrequentemente, sono quelli che originano una singola partizione o unagerarchia di partizioni. Nell’analisi dei dati territoriali e spaziali la possibilità diottenere gruppi parzialmente sovrapposti, ovvero di assegnare un’unità “inparte” a più gruppi, può offrire, in molti casi, una rappresentazione più aderentealla realtà e costituire una soluzione naturale del problema classificatorio (Zani,1993).Uno di questi casi si presenta quando ci troviamo in presenza di una definizionefenomenica ambigua. Se si abbandona il semplicistico approccio binarioappartenenza-non appartenenza, utilizzando un concetto diverso di distanza, sipuò conservare l’informazione relativa alla diversità nella somiglianza. E’ ciò70


che numerosi studiosi hanno cercato di fare basandosi sulla teoria dei fuzzy sets(Zadeh, 1965), teoria che ha portato alla ideazione di nuove tecniche diclassificazione denominate fuzzy clustering (Zadeh, 1977). Queste tecniche diclassificazione sfuocate mantengono l’informazione relativa al grado diaderenza di ciascuna unità alla caratterizzazione che determina il cluster, epermettono di tenere sotto controllo il grado di sfumatura con il quale effettuarela classificazione.In un insieme sfuocato (fuzzy set) l’appartenenza ad un elemento all’insiemestesso è definita da una funzione che assume valori (detti gradi diappartenenza) nell’intervallo [0,1] 58 . La classificazione fuzzy non assegna unaunità ad un cluster o ad un altro, ma assegna un’unità ad ogni cluster,specificando un funzionale di appartenenza. Per esempio, il Comune x puòessere assegnato al cluster A con un valore della funzione di appartenenza pari a0,70 e al cluster B con un valore pari a 0,30. Ciò significa che il Comune xassume un 70% delle caratteristiche necessarie per essere un perfettorappresentante del cluster A e il 30% di quelle necessarie per essere un perfettorappresentante del cluster B.Qualora si volesse effettuare una classificazione hard è necessario operare unadefuzzificazione, cioè definire una metodologia con la quale assegnare un’unità58 L’algoritmo di calcolo più usato nella fuzzy cluster analysis è il fuzzy c-means (FCM)(Bezdek, 1981) che richiede la scelta a priori di 2 parametri: il numero di cluster (c) e il livellodi sfocatura (m). La scelta del numero dei gruppi può essere supportata da alcune misureoggettive come l’entropia di partizione (Hc) o il coefficiente di partizione (Fc), misure dellabontà della partizione. Nel caso generale di partizione fuzzy si ha 1/c ≤ F c ≤ 1 e 0 ≤ H c ≤ log α (c)Questa ultima proprietà riveste un ruolo importante nella scelta del numero “ottimale” di clusterin quanto mostra che il valore di F c e H c è dipendente dal numero dei cluster. Così la ricerca delnumero di cluster c che minimizza il valore dell’entropia deve essere condotta riscalando ognivalore di H c ottenuto nell’intervallo definito per ogni valore di c: a questo scopo viene calcolatoun indice di entropia normalizzato, che varia nell’intervallo [0,1] (Bezdek, 1995).71


ad uno e un solo cluster. Un metodo grezzo per assegnare le unità ai gruppi èscegliere il gruppo per il quale la funzione di appartenenza assume il valoremaggiore. Nella metodologia più utilizzata la tecnica di defuzzificazione,invece, consiste nel definire la soglia (α o alfa) sopra la quale si può ritenerecorretto assegnare l’unità al gruppo. La definizione di tale soglia implica che cipossono essere delle unità che non possono essere attribuite a nessun clusterpoiché il valore della funzione di appartenenza è troppo basso.4.3.2 Indicatori relativi al benessere socio-economicoLa fuzzy cluster analysis effettuata per gli indicatori presi in esame per questaparte di analisi, con 2 gruppi e un coefficiente di sfuocatura pari a 2 59 , ottieneun indice di entropia normalizzata 60 pari a 0,71 e i valori delle funzioni diappartenenza riportati nella tabella 5.Il valore della funzione di appartenenza assume un significato di rappresentanzadel cluster; ad esempio, si può dire che il SEL n. 1 –Lunigiana- ha il 58 % dellecaratteristiche necessarie per essere un perfetto rappresentante del cluster n. 1 eil 42 % delle caratteristiche necessarie per essere un perfetto rappresentante delcluster n. 2. Volendo definire l’appartenenza ad un solo cluster, occorre definirela soglia α per la defuzzificazione (§ 4.3.1). Nel nostro caso, con 2 soli cluster,si ritiene opportuno scegliere una soglia dello 0,55. Ciò significa che, se unaunità assume una funzione di appartenenza uguale o superiore a 0,55, saràassegnata ad un gruppo; altrimenti rimarrà di definizione incerta.59 Bezdek sostiene che nella maggior parte dei casi un coefficiente di sfuocatura (m) pari a 2 è lasoluzione migliore (Bezdek, 1995).60 L’indice di entropia normalizzata assume valori da 0 a 1. La classificazione migliore siottiene quando tale indice assume un valore minimo. In questo caso l’indice assumeva valorimaggiori per un numero di cluster superiore a 2.72


TABELLA 5. SEL - FUNZIONI DI APPARTENENZA PER 2 CLUSTER ECLUSTER DI APPARTENENZACodice SELSEL73FunzioneAppartenenzacluster 1FunzioneAppartenenzacluster 2Cluster diappartenenza1 Lunigiana 0,58 0,42 12 Area di Massa-Carrara 0,43 0,57 23.01 Valle del Serchio – Garfagnana 0,55 0,45 13.02 Valle del Serchio - Media Valle 0,63 0,37 14 Versilia 0,39 0,61 25 Area Lucchese 0,49 0,51 Ambigua6 Valdinievole 0,50 0,50 Ambigua7.01 Area Pistoiese – Montano 0,58 0,42 17.02 Area Pistoiese – Metropolitano 0,48 0,52 Ambigua8 Area Pratese 0,39 0,61 29.01 Area Fiorentina – Mugello 0,69 0,31 19.02 Area Fiorentina - Val di Sieve 0,48 0,52 Ambigua9.03 Area Fiorentina – Centrale 0,42 0,58 29.04 Area Fiorentina – Chianti 0,60 0,40 19.05 Area Fiorentina - Valdarno Superiore Nord 0,58 0,42 110.01 Circondario di Empoli – Empolese 0,56 0,44 110.02 Circondario di Empoli – Valdesano 0,58 0,42 111 Valdarno Inferiore 0,55 0,45 112 Val d’Era 0,66 0,34 113 Area Pisana 0,39 0,61 214 Area Livornese 0,40 0,60 215.01 Val di Cecina – Costiero 0,30 0,70 215.02 Val di Cecina – Interno 0,76 0,24 116 Val di Cornia 0,48 0,52 Ambigua17 Arcipelago 0,39 0,61 218 Colline Metallifere 0,43 0,57 219 Alta Val d’Elsa 0,51 0,49 Ambigua20 Senese Area Urbana 0,47 0,53 Ambigua21 Crete Senesi - Val d’Arbia 0,67 0,33 122 Val di Merse 0,53 0,47 123 Chianti 0,64 0,36 124 Valdarno Superiore Sud 0,63 0,37 125 Casentino 0,45 0,55 226 Alta Val Tiberina 0,54 0,46 Ambigua27 Area Aretina 0,43 0,57 228 Val di Chiana Aretina 0,51 0,49 Ambigua


29 Val di Chiana Senese 0,50 0,50 Ambigua30 Amiata - Val d’Orcia 0,67 0,33 131 Amiata Grossetano 0,60 0,40 132 Area Grossetana 0,30 0,70 233.1 Albegna - Fiora - Costa d’Argento 0,45 0,55 233.2 Albegna - Fiora - Colline Interne 0,61 0,39 1Nel tentativo di dare un’interpretazione ai cluster individuati ci può venire inaiuto il valore medio assunto dagli indicatori nei rispettivi cluster (Tabella 6).TABELLA 6. VALORI MEDI ASSUNTI DAGLI INDICATORI NEICLUSTERCodiceVariabileValoremediocluster1Valoremediocluster2Valoremedio“ambigue”R1 Reddito disponibile pro capite (in migliaia di lire) 18.946 21.107 20.554C1 Indice di istruzione superiore 0,223 0,297 0,272C2 Popolazione 15-42 senza titolo scuola obbligo 0,137 0,122 0,123F1 Famiglia in coabitazione o in abitazione impropria 0,548 0,755 0,874F2 Capofamiglia soli con almeno 1 figlio minorenne 1,116 1,482 1,235F3 Famiglie con 1 percettore di reddito ogni 4 non percettore 1,114 1,404 1,055A1 Indice di abortività 1996 8,268 9,907 8,431A2 Indice di affollamento abitativo 0,580 0,604 0,583S1 Tasso di attività femminile 0,306 0,315 0,309Nella figura 2 sono riportati i valori medi degli indicatori nei rispettivi cluster,rapportati al valore medio complessivo regionale (=100). Si può osservare comeil cluster 1 sia caratterizzato da valori peggiori per gli indicatori relativi areddito pro-capite, cultura e attività femminile, mentre si registrano valorimigliori per gli indicatori relativi alla famiglia e alla situazione ambientale.Possiamo quindi definire queste come aree con rischio di disagio economico eculturale. Il cluster 2 è invece caratterizzato da valori con segno, rispetto allamedia regionale, diametralmente opposti rispetto al cluster 1. Possiamo quindi74


definire il cluster 2 come aree con rischio di disagio familiare e ambientale. Lezone ambigue sono sicuramente quelle con una situazione socio-economica arischio-disagio più basso, se si eccettua una situazione abitativa precaria.Possiamo quindi definire queste aree come aree con basso rischio di disagio.FIGURA 2. CLASSIFICAZIONE SEL - VALORI MEDI DEGLIINDICATORI NEI CLUSTER, RISPETTO AL VALORE MEDIOREGIONALE (= 100)140,00130,00120,00110,00100,00Media cluster 1Media cluster 2Media "ambigue"90,0080,00R1 C1 C2 F1 F2 F3 A1 A2 S1IndicatoriEffettuando un’analisi della varianza (ANOVA) fra i valori assunti dallevariabili nei gruppi così determinati, risultano differenze significative per tuttele variabili, tranne quella relativa al tasso di attività femminile. Nella tabella 7 siriportano le probabilità che le differenze fra i valori assunti dalle variabili siano75


dovute alla semplice casualità. Come si può notare, tutte le variabili tranne iltasso di attività femminile sono significative almeno al livello di α=0,05.TABELLA 7. SISTEMI ECONOMICI LOCALI - ANALISI DELLAVARIANZA NEI CLUSTER OTTENUTIIndicatoreValore probabilità(ANOVA)Reddito disponibile pro capite (in migliaia di lire) 0,00065Indice di istruzione superiore 0,00002% Popolazione 15-42 senza titolo scuola obbligo 0,02899% Famiglia in coabitazione o in abitazione impropria 0,00967% Capofamiglia soli con almeno 1 figlio minorenne 0,00000% Famiglie con 1 percettore di reddito ogni 4 non percettori di reddito 0,02083Indice di abortività 1996 0,00005Indice di affollamento abitativo 0,01241Tasso di attività femminile 0,67312Il confronto tra la caratterizzazione dei SEL rispetto al rischio di disagio -riportata nella figura 3-, e le tipologie individuate in Irpet (1999: 255) forniscealcune indicazioni interessanti. Le zone a maggiore rischio di disagio perl’ambiente sociale e familiare coincidono con i sistemi turistici della costa, con imaggiori sistemi urbani -aree di Arezzo, Firenze e Prato, Pisa e Livorno-, a lorovolta coincidenti con le aree a maggiore industrializzazione. I sistemi turisticiinterni -come il Chianti-, le aree della più recente industria leggera -come ilValdarno superiore-, ed i sistemi marginali della <strong>Toscana</strong> meridionale esettentrionale, mostrano invece una maggiore coesione sociale, a fronte dilivelli di reddito ed istruzione inferiori. Tra le aree a basso disagio socialespicca la presenza -accanto ad aree rurali e marginali- dei sistemi urbani diSiena e Lucca, e dell’area metropolitana di Pistoia.76


FIGURA 3. CLASSIFICAZIONE DELLA SITUAZIONE SOCIO-ECONOMICA DEI SEL TOSCANI RISPETTO AL RISCHIO DI DISAGIOSOCIALE77


4.3.3 Indicatori relativi alla presenza di soggetti svantaggiatiLe zone socio-sanitarie sono state classificate effettuando una fuzzy clusteranalysis sui valori assunti per gli indicatori presi in esame per questa parte dianalisi. In un primo momento è stata imposta una suddivisione in 2 cluster: contale suddivisione, però, parecchie unità risultavano ambigue, con valori dellefunzioni di appartenenza simili. Si è quindi provato ad effettuare una fuzzycluster analysis imponendo 3 cluster, ottenendo una classificazione che sembracogliere meglio le diverse caratteristiche delle zone socio-sanitarie, senzaperaltro registrare un peggioramento nei valori dell’indice di entropia 61 .I valori delle funzioni di appartenenza ottenuti sono riportati nella tabella 8.Come si può notare, la quasi totalità delle zone socio-sanitarie registra un valoredelle funzioni di appartenenza molto basso rispetto al cluster 1 e valori elevatirispetto ai cluster 2 e 3 62 .Volendo comunque definire una classificazione rigida si procede, come nelparagrafo precedente, alla defuzzificazione, ovvero alla scelta di una soglia delvalore della funzione di appartenenza che comporta un’assegnazione dell’unitàclassificata ad uno ed uno solo gruppo. Come nell’analisi precedente è statascelta la soglia α = 0,55: se una zona socio-sanitaria presenta un valore dellafunzione di appartenenza al cluster X superiore a tale soglia, viene assegnata inmodo univoco al cluster X. Questa soglia consente infatti una maggioresicurezza nell’assegnazione di una zona ad uno specifico cluster.61 Vedi nota 5.62 Si rimanda al § 4.3.1 per l’approfondimento degli aspetti tecnici e l’interpretazione dei valoridelle funzioni di appartenenza.78


TABELLA 8. ZONE SOCIO-SANITARIE: FUNZIONI DIAPPARTENENZA E CLUSTER DI APPARTENENZAZona Socio-SanitariaFunzione diappartenenzacluster 1Funzione diappartenenzacluster 2Funzione diappartenenzacluster 3Cluster diappartenenzaApuane 0,28 0,43 0,29 ambigueLunigiana 0,06 0,46 0,48 ambiguePiana di Lucca 0,01 0,82 0,17 2Valle del Serchio 0,05 0,27 0,68 3Pistoiese 0,08 0,34 0,58 3Val di Nievole 0,08 0,70 0,22 2Pratese 0,12 0,48 0,40 ambigueAlta Val di Cecina 0,01 0,82 0,16 2Pisana 0,96 0,03 0,02 1Val d’ Era 0,03 0,58 0,38 2Bassa Val di Cecina 0,00 0,09 0,91 3Elba 0,12 0,32 0,56 3Livornese 0,02 0,80 0,18 2Val di Cornia 0,01 0,16 0,82 3Alta Val d’ Elsa 0,09 0,62 0,29 2Amiata Senese 0,02 0,26 0,72 3Senese 0,10 0,43 0,46 ambigueVal di Chiana Senese 0,02 0,84 0,14 2Aretina 0,07 0,57 0,36 2Casentino 0,01 0,09 0,90 3Val d’ Arno 0,01 0,38 0,60 3Val di Chiana Aretina 0,02 0,18 0,79 3Val Tiberina 0,03 0,79 0,18 2Amiata Grossetana 0,04 0,22 0,74 3Colline dell’ Albegna 0,03 0,44 0,53 3Colline Metallifere 0,01 0,46 0,53 3Grossetana 0,02 0,64 0,33 2Fiorentina Nord-Ovest 0,03 0,83 0,14 2Fiorentina Sud-Est 0,13 0,42 0,45 ambigueFirenze 0,91 0,05 0,04 1Mugello 0,02 0,47 0,51 3Empolese 0,05 0,70 0,26 2Val d’ Arno Inferiore 0,04 0,31 0,65 3Versilia 0,01 0,69 0,31 279


Per le zone socio-sanitarie, per le quali è stato impossibile definire un precisogruppo di appartenenza -poiché non presentano valori delle funzioni diappartenenza superiori al valore soglia di 0,55-, occorre notare comel’indeterminatezza è dovuta a valori della funzione di appartenenza simili fra ilcluster 2 e il cluster 3, ma non sicuramente per il cluster 1, che presenta valorimolto bassi.L’interpretazione dei 3 cluster ottenuti può essere facilitata dai valori medi cheassumono gli indicatori (Tabella 9). Nel cluster 1 sono presenti valori maggioridella media regionale di tutti gli indicatori, tranne che per gli utenti alcolisti delSer.T. Sono particolarmente alti i valori relativi agli utenti del Ser.T.tossicodipendenti, agli immigrati provenienti da paesi extraeuropei e nomadi.Leggermente superiore alla media regionale, ma non la maggiore fra i cluster,risulta anche la presenza di portatori d’handicap e tossicodipendenti con età di15-19 anni. Possiamo definire questo cluster come aree ad elevato disagiosociale, attribuibile sia a dinamiche interne alla popolazione residente -tossicodipendenza, disagio giovanile-, sia a dinamiche esterne -ovvero allapresenza sul territorio di soggetti non residenti con specifici problemi, comeimmigrati e nomadi-. Le zone socio-sanitarie che fanno parte di questo clustersono solo due: la zona Pisana e Firenze 63 .63 La definizione del cluster 1 è stata fortemente condizionata dall’indicatore relativo allapresenza di nomadi, indicatore che assume un valore pari a 0 nella maggior parte delle zone edun valore molto alto laddove sono presenti i campi nomadi. Tuttavia non è stato deciso diescludere tale indicatore, come è avvenuto per la presenza di detenuti, perché l’inserimentolavorativo e l’integrazione sociale ricadono effettivamente sulla zona.80


TABELLA 9. VALORI MEDI ASSUNTI DAGLI INDICATORI NEI 3CLUSTERCluster% handicap0-64 anniUtentitossicodipendentisu pop. 15-64Utentitossicodipendenti15-19 su pop.15-19Utentialcoolisti supop. 15-64Extracomunitaricon permessodi soggiornosu pop. 1996Nomadi per1000 abitantiCluster 1 0,72 0,61 0,25 0,03 3,86 2,35Cluster 2 0,59 0,52 0,25 0,12 1,66 0,10Cluster 3 0,85 0,33 0,16 0,09 1,50 0,08Ambigue 0,60 0,39 0,35 0,15 1,69 0,17Il cluster 2 presenta valori elevati per gli indicatori relativi agli utenti dei Ser.T.,sia tossicodipendenti -giovanissimi e non-, sia alcolisti. Sono invece inferiorialla media gli indicatori relativi alla presenza di portatori di handicap,immigrati e nomadi. In questi territori sono quindi presenti numerosi soggettilegati a forme di disagio interne alla popolazione residente, per cui è possibiledefinirle come aree ad elevato disagio interno.Il cluster 3 registra valori molto elevati solo per l’indicatore relativo ai portatoridi handicap. Queste zone si possono quindi definire come aree a basso disagiosociale, in quanto tutti gli altri indicatori presentano valori inferiori alla mediaregionale. I cluster ambigui, infine, sono caratterizzati da una alta presenza ditossicodipendenti giovanissimi -oltre che di soggetti alcolizzati-; si possonoquindi definire come aree ad elevato disagio giovanile.Confrontando la mappatura delle zone socio-sanitarie (figura 5) con lacaratterizzazione dei SEL toscani presentata in Irpet (1999: 255), si evidenziacome le aree ad elevato disagio interno ed esterno -nel senso sopra precisatocoincidonocon i due principali sistemi urbani regionali -Firenze e Pisa-,maggiormente sottoposti alla pressione immigratoria. Le zone con minorepresenza di soggetti svantaggiati presentano invece caratterizzazioni81


economiche piuttosto differenziate: sistemi marginali -come la Val di ChianaAretina o la zona dell’Amiata-, sistemi rurali -come la Montagna Pistoiese-,sistemi industriali -come il Valdarno superiore-, sistemi turistici -come la Val diCecina-, con l’unico denominatore apparente dell’esclusione delle aree urbane -con l’eccezione però di Pistoia-. E’ da notare, infine, come alcune aree,contrassegnate come a basso rischio di disagio nel paragrafo precedente -eprincipalmente Siena e il territorio circostante-, si caratterizzino invece per lapresenza elevata di soggetti giovani in condizione di disagio.FIGURA 4. CLASSIFICAZIONE ZONE SOCIO-SANITARIE - VALORIMEDI DEGLI INDICATORI NEI CLUSTER, RISPETTO AL VALOREMEDIO REGIONALE (= 100)180,00160,00140,00120,00100,0080,00Cluster 1Cluster 2Cluster 3ambigue60,0040,0020,00H1 T1 D1 T2 I1 N1Indicatori82


FIGURA 5. CLASSIFICAZIONE DELLE ZONE SOCIO-SANITARIE83


4.3.4 Indicatori relativi al mercato del lavoroGli aggregati relativi al mercato del lavoro stimati dall’Istat a livello di SistemaLocale del Lavoro ci hanno permesso di effettuare una stima aggiornata deltasso di disoccupazione presente nei sistemi locali di lavoro della <strong>Toscana</strong>(tabella 10).La fotografia della situazione occupazionale nei SLL toscani nel 1996 èpresentata nella figura 6. Dal punto di vista geografico, la situazioneoccupazionale relativa all’interno della regione ricalca sostanzialmente quellapresentata in Irpet (1999: 218), con il persistere di una crisi occupazionalenell’area costiera -frutto del progressivo ridimensionamento della grandeimpresa-; mentre l’area centro-settentrionale, con Firenze al centro, mostra unasituazione omogenea, con un livello di disoccupazione inferiore al 10%; e learee di più recente industrializzazione intorno ad Arezzo e Siena fannoregistrare livelli di disoccupazione decisamente bassi.TABELLA 10. TASSO DI DISOCCUPAZIONE PER SLL (1996)Codice Denominazione Tasso di disoccupazione256 Pievepelago 3,48261 Porretta Terme 8,39286 Pennabilli 9,06289 Piandimeleto 7,04323 Aulla 16,17324 Carrara 14,72325 Massa 14,38326 Pontremoli 15,99327 Barga 10,25328 Castelnuovo di Garfagnana 17,82329 Lucca 7,48330 Pietrasanta 5,93331 Viareggio 6,14332 Montecatini-Terme 6,47333 Pistoia 6,9484


334 San Marcello Pistoiese 9,59335 Castelfiorentino 8,67336 Empoli 8,46337 Firenze 7,76338 Marradi 13,14339 Prato 7,93340 Campo nell’Elba 9,85341 Cecina 12,83342 Livorno 13,71343 Piombino 11,24344 Porto Azzurro 9,98345 Portoferraio 9,42346 Rosignano Marittimo 13,11347 Pisa 10,62348 Pomarance 8,50349 Pontedera 7,06350 Santa Croce sull’Arno 5,60351 Volterra 9,39352 Arezzo 3,56353 Bibbiena 6,12354 Cortona 13,68355 Pieve Santo Stefano 6,90356 Pratovecchio 6,52357 Sansepolcro 6,56358 Abbadia San Salvatore 6,61359 Chiusi 7,19360 Gaiole in Chianti 5,93361 Montalcino 8,81362 Montepulciano 4,95363 Poggibonsi 6,51364 San Quirico d’Orcia 7,08365 Siena 5,67366 Sinalunga 5,79367 Castel del Piano 18,29368 Follonica 10,14369 Grosseto 9,31370 Manciano 5,90371 Orbetello 9,45372 Pitigliano 7,04373 Roccastrada 12,2670 La Spezia 13,5585


FIGURA 6. CLASSIFICAZIONE DEI SISTEMI LOCALI DEL LAVORO86


4.3.5 Disagio sociale e lavoro: mappa dei Comuni toscaniLe mappe regionali precedentemente prodotte ci permettono di cogliere alcunielementi caratterizzanti a livello sub-provinciale; tuttavia è necessario effettuareuna sintesi per analizzare le caratterizzazioni territoriali nel loro complesso.Come sopra spiegato (§4.1), gli indicatori utilizzati sono riferiti ad aggregatiterritoriali diversi ed è necessario ricondurli all’unità territoriale principale,ovvero i confini amministrativi dei Comuni. Solo alcuni indicatori sono presential livello di dettaglio minimo; si è resa quindi necessaria una forzatura,ipotizzando che i Comuni che compongono un aggregato territoriale assumanotutti il valore degli indicatori rispettivamente del SEL, della zona socio-sanitariae del SLL di appartenenza.Numerosi Comuni presentano valori identici per tutti gli indicatori e questo puòcondizionare fortemente le elaborazioni successive. E’ prima di tuttonecessario, sia per ridurre il numero degli indicatori che per eliminarel’informazione superflua apportata dagli indicatori correlati fra loro, effettuarel’analisi delle componenti principali, una procedura statistica multivariata chepermette di sintetizzare l’informazione generando nuovi indicatori che siano lasintesi di quelli di partenza. Questa tecnica si basa sull’idea che i valori dellevariabili originarie -generalmente in parte correlate fra loro- siano determinatida un più ristretto insieme di variabili tra loro indipendenti, ottenute comecombinazione lineare delle variabili originarie, così da massimizzare il lorocontributo alla varianza totale dell’insieme (Hotelling, 1933).87


TABELLA 11. MAPPA COMPLESSIVA - VALORI MEDI DEGLI INDICATORI ASSUNTI NEI CLUSTER - INDICE SU MEDIA REGIONALE(=100)Area Tema Cod. IndicatoreEspressionidi disagioMediacluster 1Mediacluster 2Mediacluster 3MediaambigueHandicap H1 N. di soggetti portatori di handicap / popolazione 0-64 99,94 100,82 100,26 99,09Tossicodipendenza T1 Utenti tossicodipendenti Ser.T. / pop. 15-64 99,70 99,03 98,99 104,01e alcolismo T2 Utenti alcolisti Ser.T. / pop. 15-64 anni 96,87 101,67 118,30 86,39DisagiogiovanileD1 Utenti Ser.T. 15-19 anni / pop. 15-19 anni 94,35 109,89 109,74 87,78Immigrazione I1 Permessi di soggiorno a extracomunitari per 1000 abitanti 99,59 100,82 97,67 99,80Ambientesociale efamiliareNomadismo N1 Nomadi per 1000 abitanti 100,70 117,39 59,75 121,65Reddito R1 Reddito disponibile pro capite 98,71 101,29 97,76 103,01CulturaC1 Indice di istruzione superiore 98,71 101,38 97,74 104,01C2 Pop. 15-42 senza titolo scuola obbligo 99,12 100,28 99,19 101,18Famiglia F1 Famiglie in coabitazione o abitazione impropria 102,29 90,52 108,16 101,64F2 Capofamiglia soli con almeno 1 figlio minorenne 98,25 100,70 97,74 106,17


F3Famiglie con 1 percettore di reddito ogni 4 non percettori direddito99,55 104,77 99,31 98,97Ambiente A1 Indice di abortività (1996) 98,50 102,12 98,38 101,65sociale A2 Indice di affollamento abitativo 100,24 99,72 98,95 101,49Sesso S1 Tasso di attività femminile 97,71 101,85 96,47 105,65Lavoro Disoccupazione Disoc96 Tasso di disoccupazione (1996) 104,77 97,73 104,22 95,9189


L’elaborazione ha permesso di ottenere 6 nuovi indicatori 64 : i valori cheassumono i 287 comuni per questi indicatori sono stati poi utilizzati pereffettuare una nuova classificazione fuzzy.Applicando l’algoritmo della fuzzy cluster analysis il risultato migliore 65 si èottenuto imponendo 3 cluster. Volendo comunque ottenere una classificazionehard si è posto un valore soglia di α = 0,55 e si è assegnato un Comune ad unospecifico cluster, solo nel caso in cui la funzione di appartenenza per quelcluster fosse superiore al valore soglia. I valori delle funzioni di appartenenza eil cluster di appartenenza sono riportati nella tabella in appendice al capitolo.L’interpretazione del cluster è stata effettuata sulla base dei valori medi assuntidalle variabili iniziali, non sui valori assunti nelle componenti principali, poichéle dimensioni estratte risultavano di difficile comprensione.Nella Tabella 11 si possono osservare i valori medi assunti nei cluster rispettoalla media regionale; gli stessi valori sono riportati nella figura 7. Il cluster 1 ècaratterizzato da una bassa presenza di soggetti svantaggiati, se si esclude lapresenza di nomadi, leggermente superiore la media regionale, e da un ambientesocio-economico con bassi redditi, livello culturale inferiore alla media -ma nonestremamente basso-, ed un ambiente familiare-abitativo di poco peggiorerispetto la media regionale. Il tasso di disoccupazione è superiore alla mediaregionale. Il cluster 1 si può quindi definire come aree a basso disagio e altadisoccupazione.64 Sono state estratte 6 componenti principali, utilizzando il criterio detto regola di Kaiser: sitrattengono solo le componenti corrispondenti a autovalori maggiori o uguali all’unità.65 Ci si è basati sull’indice di entropia, come nelle altre classificazioni.


FIGURA 7. CLASSIFICAZIONE DEI COMUNI - VALORI MEDI DEGLIINDICATORI NEI CLUSTER, RISPETTO AL VALORE MEDIOREGIONALE (= 100)12512011511010510095cluster 1cluster 2cluster 3ambigue908580H1D1I1R1C2F2A1S1IndicatoriNei territori del cluster 2 c’è una maggiore presenza di soggetti svantaggiati -siatra i residenti che tra i non residenti-, accompagnata da redditi e livello culturalesuperiore alla media regionale, e da un ambiente socio-familiare peggiore; iltasso di disoccupazione è inferiore alla media regionale. Si possono quindidefinire come aree ad elevato disagio e bassa disoccupazione.Il cluster 3 si caratterizza per la presenza elevata di giovani tossicodipendenti edi disabili, di un reddito pro-capite e di un livello culturale bassi, di un ambienteabitativo-familiare peggiore rispetto alla media regionale e di un tasso didisoccupazione superiore alla media regionale. Si possono quindi definire come91


aree ad elevato disagio interno e alta disoccupazione, ovvero caratterizzatidalla maggiore incidenza di comportamenti devianti tra la popolazioneresidente, ma da una minore presenza di soggetti non residenti a rischio -nomadi, immigrati-.Nei comuni ambigui si rileva una elevata presenza di tossicodipendenti,accompagnata da un alto livello di reddito e di istruzione, e da un peggiorecontesto socio-familiare. Si registra inoltre il tasso di disoccupazione più bassodella regione. Queste possono essere definite come aree a medio disagiointerno ed esterno e bassa disoccupazione, distinguendosi dalle areeappartenenti ai precedenti cluster 2 e 3 per una minore diffusione dellemanifestazioni di disagio.Dal punto di vista geografico, la classificazione operata risulta molto complessada interpretare, mostrando una realtà estremamente sfaccettata. Ciò risultaimmediatamente evidente se si sovrappongono alla mappa dei Comuni i confinidei SEL (figura 9): sono presenti, nella quasi totalità dei casi, situazionidifferenziate tra i Comuni appartenenti alle medesime aree. Risultati analoghi sihanno anche per le altre unità territoriali precedentemente considerate (figure10 e 11), inducendo a ritenere che, quando -nell’ottica di una analisi integratadel fenomeno del disagio sociale- agli indicatori sociali ed economici classici siaffiancano informazioni più specifiche circa la diffusione delle diverse forme didisagio, le principali aree geografiche di riferimento per le politiche mostranolimiti nella capacità di interpretare la situazione del territorio.92


FIGURA 8. CLASSIFICAZIONE FINALE DEI COMUNI93


FIGURA 9. SOVRAPPOSIZIONE TRA LA CLASSIFICAZIONE DEICOMUNI ED I CONFINI DEI SISTEMI ECONOMICI LOCALI94


FIGURA 10. SOVRAPPOSIZIONE TRA LA CLASSIFICAZIONE DEICOMUNI ED I CONFINI DELLE ZONE SOCIO-SANITARIE95


FIGURA 11. SOVRAPPOSIZIONE TRA LA CLASSIFICAZIONE DEICOMUNI ED I CONFINI DEI SISTEMI LOCALI DEL LAVORO96


4.4 ConclusioniLe caratterizzazioni dei cluster individuati nel § 4.3.5 evidenziano alcunifenomeni di fondo, ed in primo luogo il fatto che non sembra esistere unarelazione lineare tra la presenza di soggetti svantaggiati, il contesto socioambientale,e la situazione occupazionale dei Comuni toscani: risulta evidenteanzi che in molte aree la presenza di migliori indicatori di ricchezza, istruzionee disponibilità di lavoro si accompagna ad una maggiore diffusione di situazionidi disagio sociale; mentre in altre la minore ricchezza e la minore disponibilitàdi occasioni lavorative non sembra capace di ingenerare una significativalacerazione del tessuto sociale.Seppure ci si confronta con una situazione complessa, l’analisi effettuataconsente comunque di individuare priorità differenziate di intervento inrelazione alle diverse caratterizzazioni territoriali. Solo una valutazioneintegrata dei numerosi fattori coinvolti nel determinarsi di una difficoltàoccupazionale per alcune tipologie di soggetti, può infatti consentire unaefficace programmazione degli interventi.In primo luogo, come sopra proposto, occorre distinguere le specifiche forme didisagio connesse alla presenza di numerosi soggetti non residenti in situazionedi difficoltà economica, da quelle relative alla popolazione residente, ed aquella giovanile in particolare: sembra, nel primo caso, che la presenza elevatadi quello che abbiamo definito disagio esterno sia fortemente correlata ad unasituazione economica generale migliore, che attira maggiori flussi migratori;mentre, nel secondo, dall’analisi risulta che la diffusione dellatossicodipendenza -considerata come indicatore del livello del disagiogiovanile- rappresenta un fenomeno trasversale rispetto alle caratteristiche97


dell’ambiente sociale, come evidenziato dal confronto tra le situazioni delcluster 2 e del cluster 3 (tabella 11).Ai fini di una maggiore integrazione delle politiche sociali con le politicheeconomiche generali e del lavoro, tuttavia, occorre rilevare che dalla nostraanalisi sembra risultare la necessità di una ridefinizione delle unità territoriali diintervento. Le figure 9-11 riportano la sovrapposizione tra la classificazionecomunale ed i confini delle zone cui erano riferiti gli indicatori utilizzati. Lemappe evidenziano la presenza di situazioni differenziate all’interno sia deisistemi economici locali (SEL), che delle zone socio-sanitarie (ZSS), che deisistemi locali del lavoro (SLL).Quando -nell’ottica di una analisi integrata del fenomeno del disagio socialeagliindicatori sociali ed economici classici si affiancano informazioni piùspecifiche circa la diffusione delle diverse forme di disagio, le principali areegeografiche di riferimento per le politiche mostrano limiti nella capacità diinterpretare la situazione del territorio.98


Appendice al capitolo: funzioni di appartenenza e cluster assegnati aiComuni della <strong>Toscana</strong> nella classificazioneComuneFunzioneappartenenzacluster 1Funzioneappartenenzacluster 2Funzioneappartenenzacluster 3ClusterassegnatoCarrara 0,782 0,171 0,047 1Fivizzano 0,599 0,263 0,138 1Pontremoli 0,599 0,263 0,138 1Altopascio 0,654 0,021 0,324 1Camaiore 0,611 0,053 0,336 1Careggine 0,985 0,009 0,006 1Castiglione di Garfagnana 0,915 0,059 0,025 1Fosciandora 0,861 0,037 0,101 1Pietrasanta 0,992 0,006 0,003 1Sillano 0,834 0,110 0,057 1Vagli Sotto 0,991 0,006 0,003 1Villa Collemandina 0,633 0,143 0,224 1Buggiano 0,991 0,006 0,003 1Marliana 0,844 0,059 0,097 1Massa e Cozzile 0,891 0,067 0,042 1Pescia 0,717 0,036 0,248 1San Marcello Pistoiese 0,717 0,036 0,248 1Campi Bisenzio 0,873 0,062 0,065 1Castelfiorentino 0,683 0,185 0,132 1Dicomano 0,717 0,036 0,248 1Fucecchio 0,995 0,001 0,004 1Incisa in Val d’Arno 0,951 0,035 0,014 1Reggello 0,995 0,001 0,004 1Rignano sull’Arno 0,694 0,068 0,238 1Scarperia 0,814 0,098 0,088 1Vaglia 0,941 0,027 0,032 1Bibbona 0,756 0,047 0,196 1Campiglia Marittima 0,714 0,008 0,278 1Capraia Isola 0,931 0,005 0,063 1Rio Marina 0,814 0,098 0,088 1Rio nell’Elba 0,922 0,052 0,026 1San Vincenzo 0,845 0,097 0,058 1Sassetta 0,962 0,021 0,017 1Buti 0,722 0,244 0,034 199


ComuneFunzioneappartenenzacluster 1Funzioneappartenenzacluster 2Funzioneappartenenzacluster 3ClusterassegnatoCalci 0,937 0,040 0,023 1Capannoli 0,990 0,003 0,007 1Casale Marittimo 0,899 0,002 0,100 1Chianni 0,924 0,055 0,021 1Fauglia 0,956 0,022 0,022 1Guardistallo 0,762 0,104 0,135 1Lari 0,949 0,034 0,017 1Montecatini Val di Cecina 0,994 0,003 0,002 1Montescudaio 0,614 0,015 0,372 1Monteverdi Marittimo 0,956 0,021 0,022 1Orciano Pisano 0,722 0,244 0,034 1Palaia 0,795 0,114 0,091 1Ponsacco 0,915 0,038 0,047 1Riparbella 0,996 0,002 0,002 1San Giuliano Terme 0,795 0,114 0,091 1Santa Croce sull’Arno 0,989 0,006 0,006 1Santa Luce 0,985 0,004 0,011 1Terricciola 0,933 0,050 0,018 1Vicopisano 0,795 0,114 0,091 1Anghiari 0,995 0,003 0,003 1Arezzo 0,987 0,002 0,011 1Badia Tedalda 0,915 0,038 0,047 1Capolona 0,781 0,156 0,063 1Castel Focognano 0,737 0,136 0,127 1Castelfranco di Sopra 0,645 0,077 0,278 1Cavriglia 0,795 0,114 0,091 1Chiusi della Verna 0,980 0,010 0,010 1Cortona 0,915 0,038 0,047 1Laterina 0,996 0,002 0,002 1Loro Ciuffenna 0,997 0,001 0,002 1Marciano della Chiana 0,560 0,315 0,126 1Montemignaio 0,985 0,004 0,011 1Ortignano Raggiolo 0,997 0,001 0,002 1Pian di Sco’ 0,972 0,018 0,010 1Subbiano 0,990 0,006 0,004 1Cetona 0,949 0,028 0,024 1Chianciano Terme 0,956 0,008 0,037 1Chiusdino 0,672 0,122 0,206 1Chiusi 0,751 0,138 0,111 1Montalcino 0,753 0,229 0,018 1100


ComuneFunzioneappartenenzacluster 1Funzioneappartenenzacluster 2Funzioneappartenenzacluster 3ClusterassegnatoMurlo 0,783 0,132 0,085 1Pienza 0,753 0,229 0,018 1Poggibonsi 0,949 0,028 0,024 1Rapolano Terme 0,551 0,093 0,356 1Sinalunga 0,973 0,015 0,012 1Castel del Piano 0,999 0,001 0,001 1Gavorrano 0,803 0,159 0,038 1Grosseto 0,745 0,041 0,214 1Montieri 0,628 0,329 0,043 1Orbetello 0,579 0,024 0,396 1Pitigliano 0,558 0,099 0,343 1Seggiano 0,891 0,012 0,097 1Semproniano 0,752 0,140 0,108 1Cantagallo 0,563 0,367 0,070 1Bagnone 0,013 0,694 0,292 2Filattiera 0,009 0,986 0,005 2Massa 0,011 0,984 0,005 2Mulazzo 0,165 0,811 0,023 2Villafranca in Lunigiana 0,013 0,694 0,292 2Zeri 0,080 0,910 0,010 2Barga 0,009 0,986 0,004 2Borgo a Mozzano 0,087 0,801 0,111 2Capannori 0,088 0,859 0,053 2Castelnuovo di Garfagnana 0,007 0,985 0,007 2Coreglia Antelminelli 0,087 0,801 0,111 2Fabbriche di Vallico 0,145 0,746 0,108 2Forte dei Marmi 0,073 0,853 0,074 2Lucca 0,196 0,786 0,018 2Minucciano 0,145 0,746 0,108 2Molazzana 0,022 0,943 0,035 2Seravezza 0,196 0,559 0,245 2Stazzema 0,024 0,919 0,056 2Agliana 0,024 0,919 0,056 2Monsummano Terme 0,010 0,984 0,007 2Montale 0,223 0,753 0,024 2Montecatini-Terme 0,024 0,607 0,369 2Pistoia 0,028 0,959 0,013 2Ponte Buggianese 0,024 0,944 0,032 2Uzzano 0,270 0,696 0,034 2Capraia e Limite 0,253 0,613 0,134 2101


ComuneFunzioneappartenenzacluster 1Funzioneappartenenzacluster 2Funzioneappartenenzacluster 3ClusterassegnatoCerreto Guidi 0,157 0,622 0,221 2Empoli 0,015 0,843 0,142 2Firenzuola 0,031 0,961 0,009 2Greve in Chianti 0,005 0,954 0,041 2Impruneta 0,384 0,568 0,048 2Londa 0,103 0,755 0,141 2Montespertoli 0,108 0,872 0,020 2Pontassieve 0,005 0,992 0,003 2San Casciano in Val di Pesa 0,068 0,890 0,042 2San Piero a Sieve 0,077 0,734 0,189 2Scandicci 0,009 0,989 0,002 2Signa 0,159 0,743 0,098 2Tavarnelle Val di Pesa 0,078 0,820 0,102 2Vinci 0,103 0,755 0,141 2Capoliveri 0,011 0,989 0,001 2Cecina 0,013 0,953 0,034 2Marciana 0,015 0,971 0,014 2Portoferraio 0,135 0,820 0,044 2Rosignano Marittimo 0,007 0,987 0,006 2Bientina 0,007 0,991 0,002 2Cascina 0,007 0,991 0,002 2Montopoli in Val d’Arno 0,155 0,618 0,227 2Pisa 0,381 0,600 0,019 2Vecchiano 0,016 0,972 0,012 2Bucine 0,105 0,612 0,284 2Caprese Michelangelo 0,005 0,991 0,004 2Castiglion Fibocchi 0,191 0,611 0,198 2Castiglion Fiorentino 0,016 0,972 0,012 2Lucignano 0,082 0,885 0,032 2Monte San Savino 0,033 0,961 0,006 2Montevarchi 0,016 0,972 0,012 2Pergine Valdarno 0,028 0,754 0,218 2Pratovecchio 0,091 0,870 0,039 2Stia 0,246 0,720 0,034 2Terranuova Bracciolini 0,016 0,980 0,004 2Casole d’Elsa 0,107 0,708 0,185 2Castelnuovo Berardenga 0,006 0,969 0,025 2Castiglione d’Orcia 0,016 0,980 0,004 2Gaiole in Chianti 0,014 0,553 0,433 2Monteroni d’Arbia 0,004 0,987 0,008 2102


ComuneFunzioneappartenenzacluster 1Funzioneappartenenzacluster 2Funzioneappartenenzacluster 3ClusterassegnatoMonticiano 0,048 0,802 0,151 2Radicofani 0,016 0,897 0,087 2San Gimignano 0,016 0,980 0,004 2Siena 0,234 0,700 0,066 2Torrita di Siena 0,016 0,980 0,004 2Campagnatico 0,042 0,946 0,012 2Capalbio 0,261 0,651 0,088 2Castell’Azzara 0,009 0,979 0,012 2Castiglione della Pescaia 0,038 0,904 0,058 2Cinigiano 0,201 0,759 0,040 2Isola del Giglio 0,033 0,715 0,252 2Magliano in <strong>Toscana</strong> 0,121 0,687 0,192 2Roccalbegna 0,014 0,983 0,003 2Scansano 0,157 0,711 0,132 2Sorano 0,012 0,968 0,021 2Monterotondo Marittimo 0,045 0,881 0,073 2Carmignano 0,009 0,987 0,004 2Montemurlo 0,104 0,878 0,018 2Prato 0,002 0,996 0,002 2Vaiano 0,116 0,876 0,008 2Aulla 0,277 0,009 0,714 3Casola in Lunigiana 0,186 0,109 0,705 3Comano 0,010 0,018 0,972 3Fosdinovo 0,277 0,009 0,714 3Licciana Nardi 0,012 0,083 0,905 3Montignoso 0,181 0,012 0,807 3Tresana 0,277 0,009 0,714 3Bagni di Lucca 0,010 0,018 0,972 3Camporgiano 0,078 0,274 0,648 3Gallicano 0,069 0,023 0,907 3Giuncugnano 0,063 0,034 0,902 3Massarosa 0,003 0,007 0,990 3Pescaglia 0,017 0,007 0,976 3Piazza al Serchio 0,232 0,081 0,687 3Pieve Fosciana 0,004 0,002 0,993 3Porcari 0,041 0,032 0,927 3San Romano in Garfagnana 0,164 0,096 0,740 3Vergemoli 0,004 0,002 0,993 3Abetone 0,032 0,005 0,963 3Cutigliano 0,004 0,002 0,993 3103


ComuneFunzioneappartenenzacluster 1Funzioneappartenenzacluster 2Funzioneappartenenzacluster 3ClusterassegnatoLamporecchio 0,041 0,032 0,927 3Pieve a Nievole 0,081 0,236 0,683 3Piteglio 0,074 0,020 0,906 3Chiesina Uzzanese 0,074 0,020 0,906 3Calenzano 0,030 0,319 0,651 3Gambassi Terme 0,374 0,030 0,597 3Lastra a Signa 0,011 0,050 0,939 3Marradi 0,127 0,322 0,551 3Montelupo Fiorentino 0,012 0,012 0,977 3Palazzuolo sul Senio 0,283 0,024 0,692 3Pelago 0,003 0,006 0,991 3Rufina 0,158 0,053 0,789 3Vicchio 0,009 0,003 0,988 3Campo nell’Elba 0,006 0,069 0,925 3Castagneto Carducci 0,003 0,006 0,991 3Collesalvetti 0,009 0,128 0,863 3Piombino 0,054 0,009 0,937 3Porto Azzurro 0,039 0,038 0,922 3Suvereto 0,205 0,080 0,715 3Casciana Terme 0,065 0,161 0,774 3Castellina Marittima 0,133 0,136 0,731 3Castelnuovo di Val di Cecina 0,337 0,100 0,563 3Crespina 0,012 0,005 0,983 3Lorenzana 0,184 0,261 0,555 3Peccioli 0,007 0,003 0,991 3Pomarance 0,012 0,002 0,986 3San Miniato 0,057 0,032 0,911 3Volterra 0,013 0,012 0,976 3Castel San Niccolo’ 0,114 0,029 0,858 3Chitignano 0,057 0,032 0,911 3Civitella in Val di Chiana 0,023 0,002 0,975 3Monterchi 0,030 0,015 0,954 3Poppi 0,079 0,095 0,827 3Sansepolcro 0,011 0,005 0,984 3Sestino 0,100 0,248 0,652 3Talla 0,124 0,222 0,654 3Abbadia San Salvatore 0,029 0,016 0,955 3Asciano 0,011 0,005 0,984 3Buonconvento 0,039 0,035 0,926 3Castellina in Chianti 0,045 0,012 0,943 3104


ComuneFunzioneappartenenzacluster 1Funzioneappartenenzacluster 2Funzioneappartenenzacluster 3ClusterassegnatoColle di Val d’Elsa 0,223 0,018 0,759 3Montepulciano 0,183 0,034 0,783 3Monteriggioni 0,062 0,070 0,868 3Piancastagnaio 0,022 0,003 0,975 3Radda in Chianti 0,010 0,015 0,975 3San Casciano dei Bagni 0,017 0,026 0,956 3San Giovanni d’Asso 0,029 0,016 0,955 3Sarteano 0,060 0,052 0,888 3Sovicille 0,061 0,007 0,932 3Trequanda 0,029 0,016 0,955 3Follonica 0,041 0,114 0,845 3Manciano 0,004 0,005 0,991 3Vernio 0,029 0,097 0,874 3Podenzana 0,422 0,409 0,170 ambiguoVilla Basilica 0,448 0,311 0,242 ambiguoLarciano 0,440 0,134 0,426 ambiguoQuarrata 0,548 0,056 0,396 ambiguoBorgo San Lorenzo 0,464 0,136 0,400 ambiguoMarciana Marina 0,496 0,482 0,022 ambiguoCastelfranco di Sotto 0,432 0,334 0,234 ambiguoSanta Maria a Monte 0,393 0,375 0,232 ambiguoPieve Santo Stefano 0,524 0,080 0,396 ambiguoRadicondoli 0,452 0,317 0,231 ambiguoSan Quirico d’Orcia 0,479 0,183 0,339 ambiguoCivitella Paganico 0,548 0,043 0,409 ambiguoMassa Marittima 0,525 0,032 0,443 ambiguoMontecarlo 0,169 0,498 0,333 ambiguoBagno a Ripoli 0,082 0,546 0,372 ambiguoBarberino di Mugello 0,422 0,522 0,056 ambiguoBarberino Val d’Elsa 0,235 0,480 0,285 ambiguoCertaldo 0,235 0,480 0,285 ambiguoFiesole 0,465 0,485 0,050 ambiguoFigline Valdarno 0,402 0,435 0,163 ambiguoFirenze 0,231 0,418 0,352 ambiguoLajatico 0,164 0,445 0,391 ambiguoSan Giovanni Valdarno 0,090 0,539 0,371 ambiguoSanta Fiora 0,347 0,512 0,140 ambiguoScarlino 0,252 0,463 0,286 ambiguoViareggio 0,373 0,213 0,414 ambiguoSambuca Pistoiese 0,283 0,183 0,533 ambiguo105


ComuneFunzioneappartenenzacluster 1Funzioneappartenenzacluster 2Funzioneappartenenzacluster 3ClusterassegnatoSerravalle Pistoiese 0,200 0,252 0,548 ambiguoMontaione 0,455 0,015 0,530 ambiguoSan Godenzo 0,344 0,112 0,544 ambiguoSesto Fiorentino 0,455 0,015 0,530 ambiguoLivorno 0,455 0,015 0,530 ambiguoCalcinaia 0,212 0,347 0,441 ambiguoPontedera 0,303 0,198 0,498 ambiguoBibbiena 0,303 0,198 0,498 AmbiguoFoiano della Chiana 0,303 0,198 0,498 AmbiguoArcidosso 0,442 0,047 0,511 AmbiguoMonte Argentario 0,406 0,099 0,494 AmbiguoRoccastrada 0,074 0,408 0,519 AmbiguoPoggio a Caiano 0,367 0,153 0,480 Ambiguo106


5. CONCLUSIONILa presente indagine ha inteso analizzare la condizione occupazionale deisoggetti appartenenti alle categorie protette, insieme a quella di un insiemedifferenziato di altri soggetti, accomunabili sotto l’etichetta di disagio sociale.A questo riguardo occorre rilevare come, mentre il concetto di categorieprotette è più agevole, in quanto desumibile dalla normativa italiana sulcollocamento obbligatorio, il concetto di disagio sociale è di ardua definizione(Orml-Ciriec, 1998; § 1). Oltre a ciò, è stato qui necessario delimitareulteriormente tale nozione, riferendosi solo a quelle tipologie di soggetti per iquali l’esclusione dal mondo del lavoro è associata -come causa, effetto o piùspesso entrambi- ad altre manifestazioni di disagio (§§ 1, 4).Come è stato più volte sottolineato nel corso del testo, quindi, la difficoltàprincipale della presente indagine è consistita proprio nella definizione delcampo oggetto di indagine. In particolare l’analisi della normativa (§ 2) hainfatti palesato una situazione di trattamento differenziato per le diversetipologie di soggetti svantaggiati nel mercato del lavoro. Essa è il risultato siadel succedersi di interventi limitati a singole categorie, sia di pregiudizifondamentali, per cui la presenza di difficoltà a trovare lavoro non è sufficientea garantire il medesimo livello di tutela per tutti le tipologie di soggetti. Inparticolare non appaiono tutelabili alla stessa stregua dei disabili quellecategorie che soffrono un disagio occupazionale solo in parte imputabile acause oggettive esterne, poiché o caratterizzato da una componente volontaria-quale la responsabilità della persona nel caso dei tossicodipendenti e detenuti-,o determinato dall’assenza di requisiti come lo status di cittadini italiani ocomunitari, nel caso degli immigrati extracomunitari.


L’esistenza di una pluralità di normative diverse sia nei principi chenell’articolazione produce una fondamentale differenziazione dei servizi.Questa riguarda sia le modalità di erogazione -per cui solo per i disabili e lecategorie protette esiste uno specifico servizio pubblico di collocamentomirato, rafforzato dall’obbligo di assunzione-, che gli Enti preposti -per cui,mentre, per tossicodipendenti e detenuti, servizi e progetti specifici sono affidatiessenzialmente ai servizi socio-sanitari (Ser.T) ed all’operato del non profit edelle associazioni di rappresentanza, per i disabili esiste uno specifico serviziodi collocamento pubblico curato dalle amministrazioni provinciali- (§ 3).Ai fini della ricerca, questa difformità ha conseguenze rilevanti per le seguentiragioni:− la presenza di molteplici Enti erogatori di servizi produce a sua voltadifformità nei dati amministrativi presenti, in relazione alle diverse finalitàed organizzazione degli Enti stessi;− le differenze nel tipo di disaggregazione territoriale cui gli indicatori sonoriferiti (Sistemi Economici Locali versus Zone Socio-Sanitarie versusSistemi Locali del Lavoro) determinano difficoltà nella comparazione deglistessi;− la mancanza di un servizio di collocamento generalizzato a tutti i soggettisvantaggiati comporta la mancanza di indicatori fondamentali relativi allacondizione lavorativa degli stessi -numero di soggetti di cerca dioccupazione, numero di soggetti avviati, numero di inserimenti riusciti-;occorre tuttavia notare che, anche laddove -come nel caso dei disabili-,questo servizio esiste, le passate inefficienze di gestione del servizio nonconsentono ancora di elaborare statistiche attendibili.108


L’analisi statistica sopra presentata (§ 4) ha dovuto affrontare tutti questiproblemi. Si è quindi concentrata sulla delineazione di un insieme dicaratterizzazioni generali delle diverse aree della <strong>Toscana</strong>, utilizzando indicatoridi diversa natura, sia di tipo economico -reddito, occupazione- e sociale-istruzione, ambiente familiare e sociale-, che relativi alla presenza di soggettisvantaggiati (§ 4). La mappatura dei Comuni toscani così ottenuta (§ 4.3.5)evidenzia alcuni fenomeni di fondo, ed in primo luogo il fatto che non sembraesistere una relazione lineare tra la presenza di soggetti svantaggiati, il contestosocio-ambientale, e la situazione occupazionale dei Comuni toscani. Risultaevidente anzi che in molte aree la presenza di migliori indicatori di ricchezza,istruzione e disponibilità di lavoro si accompagna ad una maggiore diffusionedi situazioni di disagio sociale; mentre in altre la minore ricchezza e la minoredisponibilità di occasioni lavorative non sembra capace di ingenerare unasignificativa lacerazione del tessuto sociale.In particolare, le specifiche forme di disagio connesse alla presenza di numerosisoggetti non residenti in situazione di difficoltà economica -quello che abbiamodefinito disagio esterno, con riferimento particolare ad immigrati e nomadi-,risulta fortemente correlata ad una situazione economica migliore, che attiramaggiori flussi migratori. D’altra parte altre forme di disagio -come latossicodipendenza, qui considerata come indicatore del livello del disagiogiovanile- rappresentano un fenomeno trasversale rispetto alle caratteristichedell’ambiente economico e sociale, accomunando aree con caratteristichediverse.Oltre ai risultati specifici richiamati, l’analisi statistica sembra poi indicare lanecessità di una ridefinizione delle unità territoriali di intervento. La mappaturacomunale evidenzia la presenza di situazioni differenziate all’interno sia dei109


sistemi economici locali (SEL), che delle zone socio-sanitarie (ZSS), che deisistemi locali del lavoro (SLL). Quando -nell’ottica di una analisi integrata delfenomeno del disagio sociale- agli indicatori sociali ed economici classici siaffiancano informazioni più specifiche circa la diffusione delle diverse forme didisagio, le principali aree geografiche di riferimento per le politiche mostranolimiti nella capacità di interpretare la situazione del territorio. Tali limitipossono a loro volta rendere difficoltosa la predisposizione di efficaci interventidi policy.In conclusione, le riflessioni appena esposte mostrano come il contestoistituzionale attuale non è in linea con l’approccio integrato perseguito nellapresente indagine. Sebbene la riforma del collocamento obbligatorio abbiariscosso un generale apprezzamento dagli intervistati (§ 3.2), gli effetti positividel nuovo sistema sul patrimonio informativo per la ricerca -oltre che,ovviamente, sull’efficacia dei servizi- si dispiegheranno completamente solo nelprossimo futuro, e riguarderanno comunque solo una parte dei soggetti quiconsiderati.Ai fini di una politica complessiva a favore dei soggetti deboli sul mercato dellavoro, il modello del collocamento mirato richiederebbe invece di essere esteso-ovviamente in forma flessibile e graduale-, anche ad altre tipologie di soggettimeno tutelati -come ad esempio i detenuti-. Ciò consentirebbe sia di uniformaremaggiormente la qualità ed estensione dei servizi offerti ai soggettisvantaggiati, sia di arricchire e migliorare la base di conoscenze disponibili perl’elaborazione delle politiche.110


RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICIANDREW-WITHEY 1974Andrew, F. L., Withey, S.B., “Developing measures of perceived quality oflife”, in Social Indicator Research, 1, 1974.BEZDEK 1981Bezdek, J. C., Pattern recognition with Fuzzy Objective Function Algoritms,New York, Plenum press, 1981.BEZDEK 1995Bezdek, J. C. , “On Cluster validity for the Fuzzy C-Means Model”, IEEEtransactions on fuzzy systems, 3(3), 1995.BOUDON-LAZARSFELD 1965Boudon, R., Lazarsfeld, P., L’analisi empirica delle scienze sociali, Bologna, IlMulino, 1965.BRADBURN 1969Bradburn, N., The structure of Psychological Well-Being, Chicago, 1969.CAMPBELL-CONVERSE 1972Campbell, A., Converse, P., The human Meaning of Social change, New York,1972.CANTRIL 1965Cantril, H., The pattern of human Concerns, New Brunswich, 1965.FRAIRE-TERRANOVA 1983Fraire, M., Terranova, F., Manuale di statistica e programmazione sanitaria,Roma, NIS, 1983.GHERA 1996Ghera, E., Diritto del lavoro, Bari, Cacucci, 1996.


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APPENDICE: LA NORMATIVA INTERNAZIONALE SUI SOGGETTISVANTAGGIATI


A1. La normativa internazionale sull’inserimento lavorativo dei disabiliA livello internazionale sono molte le istituzioni e le organizzazioni che hannoaffrontato il tema della disabilità, in modo da favorire politiche ed interventirivolti ad una più generale integrazione di questi soggetti con particolareriferimento all’inserimento lavorativo.Le Nazioni Unite hanno svolto un ruolo di guida per gli Stati nazionali nellarisoluzione delle problematiche connesse alla disabilità nelle varie sfere dellavita sociale, ed anche nell’ambito del lavoro.Sin dalle origini l’ONU si è impegnata a migliorare lo status e lo standard divita dei disabili riconoscendo come principi fondamentali i loro diritti civili,politici, sociali 66 . Inizialmente ha adottato interventi di promozione delbenessere e dei diritti dei disabili fisici, assistendo i Governi nella prevenzione enella riabilitazione della disabilità. Successivamente ha rivalutato le politichedella piena partecipazione dei disabili alla società, riconoscendo nel 1971 con laDichiarazione dei diritti delle persone ritardate mentali pari diritti rispetto aisoggetti normodotati e specifici diritti in relazione ai loro bisogni nel campomedico sociale, ed educativo, e proclamando nel 1975, con la Dichiarazione deidiritti delle persone disabili, i pari diritti civili e politici. Il 1981 venneproclamato Anno internazionale delle persone disabili, per individuare un pianod’azione internazionale, nazionale e regionale per le pari opportunità, lariabilitazione, e la prevenzione della disabilità, che sfociò nel World66 La Dichiarazione dei diritti dell’uomo del 10 Dicembre 1948 e le Convenzioni internazionalisui diritti dell’uomo, Il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali in vigore dalgennaio 1976 e il Patto internazionale sui diritti civili e politici in vigore dal 23 marzo 1976,con i quali l’ONU ha tradotto in disposizioni pattizie i principi sanciti nella Dichiarazione deidiritti dell’uomo del 1948.115


Programme Action concerning disabled persons (Risoluzione ONU 37152 odel 3/12/1982) e nella richiesta di una Conferenza straordinaria all’AssembleaGenerale per una Convenzione Internazionale contro tutte le forme didiscriminazione verso i disabili 67 . Nel 1990 venne proclamato il decenniointernazionale delle Nazioni Unite per i disabili (1983-1992) 68 , perimplementare gli obiettivi fissati nel Programma di azione mondiale, e nel 1993vennero adottate le norme standard di pari opportunità per i disabili(Risoluzione 48/96 del 20 dicembre 1993), uno strumento di policy making e dicooperazione tecnica ed economica dei vari Paesi, elaborato sulla base dei datirelativi all’implementazione della Convenzione OIL n. 159 del 1983 sullariabilitazione professionale dei disabili, ratificata da 56 paesi 69 .67 Per questa proposta fu redatta una bozza da parte dell’Italia, ma alle due sessioni successivedell’Assemblea non si trovò un accordo.68 Con la Risoluzione 1990/26 del maggio 1990, Il Consiglio sociale e economico autorizzò laCommissione per lo Sviluppo Sociale a formare un gruppo ad hoc composto dai membri deigoverni, per elaborare norme standard per le pari opportunità di bambini, giovani ed adultidisabili.69 Un forte contributo è stato dato anche da agenzie dell’ONU come l’UNESCO, l’UNICEF el’OMS. L’UNESCO ha raccolto informazioni nell’ambito dell’educazione si occupa dellalegislazione in risposta ai bisogni particolari dell’educazione e nel 1994, alla conferenzamondiale sui bisogni speciali dell’educazione a Salamanca, ha adottato un documento persviluppare gli obiettivi della norma standard n. 6. Il WHO o anche OMS organizzazionemondiale della sanità si occupa dell’assistenza tecnica per la salute e la prevenzione,contribuisce a monitorare le norme standard. Il suo ruolo è stato definito al meeting deiconsiglieri regionali dell’OMS tenutosi a Ginevra nel gennaio 1996, come l’inclusione delleorganizzazioni dei disabili nello sviluppo e l’attuazione dei programmi e lotta allediscriminazioni dei disabili. L’UNICEF si occupa dei programmi per bambini disabili, edell’assistenza tecnica per la riabilitazione.116


L’OIL aveva emanato, già nel 1955, la prima Raccomandazione sullariabilitazione professionale dei disabili, in quanto soggetti con ridotteprospettive di assicurarsi e mantenere un occupazione adatta a causa della lorouna menomazione fisica o mentale 70 .A seguito del programma d’azione mondiale nel 1993 l’OIL ha adottato poi laprima Convenzione sulla Riabilitazione professionale e l’occupazione(Convenzione C 159 del 20/6/1983), che ha fissato per tutte le categorie didisabili gli standard internazionali a favore delle pari opportunità, del paritrattamento, della promozione del lavoro e dell’integrazione e reintegrazionenella società 71 . Si chiede agli Stati di formulare ed implementareperiodicamente la politica nazionale di riabilitazione ed impiego, promuovendol’accesso al mercato del lavoro con servizi di orientamento, di formazioneprofessionale, di collocamento e di occupazione. La Raccomandazione relativaha indicato poi le metodologie di attuazione e previsto per la prima volta formedi incentivazione finanziaria; la costituzione di cooperative sociali di disabili;l’incentivazione della produzione su bassa scala, adatta anche ai disabili.70 Si prevedeva la garanzia di servizi professionali, come l’orientamento, la formazioneprofessionale e l’occupazione selettiva, per esercitare un’attività economica utilizzando leproprie attitudini e qualifiche. Si richiedevano inoltre lo sviluppo di un sistema di collocamentospeciale per disabili che registrasse le loro motivazioni ed esperienze precedenti, valutando leloro capacità, dimostrasse la capacità dei soggetti e li assistesse nella formazione e nei servizi.Al fine di aumentare le opportunità occupazionali dei disabili s’imponevano la garanzia di pariopportunità di lavoro; la piena opportunità di accettare lavori idonei e di scegliere il datore dilavoro; la valorizzazione delle capacità del soggetto per mezzo di programmi continui con staffadeguati per la formazione professionale ed il collocamento da affidare ad una sola autorità, lasupervisione di una commissione rappresentativa a vari livelli territoriali con rappresentanzedella parti sociali. Infine, si puntava sull’inserimento lavorativo basato su due misure: sviluppodi strumenti di formazione e occupazione sotto condizioni protette per coloro che non possonoessere impiegati in lavori competitivi e speciali misure per coloro che non possono muoversi dacasa e quindi raggiungere il luogo di lavoro.71 Per tutti coloro con ridotte opportunità a causa di menomazioni fisiche o mentali debitamentericonosciute.117


Le norme standard dell’ONU sono ispirate ai risultati e principi dellaConvenzione OIL del 1983 72 , estesi però ai vari aspetti della vita sociale.L’ONU ha ribadito un ruolo attivo delle persone disabili, cui si devonogarantire pari opportunità e quindi rendere accessibili i servizi, le attività,l’informazione e la documentazione.Tra le condizioni preliminari per realizzare pari opportunità si individuano,oltre all’assistenza medica psicologica e personale, la riabilitazione a garanziadell’indipendenza e della funzionalità, e soprattutto l’accrescimento dellaconsapevolezza e quindi l’informazione sui programmi e servizi per i disabili,sui diritti e loro doveri e sul loro potenziale.Nel campo del lavoro s’impone che leggi e regolamenti non discriminino oostacolino la ricerca del lavoro dei disabili, ma anzi sostengano la lorointegrazione nel libero mercato del lavoro. Gli Stati devono incoraggiare idatori di lavoro a fornire supporti per i disabili, appoggiare campagne disensibilizzazione dell’opinione pubblica per superare i pregiudizi verso ilavoratori disabili; creare condizioni favorevoli per l’impiego di persone condisabilità nel settore pubblico. Gli stessi piani d’azione nazionali (NAP) devonofacilitare l’accessibilità al luogo di lavoro, alle nuove tecnologie, alla ricerca dellavoro e garantire training e aiuti continui per l’assistenza personale incollaborazione con parti sociali e le organizzazioni dei disabili 73 . Inoltre ilrapporto del 1999 del Segretario generale dell’ONU sullo statod’implementazione da parte dei Governi e delle comunità delle pari opportunità72 Sei articoli della Convenzione sono stati selezionati e corrispondono alla norma standard n.7.73 Inoltre si parla di assistenza economica e previdenza sociale, vita familiare e integrità dellapersona, cultura ed attività ricreative e religione.118


a tutti i livelli di vita e anche nel lavoro 74 , è rilevante per i successivi interventi,poiché ha evidenziato la capacità offerte ai disabili delle nuove tecnologie comeInternet di partecipare alla vita politica economica del Paese 75 .Gli interventi delle Nazioni Unite, anche nelle recenti Conferenze, focalizzanosulla condizione dei disabili e sul divieto delle pratiche discriminatorie nonchésulla protezione del loro diritto di partecipare pienamente alla vita sociale edassistono gli Stati nel raggiungimento della parità dei disabili con lapromozione, implementazione e controllo delle norme standard e l’offerta disupporti tecnici e finanziari per realizzare progetti nazionali ed internazionali 76 .L’OIL d’altra parte, s’impegna a garantire l’accesso al mercato del lavoro el’integrazione dei disabili, con riguardo all’attuazione dei principi delle pariopportunità, del pari trattamento e della non discriminazione, evidenziati nellaConvenzione del 1983, tramite un intervento orientato al superamento degliostacoli alla piena partecipazione al mercato del lavoro, che si basa sulla ricercadi strategie per la formazione e per le opportunità di lavoro; l’attività di difesagiuridica per i disabili, guida e consulenza per le politiche sul lavoro deidisabili; servizi di supporto tecnico e attività di cooperazione. Recentemente lesue attività s’incentrano sulla promozione della ricerca su strategie chiave per laformazione e l’occupazione 77 , la raccolta di informazioni relative all’impatto74 Documento A 54/388 del 1999, che ha registrato un positivo progresso sull’applicazione delparagrafo IV della Risoluzione stessa.75 E proprio relativamente all’impatto delle nuove tecnologie il segretario generale dell’ONU inoccasione della giornata internazionale delle persone disabili, il 3 dicembre 2000, nel suomessaggio ha evidenziato il ruolo delle tecnologie dell’informazione nell’incremento dellacrescita richiedendo la garanzia del loro acceso anche ai disabili, abbattendo le barrieretecniche, psicologiche, fisiche o finanziarie.76 Dal 1996 tre commissioni sono si occupano nel campo dei diritti umani e disabilità: laCommissione dei diritti del fanciullo, la Commissione dei diritti economici sociali e culturali, laCommissione sull’eliminazione delle discriminazioni contro le donne.77 Come il Job retention and return to work project.119


delle nuove tecnologie sull’occupazione delle persone con disabilità, oltre chealla preparazione del codice di pratiche per la gestione dei disabili nei luoghi dilavoro.A2. Normativa internazionale sul disagio occupazionale degli altri soggetti deldisagio socialeIl disagio occupazionale si rileva anche per una serie di soggetti che, comevisto, incontrano in genere, al pari dei portatori di handicap, elevate difficoltà diinserimento o di reinserimento nel mercato del lavoro, come gli immigrati, itossicodipendenti, i detenuti o ex detenuti. Verso questi soggetti -e soprattuttoverso quelle categorie di soggetti, per le quali il disagio è imputabileprincipalmente ad una responsabilità soggettiva, come i detenuti- la regolazioneinternazionale e comunitaria risulta abbastanza blanda.Per quanto attiene alla tossicodipendenza, a livello internazionale ed europeo gliinterventi si concentrano nella repressione della produzione, del commercio edell’uso di sostanze stupefacenti, avvertita come la priorità principale: a tal finevi è una stretta cooperazione internazionale dell’UE con l’ONU, finalizzata alcontrollo delle droghe e delle attività illecite connesse.Sebbene la maggior parte degli interventi riguardi la repressione dellaproduzione e della vendita degli stupefacenti, la Commissione, nellaComunicazione per un piano d’azione dell’UE sulla lotta alla droga 78 , ha altresìevidenziato come l’Unione europea e gli Stati membri stanno riconoscendo gli78 La Comunicazione della Commissione al Consiglio e a Parlamento Europeo relativa ad unpiano d’azione dell’ UE.120


aspetti sociali e sanitari del problema della droga con particolare riguardo allegame tra abuso di droga, condizioni di precarietà sociale, povertà,disoccupazione, emarginazione, mancanza di dimora e delinquenza ecriminalità, che impongono quindi di agire anche in favore deitossicodipendenti. Inoltre tra le nuove sfide 79 che la Commissione ritiene didover affrontare nel quadriennio troviamo oltre alla lotta all’emarginazionesociale, ed al coinvolgimento delle comunità di recupero nella prevenzione,proprio il reinserimento sociale nel mondo del lavoro.Il piano d’azione per il periodo 2000-2004 80 , tenendo conto dei contenuti dellacomunicazione, ha previsto tra gli obiettivi principali, oltre la riduzione delladomanda, con particolare attenzione alla prevenzione sui giovani, e la riduzionedell’offerta, anche la riduzione del danno, che implica l’aiuto sociale e sanitarioper i consumatori di sostanza stupefacenti da realizzare tramite la cooperazioneinternazionale 81 .Il recupero viene ora considerato un pilastro della lotta alla droga, es’incoraggiano quindi l’azione sociale svolta dalle comunità terapeutiche e gliinterventi degli Stati per combattere la tossicodipendenza nelle carceri, conmisure anche di promozione del reinserimento nella società e nella vitaprofessionale, da attuare mediante finanziamenti da parte della Commissione diprogrammi per valutare la prevenzione, cura ed il reinserimento stesso.79 Come la lotta alle nuove droghe -cannabis, anfetamine e ecstasy- lotta delle delinquenzaurbana e al consumo di droga nelle carceri, al consumo di più droghe, all’epatite, alle alternativealla pena detentiva.80 Il piano è stato redatto dalla Commissione Santer nel maggio del 1999 ed è stato al centrodella riunione di Helsinki del Consiglio Europeo (11-12 dicembre 1999). Infatti laCommissione e il Parlamento erano stati chiamati a riunire in un programma globale la strategiadi lotta contro la droga per gli anni successivi al 1999.81 A tal fine importante è anche l’attività svolta dall’OEDT (Osservatorio europeo della droga edella tossicodipendenza) e dell’unità droga dell’Europol (UDE).121


Quindi l’UE affronta il problema della tossicodipendenza principalmente sulfronte della cooperazione internazionale e europea volta a reprimere laproduzione, il commercio delle varie droghe e a prevenirne l’uso; solosecondariamente tramite la promozione dell’inserimento lavorativo deitossicodipendenti. Tuttavia ha cercato di porre tra i suoi obiettivi il recupero edella rimozione delle problematiche connesse alla tossicodipendenza, qualil’emarginazione e la disoccupazione, richiedendo espressamente programmi direinserimento lavorativo con particolare attenzione a quelli rivolti ai casi in cuiil disagio occupazionale è più grave, ovvero ai detenuti tossicodipendenti.Riguardo al disagio occupazionale degli immigrati, si nota come a livellointernazionale, l’ONU ha dato fin dagli anni ‘30 un forte rilievo allaproblematica dell’immigrazione per scopi di lavoro. Tramite L’OIL ha puntatosoprattutto a garantire la libertà di circolazione da un paese all’altro, cercandodi evitare casi di lavoro illecito e sfruttamento, e di garantire stessi diritti edopportunità ai lavoratori migranti. Quindi con le Convenzioni eRaccomandazioni sulla migrazione per l’occupazione 82 , L’OIL ha formalmentericonosciuto il diritto di ogni persona di migrare e di circolare, specie nel casodi ricerca di un’occupazione, imponendo il rispetto di uno dei principifondamentali in materia: la parità di trattamento dei lavoratori migranti rispettoagli altri lavoratori.Nel 1949 si è regolato il reclutamento e il collocamento dei lavoratori migranti,stabilendo le condizioni minime da garantire nella fase della migrazione edimponendo agli Stati l’adozione di politiche specifiche per l’occupazione anche82 Le Convenzioni OIL sulla migrazione a scopo di lavoro del 1939 C 66 e del 1949, C 97 e laRaccomandazione relativa R86.122


tramite la cooperazione internazionale 83 . Nel 1955 si è prevista una normativaspecifica 84 per i lavoratori migranti dei paesi sottosviluppati e nel 1964 sonostate emanate la Convenzione e la Raccomandazione sulle politiche di impiegodegli immigratiMa, considerando l’esistenza di attività illecite legate alla migrazione, nel 1975si è anche provveduto a emanare una normativa ad hoc 85 per le migrazioni incondizioni abusive. Anche in tale sede si è specificato come gli Stati debbonogarantire ai lavoratori migranti 86 la piena libertà di scelta dell’occupazione,assicurando il diritto alla mobilità geografica, la garanzia di pari trattamento nellavoro e nelle misure di sicurezza sociale, con il riconoscimento di dirittisindacali e i diritti culturali individuali e collettivi.A livello europeo sia la Carta Sociale Europea del Consiglio d’Europa 87 , sia idocumenti fondamentali comunitari -quali la Carta Comunitaria dei dirittisociali e fondamentali di lavoratori del 1989 88 ed il Trattato CEE 89 - si sonorivolti principalmente a garantire i diritti di libera circolazione dei cittadinicomunitari, ovvero appartenenti ai vari Stati membri all’interno dell’UnioneEuropea, e non riguardano gli immigrati extracomunitari.Tuttavia l’Unione Europea, considerando il fenomeno delle migrazioni da partedei paesi terzi verso gli Stati membri, ha auspicato fin da gli anni ‘70 una83 La Convenzione OIL C 96 del 1949.84 LaRaccomandazione per la protezione dei lavoratori migranti dei paesi sottosviluppati.85La Convenzione OIL C 143 sulle migrazioni in condizioni abusive e promozionedell’eguaglianza di opportunità e trattamento dei lavoratori migranti.86 Riferendosi specificatamente con il termine migrant workers a tutti coloro che migrano osono migrati da un paese ad un altro nella prospettiva di lavorare e che sia posto nellecondizioni di farlo regolarmente.87 Sottoscritta a Torino il 18 ottobre 1961, entrata in vigore il 26 febbraio 1965, ratificata inItalia con L. 3 luglio 1965 n. 929.88 Strasburgo, 9 dicembre 1989.89 Si veda l’art. 3 e l’art. 52.123


graduale armonizzazione delle normative sugli stranieri immigrati. Conl’emanazione di un programma d’azione a favore dei lavoratori migranti 90 , hapromosso la loro integrazione nel mercato del lavoro comunitario tramitepolitiche concertate. La Commissione ha poi rilevato nel tempo come,considerato che la popolazione immigrata tende a permanere indefinitamentenel territorio comunitario, e che la stessa è caratterizzata da alti tassi di natalità,siano necessari, in particolare proprio nell’ambito della politica del mercato dellavoro, interventi specifici per favorire l’inserimento professionale, soprattuttorelativi all’istruzione, alla formazione e all’occupazione. Ha ritenuto necessario,quindi, che gli Stati membri garantiscano le politiche migratorie verso i paesiterzi, prendendo ad esempio le azioni comunitarie. Significativa è quindil’istituzione della procedura di comunicazione preliminare e di concertazionesulle politiche migratorie nei confronti dei paesi terzi 91 , che ha richiesto agliStati membri di stendere progetti sui lavoratori cittadini dei Paesi terzi perquanto riguarda l’ingresso, il soggiorno e l’occupazione anche illegali.Fondamentale è il riconoscimento dell’obbligo di garantire la parità ditrattamento nelle condizioni di vita e sul lavoro; pari retribuzione e dirittieconomici, nonché la promozione professionale e sociale 92 .Questa Decisione ha evidenziato come la Comunità, in assenza di specifichenorme dei Trattati, abbia cercato di dare principi-guida per risolvere il90Un programma d’azione a favore de lavoratori migranti ed della Risoluzione sugliorientamenti per una politica comunitaria del mercato del lavoro C 34 del 9 febbraio 1976,rispettivamente C168 del 27 giugno 1980 e C168 del 27 giugno 1980.91 La Decisione della Commissione dell’8 giugno 1988.92La Risoluzione recente del Consiglio sulla lotta al razzismo e alla xenofobianell’occupazione e negli affari sociali, ha inoltre riconosciuto l’occupazione e la formazioneprofessionale come strumenti d’integrazione da promuovere per una effettiva lotta alladiscriminazione nel lavoro.124


problema, facendo leva sulla capacità di intervento dei singoli Stati membri esulla loro cooperazione. Ma solo il Progetto di Carta dei diritti fondamentalidell’Unione Europea del 2000, in conformità a tali indirizzi, ha posto fine allalacuna dei Trattati, riconoscendo formalmente l’autorizzazione dei cittadini deipaesi terzi a lavorare sul territorio comunitario, e soprattutto il diritto acondizioni di lavoro equivalenti a quelle di cui godono i cittadini dell’Unioneed il divieto di discriminazione basato sulla razza 93 .93 Rispettivamente ex art. 15, 3° comma e ex art. 21125


APPENDICE: APPARTENENZA DEI COMUNI TOSCANI A SEL, SLLE ZSS


Prov.ComuneCod. Sistema Locale del Lavoro Cod.Cod.Sistema Economico Locale (SEL)SLL(SLL)SELZSSZona socio-sanitariaAR Anghiari 357 Sansepolcro 26 Alta Val Tiberina 23 Val TiberinaAR Arezzo 352 Arezzo 27 Area Aretina 19 AretinaAR Badia Tedalda 286 Pennabilli 26 Alta Val Tiberina 23 Val TiberinaAR Bibbiena 353 Bibbiena 25 Casentino 20 CasentinoAR Bucine 337 Firenze 24 Valdarno Sup.Sud 21 ValdarnoAR Capolona 352 Arezzo 27 Area Aretina 19 AretinaAR Caprese Michelangelo 355 Pieve Santo Stefano 26 Alta Val Tiberina 23 Val TiberinaAR Castel Focognano 353 Bibbiena 25 Casentino 20 CasentinoAR Castelfranco Di Sopra 337 Firenze 24 Valdarno Sup.Sud 21 ValdarnoAR Castel San Niccolo’ 353 Bibbiena 25 Casentino 20 CasentinoAR Castiglion Fibocchi 352 Arezzo 27 Area Aretina 19 AretinaAR Castiglion Fiorentino 352 Arezzo 28 Val di Chiana Aretina 22 Val di Chiana AretinaAR Cavriglia 337 Firenze 24 Valdarno Sup.Sud 21 ValdarnoAR Chitignano 353 Bibbiena 25 Casentino 20 CasentinoAR Chiusi Della Verna 353 Bibbiena 25 Casentino 20 CasentinoAR Civitella In Val Di Chiana 352 Arezzo 27 Area Aretina 19 AretinaAR Cortona 354 Cortona 28 Val di Chiana Aretina 22 Val di Chiana AretinaAR Foiano Della Chiana 366 Sinalunga 28 Val di Chiana Aretina 22 Val di Chiana AretinaAR Laterina 352 Arezzo 24 Valdarno Sup.Sud 21 ValdarnoAR Loro Ciuffenna 337 Firenze 24 Valdarno Sup.Sud 21 ValdarnoAR Lucignano 366 Sinalunga 28 Val di Chiana Aretina 22 Val di Chiana AretinaAR Marciano Della Chiana 366 Sinalunga 28 Val di Chiana Aretina 22 Val di Chiana AretinaAR Montemignaio 353 Bibbiena 25 Casentino 20 CasentinoAR Monterchi 357 Sansepolcro 26 Alta Val Tiberina 23 Val Tiberina


AR Monte San Savino 352 Arezzo 27 Area Aretina 19 AretinaAR Montevarchi 337 Firenze 24 Valdarno Sup.Sud 21 ValdarnoAR Ortignano Raggiolo 353 Bibbiena 25 Casentino 20 CasentinoAR Pergine Valdarno 352 Arezzo 24 Valdarno Sup.Sud 21 ValdarnoAR Pian Di Sco 337 Firenze 24 Valdarno Sup.Sud 21 ValdarnoAR Pieve Santo Stefano 355 Pieve Santo Stefano 26 Alta Val Tiberina 23 Val TiberinaAR Poppi 353 Bibbiena 25 Casentino 20 CasentinoAR Pratovecchio 356 Pratovecchio 25 Casentino 20 CasentinoAR San Giovanni Valdarno 337 Firenze 24 Valdarno Sup.Sud 21 ValdarnoAR Sansepolcro 357 Sansepolcro 26 Alta Val Tiberina 23 Val TiberinaAR Sestino 289 Piandimeleto 26 Alta Val Tiberina 23 Val TiberinaProv.ComuneCod. Sistema Locale del Lavoro Cod.Cod.Sistema Economico Locale (SEL)SLL(SLL)SELZSSZona socio-sanitariaAR Stia 356 Pratovecchio 25 Casentino 20 CasentinoAR Subbiano 352 Arezzo 27 Area Aretina 19 AretinaAR Talla 353 Bibbiena 25 Casentino 20 CasentinoAR Terranuova Bracciolini 337 Firenze 24 Valdarno Sup.Sud 21 ValdarnoFI Bagno A Ripoli 337 Firenze 9.3 Area Fiorentina - Quadrante Centrale 29 Fiorentina Sud-EstFI Barberino Di Mugello 337 Firenze 9.1 Area Fiorentina - Quadrante Mugello 31 MugelloFI Barberino Val D’elsa 363 Poggibonsi 19 Alta Val d’Elsa 29 Fiorentina Sud-EstFI Borgo San Lorenzo 337 Firenze 9.1 Area Fiorentina - Quadrante Mugello 31 MugelloFI Calenzano 337 Firenze 9.3 Area Fiorentina - Quadrante Centrale 28 Fiorentina Nord-OvestFI Campi Bisenzio 337 Firenze 9.3 Area Fiorentina - Quadrante Centrale 28 Fiorentina Nord-OvestFI Capraia E Limite 336 Empoli 10.1 Circondario di Empoli - Quadrante Empolese 32 EmpoleseFI Castelfiorentino 335 Castelfiorentino 10.2 Circondario di Empoli - Quadrante Valdesano 32 EmpoleseFI Cerreto Guidi 336 Empoli 10.1 Circondario di Empoli - Quadrante Empolese 32 Empolese


FI Certaldo 335 Castelfiorentino 10.2 Circondario di Empoli - Quadrante Valdesano 32 EmpoleseFI Dicomano 337 Firenze 9.2 Area Fiorentina - Quadrante Val di Sieve 31 MugelloFI Empoli 336 Empoli 10.1 Circondario di Empoli - Quadrante Empolese 32 EmpoleseFI Fiesole 337 Firenze 9.3 Area Fiorentina - Quadrante Centrale 28 Fiorentina Nord-OvestFI Figline Valdarno 337 Firenze 9.5 Area Fiorentina - Quadrante Valdarno Sup.Nord 29 Fiorentina Sud-EstFI Firenze 337 Firenze 9.3 Area Fiorentina - Quadrante Centrale 30 FirenzeFI Firenzuola 337 Firenze 9.1 Area Fiorentina - Quadrante Mugello 31 MugelloFI Fucecchio 350 Santa Croce sull’Arno 10.1 Circondario di Empoli - Quadrante Empolese 33 Valdarno InferioreFI Gambassi Terme 335 Castelfiorentino 10.2 Circondario di Empoli - Quadrante Valdesano 32 EmpoleseFI Greve In Chianti 337 Firenze 9.4 Area Fiorentina - Quadrante Chianti 29 Fiorentina Sud-EstFI Impruneta 337 Firenze 9.4 Area Fiorentina - Quadrante Chianti 29 Fiorentina Sud-EstFI Incisa In Val D’arno 337 Firenze 9.5 Area Fiorentina - Quadrante Valdarno Sup.Nord 29 Fiorentina Sud-EstFI Lastra A Signa 337 Firenze 9.3 Area Fiorentina - Quadrante Centrale 28 Fiorentina Nord-OvestFI Londa 337 Firenze 9.2 Area Fiorentina - Quadrante Val di Sieve 31 MugelloFI Marradi 338 Marradi 9.1 Area Fiorentina - Quadrante Mugello 31 MugelloFI Montaione 335 Castelfiorentino 10.2 Circondario di Empoli - Quadrante Valdesano 32 EmpoleseFI Montelupo Fiorentino 336 Empoli 10.1 Circondario di Empoli - Quadrante Empolese 32 EmpoleseFI Montespertoli 336 Empoli 10.1 Circondario di Empoli - Quadrante Empolese 32 EmpoleseFI Palazzuolo Sul Senio 338 Marradi 9.1 Area Fiorentina - Quadrante Mugello 31 MugelloFI Pelago 337 Firenze 9.2 Area Fiorentina - Quadrante Val di Sieve 29 Fiorentina Sud-EstFI Pontassieve 337 Firenze 9.2 Area Fiorentina - Quadrante Val di Sieve 29 Fiorentina Sud-EstFI Reggello 337 Firenze 9.5 Area Fiorentina - Quadrante Valdarno Sup.Nord 29 Fiorentina Sud-EstProv.ComuneCod. Sistema Locale del Lavoro Cod.Cod.Sistema Economico Locale (SEL)SLL(SLL)SELZSSZona socio-sanitariaFI Rignano Sull’arno 337 Firenze 9.5 Area Fiorentina - Quadrante Valdarno Sup.Nord 29 Fiorentina Sud-EstFI Rufina 337 Firenze 9.2 Area Fiorentina - Quadrante Val di Sieve 29 Fiorentina Sud-Est


FI San Casciano In Val Di Pesa 337 Firenze 9.4 Area Fiorentina - Quadrante Chianti 29 Fiorentina Sud-EstFI San Godenzo 337 Firenze 9.2 Area Fiorentina - Quadrante Val di Sieve 31 MugelloFI San Piero A Sieve 337 Firenze 9.1 Area Fiorentina - Quadrante Mugello 31 MugelloFI Scandicci 337 Firenze 9.3 Area Fiorentina - Quadrante Centrale 28 Fiorentina Nord-OvestFI Scarperia 337 Firenze 9.1 Area Fiorentina - Quadrante Mugello 31 MugelloFI Sesto Fiorentino 337 Firenze 9.3 Area Fiorentina - Quadrante Centrale 28 Fiorentina Nord-OvestFI Signa 337 Firenze 9.3 Area Fiorentina - Quadrante Centrale 28 Fiorentina Nord-OvestFI Tavarnelle Val Di Pesa 363 Poggibonsi 9.4 Area Fiorentina - Quadrante Chianti 29 Fiorentina Sud-EstFI Vaglia 337 Firenze 9.1 Area Fiorentina - Quadrante Mugello 28 Fiorentina Nord-OvestFI Vicchio 337 Firenze 9.1 Area Fiorentina - Quadrante Mugello 31 MugelloFI Vinci 336 Empoli 10.1 Circondario di Empoli - Quadrante Empolese 32 EmpoleseGR Arcidosso 367 Castel del Piano 31 Amiata Grossetana 24 Amiata GrossetanaGR Campagnatico 369 Grosseto 32 Area Grossetana 27 GrossetanaGR Capalbio 371 Orbetello 33.1 Albegna - Fiora - Quadrante Costa d’Argento 25 Colline dell’AlbegnaGR Castel Del Piano 367 Castel del Piano 31 Amiata Grossetana 24 Amiata GrossetanaGR Castell’azzara 358 Abbadia San Salvatore 31 Amiata Grossetana 24 Amiata GrossetanaGR Castiglione Della Pescaia 369 Grosseto 32 Area Grossetana 27 GrossetanaGR Cinigiano 361 Montalcino 31 Amiata Grossetana 27 GrossetanaGR Civitella Paganico 369 Grosseto 32 Area Grossetana 27 GrossetanaGR Follonica 368 Follonica 18 Colline Metallifere 26 Colline MetallifereGR Gavorrano 368 Follonica 18 Colline Metallifere 26 Colline MetallifereGR Grosseto 369 Grosseto 32 Area Grossetana 27 GrossetanaGR Isola Del Giglio 371 Orbetello 33.1 Albegna - Fiora - Quadrante Costa d’Argento 25 Colline dell’AlbegnaGR Magliano In <strong>Toscana</strong> 369 Grosseto 33.1 Albegna - Fiora - Quadrante Costa d’Argento 25 Colline dell’AlbegnaGR Manciano 370 Manciano 33.2 Albegna - Fiora - Quadrante Colline Interne 25 Colline dell’AlbegnaGR Massa Marittima 368 Follonica 18 Colline Metallifere 26 Colline Metallifere


GR Monte Argentario 371 Orbetello 33.1 Albegna - Fiora - Quadrante Costa d’Argento 25 Colline dell’AlbegnaGR Montieri 373 Roccastrada 18 Colline Metallifere 26 Colline MetallifereGR Orbetello 371 Orbetello 33.1 Albegna - Fiora - Quadrante Costa d’Argento 25 Colline dell’AlbegnaGR Pitigliano 372 Pitigliano 33.2 Albegna - Fiora - Quadrante Colline Interne 25 Colline dell’AlbegnaGR Roccalbegna 367 Castel del Piano 31 Amiata Grossetana 24 Amiata GrossetanaGR Roccastrada 373 Roccastrada 32 Area Grossetana 27 GrossetanaGR Santa Fiora 367 Castel del Piano 31 Amiata Grossetana 24 Amiata GrossetanaProv.ComuneCod. Sistema Locale del Lavoro Cod.Cod.Sistema Economico Locale (SEL)SLL(SLL)SELZSSZona socio-sanitariaGR Scansano 369 Grosseto 33.2 Albegna - Fiora - Quadrante Colline Interne 27 GrossetanaGR Scarlino 368 Follonica 18 Colline Metallifere 26 Colline MetallifereGR Seggiano 367 Castel del Piano 31 Amiata Grossetana 24 Amiata GrossetanaGR Sorano 372 Pitigliano 33.2 Albegna - Fiora - Quadrante Colline Interne 25 Colline dell’AlbegnaGR Monterotondo Marittimo 348 Pomarance 18 Colline Metallifere 26 Colline MetallifereGR Semproniano 370 Manciano 31 Amiata Grossetana 24 Amiata GrossetanaLI Bibbona 341 Cecina 15.1 Val di Cecina - Quadrante Costiero 11 Bassa Val di CecinaLI Campiglia Marittima 343 Piombino 16 Val di Cornia 14 Val di CorniaLI Campo Nell’elba 340 Campo nell’Elba 17 Arcipelago 12 ElbaLI Capoliveri 344 Porto Azzurro 17 Arcipelago 12 ElbaLI Capraia Isola 342 Livorno 17 Arcipelago 13 LivorneseLI Castagneto Carducci 343 Piombino 15.1 Val di Cecina - Quadrante Costiero 11 Bassa Val di CecinaLI Cecina 341 Cecina 15.1 Val di Cecina - Quadrante Costiero 11 Bassa Val di CecinaLI Collesalvetti 342 Livorno 14 Area Livornese 13 LivorneseLI Livorno 342 Livorno 14 Area Livornese 13 LivorneseLI Marciana 340 Campo nell’Elba 17 Arcipelago 12 ElbaLI Marciana Marina 340 Campo nell’Elba 17 Arcipelago 12 Elba


LI Piombino 343 Piombino 16 Val di Cornia 14 Val di CorniaLI Porto Azzurro 344 Porto Azzurro 17 Arcipelago 12 ElbaLI Portoferraio 345 Portoferraio 17 Arcipelago 12 ElbaLI Rio Marina 345 Portoferraio 17 Arcipelago 12 ElbaLI Rio Nell’elba 345 Portoferraio 17 Arcipelago 12 ElbaLI Rosignano Marittimo 346 Rosignano Marittimo 15.1 Val di Cecina - Quadrante Costiero 11 Bassa Val di CecinaLI San Vincenzo 343 Piombino 16 Val di Cornia 14 Val di CorniaLI Sassetta 343 Piombino 16 Val di Cornia 14 Val di CorniaLI Suvereto 343 Piombino 16 Val di Cornia 14 Val di CorniaLU Altopascio 329 Lucca 5 Area Lucchese 3 Piana di LuccaLU Bagni Di Lucca 327 Barga 3.2 Valle del Serchio - Quadrante Media Valle 4 Valle del SerchioLU Barga 327 Barga 3.2 Valle del Serchio - Quadrante Media Valle 4 Valle del SerchioLU Borgo A Mozzano 327 Barga 3.2 Valle del Serchio - Quadrante Media Valle 4 Valle del SerchioLU Camaiore 331 Viareggio 4 Versilia 34 VersiliaLU Camporgiano 328 Castelnuovo di Garfagnana 3.1 Valle del Serchio - Quadrante Garfagnana 4 Valle del SerchioLU Capannori 329 Lucca 5 Area Lucchese 3 Piana di LuccaLU Careggine 328 Castelnuovo di Garfagnana 3.1 Valle del Serchio - Quadrante Garfagnana 4 Valle del SerchioLU Castelnuovo Di Garfagnana 328 Castelnuovo di Garfagnana 3.1 Valle del Serchio - Quadrante Garfagnana 4 Valle del SerchioProv.ComuneCod. Sistema Locale del Lavoro Cod.Cod.Sistema Economico Locale (SEL)SLL(SLL)SELZSSZona socio-sanitariaLU Castiglione Di Garfagnana 328 Castelnuovo di Garfagnana 3.1 Valle del Serchio - Quadrante Garfagnana 4 Valle del SerchioLU Coreglia Antelminelli 327 Barga 3.2 Valle del Serchio - Quadrante Media Valle 4 Valle del SerchioLU Fabbriche Di Vallico 327 Barga 3.2 Valle del Serchio - Quadrante Media Valle 4 Valle del SerchioLU Forte Dei Marmi 330 Pietrasanta 4 Versilia 34 VersiliaLU Fosciandora 328 Castelnuovo di Garfagnana 3.1 Valle del Serchio - Quadrante Garfagnana 4 Valle del SerchioLU Gallicano 327 Barga 3.1 Valle del Serchio - Quadrante Garfagnana 4 Valle del Serchio


LU Giuncugnano 328 Castelnuovo di Garfagnana 3.1 Valle del Serchio - Quadrante Garfagnana 4 Valle del SerchioLU Lucca 329 Lucca 5 Area Lucchese 3 Piana di LuccaLU Massarosa 331 Viareggio 4 Versilia 34 VersiliaLU Minucciano 328 Castelnuovo di Garfagnana 3.1 Valle del Serchio - Quadrante Garfagnana 4 Valle del SerchioLU Molazzana 327 Barga 3.1 Valle del Serchio - Quadrante Garfagnana 4 Valle del SerchioLU Montecarlo 329 Lucca 5 Area Lucchese 3 Piana di LuccaLU Pescaglia 329 Lucca 5 Area Lucchese 3 Piana di LuccaLU Piazza Al Serchio 328 Castelnuovo di Garfagnana 3.1 Valle del Serchio - Quadrante Garfagnana 4 Valle del SerchioLU Pietrasanta 330 Pietrasanta 4 Versilia 34 VersiliaLU Pieve Fosciana 328 Castelnuovo di Garfagnana 3.1 Valle del Serchio - Quadrante Garfagnana 4 Valle del SerchioLU Porcari 329 Lucca 5 Area Lucchese 3 Piana di LuccaLU San Romano In Garfagnana 328 Castelnuovo di Garfagnana 3.1 Valle del Serchio - Quadrante Garfagnana 4 Valle del SerchioLU Seravezza 330 Pietrasanta 4 Versilia 34 VersiliaLU Sillano 328 Castelnuovo di Garfagnana 3.1 Valle del Serchio - Quadrante Garfagnana 4 Valle del SerchioLU Stazzema 330 Pietrasanta 4 Versilia 34 VersiliaLU Vagli Sotto 328 Castelnuovo di Garfagnana 3.1 Valle del Serchio - Quadrante Garfagnana 4 Valle del SerchioLU Vergemoli 327 Barga 3.1 Valle del Serchio - Quadrante Garfagnana 4 Valle del SerchioLU Viareggio 331 Viareggio 4 Versilia 34 VersiliaLU Villa Basilica 332 Montecatini-Terme 5 Area Lucchese 3 Piana di LuccaLU Villa Collemandina 328 Castelnuovo di Garfagnana 3.1 Valle del Serchio - Quadrante Garfagnana 4 Valle del SerchioMS Aulla 323 Aulla 1 Lunigiana 2 LunigianaMS Bagnone 326 Pontremoli 1 Lunigiana 2 LunigianaMS Carrara 324 Carrara 2 Area di Massa e Carrara 1 ApuaneMS Casola In Lunigiana 323 Aulla 1 Lunigiana 2 LunigianaMS Comano 323 Aulla 1 Lunigiana 2 LunigianaMS Filattiera 326 Pontremoli 1 Lunigiana 2 Lunigiana


MS Fivizzano 323 Aulla 1 Lunigiana 2 LunigianaMS Fosdinovo 70 La Spezia 1 Lunigiana 1 ApuaneMS Licciana Nardi 323 Aulla 1 Lunigiana 2 LunigianaProv.ComuneCod. Sistema Locale del Lavoro Cod.Cod.Sistema Economico Locale (SEL)SLL(SLL)SELZSSZona socio-sanitariaMS Massa 325 Massa 2 Area di Massa e Carrara 1 ApuaneMS Montignoso 325 Massa 2 Area di Massa e Carrara 1 ApuaneMS Mulazzo 326 Pontremoli 1 Lunigiana 2 LunigianaMS Podenzana 323 Aulla 1 Lunigiana 2 LunigianaMS Pontremoli 326 Pontremoli 1 Lunigiana 2 LunigianaMS Tresana 323 Aulla 1 Lunigiana 2 LunigianaMS Villafranca In Lunigiana 326 Pontremoli 1 Lunigiana 2 LunigianaMS Zeri 326 Pontremoli 1 Lunigiana 2 LunigianaPI Bientina 349 Pontedera 12 Val d’Era 10 Val d’EraPI Buti 349 Pontedera 13 Area Pisana 10 Val d’EraPI Calci 347 Pisa 13 Area Pisana 9 PisanaPI Calcinaia 349 Pontedera 12 Val d’Era 10 Val d’EraPI Capannoli 349 Pontedera 12 Val d’Era 10 Val d’EraPI Casale Marittimo 341 Cecina 15.2 Val di Cecina - Quadrante Interno 11 Bassa Val di CecinaPI Casciana Terme 349 Pontedera 12 Val d’Era 10 Val d’EraPI Cascina 347 Pisa 13 Area Pisana 9 PisanaPI Castelfranco Di Sotto 350 Santa Croce sull’Arno 11 Valdarno Inferiore 33 Valdarno InferiorePI Castellina Marittima 346 Rosignano Marittimo 15.2 Val di Cecina - Quadrante Interno 11 Bassa Val di CecinaPI Castelnuovo Di Val Di Cecina 348 Pomarance 15.2 Val di Cecina - Quadrante Interno 8 Alta Val di CecinaPI Chianni 349 Pontedera 12 Val d’Era 10 Val d’EraPI Crespina 349 Pontedera 12 Val d’Era 10 Val d’Era


PI Fauglia 342 Livorno 13 Area Pisana 9 PisanaPI Guardistallo 341 Cecina 15.2 Val di Cecina - Quadrante Interno 11 Bassa Val di CecinaPI Lajatico 349 Pontedera 12 Val d’Era 10 Val d’EraPI Lari 349 Pontedera 12 Val d’Era 10 Val d’EraPI Lorenzana 342 Livorno 13 Area Pisana 9 PisanaPI Montecatini Val Di Cecina 351 Volterra 15.2 Val di Cecina - Quadrante Interno 8 Alta Val di CecinaPI Montescudaio 341 Cecina 15.2 Val di Cecina - Quadrante Interno 11 Bassa Val di CecinaPI Monteverdi Marittimo 348 Pomarance 15.2 Val di Cecina - Quadrante Interno 14 Val di CorniaPI Montopoli In Val D’arno 350 Santa Croce sull’Arno 11 Valdarno Inferiore 33 Valdarno InferiorePI Orciano Pisano 346 Rosignano Marittimo 15.2 Val di Cecina - Quadrante Interno 9 PisanaPI Palaia 349 Pontedera 12 Val d’Era 10 Val d’EraPI Peccioli 349 Pontedera 12 Val d’Era 10 Val d’EraPI Pisa 347 Pisa 13 Area Pisana 9 PisanaPI Pomarance 348 Pomarance 15.2 Val di Cecina - Quadrante Interno 8 Alta Val di CecinaProv.ComuneCod. Sistema Locale del Lavoro Cod.Cod.Sistema Economico Locale (SEL)SLL(SLL)SELZSSZona socio-sanitariaPI Ponsacco 349 Pontedera 12 Val d’Era 10 Val d’EraPI Pontedera 349 Pontedera 12 Val d’Era 10 Val d’EraPI Riparbella 341 Cecina 15.2 Val di Cecina - Quadrante Interno 11 Bassa Val di CecinaPI San Giuliano Terme 347 Pisa 13 Area Pisana 9 PisanaPI San Miniato 350 Santa Croce sull’Arno 11 Valdarno Inferiore 33 Valdarno InferiorePI Santa Croce Sull’arno 350 Santa Croce sull’Arno 11 Valdarno Inferiore 33 Valdarno InferiorePI Santa Luce 346 Rosignano Marittimo 15.2 Val di Cecina - Quadrante Interno 11 Bassa Val di CecinaPI Santa Maria A Monte 350 Santa Croce sull’Arno 11 Valdarno Inferiore 10 Val d’EraPI Terricciola 349 Pontedera 12 Val d’Era 10 Val d’EraPI Vecchiano 347 Pisa 13 Area Pisana 9 Pisana


PI Vicopisano 349 Pontedera 12 Val d’Era 9 PisanaPI Volterra 351 Volterra 15.2 Val di Cecina - Quadrante Interno 8 Alta Val di CecinaPO Cantagallo 339 Prato 8 Area Pratese 7 PratesePO Carmignano 339 Prato 8 Area Pratese 7 PratesePO Montemurlo 339 Prato 8 Area Pratese 7 PratesePO Poggio A Caiano 339 Prato 8 Area Pratese 7 PratesePO Prato 339 Prato 8 Area Pratese 7 PratesePO Vaiano 339 Prato 8 Area Pratese 7 PratesePO Vernio 339 Prato 8 Area Pratese 7 PratesePT Abetone 256 Pievepelago 7.1 Area Pistoiese - Quadrante Montano 5 PistoiesePT Agliana 339 Prato 7.2 Area Pistoiese - Quadrante Metropolitano 5 PistoiesePT Buggiano 332 Montecatini-Terme 6 Valdinievole 6 Val di NievolePT Cutigliano 334 San Marcello Pistoiese 7.1 Area Pistoiese - Quadrante Montano 5 PistoiesePT Lamporecchio 332 Montecatini-Terme 6 Valdinievole 6 Val di NievolePT Larciano 332 Montecatini-Terme 6 Valdinievole 6 Val di NievolePT Marliana 333 Pistoia 7.1 Area Pistoiese - Quadrante Montano 5 PistoiesePT Massa E Cozzile 332 Montecatini-Terme 6 Valdinievole 6 Val di NievolePT Monsummano Terme 332 Montecatini-Terme 6 Valdinievole 6 Val di NievolePT Montale 339 Prato 7.2 Area Pistoiese - Quadrante Metropolitano 5 PistoiesePT Montecatini-Terme 332 Montecatini-Terme 6 Valdinievole 6 Val di NievolePT Pescia 332 Montecatini-Terme 6 Valdinievole 6 Val di NievolePT Pieve A Nievole 332 Montecatini-Terme 6 Valdinievole 6 Val di NievolePT Pistoia 333 Pistoia 7.2 Area Pistoiese - Quadrante Metropolitano 5 PistoiesePT Piteglio 334 San Marcello Pistoiese 7.1 Area Pistoiese - Quadrante Montano 5 PistoiesePT Ponte Buggianese 332 Montecatini-Terme 6 Valdinievole 6 Val di NievoleProv. Comune Cod. Sistema Locale del Lavoro Cod. Sistema Economico Locale (SEL) Cod. Zona socio-sanitaria


SLL (SLL) SEL ZSSPT Quarrata 333 Pistoia 7.2 Area Pistoiese - Quadrante Metropolitano 5 PistoiesePT Sambuca Pistoiese 261 Porretta Terme 7.1 Area Pistoiese - Quadrante Montano 5 PistoiesePT San Marcello Pistoiese 334 San Marcello Pistoiese 7.1 Area Pistoiese - Quadrante Montano 5 PistoiesePT Serravalle Pistoiese 333 Pistoia 7.2 Area Pistoiese - Quadrante Metropolitano 5 PistoiesePT Uzzano 332 Montecatini-Terme 6 Valdinievole 6 Val di NievolePT Chiesina Uzzanese 332 Montecatini-Terme 6 Valdinievole 6 Val di NievoleSI Abbadia San Salvatore 358 Abbadia San Salvatore 30 Amiata - Val d’Orcia 16 Amiata SeneseSI Asciano 365 Siena 21 Crete Senesi - Val d’Arbia 17 SeneseSI Buonconvento 365 Siena 21 Crete Senesi - Val d’Arbia 17 SeneseSI Casole D’elsa 363 Poggibonsi 19 Alta Val d’Elsa 15 Alta Val d’ElsaSI Castellina In Chianti 363 Poggibonsi 23 Chianti 17 SeneseSI Castelnuovo Berardenga 365 Siena 23 Chianti 17 SeneseSI Castiglione D’orcia 364 San Quirico d’Orcia 30 Amiata - Val d’Orcia 16 Amiata SeneseSI Cetona 359 Chiusi 29 Val di Chiana Senese 18 Val di Chiana SeneseSI Chianciano Terme 362 Montepulciano 29 Val di Chiana Senese 18 Val di Chiana SeneseSI Chiusdino 373 Roccastrada 22 Val di Merse 17 SeneseSI Chiusi 359 Chiusi 29 Val di Chiana Senese 18 Val di Chiana SeneseSI Colle Di Val D’elsa 363 Poggibonsi 19 Alta Val d’Elsa 15 Alta Val d’ElsaSI Gaiole In Chianti 360 Gaiole in Chianti 23 Chianti 17 SeneseSI Montalcino 361 Montalcino 30 Amiata - Val d’Orcia 17 SeneseSI Montepulciano 362 Montepulciano 29 Val di Chiana Senese 18 Val di Chiana SeneseSI Monteriggioni 365 Siena 20 Area Urbana 17 SeneseSI Monteroni D’arbia 365 Siena 21 Crete Senesi - Val d’Arbia 17 SeneseSI Monticiano 373 Roccastrada 22 Val di Merse 17 SeneseSI Murlo 365 Siena 22 Val di Merse 17 Senese


SI Piancastagnaio 358 Abbadia San Salvatore 30 Amiata - Val d’Orcia 16 Amiata SeneseSI Pienza 364 San Quirico d’Orcia 30 Amiata - Val d’Orcia 18 Val di Chiana SeneseSI Poggibonsi 363 Poggibonsi 19 Alta Val d’Elsa 15 Alta Val d’ElsaSI Radda In Chianti 360 Gaiole in Chianti 23 Chianti 17 SeneseSI Radicofani 358 Abbadia San Salvatore 30 Amiata - Val d’Orcia 16 Amiata SeneseSI Radicondoli 363 Poggibonsi 19 Alta Val d’Elsa 15 Alta Val d’ElsaSI Rapolano Terme 365 Siena 21 Crete Senesi - Val d’Arbia 17 SeneseSI San Casciano Dei Bagni 359 Chiusi 29 Val di Chiana Senese 18 Val di Chiana SeneseSI San Gimignano 335 Castelfiorentino 19 Alta Val d’Elsa 15 Alta Val d’ElsaSI San Giovanni D’asso 361 Montalcino 21 Crete Senesi - Val d’Arbia 17 SeneseProv.ComuneCod. Sistema Locale del Lavoro Cod.Cod.Sistema Economico Locale (SEL)SLL(SLL)SELZSSZona socio-sanitariaSI San Quirico D’orcia 364 San Quirico d’Orcia 30 Amiata - Val d’Orcia 17 SeneseSI Sarteano 362 Montepulciano 29 Val di Chiana Senese 18 Val di Chiana SeneseSI Siena 365 Siena 20 Area Urbana 17 SeneseSI Sinalunga 366 Sinalunga 29 Val di Chiana Senese 18 Val di Chiana SeneseSI Sovicille 365 Siena 22 Val di Merse 17 SeneseSI Torrita Di Siena 366 Sinalunga 29 Val di Chiana Senese 18 Val di Chiana SeneseSI Trequanda 366 Sinalunga 29 Val di Chiana Senese 18 Val di Chiana Senese

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