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2011_03_18_fatto_a_mano_catalogo - CNA Ravenna

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Fatto a <strong>mano</strong>L’artigianato a CotignolaCotignola, Chiesa del Suffragio19 marzo - 3 aprile <strong>2011</strong>In collaborazione conFATTO A MANOParrocchia diSanto StefanoPro LocoCotignolaCon il patrocinio diComune diCotignolaQuesto volume è stato realizzato grazie al contributo diL’ARTIGIANATO A COTIGNOLAATTRAVERSO TESTIMONIANZERICORDI, IMMAGINIIMPIANTI TERMOIDRAULICIStampaGrafiche Morandi, Fusignano (Ra)marzo <strong>2011</strong>Contributo ai fini istituzionali della Pro Loco di Cotignola


“Le piccole imprese, ed in particolare quelle artigiane,costituiscono il motore dell’innovazione e dell’occupazione in Europa,perché incoraggiano lo sviluppo di una imprenditorialità diffusa,di una concorrenza efficace, e quindi di un’economia di mercatoaperta e trasparente”Attività Produttive,dalla Carta dell’Unione EuropeaQuando, ancor più di un anno fa, un sapiente artigiano della nostra città mi parlò – sottoai suoi ferri del mestiere – di questo progetto ancora in incubazione, mi si realizzò immediatamentedentro alla testa un’infinita serie di immagini. Ricordi, memorie e movimenti,suoni e rumori, quasi come fosse una pellicola interminabile ma quieta, cheparlasse della realtà e dei bisogni della Cotignola di ieri.Oggi, ad un anno di distanza e dopo molto lavoro svolto da parte di tutta la comunitàcomposta da associazionismo in tutte le sue forme, aziende ed imprenditoria, famiglieche hanno aperto, rispolverato e cercato materiale nelle loro raccolte, dopo un anno diimpegno da parte di <strong>CNA</strong> e Confartigianato quali ideatori di questo progetto, sfogliandoquesto <strong>catalogo</strong> e guardando con attenzione questa mostra di “memorie collettive”,possiamo assolutamente affermare che l’idea, la nascita e il lavoro antropologico e culturaleche è stato portato avanti è di una importanza quasi unica per Cotignola, unicacome questa esposizione.Non si parla solamente di immagini “in bianco e nero”. Queste immagini, queste personee queste aziende ritratte partono dal bianco e nero dei primi Novecento fino adarrivare ai nostri giorni, e sono immagini che parlando ci fanno capire come, con il passaredel tempo, le linee di fondo della nostra cultura, evolute o consolidate, finiscanoper esprimere la nostra identità di oggi.Un’identità sociale ed economica al tempo stesso, espressa da mani sapienti che hannocreduto e credono in principi oggi messi in discussione: non dimentichiamo infatti chevalori distintivi dell’artigianato e delle piccole e medie imprese sono l’autonomia e l’integrazionesociale, l’indipendenza e la competizione, la solidarietà e la cooperazione,la sintesi di imprenditorialità, tanta dedizione, una buona dose di innovatività, creativitàe qualità.Tutti antidoti preziosi, e come tali da preservare gelosamente, contro la suddivisionedei processi di lavoro, contro il conseguente impoverimento delle attività lavorative,contro la progressiva perdita dell’identità sociale di un intero territorio.La spina dorsale del tessuto economico produttivo del territorio della Bassa Romagnaè caratterizzato dalla diffusa presenza di imprese artigiane e Piccole-Medie industrie,che hanno garantito, nel corso dei decenni, lo sviluppo di questa terra attraverso la ridistribuzionedella ricchezza prodotta.Tutto questo nasce da una cultura del lavoro radicata e praticata dalla nostra gente nell’ultimosecolo di storia, dalla capacità degli uomini e delle donne di trasformare ed innovarein un territorio che all’inizio del 900 aveva lo stesso PIL della Calabria.Questo progresso nasce anche e soprattutto da solidi valori morali di giustizia, di fratellanzae di solidarietà, nelle sue diverse forme ed espressioni, dei quali il mondo dell’artigianatoe della Piccola e Media Impresa si è <strong>fatto</strong> portatore e garante.Questo mondo di botteghe, di piccole imprese è soprattutto un mondo <strong>fatto</strong> di uominiin carne ed ossa, <strong>fatto</strong> delle loro storie, delle loro aspirazioni e passioni. Questo mondonoi vorremmo raccontarlo attraverso questo progetto nel quale assieme al materialefotografico, sia raccontata la storia di questo territorio. Cotignola, come tante altrecomunità della nostra terra, ha vissuto e vive di questa storia.Quest’opera è stata realizzata con il contributo di tanti imprenditori e cittadini di Cotignolache hanno volontariamente messo a disposizione le fotografie, raccontato leloro storie o quelle dei loro famigliari e ai numerosi sponsor che l’hanno sostenuta; atutti loro va il nostro ringraziamento. Un ringraziamento particolare va rivolto a AfraBandoli, Pietro Bertini, Alfredo Ronconi e Raffaella Zama che, con passione e grande disponibilità,hanno reso possibile questo progetto.Angelo TummarelloPresidente <strong>CNA</strong> CotignolaStefania LiveraniPresidente Pro LocoCotignolaNoemi ZaniPresidente Confartigianatosezione di LugoAntonio PezziSindaco di CotignolaDaniela EmilianiAssessore alla Cultura


LUNGO LA STRADA DEI RICORDIAfra BandoliQuando mi fu chiesto se ero disponibile a collaborare ad un resoconto storico efotografico sull’artigianato locale, cominciarono subito a scorrermi davanti agli occhi,una dopo l’altra, le immagini del passato. Ed ecco apparire per primo il nonno paterno,dallo strano soprannome con il quale in paese era conosciuto, Piròcia, vicino al suodeschetto da ciabattino, con gli scomparti di legno che contenevano i suoi strumentidi lavoro e un’infinità di chiodi dalle diverse tipologie. Ammucchiate lì vicino scarpedi ogni specie in attesa di essere aggiustate ed altre inserite nella “forma” in attesa diuna finitura. Ed ancora, le zie paterne Giovanna e Sintina d’Piròcia, una magliaia el’altra sarta, con le ragazze che andavano da loro a imparare il mestiere. Una ziamaterna, la Mentina d’Gatòrno, aveva il negozio di parrucchiera nella via principaledel paese, il corso Sforza, vicino alla piazza e dopo la guerra in un’altra strada delcentro storico entro un vano ricavato al pianoterra di un edificio sinistrato. Vedo ancorala mia mamma, la Iolanda d’Ferèr, che lavava, smacchiava, tingeva i vestiti da donnae da uomo per conto della clientela, servendosi di un mastello di legno, di un paiolodove scaldare l’acqua, di un pezzo di sapone da bucato, di una spazzola di saggina,di tanto “olio di gomito” e di un ferro da stiro pieno di piccole braci di carbonella. Edopo la guerra, tornato dalla prigionia, il mio babbo, per l’appunto Ferèr, che caricava sudi un carretto gli arnesi e i bidoni con le tinte già preparate e lo agganciava alla biciclettaper recarsi ad imbiancare i vani delle abitazioni che dopo i gravi danni recati daibombardamenti, erano state da poco ricostruite.Percorrendo la strada dei miei ricordi infantili vedo Toni d’Caiòi, padre della miacoinquilina, nella sua “bottega” da falegname, dalla quale proveniva l’odore buono dellegno che inondava l’aria del cortile dove noi bambini giocavamo. Svoltato l’angolo, invia Cavour, l’abitazione di un calzolaio, Gianèr, il quale gestiva insieme alla moglie, laPaulìna d’Gianèr, un negozio di calzature molto frequentato. Un altro falegname,Pipìno d’Ràndi, aveva la “butéga” (laboratorio artigianale) sul retro della sua abitazione.Poco distante, con la “butéga” sulla strada, torna davanti ai miei occhi Castilièr, chefabbricava e accomodava mastelli, assi da bucato, tini e piccole botti e nei momentidi riposo si dilettava a suonare la chitarra. Di fronte, con l’abitazione in via Marchesiallora conosciuta come “la Gánga”, ricordo la “butéga” d’Marchì, il fabbro. Vicino alnegozio di mia zia parrucchiera, si affacciava sul corso Sforza l’officina del “marmurè”(lavoratore di manufatti di marmo): quando doveva rifinire qualche oggetto con deisemplici interventi, si sedeva sull’entrata e attraverso la porta aperta si scorgevanolastre di marmo, lapidi già ultimate e croci preparate per le tombe.Dalla parte opposta della strada Mignògno (Amleto Pagani) era depositario di un’ottimaricetta di gelato, che custodiva gelosamente e attirava molti buongustai di Cotignolae dintorni. Sempre sul Corso, nell’isolato soprannominato dai Cotignolesi “e’ Tigám” (ilTegame), si trovava la bottega di Pipìno de’ Pêpa di professione docciaio, nella qualesi potevano vedere alcuni manufatti di lamiera appoggiati al muro limitrofo all’entrata.Da qui provenivano suoni metallici che facevano venire la pelle d’oca. Sopra al suo7


laboratorio artigianale, nell’abitazione lamoglie, la Lucia de’ Pêpa, confezionava abiti,giacche, gonne e cappotti per le sue clienti.Poco oltre c’erano l’abitazione e la bottega difalegnameria di Terzo d’Marlè, ereditata poi dalfiglio Roberto Garavini (Berto d’Marlè) che avevaimparato il mestiere lavorando con il padre. Lasignora Garavini mi dice che il soprannomeMarlè era stato dato al padre di Terzo, perchémentre lavorava fischiava sempre e così beneda assomigliare a un giovane merlo. Con lavetrina e l’entrata sempre sul corso Sforza, miriaffiora il ricordo del negozio della Rusìna,pieno di terrecotte di varia foggia e di servizi datavola, provenienti anche dalla locale fornace distoviglie e maioliche di Olinto (Ulìnto) e di suamoglie Eufrasia (Frasìna) Vassura.Come si può notare, parte del lavoro artigianaleveniva svolto dalle donne che lo condividevanocon le cure dei figli e il lavoro domestico,caricato quasi interamente sulle loro spalle. Altroevidente riscontro è nell’usanza di identificare ledonne, nel parlare comune, come appartenenti oal padre o al marito, in base al loro stato civile dinubili o maritate: la “Sintina d’Piròcia” (Piròcia,soprannome del padre) o la “Lucia de’ Pêpa”(dove Pêpa è soprannome del marito, ereditatodal di lui padre). Contrariamente alle donne, gliuomini una volta sposati, continuavano amantenere vicino al loro nome, il soprannomedel padre.Il cotignolese Romeo Bandoli (classe 1929) midice che in una delle strade parallele al Corso,via Roma, c’erano molte donne checonfezionavano al telaio metri e metri di tessutodi canapa. Dopo il bucato e il successivorisciacquo nelle acque del canale dell’anticomulino di Cotignola, stendevano le lunghemetrature di tela ad asciugare su delle appositepanche di legno, disposte ai lati della strada.Una volta sbiancata e ammorbidita, la telaveniva utilizzata dalle donne per confezionarelenzuoli, federe e tovagliato vario, in un angolodei quali ricamavano le loro iniziali o quelle1delle clienti a punto croce, con filo da ricamo rosso. Ecco la testimonianza di unascolara della seconda elementare di Cotignola, estratta dal giornalino scolasticocotignolese «E’ Val» del 1926 1 , sull’intenso impegno delle donne in casa, checomprendeva anche la tessitura. Con il titolo «Le belle cose che sa fare la mamma» cosìscrive la piccola Pia Cimatti:La mia mamma sa stirare, scardazzare la lana, lavora la terra, è paziente, è buona,spazza, lava il bucato, sa fare i vestiti da uomo, lava i piatti, è magra, cuoce damangiare, ha i capelli castagni, gli occhi scuri, la bocca sdentata, è svelta, mi vuolbene, mi accarezza, accomoda i miei vestiti e quelli dei miei fratelli, sa smacchiare,è giusta, sa fare le calze, è ubbidiente al babbo, va a comperare la carne daZizarotti, schiappa i zocchi, sa fare la tela e anche quella delle altre donne, quandosono cattiva mi da delle botte, cuoce i fagioli e li vende alle vicine già cotti.Durante il periodo della seconda guerra mondiale, in assenza dei padri e dei mariti,l’unico contributo economico, per la maggior parte delle famiglie, continuò ad esserequello ricavato proprio dal lavoro delle donne.Nei centri storici di Cotignola e Barbiano, le mani degli artigiani e delle artigianeriparavano, tagliavano, cucivano, confezionavano, modellavano, scolpivano,tessevano, ricamavano e fabbricavano. Dalle loro case, dalle botteghe o dalle piccoleofficine, la mattina presto si alzavano suoni, rumori, odori e chiacchiere, e le strade sianimavano, ma è un mondo ormai lontano e la lontananza cresce a dismisura alconfronto con quello attuale.Era un mondo nel quale l’esercizio di un mestiere, imparato durante la giovinezza,aveva dato a molte famiglie l’opportunità di affrontare e vincere la sfida per il futuro,nel periodo più problematico e difficile della nostra storia.«E' Val (Il Vaglio), Rivista della scuola e dei bimbi di Romagna», Cotignola Tipografia del Ricreatorio, anno IV, n. 1, p. 9.8 9


APPUNTI SULL’ARTIGIANATO COTIGNOLESEAfra Bandoli, Pietro Bertini, Raffaella ZamaCome per ogni comunità, le premesse per una ricognizione storica dell’artigianatocotignolese risiedono sostanzialmente nella morfologia del territorio dove il nucleourbano si è consolidato nel corso dei secoli e nella disponibilità ‘in loco’ delle risorse intermini di materie prime. Se tali aspetti nel passato di Cotignola si possono definire comeelementi caratteristici di una realtà legata in prevalenza al mondo rurale e alle suetradizioni, storicamente va riconosciuta anche l’esistenza di peculiari attività artigianalicorrelate all’agricoltura e di altre attività per la trasformazione delle risorse locali. Vadetto che in Cotignola, come negli altri centri della provincia o in generale in area padana,erano diffuse naturalmente anche attività artigianali e commerciali necessarie persoddisfare i bisogni primari della popolazione nel vivere quotidiano.Fino al secondo dopoguerra il territorio di Cotignola aveva conservato la fisionomiamedievale, con un assetto urbanistico che rimandava alla cittadella dell’antico castellomurato, immerso nella vastità della campagna. Il principale nucleo urbano era moltocontenuto, rispetto all’attuale estensione. Infatti due erano le vie principali, corso Sforzae via Roma, con tra loro la via Rossini che era detta “vicolo di mezzo”: queste stradeerano intersecate da Via Cairoli e da Via Garibaldi, mentre le altre strade confinavano conla campagna.I sedimenti del fiume Senio: sabbie e argilleSe l’attività prevalente era quella agricola, nel territorio cotignolese la vicinanza sia delcapoluogo sia delle frazioni al corso del fiume Senio ha costituito nei secoli una condizione dibase per lo sviluppo dell’artigianato locale perché, oltre alle cave di sabbia ‘coltivate’ nel suoalveo, ha garantito (con estrazione sistematica dall’epoca rinascimentale in poi) la materiaprima necessaria alla fabbricazione dei materiali da costruzione: l’argilla, depositatanaturalmente dalle acque del fiume che per almeno due o tre mesi all’anno scorrono limacciose(nel senso letterale della parola: “cariche di limo”).Accanto a questa tipologia di lavorazione dell’argilla, vi è quella ancor più antica dellaproduzione di terrecotte e ceramiche, come documentano i rinvenimenti di materiali da scavo:ad esempio i supporti (“zampe di gallina”, cilindri, “cavalletti”, ecc.) necessari ad impilare iprodotti nei forni per la cottura finale ovvero, ad esempio, il vasellame di buon pregioconservato nella saletta archeologica di Palazzo Sforza, a testimonianza di una produzionelocale qualitativamente non inferiore ai centri più noti e piuttosto diffusa a partire dal periodocosiddetto “arcaico” (compreso fra il Duecento e gli inizi del Quattrocento). Anche per questalavorazione che prese avvio nelle botteghe artigiane medievali a conduzione familiare, inCotignola avviene un’evoluzione ottocentesca in senso industriale con le fabbriche dimaioliche e stoviglie Drei e Stambazzi che sono ambedue il derivato di un’impresa ereditatadi padre in figlio, documentabile almeno fin dal Settecento; poi nel corso del tempoquell’attività continuò ad operare in graduale diminuzione di personale, fino a ridursinuovamente ad un’impresa artigiana di due addetti (padre e figlia) negli anni dal 1945 al 1953e, dopo, di un solo addetto fino al 1958 per la cessazione di attività.11


Grazie ad uno studio svolto dal cotignolese don Alfredo Zini, si apprende che nelperiodo risorgimentale funzionavano nel territorio ben sette fornaci: nel <strong>18</strong>61, trefabbricavano stoviglie con una produzione annua di 3200 pignatte, 3600 brocche,193.000 tegami e svariato vasellame ed erano gestite da Gaetano Drei, Andrea Drei eLuigia Drei vedova Stambazzi. Da queste uscivano anche prodotti di ceramica di uncerto pregio artistico. Le altre quattro fornaci invece erano specializzate nellaproduzione di mattoni, laterizi e calce per l’edilizia. Ciascuna di esse dichiarava uncommercio annuale di 70.000 mattoni, 16.000 mezzanelle, 16.000 tavelle, 16.000coppi e 66 quintali di calce grassa. Ognuna di esse impiegava mediamente otto operai(tra fabbricatori di mattoni, fochisti, <strong>mano</strong>vali e ferraioli); le giornate lavorative erano200 all’anno, mentre il salario giornaliero era di 2,12 lire per i ferraioli, 2,12 lire per ifabbricatori di mattoni, 1,86 lire per i fochisti e 0,96 lire per i <strong>mano</strong>vali. Lo smercioavveniva prevalentemente sul luogo e nei territori limitrofi 2 .Nelle sue Cronache, Luigi Casadio scrive che nel <strong>18</strong>86 si era costituita una “Societàcooperativa per la fabbricazione di maioliche e stoviglie”, per volontà testamentaria diGaetano Drei che aveva lasciato in eredità la sua l’azienda artigiana ed il capitale aidipendenti con la condizione che si unissero in cooperativa 3 . Una statistica del <strong>18</strong>87evidenziava nel comune due fornaci di stoviglie; la più importante era la Cooperativache aveva dichiarato una produzione di 400.000 pezzi annui, occupando 55lavoratori 4 .Nei primi decenni del Novecento esisteva nel capoluogo, in rione San Giuseppe, unagglomerato di case basse che veniva identificato con il termine dialettale ‘al furnés’,perché era abitato in prevalenza dai lavoratori delle fornaci, i figulini. Sui registridell’anno scolastico 1906-07 alla voce «paternità» per ciascuno degli scolari iscritti silegge anche l’attività lavorativa svolta dal padre: se ne ricava che i figulini erano tutticoncentrati nel capoluogo del comune.Una fonte preziosa: l’acqua del SenioOltre ad acque limacciose e dense di argilla, in altri mesi dell’anno il fiume Senio offrivaal territorio cotignolese le acque limpide necessarie al riempimento degli stagni per lamacerazione della canapa: era la prima fase di un processo che, continuando con lacardatura e la filatura delle fibre, si concludeva con la produzione del filato. Si trattavadi una tipica attività artigianale che, dando occupazione a un numero considerevole dilavoratori, aveva dato origine addirittura al cosiddetto “gergo dei canapini”: unavariante del dialetto romagnolo, con un lessico comprensibile soltanto nell’ambitodella corporazione degli addetti alla lavorazione della canapa (il concittadino FrancescoMelandri, con un saggio sul gergo dei canapini, vinse nel 1979 il ‘Premio Guidarello’assegnato nella città di <strong>Ravenna</strong>).Una testimonianza, storicamente fondata e autorevole, viene dal dottore EnricoVenturini, medico condotto nella cittadina, il quale nel <strong>18</strong>60 nella sua Topografia2Don A. Zini, Cotignola dal <strong>18</strong>15 al <strong>18</strong>60, Il Risorgimento, in II Centenario della Confraternita del S. Cuore di Gesù inCotignola (1763-!964), Supplemento al Bollettino Diocesano di Faenza, Cotignola, Tipografia Tampieri, 1964, p. 22.3L. Casadio, Cronache di Cotignola, <strong>18</strong>49-1945, Imola 1973, p. 56.4Annali di statistica. Ministero di agricoltura, industria e commercio, Direzione generale della statistica, Roma <strong>18</strong>87,p. 89; L. Casadio, Op. cit., p. 79.medica di Cotignola scriveva che all’epoca i mestieri principali erano il canapino, ilcalzolaio, il muratore e il figulaio: «L’arte di lavorare la canapa vi è conosciuto bene, eun tempo vi è stato un qualche negoziante che ne ha avuto un commercio ancheesteso» 5 . La pettinatura e la lavorazione artigianale della canapa avevano avuto infattianche un passato a livello di quasi industrializzazione che risultava già fortementediminuito nel <strong>18</strong>71, quando però ancora impiegava «oltre a sessanta operai» ed iprodotti erano spediti «in piccole partite per la Toscana e per Roma, ed in maggioripartite per Trieste». Nello stesso periodo vi era «altresì a Cotignola qualche lavoro ditele sì per uso civile, e sì per imballaggio, occupandovisi di continuo una trentina ditelai. Queste tele si mandano poi per la Toscana, e fin anche a Roma, oppure sivendono per gli ospedali dei dintorni o per forniture militari», in effetti il Venturiniricordava che «le donne, in generale, sono attive e industriose, specialmente coiprodotti dei telai» 6 . Esattamente dieci anni prima erano state censite su 3000 donne,1194 filatrici (forse il dato era stato aumentato rispetto a quello reale), 1053 tessitrici,739 casalinghe e 14 calzettaie 7 .Per dimostrare la consistenza dell’attività di tessitura, Luigi Casadio scrive che la«Società operaia di Mutuo Soccorso», nel <strong>18</strong>80 diede incarico al direttivo di creare, perle donne che ne avevano <strong>fatto</strong> richiesta, un impianto collettivo per la tessitura della telae per la produzione di tessuti di cotone. La statistica del <strong>18</strong>87 ricorda la presenza nelcomune di 80 telai per lavorazioni varie: della seta, della lana, del cotone estero, dellino e della canapa nazionale e locale «che è di circa 400 quintali all’anno e i prodottiservono per fare i vestiari nelle famiglie coloniche e per altri usi domestici» 8 . I datirelativi all’anno <strong>18</strong>98 registrano un incremento notevole, per un totale di 420 telai euna media di 195 giornate lavorative 9 . La tessitura a domicilio era esercitata dalledonne nelle famiglie coloniche: quindi era un lavoro esclusivamente casalingo, che apoco a poco diminuì a causa della concorrenza della grande industria e del progressivoabbandono della coltivazione della canapa. Dopo il secondo conflitto mondiale, imaceri vennero ancora utilizzati sino ai primi anni Cinquanta limitatamente allaproduzione della tela ad uso familiare, soprattutto nell’allestire i corredi femminili enuziali.In base a testimonianze orali, un’altra produzione artigianale tipica di Cotignolanell’Ottocento fu quella di corde e di cordame in canapa: la conferma si trova negli Attidella Giunta per la inchiesta agraria e sulle condizioni della classe agricola del <strong>18</strong>81dove, fra le industrie che procurano un utile impiego dei prodotti della campagna, siricorda quella di Cotignola per le «gargiolerie» (il termine si riferisce alla cardaturadella canapa o in senso lato all’arte della lavorazione della canapa) e le «fabbriche dicordaggi» 10 .5E. Venturini, Topografia medica di Cotignola, in Bullettino delle Scienze Mediche, Bologna <strong>18</strong>60, pp. 328-329.6Ibid., p. 329.7Don A. Zini, Op. cit., p. 23.8Annali di statistica. Ministero di agricoltura, industria e commercio, Direzione generale della statistica, Roma <strong>18</strong>87,p. 104; L. Casadio, Op. cit., p. 79.9L. Casadio, Op. cit., p. 7910S. Jacini, Atti della Giunta per la inchiesta agraria e sulle condizioni della classe agricola, Volume 2, Editore Forzani,<strong>18</strong>81, p. 617.12 13


Le acque del fiume Senio erano una risorsa importante anche per il settore alimentarein quanto davano forza motrice alla turbina del vecchio molino di Cotignola; lastatistica del <strong>18</strong>87 rilevava nel territorio comunale l’esistenza di due molini per lamacinazione dei cereali con 6 addetti che effettuavano una media annua di 266giornate lavorative e tre fabbriche di pasta da minestra con tre lavoranti, per una mediaannua di 37 giornate lavorative 11 .Il gelso moro: alimento prediletto dei bachi da setaIl Venturini segnalava inoltre che nel territorio «I gelsi vi vegetano assai bene e ilfilugello che con essi si alleva, ha nei mercati più credito che quello degli altri siticirconvicini: e un tempo […], costituiva una delle maggiori industrie della classepovera» 12 . L’allevamento del baco da seta aveva un’antica tradizione nel paese, comeattesta nel 1734 il padre francescano Girolamo Bonoli, che nella sua Storia diCottignola riferiva della produzione delle «Sete medesime non lavorate, chevolgarmente chiamansi Fulicelli, e che quasi tutte vendonsi in Lugo, sono più ricercatedell’altre per la loro perfezione» 13 .Scarpe e scarpariUn’altra attività artigianale aveva procurato merito e beneficio alla comunità diCotignola: la produzione di calzature, che venne testimoniata oralmente dagli anzianidel paese nel 1976 quando Michele Bassi raccolse la notizia per il suo resoconto suIndustria e artigianato nella seconda metà dell’Ottocento 14 . La fervida attività dicalzoleria era esercitata a domicilio da circa un centinaio di piccoli artigiani e si eraimposta e affermata sul mercato dei territori limitrofi. In effetti il medico condottoEnrico Venturini ricordava che già nel <strong>18</strong>60 i calzolai, oltre ad assolvere alle richiestedel paese, lavoravano «alla mercantile» 15 , ossia alla maniera dei mercanti senza alcunaformalità d’atti. Ciò non fu senza periodi di lotte, come dimostra lo sciopero avvenutonel 1908 per il «Miglioramento di salario pei calzolai di Cotignola […] e peimugnai...» 16 , fino a quando l’introduzione di tecniche industriali per la produzionedelle calzature finì per soppiantare gradualmente quella artigianale.Artieri e maestri d’operaOltre alle due principali manifatture dei figulini e dei canapini, nel territorio diCotignola le altre attività erano analoghe a quelle della generalità dei centri urbani edei piccoli borghi nella provincia di <strong>Ravenna</strong>, con un numero di botteghe individualiin prevalenza limitate al titolare (raramente con qualche operaio) e correlate allapopolazione residente.11L. Casadio, Op.cit., p. 79.12E. Venturini, Op. cit., pp. 325-326.13G. Bonoli, Della Storia di Cottignola, Faenza <strong>18</strong>80, Rist. Bologna 1976, pp. 56-56.14M. Bassi, L'economia cotignolese nello sviluppo della città, in Cotignola storia e folklore, Imola 1976, pp. 52-54.15E. Venturini, Op. cit., p. 328.16Bollettino dell'Ufficio del lavoro, vol. IX, Roma 1908, p. 880.Per l’artigianato di produzione erano attivi i maestri del ferro, del legno, del vimine,mentre per l’artigianato dei servizi si prestavano all’opera molinari, fornai, calzolai,barbieri, sarti, lavandaie, stagnini, maniscalchi, carrettieri, corrieri, muratori, birocciai.Per questi ultimi si era costituita il 26 febbraio <strong>18</strong>99 la «Società Cooperativa pertrasporti fra Birocciai» 17 , mentre è documentata nel 1913 la «Lega Birocciai diCotignola» <strong>18</strong> .Secondo i dati rilevati nel registro relativo all’anno scolastico 1906-07 su 589 obbligatialla frequenza, 91 erano figli di padri artigiani (mancano i dati delle madri), cosìsuddivisi: 78 nel capoluogo, 13 nelle frazioni.Gli artigiani cotignolesi, rispetto ai loro colleghi dei paesi limitrofi, avevano lapossibilità di un’istruzione specifica, poiché la Scuola comunale di Arti e Mestieri erastata attivata grazie ad un’iniziativa locale, forse dovuta alla Società di Mutuo Soccorso,almeno a partire dal <strong>18</strong>99. Si trattava di una scuola la cui istituzione era auspicata inItalia già nel <strong>18</strong>38, quando Monsignor Giuseppe Maria Mazzetti, Vescovo di Seleuciastava lavorando ai progetti di riforma della Pubblica Istruzione, con lo scopo di istruireil popolo nelle Arti che potevano consentire uno sviluppo dell’industria edell’artigianato, come già era avvenuto in Inghilterra, Germania, Svizzera, Russia,Danimarca, Francia, dove le scuole di Arti e Mestieri erano già da tempo diffuse 19 .Certamente gli artigiani di Cotignola presso la Scuola Arti e Mestieri potevano formarsie soprattutto sviluppare la conoscenza delle tecniche di lavorazione ed educare la loromanualità e il loro gusto al “bello”, attraverso lo studio del Disegno, da applicare allelavorazioni della ceramica (dalla produzione di vasellame a quella delle pipe), del ferro,del legno e ai lavori svolti da muratori, imbianchini o cementisti. Sotto ladenominazione “Arti e Mestieri” non sappiamo chi avesse la funzione di insegnantenella scuola, prima che il professor Luigi Varoli (Cotignola, <strong>18</strong>89-1958), artistapoliedrico, ne assumesse la direzione e la docenza nel 1922-23 mantenendola finoalla sua morte.Scuole per lavori donneschiSe la Scuola Arti e Mestieri aveva un’affluenza esclusivamente maschile, alle ragazzedi Cotignola erano riservate scuole nelle quali anch’esse potessero apprendere unmestiere. Prima del secondo conflitto mondiale era infatti attiva la Scuola Femminiledi Lavoro diretta da Suor Saveria delle Suore dell’Istituto San Giuseppe di Lugo, che siteneva presso l’ex Conservatorio delle Orfane, dette le Orfanelle del Corpo di Cristo.Distrutti i locali a seguito dei bombardamenti l’attività di questa scuola non fu piùripristinata, ma le giovani donne cotignolesi dal 1946 ebbero occasione di frequentarela Scuola di Tessitura che Aldina Svegli teneva presso la Casa delle Opere Parrocchialisita fra la via Rossini e la via Roma nella zona retrostante la Chiesa di Santo Stefano.La scuola rimase in attività fino alla metà degli anni Cinquanta con la produzione di telee tappeti.17L. Casadio, Op. cit., p. 90.<strong>18</strong>S. Banzola, Un secolo a Cotignola 1901-2001. Celebrazione del centenario di costituzione della Cassa Rurale didepositi e prestiti di Santo Stefano Protomartire in Cotignola, Faenza 2001, p. 13.19Scuole d'arte e mestieri, in M. Alighiero Manacorda, Storia illustrata dell'educazione, 1992, p. 174.14 15


Allieve all’uscita dellaScuola di Tessitura(Cotignola, 1952)abitato e alla devastazione delle campagne; se in agricoltura la ripresa fu rapida,seppure difficile e pericolosa a causa della quantità di mine disseminate nei campi,per le attività artigianali i tempi della ripresa furono più lunghi sia perché mancavanoi locali per le officine o le ‘botteghe’, sia perché alla carenza di strumenti specifici perle varie lavorazioni si accompagnava la carenza delle materie prime occorrenti allarealizzazione dei manufatti, in un contesto di difficoltà aggravate dalla distruzionedelle vie di comunicazione.Occorreva innanzi tutto ricostruire le case distrutte o sinistrate, indispensabili al viverequotidiano ed anche al lavoro, poiché la maggior parte delle attività artigianali venivasvolta presso le abitazioni; la guerra aveva privato i cotignolesi non solo di una casa,ma anche della possibilità di riprendere o di svolgere un lavoro.Dal bollettino comunale del settembre 1949, si ricava che tra gli obiettivi programmatidagli amministratori nel 1946 vi era lo sviluppo dell’agricoltura e la protezionedell’artigianato. Ciò si rendeva urgentemente necessario per la particolare situazionedel paese, ridotto dal conflitto mondiale ad un cumulo di macerie come si evince dallerilevazioni del Genio Civile:Situazione al 25 aprile 1945Case colonicheCase di civile abitazioneEdifici pubbliciDistruzione953307Sinistramento2206306Tessitrici alla Scuola diLavoro delle OpereParrocchiali(Cotignola, 1952)Un periodo difficileTutte le attività economiche nel territorio di Cotignola risentirono della grandedepressione che toccò l’apice nel 1929, quando la crisi mondiale interessò in misuraminore chi svolgeva un mestiere specifico, come quello degli artigiani. Con laproliferazione sul mercato dei prodotti industriali, le piccole industrie locali o subironoun’involuzione tornando allo stato di partenza, ricostituendo l’impresa artigianale condue o tre addetti, come accadde per la fabbrica di maioliche e stoviglie, ovvero l’attivitàandò scemando fino ad esaurirsi, come nel caso delle calzolerie e delle telerie. Ciòdeterminò disoccupazione e aumento della povertà fra la popolazione e favorì unagraduale emigrazione dei cotignolesi.L’economia del capoluogo, in particolare, subì poi un duro colpo di arresto quando glieventi del secondo conflitto mondiale portarono alla tragica distruzione del centroLa prima amministrazione del comune di Cotignola nel dopoguerra, all’alba dell’Italiarepubblicana, redigendo il programma dei provvedimenti da prendere nell’immediato,favorì la costruzione delle botteghe e delle officine artigianali, l’accesso prioritario allesovvenzioni statali per gli investimenti, la ricostruzione e il ripristino delle vie dicomunicazione, della rete di approvvigionamento idrico e delle linee elettriche. Il giàcitato bollettino comunale rendeva noto gli effetti dell’impegno profuso attraverso ilseguente quadro:Situazione al 31 agosto 1948Case colonicheCase di civile abitazioneEdifici pubbliciRicostruzione502053Riparazione<strong>18</strong>04006Negli anni Cinquanta continueranno ad essere assenti iniziative aziendali di ampiorespiro, sia nell’artigianato sia nell’industria, mentre l’agricoltura seguiterà arappresentare l’unica sorgente di lavoro e di vita, tanto che gravitava in questo settoreil 72% della popolazione attiva del Comune. Nel quadro provinciale relativo alcoefficiente di ruralità, Cotignola occupava il secondo posto dietro a Brisighella. Allesoglie del cosiddetto “boom economico”, il territorio cotignolese vedeva quindi lasupremazia del comparto agricolo e pressoché inalterato il grave problema della16 17


disoccupazione, ma soprattutto mancava un sistema di comunicazioni capace digarantire e attirare investimenti industriali creando posti di lavoro per fare uscireCotignola dall’atavico isolamento.SU ALCUNI ECCELLENTI ARTIGIANI DEL PASSATORaffaella ZamaUna legge provvidenzialeUna svolta decisiva per il rilancio del paese si ebbe a partire dall’ottobre 1960, inseguito all’inclusione di Cotignola fra i comuni depressi in base alla legge n. 635 del1957, che durante il suo periodo di validità riuscì ad offrire al paese una rapida edintensa crescita economica. Operatori economici con capitali forestieri confluirono nelterritorio comunale e sorsero nuovi insediamenti industriali e artigianali a coperturadei rami più svariati della produzione. Il contesto di accelerato sviluppo dell’economiacotignolese favorì il rifiorire dell’artigianato che in molti casi, uscito dalle botteghe edalle case, venne gestito in nuove officine e nuovi laboratori più spaziosi e attrezzati,nei quali mantenne una gestione familiare o si allargò con l’assunzione di dipendenti.Dieci anni dopo, come osservava Michele Bassi nel redigere il suo preciso Quadroattuale delle imprese industriali e artigiane alle soglie del 1976 20 , la situazioneappariva già mutata: l’insieme delle attività artigianali in Cotignola si era notevolmenteaccresciuto e diversificato nei comparti della produzione, dei servizi e dellamanutenzione; inoltre l’aspetto innovativo consisteva nel <strong>fatto</strong> che il lavoro degliartigiani non si rivolgeva più solo all’ambito locale, bensì in gran parte andava oltre iconfini del territorio comunale.La difficoltà nel reperire fotografie di artigiani intenti al lavoro, obiettivo primariodell’indagine svolta da questa ricerca, costituisce certamente un limite alla conoscenzadell’effettiva produzione locale nel passato, che si espresse anche con punte dieccellenza. Non si poteva quindi escludere l’attività degli autori di seguito presentati,che può essere documentata dalle fotografie dei manufatti usciti dalle loro botteghe.Pietro BorghiPietro Borghi nacque a Cotignola nel <strong>18</strong>92 da Ilarione. Scrive di lui Giuseppe Strocchi nel1937: «Liutaio intagliatore distinto. Apprese i primi elementi in Cotignola». Sicuramenteun ruolo determinante per la sua formazione l’ebbe proprio lo Strocchi, che all’epocapossedeva una delle più importanti collezioni italiane di liuteria storica-classica; Borghiquindi in Cotignola poté cogliere l’occasione di confrontarsi con magnifici esemplari distrumenti ad arco. Si perfezionò poi nell’arte dell’intaglio del legno alla Scuola Regia d’Artie Mestieri “Umberto I” di Forlì, dove conseguì la Licenza nel 1915.Partecipò alle Esposizioni Romagnole Riunite del 1921, allestite a Forlì, dove vinse ilprimo premio. Fu attivo a Cotignola fino al 1925, anno del suo trasferimento a Modena.Qui, fra i vari «liutai che affiancavano alla costruzione di strumenti ad arco anche larealizzazione di strumenti a pizzico», vi era «Pietro Borghi, dal cui laboratorio in via SanVincenzo uscivano chitarre e mandolini di buona fattura» (S. Boni). Da un’etichetta diquesto periodo si ricava che lo «Stabilimento Musicale Pietro Borghi Modena» fu poi anchein via Canalino <strong>18</strong> (Chitarra Collezione S. Malusi, Cervia). E’ noto come la formazione diBorghi sia avvenuta a Milano presso Leandro Bisiach, il cui laboratorio è considerato il piùimportante nell’Italia del periodo. Scrive Artemio Versari: «Tornato a Cotignola, il suopaese, continuò a produrre strumenti in bianco per la famiglia Bisiach e anche per questomotivo è poco conosciuto. Ciò nonostante Borghi fu un liutaio di grande talento, in gradodi costruire strumenti di pregio». Venne descritto da Francesco Brasile nel 1935 comeuomo di «schiva semplicità rara come il suo valore». Risiedette a Lugo stabilmentedall’immediato dopoguerra fino alla sua morte avvenuta nell’ottobre 1957, ma già inprecedenza, pur risiedendo in Cotignola, doveva tenervi bottega.Dalle sue mani uscirono circa cinquecento strumenti, alcuni dei quali sono apparsinelle seguenti vendite all’asta: Skinner, Boston 15 ottobre 2006, Violino “Borghi PietroLugo 1927” (lotto 109), venduto per $ 14,000; Bromptson’s, Londra 23 giugno 2008,Violino “Borghi Pietro Lugo 1934” (lotto 58) venduto per £ 6000; Skinner, Boston 17ottobre 2004, Violino “Borghi Pietro Lugo 1942” (lotto 1046); Skinner, Boston 4 maggio2008, “Borghi Pietro ... 1943” (lotto 373) venduto per $ 11,000; Christie’s, London 15marzo 2000, Violoncello “Borghi Pietro/Lugo 1956” (lotto 90).20M. Bassi, Op. Cit., pp. 54-58.Bibliografia: F. Brasile, in Cotignola, Numero unico, agosto 1935, p. 12; G. Strocchi, Liuteria Storiaed Arte, Lugo 1937, p. 423; R. Profeta, Storia e letteratura degli strumenti musicali, Firenze 1942,p. 93; E. Blot, Emilia Romagna, Cremona 1994, p. 28; A. Versari, Liuteria moderna in Emilia<strong>18</strong> 19


Romagna, Torino 2002, p. 30; S. Boni, Romolo Ferrari e la chitarra in Italia nella prima metà delNovecento, Modena 2009, p. 39.Pietro Borghi, Violino, particolaredell’etichetta “Pietro Borghi fece inCotignola 1931”, Ubicazione sconosciuta(Restauro Liuteria Marconi, Cureggio NO)Pietro Borghi, Violino,particolare del riccio,1931, Ubicazionesconosciuta(Restauro LiuteriaMarconi, Cureggio NO)Pietro Borghi, Violino,particolare, 1931,Ubicazionesconosciuta(Restauro LiuteriaMarconi, Cureggio NO)Pietro Borghi, Chitarra con tre bassiaggiunti, particolare, Cervia,Collezione Stefano Malusibattuto. Ottenne infatti una medaglia di partecipazione all’Esposizione Universale diParigi del 1900; nel 1923 vinse tre medaglie d’oro all’Esposizione di Lugo e ancora nel1924 una medaglia d’argento, infine nel 1925 una medaglia d’oro. Alla “II MostraBiennale Romagnola” che si tenne a Imola nel 1928 Guglielmo presentò due mascheredi ferro battuto: una raffigurante Mazzini, l’altra il suo autoritratto. Risalgono inveceal 1929 i diplomi di partecipazione alle Esposizioni di Belle Arti di Cervia e di Fiume.Nel 1931 era presente al Salon des Indépendants di Parigi con tre maschere: le due giàesposte a Imola, più una raffigurante Mussolini, grazie alle quali ricevette elogi sulgiornale parigino “Les Artistes d’aujourd’hui”. Nel 1935 Francesco Brasile dedicò allasua attività il seguente apprezzamento: «cesellatore del ferro: dico cesellatore e nonesagero. Le opere del Frattini hanno avuto ampi riconoscimenti anche all’estero: le suemaschere (notevole quella del Duce) in ferro battuto sono vigorose e piene di umanità.Si direbbe che egli plasmi la dura e tenace materia con la stessa facilità con cui ilfigulino plasma e addomestica la facile argilla».La ditta “Officina Frattini Guglielmo” si specializzò nella progettazione e nellaproduzione di letti chirurgici, la cui funzionalità fu riconosciuta dal loro duraturoutilizzo presso l’ospedale di Cotignola. Dalla sua officina uscirono anche pregiati fucilida caccia con le canne decorate da raffinate incisioni. Morì a Cotignola nel 1940.Bibliografia: “Les Artistes d’aujourd’hui”, 11 marzo 1931; F. Brasile, in Cotignola, Numero unico,agosto 1935, p. 12.Guglielmo Frattini, Grifonereggibandiera, PrimiNovecento, già Cotignola,Palazzo Comunale (trafugatonel 1945)Pietro Borghi,Chitarra con trebassi aggiunti,(etichetta“Stabilimentomusicale PietroBorghi Modena”),Cervia, CollezioneStefano MalusiPietro Borghi,Chitarra con trebassi aggiunti,Cervia, CollezioneStefano MalusiGuglielmo FrattiniGuglielmo Frattini nacque a Faenza nel <strong>18</strong>62 da Giuseppe. Imparò l’arte di lavorare ilferro nella sua città natale presso l’officina Matteucci, in quanto il padre (<strong>18</strong>35-1906)diversamente da lui svolgeva il mestiere di falegname. La sua residenza a Cotignola èaccertata almeno a partire <strong>18</strong>90, anno del matrimonio. Suoi premi e diplomiraccontano di una frequente presenza a fiere ed esposizioni con oggetti d’arte in ferroGuglielmo Frattini,Biglietto da visitaGuglielmo Frattini, Lettochirurgico, Primi Novecento2021


REPERTORIO FOTOGRAFICOPREMESSADIVISIONECOTIGNOLA PROVINCIA DI RAVENNA % COTIGNOLAArtigiane Totali % artigiane Artigiane Totali % artigiane Artigiane TotaliAttività di produzione cinematografica, di video e di pro... 0 0 0,0% 22 59 37,3% 0,0% 0,0%Attività di programmazione e trasmissione 0 0 0,0% 1 5 20,0% 0,0% 0,0%Telecomunicazioni 0 1 0,0% 1 52 1,9% 0,0% 1,9%Produzione di software, consulenza informatica e attività... 1 6 16,7% 54 <strong>18</strong>4 29,3% 1,9% 3,3%Attività dei servizi d'informazione e altri servizi infor... 0 0 0,0% 37 <strong>18</strong>9 19,6% 0,0% 0,0%Attività di servizi finanziari (escluse le assicurazioni ... 0 0 0,0% 0 39 0,0% 0,0% 0,0%Assicurazioni, riassicurazioni e fondi pensione (escluse ... 0 0 0,0% 0 5 0,0% 0,0% 0,0%Attività ausiliarie dei servizi finanziari e delle attivi... 0 3 0,0% 0 646 0,0% 0,0% 0,5%Attività immobiliari 0 20 0,0% 1 1.814 0,1% 0,0% 1,1%Attività legali e contabilità 0 0 0,0% 1 94 1,1% 0,0% 0,0%Attività di direzione aziendale e di consulenza gestional... 0 0 0,0% 1 269 0,4% 0,0% 0,0%Attività degli studi di architettura e d'ingegneria; coll... 0 0 0,0% 12 168 7,1% 0,0% 0,0%Ricerca scientifica e sviluppo 0 0 0,0% 0 17 0,0% 0,0% 0,0%Pubblicità e ricerche di mercato 0 2 0,0% 22 <strong>18</strong>4 12,0% 0,0% 1,1%Altre attività professionali, scientifiche e tecniche 0 5 0,0% 133 375 35,5% 0,0% 1,3%Servizi veterinari 0 0 0,0% 1 1 100,0% 0,0% 0,0%Attività di noleggio e leasing operativo 0 2 0,0% 3 111 2,7% 0,0% 1,8%Attività di ricerca, selezione, fornitura di personale 0 0 0,0% 0 7 0,0% 0,0% 0,0%Attività dei servizi delle agenzie di viaggio, dei tour o... 0 0 0,0% 0 59 0,0% 0,0% 0,0%Servizi di vigilanza e investigazione 0 0 0,0% 0 21 0,0% 0,0% 0,0%Attività di servizi per edifici e paesaggio 2 5 40,0% 221 276 80,1% 0,9% 1,8%Attività di supporto per le funzioni d'ufficio e altri se... 0 2 0,0% 20 251 8,0% 0,0% 0,8%Istruzione 0 0 0,0% 5 85 5,9% 0,0% 0,0%Assistenza sanitaria 2 3 66,7% 33 105 31,4% 6,1% 2,9%Servizi di assistenza sociale residenziale 0 0 0,0% 0 36 0,0% 0,0% 0,0%Assistenza sociale non residenziale 0 1 0,0% 3 47 6,4% 0,0% 2,1%Attività creative, artistiche e di intrattenimento 0 1 0,0% 24 116 20,7% 0,0% 0,9%Attività di biblioteche, archivi, musei ed altre attività... 0 0 0,0% 2 21 9,5% 0,0% 0,0%Attività riguardanti le lotterie, le scommesse, le case d... 0 0 0,0% 0 12 0,0% 0,0% 0,0%Attività sportive, di intrattenimento e di divertimento 0 4 0,0% 16 533 3,0% 0,0% 0,8%Attività di organizzazioni associative 0 0 0,0% 0 12 0,0% 0,0% 0,0%Riparazione di computer e di beni per uso personale e per... 2 2 100,0% 284 308 92,2% 0,7% 0,6%Altre attività di servizi per la persona <strong>18</strong> 23 78,3% 1.141 1.260 90,6% 1,6% 1,8%X Imprese non classificate 0 0 0,0% 6 19 31,6% 0,0% 0,0%TOTALE 194 715 27,1% 11.849 37.808 31,3% 1,6% 1,9%Fonte: Camera di Commercio <strong>Ravenna</strong>Il repertorio fotografico che segue offre uno sguardo sul lavoro degli artigiani di Cotignoladal primo Novecento fino ai giorni nostri, senza la pretesa di essere esaustivo perchénon avrebbe mai potuto esserlo. Le immagini rimandano a momenti che raccontanola storia di persone e di luoghi, di opere e di tradizioni, in un passato ormai remoto; poi,risalendo lungo la linea del tempo, il racconto si spinge sempre più avanti e arriva vicinoalla realtà odierna. Così è possibile vedere che nell’arco di un secolo scompaiono mestieri,tecniche, materiali. Nomi e cognomi si estinguono, i soprannomi vengono dimenticatimentre si succedono le generazioni; nel contempo il lavoro delle imprese artigianesi evolve in forme sempre più moderne e razionali.La difficoltà di reperire il mezzo più efficace di conoscenza, la fotografia, ha comportatoassenze e vuoti incolmabili. Infatti, <strong>mano</strong> a <strong>mano</strong> si arretra nel tempo fino agli albori delsecolo scorso, sempre più rara diventa la possibilità di documentare il lavoro degli artigianitramite le immagini. La macchina fotografica nel passato era un lusso per pochi,troppo spesso riservato alle occasioni importanti della vita (una festa o un evento), cheesclude a noi la conoscenza dei momenti del lavoro quotidiano nell’intimità delle case onell’interno delle botteghe e delle fabbriche oppure all’aperto nei cortili, nelle strade enelle campagne. All’epoca era vergognoso farsi ritrarre con vestito sporco e attrezzi delmestiere; era meglio posare davanti all’obiettivo con il “vestito buono” dei giorni di festa.Inoltre, causa di molte assenze nel repertorio, è la perdita di documenti personali e familiarisotto cumuli di macerie in seguito alla quasi totale distruzione della città durante laseconda guerra mondiale. Infine la naturale riservatezza o l’involontaria trascuratezzadelle persone hanno costituito ostacoli talvolta insuperabili per acquisire la disponibilitàdella documentazione. Mancano quindi all’appello uomini e donne di grande laboriositàin mestieri di un tempo lontano e, per le tipologie di lavoro, restano inedite opere e attivitàdi importanza fondamentale. Ad esempio, non appaiono né la storica attività di macinaturadel ‘molinaro’ Tomaso Bertini né il lavoro del maniscalco Ferdinando Sgubbi e delfiglio Francesco (tanto per configurare due attività di un preciso angolo sotto il fiume).La raccolta delle testimonianze e delle documentazioni può comunque costituire la basedi partenza per una catalogazione storiografica, al fine di prevenire la loro dispersione ola loro distruzione. Le notizie ricavate intervistando persone in avanzata età anagraficaconsentono di riconfigurare scenari che sono indispensabili nella ricostruzione storica percreare le situazioni di contesto, soprattutto relativamente al Novecento (il secolo “breve”).Il racconto cronologico, scandito dalle fotografie e affiancato dalle didascalie, intendeaccompagnare il lettore attraverso le fasi dell’evoluzione strutturale e strategica del lavorodegli artigiani in Cotignola, partendo da un lontano contesto geopolitico e percorrendole tappe del continuo e costante cambiamento delle imprese artigiane finoall’attualità del mondo globalizzato. Così i cotignolesi potranno ritrovare o conoscereil contesto e l’ambito dove operarono i loro ascendenti o i loro antenati: questa opportunitàè propedeutica a ricomporre aggregazioni su valori condivisi di collaborazionee di cooperazione, in grado di innescare nuove iniziative culturali sulla storiaeconomica e sociale della comunità locale di appartenenza.2425


Giulia Drei alla decorazione di boccali (Cotignola, anni Venti)La fabbrica Drei di maioliche e stoviglie era attiva fin dal XVIII secolo, dapprimain prossimità dell’argine sinistro del fiume Senio dove erano le vasche di depositodell’argilla (attuale via Drei), poi in via Madonna di Genova. Tramandata di generazionein generazione, la fabbrica cessò la sua attività nel 1958 con Giulia(1908-1996) che l’aveva ereditata dal padre Olinto (<strong>18</strong>75-1953). Da questa fornaceuscivano le ceramiche della “Frasìna” (così era nota in paese Eufrasia, lamadre di Giulia).27


Mario Burchi apprendista in falegnameria (Lugo, 1951-52)Mario Burchi (1935-2007), in primo piano a sinistra nella foto), ha appreso ilmestiere di falegname a partire dai primi anni Cinquanta presso la falegnameriaLinari in via San Giorgio a Lugo. Insieme alla moglie Wanda Taroni nel 1968ha aperto nella stessa città l’attività in proprio di commercio mobili, alla qualeha affiancato la produzione artigianale di elementi d’arredo. Nel 1983 ha apertoun’altra sede della “Taroni Arredamenti” a Cotignola in via De Gasperi 17, chedal 1994 è rimasta sede unica. Il suo mestiere è stato trasmesso ai tre figli cheoggi portano avanti l’attività di famiglia.La sarta Giannina “Gianna” Montanari con la figlioletta Loredanae le allieve Nives Golinelli, Bianca Liverani, la sorella Alba“Bina” al lavoro (Cotignola, 1952)Gianna Montanari (prima a destra nella foto) ha iniziato come apprendista sartaa soli nove anni di età in Granarolo Faentino. A Cotignola ha aperto la sua attivitàdi sartoria nel 1950. Dai primi anni Sessanta ha iniziato a sostituire la lavorazionedelle stoffe con quella del pellame e del montone. A partire dal 1975si è dedicata prevalentemente alla produzione di pellicce, confezionando capiche per la loro accuratezza sono stati richiesti oltre i confini della Romagna. Frai suoi clienti figuravano illustri famiglie romagnole e campioni dello sport comel’ex centrocampista Giancarlo Marocchi. Nel 1999 Gianna ha cessato l’attività,trasferendola alla moglie del nipote Paola Lami per un breve periodo.28 29


La famiglia Gordini intenta alla produzione di bricchette di vinaccia(Cotignola, 1952)Uomini e donne, ragazzi e ragazze della famiglia di Michele Gordini (<strong>18</strong>96-1970) a partire dal primo dopoguerra furono tutti impegnati a produrre bricchettedi vinaccia. Nel cortile della loro abitazione lavoravano in serie,utilizzando una macchina compattatrice acquistata a Colle Val d’Elsa, che il capofamigliaaveva dotato di un motore a scoppio, e preparavano le bricchette destinatead essere distribuite su tutto il territorio. La famiglia fu impegnata inquesta attività fino ai primi anni Sessanta.I muratori della Cooperativa durante lavori di costruzione (Cotignola,primi anni Cinquanta)La Società Anonima Cooperativa di Lavoro si costituì nel 1930 per volontà diventiquattro uomini uniti nella comune convinzione di operare in virtù di unafinalità altamente sociale e mutualistica. Scopo fondamentale quello di “eseguirein cooperazione lavori murari, pubblici e privati”. Il numero di soci non erachiuso, bensì aperto a muratori che vi volessero far parte in seguito. Il primopresidente fu Sante Baruzzi “Tino de Zàpal” e direttore dei lavori Luigi Borghi.La giovane Società Anonima Cooperativa fu impegnata inizialmente nel territorio,come si può notare attraverso le fotografie scattate a Cotignola nel dopoguerra,durante i lavori in prossimità dell’Ospedale Testi, che dimostrano ilruolo importante che ebbe per la rinascita del paese, raso al suolo dai bombardamenti.Ben presto la Cooperativa cominciò ad aver richieste anche nellezone limitrofe, in regione e fuori. Nel tempo la Società si è accresciuta grazieall’abilità dei Direttori dei lavori che si sono succeduti, per diventare l’attuale“C.M.C.A. & Affini”.30 31


Lavorazione della canapa (gramolatura) nell’aia della FamigliaCattani (Barbiano, anni Cinquanta)E’ un esempio della tradizionale lavorazione della canapa svolta con “e gramèt”dalle famiglie coloniche. La fotografia fu scattata presso la casa della famigliaCattani di via Gaggio n. 46.Interno della lavanderia “Igea” con la titolare Maria Proni e IolandaLinari all’asse da stiro (Cotignola, seconda metà anniCinquanta)La “Lavanderia Igea” ha avviato il proprio servizio nei primi anni Cinquanta inpiazza Mazzini. Con cessazione dell’attività nel 1962, quando la licenza è stataacquistata dalla nuova lavanderia “Polgrossi-Donati”.32 33


Anselmo Tondini “Selmo d’Ulisse” durante il carico di una‘botte’ in cemento (Cotignola, 1956-57)La “Ditta Tondini Anselmo” era sorta nel secondo dopoguerra per la produzionedi manufatti in cemento per uso industriale, civile e agricolo. La sua sede inizialeera posta in via Matteotti 32, poi si era trasferita in via Guidana San Lorenzo.L’attività della ditta Tondini è cessata nei primi anni Settanta.In questa immagine: sull’autocarro di Giuseppe Strocchi detto “L’Umàz”, Anselmo(1911-1992) ha appena caricato una ‘botte’ da 70 quintali per la conservazionedel vino; accanto a lui è il figlioletto Claudio.Gaetano Medri segue il Giro d’Italia con una Topolino serie unicarestaurata nella sua officina (Dolomiti 1958)L’impresa artigiana “Officina auto-riparazioni Medri & Montesi” era nata nel1955 dalla società costituita fra Gaetano Medri e Paolo Montesi, per la riparazionedi autovetture, ciclomotori e motori agricoli. La Topolino nella fotografiaera stata restaurata da Gaetano (primo a destra) con grande pazienza durantel’inverno e la primavera di quell’anno; al suo fianco è l’amico Pietro Babini. Sitrattava di un’auto speciale in quanto oltre al comune impianto a benzina, eramunita di alimentazione a metano, convertibile anche a Gpl. La società si èsciolta intorno al 1964-65, quando a Montesi si è sostituito Angelo Ancherani.Dopo quarant’anni di collaborazione la società “Medri & Ancherani” si è divisain “Cotignolcar, di Medri e figli” e “C.S. Auto di Ancherani”.34 35


I barbieri Calvo e Ciro Baruzzi nella loro bottega (Cotignola, 1959)Dopo un apprendistato iniziato a nove anni nella bottega di Benedetto Casadio,nel 1946 Calvo Baruzzi apre la propria attività di barbiere in corso Sforza. Haavuto come soci Ciro Baruzzi prima e Gastone Casadio poi. La chiusura dellasua bottega è avvenuta nel 1993.Francesco Avveduti con incudine e martello (Barbiano, 1958)Francesco Avveduti (<strong>18</strong>87-1975) ha iniziato il mestiere di fabbro quando erapiuttosto giovane a Barbiano, in via Corriera (poi diventata via Manzoni). Nelprimo dopoguerra Giovanni Zama è entrato nella sua bottega e in seguito è diventatosuo socio. La loro attività era legata al mondo agricolo, riparavano aratried erpici, poi con il boom economico e lo sviluppo edilizio, hanno iniziatoad eseguire i primi impianti idrici. Avveduti ha cessato l’attività nel 1962.36 37


Michele Gordini “Michèl d’Gurdé” sega legna con il figlioKramer (Cotignola, anni Cinquanta) e arrota le seghe per iltaglio della legna (Cotignola, anni Sessanta)Michele Gordini (<strong>18</strong>96-1970) era un uomo piuttosto attivo. In gioventù, fra il1920 e il 1932 fu ciclista professionista su strada. Partecipò al Giro d’Italia frail 1921 e il 1928 e a quattro edizioni del Tour de France. Era noto nel mondodel ciclismo col soprannome “Bucàza”, per la sua grossa voce. Abbandonatal’attività sportiva fu capace di affrontare i mestieri più disparati. In questo casoè presentato come segatore di legna, attività che aveva svolto a partire dalprimo dopoguerra principalmente presso le famiglie coloniche utilizzando unasega da lui motorizzata. Svolse questo mestiere fino agli anni Sessanta.Giovanni Nuvoli “Giuvàni e’ Rudarè” all’interno della sua bottega(Cotignola, anni Sessanta)Giovanni Nuvoli (1904-1986) ha svolto dapprima il mestiere di arrotino che gliaveva trasmesso il padre Antonio (<strong>18</strong>61-1939), poi ha acquisito esperienzacome meccanico per biciclette. Fino all’ultima guerra ha esercitato la sua attivitànella bottega situata all’angolo di via Rossini con via Garibaldi e successivamentein corso Sforza dove era ubicata anche l’abitazione. Qui ha svolto ilsuo mestiere fino al 1973.38 39


Iolana Ferruzzi con alcune apprendiste durante il lavoro di sartoria(Cotignola, anni Sessanta)Iolana Ferruzzi (classe 1939) ha iniziato il suo apprendistato dopo la scuolaelementare presso la sarta Bruna Dalmonte in via Roma. A ventun anni si èmessa in proprio svolgendo l’attività presso la sua abitazione, nella quale confezionavaabiti per signora. Nella foto insieme a Iolana vi sono Giuseppina e MarisaVignoli.Luciano Bassi durante le fasi di decorazione ceramica e diinfornata dei pezzi per la cottura (Cotignola, primi anni Sessanta)Luciano Bassi ha dato inizio alla sua attività di ceramista a Cotignola nel 1959,quando in società con Manlio Tassinari di Faenza prese in affitto i locali dellafornace Drei. Dopo qualche anno ha proseguito l’attività come ditta individuale,dapprima in via Matteotti, poi dal 1966 presso la sua abitazione in via Salara.Custode dell’antica tradizione ceramica del paese, è stato artefice di una vastaproduzione che spazia dall’oggetto funzionale, all’elemento decorativo, allascultura. Ha cessato l’attività artigiana nel corso degli anni Novanta.40 41


Giuseppe Strocchi “L’Umàz” con un carico di laterizi alla fornace(Cotignola, 1963)Giuseppe Strocchi aveva iniziato l’attività lavorativa di birocciaio negli anniTrenta. A partire dal secondo dopoguerra il suo mestiere si è evoluto in quellodi autotrasportatore, che ha avuto continuità fino al 1970.Lindo Albertini con il figlio Gaetano e i suoi dipendenti durantela lavorazione delle carni di suino (Cotignola, anni Sessanta)“Salumificio Albertini Lindo e Figlio”: Nel 1956 Lindo ha iniziato l’attività di lavorazionedelle carni suine insaccate, stagionate e fresche. Aveva sette dipendenti:Otello Chiarini, Serafino Baioni, Giovanni Berti, Fausto Facciani, VirgilioMarescotti, Giacomo Grilli e Virgilio Bacchini. A partire dal 1978, anno dellamorte di Lindo, la ditta si è mantenuta in essere con il figlio Gaetano “Tano”, gestoreinsieme alla moglie Anna, anche di un negozio di vendita al minuto di insaccatidi suino, stagionati e carni fresche. L’attività è cessata nella secondametà degli anni ‘90.42 43


Alberto Alboni “Lasa l’engia” al muletto presso la fornace (Cotignola,1963)“Fratelli Alboni Autotrasporti”: Dopo aver svolto per nove anni la mansione diautista di muletto alla fornace di laterizi, Alberto Alboni ha iniziato l’attività inproprio di autotrasportatore. E’ stato alla guida di autotreni fino al 1996.Il muratore Sante Bandini in un momento di sosta (Cotignola,anni Sessanta)Sante Bandini si è trasferito a Cotignola da Brisighella nel 1962 ed ha iniziatoa lavorare come muratore presso la ditta Ancarani Sante. Nei primi anni Settanta,con coraggio imprenditoriale, ha costituito la sua piccola impresa artigiana,passata poi in eredità al figlio.44 45


Amelio Ventura intento alla decorazione di un soffitto (Cotignola,anni Sessanta)Amelio Ventura (1915-1987) faceva parte di quella generazione di ragazzi cheaveva frequentato la Scuola comunale di Arti e Mestieri, sotto la guida del Prof.Luigi Varoli. Seguendo i corsi aveva imparato il mestiere di decoratore, insiemea Ferrero Bandoli “Ferèr” e Sante Babini, con i quali nella prima metà degli anniCinquanta costituì la ditta “Imbianchini, decoratori e verniciatori”. Alle loro dipendenzelavorava un certo Spadoni, detto “Piatti” e successivamente vi entraronoprima come apprendisti, poi come soci, Giovanni Casadio e Danilo Bandoli.La ditta si è sciolta nella prima metà degli anni Settanta.Liliana Contadini nel suo negozio di parrucchiera (Cotignola,seconda metà anni Sessanta)Liliana Contadini (1944-2007), ha appreso il mestiere di parrucchiera per signoranella prima metà degli anni Sessanta, presso la “Parrucchiera Mea”(Romea Casadio), sorella della parrucchiera Teresina, nel negozio di via Rossini.Nella seconda metà degli anni Sessanta ha aperto l’attività in proprio in viaRoma. Liliana era giovane, brava e alla moda, pertanto aveva una clientela prevalentementegiovane. Nel tempo ha spostato il suo negozio presso l’abitazionedel fratello Domenico in via Carducci, quindi presso la propria abitazionenel villaggio Kennedy. Ha cessato l’attività nel 1995.46 47


Bruno e Giovanni Ballardini “Tarapèta” durante un’installazionenel Duomo di Fiesso e a lavoro ultimato (Fiesso FE, fineanni Sessanta)“Ditta Ballardini Giovanni e Bruno”, Cotignola. Nel 1947 Giovanni ha cominciatoa lavorare come apprendista cementista presso la ditta Tondini Anselmo, poi haavviato l’attività di muratore, cementista e installatore in proprio nel 1952 insiemeal fratello Bruno (1931-1999). L’attività ha avuto termine nel 1992.Silvano Selveri durante la fase di tessitura di capi di maglieria‘diminuita’ (Cotignola, 1972)La prima società, fondata nel 1972, era specializzata nella produzione in contoterzi di teli di maglieria calata. La società “JPA Tex Srl” costituita nel 2004, produceoggi prototipia e collezioni. Si è specializzata per affiancare e supportaregli stilisti durante il processo creativo delle collezioni. Ad animare il progetto èil figlio di Silvano, Stefano, grazie al supporto tecnico, creativo e di ricerca di10 persone. Ad oggi alcuni dei clienti con cui la società si connette sono: GianniVersace, Dior, Gianfranco Ferrè, Balenciaga, Alexander Mc Queen.48 49


La ricamatrice Edera Assirelli (Cotignola, primi anni Settanta)Edera Assirelli (1925-1995) ha imparato a ricamare dalle suore di S. Giuseppenell’ex orfanatrofio femminile di Cotignola. Qui le brave consorelle accoglievanoin orario extrascolastico le bambine e le ragazze che volevano impararel’arte del ricamo in tutte le sue forme tecniche ed espressive, il rammendo e ilcucito di stoffa e lana. Le lezioni erano frequentatissime. Alla fine dei corsi siorganizzavano mostre all’interno dell’edificio al quale si accedeva da uno stradellolateralmente a via Rossini, chiamato via Orfane. Il vecchio edificio era dislocatodove oggi si trova la casa protetta per anziani «Tarlazzi-Zarabbini». Frai ricami più ammirati figuravano quelli di Edera Assirelli. L’attività imparata dallesuore diventò in seguito un vero e proprio mestiere per Edera, esercitato per lenumerose clienti, presso la propria abitazione.Domenica Rotondi al lavoro a maglia (Cotignola, primi anni Settanta)Nota in paese come “la Minghinina d’Biciclèta”, Domenica Rotondi (1908-1988)ha svolto il mestiere di magliaia. Accanto a lei vi sono Edera Assirelli, ricamatricee la vicina, “l’Argia d’Chèno” con la nipote. Nella fotografia sono sedutelungo via Roma davanti all’abitazione di Edera.50 51


Walter Borghi “Walter d’Furmìga” nel corso di una riparazionecon la moglie Maria (Cotignola, anni Settanta)Francesco Borghi (1920-1995), conosciuto come Walter, ha iniziato il lavoro dielettricista negli anni Cinquanta, quando, operaio allo zuccherificio, si dedicaa tale mestiere nelle ore libere. Nei primi anni Sessanta apre la sua attività dielettricista a Cotignola in corso Sforza n. 29, con un negozio di riparazione evendita nel quale collabora anche la moglie Maria. Fino agli anni Settanta assumeanche diversi dipendenti, poi continua in modo autonomo fino al 1984.Walter infatti viene colpito da una grave malattia e l’attività viene ceduta aMauro Lucca.Domenico Casadio “Minghino d’Maròc” con il suo carico distracci (Cotignola, anni Settanta)Domenico Casadio apparteneva ad una famiglia di birocciai e risiedeva in viaCassinetta. Durante la seconda guerra, nel corso di un trasporto di botti di vinocon la biroccia trainata da un cavallo e un somaro fu mitragliato da un aereo,in prossimità di via Madrara sul canale del Naviglio. Salvò la vita ma perse glianimali. Privato dei mezzi fondamentali per il suo lavoro, nel dopoguerra fuoperaio nel collettivo e iniziò a racimolare roba vecchia trasportandola con uncarretto a traino della bicicletta. Era un personaggio caratteristico del paeseper le sue raccolte di stracci e ferro vecchio. Si è visto per le strade del paesefino alla fine degli anni Settanta.52 53


Raffaele Dal Borgo “Raflì” durante la lucidatura di oggetti inrame (Cotignola, anni Settanta)Fra gli anni Cinquanta e Sessanta “Raflì” (1939-2008) ha lavorato nell’ambitodella cromatura dei metalli con alcuni soci a Lugo. Successivamente è stato dipendentedella Vulcaflex, mantenendo l’attività di lucidatore di metalli pressola sua abitazione. A seguito di un incidente sul lavoro in fabbrica, si è ritirato,dedicandosi completamente alla pulitura e alla lucidatura di oggetti della tradizionecontadina, principalmente in rame.Bruno Mordenti all’interno dell’Autocarrozzeria Meg e con i soci(Cotignola, anni Settanta)L’attività della ‘“Autocarrozzeria Meg” ha inizio nel 1968 con i soci contitolariBruno Mordenti, Giovanni Emiliani e Gilberto Gasperoni, al n.11 di via GuidanaSan Lorenzo. Più tardi subentrano Franco Mordenti e Primo Assirelli. Quest’ultimoè oggi l’attuale titolare dell’attività.54 55


Alfredo Ronconi esegue un taglio di capelli durante il serviziomilitare (Udine, 1976) e durante una dimostrazione tecnica ditaglio all’Accademia (<strong>Ravenna</strong>, 1982)Dopo un apprendistato di sette anni a Villanova di Bagnacavallo e una breveesperienza a <strong>Ravenna</strong>, Alfredo Ronconi apre il suo negozio di barbiere a Cotignolail 20 maggio 1978 in via Cavour 33. Nel 1995 ha cambiato la licenzadi barbiere in quella di parrucchiere e ha trasferito il suo negozio “Hair”, invia Alighieri <strong>18</strong>.Virginia Zoli a 17 anni si esercita nella futura attività (Cotignola,1976)Titolare del negozio “Parrucchiera Virginia”, ha cominciato ad esercitare il mestieredi parrucchiera nel 1980 all’età di ventun anni in un locale posto in corsoSforza, poi nel negozio attuale nella galleria di corso Sforza.56 57


Angelo Giangrandi al concorso annuale per parrucchieri(Bologna, 1976)Su insistenza della gemella Paola, titolare di un negozio di parrucchiera avviatoin Cotignola nel 1975, Angelo ha iniziato a frequentare nell’anno successivo lascuola per parrucchieri per signora ‘Palmer’ di Bologna. Ha collaborato nel negoziodi “Paola Parrucchiera”, sito in via Rossini fino al 30 novembre 1980.Paola ha quindi proseguito il suo lavoro, prima insieme a Francesca Gordini dal1981 al 1989, poi con Antonietta Verlicchi dal 1990 al 2000, quando al 31 dicembreha cessato l’attività.Interno della “Fonderia Morini” con Luigi Margotti che sta ‘tazzando’l’alluminio fuso dal forno (Cotignola, 1977)Augusto Morini ha cominciato il suo apprendistato nella bottega di un fabbro,poi in due fonderie a Lugo. Nel 1959 ha inaugurato la “Fonderia Morini Snc.” invia Guidana San Lorenzo, specializzata in fusioni di alluminio, bronzo e ottone,nella quale era attiva tutta la famiglia e un giovane apprendista. Nel corso deglianni Sessanta la produzione, inizialmente destinata alle macchine agricole si èampliata ed è entrato come socio il cognato Luigi Pozzi. Nel 1971 l’attività èstata trasferita in via Madonna di Genova, si è arricchita di nuovi macchinari eha raddoppiato gli impianti. Successivamente sono entrati nella società primail figlio Luca, poi il figlio Enrico. Dal 1990 grazie a nuovi procedimenti di produzionel’attività artigianale si è trasformata e l’azienda ha assunto caratteristicheindustriali.58 59


Franco Ricci Picciloni durante l’installazione di poli di trasmissioneradio FM (<strong>Ravenna</strong> provincia, seconda metà anni Settanta)La ditta “Ricci Impianti” di Franco Ricci Picciloni è nata a metà degli anni Settantaper l’installazione di apparecchiature elettriche. Fra gli anni 1975-80 ha maturatoesperienza nel campo dell’installazione di poli di trasmissione per le primeradio in FM della provincia di <strong>Ravenna</strong>.Antonio Zama “Tonino d’Carôta” durante due fasi di lavorazionedelle scope di saggina (Cotignola, 1980)Antonio Zama (<strong>18</strong>99-1984) fabbricava scope già prima del secondo conflittomondiale e successivamente aveva avviato una produzione artigianale in paralleloa quella del fratello Vittorio, utilizzando una macchina cucitrice automaticaacquistata a Mirano (Ve). Negli anni Cinquanta alla lavorazione deipennacchi di saggina era impegnato anche il figlio Giacomo “Mino”, che collaboròcon lui regolarmente per un decennio. Dopo, l’attività fu svolta da Antonioin modo occasionale protraendosi anche fino in età avanzata.60 61


Maria Zoli “Maì” impegnata al trucco da sposa (Cotignola, 1981)Maria Zoli è entrata nel mondo del lavoro nel 1968 dopo aver conseguito laspecializzazione presso la scuola SEM di Bologna. Il suo esordio come estetistaè avvenuto presso il locale della “Parrucchiera Bruna” in via Marconi. Successivamenteha collaborato per diversi anni con la sorella Virginia nel suo negoziodi parrucchiera. Nel 2006 ha aperto l’attività in proprio, “Estetica Maì”, in piazzaVittorio Emanuele.La stazione di servizio di Silvio Dominici (Cotignola, anni Ottanta)Silvio Dominici ha aperto la sua officina nel 1969 in via Matteotti, in un localedi proprietà di Emidio Donati “Mìgi” che gli aveva ceduto anche la licenza delcontiguo distributore di benzina. Insieme alla moglie Rosanna che si è alternatacon lui al distributore, Silvio ha svolto il mestiere di gommista mentre ilfratello Adriano quello di meccanico. Nella seconda metà degli anni Ottanta Silvioha trasferito il distributore e l’officina di gommista in via Lungo fronte delSenio, accanto alla sua nuova abitazione. Il fratello invece ha trasferito l’attivitàdi meccanico nella nuova zona artigianale. Dopo l’improvvisa morte nel 2004del genero Luca Mazzoni, che condivideva con lui la gestione dell’attività, SilvioDominici e la moglie si sono ritirati a vita privata.62 63


Virginia Liverani “Gina” durante le fasi di aspatura e tessitura(San Severo, anni Ottanta)La prima immagine mostra Gina (1935-2002) accanto al filatoio e all’aspo (onaspo) necessario per avvolgere il filo in matasse e procedere alla bollitura nellalisciva (acqua e cenere di legna). Nella seconda immagine invece è intenta allatessitura al telaio orizzontale. Gina aveva imparato a tessere quando era ancoraragazza e aveva continuato a svolgere questo mestiere fino agli anni Ottanta,conservando gli strumenti necessari nella sua vecchia casa di campagna.Arrigo Borghi “Rigo” nella sua officina di riparazione cicli emotocicli (Cotignola, anni Ottanta)Arrigo Borghi (1924-1999) ha iniziato l’attività di meccanico nel 1951 comegarzone. Nel 1953, all’età di 29 anni, ha aperto una propria bottega, dapprimain via Matteotti, poi in via Rossini presso la sua abitazione. L’officina di riparazionee vendita di biciclette e ciclomotori è rimasta aperta fino al giorno dellasua scomparsa.64 65


Angelo Ventura “E pipêr” prepara l’argilla per la produzione dipipe o fischietti (Cotignola, anni Ottanta)Angelo Ventura (19<strong>18</strong>-2005) ha prodotto pipe in terracotta fino agli ultimi anniCinquanta nell’ambito della sua abitazione, all’epoca situata nel borgo a ridossodel fiume Senio. Nello stesso tempo svolgeva la mansione di operaio presso lafornace. Le pipe erano siglate in rilievo con AV oppure VA per identificarne l’origine.Le cannucce in legno per le pipe erano preparate dalla madre, lavorandoi rametti degli arbusti di sanguinello e di spino cervino delle pinete ravennati.La parte prevalente dei manufatti era venduta nel mercato settimanale in Lugodi Romagna, dove ogni mercoledì Angelo allestiva il suo banchetto nella piazzacentrale, tra la Rocca e il monumento di Baracca. Quando il mutamento delleabitudini portò i fumatori ad abbandonare l’uso della pipa in terracotta, Angelosi è dedicato pienamente al lavoro artigianale di falegname. Poi, in età anagraficaavanzata, per diletto, ha prodotto fischietti in terracotta che gli sono valsimenzioni e premi nelle fiere nazionali che in Puglia e in Basilicata sono dedicateal “giocattolo sonoro” più antico del mondo.Verdiano Zama nella sua bottega di barbiere (Cotignola, anniOttanta)Verdiano Zama (1928-2010) ha imparato il mestiere di barbiere da “Baroni” aLugo e si è avviato dapprima in un locale presso la chiesa parrocchiale di Budrionel 1946, poi ha aperto una bottega propria a Cotignola, in corso Sforza,in società con Gino Mecati. Successivamente si è trasferito in piazza VittorioEmanuele II. Verdiano ha amato molto il suo lavoro che gli permetteva di viverea contatto con la gente, ha infatti lavorato fino all’età di 80 anni.66 67


Ettore Gambi durante una fase della costruzione (Cotignola,anni Ottanta)Ettore Gambi ha iniziato nel 1954 come apprendista in un’impresa edile nellaquale il padre era mastro muratore. Qui è rimasto fino al 1963 e dopo un’esperienzadi alcuni anni come marmista, ha ripreso l’attività edilizia nel 1972. Haavviato un’impresa artigiana in proprio nel 1974 ed ha fondato una società conil figlio Giampiero nel 1985. La sua attività si è sempre distinta nelle ristrutturazioni,per la cura dei particolari, l’uso del mattone vecchio e dei pezzi di recuperoinseriti nei diversi contesti architettonici. Peculiarità che ha trasmessoal figlio, titolare della ditta Immobiliare Gambi srl.Paola Assirelli e Santina Polgrossi all’interno della loro lavanderia(Cotignola, anni Ottanta)Nel 1962 Paola Assirelli ha iniziato a lavorare come apprendista presso la “LavanderiaPolgrossi e Donati”, che aveva acquisito la licenza dalla “LavanderiaIgea” per cessazione di attività. Nel 1967 è divenuta contitolare con SantinaPolgrossi della “Lavanderia Paola e Santina” in corso Sforza. Dopo la morte diSantina, nel 1990, Paola ha proseguito la sua attività e nel 1997 si è trasferitanel negozio di via Roma. di cui è titolare.68 69


Vittorio Drei intento al montaggio di un carrello elevatore (Cotignola,anni Ottanta)Sul finire degli anni Cinquanta i fratelli Antonio e Giovanni “Gino” Montini eranoambedue fabbri in Cotignola, quando idearono e costruirono un attrezzo destinatoa movimentare i bancali delle pietre nello stabilimento della locale fornaceubicata in via Pontepietra. Due forche meccaniche retrattili ricevevanoforza motrice dal motore e dal cambio di una vecchia FIAT “Topolino” (cilindrata500 cc): il tutto era installato su un carrello in apparenza rudimentale. All’epocaquell’apparecchiatura si rivelò efficace più del previsto, suscitando le richiesteda parte di altri committenti. I due fabbri nel 1977 associarono Vittorio Dreinell’impresa artigiana: così il giovane socio diede un apporto innovativo nellosviluppo tecnico della motricità del carrello elevatore. Il successivo salto di qualitàdell’impresa artigiana, ineludibile per la costante crescita della produzione,si ebbe verso la fine degli anni Settanta con l’entrata in società di Francesco Garotti,che diede inizio alla impostazione sistematica degli aspetti organizzativie delle strategie commerciali. Attualmente il gruppo “Montini” dà lavoro a unasessantina di dipendenti.Angelo Collica durante una delle fasi di lavorazione di una poltrona(Cotignola, anni Ottanta)L’attività di tappezziere di Angelo Collica ha inizio nel 1978 con la produzionee la riparazione di poltrone, divani e tendaggi. In laboratorio l’attività è cessatanel 2005.70 71


Agostino Ronconi intento allo svuotamento delle ‘anime’(Cotignola, anni Ottanta)Nel 1970 Agostino Ronconi ha costituito con Paolo Fabbri una società, senzadipendenti, per la rifinitura di getti in alluminio della “Fonderia Morini”. Nel1977 al Fabbri è subentrato Domenico Liverani e sono stati assunti i primi dueoperai. Nel 1984 la Società di <strong>fatto</strong> si è trasformata in Società in nome collettivo“Ronconi & Liverani Snc” e i dipendenti sono aumentati al numero di otto.L’attività matura nuove esperienze, lavorando fusioni in bronzo e ottone edeseguendo la pallinatura su materiali ferrosi. Nel 1996 la società si è trasformatain Srl, si è ampliata negli spazi e nell’organico e in seguito ha sperimentatoun sistema innovativo di taglio automatico delle materozze. La sperimentazioneora sta proseguendo su un’isola robotizzata di sbavatura.Enzo Babini modella una scultura all’interno del suo studio(Cotignola, anni Ottanta)Vincenzo Babini “Enzo” ha avviato la sua formazione artistica presso l’Istitutod’Arte per la Ceramica di Faenza e dopo il conseguimento dei diplomi ha approfonditola conoscenza sulla materia ceramica presso lo studio di Carlo Zauli.Appena ventenne ha iniziato la sua carriera di docente nel 1966 a Oristano, poisi è trasferito a Siena e infine a Faenza, dove dopo una lunga permanenza si ècongedato nel 1993. Parallelamente e in seguito Babini si è sempre dedicatoalla sperimentazione e alla ricerca, con una produzione considerevole di operee con frequenti partecipazioni a concorsi nazionali ed internazionali, ricevendoimportanti riconoscimenti. Ha presentato le sue sculture in numerose mostrecollettive e personali e ha portato a termine vari progetti sperimentali chel’hanno visto partire dalla natia Cotignola per esporre in diversi paesi delmondo, dagli Stati Uniti alla Cina.72 73


Enzo Rava al lavoro nella sua officina (Cotignola, anni Ottanta)“Salus Grill” di Rava Enzo, via Nullo Baldini 22: l’attività di Enzo Rava ha avutoinizio nel 1967 con una produzione di portavasi. Nel tempo si è specializzatanella produzione di barbecue e di manufatti di carpenteria generale. Nell’ultimoperiodo ha prodotto anche cerniere per infissi in legno. Enzo ha cessatola sua attività nel 1990.Primo Nensor durante la lavorazione del filo metallico(Cotignola, anni Ottanta)Primo Nensor ha iniziato la sua attività nel 1968 come dipendente della dittaRetinova di Bagnara, specializzata nella produzione di reti metalliche. Nel 1975la ditta è stata assorbita dalla Metalplast di Cotignola, ma dieci anni dopol’azienda ha escluso la lavorazione del filo metallico. Nensor quindi ha apertol’attività in proprio, specializzata nella produzione di rete da recinzione, denominandolaRetinova. Primo ha trasmesso il suo mestiere ai figli ai quali ha cedutol’attività nel 2010.74 75


Roberto Garavini “Berto d’Marlè” al banco da lavoro nella suabottega di falegname (Cotignola, anni Ottanta)Roberto Garavini (1921-1994) aveva ereditato bottega e mestiere dal nonnopaterno e dal padre Terzo “d’Marlè”, entrambi falegnami. Era stato il padre infattiad avviarlo al mestiere di falegname quando aveva 15 anni, poi con la distruzionecausata dai bombardamenti aveva perso la sua eredità. Dopo laguerra ha quindi riaperto la bottega di falegname in corso Sforza presso la suaabitazione, dedicandosi prevalentemente alla costruzione di infissi: porte e finestreche gli venivano commissionati da ditte e cooperative edili. Nel 1975ha cessato l’attività per problemi di salute.Luciano Emiliani nella sua officina (Cotignola, anni Ottanta)Luciano Emiliani (1946-1990) ha iniziato la sua attività di meccanico di automobilinel 1961, presso l’”Officina FIAT e Alfa Romeo di Lugo”. Nel 1968 haaperto un’officina in proprio posta in viale Vassura, esercitando il mestiere chelo appassionava fino all‘improvvisa sua scomparsa a seguito di un fatale incidentestradale.76 77


Davide Ballanti fa il pane (Cotignola, anni Ottanta)Il “Forno Ballanti” ha aperto i battenti sulla via Cavour per iniziativa di ClaudioBallanti il 15 maggio 1950. A quel tempo la cottura del pane avveniva nel fornoa legna, ma dal 1957 con l’installazione degli impianti di gas metano nel centrostorico, era passata nel nuovo forno a gas. Il mestiere di fornaio era statoben presto trasmesso da Claudio a tutta la famiglia, che in varia misura ne eracoinvolta, dalla moglie Erianna ai figli, in particolare al figlio Davide. Con lui allaproduzione del pane nel tempo si è aggiunta quella della pasticceria. Quandonel 1992 il padre si è ritirato dal lavoro, Davide ne ha assunto la titolarità portandoavanti la tradizione di famiglia con il figlio Alberto.Un operaio della “Fonderia Cornacchia” nella fase di colata dell’alluminioin “conchiglia” (Cotignola, anni Ottanta)La “Fonderia Cornacchia” sorse nel 1973 in via Guidana San Lorenzo ad operadi Augusto Morini e Giuseppe Cornacchia, per la fusione dell’alluminio con ilmetodo in “conchiglia”. La fonderia è ancora tuttora in attività, ma è stata cedutanel 2007 alla famiglia Morini ed oggi è nota come “Fonderia Morini DivisioneConchiglia”.78 79


Claudio Tondini durante la dimostrazione di una macchina alCersaie (Bologna, primi anni Ottanta) - Operai della Nuova Battipaval montaggio di pompe per macchine da cantiere (Cotignola,anni Ottanta)Alla fine degli anni Settanta Claudio Tondini è entrato in società con Paolo Montesi,la sorella Romana e Naide Versari nella ditta “La Battipav”, originariamentedi Faenza, poi trasferita a Cotignola in via Zaganelli. La ditta era specializzatanella produzione artigianale di macchine per la posa delle piastrelle da pavimento.Nel 1983 Tondini ha rilevato l’azienda ed ha sviluppato tecnologie perla produzione di pompe sommerse rendendo la “Nuova Battipav” leader sulmercato Europeo. Nel 1986 ha fondato con la sua famiglia altre due società: laS.K.C. e la T.M. che affiancano la “Nuova Battipav” nella progettazione e nellaproduzione di macchine da taglio di marmo, cemento e ceramica per cantiere.Nel corso degli anni l’azienda ha sempre aumentato le sue possibilità produttiveed oggi esporta in novanta nazioni nel mondo.La parrucchiera Ivana Lolli al campionato italiano unisex(Rimini, anni Ottanta)Ivana Lolli ha aperto la sua attività nel 1971 in via Cavour e per vent’anni ha lavoratoin società con Giovanna Tura in un negozio in corso Garibaldi. Successivamenteha trasmesso il suo mestiere alla figlia Melissa prima e alla nipoteMichela poi e dopo un periodo di collaborazione ha ceduto loro l’attività nel2009 (“Mely e Michy Hair”).80 81


Arialdo Magnani nella sua Casa-studio (Cotignola, anni Ottanta)Da ragazzo Arialdo Magnani (1921-1999) ha frequentato la Scuola Arti e Mestierisotto la guida di Luigi Varoli. Nel 1953 ha vinto la Medaglia d’oro al ConcorsoInternazionale della Ceramica di Faenza. Dal 1954 al 1956 ha lavoratocome decoratore ceramista alla Fabbrica Marmaca nella Repubblica di San Marino.Ritornato a Cotignola, dopo un periodo esistenzialmente difficile, a partiredagli anni Sessanta, si è dedicato definitivamente alla pittura, alla ceramicaartistica e alla poesia. Per volontà testamentaria la sua Casa-studio è pervenutaal Comune di Cotignola.Bruno Leonardi batte il ferro sull’incudine (San Severo, anni Ottanta)Bruno Leonardi (1915-20<strong>03</strong>) si è avvicinato al mestiere di fabbro a soli setteanni di età, quando si è trovato ad aiutare un vicino di casa che svolgeva questaattività. Negli anni Cinquanta ha aperto la propria bottega a San Severo,dove aggiustava principalmente attrezzi agricoli. Spesso il lavoro veniva svoltoda Bruno anche a domicilio dei clienti. La sua bottega è stata conservata tale equale anche dopo la sua scomparsa.82 83


Antonio Tampieri con il figlio Enzo alla macchina tipografica(Cotignola, 1989-90)La “Tipografia Tampieri” è attiva a Cotignola in corso Sforza dagli anni Trenta.E’ subentrata alla “Tipografia del Ricreatorio” dalla quale ha ereditato le sueprime macchine per la stampa. Inizialmente era intestata ai fratelli Mario e Vito,da quest’ultimo passò al figlio Antonio. Nel suo passato (1935) si registra ancheuna società fra i fratelli Tampieri e Emilio Randi.Vittorio Zama “Vitôri d’Carôta” durante la lavorazione di unascopa (Cotignola, anni Novanta)Vittorio Zama (19<strong>03</strong>-2001) ha iniziato prima dell’ultima guerra a fabbricare scopenella sua casa di via Rossini. Il mestiere è stato da lui proseguito anche successivamentee nel 1958 ha aperto insieme al figlio la “Ditta Zama Domenico Lavorazionescope” con sede presso la sua abitazione in via Roma. La produzione erasmerciata al dettaglio e all’ingrosso in minima parte nella zona, ad esempio aVillanova di Bagnacavallo, e in larga parte al sud Italia (Nocera Inferiore, Torredel Greco). L’attività è cessata nel 1966, ma Vittorio ha continuato a fare scopedi saggina occasionalmente fino ai suoi ultimi anni, utilizzando strumenti piùmoderni rispetto a quelli in legno a cui era tradizionalmente legato.84 85


Silvano Mambelli “Lungo” con la sua ‘Mobil sega’ e al taglio deitronchi (Barbiano, anni Novanta)Classe 1930, Silvano Mambelli ha iniziato a 25 anni a svolgere il mestiere di ‘segatoredi legna’ a domicilio, insieme con due soci. Aveva comprato insieme aloro un trattore che trainava un attrezzo da taglio, ma il lavoro era duro e dopopoco tempo era rimasto solo. Per decenni ha attraversato tutta la Romagna esi è spinto fin oltre i suoi confini con quel mezzo, chiamato da famiglie di contadinia segar legna. Dagli anni Ottanta la sua attività è stata esercitata con una‘Mobil sega’, che ha simbolicamente “appeso al chiodo” nel 2005.Giuseppe Argelli al tintometro (Cotignola, anni Novanta)Giuseppe Argelli ha iniziato la propria attività come apprendista all’inizio deglianni Cinquanta presso la Carrozzeria Brasini in Lugo. Qui ha conosciuto il futurosocio Anselmo Costa con il quale avrebbe poi fondato nel 1963 la “AutocarrozzeriaArgelli & Costa“. Insieme i due soci hanno svolto il loro mestiere ininterrottamenteper più di quarant’anni, prima nella sede di via Pascoli, poi dal 1968in quella di via De Gasperi, che ha chiuso i battenti per cessata attività nel 20<strong>03</strong>.8687


Vittorio Bersani “Rino” nella sua officina durante una lavorazioneal tornio (Cotignola, anni Novanta)Rino Bersani ha svolto il suo apprendistato presso l’officina BCL in Lugo. Nel1958 ha iniziato l’attività di fabbro-meccanico a Cotignola in via De Gasperi,dove produce carpenteria meccanica ed edile.Filtropressa installata su autoarticolato per filtrazione fanghi pressole industrie e durante prove di filtrazione (Cotignola, anni Novanta)La “Filtri Fazzini Srl” è sorta a livello artigianale nel 1977 ad opera di GabrieleFazzini, in seguito all’entrata in vigore della Legge Merli sull’inquinamento dell’acqua.Nel corso degli anni ha mantenuto un organico di circa 10 persone esi è inserita in vari paesi del mondo con le sue filtropresse.8889


Luciano Benini alla macchina cucitrice nella sua bottega dicalzolaio (Cotignola, 2005)Luciano Benini ha frequentato la Scuola di calzoleria dei Salesiani a Bologna nel1948-49, dove ha imparato a conoscere materiali e tecniche per la produzioneartigianale di scarpe. Nel dopoguerra ha realizzato scarpe sportive per il BolognaCalcio. Si è trasferito a Cotignola alla fine degli anni Cinquanta, dopo avervissuto esperienze diverse in varie città. Ha portato avanti la sua attività di calzolaioper passione, affiancandolo al lavoro in fabbrica, in quanto la produzionedi scarpe fatte a <strong>mano</strong> non poteva ormai più garantirgli unsostentamento.Operaio al lavoro presso la “Torneria Montesi” (Cotignola, anniOttanta), interno della torneria (Cotignola, metà anni Duemila)La “Torneria Montesi” è nata come realtà artigiana negli anni Sessanta, grazieallo spirito imprenditoriale del fondatore Paolo Montesi che ha guidato lo sviluppoe la crescita della micro-impresa familiare. La sua passione per la meccanicae per l’elettrotecnica spinsero ad approfondire interesse per le primemacchine utensili con innovazioni del processo produttivo e di rudimentale automazione.Negli anni Settanta vi fu il primo allargamento dell’attività con il rilevamentoe l’adattamento dell’immobile in via Nullo Baldini attuale sededell’azienda. Negli stessi anni Paolo Montesi, poco propenso a vincolarsi a specificisettori, considerò sempre più la creazione di una gamma di prodotti proprida distribuire e commercializzare. Gli anni Novanta hanno visto un decisivosalto dimensionale dell’azienda con il raddoppio dell’opificio produttivo ed investimentiin tecnologie automatizzate. A sostegno di tale cammino è arrivatoil contributo del figlio Ivan, impegnato ad integrare la crescita e l’innovazione.La “Torneria Montesi” nel corso degli anni Duemila ha assunto sempre più specializzazionetecnologica nei mezzi e nell’utilizzo delle proprie risorse, cercandospunti di differenziazione competitiva.9091


Adriano Melandri “Mandrake” costruisce il prototipo di un alettone(Cotignola, 2007) [Foto Daniele Casadio]Adriano Melandri ha iniziato ad avvicinarsi al mestiere di falegname a partiredai 9 anni presso la bottega di Terzo d’Marlè poi dal 1946 ha frequentato laScuola di falegnameria dei Salesiani di <strong>Ravenna</strong>. Successivamente ha appresoil mestiere di restauratore di mobili antichi a Lugo presso la bottega di Ivo Capucci“Ivo d’Scaranè” in via Garibaldi. Nel 1954 ha avviato la sua attività a Lugoin società con il maestro, lasciandola dopo alcuni anni per la chiamata al serviziomilitare. Nei primi anni Sessanta Adriano ha quindi aperto la sua bottegaa Cotignola alternando al lavoro in sede quello svolto in varie città d’Italia enon solo; ha avuto infatti esperienze anche in Inghilterra (Londra, British Museum)e in Francia. Alla fine degli anni Sessanta ha iniziato a realizzare pezziper il modello di un’automobile da corsa e da qui ha poi raggiunto la Formula1, approfondendo l’elaborazione di elementi aerodinamici per la vettura del pilotaSiegfried Stohr. Il ruolo di tecnico per automobili da corsa si è protratto inmodo irregolare e alternato con il mestiere di falegname e di restauratore a secondadegli interessi che più coinvolgevano Adriano al momento.Maurizio Ragazzini intento alla costruzione di una chitarra(Cotignola, 2008)Maurizio Ragazzini è sempre stato appassionato all’arte di lavorare il legno. Nel1985 ha iniziato a costruire e a restaurare mobili, poi amando suonare la chitarrafin da quando era quattordicenne ha maturato esperienze nella riparazionedi strumenti musicali. Nel suo laboratorio aggiusta, elabora e costruisce chitarre,bassi e contrabbassi elettrici. Fra i suoi clienti Tullio Ferro, cantautore, compositoree chitarrista italiano, noto nell’ambito della musica leggera per avere scrittoe musicato “Vita spericolata” portata al successo da Vasco Rossi e “Washington”grande successo di Lucio Dalla.9293


Angelo Tummarello alla brasatura del tubo di rame e durantela filettatura al cavalletto (Cotignola, 2008)Angelo Tummarello ha iniziato a lavorare come apprendista idraulico nel 1974e successivamente è entrato in società con altri artigiani del settore in Voltana,nella quale ha continuato a lavorare fino al 1993. Già residente a Cotignola findal 1988, si è poi dissociato dalla ditta per avviare l’attività in proprio che daalcuni anni svolge insieme al figlio al quale ha trasmesso il mestiere.Dino Falconi “E’ Piciòn” mette a punto la bicicletta di MaurizioFondriest (Barbiano, 2008)Dopo un apprendistato nelle botteghe di meccanici a Barbiano e Solarolo, DinoFalconi detto “Falco” nel mondo del ciclismo (classe 1936), apre una sua bottegaa Barbiano. Nel 1972 inizia a lavorare come meccanico in squadre di corridoriprofessionisti come ad esempio i campioni Francesco Moser, Maurizio Fondrieste Marco Pantani. E’ stato anche meccanico della Squadra Azzurra di ciclismo nelperiodo (1975-1997) in cui era commissario tecnico Alfredo Martini.9495


Stefano Foschini intento al restauro di una consolle del Settecento(Barbiano, 2008)Stefano Foschini ha conseguito il diploma di Falegname Ebanista nel 1985presso il Centro di Formazione Professionale di Piangipane ed ha frequentatocorsi di pittura e scultura presso la Scuola Comunale “T. Minardi” di Faenza. Nel1995 ha avviato la ditta “Stefano Foschini Antichità e Restauro”, con licenza peril commercio di Opere d’Arte e di Antiquariato d’interesse storico, artistico edarcheologico, a Barbiano in Via Celletta n. 3. L’attività di restauro di mobili antichiviene svolta in modo continuativo presso il laboratorio adiacente l’eserciziocommerciale, per conto di privati e pubbliche istituzioni. Ha maturatoesperienza nel campo dell’insegnamento e tenuto corsi sull’antiquariato e sulrestauro ligneo. Effettua consulenze e perizie varie, in particolare per il Tribunaledi <strong>Ravenna</strong>, in quanto iscritto agli Albi specifici. Nel 2001 ha aperto lo StudioAssociato Consulenti d’Arte ed Antiquariato “L’Esperto Risponde” a Modena.Suoi studi sono pubblicati in libri e riviste specializzate.96

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