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DEL DISTACCO DI LAVORATORI NELLE COOPERATIVE SOCIALI ...

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LA LEGITTIMITA’ <strong>DEL</strong> <strong><strong>DI</strong>STACCO</strong> <strong>DI</strong> <strong>LAVORATORI</strong><strong>NELLE</strong> <strong>COOPERATIVE</strong> <strong>SOCIALI</strong>La legge n. 381 dell’11 novembre 1991 istituisce le c.d. Cooperative sociali;tale particolare tipologia di società può essere collocata a metà strada tra lecooperative e le associazioni di volontariato o di assistenza sociale, essendocaratterizzata dallo svolgimento di attività quali quelle di gestione di servizi sociosanitari nonché di attività commerciali, agricole, industriali e di servizi volte inparticolare all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate, nonché dallapresenza di tre categorie di soci: i soci volontari (che operano gratuitamente espontaneamente all’interno della cooperativa), i soci lavoratori o prestatori (cheoperano all’interno della cooperativa quali lavoratori dipendenti o autonomi) ed isoci fruitori (che fruiscono dei servizi della cooperativa).La suddetta legge istitutiva individua all’art. 1 due categorie di cooperativesociali: la prima relativa a quelle che svolgono attività socio sanitarie ededucative, la seconda relativa a quelle che svolgono attività commerciali, agricole,industriali e di servizi ma che hanno come scopo principale l’inserimento oreinserimento lavorativo di persone svantaggiate quali tossicodipendenti, invalidi,minori in stato di disagio, malati psichiatrici, ecc.Posta tale brevissima premessa, la presente relazione si incentra inparticolare su questa seconda tipologia di cooperative, dette appunto “cooperativesociali di tipo b” proprio in relazione alla definizione data dall’art. 1 comma 1lettera b) della legge 381/91, ed in particolare sulla possibilità, per queste


particolari società cooperative, di attuare i progetti di inserimento, e/oreinserimento, lavorativo dei propri soci-lavoratori svantaggiati non soloattraverso una attività interna o autoprodotta (attività di laboratorio, attivitàcommerciali, attività di servizi) ma anche attraverso esperienze lavorativeall’interno di altre aziende o altre realtà socio economiche (associazioni divolontariato, altre cooperative, ecc.) in modo da mettere il socio in contatto direttocon realtà diverse del tessuto socio economico e produttivo.A Tal fine appare necessario verificare quale sia l’istituto che più si attagliaalle esigenze di tali cooperative nel rispetto della legislazione attuale.Innanzitutto è opportuno precisare che, come sopra accennato, gli scopidelle cooperative sociali di tipo b), ricavabili dal disposto di legge, sonoessenzialmente quelli di perseguire l’interesse generale della comunità allapromozione umana ed all'integrazione sociale dei cittadini attraverso losvolgimento di attività diverse -agricole, industriali, commerciali o di servizi -finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate. Pertanto, lapossibilità di attuare lo scopo sociale anche attraverso esperienze lavorativeall’interno di altre aziende, appare conforme a quanto disposto dalla suddettalegge. E’ opportuno osservare infatti che lo scopo delle cooperative sociali di tipob) và al di là della mera creazione di opportunità di lavoro (scopo proprio dellecooperative di lavoro), in quanto deve realizzare un interesse più generale ediffuso tendente alla promozione umana e alla integrazione sociale deicittadini/lavoratori.. Appare, quindi, pienamente legittimo - oltre che condivisibile- il fatto di non limitare l’attività lavorativa alle attività interne o autoprodotte


dalla cooperativa, in modo da mettere il socio in relazione non solo con l’ambienteprotetto delle stesse cooperative sociali, ma possibilmente anche con quello piùcomune delle aziende industriali e commerciali.Alla luce di quanto sopra esposto, l’istituto che più si attaglia a taleesigenza appare il distacco temporaneo di personale.Prima di verificare ulteriormente la legittimità di tare operato alla luce dellalegislazione vigente, analizzandone sia gli aspetti lavoristici che fiscali, appareutile soffermarci sulla definizione che la legislazione e la giurisprudenza, ormaiconsolidata, danno all’istituto del distacco.Il distacco, infatti, è l’istituto attraverso il quale un datore di lavoro, persoddisfare un proprio interesse mette temporaneamente a disposizione, di unaltro datore uno o più lavoratori per l’esecuzione di una determinata attivitàlavorativa. Tale istituto, già utilizzato in particolari tipologie di lavoro e più volteoggetto di analisi da parte di giurisprudenza e dottrina, ha recentemente trovatouna disciplina legislativa nel nostro ordinamento con l’art. 30 del D.L.vo n.276/2003 (c.d. Legge Biagi).Il "distacco" di un lavoratore disposto dal datore di lavoro presso altrosoggetto, destinatario delle prestazioni lavorative, è quindi configurabile eattuabile quando sussista un interesse del datore di lavoro a che il lavoratorepresti la propria opera presso il soggetto distaccatario che non sia quellomeramente riferibile alla prestazione stessa. Tale istituto quindi si differenziadalla mera somministrazione di lavoro (possibile unicamente attraverso le agenziedi somministrazione) per il fatto che l’interesse del distaccante non si esaurisce


con la prestazione di lavoro, ma trova una giustificazione e una motivazione piùampia.Infatti, il distacco, non comporta una somministrazione di lavoro illecita oun appalto illecito se in capo al distaccante esiste e persiste un interesse dinatura anche non economica, ma solidaristica (Cass. 17/1/00, n. 594).Gli ulteriori elementi di questo istituto sono la temporaneità (intesa noncome brevità, ma come "non definitività") e la permanenza, in capo al datore dilavoro distaccante, sia del potere direttivo (eventualmente delegabile aldistaccatario), sia del potere di determinare la cessazione del distacco. Inoltre, ladisposizione legislativa afferma che il datore di lavoro distaccante è responsabiledel trattamento economico e normativo dei lavoratori distaccati che, pertanto,rimangono suoi dipendenti (o soci lavoratori nel caso di specie).Ai fini della legittimità del distacco non vi è necessità né di una previsionecontrattuale che lo autorizzi, né dell'assenso preventivo del lavoratore interessato,che esegue la sua prestazione altrove in osservanza del dovere di obbedienza dicui all'art. 2104 c.c. (Cass., 21 marzo 1998, n. 5102, Cass. 7/11/00, n. 14458;Ministero del Lavoro n. 5/25814/70/VA dell’8 marzo 2001).Tornando al tema centrale della relazione e alla legittimità dell’usodell’istituto del distacco di personale nel caso di cooperative sociali di tipo b),appare evidente che risultano pienamente rispettati i due requisiti fondamentalisopra descritti e confermati nella circolare del Ministero di Lavoro n. 3/2004, valea dire la temporaneità e l’interesse. Per quanto attiene, infatti, la temporaneità,questa deve essere riferita al fatto che il socio o dipendente distaccato non deve


essere definitivamente inserito nel ciclo produttivo del distaccatario, ma vi deveessere inserito per un arco temporale predefinito (non necessariamente breve) inragione del progetto di inserimento lavorativo esterno alla cooperativa. Mentre,per quanto attiene l’interesse non economico, questo è riscontrabileecorrisponde con lo scopo stesso delle cooperative sociali che, come sopra meglioesposto, é volto a favorire l’inserimentoo il reinserimento dei lavoratori più svantaggiati nel tessuto produttivo, non solonell’ambiente protetto delle stesse cooperative sociali, ma possibilmente anchenelle più comuni aziende industriali e commerciali (v. parere DPL Modena del11/2/2003).Infine, per quanto attiene l’aspetto amministrativo e procedurale, con lacircolare n. 3 del 15 gennaio 2004 il Ministero del Lavoro e delle Politiche Socialiha inteso fornire le proprie interpretazioni operative sull’istituto del distaccotemporaneo del personale da un’impresa ad un’altra disciplinato dall’art. 30 delD. L. vo n. 276/2003.Prescindendo dalle interpretazioni che il Ministero dà in relazione ai requisitifondamentali del distacco quali la temporaneità e l’interesse del distaccante, chesostanzialmente coincidono con quelle sopra esposte, appare utile soffermarcisulle problematiche relative agli altri aspetti prettamente tecnici.Il comma 2 dell’art. 30 del suddetto D. L. vo n. 276/2003 afferma che duranteil distacco il trattamento economico e normativo resta a carico del distaccante: ciòè ribadito dalla circolare ministeriale che ricorda come anche in passato fosse inuso la prassi consolidata del rimborso delle spese sostenute da parte del


distaccatario. Su questa problema le Sezioni Unite della Corte di Cassazione giàdal 1989, con la sentenza n. 1751 del 13 aprile, avevano chiarito che il rimborsodelle spese sostenute non presenta alcuna rilevanza per la qualificazione del c.d.“distacco genuino”. In sostanza, la piena legittimità del rimborso delle speseretributive sostenute per il lavoratore ha il pregio di rendere lineare e trasparentel’imputazione dei costi sostenuti dalle varie imprese, ovviamente, nei limiti diquanto effettivamente speso, perché altrimenti si corre il rischio di scivolare versola somministrazione indebita.Inoltre, per quanto attiene il trattamento economico e normativo la suddettacircolare sostiene, confermamene al dettato legislativo, che al lavoratoredistaccato debbono essere garantiti tutti quegli istituti previsti dal CCNLapplicato che si riferiscono agli altri lavoratori dell’impresa da cui dipende(distaccante).L’art. 30 non ne parla espressamente ma appare evidente che alla titolarità incapo al distaccante del trattamento economico consegue anche l’onerecontributivo il quale, afferma la circolare n. 3, va adempiuto in relazioneall’inquadramento del datore di lavoro distaccante. Su questo puntol’interpretazione ministeriale si attesta con quanto pacificamente avviene daquando sono state emanate le circolari del Ministero del Lavoro e delle PoliticheSociali n. 4/1994 e dell’INPS n. 81/1994.Per quanto attiene inoltre l’aspetto relativo alla assicurazione contro gliinfortuni e le malattie professionali, non trattato espressamente dall’art. 30, lacircolare trova una soluzione ponendo l’onere relativo, così come accade per glialtri oneri previdenziali e assistenziali, a carico del distaccante con la differenza


che il premio dovuto sulle retribuzioni corrisposte andrà naturalmente calcolatosulla tariffa applicata al distaccatario, così come previsto dalla circolare delMinistero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 58 del 21 aprile 1994. Dal puntodi vista procedurale quindi è opportuno che il distaccatario comunichi aldistaccante la tariffa INAIL a lui applicata in modo che il distaccante provveda,attraverso una variazione della sua posizione assicurativa territoriale, a calcolarei premi sullo stesso tasso. Il datore di lavoro distaccante rimane quindi obbligatonei confronti dell’INAIL qualora ci si trovi in presenza di un’azione di rivalsasusseguente ad un infortunio del lavoratore in distacco, in quanto, esso vieneconsiderato quale soggetto incaricato della direzione e sorveglianza del lavoro, pereffetto dell’art. 10, comma 3, del DPR n. 1124/1965. La circolare n. 3 affronta,poi, il problema del significato da dare al comma 3 dell’art. 30, laddove si affermache “il distacco che comporti un mutamento di mansioni deve avvenire con ilconsenso del lavoratore interessato”: La chiave di risposta è stata quella dellaratifica del principio della c.d. “equivalenza delle mansioni” ex art. 2103 c.c.,laddove un mutamento di esse, pur non comportando un demansionamento,implichi una riduzione e/o specializzazione dell’attività svolta, inerente alpatrimonio professionale del lavoratore. Con tale soluzione Ministero non sembraaver seguito la tesi di chi, nei primi commenti, ha sostenuto che con la dizioneadoperata si potesse giungere (sia pure temporaneamente e con il consenso dellavoratore che, magari, potrebbe avere un interesse al distacco presso un’altraimpresa perché, ad esempio, più vicina ai propri interessi familiari) ad unsuperamento dell’art. 2103 c.c. . La dizione adoperata dal Legislatore delegato cherichiede il consenso del lavoratore soltanto nell’ipotesi in cui vi sia un mutamento


delle mansioni, autorizza una lettura della norma secondo la quale se le mansionisono le stesse e si resta nell’ambito dei cinquanta chilometri, il distacco puòavvenire per scelta unilaterale del datore di lavoro.L’ultimo comma dell’art. 30 ricorda che l’ipotesi di un distacco presso unaunità produttiva ubicata ad oltre cinquanta chilometri dalla sede di attività puòavvenire soltanto per comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive osostitutive.La disposizione necessita di alcune precisazioni: la prima riguarda il concettodi unità produttiva che, nel nostro caso, dal momento che si è parlato sempre didue datori di lavoro va riferita all’impresa distaccataria e non, come si potrebbepensare, ad una articolazione dell’impresa distaccante in tutto od in parte idoneaad espletare l’attività. La seconda si riferisce alle comprovate esigenze: qui, adavviso di chi scrive, si deve trattare di un qualcosa di particolarmente importante(è una disposizione a tutela del lavoratore rispetto a possibili “ripicche” datoriali)che deroga al principio generale che la circolare ha posto alla base del comando,allorquando, dando una interpretazione al requisito dell’”interesse deldistaccante”, ne ha fornito una lettura estremamente allargata facendolocoincidere con “qualsiasi interesse produttivo …che non coincida con quello dellamera somministrazione di lavoro altrui”.Da ultimo, la nota interpretativa del Ministero offre risposte a due ultimiquesiti.Il primo riguarda la possibilità che il datore di lavoro distaccante possastipulare un contratto a termine per la sostituzione del lavoratore distaccato,secondo la previsione del D. L. vo n. 368/2001: ovviamente, la durata dello


stesso, comprensiva della proroga, non può superare i trentasei mesi.Il secondo si riferisce ad una ipotesi di distacco parziale: ciò è stato ritenutopossibile, alla luce degli orientamenti già espressi dalla sentenza della Corte diCassazione n. 5102 del 21 maggio 1998, richiamati dalla nota ministeriale n.5/26183 dell’11 aprile 2001. Questo comporta, di conseguenza, che il resto dellaprestazione deve essere svolto presso il datore di lavoro, vale a dire la cooperativa.Ovviamente, il concetto di “parzialità del distacco” può riverberare i propri effettisia sulla dislocazione temporale delle prestazioni che anche sull’eventuale“quantum” del rimborso che va rapportato alla effettiva prestazione presso ildatore di lavoro distaccatario.Per quanto attiene infine l’aspetto fiscale del distacco è opportuno precisareche l’art. 8 comma 35 della Legge n. 67 del 1988 afferma che non sono rilevanti aifini dell’imposta sul valore aggiunto i prestiti o i distacchi di personale a fronte deiquali viene corrisposto al distaccante unicamente il rimborso dei costieffettivamente sostenuti per il personale distaccato. Tale disposizione legislativaconferma una interpretazione precedentemente resa dal Ministero delle Finanzecon la risoluzione 502712 del 5 luglio 1973 che sosteneva la irrilevanza ai finiI.V.A. del rimborso esattamente corrispondente ai costi relativi agli oneriretributivi, previdenziali e assistenziali addebitati al distaccatario. Talecircostanza è stata poi ulteriormente confermata, anche alla luce delladisposizione legislativa, dalla risoluzione 152/e del 1995, dalla risoluzione346/2002 e dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 1788 del 3/10/1995. Daciò se ne deduce agevolmente che qualora il distaccatario rimborsi al distaccante


unicamente e precisamente i costi che questo sostiene per il personale distaccatol’operazione è fuori campo I.V.A. in quanto trattasi di un mero rimborso. Quandoinvece, per ragioni organizzative o tecniche, il rimborso avvenga in manieraforfetaria o non esattamente corrispondente al costo (diretto e indiretto) delpersonale, pur non configurandosi come una somministrazione illecita in quantosono ravvisabili gli elementi sopra esposti relativi al distacco genuino, l’operazioneviene integralmente assoggettata ad IVA.E’ appena il caso di ricordare che il rimborso costituirà per il distaccante uncomponente positivo di reddito che andrà a rettificare il costo del personaledistaccato, mentre per il distaccatario costituirà una costo di eserciziointegralmente deducibile in quanto riconducibile ad oneri per il personale.Perignano, 12 febbraio 2010

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