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vo notizie - Comune di Camponogara

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E<strong>di</strong>toriale 3Mercoledì 16 marzo 2011 a <strong>Camponogara</strong>, si è tenuto nella sala consiliare della sede municipalel’incontro solenne istituzionale, in occasione dei festeggiamenti dei 150 anni dell’Unità d’Italia,una delle manifestazioni centrali del programma “La Riviera festeggia l’Italia Unita”.Questo importanteappuntamento ha <strong>vo</strong>luto suggellare il legame tra citta<strong>di</strong>nanza e istituzioni, nella celebrazionedell’Unità del nostro Paese, che 150 anni fa rappresentò la realizzazione <strong>di</strong> sogni, speranze ed impegni<strong>di</strong> tanti italiani. La cerimonia del 16 marzo ha visto la partecipazione <strong>di</strong> rappresentanti delleIstituzioni della Riviera del Brenta del Miranese, dei comuni <strong>di</strong> Padova, Venezia, Ponte nelle Alpi e delSindaco del <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> Vinkovci (Croazia), nonché delle realtà della società civile, delle autorità religiosee quelle militari, una rappresentanza del Consiglio Comunale dei Ragazzi, e la citta<strong>di</strong>nanza, conclusasicon il suggesti<strong>vo</strong> alzaban<strong>di</strong>era a mezzanotte, e il suono delle campane del nostrocampanile.L’occasione ha <strong>vo</strong>luto anche la presenza in videoconferenza <strong>di</strong> altri due Comuni, Velletri(Roma) e Saludecio (Rimini) anch’essi vicini alle vicende dell’Unità d’Italia.Si riporta <strong>di</strong> seguito l’intervento del Sindaco letto nella serata del 16 marzoSignori Sindaci, Autorità civili, militari, religiose, rappresentantidelle associazioni, citta<strong>di</strong>ni e citta<strong>di</strong>ne. Oggisiamo qui riuniti per festeggiare un compleanno moltospeciale. Il nostro Paese, la nostra cara Italia, compiecentocinquanta anni. Il 1861 è l’anno in cui il sognodecennale <strong>di</strong> riunificare le molte entità politiche dellapenisola in un unico, grande Stato <strong>di</strong>viene finalmenterealtà. Dietro a ogni sogno e a ogni ideale c’è sempreun sognatore e un idealista: <strong>di</strong>etro il sogno <strong>di</strong> un’Italiaunita ci furono uomini illustri come Ca<strong>vo</strong>ur, Mazzini,Garibal<strong>di</strong>, padri <strong>di</strong> un’Italia ancora in fasce e figure in<strong>di</strong>menticatedella storia <strong>di</strong> un Paese che iniziava a muoverei suoi primi passi. “Qui si fa l’Italia, o si muore”. Conqueste parole cariche <strong>di</strong> slancio ed energia, impresseormai per sempre nelle nostre memorie, l’Eroe dei dueMon<strong>di</strong> si ri<strong>vo</strong>lse ai suoi fedeli Mille nel momento decisi<strong>vo</strong>per la nascita del nuo<strong>vo</strong> Paese. Tra quelle mille, glorioseCamicie Rosse c’era anche Domenico Menin, giovaneingegnere <strong>di</strong> <strong>Camponogara</strong>, che partecipò <strong>vo</strong>lontarioalle campagne dei garibal<strong>di</strong>ni e fu per questo insignitodella Medaglia dei Mille al valor militare. Ecco quin<strong>di</strong>che anche la piccola <strong>Camponogara</strong> <strong>di</strong>venta protagonistadell’evento capitale per la storia d’Italia nel XIX secolo;un onore, certamente, ma soprattutto un fatto da cuitrarre ispirazione: l’Italia fu fatta anche da uomini semplicicome Domenico Menin, che inseguivano un idealeper il quale erano <strong>di</strong>sposti a dare la vita. Menin moriràmolto giovane a Velletri, città che ci onora oggi della suapresenza via etere in questa circostanza così importante.Aveva solo quaranta anni, ma i suoi ideali, gli ideali<strong>di</strong> tutti i garibal<strong>di</strong>ni furono d’ispirazione per le generazionisuccessive, che si accingevano a crescere insiemeallo stato appena nato. Quella dei Mille è una delle paginepiù belle del nostro Risorgimento, in cui epica, sentimentonazionale, ardore patriottico, <strong>di</strong>sinteresse fino alsacrificio della propria vita si fondono e cambiano ilcorso della nostra storia. La giovane Italia purtropponon ebbe un’infanzia facile: gli anni che la portanoall’alba del Novecento sono anni <strong>di</strong>fficili. La terza guerrad’In<strong>di</strong>pendenza permette che anche la nostra regione,il Veneto, entri a far parte stabilmente dell’Italiaunita, ma altri piccoli e gran<strong>di</strong> conflitti, politici primaancora che militari, accompagnano il Paese alla finedell’Ottocento. Il miraggio <strong>di</strong> un progresso che possafinalmente portare un benessere <strong>di</strong>ffuso anche allemasse, speranza che si perpetua anche in Italia fin dagliinizi dell’Ottocento, si scontra all’inizio del XX secolo conla follia <strong>di</strong> una guerra le cui <strong>di</strong>mensioni, la cui vastità, lecui conseguenze non hanno precedenti nella storia dell’uomo.La Prima Guerra Mon<strong>di</strong>ale, quella che sarà persempre tristemente ricordata dall’appellati<strong>vo</strong> <strong>di</strong> GrandeGuerra, inizia per gli italiani nel 1915 e tiene il mondointero col fiato sospeso per quattro lunghissimi anni. È laguerra che i nostri nonni hanno combattuto in trincea,tra il fango, lo sporco, la fame, con le loro madri e leloro compagne trepidanti nell’attesa della pace. Fu laguerra delle battaglie sanguinose del Carso, <strong>di</strong>Caporetto, <strong>di</strong> valorosi soldati come Francesco Baracca.Ma fu anche la guerra <strong>di</strong> Giuseppe Ungaretti, <strong>di</strong>Clemente Rebora, <strong>di</strong> uomini che si aggrapparono allapoesia per non naufragare nell’abominio della guerra:quella poesia che da secoli è il simbolo della nostra identitàculturale e che neppure l’orrore della battaglia riuscìdel tutto a cancellare. In un’Europa tutta da ricostruire,uscita stremata dalla guerra, in preda alla fame, allamiseria, a conflitti mai risolti ma solamente accantonati,iniziano a manifestarsi i primi, inquietanti segnali <strong>di</strong> unanuova follia. L’Italia affida la propria ripresa al nascentemovimento fascista, seguita a ruota dalla Germanianazionalsocialista. In breve tempo dei piccoli movimentipolitici ai limiti della legalità si trasformano in <strong>di</strong>ttatureviolente, e trascinano nuovamente l’Europa nel baratro.La Seconda Guerra Mon<strong>di</strong>ale è il conflitto che segna ilpunto <strong>di</strong> non ritorno nella storia globale dell’uomo. È laguerra delle nuove, mici<strong>di</strong>ali e mostruose innovazionitecnologiche, che non a caso si concluderà con l’abominiodella bomba atomica. È la guerra dei campi <strong>di</strong> concentramento,dove anche molti nostri connazionalihanno trovato una tragica morte. È la guerra più <strong>di</strong>sastrosacui il mondo ha fin lì assistito. La nostra Italia neè tristemente protagonista: migliaia <strong>di</strong> giovani vite vengonorisucchiate dal deserto africano e dal gelo sovietico**. L’Italia fascista resiste in guerra solo due anni: il1943 è l’anno dell’Armistizio che segna l’inizio <strong>di</strong> unatragica guerra fratricida tra i fascisti repubblichini e inuovi eroi della liberazione, i Partigiani. **Per la prima<strong>vo</strong>lta anche la popolazione civile è decimata dai bombardamentia tappeto e dalle infami rappresaglie che siconsumano sul finire della guerra. L’Italia esce totalmenteri<strong>di</strong>mensionata dal conflitto, ma si appresta adandare incontro a uno sviluppo economico senza precedenti.Sono gli anni della ripresa, della rinascita: la neonataRepubblica risale la china grazie anche allo spiritocombatti<strong>vo</strong> <strong>di</strong> quell’Italia operaia che è il motore pulsantedella crescita. Non è purtroppo un percorso indolore:il cammino è macchiato da numerosi momenti <strong>di</strong> crisi.L’austerity, gli anni <strong>di</strong> piombo, gli attentati e gli omici<strong>di</strong>politici sembrano <strong>vo</strong>ler ricacciare il nostro Paese nuovamentesull’orlo del baratro. Ma l’Italia ce la fa, l’Italiasupera questi momenti bui: ancora una <strong>vo</strong>lta gli italianisi rialzano e guardano avanti. L’ultimo evento della storiadel nostro Paese che mi sento <strong>di</strong> richiamare all’attenzionein questa circostanza così importante è l’ingressodell’Italia nell’Unione Europea: è e deve essere questo ilsimbolo <strong>di</strong> un’Italia che si apre agli altri Stati e alle altrepopolazioni, <strong>di</strong> un’Italia che offre la sua cultura e le suepotenzialità al servizio <strong>di</strong> un progetto più grande, <strong>di</strong> cuipuò e deve essere protagonista in positi<strong>vo</strong>. La chiave perla crescita è da sempre la <strong>di</strong>sponibilità a imparare el’apertura alle realtà che si conoscono meno e che si rendono<strong>di</strong>sponibili per essere comprese. Colgo quin<strong>di</strong> l’occasioneper ringraziare <strong>di</strong> cuore la comunità <strong>di</strong> Vinkovci,citta<strong>di</strong>na croata con cui <strong>Camponogara</strong> è gemellata ormaida molti anni e con cui ha inaugurato una serie <strong>di</strong> progetti<strong>di</strong> scambio culturale, con un grande profitto intellettualee formati<strong>vo</strong>, che spero reciproco. È anche grazieall’intreccio <strong>di</strong> relazioni come queste che una realtà puòcrescere, soprattutto se in questo tipo <strong>di</strong> progetti sonocoin<strong>vo</strong>lte le nuove generazioni. Ed è proprio investendosulle nuove generazioni che si può pensare <strong>di</strong> costruireuno Stato forte, maturo, pronto ad affrontare i problemiche la Storia ci sta ponendo, e che rappresenti unarealtà cui guardare con orgoglio e senso <strong>di</strong> appartenen-

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