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Un nuovo parcheggio per Ponte a Ema - Il Reporter

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saluteFOCUS/2. La struttura, unica nel suo genere, è dedicata alle <strong>per</strong>sone più fragili che hanno contratto il virusMa a Casa Vittoria la vita continuaFrancesca Puliti15Casa Vittoria si trova lungoi viali di circonvallazione,luogo di passaggio<strong>per</strong> molti, ma in cui raramenteci si ferma a lungo. Gli automobilistici passano davanti tutti igiorni, augurandosi di arrivare il piùin fretta possibile a destinazione, oalmeno al semaforo successivo, senzaguardarsi troppo intorno. CasaVittoria – unica struttura del generein Toscana convenzionata con laAsl - è una palazzina dedicata aimalati di Aids più fragili. Quelli chenon hanno alle spalle una famigliain grado di sostenere le cure, quelliche hanno <strong>per</strong>so il lavoro e nonhanno un posto dove andare, quelliche sono stati gettati nello sconfortodalla sco<strong>per</strong>ta della malattia quandoera già in stato avanzato. Qui i volontaridella Caritas, loro sì, si fermanoa lungo, ci passano le giornatee ricostruiscono una sorta di famigliaallargata. La vita si svolge comein una vera e propria casa, i ritmi,segnati dalle terapie, dalle riabilitazioni,dai riposi forzati, cercano diassomigliare il più possibile a quellidi una famiglia normale. E’ una piccolacomunità, 12 i posti letto, dicui 7 convenzionati con l’Asl 10 egli altri a carico della Caritas. Quiarrivano i casi più gravi, “ma solouna <strong>per</strong>sona al momento è costrettaa letto – racconta la dottoressa LuisaSanvito, responsabile della struttura– mentre gli altri possono svolgereattività normali, seppur con qualchedifficoltà”. E così si cerca di riportarlialla vita, quella vita in cui hanno<strong>per</strong>so la fiducia. Attraverso giteall’a<strong>per</strong>to, piccoli lavoretti, attivitàriabilitative. “Al centro del progettoc’è la <strong>per</strong>sona nel suo complesso– continua la dottoressa Sanvito– non si tratta soltanto di terapiefarmaceutiche, ma di un <strong>per</strong>corso<strong>per</strong>sonalizzato, basato soprattuttosulla relazione umana che si viene acreare”. Da quando ha a<strong>per</strong>to, ventianni fa, Casa Vittoria ha accolto 119<strong>per</strong>sone, 94 uomini e 25 donne, ene ha accompagnate alla morte 62.È una piccola comunità convenzionatacon la Asl, una sorta di famiglia allargatache accoglie chi ha bisogno d’aiuto nellalotta quotidiana contro questa patologiaSolo negli ultimi 12 mesi la “famiglia”ha <strong>per</strong>so tre pezzi, due giovanisulla trentina e un uomo di circa 60anni. Già, <strong>per</strong>ché i malati che arrivanoultimamente sono in gran partesulla sessantina, un dato che emergeanche dalle statistiche e che gettauna luce diversa sulla diffusionedella malattia. “Non esistono categoriea rischio, ma comportamentia rischio – sottolinea la dottoressa– la <strong>per</strong>cezione del rischio si è abbassata”.I casi meno gravi (<strong>per</strong>sonesieropositive, ma non in Aids conclamata)vengono ospitati invece aCasa Helios, un’altra struttura gestitadalla Caritas. Anche qui si respirail clima di una comunità, in cuiognuno tenta di sconfiggere i propridemoni, quelli di un marchio, diun’esclusione sociale, ricominciareda capo. Non è facile, ma a voltesuccede. “<strong>Un</strong>o di loro si è sposatoproprio pochi giorni fa”, raccontala Sanvito. E i suoi occhi velati daun po’ di commozione sono più checomprensibili.L’OPINIONE. Luisa Sanvito, Consulta nazionale lotta Aids“I pregiudizi sonoaumentati nel tempo”embro della Consulta na-<strong>per</strong> la lotta all’Aids,MzionaleLuisa Sanvito presiede al Coordinamentoitaliano delle casealloggio <strong>per</strong> chi soffre di questasindrome.Dottoressa, che condizione vivono,socialmente parlando, isieropositivi e i malati di Aids?Soffrono di una ghettizzazionesempre più marcata, purtroppo.Continuiamo a dividere i malatiin buoni e cattivi, a segnare questiultimi con un marchio che è difficilecancellare. Basti pensare chequesta discriminazione li segueanche post mortem. A causa diuna legge vecchissima ormai senzapiù senso, coloro che muoionodi Aids non possono essere esposti,né tantomeno vestiti come sideve. Ad amici e parenti vienenegato anche il piccolo confortodi accomiatarsi in maniera menotraumatica dal defunto.Crede che i pregiudizi siano aumentatinel tempo?Sì, a causa della crescitadell’ignoranza. C’è stata unarimozione collettiva del problema,ma nascondere la malattia èancora più <strong>per</strong>icoloso. Lo dimostranoi dati, che parlano di unaumento dei contagiati e di uncambiamento anche nelle modalitàdi trasmissione.In che senso?E’ aumentata l’età media deicontagiati, in Toscana si aggiraattorno ai 40 anni. Per quel cheriguarda il contagio è nettamentediminuita la <strong>per</strong>centuale dellatrasmissione tramite siringa, legataalla tossicodipendenza (passatadal 69 <strong>per</strong> cento del 1988all’odierno 8,6 <strong>per</strong> cento), mentrel’infezione <strong>per</strong> via sessuale èsalita dal 13,3 <strong>per</strong> cento dei primitempi al 73 <strong>per</strong> cento. Inoltre sistima che in Italia, sul totale deisieropositivi, un quarto sia ignarodi esserlo.Le terapie si sono evolute? Aquando il vaccino?Le terapie hanno fatto passi dagigante, ma dall’Aids non si guarisce.E non credo che ci sia l’interesseeconomico ad elaborare ilvaccino: le case farmaceutiche siarricchiscono sui costosi farmacisomministrati a sieropositivi emalati conclamati. /F.P1062890

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