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Omnia Iustitiae Anno X - n. 2 - Consiglio dell'Ordine degli Avvocati ...

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16agosto 201317dottrina agosto 2013DottrinaBarbara BarbatoHL’associazione in partecipazionedopo la riforma Fornero.La figura contrattuale dell’associazione in partecipazionecon gli articoli da 2549 a 2554, contenutidel titolo VII del libro V dedicato al lavoro,dell’attuale Codice civile è stata in gran parteriprodotta dall’impianto normativo previsto dalCodice di commercio del 1882. In linea generale,il contratto di associazione in partecipazione puòessere definito quale contratto tipico, la cui strutturaè delineata dall’articolo 2549 c.c. Ai sensi eper gli effetti di quest’ultimo articolo: “con il contrattodi associazione in partecipazione l’associanteattribuisce all’associato una partecipazioneagli utili della sua impresa o di uno o più affariverso il corrispettivo di un determinato apporto”.Dalla definizione codicistica, si desume che l’associazionein partecipazione è un negozio giuridicosinallagmatico obbligatorio. Infatti, da unaparte prevede un’obbligazione a carico di un soggetto,definito associato, tenuto a conferire undeterminato apporto in favore di un altro soggetto,definito associante; dall’altra parte, in strettacorrelazione e in diretta conseguenza, vi è la controprestazionedell’associante, consistente nell’attribuireall’associato la partecipazione agli utilidella sua impresa o di uno o più affari. Il contrattoè, altresì, consensuale in quanto, per il perfezionamentodello stesso, non è necessario il conferimentodell’apporto da parte dell’associato, mail semplice consenso da parte dei contraenti.L’accordo tra le parti fa sorgere, quindi, le dueobbligazioni sopra descritte, ovvero sia l’obbligodel conferimento dell’apporto sia l’obbligo di corresponsione<strong>degli</strong> utili. Peraltro, il conferimentoda parte dell’associato non deve essere necessariamenteimmediato ben potendo non esistere almomento della stipulazione del contratto ovveroconsistere in una prestazione lavorativa da svolgersinel tempo. Altra caratteristica fondamentaledel contratto de quo è l’aleatorietà che incombesull’obbligazione principale dell’associante. Lastessa, infatti, è legata a un elemento del tuttopotenziale ed eventuale, soprattutto in un campocome quello dell’imprenditoria o del commercio,rappresentato dagli utili dell’impresa e di uno opiù affari. Un contratto si definisce aleatorioquando la prestazione di uno dei contraenti èincerta. Nel caso di specie non è in discussione l’esistenzadell’obbligazione da parte dell’associato,la quale, come detto, sorge automaticamente conil consenso dato dalle parti al contratto.L’incertezza si concentra sull’oggetto dell’obbligazionedell’associante, ovverosia gli utili dell’impresa,che ben potrebbero avere saldo negativo epertanto non esistere. Tale circostanza non ècausa di risoluzione del contratto per eccessivaonerosità sopravvenuta e neppure di rescissione,essendo tale eventualità di assenza di utili deltutto caratteristica e propria del contratto in questione.Dunque, nel sinallagma del negozio si rinvengonouna prestazione certa (l’apporto) controun risultato incerto (la partecipazione agli utili oalle perdite). L’associazione in partecipazione èuna tipologia di contratto di lavoro in cui un’impresa(associante) attribuisce un utile derivantedal risultato di esercizio a un soggetto esterno(associato). L’associante ha diritto a gestire l’impresa,assumere obbligazioni e acquistare dirittiverso terzi, mentre l’associato può solo monitorareil tutto attraverso rendiconti, e parteciperà alrischio d’impresa soltanto nei limiti dell’apportoeconomico fornito, in quanto non è socio, ma ècreditore. La stipulazione del contratto di associazionein partecipazione non è soggetta a particolarivincoli di forma, per cui gli effetti giuridicisi producono anche in assenza di forma scritta.Tuttavia, ai fini probatori e pratici è consigliabileche i rapporti che scaturiscono da un contratto diassociazione in partecipazione siano sanciti in unatto scritto. Per maggiore chiarezza, le caratteristichefondamentali del contratto di associazionein partecipazione si possono così riassumere:- nella gestione dell’impresa o dell’affare da partedell’associante;- nella partecipazione agli utili dell’impresa, sepresenti, da parte dell’associato;- nell’assunzione del rischio d’impresa da partedell’associato (diritto agli utili solo se prodotti,responsabilità per le perdite non oltre il valoreapportato);- diritto al rendiconto dell’affare o al rendicontoannuale di gestione da parte dell’associato.Nel contratto di associazione in partecipazionecon apporto di lavoro, la prestazione lavorativadell’associato si realizza secondo lo schema e icanoni del lavoro autonomo; per la genuinità delcontratto è, pertanto, necessario che l’apportolavorativo dell’associato si attui in assenza di vincolodi subordinazione nei confronti dell’associanteal quale competerà solo un potere genericodi coordinamento dell’attività dell’associato, bendistinto dal potere gerarchico e disciplinare tipicodel rapporto di lavoro subordinato. La definizionedell’istituto dell’associazione in partecipazionenon parrebbe foriera di particolari problemilegati alla sua interpretazione, ma diversamentedeve dirsi per ciò che riguarda il confine sostanzialeche la divide dal rapporto di lavoro subordinato,confine a tutt’oggi per nulla definito o defi-nibile con certezza. Il contratto di associazione inpartecipazione si differenzia in modo sostanzialedal rapporto di lavoro subordinato in quanto:l’associato in partecipazione, pur prestando ilproprio lavoro, non è un lavoratore subordinato,perché non si inserisce in un’azienda altrui perfinalità a lui estranee; non è obbligato a prestareuna collaborazione; non è subordinato a un datoredi lavoro, ma solo alle direttive dell’associante;non ha, infine, diritto a una retribuzione o,comunque, a un minimo garantito di guadagno e,se pur non partecipa alle perdite, partecipa tuttaviaal rischio dell’impresa potendo non conseguirealcun guadagno. La giurisprudenza ha datempo individuato gli elementi distintivi, precisandoche l’associante ha l’obbligo del rendicontoperiodico e non può mutare il rischio cui è soggettol’associato, senza il suo consenso (Cass., 24febbraio 2001, n. 2693) ed evidenziando comel’associato non deve essere stabilmente inseritonell’organizzazione produttiva, né può essereassoggettato all’ingerenza dell’associante o sottopostoal potere direttivo di quest’ultimo perquanto concerne le modalità di esecuzione dellaprestazione (Cass., 6 novembre 1998, n. 11222).Non vi è dubbio, peraltro, che la valutazionedebba essere operata in concreto, a prescinderedalla qualificazione giuridica adottata dalle parti;ed, infatti, come osservato dalla giurisprudenzadi legittimità, in tema di distinzione fra contrattodi associazione in partecipazione con apporto diprestazione lavorativa da parte dell’associato econtratto di lavoro subordinato, pur avendoindubbio rilievo il nomen iuris usato dalle parti,occorre accertare se lo schema negoziale pattuitoabbia davvero caratterizzato la prestazione lavorativao se questa si sia svolta con lo schema dellasubordinazione (Cass., 24 febbraio 2011, n. 4524).In particolare, in alcune pronunce si è posto l’accentosul rischio d’impresa al quale è comunquesoggetto anche l’associato, che non ha la certezzadi essere retribuito per il suo lavoro (Cass., 19dicembre 2003, n. 19475), tanto più che si è esclusal’applicazione dell’articolo 36 dellaCostituzione, in tema di retribuzione sufficiente,al lavoro dell’associato (Cass., 3 febbraio 2000, n.1188). Ed, infatti, l’associazione in partecipazioneha, quale elemento causale indefettibile di distinzionedal rapporto di collaborazione libero-professionale,il sinallagma tra partecipazione alrischio d’impresa gestita dall’associante e conferimentodell’apporto lavorativo dell’associato; neconsegue che l’associato il cui apporto consista inuna prestazione lavorativa deve partecipare siaagli utili che alle perdite, non essendo ammissibileun contratto di mera cointeressenza agli utili diun’impresa senza partecipazione alle perdite,tenuto conto dell’espresso richiamo, contenutonell’articolo 2554, 2 comma c.c., all’articolo 2102c.c., il quale prevede la partecipazione del lavoratoreagli utili «netti» dell’impresa (Cass., 28 maggio2010, n. 13179). Da ultimo, la Corte diCassazione si è espressa nuovamente sul punto,riprendendo sostanzialmente le annotazionisopra richiamate. In particolare, con sentenza del21 febbraio 2012, n. 2496, i giudici di PiazzaCavour, dopo aver rilevato che “la partecipazioneal rischio d’impresa da parte dell’associato caratterizzala causa tipica dell’associazione in partecipazione”hanno chiarito che “l’elemento differenzialetra le due fattispecie risiede nel contestoregolamentare pattizio in cui si inserisce l’apportodella prestazione lavorativa dovendosi verificarel’autenticità del rapporto di associazione, cheha come elemento essenziale, connotante lacausa, la partecipazione dell’associato al rischiodi impresa, dovendo egli partecipare sia agli utiliche alle perdite”. Nel nostro paese, si è assistito,ad un eccessivo ricorso a contratti di associazionein partecipazione fittizi utilizzati per mascherareveri e propri rapporti di lavoro dipendente. Taleabuso, da tempo noto, è stato oggetto di notevoliriforme; infatti, già se ne parlava nel libro biancosul mercato del lavoro di Marco Biagi (ottobre2011) per essere poi trattata dalla legge Biagi276/2003 che introduceva, conseguentemente,una misura finalizzata a “evitare fenomeni elusividella disciplina di legge e contratto collettivo”,disponendo che, in caso di rapporti di associazionein partecipazione resi senza un’effettiva partecipazioneagli utili e adeguate erogazioni, il lavoratoreavesse diritto ai trattamenti retributivi,contributivi e normativi stabiliti dalla legge e daicontratti collettivi per prestazioni di lavoro subordinatosvolte nella posizione corrispondentedel medesimo settore di attività. L’articolo 86comma 2 del decreto legislativo 276/2003 prevedevache: “qualora il rapporto associativo si svolgasenza un’effettiva partecipazione all’impresa eun’adeguata erogazione dei compensi, al prestatored’opera saranno riconosciuti i trattamentiretributivi e contributivi del lavoratore subordinatoimpiegato nelle medesime attività e nellostesso settore produttivo, salvo la fornitura diprova contraria da parte del datore di lavoro ocommittente o utilizzatore”. Per gli associati inpartecipazione che conferiscano prestazioni lavorativeed i cui compensi siano classificati comeredditi da lavoro autonomo, è previsto l’obbligodi iscrizione alla gestione separata INPS di cuiall’articolo 2, comma 26, della legge 335/1995.Gli associati in partecipazione che svolgano attivitàlavorativa manuale o di sovrintendenza devonoessere iscritti all’INAIL; il premio è a carico del-

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