stantinopoli e, in seguito, tutto l’oriente europeo e gli stessi balcani erano apparsi impotenticontro gli eserciti del Sultano. Ben lo sapevano i genovesi, che a Costantinopoli avevanopartecipato in doppia veste: come <strong>di</strong>fensori valorosi della città con il Giustiniani, <strong>le</strong>sue navi e i suoi armati, ma anche in veste dei pacifici coloni del quartiere-città <strong>di</strong> Pera (oGalata, secondo altre etimologie) che si erano affrettati a stipulare una “pace separata” conil Turco che aveva permesso <strong>di</strong> risparmiare vite e beni, anche se, in qualità <strong>di</strong> vassalli, avevanodovuto tirare <strong>le</strong> ga<strong>le</strong>e dei turchi oltre la collina, per far<strong>le</strong> scendere in acqua <strong>di</strong> notte,nel bacino del Corno d’Oro, al<strong>le</strong> spal<strong>le</strong> dei <strong>di</strong>fensori...Ma i genovesi, con i veneziani, erano stati tra i più penalizzati dall’espansione turca: il marNero, una sorta <strong>di</strong> “lago genovese” tra XIV e XV secolo, era crollato nel giro <strong>di</strong> pochi anni:era bastato chiudere lo stretto dei Dardanelli, e <strong>le</strong> colonie <strong>di</strong> Caffa, Tana e gli altri luoghidella rete <strong>di</strong> città-fondaco, i terminali della rotta orienta<strong>le</strong> che passava per terra, erano rimastistrangolati, tra asse<strong>di</strong>anti decisi e feroci e nella mancanza <strong>di</strong> mezzi, rifornimenti erinforzi. Dal papato arrivavano, nel frattempo, molteplici segnali per ban<strong>di</strong>re la crociata emai, come ora, era chiaro che questa crociata doveva contare su mezzi navali, navi e ga<strong>le</strong>e,per portare l’offesa a un regno terrestre la cui capacità <strong>di</strong> penetrazione sembrava inarrestabi<strong>le</strong>.Questa “flotta della crociata” o “flotta del papa”, all’inizio resta virtua<strong>le</strong>.Ne è un esempio il manoscritto della Biblioteca Naziona<strong>le</strong> <strong>di</strong> Parigi, il decreto “De Bellocontra Turchos gerendo” 2 , redatto da papa Enea Silvio Piccolomini, nel 1458: il frontespiziominiato del manoscritto mostra una grande flotta, sotto <strong>le</strong> ban<strong>di</strong>ere crociate, navi ega<strong>le</strong>e pronti a sfidare la potenza turca che è, ancora e soprattutto potenza terrestre.Nel 1481 la questione è ancora aperta: la crociata non si è mai materializzata e la minacciaturca colpisce la stessa Italia, a poche centinaia <strong>di</strong> miglia dalla stessa cattedra <strong>di</strong> Pietro. Ilpapa invoca il concorso della flotta genovese come decisiva per poter tagliare <strong>le</strong> comunicazionicon l’Albania che si sta rivelando la retrovia dei turchi asse<strong>di</strong>ati in Otranto. Nel<strong>le</strong>guerre a bassa tecnologia del Quattrocento, malgradol’uso del<strong>le</strong> prime bombarde, l’asse<strong>di</strong>o è <strong>le</strong>ntoed è giocato sulla capacità <strong>di</strong> resistenza della guarnigionee sulla sua capacità <strong>di</strong> sopportare l’ine<strong>di</strong>ae i sacrifici: tagliare i rifornimenti via mare è impe<strong>di</strong>reche l’occupante possa resistere indefinitamente.E i genovesi servono per questo: irretiti dallapossibilità <strong>di</strong> far bottino, si troveranno, viceversa,ad esercitare un blocco nava<strong>le</strong> <strong>le</strong>nto e stremante.Le prede, poche e modeste, saranno piccoli bastimenti<strong>di</strong> cabotaggio che tentano <strong>di</strong> portare generialimentari alla rocca <strong>di</strong> Otranto.L’occasione sarà triste e drammatica: in mesi e mesi<strong>di</strong> inattività, all’ancora, sotto il so<strong>le</strong>, equipaggistanchi e sfibrati dall’attesa, vedranno comparire lapeste, a causa del<strong>le</strong> abominevoli con<strong>di</strong>zioni igieniche.Marinai, vogatori e comiti moriranno colpitidalla pesti<strong>le</strong>nza. Altri, come Ceva Doria, consignore<strong>di</strong> Oneglia, faranno in tempo a tornare a casa, masolo per morirvi. Chi ricaverà vantaggio dall’impresa?Certamente uno dei personaggi più particolaridel Rinascimento genovese, il car<strong>di</strong>na<strong>le</strong> (ma anchedoge e pirata) Paolo Fregoso che il papa avevamesso a capo della flotta, inaugurando uno schemache i suoi successori seguiranno: un car<strong>di</strong>na<strong>le</strong>come ammiraglio e controllore della flotta.L’esperienza non si chiude invano: delusi e ama-A fronteLa città <strong>di</strong>Costantinopoli,il Corno d’Oro e la cittàquartiere<strong>di</strong> Pera(o Galata).Miniatura a marginedel manoscritto<strong>di</strong> CristoforoBuondelmonte Liberinsularum archipelagi,mss. Rés Ge FF 8351,tav. 37 (BibliothèqueNationa<strong>le</strong>, Parigi).Frontespizio del Decreto<strong>di</strong> Pio II De bello contraTurchos gerendo, mss.Ms. Lat. 5565 A, f. 101(Bibliothèque Nationa<strong>le</strong>,Parigi).Una ga<strong>le</strong>a alla voga.Manoscritto francesedel XVI secolo(Bibliothèque Nationa<strong>le</strong>,Parigi).specia<strong>le</strong> romA39
specia<strong>le</strong> romARitratto <strong>di</strong> Andrea Doria,olio su tela. Copia daSebastiano dal Piombo(Galata Museo del Mare,<strong>Genova</strong>).Anonimo, Ritratto<strong>di</strong> Antonio Doria, oliosu tela (Galata Museodel Mare, <strong>Genova</strong>).reggiati, i genovesi, lasceranno gli ormeggi non appenala guarnigione turca, arresasi, ma con la clausola <strong>di</strong> “salvala vita e <strong>le</strong> robe”, avrà lasciato Otranto con il suo bottinoe <strong>le</strong> sue armi, varcando il cana<strong>le</strong> in senso inverso. Lega<strong>le</strong>e torneranno in Liguria, ai porti d’armamento, nonprima – però – <strong>di</strong> avere protestato alla corte del Papa econ il Fregoso. È un’occasione in cui il papa, Sisto IV, siconvince da una parte della inaffidabilità dei suoi naturalipartners marittimi: i veneziani, con cui rimane sempreun clima <strong>di</strong> sospetto, se non <strong>di</strong> aperta contrapposizione,e i genovesi, accusati <strong>di</strong> essere troppo chiusi nella<strong>di</strong>fesa del loro interesse.Ma non c’è simmetria tra <strong>le</strong> due Repubbliche e il Papato:Venezia è comunque una potenza regiona<strong>le</strong>, ed è straor<strong>di</strong>narioil numero – un centinaio, circa – <strong>di</strong> ga<strong>le</strong>re che il suoArsena<strong>le</strong>, non a caso considerato la più grande fabbricad’Europa all’inizio dell’età moderna, è in grado <strong>di</strong> metterein mare nel giro <strong>di</strong> pochi giorni. La potenza nava<strong>le</strong> genovese,al confronto, è poca cosa: anche nell’epoca <strong>di</strong> AndreaDoria, tra l’ammiraglio <strong>di</strong> Carlo V, i suoi parenti e <strong>le</strong> ga<strong>le</strong>edei “privati” genovesi, raramente si superano <strong>le</strong> venticinqueunità. In questo senso non troveremo, ripercorrendola storia della flotta pontificia, un rapporto stretto con i veneziani:non costruiscono, pur avendone la possibilità, ga<strong>le</strong>eper il papa; e non vi sono capitani o ufficiali venezianiper la sua flotta. Diverso il rapporto con <strong>Genova</strong>: questanon ha l’esclusiva, certamente, del suo persona<strong>le</strong>, ma vi èun numero ta<strong>le</strong> <strong>di</strong> capitani che fanno sembrare questa liasontutt’altro che spora<strong>di</strong>ca.Ripercorrendo <strong>le</strong> tappe <strong>di</strong> questa storia, infatti, incontriamoun car<strong>di</strong>na<strong>le</strong> ligure, Giuliano della Rovere, vescovo <strong>di</strong>Ostia, che sa<strong>le</strong> al pontificato alla morte <strong>di</strong> papa A<strong>le</strong>ssandroBorgia. Giuliano, tra molti papi, è uno che il mare loconosce, lo frequenta e vi va per <strong>di</strong><strong>le</strong>tto. Giuliano, salvatoquando era car<strong>di</strong>na<strong>le</strong> dal<strong>le</strong> grinfie del Va<strong>le</strong>ntino proprio dauna provvidenzia<strong>le</strong> fuga in ga<strong>le</strong>a, quando sa<strong>le</strong> al potere chiama,come capitano del mare, colui che la fuga l’aveva <strong>di</strong>retta:un nobi<strong>le</strong> genovese, Baldassarre da Biassa. Questi,chiama intorno a sé il figlio Giovanni e un altro congiunto,Antonio.È una squadra, quella voluta da un papa savonese e <strong>di</strong>rettada un capitano genovese che viene applicata nei <strong>di</strong>versiscacchieri del Me<strong>di</strong>terraneo dove sono in gioco gli interessidel pontificato. Per questa squadra – o “stuolo” – sononecessarie ga<strong>le</strong>e, nuove ga<strong>le</strong>e. E così troviamo, nel 1509,che Giulio II scrive alla città <strong>di</strong> Ancona: “Sapendo per tantoche in cotesta città nostra <strong>di</strong> Ancona, specialmente <strong>di</strong><strong>le</strong>tta,si possono costruire eccel<strong>le</strong>nti ga<strong>le</strong>e, vogliamo che intantone siano cominciate sei sotto la vostra <strong>di</strong>rezione”. Purprofondamente “informando” <strong>di</strong> genovesità la sua flotta,Giulio II fa costruire <strong>le</strong> sue navi nel<strong>le</strong> spiaggie del papato.Giulio II adopera questa flotta contro i veneziani, poi, nel40