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78 CONTRATTO E IMPRESA 1/2011fini della liquidazione dell’indennizzo del danno non patrimoniale conseguentealla violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, aisensi della legge 24 marzo 2001, n. 89, l’ambito della valutazione equitativa,affidato al giudice di merito, è segnato dal rispetto della Convenzione europeadei diritti dell’uomo, per come essa vive nelle decisioni, da parte dellaCorte europea dei diritti dell’uomo, di casi simili a quello portato all’esamedel giudice nazionale, di tal che è configurabile, in capo al giudice del merito,un obbligo di tener conto dei criteri di determinazione della riparazioneapplicati dalla corte europea, pur conservando egli un margine di valutazioneche gli consente di discostarsi, purché in misura ragionevole, dalle liquidazionieffettuate da quella Corte in casi simili. Tale regola di conformazione,inerendo ai rapporti tra la citata legge e la convenzione ed essendo espressionedell’obbligo della giurisdizione nazionale di interpretare e applicare ildiritto interno, per quanto possibile, conformemente alla Convenzione e allagiurisprudenza di Strasburgo, ha natura giuridica, onde il mancato rispettodi essa da parte del giudice del merito concretizza il vizio di violazione dilegge, denunziabile dinanzi alla Corte di cassazione [. . .] » ( 7 ).La direttiva che risulta da queste affermazioni sembra piuttosto chiara,anche se si può sottolineare una certa ambiguità laddove si vuol in qualchemisura salvaguardare uno spazio di autonomia del giudice nazionale ( 8 ).Ma veniamo alla casistica. Il principale motivo di dissidio è stato il criterioc.d. della posta in gioco che i giudici italiani applicavano per ridimensionarel’ammontare del risarcimento o addirittura per escluderlo, ovvero ilcriterio dell’entità degli interessi economici in gioco nel processo dove si èverificato il mancato rispetto del termine ragionevole. Viceversa, nella giu-( 7 ) Cfr. Cass. Sez.Un., 26 gennaio 2004, n. 1340, in Corr. giur., 2004, 5, p. 607 con nota di R.Conti, in Giur. it., 2004, p. 944 con nota di Didone. In senso conforme Sez. Un., 26 gennaio2004, n. 1338, in Foro it., 2004, p. 693 e in Giur. it., 2004, p. 2295 con nota di Vitelli; e Sez. Un.,26 gennaio 2004, n.1339, in Giur. it., 2004, p. 944 con nota di Didone; Sez. Un., 23 dicembre2005, n. 28507, in Danno e resp., 2006, p. 745.( 8 ) Tuttavia vi è stato in dottrina qualche autore che ha sottolineato l’ambiguità della sentenzaladdove, da un lato, si avalla una sorta di common law all’italiana indicando il faro deiprecedenti giudiziali di Strasburgo per la valutazione del danno e, dall’altro, si giustifica la legittimitàdel ricorso a un diverso criterio di calcolo purché in misura ragionevole. Cfr. Sacchettini,Un rinvio a principi non definiti ostacola il compito del magistrato, in Guida al diritto,2004, 43, p. 28; v. anche F. Morozzo Della Rocca, Irragionevole durata del processo: l’allineamentodella giurisprudenza nazionale agli standards europei, in Giust. civ., 2006, I, p. 285 ss.;V. Esposito, Il non ragionevole contrasto del giudice italiano con quello di Strasburgo sulla ragionevoledurata del processo, in Corr. giur., 2004, 3, p. 378 ss.; Ferrua, Il Giusto Processo, Bologna,2005; M. Franzoni, Fatti illeciti, in Commentario codice civile Scialoja-Branca a cura diF. Galgano, Libro quarto, Delle obbligazioni, artt. 2043, 2056-2059, Bologna-Roma, 2004, subart. 2043, p. 204 ss.

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