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Contratto e impresa - Shop WKI - Wolters Kluwer Italia

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228 CONTRATTO E IMPRESA 1/2011za; nel procedimento di mediazione si chiede al mediatore imparziale di essereaiutati a trovare una soluzione. Il primo sistema è, però, contenziosomentre il secondo è consensuale o, come alcuni preferiscono chiamarlo,collaborativo.In altri casi il terzo non è un mediatore ma un collegio arbitrale. Si trattadella procedura arbitrale, in cui le parti chiedono non di essere aiutati atrovare una soluzione ma che gli arbitri la trovino per loro.Ed è proprio l’arbitrato il terzo pilastro della giustizia, nelle forme nonsolo e non tanto del tradizionale e solenne arbitrato rituale, ma soprattuttodi quello previsto nell’art. 808-ter c.p.c (arbitrato irrituale) – introdotto dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 – dove si legge che “le parti possono [. . .] stabilireche la controversia sia definita dagli arbitri mediante determinazione contrattuale”.Aquesto modello di diritto comune sono riconducibili le modalità diarbitrato varate per i conflitti di lavoro dalla riforma di cui all’art. 31 della l.4 novembre 2010, n. 183 che ha previsto con decorrenza dal 24 novembre2010 la risoluzione arbitrale irrituale delle controversie davanti alle commissionidi conciliazione (nuovo art. 412 c.p.c.) o con le eventuali modalità previstedai contratti collettivi (nuovo art. 412-ter, c.p.c.) ovvero davanti ad appositicollegi di conciliazione e arbitrato irrituale per i quali è stata anche introdottauna propria agile procedura (nuovo art. 412-quater, c.p.c.). Sonoqueste le nuove forme di risoluzione arbitrale delle controversie nel campodei conflitti di lavoro ai quali il legislatore è giunto recentemente, nel contestoe a conclusione di un più vasto intervento legislativo di riforma, nonsempre lineare, realizzatosi in questo settore negli ultimi anni.Se è vero che l’arbitrato rituale condivide con quello irrituale il fondamentoprivatistico e la natura negoziale ontologicamente alternativa allagiurisdizione statale ( 4 ), se ne differenzia – secondo l’orientamento ormaicomunemente condiviso – perché il primo viene finalizzato per volere delleparti al conseguimento di un risultato che ha la stessa efficacia della sentenza( 5 ), impugnabile secondo il sistema previsto negli artt. dall’827 all’831del codice di procedura civile, mentre il lodo irrituale non ha il valore della( 4 ) Così la giurisprudenza a partire da Cass. Sez. un., 3 agosto 2000, n. 527 (tutta la giurisprudenzaè tratta della banca dati Pluris Cedam, Utet giuridica).( 5 ) Art. 824 bis c.p.c. “Salvo quanto disposto dall’art. 825, il lodo ha dalla data della sua ultimasottoscrizione, gli effetti della sentenza pronunciata dall’autorità giudiziaria”. L’efficaciadi sentenza per decreto del pretore era assicurata anche dall’art. 825 della versione originariac.p.c. del 1940. Le mutevoli opinioni della dottrina e della giurisprudenza, alle quali il legislatoresembrò aderire cancellando nel 1994 con la l. n. 25 il riferimento a tale efficacia di sentenza,portarono a dubitare nel tempo sulla efficacia da attribuire al lodo. Il legislatore del2006 con il d. lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 confermò l’interpretazione originaria con il nuovo testodell’art. 824-bis c.p.c. qui sopra riprodotto.

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