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Contratto e impresa - Shop WKI - Wolters Kluwer Italia

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178 CONTRATTO E IMPRESA 1/2011esercitata possono influire in maniera decisiva sulla pericolosità” ( 76 ). In lineacon tale principio, si è altresì affermato che “è considerato esercente attivitàpericolosa anche chi organizza, dirige ed appresta i mezzi necessari per consentirelo svolgimento dell’altrui attività pericolosa” ( 77 ).Ed ancora, in merito all’eventuale responsabilità dell’organizzatore acagione della pericolosità dell’evento da organizzare, si è affermato che lostesso è responsabile soltanto della propria attività, mentre non rispondeper quella parte di attività organizzativa che abbia “commissionato ad altriin base ad un rapporto che non determini un vincolo di subordinazione fracommittente ed esecutore” ( 78 ).Come noto, la previsione della possibile imputazione oggettiva della responsabilitàcivile è conseguenza delle caratteristiche organizzative dellasocietà moderna, in cui, specie nell’ambito delle attività imprenditoriali edelle cd. attività “rischiose”, si preferisce utilizzare criteri di attribuzione( 76 ) Franzoni, La responsabilità civile, cit., p. 922 ss., che richiama in tal senso, alla nota13, numerose decisioni riferite al ciclismo, al motociclismo, all’automobilismo ed all’equitazione,mentre dà atto dell’orientamento non univoco della giurisprudenza in merito all’attivitàsciistica, che non configurerebbe infatti di per sé attività pericolosa ove resti “semplicemodo di trasferimento”, mentre lo diventerebbe ove esercitata “per scopi agonistici”. L’a. affermalo stesso principio anche con riguardo al calcio, rilevando come lo stesso configuri attivitàpericolosa quando si tratti di incontro professionistico – e richiama in tal senso, alla nota14, Trib. Torino, 8.11.2004, in Giur. it., 2005, p. 720, con nota di Visintini (che si commenteràinfra più ampiamente) – osservando che invece “di tutt’altro tenore sarebbe stata la decisionese la partita si fosse svolta nel campo di calcio della parrocchia di un piccolo paese di montagna”.Per la negazione del carattere pericoloso dell’attività di organizzazione di una corsa ciclistica,si v. Trib. Brescia, 5.3.1970, in Riv. dir. sport., 1970, p. 251, che, in relazione alla responsabilitàgravante sugli organizzatori di una corsa ciclistica, distingue fra gare a circuitochiuso e gare a circuito aperto, riferendo unicamente alle prime un obbligo di ispezione dellastrada in capo agli organizzatori allo scopo di verificare se vi siano eventuali insidie che potrebberoessere causa di cadute dei partecipanti, mentre nelle seconde, poiché sul percorsocircolano anche altri veicoli con l’obbligo per i partecipanti di osservare le regole del codicestradale, non vi sarebbe alcun dovere di preventiva ispezione, essendo obbligo della P.A.mantenere in efficienza le strade aperte al traffico. In relazione ad una gara ciclistica organizzatasu circuito aperto, si v. anche Trib. Milano, 10.3.2003, in Giur. merito, 2003, p. 2184, che haaffermato la responsabilità degli organizzatori (in concorso con quella dell’automobilista) perle lesioni occorse ad un corridore finito contro una macchina parcheggiata nella zona del traguardo,che non era stata precauzionalmente transennata, così consentendo al guidatore ditransitare sotto lo striscione di arrivo e di sostare sulla dirittura finale del percorso di gara nell’imminenzadell’arrivo dei partecipanti.( 77 ) Franzoni, La responsabilità civile, cit., p. 922 ss., che cita sul punto, alle note 15 e 16,numerose pronunce di merito.( 78 ) Nuovamente Franzoni, La responsabilità civile, cit., p. 922 ss., che alle note 17-20 richiamale numerose decisioni che hanno fatto applicazione di tale principio.

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