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SAGGI 163va” ( 36 ) (cd. rischio “consentito”), entro i quali infatti nessuna responsabilitàpuò, in linea di principio, essere addebitata – neppure – all’organizzatore ( 37 ).Per le lesioni che invece vengano arrecate oltre i confini del rischio accettabilenella specifica disciplina o manifestazione, si tende ad affermareche il nesso di causalità fra l’attività dell’organizzatore e l’evento lesivo potràdirsi interrotto soltanto in caso di “fatto del terzo o della vittima, o in casodi identificazione di una specifica causa estranea non imputabile alla sferagiuridica dell’organizzatore” ( 38 ), che avrà quindi, in definitiva, l’onere diprovare il caso fortuito per non incorrere in responsabilità ( 39 ).( 36 ) Così, Galligani-Piscini, Riflessioni, cit., p. 118. Sulla mancanza di responsabilitàdell’organizzatore che contenga il rischio di lesioni entro quello cd. “consentito”, si veda altresì,nuovamente, Cass., 27.10.2005, n. 20908, cit., per la quale “l’attività agonistica implical’accettazione del rischio ad essa inerente da parte di coloro che vi partecipano, intendendosiper tali non solo gli atleti in gara ma tutti quelli (come gli arbitri, i guardalinee, i guardaporte,i meccanici, i tecnici, gli assistenti, ecc.) che sono posti al centro o ai limiti del campo di gara,per compiere una funzione indispensabile allo svolgimento della competizione, assicurandoneil buon andamento, il rispetto delle regole, la correttezza dei comportamenti e la trasparenzadei risultati. Sicché, i danni da essi eventualmente sofferti ad opera di un competitore,rientranti nell’alea normale, ricadono sugli stessi ed è sufficiente che gli organizzatori, al finedi sottrarsi ad ogni responsabilità, abbiano predisposto le normali cautele idonee a contenereil rischio nei limiti confacenti alla specifica attività sportiva, nel rispetto di eventuali regolamentisportivi. Il relativo accertamento è demandato alla valutazione del giudice del merito,che è insindacabile in sede di legittimità se congruamente e logicamente motivato. (Nellaspecie, la S.C., rigettando il ricorso, ha rilevato l’adeguatezza e logicità della motivazione dellasentenza di appello, con cui, in relazione allo svolgimento di una gara di sci, si era escluso –anche in ordine alla possibile configurabilità della corresponsabilità per atto illecito del “club”organizzatore – che un concorrente avesse tenuto una condotta anomala, rientrando l’incontrollatosbandamento nel rischio tipico ed ordinario dello slalom gigante, tenuto conto, altresì,che il guardaporte, investito dal concorrente medesimo, al fine di compiere l’attività demandatagli,era libero di scegliere la postazione che riteneva opportuna, non esistendo alcunanorma regolamentare o, più genericamente, di prudenza che imponesse all’organizzatoredella gara di disporre in merito)”.( 37 ) Né ad alcun altro soggetto coinvolto nell’evento sportivo, atleti compresi; in tal senso,Galligani-Piscini, Riflessioni, cit., p. 118 ss.( 38 ) Bona, Castelnuovo, Monateri, La responsabilità civile nello sport, ne Le nuove frontieredella responsabilità civile, collana diretta da Monateri, Milano, 2002, p. 43.( 39 ) Per tali rilievi si veda Facci, La responsabilità civile nello sport, in Resp. civ., 2009, p.651, in tema di incidenti occorsi durante le partite di calcio professionistico, nelle quali l’organizzatoredell’evento sportivo sarebbe responsabile ex art. 2050 c.c., in tema di attività pericolosa,con conseguente applicazione della prova liberatoria consistente nella dimostrazionedel “caso fortuito che interrompe il nesso causale tra l’attività pericolosa e l’evento, nel sensoche il danno verificatosi deve risultare del tutto estraneo al potere di controllo dell’esercente;inoltre, la condotta del terzo può escludere la responsabilità dell’esercente soltanto quandosussista un giudizio di non pertinenza tra il danno ed il rischio creato”. Per l’applicazione di

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