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Contratto e impresa - Shop WKI - Wolters Kluwer Italia

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SAGGI 129La legittimità delle clausole statutarie, che impongono al consiglio diamministrazione di delegare parte delle proprie attribuzioni e di designareun amministratore delegato (cd. delega obbligatoria), passa dalla osservazioneinterpretativa della non imperatività del disposto normativo in meritoall’esclusività dell’attribuzione della gestione della società agli amministratori.All’esito della delibera di delega del consiglio di amministrazione, mediantela quale vengono istituiti gli organi delegati e nominati i rispettivi titolari,la costituzione del rapporto di delega si perfeziona con l’accettazioneda parte dei soggetti designati. Nel caso in cui all’organo delegato venganoconferiti poteri di rappresentanza, la delibera di delega del consiglio di amministrazionedeve essere depositata presso il registro delle imprese, unitamentealla firma autografa del delegato.La prassi societaria, in mancanza dell’autorizzazione statutaria o assembleareprevista, conosce l’uso in virtù del quale il consiglio di amministrazioneattua una ripartizione delle funzioni meramente interna, in modo chealcune competenze vengano attribuite a singoli consiglieri, per attuare unadivisione del lavoro all’interno del consiglio.La ripartizione atipica della delega costituisce una modalità interna diorganizzazione dell’attività, non estrinsecatasi all’esterno, che dispiega effettisolo per quanto attiene ai rapporti interni al consiglio. L’effetto praticodella non esteriorizzazione della divisione meramente interna dei poteri èrappresentato dall’impossibilità di opponibilità della divisata ripartizione asoggetti, sia terzi che organi sociali, che non sono parte del consiglio d’amministrazione( 33 ).( 33 ) Cfr., in tema Cass., 14 maggio 2004, n. 9199: “in tema di rappresentanza processualedelle persone giuridiche che, ai sensi dell’art. 75 c.p.c., spetta al soggetto al quale è conferita anorma di legge o dello statuto, la capacità di agire o resistere in giudizio in nome e per contodelle società di capitali, essa è attribuita ai sensi del comma 1° dell’art. 2384 c.c., agli amministratoriche abbiano la rappresentanza esterna, salve peraltro le deroghe stabilite dall’atto costitutivoe dallo statuto, che sono senz’altro opponibili dai terzi, atteso che il principio di cuial comma 2° dell’art. 2384 c.c. – secondo cui le limitazioni del potere di rappresentanza risultantidall’atto costitutivo o dallo statuto sono opponibili soltanto se si provi che i terzi abbianoagito intenzionalmente in danno della società – ha effetti limitati alla tutela dei terzi e percerti versi dell’onere gravante sull’amministratore di provare la sussistenza dei poteri spesi.(La Corte ha cassato la decisione impugnata che, nell’escludere – ai sensi dell’art. 2384, comma2°, c.c. – l’opponibilità, da parte dei terzi delle limitazioni del potere di rappresentanza degliamministratori risultanti dell’atto costitutivo e dello statuto, aveva ritenuto la capacità processualedell’amministratore delegato della società opponente in virtù di delega del consigliodi amministrazione della società che gli aveva conferito i poteri di ordinaria amministrazionecon rilevanza esterna, fra i quali rientravano quelli di agire o resistere in giudizio, nonostanteche lo statuto li attribuisse soltanto al presidente)”.

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