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Contratto e impresa - Shop WKI - Wolters Kluwer Italia

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SAGGI 119Di guisa, sembra corretto ritenere che esista ampia autonomia dei soci odel consiglio d’amministrazione nella determinazione delle modalità diesercizio del potere delegato. Non basta, l’ammissibilità della modalità diesercizio disgiunto del potere delegato risulta rafforzata dalla considerazione,logico-pratica prima che giuridica, che la continuità della gestione socialeè garantita dalla competenza concorrente del consiglio e dai poteri di vigilanzae di intervento normativamente previsti ( 19 ).potere di intervento dell’amministratore delegante: l’amministratore delegante può chiederetutte le informazioni agli organi delegati, perché ne riferiscano in consiglio; non può, dunque,chiederle privatamente, né può rivolgere la richiesta ai dirigenti ed al personale della società.Sebbene questa seconda opzione fosse stata ipotizzata – sia per la considerazione che la richiestadi atti e di documenti andrebbe favorita, sia perché essa potrebbe non ricevere adeguatasoddisfazione da parte dei delegati – la proposta non è stata accolta, nel timore di un eccessivocarico di lavoro per i dirigenti e i dipendenti, nonché di una responsabilizzazione ulterioredell’amministratore delegante. Si abbia presente, d’altra parte, che l’attribuzione all’amministratoredi un esteso potere individuale di esigere informazioni ne comporta il paralleloampliamento di responsabilità. In ogni caso, secondo il principio di buona amministrazionedelle società, codificato anche in altri ordinamenti, le deliberazioni del consiglio di amministrazionesono collegiali, ma, nella fase istruttoria, almeno alcuni poteri di indagine devonoessere concessi individualmente agli amministratori, poteri da esercitare con buon sensoed in modo discreto. Il dovere di tenersi informati da parte dei singoli amministratori, in attuazionedell’art. 4, comma 8°, lett. g) della l. n. 366/2001, e già affermato dalla giurisprudenzaprecedente, è una specificazione del dovere di diligenza tipico dell’amministratore: vale adire, la diligenza è quella professionale del gestore d’<strong>impresa</strong>, dunque a conoscenza dellenorme tecniche della buona gestione e delle concrete circostanze della singola operazione. Siricorda che per l’art. 2392, comma 1°, c.c., novellato, gli amministratori devono adempiere idoveri ad essi imposti dalla legge e dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell’incaricoe dalle loro specifiche competenze. Come si evince dalla relazione governativa, la normapredetta non sta a significare “che gli amministratori debbano necessariamente essere peritiin contabilità, in materia finanziaria, e in ogni settore della gestione e dell’amministrazionedell’<strong>impresa</strong> sociale, ma significa che le loro scelte devono essere informate e meditate, basatesulle rispettive conoscenze e frutto di un rischio calcolato e non di irresponsabile o negligenteimprovvisazione”. Attraverso la circolazione delle informazioni, vengono colmate lelacune dell’uno con le conoscenze dell’altro, cosicché le decisioni risultano più competentied appropriate. Con una norma di chiusura, all’art. 2381 c.c., viene sancito il principio per ilquale gli amministratori devono sempre agire in modo informato. Dal sistema regolamentarecosì posto in essere (e da fare proprio da parte di ogni società) si evince che la gestione socialeva realizzata sulla base di un costante dialogo tra consiglio di amministrazione ed organidelegati. La divulgazione dei principi che formano la struttura portante dell’art. 2381 c.c. è auspicabile,come lo è l’adesione ai medesimi da parte degli organi di gestione della società”.( 19 ) Cfr. Mongiello, Ordinaria e straordinaria amministrazione in materia di società (notaa Cass. civ. 2 ottobre 1978, n. 4369), in Dir. fall., 1979, II, p. 439; Moro Visconti G., Il presidentedel Consiglio di amministrazione, in Impresa, 1988, p. 1797; Mozzarelli, Amministratoridi fatto: fine di una contesa (nota ad App. Milano, 26 settembre 2000), in Giur. comm., 4/2001,

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