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Contratto e impresa - Shop WKI - Wolters Kluwer Italia

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116 CONTRATTO E IMPRESA 1/2011Si rifletta: la competenza del consiglio di amministrazione rimane integra,poiché esso può, normativamente, revocare gli atti dell’organo delegatoo avocare a sé il compimento diretto delle attività o delle operazioni dellasocietà; occorre chiarire che l’atto di delega non priva, in assoluto, l’organodelegante del potere amministrativo delegato, ma, al contrario, autorizza,semplicemente, l’organo delegato a compiere atti che, anche dopo la delega,restano tuttavia nei poteri e cioè nelle competenze del delegante. Ladelega crea quindi, per l’esercizio di tali poteri, una competenza dell’organodelegato che è concorrente con quella dell’organo delegante.La lettura del disposto dell’art. 2381 c.c., all’esito della riforma societaria,mostra il carattere facoltativo della delega e la relativa revocabilità totaleo parziale. Volendo tracciare un parallelo con la contrattazione e, nellospecifico, la sostituzione giuridica, nel diritto privato colui che ha facoltà diattribuire, di limitare e di togliere un determinato potere ha, altresì, la possibilitàdi compiere direttamente l’atto che costituisce manifestazione diquel medesimo potere ( 16 ).plesso e singoli amministratori delegati. Nella grande maggioranza dei casi, ha maggior pesoil contenuto della delega o delle deleghe rispetto a quello che il consiglio avoca alla sua collettivacompetenza. Questa “esuberanza” dei poteri delegabili è stata tenuta presente dal legislatore,che, al posto di indicare i (molti) poteri delegabili, si è soffermato sui (pochi) poterinon delegabili. Le materie non delegabili formano oggetto di un apposito paragrafo nel seguitodella presente trattazione. All’amministratore che diventa delegato, dunque, il consigliodi amministrazione attribuisce una parte più o meno notevole dei propri poteri, quali sidesumono dallo statuto e dalle deliberazioni assembleari, poteri che sono ad un tempo di caratteredecisionale o di rappresentanza. Ne discende che l’attività dell’amministratore delegatosi colloca sullo stesso piano di quella del consiglio di amministrazione (tutti i compiti, infatti,appartengono alla stessa matrice). Ed egli, entro i limiti della delega ricevuta, ha piena libertàdi muoversi nel modo ritenuto più opportuno ma conveniente nell’interesse della società,come, d’altronde, il consiglio nella sua interezza ed i singoli amministratori, ancorchénon delegati, che lo compongono. In altre parole, non esiste una subordinazione fra l’amministratoredelegato ed il consiglio di amministrazione, proprio perché il primo è investito difacoltà che sono del secondo. È da tener presente, tuttavia, che dal consiglio “derivano” i poteriche portano all’operatività dell’amministratore delegato. Il consiglio, sotto questo profilo,si pone quanto meno nella posizione di “primus inter pares”, circostanza che si è accentuataattraverso la riforma societaria in quanto dal consiglio non deriva soltanto il conferimentodi poteri; dal terzo comma dell’art. 2381 c.c., infatti, risulta che il consiglio può sempre impartiredirettive agli organi delegati, quindi all’amministratore delegato. Questo rende più compositoil quadro operativo, ma non è capace di alterare la natura del rapporto tra il consiglio el’amministratore delegato, che è profondamente diverso rispetto al rapporto intercorrente fral’amministratore delegato ed i dirigenti della società, i quali – pur esercitando anch’essi un’azionedirettiva e godendo di una certa libertà di decisione e di iniziativa – sono pur sempre deiprestatori di lavoro subordinato”.( 16 ) Cfr., in tema, ancora, Ghini, Deleghe del consiglio di amministrazione a singoli compo-

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