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102 CONTRATTO E IMPRESA 1/2011collegialità molto rigorosa e formale (di ispirazione pubblicistica) a cui èestranea anche la c.d. prova di resistenza ( 51 ), cui spesso la giurisprudenzaha fatto ricorso anche in campo societario ( 52 ).Con riferimento alla stessa impugnabilità delle delibere collegiali, anchela dottrina si è dimostrata molto divisa.Senza entrare nel coacervo di opinioni che si registrano sul punto ( 53 ),sarà qui sufficiente osservare che se ci si limitasse a ricercare una soluzionesul piano organizzativo, l’intera attività si snoderebbe tra le difficoltà di qualificazionedell’atto e il suo trattamento giuridico ( 54 ).In realtà, però, il problema è un altro: non è necessario capire se sia possibileconfigurare delle irregolarità nel procedimento o nel contenuto delladelibera del collegio in riferimento ad un modello di collegialità ( 55 ), quanto( 51 ) Nel punto 5.2 della motivazione si legge, infatti, che “appare arbitraria la pretesa di fareapplicazione della cosiddetta prova di resistenza anche per le deliberazioni di tale organo”.( 52 ) Non ricorrono, a quanto consta, precedenti editi specifici sull’applicabilità della provadi resistenza a delibere del collegio sindacale. Tuttavia la giurisprudenza ha fatto ampio ricorsoa questo principio anche in assenza di una disposizione puntuale. Cfr. Trib. Udine, 8 ottobre2001, in Società, 2002, p. 364, con commento di Gennari, Adozione, con voto di soggettinon legittimati, di delibera per il ripianamento delle perdite mediante versamenti dei soci, con richiamianche alla giurisprudenza della S.C., ove, seppur con riferimento all’approvazione diuna delibera cui partecipino soggetti non legittimati, si afferma che è “principio consolidato epienamente condivisibile che la c.d. prova di resistenza [. . .] costituisca un principio di più ampiaapplicazione in materia di funzionamento degli organi collegiali [. . .]”.Peraltro uno specifico riferimento alla prova di resistenza si ricava dall’art. 2373 c.c.; disposizioneritenuta non eccezionale dalla dottrina che ne ammette l’applicazione analogicaanche a fattispecie non contemplate. Cfr. Guerrera, La responsabilità “deliberativa” nelle societàdi capitali, Torino, 2004, p. 184.Condivide l’opinione dei supremi giudici, Nazzicone, Sindaco decaduto ed invalidità, direttae derivata, di deliberazioni societarie, cit., c. 2186 s., rifacendosi anche ai principi espressidalla giustizia amministrativa.( 53 ) Riferimenti in Cavalli, Collegio sindacale, cit., p. 759 ss., Magnani, Collegio sindacale.Controllo contabile, Comm. diretto da Marchetti, Bianchi, Ghezzi e Notari, Milano, 2005,sub art. 2404, p. 233, Sodi, Riunioni e deliberazioni del collegio sindacale: profili procedimentali,cit., in part. p. 142 s.( 54 ) Sul “fenomeno di imputazione” si rinvia a Angelici, La società nulla, Milano, 1974,p. 88 ss.( 55 ) Il contrasto (o la non conformità) tra norma e azione (rispetto ad un comportamentoviolato o omissione rispetto a un comportamento dovuto) non è un dato storicamente sufficienteper cogliere le conseguenze dell’antinomia: è l’ordinamento che predispone quei meccanismiritenuti idonei per la sua conservazione; è l’ordinamento che prevede le “sanzioni”,come misure cui ricorrere “[. . .] per ottenere la massima osservanza delle sue norme [. . .]” etra le quali può trovare spazio anche la nullità (o annullamento) e il risarcimento del dannoper violazione del neminem laedere (v. Bobbio, voce Sanzione, cit., p. 530 ss., in part. p. 535 ss.).

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