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gennaio-febbraio - Carte Bollate

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DOSSIERforum - Tavola rotonda in redazione sul senso di un percorso rieducativoEducati, ammaestratio addomesticati?Che senso ha, oggi, la rieducazione anche in un carcere come <strong>Bollate</strong>? Le redattrici e i redattori dicarte<strong>Bollate</strong> hanno discusso di questo argomento con Susanna Magistretti, presidente della cooperativaCascina <strong>Bollate</strong> e con un gruppo di educatori. Non sono certo mancati gli interventi. E le domande…Anna Viola, agente di rete, si occupa di stranieri detenutie coordina il Gruppo MigrantiGià “trattamento” è una parola orribile, una roba fisica, legataagli oggetti. Il mio ruolo è far sperimentare ai detenutirelazioni diverse da quelle precedenti, meno manipolatoriee più pulite, soprattutto con l’aiuto degli educatori. È un po’difficile in carcere, perché i comportamenti sono sempreminati dal rapporto di valutazione. Diciamo che sarebbegià un buon risultato se riuscissimo a offrire loro, una voltaliberi, la possibilità di una vita differente, ma senza obbligarli,mostrandogli solo delle scelte, scelte che comportanoregole e sacrifici.Alvaro Virgili, redattoreMa se uno non ha un mestiere quando esce cosa fa? Il lavoroè un gettone da spendere all’esterno. Se ci fosse una preparazioneprofessionale per quando si esce…AnnaL’obiettivo finale è dare una possibilità di scelta, e questarichiede un gran lavoro su di sé e il proprio modo di relazionarsicon gli altri, imparare a stare nelle regole del lavoro,con qualunque tipo di datore di lavoro, al di là delle competenzespecifiche.AlvaroSì, ma se uno non sa far niente o se manca il lavoro… Unodopo dieci anni perde il contatto con la realtà esterna, poiesce di qui pieno di teoria, servirebbe di più imparare qualcosadi pratico che poi fuori viene richiesto. Servirebbe unascuola di arti e mestieri.Alberto Portalupi, agente di rete, si occupa dell’areadimittendiSe la premessa è imparare a fare delle scelte, il presuppostopuò essere proprio la causa per cui si è dentro, cioè unascelta sbagliata, rispetto alla quale non sempre ci si vuolemettere in discussione.AlvaroNon tutti sono disposti a rimettersi in discussione, lo abbiamovisto intervistando i nostri compagni che non partecipanoa nessuna attività. Ma gli educatori cosa fanno perstanare i fancazzisti?Susanna Ripamonti, direttrice carte<strong>Bollate</strong>Bella domanda, facendo l’inchiesta che pubblichiamo suquesto numero del giornale abbiamo visto che l’atteggiamentodel detenuto astensionista è un po’ questo: se possolavorare bene, altrimenti non m’interessa. Oppure c’è l’atteggiamentosimulatorio di chi si mostra interessato alleattività solo per avere una buona sintesi, con i benefici chene conseguono, indipendentemente dal mettersi in discussione.Anche questa è rieducazione?Francesco, redattoreRieducare è portare su una strada normale, ma se uno lasua scelta l’ha già fatta bisogna stimolarlo per farlo usciredal guscio, facendogli fare cose che interessano a lui e non achi gliele propone…Enrico, redattorePiù di una volta i compagni mi hanno detto: vorrei fare uncerto tipo di lavoro ma non ho gli strumenti. Dei corsi professionalieffettivamente darebbero la professionalità chemanca.AnnaÈ limitativo pensare solo in termini di lavoro: tanti detenutiun lavoro lo avevano già. Il problema è cambiare mentalità,non solo imparare un mestiere spendibile.EnricoLa strada principale dovrebbe essere quella di avviare unpercorso interiore che ti aiuti a riflettere e a cambiare. Iodopo tante litigate ho ottenuto di essere seguito da uno psicologoe questo mi è servito, ma per gli altri sarà sempre piùdifficile. Oggi le psicologhe sono ultraimpegnate nel settimoreparto (sex offender, ndr), con detenuti che hanno unanno di osservazione obbligatoria, un vero percorso formativoper tutti è impossibile e il lavoro diventa un po’ la curaper tutti i mali.Susanna Magistretti, responsabile di Cascina <strong>Bollate</strong>Sembra che il lavoro sia il motore del reinserimento in sensolato ma non è affatto così. Il lavoro è un diritto, però è ancheun modo per rimettersi in gioco e sperimentare la propriacapacità di relazionarsi con gli altri, di rispettare tempi,produttività, disciplina, cosa che il carcere rende possibile,comunque anche il poco lavoro che c’è qui dentro aiuta,in assenza di psicologi. Sicuramente lavorare alle serre puòaiutare a reggere le frustrazioni sperimentando nuove relazioni,e regole, come fuori, con la differenza che dentro lerelazioni sono molto più difficili. Qual è l’educazione a <strong>Bollate</strong>?Il problema è usare questo periodo nella maniera piùproduttiva possibile per la persona. Il canale del lavoro è ilpiù facile e il più sponsorizzato, ma non va confuso con ilfornire gli strumenti per mettere in gioco quelle cose chehanno provocato l’incarceramento.Antonella, redattriceQuesta è la mia prima volta in carcere, sono arrivata inespertae mi accorgo che questa esperienza mi sta incattivendo,l’istituzione mi sta facendo male, non mi sta rieducando,mi sta rendendo peggiore. Fuori avevo un lavoro e ora nonl’ho più. Cosa troverò una volta uscita?Elena, redattriceQuando mi hanno arrestata mi sono portata dentro i mieivalori, la mia educazione e quelli sono qui, dentro di me.Sto pagando nel modo più dignitoso possibile per il reatoche ho commesso, con la carcerazione ho perso tutto, lavoro,relazioni… Quando uscirò mi rimboccherò le maniche ericomincerò da capo.Daniela, redattrice18 carte<strong>Bollate</strong>

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