eligiose e monasteri confiscati, seminari chiusi o ridottial minimo, congregazioni religiose, scuole cattoliche edorganizzazioni giovanili soppresse, curie vescovilicontrollate da emissari governativi, clero falcidiato etenuto estraneo a ogni realtà sociale, i giovani, ifunzionari, i militari, gli insegnanti impediti nelfrequentare le chiese. Unica eccezione era la patria delGiovanni Paolo II, la Polonia, dove la Chiesa con ilvigore di una fede antica e fervente e col suo forteradicamento nella realtà nazionale, riusciva a tenertesta, tra privazioni e sacrifici, alle pressioni del regimerosso.Le strutture del «socialismo reale» apparivanofortissime, inespugnabili.L'elezione a papa del cardinale Karol Wojtyła il 16ottobre 19<strong>78</strong> fu l'improvviso evento che ha sommossodal profondo la realtà dei paesi a regime comunista.Apparve subito che il papa venuto dalla lontana Poloniaportava in una personalità vigorosamente carismatica,alcuni elementi che nel decennio dal 1979 al 1989, allacaduta dei regimi totalitari comunisti vennero fattori disfida e di totale confronto: l'esperienza personale cheun pastore della Chiesa aveva delle oppressioni eingiustizie sofferte nel copro e nello spirito, della propriagente; l'affermazione che i diritti dell'uomo affondanonell'unica radice della dignità della persona, sonostrettamente connessi fra loro - scelte di coscienza,espressioni del pensiero, libertà di lavoro e diassociazione, etc. - e costituiscono la verifica per lalegittimità degli Stati e dei governi; la fierezza di unanazione che, come diceva il cardinale Wyszyński,avendo avuto confiscate la libertà e sovranità,rivendicava la restituzione della propria dignità storica ecristiana.Ed ora il nuovo papa, successore del Grande ecompianto papa Wojtyła ha il compito di continuare talemissione che ha guadagnato la fiducia e la gratitudinedi papa Giovanni Paolo II, che in lui ha trovato lagaranzia dell‘ortodossia e il collaboratore competente,grazie al quale ha pubblicato encicliche come la «Fideset Ratio» e ha portato a termine quel «NuovoCatechismo» che ha fissato i confini al di là dei quali siesce dalla comunione di fede. Il nuovo papa JosephRatzinger, Benedetto <strong>XV</strong>I vuole continuare senzacambiamenti l'opera di vita del Papa Giovanni Paolo II edei suoi predecessori annunciando anche che nonrisparmierà «sforzi e dedizione» per proseguire «ilpromettente dialogo» avviato dai suoi predecessori conle diverse civiltà «perché dalla reciproca comprensionescaturiscano le condizioni di un futuro migliore pertutti». Ha anche detto: «È mio desiderio proseguirequesto fruttuoso dialogo e condivido, in proposito,quanto ha osservato Giovanni Paolo II che cioè "ilfenomeno attuale delle comunicazioni sociali spinge laChiesa ad una sorta di revisione pastorale e culturalecosì da essere in grado da affrontare in modo adeguatoil passaggio epocale che stiamo vivendo".»E qui devo sottolineare - sia per l'Ungheria che per glialtri Stati d'Europa - che quanto sia importantecontinuare il cammino sulle tracce dell'eredità grecoromana-cristiana,di cui alimentavano quelle culturali,artistiche da parte di ciascuna nazione senza perdere lapropria identità nazionale (!). Perché tutte questeradici tradizionali insieme hanno formato l'Europaquella che è ora. E per questo dobbiamo ricordareassolutamente anche al grido di Giovanni Paolo II:«Non si tagliano le radici dalle quali si è nati», perchégli elementi più preziosi e prestigiosi dell'identitàculturale europea, gli elementi che definiscono l'Europacome tale sono particolarmente: le radici cristiane el'eredità greco-romana. [N.d.A.: A proposito di questoargomento potete leggere una selezione dei testi da me curata nellarubrica «L'ECO & RIFLESSIONI ossia FORUM AUCTORIS».]Mi riempie di gioia, che il papa Ratzinger conoscebene anche noi magiari - come anche Giovanni Paolo IIche spesso ribadì anche gli episodi della nostra storiacomune cioè quella dei Polacchi e Magiari -, ha anchevisitato più volte la mia Patria la quale egli vuole bene.Nel suo messaggio inviato tramite il primato Péter Erdő(n. 1952) ha espresso il suo saluto affettuoso per ilpopolo ungherese chiedendo la benedizione del Dio peresso. Ringraziandola prego per lui che possa portareavanti la sua grande missione per il bene dell'interaumanità!EDITORIALE A<strong>NN</strong>O X <strong>NN</strong>. 49/50 Marx.-Apr./Giu.-Lu. 2006[...] Se darete un‘occhiata aquesto nostro fascicolo, scoprireteche siamo arrivati ad unnumero giubilare: 50. In piùcamminiamo anche verso al 10°anniversario della nostra pubblicazione.In queste occasionivorrei dire grazie a tutti i mieifissi o occasionali Collaboratori adistanza, ai Corrispondenti e adAutori vari che in tutti questi annihanno dato il loro validocontributo, così abbiamo camminato insieme finoadesso, un periodo che è quasi metà della miapermanenza di 22 anni in Italia.Quando ho fondato questa rivista, ho avuto scopidiversi: prima di tutto quello di dare a me stessa unimpegno intellettuale regolare, dato che non potevoesercitare la mia professione originale di docentepresso la pubblica istruzione italiana – salvo qualcheoccasionale lezione volontaria o d‘insegnamento privato–; dato che la mia seconda patria non mi ha offertoaltre possibilità di lavoro redditizio e continuo – potreiscrivere dei grossi volumi sulle amare esperienze inproposito – ed ho solo avuto ed ho scarse possibilitàoccasionali – dietro compenso – di traduttrice,interprete, mediatore linguistico-culturale.Devo anche annotare che, qui in Italia, dell‘attivitàgiornalistica ho avuto delle possibilità soltantooccasionali e gratuite. Un altro mio obbiettivo era dipoter esercitare a pieno titolo anche la professione digiornalista, quindi essere iscritta all‘Ordine Nazionaledei Giornalisti Italiani: nonostante le mie referenze, leredazioni non mi hanno dato la possibilità delpraticantato al fine di essere iscritta all‘Ordine. Per meera d‘importanza vitale appartenere almeno ad unordine professionale italiano. Non ho aspirato allacategoria del giornalista professionista, perché essendo―soltanto‖ pubblicista – categoria disprezzata da molticolleghi professionisti – posso anche dedicarmi – se micapitano! – ad altre attività professionali redditizie. Nelfrattempo anche in Ungheria sono diventata giornalista(professionista e pubblicista) a pieno titolo. A questi32OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>
scopi si era associato quel desiderio di dare una voceagli scrittori minori oppure ignorati e far conoscereanche la letteratura e cultura ungherese della miaPatria d‘origine: Essendo di origine ungherese e propriodocente anche della letteratura magiara mi sono sentitain prima persona moralmente obbligata a diffondere unpo‘ le perle letterarie della mia Patria d‘origine, ancheperché nonostante l‘alto livello letterario mondiale, acausa della lingua, le opere dei miei compatrioti inOccidente difficilmente vengono tradotte dalla linguaoriginale, e molte volte provengono da qualchetraduzione tedesca o di lingua slava. Poi, questa rivistavoleva essere non soltanto italiana, ma ancheinternazionale: lo suggerisce anche il titolo della testatacon la dicitura: «Ferrara e l‘Altrove».In un editoriale del 2001 ho scritto questeosservazioni che ritengo ancora attuali: «Oggi,purtroppo, possiamo constatare che i valori sonodeformati. Il mondo in cui viviamo è dominato dalprofitto e dal mercato, tutti vogliono accaparrarsi leposizioni migliori. La gente vive in una gara spietata edin questa lotta cambiano totalmente i criteri divalutazione così si perdono diversi elementi del nostroessere umano. La gente è impaziente, non conosce latolleranza. Come se vivessimo in una nuova torre diBabele: l'umanità d'oggi è costituita da una massa dipersone che non si capiscono tra di loro ed è quindisempre meno capace di capire le scienze e la cultura.Le conseguenze dell'orientamento al profitto sonoevidenti anche nelle fonti della cultura: sono sempre inmaggior numero gli editori, teatri, studi che puntanoprincipalmente al raggiungimento dei superprofitti e perquesto scopo producono dei libri e degli spettacolicommerciali che non offrono divertimento di lungadurata, non trasmettono valori, ma al contrario, sonopiù facilmente digeribili, più velocemente vendibilipertanto portano profitti maggiori. In questo modo lacultura si è spezzata in due: la cultura d'èlite chegarantisce effetti e sensazioni di lunga durata e lacultura di massa, che conquista sempre maggiorespazio, spesso esclusivamente con scopo di lucro (…).La massa è più interessata agli show luccicanti privi diumorismo ma pieni d'idiozia, alle star famose, alle soapopere,e così via. Nel mondo dei libri soltanto una fasciasempre più esigua di persone cerca i libri di qualitàrispetto alla letteratura mediocre o di pura evasione,pertanto l'edizione dei primi è in continuo calo.Purtroppo è il mercato a pilotare le arti, perché riesce asopravvivere soltanto quell'artista, scrittore, scienziatoetc., che dispone di una fonte finanziaria.Quindi la cultura viene suggestionata dal mercato ed ilmercato è controllato sempre più da gruppi ristretti.Così il futuro della cultura è concentrato nelle mani dipoche persone… Non è facile affatto dare delle ―ricette"adatte a salvaguardare la vera cultura. Il problema èpiù complesso di quanto si possa pensare… Avremo uncompito importantissimo: quello di risponderecorrettamente ai richiami, sfidare le "produzionispazzatura", le basse esigenze culturali, risollevare ilgusto medio della gente dalla mediocrità in cui staaffondando, impegnarci per la conoscenza e per laconservazione delle tradizioni locali e nazionali e fare inmodo che i valori oggi appartenenti alla cultura d'èlitesiano accessibili a tutti con un utilizzo ragionevole dellenuove tecniche… Comunque, ogni membro delle societàdeve essere consapevole del fatto di non esseresoltanto una ruota nel meccanismo del mercatocapitalista, che la vita non è solamente unacompetizione, ci dobbiamo rendere conto di essereanime sensibili, bisognose di una visione del mondosana, di valori reali e della vera cultura…» Queste mieosservazioni ancor‘oggi non hanno purtroppo persol‘attualità.Le parole di Jolanda Serra meritano essere citateanche dopo cinque anni, pubblicate nel doppioeditoriale del nostro fascicolo della primavera-estate del2000 (v. <strong>NN</strong>. 13/14): «Leggo i pensieri dei tanti comeme che in attesa di un domani, che sia più giusto; di undomani che ci dia voce che venga e risuoni tra gli umoridel tempo; una voce, la nostra, che sia alta e fortecome quella di coloro che… parlano… parlano… (ah, separlano!) e mettono fuori suoni e suoni e non ascoltanomai la bizzarria e la monotonia del loro "muto" parlare.E sì, perché noi (poeti) siamo muti di voce… peròparliamo; loro (tutti gli altri) sono la voce dei muti… eparlano senza mai dire!E dice Alfonso Savio di Napoli: "…ascolto la miavoce…", mentre "…la voce di lei… è coperta dai rumoridel mondo", e prendo in prestito questi pensieri pertrasportarli oltre e metterli fianco a fianco e poi stare lìa guardarli e a sentirli parlare; la mia voce è muta,eppure io l'ascolto, ascolto il silenzio; la voce degli altririmbomba per il mondo, ma i rumori del mondo stessone seppelliscono i suoni.E l'una e l'altra non sono più ciò che erano, ma sifanno altro ed allora il mio silenzio si fa voce e la vocedel mondo si fa silenzio: fuori e dentro me!E per tutti noi, poeti, c'è una voce, una voce fatta disilenzi che ci accompagna nel buio dei nostri giorni e ciscioglie le amarezze, goccia per goccia, come perennemedicina salvavita che rinasce ad ogni tramonto e siconsuma ad ogni respiro.E c'è poi una voce di tutti che sbraita, impreca,s'avvinghia, s'aggrappa, scivola sugli specchi, percuotee frusta, si tonifica del silenzio degli altri e s'erge apadrona di tutto e di tutti, ma questa non ci appartiene:non è la voce dei poeti, ma la voce di chi non chiede:prende; di chi non ascolta: urla; di chi crede: ma nonsa; di chi pur di far tacere la voce del fondo: strilla,sgomenta; spazza ed impazza come la bufera che stapercuotendo i vetri del mio balcone.E da questa rivista, s'alza una voce: è la mia voce, èla nostra voce; è la voce di chi ama, di chi guarda, dichi ascolta, di chi tace, di chi non parla, di chi dice colsilenzio dei suoi pensieri; di chi pensa e modula il suonodella sua voce, che sia dolce ed umana, ritmica emelodiosa, che sia calda ed intensa come le fiammeche mi lambiscono il volto in quest'istante.È la voce di questa rivista che riempie in questomomento la mia stanza e il mio cuore; ed io l'ascolto eparlo; e parlo a tutti coloro che hanno lasciato la lorovoce su queste pagine; e parlo a me e non sento più lesferzate che travolgono le pareti della mia casa enemmeno l'urlo del vento che scuote le ombre dellanotte che già hanno invaso il cielo.E mentre lascio che le voci mi scorrano dentro, sentouna magia che mi percorre la mano e lo sguardo: daTreviso la voce scende giù, fino a Siracusa e poiOSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 33
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