EDITORIALE VI <strong>NN</strong>. 27/28 Lu./Ago-Sett./Ott. 2002Nelle prime due settimane del maggio scorso ho avutoun'esperienza straordinaria - di cui potete leggere unsintetico resoconto nella rubrica «L'Eco & Riflessioniossia Forum Auctoris» in occasionedi una conferenza linguistica svoltain Ungheria. L'argomento era lalingua, la madrelingua ungherese.I temi congressuali, i forum e letavole rotonde l'hanno messa sottoriflettore da vari punti di vista, siparlava e discuteva delle questionilinguistiche, dal bi- eplurilinguismo, delle traduzioniletterarie e dei suoi problemi, dellessico, dei vocaboli, delle parole brutte e triviali,dell'importanza e della forza della madrelinguaungherese e che cosa significhi per gli Ungheresi dellamadrepatria e per gli Ungheresi dispersi in tutto ilmondo. Da qui mi viene una riflessione generica cheriguarda la lingua in generale.Che cosa è la lingua? È lo strumento dellacomunicazione grazie al quale analizziamo edoggettiviamo la nostra esperienza mediante simbolifonici, cioè mediante le parole. È uno strumentoindispensabile per soddisfare le più varie necessità dellavita: per mezzo della lingua non solo possiamoscambiarci informazioni pratiche, ma possiamo stabilirei rapporti sociali, ottenere dagli altri quello chevogliamo, esprimere le nostre emozioni, capire i nostristessi pensieri, conoscere idee e sentimenti di personelontane nel tempo e nello spazio… La lingua ciaccompagna in tutte le attività ed in tutti i pensieri, conessa noi descriviamo tutto quello che ci si presenta.Possiamo dire che la lingua è come uno specchio cheriflette tutto quello che facciamo e pensiamo tuttoquello che hanno fatto e pensato gli uomini delpassato; quindi, la lingua è lo specchio della vita: perciòosservandola possiamo conoscere meglio le nostreabitudini e l'organizzazione della nostra società, lanostra civiltà e la nostra storia; e, attraverso confronti,possiamo conoscere anche l'organizzazione sociale, laciviltà e la storia degli altri popoli. La lingua è, quindi,nient'altro che il mezzo del pensiero, dell'espressione,una realtà obiettiva con valore sociale. La lingua è laparte indispensabile della civiltà, della nostra cultura,della cultura della nazione a cui essa appartiene. Èmolto importante curarla ed usarla con civiltà senzaimbottirla con parole triviali… Non è indifferente il mododel parlare. Il grande poeta magiaro, nonchériformatore linguistico Ferenc Kazinczy (1759-1831)scrisse: ―Parla e dico chi sei. - Fermati! Ti conoscoperfettamente!…‖ È vero, con la bocca sporca - volgare- non si può avere l'anima nobile. Chi usa delleespressioni triviali non può sentire e percepirel'atmosfera ed i sentimenti delle parole e delleespressioni, non può conoscere l'anima delle parole ecosì non può penetrare al fondo dello spirito umano. Lavolgarità linguistica è equivalente alla volgaritàspirituale. La cultura, la civiltà linguistica è uguale allaciviltà, alla cultura del comportamento degli esseriumani. Il culto della lingua, la sua protezione èimportante per i contatti umani, per lo scambio deipensieri e per la divulgazione della cultura nazionale. Lalingua è la portatrice della cultura di una nazione.Ricordatevi delle parole di Buffon: «Lo stile è l'uomostesso»!…Chi parla è pronto a sacrificare al bisogno diesprimere i suoi sentimenti, la purezza della lingua,accettando espressioni banali, ma efficaci e spontanee,al posto di altre più nobili e magari più esatte, che lì perlì non sono a sua disposizione o che contribuirebberoad allontanarlo dai suoi uditori. Dato che è condizioneessenziale l'essere immediatamente compreso, il lessicosarà limitato, perché bisogna restringersi a parole che sisanno a portata di tutti. Perciò, secondo i casi, vinoteranno dei notevoli sbalzi fra un'espressione urbana,accolta senz'altro dalla lingua scritta, anche se ugualenella dizione delle persone di alta e media cultura, finoad una plebea, comune all'ambiente popolare dellepersone incolte e ad una rustica, propria dalle masserurali e provinciali, che hanno interessi linguisticispeciali imposti dall'ambiente conservativo, ritardatariodella campagna e dei piccoli centri appartati. Quandochi parla non ha una sufficiente cultura, egli non solonon raggiunge la lingua superiore, ma sproposita,anche se evita il dialetto.La lingua letteraria - rispetto alla lingua parlata comeafferma C. Battisti nella ―Struttura della lingua italiana‖- è caratterizzata dal maggior controllo esercitato su séstesso dallo scrittore. Questi esprime il suo pensierosecondo le regole fissate dall'uso letterario e dedotte damodelli stilistici o da reminiscenze, limitando il propriovocabolario ad una scelta di parole usate in unsignificato convenzionale. Anche se egli ricorre ad unatecnica dell'espressione personale, questa sarà non solouniforme, ma nemmeno troppo lontana dalla norma. Lanota predominante è la correttezza, che vienesorpassata solo quando chi scrive vuoledeliberatamente superare una tradizione che egli sentela necessità di infrangere. Nella lingua scrittal'individualità dell'autore si muove dunque in un campodi esperienze artistiche entro cui lo scrittore sceglie ilmezzo che ritiene più adeguato allo scopo letterario cheegli si prefigge di raggiungere. L'artista in quanto ècreatore può valersi di innovazioni che giovano a dareun colorito personale alla sua espressione; puòricorrere, secondo il suo senso linguistico ed i suoicriteri personali, ad arcaismi ed a neologismi; puòvalersi, sempre per ragioni artistiche, di parole rare evoci tecniche, può attingere anche ad espressionifamiliari, ma comunque, la sua lingua si uniformerà aquella letteraria del suo tempo. Non sono peròd'accordo quando per questo vengono usate anche leespressioni triviali che nei giorni d'oggi non sonopurtroppo rare nelle opere di alcuni scrittoricontemporanei.Si dice quindi che la lingua serve per comunicare, maa volte esistono lingue che sembrano voler sfuggire aquesto fine: lingue misteriose, in certo senso, sono igerghi. Si chiamano tali i linguaggi segreti, particolari,usati da gruppi di persone a scopo difensivo, per nonfarsi comprendere dagli estranei oppure che parlandoin un certo modo mirano a ―riconoscersi‖ tra loro.Accanto alla volontà di nascondere, nel gergante c'èsempre la volontà di stupire i compagni. Ingannare ilnemico e stupire gli amici sono le due finalità del gergo,le quali sono presenti - sia pure con diversa intensità -22OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>
nei linguaggi della malavita, dei soldati, dei mestieri, deigiovani, etc. Non si deve dimenticare che il gergo èusato spesso in ambienti e circostanze diverse da quelleoriginarie. Voci ed espressioni gergali, quando sonointrodotte nella conversazione ordinaria, servono per unfine stilistico. In varie epoche la lingua letteraria italianaha assunto termini ed espressioni dai gerghi perricavarne espressività e colore: dal Rinascimento airomanzi di Emilio Gadda (1893-1979) i gerghi hannocircolato nel mondo letterario italiano…Il grande studioso filologo ungherese Béla Bárczi(1894-1985) così si era espresso: «La lingua è lostrumento dei nostri pensieri e sentimenti, dei nostrirapporti quotidiani, è il componente principale, anzi èla condizione di ogni sviluppo umano. Senza la linguanon è immaginabile alcuna società umana neanche adun livello più primitivo. La "lingua" è per ognuno lamadrelingua. Si può imparare una lingua straniera, anziin casi eccezionali si può anche saperla molto bene,ma a livello di madrelingua ogni suo elemento è pienodi mille colori e di contenuti espressivi, ed essa ciaccompagna durante la nostra educazione e durante lanostra evoluzione, anzi in certo senso determina anchela nostra mentalità, il nostro modo di pensare… Laprofonda conoscenza della lingua, l'autoconsapevolezzalinguistica sono doveri elementari di tutti, maparticolarmente di color che con intento artistico sipresentano davanti al pubblico lettore…»Qui accennerei qualcosa a proposito un aspettoparticolare della lingua nazionale d'Italia - della vostralingua - nel rapporto tra la lingua italiana ed i dialetti.Per capire la realtà linguistica italiana d'oggi, bisognatener conto della loro esistenza: la comunità linguisticafondamentale è rappresentata dall'insieme dei dialettiitaliani che sono una parte importante della storiaitaliana. Tra gli Italiani c'è sempre stata anche latendenza a riunirsi in un unico Stato e a parlare lastessa lingua. Quando Firenze riuscì ad affermare la suaciviltà e la sua lingua, quello fu l'inizio per ritrovarel'unità. Lo sforzo per diffondere l'uso di una linguacomune e l'aspirazione all'unità politica portarono alRisorgimento ed alla nascita dello Stato italiano. Èquesta l'altra storia della storia d'Italia, per gli Italianioggi la più importante. La civiltà di Firenze ha datoorigine alla ―lingua italiana‖: alla fine del DuecentoFirenze era diventata una delle «grandi potenze»d'Europa. Questa forza economica e politica favorì losviluppo di una splendida civiltà: Firenze fu prestopopolata di artisti e di scrittori. Nel Trecento tre scrittori- Dante, Petrarca, Boccaccio - scrissero opere di grandevalore nel volgare fiorentino, loro lingua nativa. Gliscrittori delle altre regioni, affascinati dai modellifiorentini della «Commedia», del «Canzoniere», del«Decameron», cominciarono fin dal Trecento adimparare il fiorentino e a scrivere in questa lingua.Anche la diffusione della stampa, verso 1470, rafforzòquesta tendenza. E così un po' alla volta il fiorentino fuconsiderato non più dialetto, ma la lingua comune degliItaliani. Naturalmente, gli scrittori di ogni epoca e gliabitanti di ogni regione hanno aggiunto via via alfiorentino molti elementi nuovi. Ma la strutturafondamentale della lingua comune era quella delfiorentino e tale è rimasta fino ad oggi.Per molto tempo la lingua italiana fu usata solo perscrivere. La lingua di tutti era il dialetto. Nel Seicento,Settecento ed Ottocento scrittori e scienziati di ogniregione usarono sempre più la lingua unitaria. Ma talelingua era conosciuta solo dalle persone colte, che sene servivano unicamente per scrivere; queste stessepersone non sapevano usarla con facilità quandoparlavano! In fondo, la lingua italiana si parlavasoltanto in Toscana, e un po' anche alla corte papale diRoma. Nel resto d'Italia le persone di ogni classesociale, istruite o no, nella conversazione di qualsiasigenere e anche nelle discussioni in pubblico siservivano del dialetto locale. Insomma era ancora ildialetto la lingua viva e spontanea per la gran massadegli Italiani. Servendosi del solo dialetto, però, gliabitanti delle varie regioni non riuscivano a stabiliresaldi legami tra loro; e di ciò si preoccuparono scrittorie studiosi. Mentre in Europa si compivano grandi eventistorici, si sentiva sempre più nel Paese la necessità chela lingua unitaria fosse compresa da tutti. Da alcunisecoli gli scrittori discutevano sulla «questione dellalingua», cioè sulle difficoltà che creava in Italia lamancanza di una lingua comune, parlata da tutti.Nell'Ottocento le discussioni si fecero più vive, perché siconstatava che la mancanza di unità linguisticaostacolava l'unificazione politica. I molti problemidiscussi dagli scrittori dell'Ottocento cominciarono arisolversi davvero solo quando si formò lo Stato italianounificato. L'unificazione politica dell'Italia - compiutasitra 1859 e il 1870 - è l'avvenimento fondamentale cheha modificato le condizioni di vita del Paese e ha spintoper la prima volta la massa degli Italiani ad usare unalingua comune. Poi altri avvenimenti hanno avuto uneffetto più rapido come gli spostamenti di popolazione,i nuovi mezzi di comunicazione di massa, l'istruzionegratuita ed obbligatoria. La lingua italiana è dunque,ormai, una lingua viva e largamente diffusa, però leabitudini della popolazione italiana sono in parteancora diverse da un luogo all'altro. L'italiano ed ildialetto vivono ancora l'uno vicino all'altro. Perciò,anche chi parla sempre l'italiano, attraverso il suoambiente ha preso almeno qualcosa dal dialetto locale.Ma i dialetti italiani sono tanti e diversi, e perciòl'italiano parlato è un po' diverso da regione a regione.Tant'è vero che spesso possiamo indovinare da qualeregione proviene una persona, anche se parla soltantoin italiano. Questo italiano così ―insaporito‖ di dialettosi chiama italiano parlato regionale.Se la lingua italiana non avesse accolto centinaia divocaboli anche delle varie regioni, oggi cimancherebbero molte parole ed espressioni più tipicheche usiamo. Queste voci dialettali sono penetrate nellalingua italiana un po' in tutte le epoche. Si nota che leparole prestate dai dialetti si riferiscono a moltissimisettori della vita comune e ciò vuol dire che gli Italianinell'ultimo secolo hanno cominciato a conoscersidavvero. I legami sempre più stretti tra gli Italianihanno permesso che si diffondessero rapidamenteespressioni della lingua familiare o dei sopraccitatigerghi.La lingua italiana d'oggi, quindi, ha raccolto in sétutta la storia del Paese: nella lingua si ritrova la tracciadi tutti gli eventi che si sono succeduti nel tempo… Aparere mio però è un errore opprimere il proprioOSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 23
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