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Osservatorio Letterario Anno XIV/XV NN, 77/78 2010/2011 - EPA

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EDITORIALE VI <strong>NN</strong>. 27/28 Lu./Ago-Sett./Ott. 2002Nelle prime due settimane del maggio scorso ho avutoun'esperienza straordinaria - di cui potete leggere unsintetico resoconto nella rubrica «L'Eco & Riflessioniossia Forum Auctoris» in occasionedi una conferenza linguistica svoltain Ungheria. L'argomento era lalingua, la madrelingua ungherese.I temi congressuali, i forum e letavole rotonde l'hanno messa sottoriflettore da vari punti di vista, siparlava e discuteva delle questionilinguistiche, dal bi- eplurilinguismo, delle traduzioniletterarie e dei suoi problemi, dellessico, dei vocaboli, delle parole brutte e triviali,dell'importanza e della forza della madrelinguaungherese e che cosa significhi per gli Ungheresi dellamadrepatria e per gli Ungheresi dispersi in tutto ilmondo. Da qui mi viene una riflessione generica cheriguarda la lingua in generale.Che cosa è la lingua? È lo strumento dellacomunicazione grazie al quale analizziamo edoggettiviamo la nostra esperienza mediante simbolifonici, cioè mediante le parole. È uno strumentoindispensabile per soddisfare le più varie necessità dellavita: per mezzo della lingua non solo possiamoscambiarci informazioni pratiche, ma possiamo stabilirei rapporti sociali, ottenere dagli altri quello chevogliamo, esprimere le nostre emozioni, capire i nostristessi pensieri, conoscere idee e sentimenti di personelontane nel tempo e nello spazio… La lingua ciaccompagna in tutte le attività ed in tutti i pensieri, conessa noi descriviamo tutto quello che ci si presenta.Possiamo dire che la lingua è come uno specchio cheriflette tutto quello che facciamo e pensiamo tuttoquello che hanno fatto e pensato gli uomini delpassato; quindi, la lingua è lo specchio della vita: perciòosservandola possiamo conoscere meglio le nostreabitudini e l'organizzazione della nostra società, lanostra civiltà e la nostra storia; e, attraverso confronti,possiamo conoscere anche l'organizzazione sociale, laciviltà e la storia degli altri popoli. La lingua è, quindi,nient'altro che il mezzo del pensiero, dell'espressione,una realtà obiettiva con valore sociale. La lingua è laparte indispensabile della civiltà, della nostra cultura,della cultura della nazione a cui essa appartiene. Èmolto importante curarla ed usarla con civiltà senzaimbottirla con parole triviali… Non è indifferente il mododel parlare. Il grande poeta magiaro, nonchériformatore linguistico Ferenc Kazinczy (1759-1831)scrisse: ―Parla e dico chi sei. - Fermati! Ti conoscoperfettamente!…‖ È vero, con la bocca sporca - volgare- non si può avere l'anima nobile. Chi usa delleespressioni triviali non può sentire e percepirel'atmosfera ed i sentimenti delle parole e delleespressioni, non può conoscere l'anima delle parole ecosì non può penetrare al fondo dello spirito umano. Lavolgarità linguistica è equivalente alla volgaritàspirituale. La cultura, la civiltà linguistica è uguale allaciviltà, alla cultura del comportamento degli esseriumani. Il culto della lingua, la sua protezione èimportante per i contatti umani, per lo scambio deipensieri e per la divulgazione della cultura nazionale. Lalingua è la portatrice della cultura di una nazione.Ricordatevi delle parole di Buffon: «Lo stile è l'uomostesso»!…Chi parla è pronto a sacrificare al bisogno diesprimere i suoi sentimenti, la purezza della lingua,accettando espressioni banali, ma efficaci e spontanee,al posto di altre più nobili e magari più esatte, che lì perlì non sono a sua disposizione o che contribuirebberoad allontanarlo dai suoi uditori. Dato che è condizioneessenziale l'essere immediatamente compreso, il lessicosarà limitato, perché bisogna restringersi a parole che sisanno a portata di tutti. Perciò, secondo i casi, vinoteranno dei notevoli sbalzi fra un'espressione urbana,accolta senz'altro dalla lingua scritta, anche se ugualenella dizione delle persone di alta e media cultura, finoad una plebea, comune all'ambiente popolare dellepersone incolte e ad una rustica, propria dalle masserurali e provinciali, che hanno interessi linguisticispeciali imposti dall'ambiente conservativo, ritardatariodella campagna e dei piccoli centri appartati. Quandochi parla non ha una sufficiente cultura, egli non solonon raggiunge la lingua superiore, ma sproposita,anche se evita il dialetto.La lingua letteraria - rispetto alla lingua parlata comeafferma C. Battisti nella ―Struttura della lingua italiana‖- è caratterizzata dal maggior controllo esercitato su séstesso dallo scrittore. Questi esprime il suo pensierosecondo le regole fissate dall'uso letterario e dedotte damodelli stilistici o da reminiscenze, limitando il propriovocabolario ad una scelta di parole usate in unsignificato convenzionale. Anche se egli ricorre ad unatecnica dell'espressione personale, questa sarà non solouniforme, ma nemmeno troppo lontana dalla norma. Lanota predominante è la correttezza, che vienesorpassata solo quando chi scrive vuoledeliberatamente superare una tradizione che egli sentela necessità di infrangere. Nella lingua scrittal'individualità dell'autore si muove dunque in un campodi esperienze artistiche entro cui lo scrittore sceglie ilmezzo che ritiene più adeguato allo scopo letterario cheegli si prefigge di raggiungere. L'artista in quanto ècreatore può valersi di innovazioni che giovano a dareun colorito personale alla sua espressione; puòricorrere, secondo il suo senso linguistico ed i suoicriteri personali, ad arcaismi ed a neologismi; puòvalersi, sempre per ragioni artistiche, di parole rare evoci tecniche, può attingere anche ad espressionifamiliari, ma comunque, la sua lingua si uniformerà aquella letteraria del suo tempo. Non sono peròd'accordo quando per questo vengono usate anche leespressioni triviali che nei giorni d'oggi non sonopurtroppo rare nelle opere di alcuni scrittoricontemporanei.Si dice quindi che la lingua serve per comunicare, maa volte esistono lingue che sembrano voler sfuggire aquesto fine: lingue misteriose, in certo senso, sono igerghi. Si chiamano tali i linguaggi segreti, particolari,usati da gruppi di persone a scopo difensivo, per nonfarsi comprendere dagli estranei oppure che parlandoin un certo modo mirano a ―riconoscersi‖ tra loro.Accanto alla volontà di nascondere, nel gergante c'èsempre la volontà di stupire i compagni. Ingannare ilnemico e stupire gli amici sono le due finalità del gergo,le quali sono presenti - sia pure con diversa intensità -22OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>

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