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Atletica UISP on line

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<str<strong>on</strong>g>Atletica</str<strong>on</strong>g> <str<strong>on</strong>g>UISP</str<strong>on</strong>g> <str<strong>on</strong>g>UISP</str<strong>on</strong>g> <strong>on</strong> <strong>on</strong> <strong>line</strong> <strong>line</strong> - 36 - 36 <str<strong>on</strong>g>Atletica</str<strong>on</strong>g> <str<strong>on</strong>g>UISP</str<strong>on</strong>g> <str<strong>on</strong>g>UISP</str<strong>on</strong>g> <strong>on</strong> <strong>on</strong> <strong>line</strong> <strong>line</strong> - 37 - 37Il ragazzo che catturò il ventodi William Kamkwambac<strong>on</strong> Bryan Mealera cura diD<strong>on</strong>atella VassalloSiamo nel 2002: l’euro fa il suo debutto in Europa,l’Argentina va in bancarotta, in Cina si inaugurail primo tratto ferroviario ad alta velocità. Il Malawi,i cui tre quarti della popolazi<strong>on</strong>e vive c<strong>on</strong> menodi un dollaro al giorno, c<strong>on</strong>osce una delle peggioricarestie dell’ultimo quarto di secolo. La notizia sarebbesfuggita alle cr<strong>on</strong>ache m<strong>on</strong>diali se un quattordicenne,William Kamkwamba, n<strong>on</strong> avesse aguzzatol’ingegno trovando un modo per trasformare l’unicaricchezza del Paese, il vento, in energia elettrica.La sua storia, raccolta dal giornalistaamericano Bryan Mealer inun libro edito in Italia da Rizzoli,parte da l<strong>on</strong>tano, da un’infanziadi povertà trascorsa a giocarec<strong>on</strong> il poco trovato qua e là: vecchieradio<strong>line</strong>, assi di legno, ruotedi biciclette. Il tutto alimentatoda una insaziabile curiosità: “Checosa fa muovere il motore?” chiedevaai cami<strong>on</strong>isti fermi nella z<strong>on</strong>acommerciale della sua città.Ma nessuno sapeva risp<strong>on</strong>dergli.Decide così di trovarsi le risposteda solo e lo fa nel momentoin cui il destino pare voltargli lespalle: le pianticelle di mais destinatea sfamare la popolazi<strong>on</strong>esi piegano sotto un sole implacabile;il governo, pressato dallacomunità internazi<strong>on</strong>ale, avevavenduto la maggior parte dellescorte di cereali per saldare unaquota del suo debito; il padren<strong>on</strong> ha i soldi per la sua iscrizi<strong>on</strong>ea scuola. William si rifugia allorain una piccola biblioteca localefinanziata dagli americani, c<strong>on</strong>oscea malapena l’inglese maosserva le figure. Un giorno trovaun libro sulle turbine eoliche sullacui copertina c’era un mulino avento: “Se esiste sulla copertina,qualcuno deve averla costruita,quindi posso riuscirci anch’io”.Quando si dice la fiducia… Guardacaso, se c’è una cosa che n<strong>on</strong>manca nel Malawi, questa è ilvento: trasformare la sua energiasignificherebbe dare l’elettricitàal 98% della popolazi<strong>on</strong>eche n<strong>on</strong> ce l’ha e, soprattutto,attraverso una turbina, irrigare icampi e moltiplicare i raccolti. Simette così in cerca del materialefrugando in un’autodemolizi<strong>on</strong>ezeppa di macchine rotte e carrozzeriedi auto e trattori dimenticati.I ragazzi della scuola, vicina aldeposito, gli urlano dalle finestre:“Guardate, è tornato William, è lìche gioca c<strong>on</strong> la spazzatura”. Lochiamano misala, pazzo. Ma ilragazzo è abituato alle difficoltà.Incurante delle critiche, assemblal’elica di un trattore arrugginito,un vecchio paraurti, il telaiodella bicicletta del padre, alcunitubi di plastica e, come guarnizi<strong>on</strong>e,i tappi delle bottiglie dibirra Carlsberg. Ne viene fuoriuna struttura traballante che pareispirata alle sculture mobili diCalder: sembra un miracolo chestia in piedi e, ancora di più, che,spinta dal vento, riesca ad accendereuna radio. È ancora poco, sidice William. Adesso ha l’elettricitàin camera, può leggere anchela notte e rendersi c<strong>on</strong>to che, sevuole produrre più elettricità,deve procurarsi un trasformatore.N<strong>on</strong> lo trova, se lo costruisceda sé e fa ricaricare così i cellularidei vicini di casa. I suoi c<strong>on</strong>cittadiniric<strong>on</strong>osc<strong>on</strong>o finalmente ilsuo valore e il suo nome inizia acircolare tra i villaggi. La sua operadiventa quasi la meta di pellegrinaggidestando pian piano lacuriosità dei giornalisti. Da lì inpoi si apre un’altra pagina dellasua vita: grazie all’interessamentodi un ricercatore, riprende glistudi presso un c<strong>on</strong>vitto a indirizzoscientifico e poi all’AfricanLeadership Academy di Johannesburg,in Sudafrica, un istitutofrequentato da alcuni tra i piùingegnosi e brillanti adolescentidel c<strong>on</strong>tinente. Viene persinoinvitato in Tanzania a un’importantec<strong>on</strong>ferenza per scienziatie inventori. Molti gli chied<strong>on</strong>ocome abbia fatto. La sua rispostaè semplice: “Se vuoi farcela, devibuttarti”. Ma William n<strong>on</strong> vuolefermarsi qui: si sta impegnando,c<strong>on</strong> altri giovani del suo c<strong>on</strong>tinente,per fare dell’Africa una fucinadi innovazi<strong>on</strong>e. La tenacia n<strong>on</strong> glimanca: “Spero che questa storiagiunga ai nostri fratelli e sorellelà fuori, a coloro che cercano unmodo per migliorare se stessi ela loro comunità, ma si sent<strong>on</strong>oscoraggiati dalla miseria. Voglioche sappiano di n<strong>on</strong> essere soli.Lavorando insieme, possiamotogliere il fardello della cattivasorte dalle loro spalle, come hofatto io, e usarlo per costruire unfuturo migliore.”

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