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PERLASTORIA - PBM Storia

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la newsletter per l’insegnante di storia gennaio febbraio 2012 Numero 48-49<strong>PERLASTORIA</strong>mailStrumenti e proposte per il lavoro in classe e l’aggiornamento27 gennaioGiorno della memoriaValentina Pisanty<strong>Storia</strong> e memoriaAbusi di memoria.Per una memoriacritica della ShoahMarco FossatiContesto storico27 gennaio 1945, 27 gennaio 2012Cecilia Cohen Hemsi NizzaTradizioneebraicaZakhÒr.L’imperativodel ricordo nellatradizione ebraicaGabriele BarbatiOggi in IsraeleCinquant’annidal processoEichmann.Una mostra aGerusalemmee Tel AvivRoberto Roveda<strong>Storia</strong> degli ebreiGli ebrei in Europa traMedioevo e prima Età modernaLino ValentiniWeb DidatticaSiti utili perlezioni storicomultimedialisulla ShoahAgendaAppuntamentiper il Giornodella MemoriaEdizioni ScolasticheBruno Mondadori


Contesto storicoMarco FossatiMarco Fossati insegna storia e filosofia al Liceo classico “G. Berchet”di Milano. Per Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori è autoredi numerosi manuali di storia per le scuole superiori.27 gennaio194527 gennaio200027 gennaio2012L’ingresso del campo diconcentramento di Auschwitz.27 gennaio 1945Oswiecim, Polonia«Il 26 gennaio […] l’artiglieria e l’aviazione sovietichenon si concedevano un attimo di tregua. L’indomani nonci furono né salve d’artiglieria né incursioni aeree. Pensammoche il fronte si fosse allontanato. Avevamo i nervia fior di pelle. L’idea che la Gestapo sarebbe potuta ritornareci toglieva la voglia di vivere. D’un tratto scorsi dallafinestra alcune sagome umane in abito bianco e grigio.Erano circa le cinque del pomeriggio. All’inizio pensammoche fossero tornati i prigionieri. Corsi fuori dalla farmaciaper vedere di chi si trattava. Che gioia! I nostri liberatori,una pattuglia di soldati sovietici in avanscoperta!Li baciammo e li salutammo a lungo. Ci invitarono adallontanarci. Dissero che rimanere lì era pericoloso, perchénon era ancora chiaro dove si fosse appostato il nemico.Ci scostammo di qualche passo, ma presto ci riavvicinammoai nostri salvatori.»Così racconta quello che è successo il 27 gennaio 1945una ragazza internata ad Auschwitz la cui memoria figuranel libro che Vasilij Grossman e Il’ja Erenburg curaronoper documentare lo sterminio ebraico nei territoriorientali (V. Grossman, I. Erenburg, Il libro nero. Il genocidionazista nei territori sovietici 1941-1945, Mondadori,Milano 2001).La narrazione è scarna, senza l’enfasi che ci si aspetterebbenella descrizione di una giornata così importante.Lo stesso tono sommesso si ritrova nel ricordo di PrimoLevi: «La prima pattuglia russa giunse in vista del campoverso il mezzogiorno del 27 gennaio 1945. […] Eranoquattro giovani soldati a cavallo, che procedevano guardinghi,coi mitragliatori imbracciati, lungo la strada chelimitava il campo. Quando giunsero ai reticolati, sostaronoa guardare, scambiandosi parole brevi e timide, e volgendosguardi legati da uno strano imbarazzo sui cadaveriscomposti, sulle baracche sconquassate, e su noi pochivivi» (Primo Levi, La tregua, Einaudi, Torino 1963).Così, quasi con pudore, viene raccontato dai testimoniquel giorno che segnò la fine di Auschwitz e simbolicamenteanticipò la vittoria contro il nazismo che sarebbecostata invece, nella realtà, ancora sforzi e sofferenzeenormi. Anche i protagonisti di quella giornata, i soldatidell’Armata Rossa che abbatterono i cancelli del lager,appaiono in tono minore. Parlano sottovoce; si mostrano,nel ricordo di Levi, perfino imbarazzati.La guerra di sterminio sul fronteorientaleNon era la prima volta, però, che alla vista dei soldatirussi si presentavano le tracce dello sterminio di massa.Avanzando attraverso i paesaggi distrutti e spopolatidella Bielorussia e della Polonia orientale erano già arrivati,nel luglio del 1944, al campo di sterminio di Majda-©Pearson Italia spa2 Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori


Valentina Pisanty Abusi di memoria. Per una memoria critica della ShoahVignetta di propaganda per le leggi razziali italiane, 1938.mento dei dettagli inutili, o presunti tali, dalla memoriadi una cultura non significa che essi vadano definitivamentepersi. Piuttosto, entrano in una zona di latenza,sepolti in archivi specializzati, virtualmente accessibili epotenzialmente attualizzabili qualora nuove circostanzene sollecitino la riesumazione.Ma chi decide quali, tra le informazioni potenzialmenteaccessibili, meritano di essere incluse nella memoriacollettiva? Per quale motivo – per esempio – ilprogetto di scrivere la storia della Distruzionedegli ebrei d’Europa, formulato daRaul Hilberg nel 1947, fu accolto con indifferenzasino al 1963, anno in cui l’operadi Hilberg venne finalmente riconosciutacome una pietra miliare della storiografiacontemporanea? 6 Perché la notorietà di Sequesto è un uomo di Primo Levi, che Einaudirifiutò di pubblicare nel 1947, si feceattendere sino al 1958? Perché ci sono volutidiversi decenni prima che la Shoah venisseritagliata dalla storia della SecondaGuerra Mondiale come evento di persé memorabile? Il fatto è che la memoriacollettiva non funziona alla maniera diWikipedia: non è un’Enciclopedia liberae aperta a chiunque desideri aggiungerneo modificarne le voci. Vi si accede più facilmente comelettori che non come autori, specie quando essa riguar-6 R. Hilberg, La distruzione degli ebrei d’Europa, Einaudi, Torino 1999.da eventi carichi di effetti politici sul presente, come nelcaso della Shoah. Come ha spiegato il filosofo MauriceHalbwachs, 7 la memoria collettiva è funzionale agli interessi,alle sensibilità e ai progetti di chi la gestisce, e i filtriculturali che selezionano gli episodi ritenuti memorabilidipendono dalle preoccupazioni e dai “pensieri dominanti”delle società a cui fanno capo.In ciò la memoria si distingue dalla storia (intesa comestoria critica): mentre questa persegue un ideale universalisticodi oggettività – o di intersoggettività – scientificache, almeno in teoria, la svincola da ulteriori funzionipratiche, ideologiche e/o politiche, la memoria ècostitutivamente particolare, soggettiva e strumentale.Contrariamente alla ricostruzione storica, che pretendedi essere “oggettivamente” vera, e dunque autorizzagli interpreti a confrontarla con l’evidenza documentariaper verificarne l’attendibilità, la memoria è sempre diqualcuno che la considera come la propria emanazionee perciò ritiene di poterne fare l’uso che vuole. Questamemoria è mia (e io sono la mia memoria): posso decideredi comunicarla ad altri o di tenerla per me, di farneun feticcio o di chiuderla in un cassetto, di confrontarlacon i dati storici o di attingervi liberamente per costruireintrecci epici; ma, per quanto qualcun altro possa sollecitarmia correggerne i contenuti (“guarda che ricordimale, le cose non sono andate come dici tu”), l’ultimaparola spetta sempre a me (“può darsi che tu abbia ragione,ma questo è ciò che mi ricordo”).Se la piena titolarità del soggetto è inoppugnabile nelcaso della memoria individuale, la faccenda si fa piùcomplicata in rapporto alla memoria collettiva. Parlaredella “nostra memoria” implica che tutti gli individui facenticapo al “noi” condividano la stessa rappresentazionedel passato, sia che questo riguardi eventi esperiti inprima persona, sia che si tratti di un passato distante rivissutovicariamente attraverso i racconti dei testimoni ele narrazioni imbastite a partire da essi dalle generazionisuccessive. Ma chi è il “noi” a cui fa capo la memoria dellaShoah: gli ebrei, gli italiani, gli europei,o l’umanità intera? La questione è tutt’altroche pacifica, e il formato della memoria(ciò che viene ricordato, il modo in cuiviene raccontato, la prospettiva attraversola quale si mettono a fuoco gli eventi) dipendein gran parte dalla scelta del “noi”a cui attribuire il ricordo di questo traumacollettivo.Mettersi d’accordo sulla rappresentazionepiù adeguata di eventi recenti è diper sé un’impresa problematica. Quandopoi l’evento si riferisce a un passato cheva al di là dell’esperienza dei viventi, l’arbitrarietàdella costruzione narrativa si faancora più evidente. E siccome la memoriaè una risorsa ideologica preziosa, accadespesso che attorno a essa infurino le più accesepolemiche. Accade così che la memoria della Shoah si7 M. Halbwachs, La mémoire collective, PUF, Paris 1950.©Pearson Italia spa8 Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori


Valentina Pisanty Abusi di memoria. Per una memoria critica della Shoahtrasformi in terreno di scontro tra modi diversi di interpretareil passato, come dimostra la cosiddetta “controversiadegli storici” scoppiata in Germania nel 1986 8 ,e come dimostrano le polemiche di stampo revisionistascoppiate in Italia nel 2000, all’epoca dell’entratain vigore della legge sul Giorno della Memoria, circa lapresunta necessità di estendere la commemorazione a“tutte le vittime della guerra”, e più specificamente allevittime delle foibe, quasi a cercare il pareggio in un macabroderby ideologico.Abusi di memoria: banalizzare,sacralizzareSe la memoria comporta sempre un principio di abuso,di distorsione e di appropriazione indebita del passato,che cosa si intende per “abusi di memoria” – un’espressioneche suggerisce la possibilità di distinguere tra usilegittimi e usi impropri non già della storia o del passatotout court, bensì della memoria che di quel passatosi appropria? Quali sono i parametri che stabilisconola soglia oltre la quale la produzione (e il consumo)della memoria cessa di svolgere la sua legittima funzioneculturale per dar luogo a pratiche illecite, dannose osfrenate?Secondo Tzvetan Todorov 9 , la differenza sta nel tipo digeneralizzazioni a cui la memoria dà adito. I due abusidi cui si discute più sovente – la sacralizzazione e la banalizzazione– si situano ai poli di un continuum che vadall’affermazione dell’assoluta unicità, incomparabilitàe indicibilità dell’evento commemorato (sacralizzazione)alla generalizzazione scriteriata di tale evento, privatodi ciò che esso ha di specifico e omologato sommariamentead altri eventi (banalizzazione).Sacralizzare la Shoah significa sottrarre il genocidioebraico dalla serie degli eventi storici per proiettarlo inuna dimensione “altra”, metafisica e metastorica, in cui lamemoria viene isolata, riverita e protetta dalle incursioniindesiderabili, eventualmente allo scopo di rivendicareun monopolio sulla scelta delle interpretazioni a cuiessa può legittimamente dare adito.Banalizzare la Shoah, viceversa, significa ridurne la rappresentazionea formati narrativi ipercollaudati per renderela memoria più facilmente assimilabile e commercializzabile;oppure spogliare la Shoah dei suoi attributispecifici allo scopo di equipararla ad altri eventi che hannoinsanguinato la storia del XX secolo, secondo la logicaper cui se tutti sono colpevoli allora nessuno lo è per davvero.In ogni caso gli usi banalizzanti della Shoah riconduconol’evento (di per sé estremamente complesso e sfaccettato)a uno schema generalissimo con cui si pretendedi conferire senso alle situazioni più disparate, interpretatesecondo la dicotomia Vittima/Carnefice assoluti.8 La “controversia degli storici” tedeschi scoppia il 6.6.1986 sulla FrankfurterAllgemeine Zeitung con un articolo di Ernst Nolte, e con la risposta diJürgen Habermas pubblicata su Die Zeit dell’11.7.1986. Per un’antologia ditesti sulla Historikerstreit si veda G.E. Rusconi (a c. di), Un passato che nonpassa, Einaudi, Torino 1987.9 T. Todorov, Gli abusi della memoria, Ipermedium, Napoli 1996.In mezzo tra i due abusi, starebbe l’uso legittimo di una“memoria esemplare”, la quale generalizza l’evento queltanto che basta per ricavarne utili insegnamenti politicie morali. È vero che la Shoah è stata un evento uniconella storia dell’umanità, non equiparabile ad altri eventi,per tragici ed efferati che siano. Tuttavia, tenuto contoche «le cose possono essere comprese soltanto se messein relazione ad altre, in quanto si rilevino aspetti comunie differenze» , può essere utile mettere a confronto eventidiversi, Shoah inclusa, per individuarne i tratti comuni,i meccanismi ricorrenti ed, eventualmente, i nessi storicie causali. Ciò significa che, sotto un qualche rispetto,la Shoah – articolata nelle sue diverse fasi: leggi razziali,ghettizzazione, deportazione, internamento, lavori forzati,fino allo sterminio – presenta alcuni punti di contatto conaltri eventi storici, e la questione semmai è di riconoscereche certe somiglianze sono più pertinenti di altre.Per una memoria criticaVediamo allora come il concetto di “memoria esemplare”potrebbe applicarsi alla rammemorazione dellaShoah e, più specificamente, della Shoah in Italia. Si èdetto, in apertura, che uno dei malintesi più diffusi riguardoal Giorno della Memoria è la tendenza a considerarequesta data come un’occasione celebrativa. Alcontrario, la ricorrenza del 27 gennaio dovrebbe stimolareuna discussione critica sulle origini storiche del razzismoin Italia e sui meccanismi psicologici e retoricidell’esclusione xenofoba. Un buono spunto di partenza,specie nelle scuole, potrebbe essere lo studio del capitolopiù oscuro della recente storia italiana, ossia la promulgazionee l’applicazione delle leggi razziali.Si sa che la propaganda fascista giocò un ruolo importantenelle politiche razziste, rafforzando stereotipi,rispolverando antichi pregiudizi, confezionando pseudo-argomentiper dimostrare come le leggi razziali fosseroconformi alle Leggidella Natura. Certo, èdifficile capacitarsi che cifosse qualcuno, all’epoca,disposto a prestare seriaattenzione a simili assurdità,data la rozzezza argomentativadi gran partedi questo materiale.Basta sfogliare le paginedi un fascicolo qualsiasidella Difesa della razza, ilprincipale organo del razzismoitaliano, con la suaUna copertina della rivista“La difesa della razza”,diretta da Telesio Interlandi.galleria di mostri la cuifunzione retorica era difar risaltare per contrastole virtù estetiche e moralidella presunta stirpe ario-romana, per sperimentare(si spera) un misto di incredulità e di indignazione chedi primo acchito può tradursi in una risata distanzianteo in un moto di disgusto, ma che lascia uno strascico diinterrogativi su cui vale la pena soffermarsi.©Pearson Italia spa9 Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori


Valentina Pisanty Abusi di memoria. Per una memoria critica della ShoahE 16,00Valentina Pisanty insegna Semiotica all’Universitàdi Bergamo. Sul tema della Shoah ha scrittoL’irritante questione delle camere a gas: logicadel negazionismo (Bompiani 1998) e La difesadella razza: antologia 1938-1943 (Bompiani 2006).9788861596528Valentina PisantyAbusi di memorias_BMValentina PisantyAbusi di memoriaNegare, banalizzare, sacralizzare la Shoahsaggi_Bruno MondadoriAnno 2012ISBN 9788861596528pp. 160 - Euro 16,00http://www.brunomondadori.com/scheda_opera.php?ID=4239La memoria della Shoah occupa un postocentrale nella coscienza contemporanea.Non potrebbe essere altrimenti: la narrazionedello sterminio è troppo potente per essere tenutaa distanza, ci riguarda e ci struttura come individuie come membri della comunità.Ciò che muta, si evolve, sperimenta derivee assestamenti non è dunque l’esigenza diffusadi confrontarsi con un evento così traumatico,ma piuttosto l’intreccio degli usi a cui la suamemoria è stata sottoposta, con l’effettocumulativo di trasformare la Shoah in oggettodi devozione, collante ideologico, categoriadi pensiero, prodotto di marketing e,all’occorrenza, strumento contundente.Di tali usi questo libro tratta non con il finedi discriminare la memoria legittima da quellacattiva, ma di indagarne le logiche e i dispositiviretorici; di ricostruire i percorsi di trasformazionedell’evento storico in macchina mitologica,che genera a sua volta sensi e abusi ulteriori;di mostrare – secondo una prospettiva nuova –l’interazione fra i tre abusi che oggisi contendono la gestione della memoria:la negazione, la banalizzazione, la sacralizzazione.Immagine di copertina: © Marka/Michal Krakowiak Design A+GCom’è possibile che queste cose siano state dette efatte? Come mai non sono state respinte lì per lì tra glisghignazzi generali? Con quali atteggiamenti venivanorecepite, quali dissonanze producevano nelle mentimeno sprovvedute e, di converso, quali effetti esercitavanosugli allievi di e «tutte la sacralizzazione le scuole della Shoah. del Questa Regno» triade a cui unaI tre abusi sono: la negazione, la banalizzazioneforma un sistema complesso di dispositivi retoricicircolare di Giuseppe che interagiscono Bottai tra prescriveva loro. Ciascuno tenta l’acquisto e ladi impadronirsi della memoria del genocidiolettura della rivista di – della Telesio sua rappresentazione Interlandi? culturalmenteregistrata, così come si cristallizza nel sentirePuò darsi che, in tempi comune e nel di sapere regime, condiviso la – per propaganda piegarla venisseprodotta e ricevuta dei contenuti una storici buona che ne intralciano dose l’uso. di cinismo e diai propri obiettivi specifici, dopo averla svuotatascetticismo e che – a parte quei pochi fanatici che veramentecredevano nella necessità impellente di ripulire la«pura razza italiana» dalle scorie dell’ebraismo e di altrerazze e sottorazze contaminanti – per il resto degli italiani«La difesa della razza» e altre pubblicazioni dello stessotenore giocassero un ruolo ideologico marginale. Resta ilfatto che, attraverso la ripetizione martellante di stereotipirazzisti, la cultura di regime fornì, se non altro, un pretestoa coloro che, tra il 1938 e il 1943, scelsero di non vedere,o di non preoccuparsi di ciò che stava accadendo9 788861 596528sotto i loro occhi.Detto questo, torniamo a chiederci quale funzione abbiada assolvere una giornata di studio specificamentededicata alla Shoah in Italia. A ricordare gli eventi, innanzitutto,visto che – come si è detto – sino alla metàdegli anni novanta del Novecento si è parlato poco emalvolentieri dell’aspetto più scomodo della storia delfascismo. Oltre alla funzione storica, però, il senso dellaricorrenza è – o dovrebbe essere – di mantenere vivi glianticorpi, tenuto conto che il razzismo non è solo un fantasmadel passato, e perciò andrebbe combattuto giornoper giorno con strumenti critici adeguati.Si continui dunque a considerare la Shoah come la pietramiliare della coscienza contemporanea, racconto ammonitoreche mostra esemplarmente le nefandezze dicui sono capaci gli esseri umani quando vengano menole condizioni minime della convivenza civile. Nel raccontarnela storia e commemorarne i morti, si promettasolennemente di conservare il ricordo dello sterminioaffinché episodi del genere non si ripetano mai più.A questa condizione, però: che, anziché risolversi nellacelebrazione stucchevole di non si capisce bene qualeidentità collettiva, l’occasione del 27 gennaio funga dastimolo per studiare senza indulgenza i nostri trascorsifascisti, per analizzare i meccanismi della xenofobiae dell’esclusione, per trovare il coraggio di riconoscereche “i razzisti siamo (stati) noi” e, da lì, per guardare alnostro passato con atteggiamento critico, che è l’esattocontrario della devozione alla memoria.DAL CATALOGO BRUNO MONDADORIAdrian Weale<strong>Storia</strong> delle SSAnno 2011ISBN 9788861595200pp. 352 – Euro 25,00http://www.brunomondadori.com/scheda_opera.php?ID=3809Giles MacDonogh1938. L’anno cruciale dell’ascesadi HitlerAnno 2011ISBN 9788861594982pp. 336 – Euro 25,00http://www.brunomondadori.com/scheda_opera.php?ID=4212Aa.Vv.Lager, totalitarismo, modernità.Identità e storia dell’universoconcentrazionarioAnno 2009ISBN 9788861592698pp. 320 – Euro 10,00http://www.brunomondadori.com/scheda_opera.php?ID=3296Peter SteinbachTestimone del fuoco. Claus VonStauffenberg e l’attentato aHitlerAnno 2008ISBN 9788861592575pp. 112 – Euro 12,00http://www.brunomondadori.com/scheda_opera.php?ID=2937Maurizio Ghiretti<strong>Storia</strong> dell’antigiudaismo edell’antisemitismoAnno 2007ISBN 9788861590458pp. 352 – Euro 12,00http://www.brunomondadori.com/scheda_opera.php?ID=2301Giovanni GozziniLa strada per Auschwitz.Documenti e interpretazionisullo sterminio nazistaAnno 2006ISBN 9788842499657pp. 240 - Euro 11,00http://www.brunomondadori.com/scheda_opera.php?ID=2034©Pearson Italia spa10 Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori


tradizione ebraicaCecilia Cohen Hemsi NizzaCecilia Cohen Hemsi Nizza vive a Gerusalemme, dove insegna all’Università ebraicaed è Assessore alla Cultura nel Consiglio della locale Comunità ebraica italiana.Per Bruno Mondadori ha curato un’edizione commentata e annotata de La Nuitdi Elie Wiesel, il volume Testimoni, a partire da brani di Vita e Destino di VasilijGrossman, e due racconti tratti da Il fumo di Birkenau di Liana Millu.Zakhòr.L’imperativodel ricordonella tradizioneebraicaUna famiglia di ebrei spagnoli riunita per la cenapasquale, miniatura inglese della metà del XIV secolo.Ricorda i tempi antichi, cercate di comprendere gli anni dei secoli trascorsi,interroga tuo padre e ti racconterà, i tuoi vecchi e te lo diranno. Deuteronomio, 32, 7Il concetto di Zakhòr nella lingua ebraicaDi tutte le facoltà che l’uomo possiede, sicuramente lamemoria è la più fragile, incerta, ingannevole. D’altraparte, l’essere umano si costruisce sulla memoria, senzala quale, come nel caso dei malati di Alzheimer, è comeun albero senza radici. Proprio per questa sua labilità,la tradizione ebraica impone l’obbligo del ricordo, indicatocon il termine Zakhòr. Questa parola ricorre per lomeno 169 volte nel testo biblico, in tutte le sue declinazionie anche nel suo opposto, l’oblio. Ricordare e nondimenticare, di fatto, diventano sinonimi.La parola Zakhòr, “ricorda!”, è un imperativo di secondapersona singolare, che rimanda alla radiceZaKHaR (apparentata secondo i linguisti moderni aDaKHaR, “penetrare”, “pungere”, “infiggere”), chesignifica “maschio”, opposto a NeKeVà, cioè “foro”,“femmina”. ZaKHaR è quindi una cosa piantata nelcuore, che rimanda a SaKHaR, “chiusura”, simile alconcetto di qualcosa che è custodito nel cuore, come sefosse una scatola ( La scrittura consonantica).«Tre volte all’anno ogni tuo maschio si presenterà davantial Signore tuo Dio nel luogo che avrà scelto … enon si presenterà a mani vuote» (Deuteronomio, 16, 16).Commentando questo passo, che prescrive l’obbligo ditre pellegrinaggi all’anno al Santuario di Gerusalem-me per portare offerte al Signore, alcuni Maestri invecedi leggere “maschio” leggono “colui che ricorda” (Bibbia, Torà, Talmùd). Significa che solo colui che rispondeall’imperativo della memoria può accedere alsacro, avvicinarsi al Signore. Il rituale (pellegrinaggioe offerta al Santuario) ha significato solo se si combinacon una visione etica della vita, fondata sul ricordo, chedeve profondamente penetrare nella coscienza. Presentarsidavanti al Signore altro non è che guardare in sé,La scrittura consonanticaLa lingua ebraica (ebraico biblico ed ebraicomoderno) è una lingua semitica e si basa su radiciin genere triconsonantiche. Anche la scrittura èconsonantica e solo in pochi testi (Bibbia, preghiere,poesia) si usano segni vocalici risalential Medioevo. La radice, modificata da prefissi, suffissie adeguatamente vocalizzata, assume funzionigrammaticali diverse. Non è certo che due paroleomonime o omofone derivino dalla stessa radice néche, nel caso di radice comune, si mantenga il legamesemantico. I Maestri della tradizione ebraica hannospesso giocato su questa ambiguità per trarne delleriflessioni e degli insegnamenti.©Pearson Italia spa11 Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori


Cecilia Cohen Hemsi Nizza Zakhòr. l’imperativo del ricordo nella tradizione ebraicaBibbia, Torà, TalmÙdIl termine Bibbia deriva dal greco tà biblía, “i libri”.In ebraico, la Bibbia è chiamata Torà,“insegnamento”. Per la tradizione ebraica larivelazione divina a Mosè sul Monte Sinai si componedi due parti, una scritta, il Pentateuco, ovvero i cinquelibri di Mosè, il libro dei Profeti e gli Agiografi, e unaorale, trasmessa appunto oralmente di generazionein generazione dai Maestri. Tradizione orale, basataquindi sulla memoria, che si mantenne tale fino aquando le circostanze storiche ne resero necessariala redazione. Nacque così il Talmùd (insegnamento,studio, discussione), articolato in due parti: la Mishnà(ripetizione), che raccoglie le discussioni dei maestrifino al II secolo E.V., e la Ghemarà (completamento),stilata tra il II e il V secolo E.V., che contiene icommenti alla prima.profondamente e sinceramente. E la memoria è la portache consente questa presa di coscienza.Lo Zakhòr ebraico è un concetto religioso e riguardaquindi non solo l’uomo, ma anche Dio: è un imperativoche li lega in maniera indissolubile. 1 E su questo imperativosi fonda la sopravvivenza del popolo ebraico edella sua identità, nonostante gli esili, le persecuzioni,i tentativi di sterminio, l’assimilazione. Di fatto per latradizione ebraica la storia coincide con la memoria e,come si vedrà più avanti, è legata alla rivelazione divina,non sentita come fattore “mitico”, ma come presenzaeffettiva nella vicenda umana. La storiografia, comestrumento principale di registrazione degli avvenimenti,qui non c’entra. 2è mai stato attribuito un significato universale, una visioneglobale, una benché minima trascendenza. Per lostesso Erodoto, considerato il primo storico, fare storiasignifica innanzitutto salvare la memoria dall’inesorabileerosione del tempo, cercare nel passato esempi edificantie lezioni morali, ridare gloria a quanti con le loroazioni se la sono meritati.Il senso della storia è un’invenzione tutta ebraica. Perla prima volta si concepisce che nella storia avviene l’incontrotra umano e divino che mette fine al concetto deterministicodella natura e dell’universo, dando vita alladialettica tra le sfide lanciate dal divino e i tentativi dirisposta dell’uomo.Il senso della storia nell’ebraismo sta proprio in questainterpretazione rivoluzionaria del divino. La storia sidefinisce nella dialettica permanente tra la volontà divinadi un creatore onnipotente e il libero arbitrio dell’uomo,tra l’obbedienza e la rivolta.Il tempo mitico dell’Eden finisce con il “peccato” diAdamo ed Eva che scelgono di entrare nella storia, portandocon sé però anche Dio. Da quel momento, il passatonon è più collocato in un tempo mitico, ma si innestain quello storico. Così Mosè può annunciare alpopolo l’imminente liberazione dalla schiavitù dall’Egitto,non in nome del Dio creatore del cielo e della terra,ma in nome del Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe,uomini in carne e ossa, che la Bibbia colloca in contestigeografici precisi, di cui definisce con precisione la genealogia.E ancora, il primo comandamento, nel suo riferimentoal Dio unico, lo indica come «Colui che ti hafatto uscire dall’Egitto». Quindi Israele comprende chiè Dio da quello che ha fatto nella storia.Il senso della storia e il suo rapportocon la memoriaIn genere, quando parliamo di storia pensiamo alla storiografia,intesa come scienza che, attraverso la ricercadi documenti, testimonianze, si prefigge di ricostruire ilpassato di una certa civiltà. E quanto più questa è lontanadal presente, tanto più si ricorre all’apporto di altrescienze, quali l’archeologia, la paleontologia, la geologia,l’etnologia ecc.Al contrario, ai primordi della civiltà, il tempo miticoè sentito più del tempo storico, che acquista significatosolo se si trasforma in mito. Nelle civiltà dell’EstremoOriente, tempo e storia sono considerati illusori e laconoscenza autentica, da cui scaturisce la salvezza, avvieneproprio in virtù di questa consapevolezza. Per ilmondo greco la storia è ricerca, conoscenza, ma non le1 «E non dimenticherà [il Signore] il patto che giurò ai tuoi padri» (Deuteronomio,4, 30-31).2 Yoseph Haym Yerushalmi, Zakhòr. <strong>Storia</strong> ebraica e memoria ebraica,Giuntina, Firenze 2011. Trad. di Daniele Fink. Titolo originale: Zakhòr. Jewishhistory and Jewish memory. «È una palese ironia che non si limita agli ebreisoltanto: l’esperienza quotidiana ci insegna che quel che si ricorda non corrispondea quanto viene registrato dagli annali e, sfortunatamente per lostorico, gran parte di ciò che viene registrato non viene ricordato» (p. 40).Mosè conduce il popolo ebraico fuori dall’Egitto mentre gliegiziani lo osservano da una torre; manoscritto ebraico delXIV secolo.©Pearson Italia spa12 Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori


Cecilia Cohen Hemsi Nizza Zakhòr. l’imperativo del ricordo nella tradizione ebraicaIn questo dipinto di Marc Chagall del 1933, la malinconia pensierosadell’uomo che stringe nella mano i rotoli della Torà sembraannunciare la bufera che sta addensandosi sul popolo ebraico:Hitler è appena salito al potere.Quattro sono i ricordi che l’ebreodeve conservare«Ricorda questo giorno nel quale siete uscitidall’Egitto dalla schiavitù.» Esodo, 13,3«Ricordati del giorno del Sabato persantificarlo.» Esodo, 20,8«Ricorda ciò che fece il Signore a Miriam.» Deuteronomio, 24,9Miriam, sorella di Mosè, colpevole di maldicenza e perquesto colpita da lebbra.«Ricordati di ciò che fece Amalèk quandoeri in viaggio… che ti assalì sulla strada ecolpì tutti coloro che affranti erano rimastiindietro mentre tu eri stanco e sfinito…» Deuteronomio, 25, 17Amalèk, re degli Amaleciti, un popolo più volte ricordatonei testi biblici, divenuto nel tempo archetipo dei nemicidel popolo ebraico.Funzione dello ZakhòrNel libro di Giosuè 3 si parla dell’ingiunzione rivolta aicapi tribù di porre delle pietre per ricordare il passaggiodel fiume Giordano all’entrata nella Terra Promessa.Ma poiché la memoria ebraica si esprime nel tempopiuttosto che nello spazio, queste pietre hanno lo scopodi sollecitare le domande dei figli ai padri e di sollecitarequesti a trasmettere loro il ricordo di quell’evento,attraverso il racconto. E, dato che la storia non si ripete,le sue varie fasi non potranno essere rivissute se nonattraverso il racconto di generazione in generazione, alpunto che ognuno dovrà sentirsi come se vi avesse partecipato.Solo da questa continua trasmissione può nascereuna memoria vitale, condivisa, una memoria vissutasempre come presente.Il racconto dell’uscita dall’EgittoLa cena pasquale (Pésach è il nome ebraico della festapasquale, la sua radice PaSaCH significa “saltare”)segue un rituale ben preciso chiamato Séder (ordine),durante il quale si legge un libro, la Haggadà, che nona caso si traduce con “racconto”, in cui si ripercorre la“storia” del popolo ebraico dal momento in cui Abramoabbandona la sua terra natale in Mesopotamia perandare «verso la terra che ti mostrerò» (Genesi, 12, 1).Durante la cena pasquale che ricorda l’uscita dall’Egittodel popolo ebraico, si recita sempre questo passo:«In ogni generazione ognuno deve considerarecome se fosse lui stesso uscito dall’Egitto», a significareche ognuno deve rivivere in prima persona quell’evento,riaffermando così il legame tra l’individualee il collettivo. È interessante notare che la Haggadàsceglie per raccontare la storia del popolo ebraico, daAbramo all’uscita dall’Egitto, un passo del Deuteronomio(26, 6-10) in cui gli avvenimenti sono narrati da«colui che porta le primizie al Tempio», da una perso-3 Giosuè, 4, 6-7.na cioè che non ha partecipato direttamente agli eventi.L’uscita dall’Egitto rappresenta il momento fondantedella nascita della storia degli ebrei come popoloe il suo ricordo è il fondamento della loro fede e dellaloro esistenza ( Quattro sono i ricordi che l’ebreodeve conservare). 4Memoria e oblioMa la memoria è anche selettiva. Non si può ricordaretutto. Anzi, la conoscenza avviene anche attraverso unprocesso di reminiscenza di ciò che si è dimenticato. 5 Lostorico Yerushalmi 6 porta l’esempio di due patologie similinella loro opposizione. Se la perdita della memoriaè grave, lo è altrettanto un eccesso di memoria, per cuinon avviene mai la sedimentazione di ricordi precedenti,ma nella mente del malato affiorano tutti contemporaneamente,provocando uno stato confusionale. 7 Ora, ildivieto di dimenticare, nella tradizione ebraica, riguardatutto quanto può interrompere quella trasmissione cheassicura la sopravvivenza identitaria, in sostanza, l’eticae la legge. Un esempio: del potente re di Giuda, Manasse,la Torà si limita a dire «Fece ciò che è male agli occhi delSignore». Nulla di più. Ciò che conta è non dimenticarecome si è svolto il passato. L’unico caso in cui è prescrittol’obbligo di cancellare un ricordo si riferisce ad Amalèk.4 Secondo il filosofo Emmanuel Lévinas, la memoria della schiavitù e dellaliberazione comporta anche un altro imperativo, di «non ingannare né angustiarelo straniero perché stranieri foste nella terra d’Egitto» (Esodo, 22, 20).5 In un trattato del Talmud, viene detto che il feto, quando è ancora nell’utero,conosce tutta la Torà e il mondo nella sua totalità. Ma, nel momentodella nascita, un angelo lo colpisce sulla bocca, facendogli dimenticare tutto.Dovrà dunque imparare tutto di nuovo, attraverso uno sforzo di conoscenzapersonale.6 Y.H.Yerushalmi, Réflexion sur l’oubli, in Usages de l’oubli, Seuil, Paris 1988.7 In un racconto di Borges, il protagonista, Ireneo Funes, dopo una cadutada cavallo, scopre di non poter più dimenticare nulla e la sua vita diventaun inferno. Jorge Luis Borges, Funes o della memoria, in Finzioni, trad. di F.Lucentini, Einaudi, Milano 1974, pp. 90-91.©Pearson Italia spa13 Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori


Oggi in IsraeleGabriele BarbatiGabriele Barbati è dal novembre 2011 corrispondente per Mediaset a Gerusalemme. Sioccupa di Israele e Territori palestinesi, ma anche delle vicende degli altri paesi dell’area, inmodo particolare Egitto, Siria, Iran. Reporter Tv, cameraman e montatore, collabora anchecon numerose testate periodiche. È stato corrispondente dalla Cina per SkyTg24 e RadioPopolare. Come giornalista ha lavorato anche in Corea del Sud, India, Indonesia e Pakistan.Cinquant’annidal processo Eichmann.Una mostra a Gerusalemme e Tel AvivPer i cinquant’anni dal processo Eichmann,si è tenuta nel dicembre 2011 alla Knesset,il parlamento israeliano a Gerusalemme,una mostra incentrata sul rapimentodel criminale nazista in Argentina, condocumenti e oggetti messi a disposizionedal Mossad. La mostra, con altro materialeinedito, riaprirà a Tel Aviv fino allo YomHaShoa, il Giorno della Memoria, chequest’anno, seguendo il calendario ebraico,cade il 19 aprile.Adolf Eichmann durante il processo nel 1961.La prima riflessione collettivain Israele sull’OlocaustoIsraele iniziò a fare i conti con la propria storia in unmomento preciso: l’11 aprile 1961. Allora, nella BeitHa’am di Gerusalemme, la Casa del popolo, si aprivail processo ad Adolf Eichmann, l’ex tenente colonnellodelle SS accusato di avere organizzato lo sterminiodi milioni di ebrei sotto il regime nazista. Dentro, laCasa del popolo era affollata di diplomatici, personalitàe centinaia di giornalisti invitati a seguire l’evento.Fuori, cittadini senza ancora la tv scalpitavano incollatialla radio, prima che a migliaia avessero accessoall’interno. Il mondo, distratto dall’impresa spaziale diYurij Gagarin e dalla guerra d’Algeria, seguiva i fattiattraverso le corrispondenze degli inviati.L’obiettivo del processo, ripreso da quattro telecamere,era stato dichiarato senza mezzi termini dal primoministro, David Ben-Gurion, in un’intervista a unquotidiano francese. Il giudizio a carico di Eichmann,aveva detto un mese dopo la sua cattura, avrebbe datogiustizia alle vittime e creato al contempo una coscienzanazionale. A risuonare dal banco dei testimoni, infatti,furono soprattutto i racconti di un centinaio disopravvissuti, spesso non direttamente collegati allavicenda dell’imputato. Il dibattimento si basò principalmentesu tali testimonianze, le prime rese pubblicamentesull’Olocausto. Dal 1948 nel neonato stato,infatti, le priorità della sicurezza e del ritorno di milionidi ebrei avevano impedito una riflessione collettiva.Aveva contato anche la vergogna di cui erano gravatii superstiti agli occhi dei “nuovi” ebrei sionisti guidatida Ben-Gurion: la convinzione secondo cui milionidi persone in Europa avessero accettato la morteper mano dei nazisti come animali al macello, senzaribellarsi, fatta eccezione per l’insurrezione nel ghettodi Varsavia del gennaio 1943 (la testimonianza inaula di Zivia Lubetkin, che parlò di un atto di disperazionepiuttosto che di eroismo, incrinò questa versio-©Pearson Italia spa15 Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori


Gabriele BarbatiCinquant’anni dal processo Eichmann. Una mostra a Gerusalemme e Tel Avivne). Il periodo di calma relativa e di sviluppo economicoseguito alla guerra del 1956 aveva fornito invece alprimo ministro l’occasione di ottenere una legittimazionepolitica di Israele attraverso quel processo che,nell’intervista a “Le Monde”, chiamò «la Norimbergadegli Ebrei».La Norimberga degli ebreiA Norimberga, tra il 1945 e il 1946, i vincitori dellaSeconda guerra mondiale avevano messo alla sbarradi un tribunale militare speciale gli sconfitti: 24 gerarchie poi altre migliaia di nazisti accusati di crimini diguerra e crimini contro l’umanità. La definizione giuridicadi tali crimini era stata elaborata prima e dopo ilprocesso e poneva le fondamenta delle Dichiarazioniin cui le Nazioni Unite avrebbero sancito i diritti universalidell’Uomo. Nella città tedesca, tuttavia, la questioneebraica era stata trattata come uno tra gli altricrimini commessi dal Terzo Reich. Stavolta, a Gerusalemme,dichiarò il procuratore generale, «sei milionidi accusatori sono qui accanto a me [...] e io parleròa loro nome». L’arringa iniziale di Gideon Hausnersfiorò toni messianici, ben oltre i quindici capi d’accusa(incluso lo specifico crimine contro gli ebrei introdottoda una legge ordinaria del 1950) di cui doveva risponderel’imputato protetto da una barriera antiproiettilea evitare vendette individuali dal pubblico. Eichmann,che aveva collaborato pienamente nelle quasi trecentoore d’interrogatorio delle indagini preliminari, assistettecomposto alla difesa condotta dall’avvocatoRobert Servatius. Un processo celebrato da una Cortedi Israele e dunque non terza rispetto alle vittimee all’imputato – e che giudica crimini commessi fuoridal territorio dello stato non solo contro ebrei e inbase a una legge retroattiva – non è valido, sostenne illegale, in sintonia con le opinioni di alcuni all’estero.Eichmann aveva peraltro eseguito esclusivamente gliordini impartiti dai propri superiori, come egli stessoripeté nei controinterrogatori. La difesa cercò sempredi richiamare il processo dai simboli ai fatti commessinel caso specifico.Chi era Adolf Eichmann?Ma chi era quell’uomo allampanato, in una gabbia divetro e con un insistente tic alla bocca e all’occhio sinistrodietro spesse lenti da miope?Adolf Eichmann nasce a Solingen, in Renania, nel1906, primo di sei figli. Il padre, impiegato nella localesocietà elettrica, trasferisce la famiglia in Austria dove ilgiovane Eichmann stenta negli studi e prende a lavoraregrazie alle conoscenze paterne, da ultimo come commessoviaggiatore. Licenziato per via della crisi economicadegli anni venti e trenta, si avvicina alla politica,attirato dall’idea di un riscatto tedesco rispetto all’umiliazionesubita al termine della Prima guerra mondialee dal Partito nazionalsocialista. L’adesione piena all’utopianazista di grandezza, di cui Eichmann condividela ricerca della purificazione della razza, passa attraversol’arruolamento nelle SD, il Servizio di sicurezza delpartito, dove diventa uno dei responsabili dell’emigrazioneebrea. Rinunciando a beni e diritti, in cambio delpassaporto e dei documenti per il viaggio forniti dallaHanna Arendt, La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme, 1963far testo sulla figura di EichmannA è stato per decenni, prima dinuove ricerche, il resoconto delprocesso pubblicato dalla filosofaHanna Arendt nel suo La banalitàdel male. Eichmann a Gerusalemme(edizioni Feltrinelli, 1964). SecondoArendt, e in parte anche secondoaltri autori, il processo-spettacolomesso in piedi da Ben-Gurion servivaa impartire tre “lezioni”: ricordareal mondo perché milioni di personefossero state assassinate per il fatto insé di essere ebree e le responsabilitàdiffuse della Shoah; dire agli ebreidella diaspora che sebbene il mondofosse stato ostile verso di loro sipoteva combattere attivamente,come dimostrato dai “nuovi ebrei”che avevano fondato lo stato diIsraele; per gli israeliani, creare ecustodire una memoria della tragediainflitta al loro popolo. L’impattomaggiore del libro fu tuttaviadovuto alla descrizione della figuradell’imputato come un funzionarioincapace di un pensiero autonomo eaccondiscendente al regime nazistache esigeva il massacro. Una personamediocre ossessionata da complessid’inferiorità, un banale burocratedel male in contrapposizione all’ideadel male radicato e consapevole chele autorità israeliane associavano aEichmann.«[...] Qui si devono giudicare le sueazioni, non le sofferenze degli ebrei,non il popolo tedesco o l’umanità, eneppure l’antisemitismo e il razzismo[...]», rifletteva l’autrice. Questaposizione venne molto criticata.Commentatori israeliani addossaronoa Hanna Arendt, ebrea di originitedesche, una presunta mancanza diempatia verso le vittime, gli storiciuna sottovalutazione del ruolo attivoe zelante di Eichmann nel genocidio.Altri notarono la sua limitatapresenza a Gerusalemme. HannaArendt seguì infatti per conto dellarivista americana The New Yorker leudienze delle prime tre settimane,fondandosi poi sulle trascrizionidei dibattimenti, perdendo perciòl’intensità mostrata da Eichmannquando venne il momentodel controinterrogatorio da partedell’accusa e della difesa.Per farsi un’idea diretta del processo aEichmann, sono disponibili su http://www.youtube.com/user/EichmannTrialENtutti i filmati originali del processorealizzati dal documentarista Leo Hurwitz.©Pearson Italia spa16 Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori


Gabriele BarbatiCinquant’anni dal processo Eichmann. Una mostra a Gerusalemme e Tel Avivmacchina burocratica organizzata da Eichmann negliuffici che dirige, centinaia di migliaia di ebrei abbandonanol’Austria e la Germania. Lo scoppio della guerraostacola l’emigrazione e si passa alla “soluzione territoriale”,in cui milioni di persone vengono deportate neighetti dei paesi dell’Est Europa occupati dalle armatedi Hitler. È il preludio alla “soluzione finale” decisa deivertici del Reich nel gennaio 1942, l’annientamento fisicodegli ebrei in cui Eichmann affina all’estremo la propriaprofessionalità logistica e organizzativa.Dopo la sconfitta tedesca, Eichmann riesce a scappare,grazie a una rete clandestina, prima in Austria e poiin Italia, nei pressi di Genova. È da lì che, dopo avereottenuto nel giugno 1950 un documento d’identità anome di Riccardo Klement, salpa sul piroscafo “AnnaC.” alla volta dell’Argentina. Raggiunto in seguito dallamoglie e dai tre figli (ne nascerà un quarto), Eichmannsi stabilisce definitivamente a Buenos Aires. Gliimpieghi ottenuti, anche l’ultimo presso gli uffici dellaMercedes Benz nella capitale argentina, non gli consentonomai tranquillità, neanche economica. L’abitazionein Rue Garibaldi dove alla fine viene individuato nonha né acqua corrente né elettricità. Il Mossad (il serviziosegreto israeliani) impiega due anni a confermare leinformazioni su Eichmann, rese da un avvocato che neaveva incontrato il figlio, e ad approvare la missione chenel maggio 1960 porta al suo rapimento a Buenos Aires.Almeno undici agenti prelevano Eichmann sulla via dicasa e lo tengono in una villa per nove giorni. Dopodiché,l’ex ufficiale nazista viene drogato, vestito da stewarde imbarcato su un volo della El Al con destinazioneTel Aviv.L’unica esecuzione nella storia di IsraeleIl 15 dicembre 1961, sette mesi dopo l’arresto, il giudiceMoshe Landau lesse la sentenza contro Eichmann:«Nonostante l’imputato abbia agito in ragione di unaobbedienza cieca, un uomo che ha partecipato per annia crimini di tale portata deve subire la massima penaprevista dalla legge, la morte».La pena capitale venne inflitta in deroga all’abolizioneapprovata sette anni prima e rimane l’unica esecuzionenella storia di Israele. Dopo la conferma del verdettoin appello e il rifiuto dell’istanza di grazia, Eichmannvenne impiccato nel carcere di Ramla il 31 maggio del1962, il corpo cremato e le sue ceneri disperse in marefuori dalle acque territoriali.Una nuova coscienza nazionaleLa consapevolezza del passato unì l’opinione pubblicaisraeliana e acuì l’angoscia di un altro genocidio durantela guerra dei Sei giorni lanciata nel 1967. L’ennesimaimpresa militare nel 1973, con l’attacco subito nelgiorno della festività dello Yom Kippur, segnò un passoavanti nella coscienza nazionale che finì per cancellareil complesso della vergogna associato all’Olocausto.Il Centro Simon Wiesenthal di GerusalemmeLa caccia ai nazisti nascosti nelmondo è stata condotta, inparallelo alle autorità competentidi vari governi, da un sopravvissutodella Shoah scomparso nel 2005,Simon Wiesenthal, e dal Centro cheporta il suo nome. Oggi, è il lavoroquotidiano e a tempo pieno di unasola persona, Efraim Zuroff. «Nellamia vita ho contribuito a rintracciarealmeno tremila sospetti, ma tra chiera già morto e i casi di omonimia, hoavuto risultati in una trentina di casi»,spiega il direttore dell’ufficio delCentro Wiesenthal di Gerusalemme,definendosi «per un terzo detective,per un terzo storico, per un terzolobbista».Il rapporto redatto dal Centro peril 2010-11 riferisce di un’ottantina diincriminazioni nell’ultimo decennio(l’Italia dal 2005 ha condannato incontumacia 35 criminali di guerra).L’anno scorso ha visto la sentenza dicondanna a cinque anni a carico diIvan John Demjanjuk, una guardiadel campo di Sobibor. «È la primavolta che una corte stabilisce, senzaprove del crimine o vittime specifichecui riferirlo, che il fatto stesso diavere lavorato in un campo diconcentramento il cui proposito eralo sterminio di massa rende l’accusatocolpevole automaticamente difavoreggiamento». Il precedentepotrebbe consentire, nonostantel’età avanzata degli interessati, unasvolta in Germania. «Potrebberoessere processate in questo modoancora una quarantina di persone,ma varrebbe la pena anche se fosseuna soltanto», puntualizza Zuroff.Dal lancio nel 2002 di OperationLast Chance (Operazione Ultimaoccasione, per approfondire: www.operationlastchance.org) sonoarrivate migliaia di segnalazioni,favorite da ricompense fino a 25 milaeuro legate all’esito (dalla semplicerivelazione del caso fino alla condannae alla effettiva esecuzione della pena),che il direttore vaglia personalmente.Tra i maggiori ricercati, i dueufficiali di più alto profilo, chesono probabilmente deceduti: AloisBrunner, uno dei collaboratori diEichmann nella deportazione degliebrei, vissuto in Siria per decenni,mai trovato e condannato incontumacia in Francia; Aribert Heim,medico nei campi di Buchenwalde Mauthausen, solo avvistato inEgitto. Tra gli altri ex nazisti figurano:Milivoj Asner, Klaas Carl Faber,Gerhard Sommer, Adam Nagorny,Karoly Charles Zentai, Soeren Kam,Ivan John Kalymon, AlgimantasDailide, Mikhail Gorshkow. Nellalista c’è ancora Sandor Kepiro, unufficiale incriminato in Ungheriaper il massacro di centinaia di civiliebrei, serbi e rom a Novi Sad nel1942, assolto tuttavia di recente perassenza di prove. Kepiro «di cui hoportato alla luce e seguito la vicendagiudiziaria per cinque anni, è il miomaggiore rimpianto» confessa Zuroff,che però anticipa di avere individuatoa Budapest un altro ex nazista, il cuicaso potrebbe presto rivelarsi unsuccesso altrettanto importante.©Pearson Italia spa17 Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori


Gabriele BarbatiCinquant’anni dal processo Eichmann. Una mostra a Gerusalemme e Tel Aviv«Se uno stato dotato dell’esercito più avanzato del MedioOriente fu sul punto di ritirarsi e perse circa tremilasoldati, come si poteva dare colpa agli ebrei di primaper non avere resistito ai nazisti?» osserva Efraim Zuroff,direttore dell’ufficio di Gerusalemme del CentroSimon Wiesenthal ( box). La catarsi della sofferenzaebraica proseguì allora attraverso le memorie pubblicateda vari superstiti e nei processi celebrati in Francia,in Germania e nella stessa Israele. Qui vennero giudicatiuna quarantina di collaborazionisti e kapò ebrei incaricatidella gestione degli altri detenuti dei campi, e unsecondo nazista dopo Eichmann, l’ucraino naturalizzatostatunitense Ivan John Demjanjuk, condannato a morteerroneamente nel 1988 come comandante del campo diconcentramento polacco di Treblinka. Era stato comunqueuna guardia nel campo di Sobibor, fatto per il qualevenne nuovamente arrestato negli Stati Uniti e deportatoin Germania, dove è stato condannato nel 2011 a cinqueanni per favoreggiamento nell’eccidio degli ebrei.La mostraLa ricerca dei nazisti superstiti va ancora avanti con ilsupporto della società israeliana. Per i cinquant’anni dalprocesso, si è tenuta a dicembre dello scorso anno allaKnesset, il parlamento israeliano a Gerusalemme, unamostra incentrata sul rapimento di Eichmann in Argentina,con documenti e oggetti messi a disposizione dalMossad. «Abbiamo esposto degli effetti personali cheaveva addosso al momento della cattura, un pettine, lechiavi di casa e anche per la prima volta dei documentioriginali che fanno i nomi di alcuni membri dell’operazionee anche il nome in codice dell’obiettivo, Dybbuk,uno spirito maligno nella tradizione ebraica, a volere indicarecosì una persona demoniaca», spiega la consulentestorica della mostra, Neomi Izhar. Tra i visitatori,scolaresche, turisti, le seconde e le terze generazionidelle vittime. «La Shoah grazie al processo a Eichmannè diventata storia, è entrata nel DNA di questo paese»conclude Izhar.abAlcuni oggetti esposti nella mostra sulla catturae il processo a Eichamm.La siringa con cui Eichamnn è stato sedato nelmomento del trasferimento sull’aereo che loavrebbe condotto in Israele (a); un disegno diZvi Malkin, uno dei membri del gruppo delMossad che ha catturato Eichmann a BuenosAires (b). Nei giorni del rapimento Malkindisegnò sull’unica carta a sua disposizione, unaguida turistica del Sudamerica usata durantel’operazione. Malkin fece anche una scultura deiguanti indossati durante la cattura di Eichmann(c). Essi divennero il simbolo dell’operazione: lemani di Israele, che rappresentano i sei milionidi ebrei morti nell’Olocausto, non affrontaronoEichmann con le armi e non lo uccisero pervendetta, ma lo condussero vivo a Gerusalemmeper essere giudicato.c©Pearson Italia spa18 Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori


<strong>Storia</strong> degli ebreiRoberto RovedaRoberto Roveda è studioso di storia medievale. Per Edizioni ScolasticheBruno Mondadori ha scritto, con Franco Amerini ed Emilio Zanette, il secondovolume del corso di storia per il biennio delle superiori Sulle tracce di Erodoto.Gli ebrei in Europa tra Medioevoe prima Età modernaGli ebrei di fronte alla chiesa di RomaLa storia della presenza ebraica in Occidente tra Medioevoe prima Età moderna è soprattutto storia del delicatorapporto tra ebrei e mondo cristiano, in primis ilpapato. Un rapporto che fu peculiare anche solo per ilfatto che non venne avviata una politica di conversioniforzate, oppure di distruzione dei luoghi di culto, comeera avvenuto con i pagani.All’interno dell’universo cristiano esisteva però unduplice atteggiamento nei confronti degli ebrei. Tra ilpopolo e nel basso clero era diffuso un sentimento negativomotivato dal rifiuto degli ebrei di accettare Gesùcome il Messia, non abbracciando così quella che per icristiani era l’unica vera fede. Persistente era poi l’accusadi deicidio rivolta agli ebrei, considerati i primi responsabilidella crocefissione di Cristo.Parallelamente, però, la chiesa operò ai suoi più altilivelli per garantire la presenza ebraica in Occidente.Nella visione di san Paolo e dei Padri della chiesa gliebrei, con il loro pervicace rifiuto di accettare la fedecristiana, dovevano restare nella società come specchiorovesciato dell’identità cristiana che andava definendosi.Essi erano dei testimoni della verità del cristianesimo,modelli in negativo, necessari per far risaltareil modello positivo.Tale dottrina consentiva di accettarela diversità rappresentata dall’ebraismo all’internodell’uniforme universo cristiano; allo stesso tempo,però, essa sottintendeva che la presenza ebraica fosseconsentita solo perché funzionale al cristianesimo. Imembri del popolo ebraico erano posti in una posizionedi inferiorità rispetto ai cristiani, in una sorta di subordinazioneche trovò la sua completa espressione nellabolla Etsi Iudaeos, emanata da papa Innocenzo IIInel 1205. Lo stato dell’ebreo è qui definito come unostato di «perpetua servitù».La presenza degli ebrei in OccidenteDefiniti in questo modo i rapporti con il potere religiosooccidentale, gli ebrei intensificarono la loro presenzain Europa soprattutto dal IX-X secolo. A fare da “apripista”erano spesso i mercanti, che rappresentavano unasorta di collegamento tra cristiani d’Occidente e arabi,e che diedero vita a comunità ebraiche in Spagna, inFrancia meridionale, in Provenza, in tutta l’Italia meridionalee in Sicilia. Proprio dall’Italia meridionale,nel IX-X secolo, attraversando le vie commerciali cheBanchieri ebrei in Italia settentrionale,miniatura del XIV secolo.©Pearson Italia spa19 Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori


Roberto RovedaGli ebrei in Europa tra Medioevo e prima Età modernacollegavano l’Europa mediterraneaall’Europa continentale, i primi ebreigiunsero nella valle del Reno. Questaregione in ebraico era chiamataAshkenaz, parola che ha dato origineal termine “ashkenazita”, usato ancoraoggi per indicare gli ebrei originaridell’Europa centrale e orientale. 1Questo fenomeno di insediamentodelle comunità in Occidente si accentuònel Basso Medioevo, soprattuttonelle aree economicamente e socialmentepiù vitali. Gli ebrei divennerotra XII e XIII secolo parte integrante del tessuto urbanodell’Italia centro-settentrionale, della Francia e dellaGermania, favoriti dalle restrizioni che la chiesa imponevaai cristiani in materia di attività bancarie e finanziarie.Essi si occupavano, infatti, del prestito di denaro,un’attività fondamentale in una società caratterizzatada sviluppo economico e mercantile, come era quellaeuropea dell’XI-XIII secolo, ma rifiutata dalla chiesa,che la equiparava all’usura.Così, tra la fine XIII e l’inizio del XIV secolo la popolazioneebraica complessiva in Europa era arrivata acontare circa 450 mila persone, l’l% circa dei 44 milionitotali. In quest’epoca, per le ragioni che vedremo piùavanti, gli ebrei cominciarono a essere espulsi da alcuneregioni europee e quindi la loro presenza nei diversiterritori variò sensibilmente.Al momento dell’espulsione dall’Inghilterra, avvenutanel 1290, i membri della comunità ebraica inglese eranocirca 5 mila. In Francia, prima dell’espulsione del 1306,erano circa 100 mila. Nei territori imperiali 2 erano probabilmente100 mila all’inizio del Trecento, e scesero a80 mila nel 1490. Viceversa, nello stesso periodo, in Italia,dove trovarono rifugio molti ebrei espulsi da altre regioni,essi passarono da 50 mila a 120 mila. In Spagnagli ebrei erano circa 150 mila ai primi del XIV secolo eaumentarono la loro presenza fino a 250 mila poco primadella loro definitiva espulsione nel 1492. In Portogallosarebbero passati da 40 mila all’inizio del Trecentoa 80 mila nel 1490. Per avere un’idea complessiva: inquest’epoca le comunità dell’Europa orientale cominciavanoappena a formarsi: gli ebrei erano in Polonia 5 mila,e sarebbero diventati 30 mila nel 1490, ed erano 5 milain Ungheria, dove sarebbero diventati 20 mila nel 1490. 31 Gli ashkenaziti (o aschenaziti) differiscono dagli altri ebrei in alcune praticherituali, nella pronuncia dell’ebraico e nel formulario liturgico. Nell’XIsecolo si calcola che gli ashkenaziti costituissero solo il 3% della popolazioneebraica mondiale. Giunsero, al massimo della loro espansione demografica(1931), a rappresentarne il 92%, e oggi sono grosso modo l’80% del totale.La maggior parte delle comunità ebraiche con una lunga tradizione in Europasono ashkenazite, a eccezione di quelle delle regioni mediterranee. Granparte degli ebrei che negli ultimi due secoli hanno lasciato l’Europa diretti inaltri continenti, in particolare verso gli Stati Uniti, è, inoltre, ashkenazita.2 In quest’epoca i territori imperiali comprendevano tutta l’area tedescadell’Europa centrale.3 I dati sono desunti da Salo Wittmayer Baron, Population, In EncyclopaediaJudaica 13, coll. 877-878 (1971).©Pearson Italia spaUn gruppo di ebrei scacciati da una città,miniatura della fine del XV secolo.una presenza nel segno dellaprecarietà e dell’instabilitàQuello che abbiamo delineato è un quadro attendibiledella presenza ebraica in Europa, anche se bisogna direche era segnato dalla precarietà e dall’instabilità. La permanenzadegli insediamenti ebraici era in qualche modolegata alla protezione della chiesa, ma anche agli umoridei potenti, oppure alla tolleranza o intolleranza dellamaggioranza cristiana.Questo costante senso d’insicurezza aumentò a partiredal XIV secolo per una serie di cause. Prima di tutto,il sentimento popolare divenne maggiormente ostile versogli ebrei e l’antigiudaismo che permeava il mondo cristianodivenne da latente palese. Gli ebrei erano guardaticon sospetto perché diversi, impermeabili a ogni tipo dicommistione e dotati di una forte identità sociale e religiosa.Tra il popolo erano radicate false leggende che accostavanogli ebrei a pratiche blasfeme come la profanazionedell’ostia consacrata e l’omicidio rituale di bambinicristiani, il cui sangue sarebbe stato usato per riti magici.In questo clima, eventi straordinari potevano dare avvioa una vera e propria caccia all’ebreo; per esempio, questoaccadde nel 1096, quando all’annuncio della Prima crociataseguirono veri e propri massacri. I pogrom, con l’uccisionedi migliaia di persone, aumentarono di intensitàe frequenza nel corso del XIV secolo, quando l’Europafu scossa prima dalle carestie e poi dal flagello della Pestenera. In questi casi gli ebrei furono ritenuti responsabili,con il loro ostinato negare la parola di Cristo, di averattirato sulla cristianità la punizione divina e furono addiritturaconsiderati colpevoli della diffusione del contagiopestilenziale.La condizione di diversità, quindi, e l’estraneità alcorpus della cristianità trasformavano gli ebrei nei capriespiatori ideali su cui sfogare i bassi istinti di plebiincapaci di confrontarsi con i flagelli della quotidianità.Gli ebrei e il potere civileBen presto, poi, questa recrudescenza dell’antigiudaismoa livello popolare si legò a ragioni di tipo economicoe sociale, influenzando, e non poco, l’atteggiamentodelle autorità civili nei confronti degli ebrei. Monarchiefeudali e governi cittadini per secoli avevano favoritola presenza delle comunità ebraiche, in quanto funzionaliall’economia, come abbiamo detto. Gli stessi imperatorili ponevano sotto la loro protezione. Gli ebrei20 Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori


Roberto RovedaGli ebrei in Europa tra Medioevo e prima Età moderna– affermava nel 1157 una carta di Federico Barbarossa– erano protetti perché «ad cameram nostram attineant»,cioè in quanto legati al potere imperiale. FedericoII, nel 1234, li indicava come «servi nostrae camerae».Essi erano quindi in una condizione di servitù anche rispettoal potere civile, una condizione che se da un latoassicurava loro protezione, parallelamente li esponevaalla completa mercé di potenti, re, imperatori o signorifeudali che fossero, molto meno affidabili della chiesadi Roma.La precarietà di questo legame di dipendenza divenneevidente nel momento in cui si allentarono i divietireligiosi per i cristiani a operare in ambito creditizioe finanziario. Gli ebrei passarono dalla condizionedi “strumenti” indispensabili al buon funzionamentodell’economia a fastidiosi competitori per i banchierie mercanti cristiani. Aumentarono quindi le pressionisui sovrani e sulle autorità cittadine perché fosseropresi provvedimenti vessatori contro gli ebrei. Talipressioni spesso erano esercitate da chi aveva contrattomolti debiti con prestatori ebrei e sperava così dinon dover restituire i soldi dovuti. Al coro antigiudaicosi univano i ceti popolari, fomentati dai membri degliordini mendicanti, prima di tutto i domenicani, chetendevano a includere gli ebrei nella loro accesa polemicaantiereticale e di denuncia della corruzione dellasocietà cristiana. Dulcis in fundo, nella seconda metàdel Quattrocento, erano sorti i Monti di Pietà, 4 gestitidai francescani e diretti competitori con i banchi diprestito ebrei.La politica delle espulsioni 4Le pressioni che abbiamo delineato portarono al fenomenodelle espulsioni degli ebrei che caratterizza lastoria occidentale dalla fine del XIII secolo. Il primocaso si ebbe in Inghilterra, dove la nobiltà, per non ripagarei debiti contratti, nel 1290 ottenne dal re la loroespulsione in cambio del versamento di una tassa straordinaria.Per le medesime ragioni gli ebrei furonoespulsi e poi riammessi più volte in Francia tra il 1306 eil 1394, anno dell’espulsione definitiva. 5Più legata a motivazioni ideologiche e religiose è, invece,l’espulsione degli ebrei dai territori spagnoli. Nell’ambitodel processo di riconquista del territorio iberico,controllato a lungo dagli arabi, il cristianesimo rappresentòun elemento di forte coesione politico-sociale, chei sovrani cristiani decisero di sfruttare fino in fondo nelcorso del XIV secolo. Dal 1412 i re di Castiglia attuaronouna politica di conversioni forzate nei confronti degliebrei a cui si aggiunse la pressione dell’Inquisizionespagnola, istituita nel 1480 e incaricata di controllare chei convertiti non continuassero a professare la religioneebraica di nascosto. Alla fine, Ferdinando di Castiglia e4 I Monti di Pietà erano istituti destinati a concedere prestiti (anche minimi)a miti condizioni, con garanzia di pegno su oggetti. Si diffusero in Italia dopola nascita del Monte dei Pegni di Perugia (1462) e, soprattutto, dopo chepapa Leone X nel primo Cinquecento riconobbe la liceità dell’interesse (solose destinato a coprire le spese di esercizio).5 Il timore di dover ripagare i debiti contratti spingeva anche a massacridelle comunità ebraiche, come accadde nel 1298 a Ratisbona oppure nel1320 nel sud della Francia.Ducato DucatoUdinedidi MilanoSavoia14891556VeronaMilanoPadovaTorinoCremonaVenezia1597 Mantova15971598FerraraModenaGenovaBologna RavennaRep. di Genova 1555Firenze Urbino PesaroLivornoSiena 1556AnconaGrand. di StatoToscana dellachiesaCorsica1569SardegnaCagliari1492RomaNapolimar TirrenoPalermoTrapani15151515AgrigentoRepubblica di Venezia1492Siciliamar AdriaticoMessinaRegnodiNapoliCataniaReggioBariGallipoliBrindisiLeccemar Ionio1541L’espulsione degli ebreidalla Spagna e dai dominispagnoli (1492) comportòil loro confluire nellapenisola italiana. Ben prestogli ebrei furono espulsianche dal Regno di Napolie si concentrarono nell’Italiacentro-settentrionale,dove nella seconda metàdel Cinquecento sorseroghetti in molte città e dovefurono attuate anchepolitiche di espulsione.Come mostra la carta,era di fatto impossibileper gli ebrei sfuggireal proprio destino.Espulsioni degli degli ebrei ebrei in Italia in ItaliaMigrazioni di di ebrei ebrei dalla dalla Spagna Spagna (1492)e (1492) dal Portogallo e dal Portogallo (1496-97)in in seguito alle alle espulsioni espulsioniPresenza di di ghetti ghetti nelle nelle città città(XVI-XVII sec.)Sedi di di importanti scuolescuole talmudiche talmudicheDomini spagnoli spagnoli©Pearson Italia spa21 Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori


Roberto RovedaGli ebrei in Europa tra Medioevo e prima Età modernaIsabella di Aragona decisero di separare drasticamente iconversos (gli ebrei convertiti) dagli ebrei e nel 1492 ordinaronoa questi ultimi di convertirsi entro quattro mesioppure di lasciare la Spagna. Tra le 70 e le 170 mila personedovettero lasciare il paese, abbandonando tutti i propriaveri, essendo proibito partire con metalli preziosi. Siinnescò allora una sorta di reazione a catena, anche perchéla Spagna si avviava a diventare la maggiore potenzaeuropea: espulsioni si ebbero dai domini spagnoli di Sicilia,Sardegna e Regno di Napoli (1515), mentre gli ebreivennero dichiarati indesiderabili in Provenza (tra il 1498e il 1501) e in parte dei territori tedeschi. Dal Portogallogli ebrei fuggirono nel 1536 dopo l’introduzione nel paesedell’Inquisizione; essi trovarono rifugio nell’Impero ottomano(soprattutto a Istanbul e Salonicco), nei Paesi Bassi,oppure in Italia centro-settentrionale. Anche nella penisola,però, la situazione per gli ebrei stava mutando inconcomitanza con un nuovo atteggiamento verso di loroda parte della chiesa.La politica della chiesa nella prima EtàmodernaIl papato, infatti, aveva mantenuto lungo tutto il Medioevoil suo atteggiamento di protettore della presenzaebraica tra i cristiani. Papa Clemente VI era intervenutocon decisione per condannare i massacri avvenuti durantela Peste Nera e molti ebrei espulsi dalla Spagna avevanotrovato rifugio a Roma, tanto da provocare, nel giugno1493, le vivaci proteste dell’ambasciatore spagnolopresso la corte pontificia. Non possono essere considerateuna svolta in negativo nei confronti degli ebrei, almenonelle intenzioni iniziali, nemmeno le decisioni prese duranteil Concilio Laterano IV del 1215 che prevedevanol’obbligo per gli ebrei di portare sul vestito dei segni cheli distinguessero dai cristiani, per lo più un cerchio, oppureuna “O” gialla, o una “U”. Il segno distintivo nacque,infatti, dalla volontà di impedire illeciti contatti sessualitra ebrei e cristiani, una familiarità tra membri di religionediversa fortemente avversata sia in ambito cristiano,sia in ambito ebraico. Rimane il fatto, incontestabile, checon il tempo, l’obbligo di portare un segno distintivo assunseun valore più generale di discriminazione e di infamia,tanto che la norma in questione fu quella più a lungoe fermamente osteggiata dagli ebrei.Fu però in generale la politica della chiesa nei confrontidegli ebrei a mostrare maggiori segni di ambiguità. Siintensificarono, a partire dal XIII secolo, gli attacchi alTalmùd, 6 accusato di contenere attacchi e bestemmie6 È il testo normativo ed esegetico fondamentale per gli ebrei, il punto diriferimento costante della loro prassi di vita quotidiana e di pensiero.contro la religione cristiana e quindi da distruggere, o almenoda emendare. Si intensificarono gli attacchi da parte,soprattutto, dei frati minori senza che vi fossero presedi posizione chiare dei pontefici.Il vero punto di svolta fu il Cinquecento, anzi, la secondametà del secolo, quando il dilagare della Riformaprotestante pose il papato di fronte alla necessitàdi dare un’identità più forte e monolitica al cattolicesimo,contrastando ogni elemento di difformità rispettoall’ortodossia. In epoca controriformistica la chiesa,quindi, si impegnò su scala più ampia per la conversionedegli ebrei, anche peggiorando in maniera programmaticale loro condizioni di vita e le modalità dipermanenza all’interno della società cristiana. Principalmentecreò un nuovo strumento con il quale intervenireancora più pesantemente sull’esistenza degliebrei: il ghetto. 7Il ghetto di Roma fu istituito da papa Paolo IV nel1555 con la bolla Cum nimis absurdum, la quale nellesue clausole stabiliva che in tutte le località dello Statodella chiesa gli ebrei avrebbero dovuto vivere concentratiin una sola strada riservata a loro in esclusivae separata dalle abitazioni dei cristiani. La strada dovevaavere un’unica via d’uscita, chiusa da un portone.Altre vie potevano essere occupate, ma solo se attiguealla principale e anch’esse chiuse all’esterno. Si trattava,di fatto, della segregazione degli ebrei, un fenomenoche aveva avuto dei precedenti con la creazione diquartieri separati a loro destinati a Francoforte oppurein Spagna. Lo stesso ghetto di Venezia, sorto nel 1516,era precedente a quello romano. L’iniziativa pontificia,però, non era frutto di scelte estemporanee, ma rappresentaval’istituzionalizzazione e la normazione del ghettocome strumento alternativo alle espulsioni e atto a risolvereil problema della presenza degli ebrei.Il ghetto era, certo, la riaffermazione della volontà difornire agli ebrei un luogo protetto, dove essere, almenorelativamente, più sicuri. Ma era soprattuto la cristallizzionedel controllo che da secoli la chiesa esercitava sullecomunità ebraiche, la creazione di un luogo artificialedove trattenere gli ebrei in attesa della loro conversioneed entro cui esercitare mezzi coercitivi e punitivi tali dafavorire e accelerare la conversione stessa.In breve, quindi, in Italia e in Europa occidentale nonrimasero per gli ebrei che due destini: l’espulsione o lasegregazione nel ghetto; una condizione che caratterizzòla vita del popolo ebraico fino all’emancipazione seguitaal secolo dei Lumi e alla rivoluzione francese.7 Il termine deriva dal nome di una contrada di Venezia, ghèto, dove dal1516 furono costretti a vivere gli ebrei.Per saperne di piùn Maurizio Ghiretti,<strong>Storia</strong> dell’antigiudaismo edell’antisemitismo,Bruno Mondadori, Milano2007n Anna Foa,Ebrei in Europa. Dalla PesteNera all’emancipazione.XIV-XIX secolo, Laterza, Bari2004n Corrado Vivanti (a c. di),<strong>Storia</strong> d’Italia. Annali. Vol.11: Gli ebrei in Italia: dalMedioevo all’età dei ghetti,Einaudi, Torino 1996n Ariel Toaff,Pasque di sangue.Ebrei d’Europa e omicidirituali,Il Mulino, Bologna 2008.©Pearson Italia spa22 Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori


Web Didatticacarmelo ValentiniCarmelo Valentini è docente di Filosofia e <strong>Storia</strong> al Liceo classico “Zucchi” di Monza.Formatore in numerosi corsi d’aggiornamento d’informatica e multimedialità finalizzatialla didattica, collabora con Bruno Mondadori ai siti specialistici di storia.Il memoriale per gli ebrei assassinati d’Europarealizzato a Berlino, progettato dall’architetto PeterEisenman, inaugurato nel 2005.Siti utili per lezionistorico-multimedialisulla ShoahObiettivo di questa proposta sintetica è quello di promuovere spunti didatticimediante l’utilizzo consapevole delle Rete e delle nuove tecnologie.L’ipertestualità e la trasversalità dei linguaggi informatici possono favorirela costruzione di percorsi laboratoriali su diversi temi legati alla Shoah, ingrado di coinvolgere gli studenti e di indirizzarli verso una ricerca motivata,attiva e critica. Offriamo qui qualche traccia per progettare e produrre conle classi momenti d’approfondimento capaci di connettere, interdisciplinarmente,l’area storico-umanistica con quella tecnico-scientifica.La prima proposta che facciamo è il sito di Binario 21, www.binario21.org/.Come ricorda l’homepage, all’alba del 30 gennaio 1940, seicento personed’origine ebraica furono caricate, come bestiame, su un treno in partenza dalbinario 21 della Stazione Centrale di Milano con destinazione Auschwitz. Ilricordo di questo evento doloroso può diventare l’occasione per ricostruireun viaggio nella storia dell’antisemitismo e nelle tante piccole-grandi storiedi uomini, donne e bambini che vissero quella tragedia. La sezione “Documenti”ci aiuta in questo percorso. Cliccando, per esempio, su “Il significatodelle parole” è possibile iniziare un approfondimento lessicale, prerequisitoper impostare in maniera solida la nostra ricerca. Le “Testimonianze” offronopoi interessanti frammenti di vita capaci di fare comprendere i drammipersonali nel quadro delle più ampie vicende storiche. Iniziamo così a conosceree contestualizzare la Shoah intrecciando, in maniera fruttuosa, microe macro storia: diari, fotografie e ricordi privati con le pagine del manuale.Seconda tappa del nostro itinerario è il Museo Yad Vashem www.yadvashem.org/, l’ente nazionale israeliano per la memoria della Shoah, con sede a Gerusalemme.Il sito del museo, in inglese e in spagnolo, può favorire una collaborazionecon l’insegnante di lingue. Suggeriamo, nella ricchissima scelta deipercorsi formativi, i materiali didattici presenti in “Education&E-Learning”. Inparticolar modo, gli strumenti d’apprendimento interattivo e le risorse educativedigitali, ordinate in un efficace database, permettono di sviluppare moltepliciambiti di studio e di ricerca tematici: dalla soluzione finale alle mappedei campi di sterminio; dalle memorie dei sopravvissuti al ruolo dei Giusti.A questo proposito, sempre all’interno del sito, le pagine dedicate al Giardinodei Giusti creato da Moshe Bejski, dove ogni albero ricorda un uomo capacedi mettere a repentaglio se stesso per salvare la vita di un ebreo perseguitato,suonano come un forte monito a non arrendersi mai di fronte al male: insegnamentodecisivo per impostare, con l’intera classe, una riflessione sui principi evalori etici fondanti e rigeneranti la coscienza individuale e sociale. In Italia, ilsito della Foresta dei Giusti, www.gariwo.net/, organizzazione nata con lo sco-©Pearson Italia spa23 Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori


Carmelo ValentiniSiti utili per lezioni storico-multimediali sulla Shoahpo «d’accrescere e approfondire la conoscenza e l’interesse verso le figure e lestorie dei Giusti», presenta una ricca scelta di schede e materiali didattici, galleriefotografiche, rassegne di eventi molto utili per conoscere e comprenderenon solo la storia della Shoah, ma quella di tutti i genocidi del Novecento.Proponiamo poi una visita al Centro di documentazione ebraica contemporanea(www.museoShoah.it/home.asp). Il sito offre sia una mostra digitalesia oltre trecento documenti privati e pubblici che favoriscono la puntualericostruzione della storia della persecuzione degli ebrei in Italia dal1938 al 1945. Consigliamo, partendo dalle immagini, dalle didascalie e dallememorie, d’organizzare con gli studenti la produzione di una presentazionemultimediale in PowerPoint che colleghi testi, diagrammi, link e materialeiconografico. Argomenti quali le ripercussioni delle leggi razziali antiebraichesulla vita scolastica e la diffusione dei pregiudizi antisemiti tramite stampae vignette ben si adattano all’obiettivo proposto. L’uso del motore di ricercainterno favorisce il recupero delle fonti necessarie. Verranno perseguiticosì sia l’approfondimento storico sia l’affinamento delle competenze e metodologieinformatiche.La Fondazione Memoria della deportazione e l’ANED, l’Associazione nazionaleex deportati politici nei campi nazisti, all’indirizzo www.deportati.it/,mettono a disposizione numerosi spunti di lavoro. Concentriamo la nostraattenzione sulle sezioni “Libri” e “Filmografia”. Nella prima è possibilescaricare gratuitamente, in formato pdf, testi e libri di saggistica e di memorialisticasulla deportazione, molti ormai introvabili. Partendo dalla letturamirata di alcuni diari di prigionia è possibile approfondire l’argomento delledisumane condizioni di sopravvivenza delle vittime nei campi di concentramentoed esporle attraverso momenti di dialogo e confronto collettivo.La seconda propone una sostanziosa e guidata rassegna cinematografica sultema dei lager nazisti. La scelta della visione in classe di uno o più film, consuccessivo dibattito, può diventare un’importante opportunità di crescita, capacedi articolare lo studio della storia con riflessioni morali ed estetiche. Perintegrare e completare la rassegna è utile visitare anche la sezione Ciak sullastoria del sito www.pbmstoria.it/. Inoltre, per quanto riguarda la lettura, ilsito www.lager.it dispone di un’aggiornata e commentata selezione di libriper ragazzi (www.lager.it/libri_sulla_Shoah_sezione_bambini.html).Si può inoltre provare a coinvolgere gli studenti nella campagna lanciata dalMuseo della Shoah (www.museodellashoah.it/category/video/) con “<strong>Storia</strong>di famiglie”, per recuperare, vagliare e catalogare documenti e materiali utilialla storia della Shoah. La formazione di una memoria collettiva, condivisa econsapevole, diverrà così concreta e partecipata pratica scolastica.Wikipedia, alla pagina http://it.wikipedia.org/wiki/Memoriale_per_gli_ebrei_assassinati_d’Europa, espone una scheda informativa sul Memorialeper gli ebrei assassinati in Europa, ubicato nel cuore di Berlino. Unaricerca sull’inquietante e disorientante monumento creato dall’architettostatunitense Peter Eisenman permette di stabilire connessioni interessantitra storia, filosofia, urbanistica e arte. Ma non limitiamoci ad acquisire passivamenteinformazioni. Proponiamo agli studenti d’ampliare e di modificare,con studi personali, le pagine dell’Enciclopedia digitale attivando un accountindividuale o di classe. La conoscenza diffusa in Rete diverrà così veramenteun bene comune prezioso, da custodire e accrescere con consapevolezza.Sempre nella capitale tedesca, il Museo ebraico dedicato allo Shoah (www.jmberlin.de/) merita una visita per la ricchezza dei contenuti documentalipresenti, realizzati ed esposti con soluzioni formali originali. Organizzareun viaggio d’istruzione a Berlino, a questo punto, diventa quasi un obbligo.©Pearson Italia spa24 Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori


AgendaAltri appuntamenti utili su pbmstoria.itMostra Immagini dal silenzioLa Fondazione ex Campo Fossoli, in collaborazione con l’amministrazione comunale di Carpi e l’Istituto storico di Modena,riallestisce la mostra “Immagini dal silenzio”, la prima mostra nazionale dei lager nazisti, che attraversò l’Italia negli anni 1955-1960. Visitata anche da Primo Levi, quella mostra ebbe l’effetto di una scossa sulla società italiana e il merito di avere sollevatoil velo dal fenomeno della deportazione. L’allestimento attuale permette anche di riflettere su come in quegli anni sia cambiatala percezione del fenomeno.http://www.fondazionefossoli.org/it/vis_news.php?id=39DOVE Fondazione ex Campo Fossoli, Via G. Rovighi 57 - Carpi (Mo) quando 14/01-12/02/2012Incontri Giorno della Memoria 2012L’Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea “Giorgio Agosti” propone alcuni incontri:martedì 31 gennaio, presentazione del progetto di ricerca Gli orfani della Shoah: la scrittura della deportazione; giovedì 2febbraio, presentazione del dvd A noi fu dato in sorte questo tempo e del volume Voci della Resistenza ebraica; venerdì 3febbraio, ore 18.00 dibattito Lesbiche e transessuali: memoria e rappresentazione delle persecuzioni nei totalitarismi e proiezionedel documentario Essere Lucy.http://www.istoreto.itDOVE Istoreto, via del Carmine 13 - Torinoquando31/01/2012 h. 18.3002/02/2012 h. 17.0003/02/2012 h. 18.00Mostra Il processo. Adolf Eichmann a giudizio 1961-2011La Fondazione Museo e centro di documentazione della Deportazione e Resistenza di Prato organizza una mostra sul processoad Adolf Eichmann, in cui è delineata la biografia del criminale nazista e sono ricostruite le riflessioni di natura storica,etica e giuridica che accompagnarono e seguirono l’evento del processo. Si tratta della versione italiana della mostra realizzatadalle istituzioni berlinesi Fondazione Topografia del Terrore e Memoriale Casa della Conferenza di Wannsee. Accanto allefoto, ai testi e ai documenti, la mostra propone anche i filmati originali del processo. La versione italiana è arricchita dalla documentazionesull’eco che il processo ebbe nella stampa italiana dell’epoca.http://www.regione.toscana.it/DOVE Spazio SUC delle Murate, piazza delle Murate – Firenze quando 23/01-18/02/2012Mostra I ghetti nazisti in poloniaLa Fondazione Museo della Shoah, in collaborazione con il Comune di Roma e Sotto l’Alto Patronato del Presidente dellaRepubblica, organizza una mostra sui ghetti nazisti in Polonia del 1939 al 1944: la loro istituzione, la vita quotidiana al lorointerno, la fame, le malattie, la violenza, il lavoro coatto, le deportazioni, la resistenza, le liquidazioni finali.http://www.museodellashoah.itDOVE Complesso del Vittoriano, via San Pietro in Carcere - Roma quando 27/01-04/03/2012Mostra Qui non ci sono bambini. Infanzia e deportazioneIl Museo Diffuso della Resistenza, della Deportazione, della Guerra, dei Diritti e della Libertà propone la mostra Qui nonci sono bambini. Infanzia e deportazione, nella quale sono esposte le riproduzioni di 50 dei 79 disegni realizzati dal giovaneThomas Geve subito dopo la liberazione dal Lager. I disegni originali sono conservati presso il Museo Yad Vashem di Gerusalemme.Eccezionale testimonianza storico-espressiva.http://www.museodiffusotorino.itMuseo Diffuso della Resistenza, della Deportazione, della Guerra, dei Diritti e dellaDOVE quando 27/01-13/05/2012Libertà, corso Valdocco 4/a - Torino<strong>PERLASTORIA</strong>mailA cura diCristina RolfiniRedazioneSerena SironiRicerca iconograficaBeatrice ValliPer i passi antologici, per le citazioni, per le riproduzioni grafiche, cartografiche efotografiche appartenenti alla proprietà di terzi, inseriti in quest’opera, l’editoreè a disposizione degli aventi diritto non potuti reperire, nonché per eventuali nonvolute omissioni e/o errori di attribuzione nei riferimenti.L’editore autorizza la riproduzione dei materiali ai soli fini didattici. Le riproduzionieffettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale, ocomunque per uso diverso da quello personale, possono essere effettuate a seguitodi specifica autorizzazione rilasciata da AIDRO, corso di Porta Romana n. 108,20122 Milano, e-mail segreteria@aidro.org e sito web www.aidro.orgImpaginazionePaola GhisalbertiMarchio della PearsonItalia spaTutti i diritti riservati© 2012, Pearson Italia,Milano-TorinoMultimedia Dept.Lina GussoReferenze iconograficheArchivio Pearson ItaliaRedazioni: via Archimede 23, 20129 Milanotelefono 02.74823.1 – fax 02.74823.258Uffici commerciali: via Archimede 51, 20129 Milanotelefono 02.74823.1 – fax 02.74823.362www.brunomondadoriscuola.comwww.brunomondadoristoria.it/www.pbmstoria.itwww.pearson.it©Pearson Italia spa25 Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori

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