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Scarica l'edizione di gennaio - Fondazione Biblioteca di via Senato

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<strong>gennaio</strong> 2012 – la <strong>Biblioteca</strong> <strong>di</strong> <strong>via</strong> <strong>Senato</strong> Milano 7le materie prime) e quin<strong>di</strong> nella libertà del commercio(ovvero nella possibilità <strong>di</strong> scambiare i prodotti). Altrettantoimportanti, per Serra, sono poi il buongovernoe la saggia amministrazione statale. Dovrebbe esserelo Stato, attento ma non invasivo, giusto ma non elefantiaco,a farsi garante delle libertà in<strong>di</strong>viduali dallequali <strong>di</strong>scendono il libero esercizio economico, la prosperità<strong>di</strong>ffusa e quin<strong>di</strong> la ricchezza della nazione.In sostanza, secondo la visione positivamenteutopica <strong>di</strong> Serra, il circolo virtuoso del benessere <strong>di</strong>ffusosarebbe innescato dai singoli citta<strong>di</strong>ni, ovvero dallapiù piccola e più “vera” componente dello Stato. PerSerra, al contrario <strong>di</strong> quello che Marx avrebbe propugnatodue secoli dopo, non esiste una astratta <strong>di</strong>mensionesociale (la “classe”) chiamata, in modo quasi finalistico,a creare e garantire il benessere dello Stato; Statoche, totalitario, porrebbe come unico obbiettivo ilsoffocamento della libertà in<strong>di</strong>viduale a favore <strong>di</strong> unpresunto e “superiore” benessere sociale (ovvero <strong>di</strong> sestesso, in una raggiunta identità fra classe e Stato).La crepuscolare situazione della penisola italiana,caduta nel giro <strong>di</strong> pochi decenni dalle autonomie citta<strong>di</strong>nee regionali dell’Umanesimo alla totale assenza <strong>di</strong>iniziativa politica, aveva innestato una vasta <strong>di</strong>scussionesulla ragion <strong>di</strong> Stato e sulla moralità del potere, arrivandoa coinvolgere ampi strati della società fra fineCinquecento e Seicento.Nel 1621, un fine intellettuale come LudovicoZuccolo giunge a ironizzare su come non solo «i consiglierinelle corti e i dottori nelle scuole, ma i barbieriezian<strong>di</strong>o e gli altri più vili artefici nelle boteghe e nei ritroviloro <strong>di</strong>scorrono e questionano della ragion <strong>di</strong> Statoe si danno a credere <strong>di</strong> conoscere quali cose si faccianoper ragione <strong>di</strong> Stato e quali no». 6 Anche il trattato <strong>di</strong>Antonio Serra, ov<strong>via</strong>mente, vive nel comune sentire <strong>di</strong>questo scorcio <strong>di</strong> secolo. Il pensatore cosentino apre ilsuo lavoro con una riflessione analoga, ma più ampia, aquella <strong>di</strong> Zuccolo.«Dispor bene una republica ovvero governar regnie rime<strong>di</strong>are ai <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni che possono nascere o ai <strong>di</strong>fettiche vi sono, pare che sia quasi - e senza quasi - cosacommune a tutti e che ciascuno presuma ciò intendere,<strong>di</strong> modo che a qualsivoglia pericolo che gli soprastasse,e <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile rime<strong>di</strong>o, si offrirebbe a ritrovar prontoespe<strong>di</strong>ente ancor che rozzo i<strong>di</strong>ota, e <strong>di</strong>rebbe che si deveF. Galiani, Della moneta libri cinque, incipit dell’introduzionefar questa provvisione, promulgar questa legge, e che sea lui toccasse governare provvederebbe in quel modo ecosa simile: succedendo il contrario in qualsivoglia altrascienza ed arte, che nessuno ar<strong>di</strong>sce trattarne se primanon ha acquistato l’abito o l’esercizio <strong>di</strong> quelle intutto o in parte. […] E benché tanto il saper governarregni, quanto conoscere <strong>di</strong>stintamente la giustizia sipretenda intendersi universalmente da tutti, non perquesto intendo concedere che in sé siano facili da conoscersie che si conoscano, ma tutto il contrario: che laconoscenza dell’uno e dell’altro sia <strong>di</strong>fficilissima. E inquanto a saper governar regni a me pare che con ogniragione si possa comparare alla <strong>di</strong>fficoltà e incertezzadella me<strong>di</strong>cina, e che benissimo se gli possa appropriarequel che Ippocrate <strong>di</strong>sse <strong>di</strong> quella: l’arte lunga, la vitabreve, il giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong>fficile, l’esperienza pericolosa e

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