Rapporto Unicredit Banca sulle Piccole Imprese
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Capitolo 3<br />
Il secondo passaggio, che abbiamo definito della sfida fordista, collocabile approssimativamente tra<br />
la metà degli anni Ottanta e la fine del decennio successivo, rappresenta una fase di dura transizione<br />
per l’universo del commercio. Una fase certamente non ancora conclusa. L’impatto con le economie<br />
di scala della Grande Distribuzione che, nel decennio in questione, si diffonde massicciamente nelle<br />
grandi periferie urbane per poi penetrare anche la provincia, produce una selezione feroce del settore. È<br />
una fase, tuttavia che, come già nel caso del fordismo produttivo, si sviluppa con un timing particolare,<br />
tutto italiano. Nel nostro Paese, l’avvento di una GDO (Grande Distribuzione Organizzata) organizzata<br />
sulla pura estensione quantitativa degli spazi di vendita e su un’offerta standardizzata si sviluppa in<br />
ritardo, quando, nell’insieme delle economie capitalistiche avanzate, è già iniziata una transizione a<br />
forme di distribuzione più flessibili e postfordiste.<br />
Il terzo passaggio evolutivo, l’adattamento postfordista del commercio, rappresenta una promettente<br />
finestra d’opportunità per il piccolo commercio fuori dall’interesse esclusivo per il fattore dimensionale.<br />
Fattori competitivi centrali non sono più, dunque, la comunità locale originaria oppure le grandi<br />
dimensioni, quanto la qualità e l’estensione delle reti personali dell’imprenditore commerciale. È una<br />
trasformazione che trova il suo viatico istituzionale nella liberalizzazione promossa dalla riforma Bersani<br />
del 1998, ma soprattutto vede al centro due processi sistemici tra loro interrelati. Primo, il tendenziale<br />
riposizionamento del commercio, oggi non più collocato (soltanto) a valle ma a monte del processo di<br />
valorizzazione economica. In breve, da quando è l’ordine d’acquisto che determina la produzione di una<br />
merce, il commercio è diventato potenzialmente il motore dello sviluppo. Secondo, il passaggio della<br />
pratica del consumo da connotazione funzionale, che aveva ancora nella fase fordista, per entrare in “una<br />
sfera culturale in grado di produrre visione del mondo, sistema di valori, struttura di personalità” 2 .<br />
Il consumatore diventa “consumatore”, ovvero attore che contribuisce a “creare” e valorizzare ciò che<br />
consuma attraverso lo stesso atto del consumo. Il fare shopping diviene la motivazione reale del consumo<br />
e il consumatore tende a trasformarsi in un collezionista di esperienze più che di oggetti. Una conseguenza<br />
collaterale è anche la micro-finanziarizzazione prodotta dal diffondersi anche nel nostro Paese del credito<br />
al consumo. Ad aprile 2007 questo mercato finanziario ammontava nel nostro Paese a 51,5 miliardi di<br />
euro con un aumento dell’11,2 % per cento in più in un anno, con il 58,8 % dei consumatori che si<br />
rivolgono alla propria banca e il 39,1 % a una società finanziaria soprattutto per l’acquisto di moto e auto<br />
(31,4 %), per ristrutturare un immobile (18,2 %), ma anche per acquistare elettrodomestici (6,1 %) 3 .<br />
In definitiva, siamo entrati in una fase in cui la priorità non è più tanto l’industrializzazione del<br />
commercio, quanto la sua terziarizzazione, laddove per terziarizzazione si intenda l’innovazione fondata<br />
sulla centralità di elementi immateriali e su un nuovo utilizzo delle tecnologie di rete. In questo processo<br />
di cambiamento, il commerciante assume l’identità di un imprenditore di servizi la cui creatività e<br />
innovatività è sempre più inserita nella funzione imprenditoriale stessa.<br />
2 V. Codeluppi, La sociologia dei consumi, Carocci, Roma, 2002.<br />
3 Indagine Matrixfin 2007. È da notare che per il 20,8 % degli intervistati servirebbe maggior trasparenza sui tassi di interesse, per il 14,6 %<br />
c’è poca trasparenza nelle spese accessorie, il 9,2 % vorrebbe tempi più rapidi nella concessione dei crediti e l’8,2 % una minore richiesta<br />
di garanzie.<br />
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