15.08.2012 Views

Rapporto Unicredit Banca sulle Piccole Imprese

Rapporto Unicredit Banca sulle Piccole Imprese

Rapporto Unicredit Banca sulle Piccole Imprese

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

6<br />

<strong>Rapporto</strong> UniCredit <strong>Banca</strong> <strong>sulle</strong> <strong>Piccole</strong> <strong>Imprese</strong><br />

Vi è poi un altro tratto distintivo del nostro <strong>Rapporto</strong> che ci piace ricordare: esso si concentra sul<br />

caso Italia, ma nel fare ciò volge costantemente lo sguardo in direzione dell’Europa, in primis degli<br />

altri quattro grandi Paesi dell’Unione Europea (UE). Nel caso di quest’anno, l’ottica comparata appare<br />

particolarmente utile e necessaria per quattro ordini di motivi.<br />

Innanzitutto, in tutti i grandi Paesi dell’UE il settore del commercio (dettaglio più ingrosso) ha un<br />

peso rilevante, nell’insieme delle attività economiche, sia in termini di valore aggiunto prodotto sia di<br />

occupati: in base ai dati Eurostat i valori oscillano, per il primo indicatore, fra il 17 e il 21 per cento,<br />

e fra il 22 e il 28 per cento per il secondo.<br />

Elevato è altresì il numero delle imprese esercenti, nei singoli Paesi in questione, un’attività<br />

commerciale (sempre nel senso di commercio al dettaglio più ingrosso); ma questo dato, a ben<br />

vedere, ci porta al secondo motivo che giustifica – in questo <strong>Rapporto</strong> più di altri – l’enfasi sulla<br />

comparazione internazionale. Infatti, nel settore del commercio sono non poche le differenze “di<br />

struttura” (ossia, semplificando, nel numero e nella dimensione relativa delle imprese) fra il nostro<br />

Paese e Germania, Francia, Regno Unito, mentre più simile a noi è la situazione della Spagna.<br />

Il fatto di avere, in Italia, un numero di imprese di molto superiore a quello dei nostri principali partner<br />

europei – imprese che sono anche mediamente più piccole – non deve, tuttavia, essere scambiato<br />

per un giudizio di valore. Il settore italiano della distribuzione commerciale, specialmente per ciò<br />

che riguarda il segmento al dettaglio, è, per ragioni storiche, geografiche e sociali, più frammentato<br />

o capillare che altrove. Ciononostante, esso realizza performance nient’affatto trascurabili e<br />

contribuisce in una misura non piccola a disegnare il volto delle nostre città. Di più: è un settore che<br />

da circa un decennio sta attraversando una fase di grandi trasformazioni all’insegna di una crescente<br />

liberalizzazione del mercato. È proprio la liberalizzazione il terzo motivo che ha consigliato un’analisi<br />

di questo settore non circoscritta al mercato domestico, bensì aperta sullo scenario europeo e<br />

internazionale (si pensi all’ambito OCSE).<br />

Siamo così giunti al quarto, e ultimo, motivo a fondamento di questa nostra analisi comparata: la<br />

relazione fra “consumo e crescita”, sulla quale ha offerto numerosi spunti di riflessione il Governatore<br />

della <strong>Banca</strong> d’Italia, Mario Draghi, parlando recentemente di fronte alla Società Italiana degli Economisti<br />

(Torino, 26 settembre). Nella sua Lezione, parlando dell’Italia, egli ha osservato: “La spesa pro capite per<br />

consumi è oggi più che raddoppiata rispetto al 1970. La sua crescita si è però fermata negli ultimi sei<br />

anni, dopo essere stata pari in media all’1,7 per cento nel corso degli anni Novanta. Dal 1990 la dinamica<br />

dei consumi è stata comunque assai più sostenuta di quella del reddito disponibile, il cui valore è<br />

rimasto sostanzialmente stazionario per tutto il periodo. Questi andamenti si discostano da quelli delle<br />

altri maggiori economie dell’UE”.

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!