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Rapporto Unicredit Banca sulle Piccole Imprese

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Capitolo 3<br />

dei consumatori che vogliono più varietà, più personalizzazione, più contatti interpersonali anche<br />

nelle asettiche strutture di vendita che una volta venivano offerte da supermercati e ipermercati.<br />

Dove, oggi, si comincia a trovare di tutto, ibridando vecchio e nuovo, grande e piccolo, low cost e<br />

consumo esperienziale.<br />

Una parabola simile la troviamo nel campo opposto, quello del piccolo commercio. Che parte da una<br />

posizione molto distante dai modelli della GDO, e che si avvicina col tempo alla modernità postfordista<br />

di oggi, attenuando le differenze dimensionali e di cultura imprenditoriale.<br />

La rigida contrapposizione di campo che abbiamo avuto in passato, tuttavia, ha creato anche dal lato<br />

del piccolo commercio abitudini culturali e scelte di politica associativa che sono rimaste schiacciate<br />

sui modelli di business tradizionali, sulla base di una ipotesi (oggi sempre meno vera) di mancato<br />

incontro con la modernità. Fino a che il piccolo commerciante non vede un potenziale di business o<br />

di sopravvivenza nelle forme suggerite e portate avanti dalla modernità (vecchio tipo), è abbastanza<br />

logico che le sue chance di sopravvivenza competitiva siano giocate difendendo ad oltranza il modello<br />

di business tradizionale, che - concentrandosi sul servizio di prossimità e sul presidio - punta al<br />

controllo esclusivo degli spazi urbani e sociali, occupati dal circuito distributivo dei piccoli negozi e<br />

delle micro-imprese di servizio.<br />

Di qui la tendenza, nel corso del tempo, a resistere alle innovazioni, che quel circuito avrebbero<br />

scompaginato, e a proteggere le posizioni occupate. Qualche volta in modo efficace; la maggior<br />

parte delle volte in modo illusorio. Licenze, categorie merceologiche, orari tassativi di apertura e di<br />

chiusura, restrizioni normative alla libertà di insediarsi, alle tipologie edilizie, ai metri quadri da mettere<br />

a disposizione del cliente nello spazio di vendita: la storia del confronto tra il piccolo commercio e i<br />

suoi competitors, variamente arbitrata dal potere pubblico, ha riempito le pagine della storia del nostro<br />

Paese e della cronaca di tutti i giorni.<br />

Ma anche questo disincanto del commercio, rispetto ad una modernità imprendibile e dunque nemica,<br />

ha perso le sue ragioni di fondo nel momento in cui la società e l’economia hanno cominciato a<br />

riscoprire l’importanza della flessibilità, della personalizzazione, dei significati, delle reti: tutte cose<br />

che, senza escludere la GDO che voglia innovare, sono potenzialmente “amiche” delle piccole imprese<br />

commerciali e di servizi. Sempre che non siano semplicemente adagiate sulla difesa dei vecchi modelli<br />

di business e sulla diffidenza verso il nuovo.<br />

Quante sono le imprese del piccolo commercio disposte a trovare un nuovo terreno di intesa con la<br />

modernità? La ricerca ci suggerisce che il mondo del commercio è abbastanza differenziato, avendo<br />

stratificato nel tempo visioni delle cose divergenti: alcune assolutamente scettiche verso il nuovo,<br />

altre aperte invece alla sperimentazione di nuove modalità di svolgere il mestiere di imprenditore e di<br />

intermediare le filiere produttive, nel loro rapporto verso il consumatore.<br />

Un ruolo fondamentale, a questo riguardo, possono svolgerlo le associazioni, le banche e le stesse<br />

imprese industriali, perché chiedendo o offrendo nuovi servizi e nuove idee possono aiutare il settore,<br />

o almeno della maggior parte di esso, ad avvicinarsi al nuovo spazio di opportunità che si sta aprendo.<br />

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