Rapporto Unicredit Banca sulle Piccole Imprese
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Il piccolo commercio dall’economia della prossimità all’economia delle esperienze<br />
“Le banche non ci hanno mai finanziato assolutamente, grazie a Confesercenti che tramite Confidi<br />
Lombardia ha messo una garanzia del 30% del finanziamento che noi volevamo andare a correre,<br />
io tra l’altro ripeto ero partito con una macchina di 14 anni dal lago di Iseo e non eravamo<br />
riusciti ad arrivare perché si era fermata, non avevo soldi, e in quel periodo la Confesercenti ci<br />
spalleggiava in quel sistema, e le banche si appoggiavano a Confesercenti, più che a noi perché<br />
non ci conoscevano essendo noi lontani da casa, quindi grazie a Confesercenti ci è riuscito di<br />
contattare una banca, loro ci hanno appoggiato come garanti, tutti gli altri hanno sempre rifiutato<br />
questo progetto”. (M.G., Ristohsawa)<br />
Come già evidenziato anche in altre occasioni (<strong>Rapporto</strong> Capitalismo dei Piccoli, 2004), una delle<br />
tematiche che restano ancora oggi irrisolte rimanda al finanziamento da parte del credito bancario<br />
di start-up di attività alla base delle quali vi è un investimento di carattere immateriale e di abilità<br />
individuale, cioè su un elemento che offre poche o nulle garanzie reali e che richiede particolare perizia,<br />
ancorché volontà e convenienza, nella valutazione del rischio e delle potenzialità da parte del personale<br />
bancario, che, non dimentichiamolo, è un attore fondamentale per instaurare una relazione positiva con<br />
il cliente small business.<br />
“Ho bisogno di lavorare con delle banche che hanno dietro delle persone che rischiano con me.<br />
C’è poco da dire, bisogna andare in banca e trovare un direttore che abbia la sensibilità a livello<br />
commerciale e che dica sì, ti finanzio, credo in te e nel tuo progetto, e ti finanzia al di là di qualsiasi<br />
rischio che tu possa correre. [...] Penso che senza di lui, non senza quella banca, senza di lui<br />
non ce l’avrei mai fatta. Quello che voglio dire è questo, più che avere la banca bisogna avere le<br />
persone all’interno della banca, che abbiano coraggio, gli imprenditori hanno coraggio, abbiamo<br />
bisogno di banche che abbiano coraggio di rischiare con noi”. (T.P., impresa omonima)<br />
Da questo punto di vista alcuni intervistati percepiscono la situazione in Europa più favorevole al<br />
finanziamento delle idee imprenditoriali. Le banche straniere sarebbero più capaci di affiancarsi<br />
all’imprenditore, potendo così assumere più elementi per decidere eventuali modalità di finanziamento e<br />
concorrere, così ad abbattere notevolmente i vincoli finanziari interni ai portatori di idee imprenditoriali<br />
interessanti.<br />
“Dovrebbero essere un po’ più snelle, affiancarsi all’imprenditore, come fanno le banche all’estero.<br />
Se un qualsiasi imprenditore ha bisogno di sviluppare un progetto e chiede un finanziamento non<br />
è che glielo danno semplicemente, si affiancano all’imprenditore, magari entrano nel consiglio<br />
d’amministrazione e cercano di dare una mano. Questo secondo me è il grosso limite delle banche<br />
da noi, come funziona: chiedo 10, ma te li do solo se ne hai 20 di garanzia, e poi tu mi dai quei dieci<br />
e finisce li, ti lasciano abbandonato. Qui partiamo dal concetto che ci sono state “sole” per tantissimi<br />
anni e quindi dal presupposto che ti chiedo i soldi e prima o poi mi darai la “sola” quindi devo fare<br />
tantissimi controlli. All’estero fanno il contrario, te li chiedi i soldi, ma prima devi dimostrarmi che il<br />
progetto è interessante e se lo è, io vengo con te e te lo finanzio, quando sarà tutto a posto io ti lascio<br />
e te vai con le gambe tue. Secondo me è la cosa migliore”. (A. B., Farmacia Brocchieri)