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Scarica il quaderno - Vicenza Jazz

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Maurizio Franco42petenza di chi conosce a fondo lo strumento. Molti musicisti compongonoal pianoforte, pochi però scrivono pezzi “pianistici” eMonk era sicuramente tra questi ultimi, come si evince chiaramenteanalizzando le sue partiture, nelle quali si nota quell’intrecciotra mano destra e sinistra um<strong>il</strong>iato da chi, con scarsa cura ecomprensione, pubblica le sue melodie togliendo la chiave dibasso e inserendo sigle vuote di significato. Il modo di scrivere diMonk, prima ancora dell’ascolto, tradisce la sua formazione che,non dimentichiamolo, avvenne nei tardi anni ’20, sotto l’influssodei maestri dello stride piano quali James P.Johnson (tra l’altro,abitava nel suo stesso quartiere), W<strong>il</strong>lie “The Lion” Smith, FatsWaller, sicuramente anche Ellington, oltre che degli specialisti delBoogie Woogie, con quell’uso paritario e intrecciato delle duemani sulla tastiera che in Monk non venne mai meno, nemmenonelle situazioni in trio con basso e batteria. E’ proprio guardandoa quell’epoca che si comprende la sua diversità rispetto alla maggiorparte dei pianisti “moderni”, che riducevano <strong>il</strong> ruolo dellamano sinistra inserendola nella sezione ritmica e amplificavanoquello della destra, trattata a volte come uno strumento a fiato,assegnando quindi un r<strong>il</strong>ievo particolare agli aspetti melodici.Anche quelle anomalie considerate “errori” o “stranezze” armoniche,come i bicordi di seconda minore, fanno parte di un periododella storia musicale afroamericana che i critici di jazz “dalBebop in avanti” (ecco un altro limite per gli studi jazzistici: l’assurdadivisione, durata decenni, tra specialisti degli st<strong>il</strong>i pre-bebope post-bebop) semplicemente non consideravano, così come gliesperti di epoche precedenti non riuscivano a leggere adeguatamentegli aspetti di reale avanguardia presenti nella sua musica.Proprio quei bicordi, per esempio, così come l’ossessiva percussivitàe la straripante poliritmia sono ben presenti nel linguaggiodel blues pianistico chiamato Boogie Woogie e mettono in luceuno dei retaggi, delle radici del procedere monkiano sulla tastiera.Anche lo studio delle sue armonizzazioni evidenzia spesso unaconcezione eurocentrica, che risiede proprio nel voler priv<strong>il</strong>egiarea tutti costi, salvo poi non riuscire a spiegare <strong>il</strong> perché di molte

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