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Filosofia della liberazione e impero interiore: l ... - Politicamente.Net

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libertà assoluta. L’orizzonte in cui l’io deve muoversi, nel deserto creatogli dalnichilismo è, pertanto, al di là di ogni incompleto immanentismo, ma, al contempo aldi là di ogni idea di libertà intesa come svincolo, come mera libertà-da. Ecco perchél’antecedente evoliano è da individuarsi in Nietzsche o in Stirner, nell’Oltreuomo onell’Unico. Certo, in un Nietzsche integrato e, per così dire, superato da Evola neltentativo di correggere l’antropologia dionisiaco-desiderativa, tratteggiata e incarnatadal pensatore tedesco, e in ultima analisi vera causa del suo corto circuitoesistenziale, nella direzione di un’integrazione apollinea del dionisismo. Ciò cheattrasse maggiormente, nella filosofia dell’ubermensch, la sensibilità di Evola, fu iltema <strong>della</strong> trasvalutazione dei valori. Infatti, la proposta trasvalutativa aveva caratterecosì radicale da presentarsi come assolutamente ulteriore a ogni cambio dei valori delpassato (riforma protestante, rivoluzione francese ecc.), da potersi reggere solo suun’effettiva metanoia, un profondo cambio di cuore: cosa questa che ha permesso aEric Voegelin di rintracciare una qualità platonica in Nietzsche, 7 che noi attribuiamo,per le stesse ragioni, a Evola. Infatti, porsi, nei termini suddetti lungo il percorso <strong>della</strong>libertà, comprendere che essa è nel mondo e si fa mondo, in modo totalmentedifferente dalla semplice presenza dell’ente determinato e che si annuncia, in terminidecisamente post-metafisici, come ni-ente, anche in questo caso in una straordinariaanticipazione-consonanza con la posizione heideggeriana, spezzando le cateneimposte dalla relazione cartesiano-monoteista soggetto-oggetto, fondata sullanecessitante correlazione di coscienza, significa aver colto libertà e necessità,affermazione e negazione come compossibilità. Il che ci porta ad affrontare il tema<strong>della</strong> definizione, recentemente fornita da Massimo Donà, del pensiero evolianocome filosofia <strong>della</strong> libertà. 8 Definizione, per la verità, già prospettata nellamonografia di Damiano nel 1998. Ma, al di là dei primati cronologici, non ci sembra,anche alla luce degli studi condotti da Lami, che l’espressione si confaccia del tutto aicontenuti <strong>della</strong> filosofia evoliana. 9 Quella di Evola ci pare infatti una filosofia <strong>della</strong><strong>liberazione</strong> proprio perché, come sostengono i due attenti interpreti, l’io evolianoaccade nella e come libertà, è un processo dinamico, quello indicato dalla viadell’individuo assoluto, che include affermazione e negazione, libertà e necessità, èpossibilità assoluta. Per Evola la necessità è ancora sempre possibile, il negarlolimiterebbe l’essenza dell’io: per la qual cosa, la libertà risulta essere o un momentodel processo o un modello cui tendere, o sul quale costruire il percorso esistenziale.Da parte nostra crediamo che, come almeno entro certi limiti rileva lo stesso Donà, laformazione filosofica di Evola muova dal persuaso di Michelstaedter, questi sì latoredi una filosofia <strong>della</strong> libertà, in quanto il suo eleatismo comporta un radicale7Al riguardo si veda: E. Voegelin, Anni di guerra, Rubbettino, Soveria Mannelli 2001, a cura di G. F. Lami. Inparticolare Voegelin così si esprime: “La trasvalutazione di Nietzsche…costituisce il tentativo cosciente di trascenderela crisi e di trovare basi salde su cui erigere un nuovo e stabile ordine dei valori…Nietzsche fa sua, in linea diprincipio, la posizione di Platone, secondo la quale l’ordine di una società può scaturire solo da un’anima benordinata”. pp. 60-61.8Vedi: J.Evola, Fenomenologia dell’Individuo assoluto, Ed. Mediterranee, Roma 2007, prefazione di M. Donà, a curadi G. de Turris.9In particolare rinviamo a: L’Idealismo realistico(1924-1928), Fondazione Evola, Roma 1997, a cura di G. F. Lami- J.Evola, Il Lavoro d’ Italia, Il Lavoro fascista, Carattere, Fondazione Evola, Roma 2003, a cura di G. F. Lami – J. Evola,Augustea, La Stampa, Fondazione Evola, Roma 2006, a cura di G. F. Lami e A. Lombardo, oltre all’opera monograficagià citata del 1980.


dualismo (indotto dalla tradizione d’origine del giovane goriziano, quella ebraica),per il quale, il conseguimento <strong>della</strong> persuasione esclude la possibilità di un ritorno<strong>della</strong> rettorica. Libertà e persuasione sono ridotti a puri dati, obiettivate attraversol’atteggiamento mistico con il quale Michelstaedter ha vissuto e riproposto latradizione ellenico-eleatica. 10 Il magismo evoliano rappresenta, al contrario, ilsuperamento di questo limite, pertanto si configura come atto assoluto mai pago di sestesso, atto di <strong>liberazione</strong> e di partecipazione metessica. Perché, è bene rilevarlo, puòbenissimo valere per Evola, a questo proposito, l’ingiunzione di Plotino ai discepoli,raccolta da Eustochio attorno al letto di morte del maestro: “Cercate di ricongiungereil divino che è in voi al divino che è nell’universo”. Il che esplicita, forse malgradoEvola stesso, la valenza platonica e classica <strong>della</strong> sua posizione, che di fattoripropone quella che Voegelin definì l’esperienza classica <strong>della</strong> ragione, nel momentoin cui pone in relazione l’atto dell’individuo assoluto con le potestas cosmiche. Lacondizione umana viene così colta nella platonica metaxy, nell’in-tra, che consente,all’uomo, di transitare dall’inquietudo dell’imperfetta condizione di partenza <strong>della</strong>propria umanità, condivisa con tutti gli altri enti, nell’accettazione eleatica <strong>della</strong>naturalità dell’antropos, verso un modello di perfezione divina, in un processo dicostante adeguazione, mai definitivamente concluso. La filosofia <strong>della</strong> <strong>liberazione</strong>,nel suo momento fenomenologico, non fa che descrivere, testimoniare gli stadi e lefasi di tale processo dinamico. Processo proprio di una coscienza aperta che tende aregolarsi e a ordinarsi, progressivamente, sui ritmi cosmici, proponendosi così comemodello di perfettibilità per la comunità. Quella che lo stoicismo chiamò laconciliazione, l’oikeiosis, è stato ulteriore e opposto all’alienazione, propria <strong>della</strong>coscienza chiusa, all’allotriosis, esemplificazione di nosos, di malattia e chiusura che10Più nello specifico, per quanto attiene alla monografia di Damiano, vorrei far rilevare gli aspetti più significativi chela caratterizzano: ha il merito, come detto, di aver svincolato il dibattito intorno alla filosofia evoliana dal contesto antiattualista,e di averlo inserito all’interno delle discussioni relative al nichilismo, attraverso un confronto serrato con ilpensiero di autori significativi quali Cacciari, Emo, Voegelin , Michelstaedter. Ci permettiamo, altresì, di dissentire,dalle conclusioni cui il libro giunge proponendo la contrapposizione tra la libertà quale regno dell’individuo assoluto eil manifestarsi del regno <strong>della</strong> necessità nel momento tradizionale. Per noi la tensione iperbolica di cui si fa portatorel’individuo assoluto, è il segno tangibile che, dal di dentro, contraddistingue l’uomo <strong>della</strong> tradizione. Inoltre, è ben farrilevare che Evola non fu il solo interprete <strong>della</strong> rivoluzione dei persuasi. Infatti, a ridosso del secondo conflittomondiale, nel 1937, Aldo Capitini dette alle stampe un’opera in cui la violenza è letta come estrema manifestazione delmaterialismo, contro il quale riteneva necessario insorgere. Allo scopo individuava in un’educazione più alta, in unapaideia coscienziale e del profondo, in grado di sublimare la dimensione irrazionale e animale dell’uomo, lo strumentoatto a realizzare l’interiorizzazione persuasiva. Questa non si riduce a convincimenti intellettuali, ma determinaconseguenti mutamenti reali nella vita di chi se ne fa interprete: in Capitini indusse la scelta vegetariana e non violenta,testimonianza dell’avvenuto superamento <strong>della</strong> mera individualità in direzione <strong>della</strong> personalità. L’atteggiamentoconseguente è di apertura alla realtà e alle cose, in grado di trasformare la teologia in teogonia in atto, in vita. Così ilfilosofo umbro definisce lo stato di unità/amore: “Questa unità è possibile ugualmente coi vicini, coi lontani e coimorti, vivendo le singole individualità concrete, non uccidendole nemmeno col pensiero, adorandole, amandole senzalimiti”. A. Capitini, Elementi di una esperienza religiosa, Laterza, Bari 1937, p. 52. Dal che si evince, comeparadossalmente, anche in un autore per carattere, scelte politiche e di vita così diverso da Evola, attraverso il comuneriferimento a Michelstaedter, si manifesti la realtà del tradere, <strong>della</strong> tradizione, nell’elaborazione <strong>della</strong> comunità deivivi e dei morti sub specie interioritatis. Altra esperienza paradigmatica di <strong>liberazione</strong> filosofico-coscienziale, cisembra quella testimoniata nelle pagine di A. Emo, aristocratico veneto che con Evola condivise anche le sceltepolitiche. Questi si è fatto latore di un pensare scrivendo esemplificante il ruolo dialogico e aperto del sapere filosofico,che matura in un quadro esistenziale di tensione erotico-platonica all’assoluto, nonostante la sua teoresi sia maturata nelcolloquio critico con l’attualismo e con il pensiero religioso. Tra le altre rinviamo alle seguenti opere: A. Emo, Ilmonoteismo democratico, B. Mondadori, Milano 2003- A. Emo, Supremazia e maledizione, Raffaello Cortina editore,Milano 1998.


elega nella dimensione <strong>della</strong> pura naturalità e fa rinunciare al perseguimento <strong>della</strong>condizione di aner. 11 La filosofia <strong>della</strong> <strong>liberazione</strong> è pertanto, preliminarmente, unafilosofia <strong>della</strong> coscienza, una filosofia dei pochi declinata, platonicamente, sub specieinterioritatis, che si propone come filosofia del divino e dell’ordine, quindi convalenza eminentemente politica.L’<strong>impero</strong> <strong>interiore</strong>Nel momento in cui Evola andava alla ricerca di una prassi in cui inverare gli assuntidell’idealismo trascendentale, nel senso <strong>della</strong> fondazione di un soggetto di potenza,certamente, come attestano le sue opere, si rivolse con interesse agli ambienti neopitagoricie reghiniani, come a quelli più genericamente afferenti all’occultismo chesi era diffuso, anche in Italia, all’inizio del novecento, con personaggi comeKremmerz. Eugenio Garin ha fatto notare, al riguardo, come attorno alle stessebiblioteche filosofiche di Firenze e Palermo, gravitassero personalità con interessimagico-esoterici. Evola muove, in questo suo incontro con tali correnti, da unprogetto di rifondazione globale <strong>della</strong> tradizione realizzativa inteso prevalentemente,anche quando si fece ritualistico, come nell’esperienza del gruppo di Ur, ad adeguareai processi dinamici delle potestas del cosmo, la vita coscienziale del singolo.Modello di tale atteggiamento può essere individuato nella figura di Enrico diOfterdingen. Questo personaggio novalisiano incarna la qualità <strong>della</strong> poiesis, del fareper eccellenza, ed è per questo destinato alla redenzione del cosmo. Qui il poetariassume in sé i tratti del filosofo-re e del demiurgo. Atteggiamento che vieneconfermato, oltre che spiegato, in quella che ci pare l’opera, di questo genere, piùsignificativa di Evola, cioè La Tradizione ermetica. 12 Questo libro procede a unachiara ricognizione disvelatrice dei simboli e, quindi, <strong>della</strong> dottrina dell’ermetismo,giungendo, nella sua parte finale a presentare nel paragrafo La gerarchia planetaria,il cuore vitale dell’Arte regia. Qui basti ricordare che per Evola: “L’itinerariospirituale allora sarebbe, per così dire a spirale: partendo da un dio maschiosuperiore, si discenderebbe per ricongiungersi con la divinità femminile simmetricae poi si riascenderebbe, giungendo per ultimo al centro ove sta il sole”. 13 Si delinea11Per la strutturazione <strong>della</strong> esperienza classica <strong>della</strong> ragione rinviamo a: E. Voegelin, “L’esperienza classica <strong>della</strong>ragione”, in Trascendenza e gnosticismo in E Voegelin, Astra, Roma 1979, pp. 48-93, acura di G. F. Lami. Per le tappee manifestazioni <strong>della</strong> via dell’individuo assoluto in Evola si veda in particolare: J. Evola, Fenomenologiadell’individuo assoluto, Ed. Mediterranee, Roma 1974. In essa Evola individua tre epoche realizzative che di fatto,portano al di là <strong>della</strong> filosofia e del pensiero discorsivo: Epoca <strong>della</strong> Spontaneità, Epoca <strong>della</strong> Personalità, Epoca <strong>della</strong>Dominazione.12Quest’opera ci pare assai significativa per le seguenti ragioni: 1) E’ il libro nel quale, probabilmente, Evola mostrauna effettiva conoscenza diretta delle fonti, notevole è l’apparato erudito 2) In essa si configura, anche sul pianoesoterico-iniziatico, la definitiva scelta occidentale, pratico-attiva, di Evola, che tanto lo distingue da Guénon 3) Inqueste pagine l’Autore fornisce un’interpretazione sub specie interioritatis dell’ ermetismo, che viene letto nelle suerelazione con la tradizione ghibellina e, pertanto, connesso, all’imperiologia e alla dimensione politica. Rinviamo a: J.Evola, La tradizione ermetica, Ed. Mediterranee, Roma 1974.13J. Evola, La Tradizione Ermetica, Ed. Mediterranee 1984, p. 194, con relativa rappresentazione grafica del processo.Da queste pagine si evince come tema centrale in Evola sia quello del divino. Al riguardo vogliamo ricordare, al fine dirimarcare in modo chiaro e netto la distinzione da ogni equivoco metafisico, la tesi sostenuta da Wilamowitz e ribaditaanche da Wackernagel, secondo cui theos sarebbe stato, in origine, non un sostantivo ma un predicato, vale a dire unaggettivo, e di conseguenza avrebbe avuto la funzione, non tanto di designare un’entità sovrumana, quanto piuttosto di


chiarisce la volontà di investire, attraverso l’indagine critica, la visione fascista <strong>della</strong>vita, onde mostrarne l’incompatibilità spirituale con il cristianesimo. Ed è proprio inquesto contesto tematico che la valenza classica e platonica <strong>della</strong> posizione evolianasi palesa compiutamente nel voler affermare, nella figura del Re, una sintesi realedove la spiritualità non è un nome, ma la realtà positiva di un processo di autotrasformazione operata la quale: “Si pone tra alcuni esseri e la massa degli altriuomini, almeno tanta distanza, quanto questa massa ne suppone tra sé e glianimali”. 17 Questa distanza, prosegue l’autore, non è riferibile al dato morale, né aqualcosa di ideale che caratterizzerebbe gli aristoi, né tanto meno è riducibile a valorireligiosi: “…ma consiste, per così dire, in una diversa quantità d’essere ottenuta conuna trasformazione sostanziale <strong>della</strong> coscienza”. Questa superiorità qualificadall’interno e dignifica chi ne è portatore: è il cuore vitale da cui procede la dignità ela funzione effettiva di ogni regalità: “…la quale a sua volta si testimonierànell’imperio, quasi come secondo la più antica tradizione, per la quale i Re eranotali in virtù di un fuoco attratto dal cielo che li investiva e che li testimoniava con lavittoria”. 18 Del resto, anche la vocazione imperiale alla universalità e alla inclusività,non astratta come quella propria di una legge impersonale o <strong>della</strong> irreale volontàcollettiva, ma concreta è quella che: “…si individua nella realtà di un individuosuperiore”. 19 Questi è il portatore <strong>della</strong> libertà, è colui che la realizza in modoincondizionato nella propria vita per cui: “…voler la libertà è volere l’Impero”. 20Così, alla luce dei presupposti filosofici, avere la libertà implica la possibilità <strong>della</strong>potenza, che nell’ottica evoliana diviene misura <strong>della</strong> libertà. Ma non si cada inequivoco: non si tratta dell’esercizio del dominio cosale, questo è infatti l’espressionepiù evidente <strong>della</strong> soggettità moderna che mira alla realizzazione del controlloutilitaristico dell’ente, alla sua ri-produzione, e che per natura non può lasciar-esseregli enti. Evola su questo aspetto è assai chiaro: “Potenza per noi non significa affattoforza puramente materiale; il dominio e l’imperio non si identificano affatto con laviolenza e la sopraffazione…Chi veramente può, non conosce la violenza: non ne habisogno…e si impone direttamente, invisibilmente ed irresistibilmente in virtù <strong>della</strong>sua <strong>interiore</strong>, individuale superiorità”. 21 L’imperiologia evoliana fa aggio, dunque,sulla dimensione sofocratica. Quest’ultima ha a che fare, non con ideeintellettualisticamente vissute, ma con idee suscitatrici di energie, di cui il Dominusdeve rimaner padrone. Sarà l’individuo che abbia conquistato la propria personalità, omeglio, colui che è in cammino lungo questa strada, a qualificarle, non viceversa. 22Le stesse tematiche riemergeranno, alcuni anni dopo, ne Il Mistero del Graal, operanella quale Evola ricercherà lo stesso filone iniziatico dell’ermetismo, all’interno<strong>della</strong> leggenda del Graal, interpretata nella sua valenza ghibellina. In questo mito,17J. Evola, op. cit., p. 31.18Ibidem, p. 31.19Ibidem, p. 39.20Ibidem, p. 40.21Ibidem, p. 43.22E’ interessante far rilevare come Evola, poco oltre, sostenga che nel Dominatore: “Tutta una stirpe, tutta unatradizione, tutta una storia ardono, come nel loro atto: cessano di essere astrazioni, cessano di essere idealità esangui,si fanno realtà individua, concretezza, vita”. Op. cit., p. 46. Per via diversa, questa posizione sembra riaffermare lacomunità dei vivi e dei morti di Aldo Capitini.


sotto la sottile patina del simbolismo cristiano, si evincono elementi <strong>della</strong> tradizioneceltica e le antiche iniziazioni guerriere nordico atlantiche: il Graal e l’idea imperialevengono presentate come una sorta di “religione segreta <strong>della</strong> cavalleria” infunzione anti guelfa. Oltre ciò, Evola definisce, nello stesso contesto storico, un’interessante interpretazione del catarismo, letto come alleato, per via indiretta, delghibellinismo, date contingenti ragioni storiche. In realtà, esso sarebbe stato portatore<strong>della</strong> riemersione di culti precristiani di carattere femminile e tellurico. 23 Anche inqueste pagine, Evola mostra la sua propensione alla costruzione dell’Impero <strong>interiore</strong>.A proposito <strong>della</strong> sede del Graal, ma gli esempi potrebbero essere molteplici, così siesprime: “Il viaggio in tali luoghi va considerato essenzialmente sub specieinterioritatis, ossia nei termini di spostamenti <strong>della</strong> coscienza in un mondoabitualmente chiuso all’essere umano”. 24 Si tratta di esperienze iniziatiche,testimoniate in tutte le tradizioni, al di là <strong>della</strong> coscienza ordinaria. La tradizionecavalleresca, attraverso il simbolo del Graal, ha manifestato la possibilità, riservata adalcuni, attraverso un processo di difficile trasmutazione <strong>interiore</strong>, di accedere al di là<strong>della</strong> cavalleria terrestre, a una ideale cavalleria spirituale. In tal senso il regno delGraal esiste sempre, nella sua dimensione polare esso è immobile: “… ma non siporta ora più ora meno vicino ai vari punti <strong>della</strong> corrente <strong>della</strong> storia, ma è lacorrente <strong>della</strong> storia, sono gli uomini e i regni degli uomini che possono portarsi orapiù ora meno vicini a esso”. 25 Il medioevo ghibellino, secondo Evola, sembròapprossimarsi al regno del Graal, consentendo che si affermasse come una realtà alcontempo <strong>interiore</strong> ed esteriore, nell’unità dell’autorità spirituale e del poteretemporale, come nella tradizione delle origini. Evola sperò di attualizzare taleprocesso nella propria epoca, rettificando in senso romano e imperiale il fascismo.Oggi tale progetto, è il caso di chiedersi, conserva una sua valenza e una suapossibilità?L’Impero: una transitabile utopiaAll’inizio del secolo scorso, molti tra gli intellettuali più attenti alle problematichepolitiche, si interrogarono sul ruolo dell’Impero in relazione al senso assunto dalpotere nella modernità. In particolare ciò accadde, non casualmente, tra i pensatori<strong>della</strong> mittelleuropa che fu, in quel contesto storico, vero luogo sismografico, in gradodi registrare la crisi del moderno e la sua implosione. Tra gli altri, sarà il caso diricordare Lernet-Holenia, Joseph Roth e, soprattutto, Hugo Von Hofmannsthal. 2623Al riguardo così Evola si esprime: “Nel catarismo sembra invece essere riemerso l’aspetto negativo, femminile,ginecocratico, di un diverso retaggio precristiano, da noi altrove definito come atlantico meridionale e da considerarsicome un’alterazione <strong>della</strong> tradizione primordiale nel senso del ciclo <strong>della</strong> Madre”. J. Evola,Il Mistero del Graal, Ed.Mediterranee, Roma 1972.24J. Evola, op. cit., p. 115. Lo stesso tema riemerge nelle pagine di Rivolta contro il mondo moderno, Ed. Mediterranee,Roma 1969, pp. 249-250.25Ibidem, p. 134.26Del primo va segnalato, sul tema in questione, il romanzo Lo stendardo, nel quale viene tratteggiata, attraverso levicende del protagonista, un’antropologia <strong>della</strong> fedeltà e <strong>della</strong> tradizione. Del secondo, l’intera produzione letteraria, èintrisa di nostalgia dell’Ordnung, che veste, però, i panni di un socialismo imperiale, il solo in grado di ricomporrel’atomismo sociale contemporaneo. In particolare, la lacerazione profonda, segnata dal moderno, è esemplificata nellastoria <strong>della</strong> famiglia Von Trotta, nella sua ascesa, coincidente con la battaglia di Solforino, e nella sua progressiva


Questi si confrontò con il tema dell’Impero in due opere incompiute: nel romanzoAndrea e nel dramma La Torre, che ripropone il tema <strong>della</strong> Vita è sogno di Calderon.Il magico viaggio veneziano e la staticità del cerimoniale spagnolo sono le facce <strong>della</strong>Romània, dell’utopia imperiale absburgica, che è il cuore vitale <strong>della</strong> produzione delpensatore austriaco, al quale si deve la creazione dell’ossimoro rivoluzioneconservatrice. E’ soprattutto alle problematiche sviluppate ne La Torre che bisognaguardare per tentare di dare una risposta ai quesiti che l’imperiologia evoliana pone.Hofmannsthal lavorò a più riprese intorno a quest’opera, addirittura dal 1901 al 1929,anno <strong>della</strong> sua scomparsa. Personaggio centrale <strong>della</strong> vicenda è il principe Sigismund,prigioniero nella torre perché gli astri hanno indicato in lui chi rovescerà l’Ordine.Egli è descritto quasi come un animale selvaggio, la sua condizione è paragonabile aquella dell’uomo europeo, che porta sulle spalle la crisi di un’intera civiltà.Quest’opera rappresenta il vero dramma del potere nell’epoca moderna: in essa unavisione disincantata del Politico si staglia su uno sfondo di macerie, quelle di unOrdine ormai privato di ogni forma di legittimità superiore e non più in grado direalizzare l’harmonia mundi e che, pertanto, si riduce a luogo di tutti i conflitti e ditutte le separazioni. 27 E’ la Dittatura presentata come paradigma del potere modernoche, al più, riesce a realizzare una pace apparente, non in grado, in realtà, di celare ilconflitto permanente. Nella post-fazione, Massimo Cacciari sposa le tesi sviluppatesu questo tema da Walter Benjamin: quelle <strong>della</strong> insuperabilità <strong>della</strong> modernità, che èframmentarietà e lacerazione invalicabile. Pertanto, per Cacciari, quella dell’Ordinelegittimo, dell’Impero, risulta essere un’utopia intransitabile. La qual cosarisulterebbe testimoniata dalle diverse versioni che, Hofmannsthal stesso, dette deldramma: la prima mostrava una sua adesione all’utopia imperiale, la seconda nonfarebbe che mostrarne l’impossibilità. 28 Riteniamo che la lettura del filosofoveneziano, pur stimolante e articolata, sia inficiata da una sorta di confusioneterminologica di fondo, che non gli consente di distinguere utopia da utopismo. Laprima è carica, per noi, di valenza positiva, riferendosi a una posizione di pensieroche, in opposizione allo status quo, propone al singolo una via realizzativa, anchepolitica, che deve vederlo impegnato al massimo grado nel tentativo di indurre, alproprio corso esistenziale, un processo di ascesa in grado di influire sul climacomunitario. L’utopismo consiste, invece, nel tentativo di voler realizzare, per tutti,indiscriminatamente, un progetto pianificato, che per propria natura, non puòdecadenza che raggiunge l’apice al momento <strong>della</strong> sconfitta dell’Impero, alla fine del I conflitto mondiale, che Roth ciha narrato nella Marcia di Radetzky. Del terzo si veda soprattutto, La Torre. Rinviamo pertanto a: A. Lernet-Holenia,Lo Stendardo, Adelphi, Milano 1988- J. Roth, La Marcia di Radetzky, Adelphi, Milano 1982- H. Von Hofmannsthal,La Torre, Adelphi, Milano 1987.27Che il dibattito intorno all’Ordnung non sia del tutto sopito, neppure oggi, ci pare testimoniato da un romanzodecisamente originale, opera di P. Esterhàzy, discendente da una nobile dinastia europea, Harmonia caelestis. Si trattadi una saga familiare in cui, nella prima parte, si narra di quella nobiltà mitteleuropea che viaggiava, studiava, stabilivainnumerevoli relazioni e si sentiva, ovunque, a casa propria. Nella seconda, si presenta la fine di quel mondo ed è storiadi espropiazione, di mancanza, di sradicamento: l’appalesarsi del nulla. Rinviamo a: P. Esterhàzy, Harmonia caelestis,Feltrinelli, Milano 2003.28Su questo tema in particolare Cacciari così si esprime: “La Pax vera è la pax profonda che annuncia il dio in noi.Pace profonda, grande pace è concepibile soltanto alla luce del simbolo che collega la Gloria di dio in excelsis alladimora dell’uomo in terra…In questa luce il Politico può essere soltanto come Pontificato:è concepibile Re solo inquanto Pontefice…La tradizione di questo simbolo si è definitivamente spezzata”. H. Von Hofmannsthal, op.cit., p.194.


iprodurre la dimensione dinamica <strong>della</strong> realtà. E’ bene ricordare che degli utopisti,tra le righe <strong>della</strong> sua opera, sorrideva, dall’alto di un’ironia scettica ma propositiva, lostesso padre moderno dell’utopia, Tommaso Moro. Pertanto, ci pare che la propostaevoliana possa, certamente, essere definita come utopica: infatti Evola, con la propriaopera, in primis, non ha fatto altro che registrare la sua personale esperienza di vita edi pensiero, per proporla a quei pochi in grado di condividerla. L’interlocutore <strong>della</strong>sua lezione era, sempre, l’individuo in cammino lungo la strada <strong>della</strong> conquista <strong>della</strong>personalità. La sua, pertanto, è una gnosi, un percorso di conoscenza, che non scademai in gnosticismo, e che mai dovrebbe essere confusa, cosa che invece troppospesso accade, con percorsi di fede. Sarebbe il caso, in considerazione di ciò, dimitigare la tesi sostenuta da De Felice, il quale presentò Evola come animato da unpessimismo cosmico-storico radicale. Al contrario, Evola era sostenuto da unincrollabile ottimismo nelle possibilità umane. L’utopismo è una delle cause deldisastro moderno, perché è il portato di una coscienza chiusa, <strong>della</strong> quale si è detto.L’utopia, invece, è sempre transitabile, perché, in via preliminare, riguarda ilsingolo, la sua coscienza come mezzo par avvicinarsi al Centro e, dati certi contestistorici, renderlo esteriore nella dimensione del dominio imperiale. Intransitabile cipare, invece, la Dittatura, quale paradigma del politico nella modernità, in quantomanifesta il suo carattere artificiale, determinato dalla scelta utopistica. 29 Il contenutoutopistico <strong>della</strong> Dittatura e <strong>della</strong> Decisione, che alla superficie appaiono le soluzionirealistiche, attraverso le quali risolvere la frammentarietà del moderno, consiste nell’idea di poter sostituire al passato simbolo metafisico quello prodotto dalla sintesi delpolitico secolarizzato e del determinismo fisico-naturale. Cosa dalla quale Evola fusempre alieno e che spiega la sua stessa alterità rispetto ai fascismi e al razzismobiologico. Insomma, il potere nella modernità si configura come fondato sul doveressere-ordine,ma anche sul suo non–poter–essere consenso.ConclusioniUna eredità decisamente positiva, quindi, quella <strong>della</strong> filosofia evoliana la cuiattualità, addirittura straordinaria, non è solo da individuarsi nel suo carattereultranichilista, ma anche nelle anticipazioni presenti nelle sue opere, di aspetti poitematizzati nel pensiero dei più significativi pensatori europei. Di Heidegger si è,almeno per cenni, già detto. Si pensi alle potenzialità che la lettura di Evola comefilosofo <strong>della</strong> coscienza può determinare in relazione al pensiero di Colli, inparticolare in riferimento alla filosofia dell’espressione. Il mondo qui si configuracome espressione di qualcosa di nascosto, è manifestazione e conservazione, trattidistintivi che si mostrano nella coscienza memoriale. Questa è punto eminente <strong>della</strong>repraesentatio, è la via del ritorno all’interiorità più nascosta, che è immanente alreale e non è sovramondo. Nella memoria colliana sono presenti le due concezioni29La decisione, cuore del politico di matrice hobbesiano-schmittiano, può, certo, cercare di imporsi con ogni prepotenza,ma ciò non farà che illuminare più a fondo questa sua impotenza costitutiva. Ci pare che questo lato oscuro,animale, per riferirci alla simbologia del Sigismund di Hofmannsthal, <strong>della</strong> decisione, sia stata in qualche modosottaciuta da C. Schmitt. Al contrario, Benjamin colse perfettamente questa dimensione deterministica, non risolutivadel decisionismo.


classiche del ricordare: mneme e anamnersis. La prima ha funzione conservativa, èriflesso di vita immutabile, del centro, che la seconda tende a recuperare. Memoriaper Colli è testimonianza di una possibilità cui ritornare, ricordo aurorale che sisviluppa nell’istante, la cui essenza è l’atemporalità. Un’eternità che partecipa <strong>della</strong>stabilità ma non è, essa stessa stabilità: il suo significato è quello di unità simultanea<strong>della</strong> vita. Essa è fusis, nella dimensione <strong>della</strong> pura potenza, <strong>della</strong> sovrabbondanzache comanda e determina ludicamente il mondo. Ecco, ritengo che il senso piùriposto <strong>della</strong> filosofia evoliana <strong>della</strong> coscienza debba essere colto in questa allusionealla metessi cosmica, senza trascendenza, così esemplarmente chiarita da Colli. Essarappresenta il vero esoterismo di Evola. E’ la filosofia, quindi, il cuore vitale del suopensiero. Pertanto, è da essa che bisogna ripartire per tentare di andare oltre Evola,anche sotto il profilo politico, e magari dal punto di vista esistenziale, ripensando ilcavalcare la tigre alla luce <strong>della</strong> realtà mercuriale dei nostri giorni.

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