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SENTIERI


I SENTIERI DELLA RICERCA<br />

<strong>rivista</strong> <strong>di</strong> storia contemporanea<br />

EDIZIONI CENTRO STUDI<br />

“Piero Ginocchi”, Crodo


Infiniti i sentieri <strong>della</strong> ricerca<br />

<strong>di</strong> Angelo <strong>Del</strong> <strong>Boca</strong><br />

Infiniti i sentieri <strong>della</strong> ricerca<br />

«I sentieri <strong>della</strong> ricerca», la <strong>rivista</strong> <strong>di</strong> cui oggi pubblichiamo <strong>il</strong> primo<br />

numero, raccoglie l’ere<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> «Stu<strong>di</strong> piacentini», che fondammo <strong>di</strong>ciannove<br />

anni fa. Salvo qualche arricchimento, la nuova <strong>rivista</strong> conserva la stessa<br />

struttura del semestrale pubblicato a Piacenza, le stesse finalità, le stesse<br />

ambizioni, persino lo stesso progetto grafico, semplice ed essenziale. Non<br />

potendo più proseguire, per le ragioni che abbiamo esposto nel numero 36<br />

<strong>di</strong> «Stu<strong>di</strong> piacentini» (l’ultimo che reca la nostra firma), la lunga e bellissima<br />

esperienza culturale nel Piacentino, abbiamo trasferito la <strong>rivista</strong> in<br />

Piemonte, tra le montagne dell’Ossola, in un clima sereno, non turbato da<br />

infelici e immotivati contrasti. Qui, fra le montagne che hanno visto nascere<br />

la Repubblica partigiana dell’Ossola, forse <strong>il</strong> più nob<strong>il</strong>e e avanzato progetto<br />

democratico realizzato nell’Italia ancora occupata dai nazisti, già<br />

anticipatore <strong>della</strong> Costituzione repubblicana del 1946, proseguiremo quella<br />

ricerca storica che abbiamo sempre cercato <strong>di</strong> condurre con metodo,<br />

passione, coerenza e senso <strong>di</strong> responsab<strong>il</strong>ità. Ci conforta pensare che in<br />

questa nuova avventura intellettuale ci hanno seguito tutti i nostri antichi<br />

collaboratori mentre altri, nuovi, ci hanno fornito la loro adesione.<br />

La <strong>rivista</strong> si apre con una sezione dal titolo Vivere la Resistenza. Abbiamo<br />

infatti stretto un accordo con la <strong>di</strong>rezione dell’Istituto Storico <strong>della</strong><br />

Resistenza e <strong>della</strong> società contemporanea nel Novarese e nel Verbano-<br />

Cusio-Ossola Piero Fornara con l’intento <strong>di</strong> dotare ogni numero <strong>della</strong><br />

pubblicazione <strong>di</strong> uno o più saggi che rievochino episo<strong>di</strong> o figure <strong>della</strong> lotta<br />

<strong>di</strong> liberazione nella provincia <strong>di</strong> Novara prima che venisse sud<strong>di</strong>visa. Non<br />

siamo infatti d’accordo con <strong>il</strong> presidente del Senato, Marcello Pera, che <strong>il</strong> 13<br />

<strong>di</strong>cembre 2003 ha sostenuto che, a sessant’anni dalla liberazione dell’Italia<br />

dal nazi-fascismo, è giunto <strong>il</strong> momento <strong>di</strong> «abbandonare <strong>il</strong> mito <strong>della</strong><br />

resistenza per consegnarlo definitivamente agli storici». Ha inoltre<br />

<strong>di</strong>chiarato che «non abbiamo più bisogno <strong>della</strong> vulgata tolemaica<br />

resistenziale: non dobbiamo più <strong>di</strong>re che la Repubblica e la Costituzione<br />

7


Angelo <strong>Del</strong> <strong>Boca</strong><br />

sono antifasciste, ma che la Repubblica e la Costituzione sono<br />

democratiche».<br />

No, professor Pera, la Resistenza non è un mito e non è affatto venuto<br />

<strong>il</strong> momento <strong>di</strong> relegarla in soffitta. Se lei de<strong>di</strong>casse un po’ del suo tempo a<br />

stu<strong>di</strong>are <strong>il</strong> movimento <strong>di</strong> liberazione in Italia si accorgerebbe, ad esempio,<br />

che la Costituzione - come ha giustamente precisato lo storico Angelo d’Orsi<br />

- «è nata proprio dall’antifascismo, cioè da un accordo tra le forze politiche<br />

che si erano battute contro <strong>il</strong> fascismo». Le consigliamo inoltre <strong>di</strong> leggere i<br />

tre<strong>di</strong>ci, splen<strong>di</strong><strong>di</strong> verbali redatti dal segretario <strong>della</strong> Giunta provvisoria <strong>della</strong><br />

Repubblica partigiana dell’Ossola, Umberto Terracini. Quello stesso<br />

Terracini che tre anni dopo avrebbe presieduto a Roma l’Assemblea<br />

Costituente. In quei tre<strong>di</strong>ci verbali ci sono alcune norme, alcuni principi,<br />

che sono stati adottati dalla nostra Costituzione. Una Costituzione ancora<br />

viva, garantista, efficiente, ma che si vorrebbe <strong>di</strong>struggere, così come <strong>il</strong><br />

«mito» <strong>della</strong> Resistenza.<br />

Il secondo settore <strong>della</strong> <strong>rivista</strong> ospita i saggi <strong>di</strong> Storia locale, tanto del<br />

novarese che <strong>della</strong> nuova provincia del Verbano-Cusio-Ossola. Nostro<br />

intento è <strong>di</strong> fornire le caratteristiche salienti <strong>di</strong> questi settori, analizzando le<br />

trasformazioni che si sono verificate negli ultimi centocinquant’anni, sotto<br />

<strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o sociale, economico, politico, religioso e culturale. Edgardo Ferrari,<br />

ad esempio, affronta in questo primo numero <strong>della</strong> <strong>rivista</strong> un episo<strong>di</strong>o assai<br />

poco indagato, quello dell’appoggio dei cattolici ossolani al can<strong>di</strong>dato<br />

liberale, on. Alfredo Falcioni, alle elezioni politiche del 1909. Era la prima<br />

volta che ciò accadeva ed avrebbe portato, nel periodo giolittiano, al processo<br />

<strong>di</strong> integrazione tra la borghesia laica e quella cattolica.<br />

Più sostanziosa la parte centrale <strong>della</strong> <strong>rivista</strong>, de<strong>di</strong>cata ai saggi <strong>di</strong> Storia<br />

nazionale. In questo numero presentiamo un saggio <strong>di</strong> Riccardo Cappelli sul<br />

«<strong>Centro</strong> Raccolta Profughi» <strong>di</strong> Marina <strong>di</strong> Carrara, che fu attivo, in<br />

con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> estremo degrado, dal 1946 al 1976. Umberto Chiaramonte,<br />

che alla classe politica e al movimento operaio in val d’Ossola ha de<strong>di</strong>cato<br />

due eccellenti volumi, e che negli ultimi anni ha stu<strong>di</strong>ato a fondo<br />

l’autonomismo nella storia d’Italia, ricostruisce in questo numero le vicende<br />

legate al decentramento amministrativo durante <strong>il</strong> fascismo e alla<br />

costituzione <strong>di</strong> ventisei nuove province.<br />

Gian Mario Bravo, dal canto suo, affronta la figura <strong>di</strong> Arturo Labriola,<br />

massimo esponente <strong>della</strong> corrente socialista del sindacato rivoluzionario, e<br />

ne evidenzia le notevoli incoerenze. Nel 1911, infatti, solo fra i leader<br />

socialisti, appoggerà la guerra contro la Turchia per la conquista <strong>della</strong> Libia.<br />

8


Infiniti i sentieri <strong>della</strong> ricerca<br />

Sarà anche reci<strong>di</strong>vo. Esule in Francia e poi negli Stati Uniti, perché avverso<br />

al fascismo, nel 1935 farà ritorno in patria per sostenere la guerra d’Etiopia.<br />

La sezione successiva ha per titolo Africa e <strong>di</strong>ntorni ed è un po’ <strong>il</strong> nostro<br />

fiore all’occhiello. Allo stu<strong>di</strong>o dell’Africa, infatti, abbiamo a volte de<strong>di</strong>cato<br />

<strong>il</strong> 60/70 per cento delle pagine <strong>della</strong> <strong>rivista</strong>, tanto che «Stu<strong>di</strong> Piacentini» si<br />

è con <strong>il</strong> tempo validamente inserita fra le poche riviste <strong>di</strong> africanistica<br />

stampate in Italia. La decisione <strong>di</strong> dare molto spazio all’Africa è maturata<br />

negli anni ottanta quando la carenza <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> in questo settore era più che mai<br />

manifesta e ad<strong>di</strong>rittura inspiegab<strong>il</strong>e se si pensa al livello <strong>della</strong> ricerca in altri<br />

Paesi europei. Da più <strong>di</strong> tre lustri, dunque, abbiamo meto<strong>di</strong>camente<br />

analizzato gli avvenimenti africani, sia del periodo coloniale che postcoloniale,<br />

dando vita anche a due convegni, <strong>il</strong> primo sulle guerre coloniali<br />

del fascismo, <strong>il</strong> secondo sulla <strong>di</strong>sfatta <strong>di</strong> Adua, i cui atti sono stati raccolti e<br />

pubblicati dall’E<strong>di</strong>tore Laterza. Il nostro impegno, dunque, è a tutto campo<br />

e ha fornito risultati <strong>di</strong> enorme r<strong>il</strong>evanza come, ad esempio, le tremende<br />

rivelazioni sulle stragi compiute nel 1937, dai generali <strong>di</strong> Graziani, nella città<br />

conventuale <strong>di</strong> Debrà Libanòs, in Etiopia.<br />

In questo numero pubblichiamo tre saggi, <strong>di</strong> Nicola Labanca, Marco<br />

Lenci e Felice Pozzo. Labanca commenta due lunghe lettere, ine<strong>di</strong>te,<br />

scambiate nel settembre del 1937 tra l’ispettore Davide Fossa, all’epoca la<br />

più alta autorità del Partito nazionale fascista in Etiopia, e <strong>il</strong> ministro<br />

dell’Africa Italiana, Alessandro Lessona. Dal carteggio emerge chiaramente<br />

che, a <strong>di</strong>ciassette mesi dall’occupazione italiana dell’Etiopia, nell’impero<br />

non funziona nulla, la corruzione d<strong>il</strong>aga negli organismi governativi, la<br />

ribellione dei partigiani etiopici si aggrava giorno per giorno nonostante le<br />

continue repressioni. La replica <strong>di</strong> Lessona, che sta per essere licenziato da<br />

Mussolini, è assolutamente sconcertante. Pur apprezzando la sincerità <strong>di</strong><br />

Fossa e ammettendo la lunga serie <strong>di</strong> errori e <strong>di</strong> fallimenti nella costruzione<br />

dell’impero, respinge ogni addebito, riversando sugli altri ogni<br />

responsab<strong>il</strong>ità. Ma anche con l’allontanamento <strong>di</strong> Lessona e <strong>il</strong> rientro in<br />

patria <strong>di</strong> Fossa le cose non cambieranno in meglio. Il destino dell’impero è<br />

ormai segnato. Marco Lenci, dal canto suo, riporta e commenta la<br />

testimonianza del sergente Luigi Canali sull’impiego, in Etiopia, dell’arma<br />

chimica. Un impiego tante volte, anche <strong>di</strong> recente, smentito, e che invece è<br />

stato quasi una norma nel corso <strong>della</strong> guerra dei sette mesi ed in seguito nei<br />

cinque anni <strong>della</strong> controguerriglia. Nella lettera alla famiglia, <strong>il</strong> sergente<br />

Canali scrive testualmente: «Le zone attraversate recentemente sono state<br />

abbondantemente bombardate e cosparse <strong>di</strong> “iprite”. Alcune tracce sono<br />

9


Angelo <strong>Del</strong> <strong>Boca</strong><br />

visib<strong>il</strong>i». Si tratta <strong>della</strong> regione montuosa fra l’Amba Aradam e l’Amba Alagi,<br />

teatro <strong>di</strong> furiosi combattimenti tra le truppe italiane d’invasione e l’armata<br />

<strong>di</strong> ras Mulughietà. Felice Pozzo pone invece in r<strong>il</strong>ievo <strong>il</strong> ruolo determinante<br />

dell’Africa nella copiosa produzione <strong>di</strong> Em<strong>il</strong>io Salgari. Il Continente Nero,<br />

con i suoi misteri, non è soltanto presente nei libri <strong>di</strong> avventure del<br />

romanziere morto suicida, ma anche nel suo lavoro giornalistico giovan<strong>il</strong>e<br />

quando, con lo pseudonimo <strong>di</strong> «Ammiragliador», chiedeva un posto al sole<br />

per l’Italia.<br />

<strong>Del</strong> tutto nuova, invece, la quinta ed ultima sezione, che riguarda<br />

l’Europa e le sue trasformazioni a partire dalla fine <strong>della</strong> seconda guerra<br />

mon<strong>di</strong>ale e, in modo particolare, dalla caduta del muro <strong>di</strong> Berlino. Il lento,<br />

ma si spera inarrestab<strong>il</strong>e, processo <strong>di</strong> formazione dell’Unione Europea, così<br />

come <strong>il</strong> percorso faticoso e confuso degli ex paesi dell’Unione Sovietica, sono<br />

due avvenimenti <strong>di</strong> fondamentale importanza che meritano una costante<br />

attenzione. Cristian Collina, ad esempio, esamina l’attuale politica <strong>di</strong><br />

Restructurizacija dell’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa russa e giunge alla conclusione<br />

che <strong>il</strong> nuovo corso <strong>di</strong> trasformazioni r<strong>il</strong>ancia le capacità m<strong>il</strong>itari,<br />

economiche, scientifico-tecnologiche <strong>di</strong> Mosca, tanto da riproporre la<br />

Russia, che si pensava fuori gioco, tra le gran<strong>di</strong> potenze. Giorgio Novello,<br />

dal canto suo, analizza <strong>il</strong> processo <strong>di</strong> reintegrazione <strong>della</strong> Mitteleuropea<br />

nell’Unione Europea e si sofferma sul dramma storico dell’espulsione <strong>di</strong><br />

do<strong>di</strong>ci m<strong>il</strong>ioni <strong>di</strong> tedeschi dall’Europa <strong>Centro</strong>-Orientale.<br />

Completano la <strong>rivista</strong> la consueta Rassegna bibliografica, alcune Schede <strong>di</strong><br />

libri e le notizie sugli Autori che hanno collaborato al numero.<br />

Come i lettori avranno potuto osservare, nel passaggio da «Stu<strong>di</strong><br />

piacentini» a «I sentieri <strong>della</strong> ricerca», <strong>il</strong> Comitato scientifico è stato<br />

ampiamente rimaneggiato ed arricchito. Entrano a far parte del Comitato:<br />

Aldo Agosti, Mauro Begozzi, Marco Buttino, Angelo d’Orsi, Edgardo<br />

Ferrari, Mimmo Franzinelli, Sandro Gerbi, Mario Giovana, Clau<strong>di</strong>o<br />

Gorlier, Mario Isnenghi, Lutz Klinkhammer, Marco Lenci, Aram Mattioli,<br />

G<strong>il</strong>bert Meynier, Marco Mozzati, Massimo Roman<strong>di</strong>ni, Francesco Sur<strong>di</strong>ch,<br />

Nicola Tranfaglia. A questi <strong>il</strong>lustri storici, che hanno accolto con simpatia<br />

e calore <strong>il</strong> nostro invito a partecipare a questa nuova iniziativa, rivolgiamo<br />

<strong>il</strong> nostro grazie e <strong>il</strong> nostro affettuoso saluto. Per finire, Nicola Labanca<br />

affiancherà Giorgio Rochat nella con<strong>di</strong>rezione <strong>della</strong> <strong>rivista</strong>.<br />

Nel chiudere questo e<strong>di</strong>toriale vorremmo riprodurre <strong>il</strong> capoverso posto<br />

alla fine <strong>della</strong> nostra lettera <strong>di</strong> congedo dalla <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> «Stu<strong>di</strong> piacentini»,<br />

che definisce le ambizioni e i traguar<strong>di</strong> <strong>della</strong> nuova <strong>rivista</strong>: «I sentieri <strong>della</strong><br />

10


Infiniti i sentieri <strong>della</strong> ricerca<br />

ricerca» sono infiniti, come sono infiniti i sentieri delle nostre montagne, alla<br />

cui nob<strong>il</strong>tà ci ispiriamo. E come i tratturi portano sempre in alto, spesso alla<br />

cima, noi vorremmo che i nostri sentieri <strong>della</strong> ricerca e <strong>della</strong> memoria ci<br />

facessero approdare ad un numero sempre più cospicuo <strong>di</strong> scoperte, <strong>di</strong><br />

certezze, <strong>di</strong> verità». È con questo auspicio che <strong>di</strong>amo alle stampe <strong>il</strong> primo<br />

numero de «I sentieri <strong>della</strong> ricerca».<br />

11


I Sentieri <strong>della</strong> Ricerca<br />

è una pubblicazione del <strong>Centro</strong> Stu<strong>di</strong> Piero Ginocchi, Crodo.<br />

Direttore<br />

Angelo <strong>Del</strong> <strong>Boca</strong><br />

Con<strong>di</strong>rettori<br />

Giorgio Rochat, Nicola Labanca<br />

Redattrice<br />

Severina Fontana<br />

Comitato scientifico<br />

Aldo Agosti, Mauro Begozzi, Shiferaw Bekele, Gian Mario Bravo, Marco<br />

Buttino, Giampaolo Calchi Novati, Vanni Clodomiro, Bas<strong>il</strong> Davidson,<br />

Jacques <strong>Del</strong>arue, Angelo d’Orsi, Nurud<strong>di</strong>n Farah, Edgardo Ferrari, Mimmo<br />

Franzinelli, Sandro Gerbi, Mario Giovana, Clau<strong>di</strong>o Gorlier, Mario Insenghi,<br />

Lutz Klinkhammer, Nicola Labanca, Vittorio Lanternari, Marco Lenci, Aram<br />

Mattioli, G<strong>il</strong>bert Meynier, Pierre M<strong>il</strong>za, Renato Monteleone, Marco Mozzati,<br />

Richard Pankhurst, Giorgio Rochat, Massimo Roman<strong>di</strong>ni, Alain Rouaud,<br />

Alberto Sbacchi, Gerhard Schreiber, Enrico Serra, Christopher Seton-<br />

Watson, Francesco Sur<strong>di</strong>ch, Nicola Tranfaglia, Bahru Zewde<br />

3


La <strong>rivista</strong> esce in fascicoli semestrali<br />

Direttore Angelo <strong>Del</strong> <strong>Boca</strong><br />

Redazione:<br />

Autorizzazione del Tribunale <strong>di</strong> xxxxxx n. xxxxxxxxxx<br />

Sped. in a.p., 45% art. 2, comma 20b, legge 662/96 -<br />

Dir. Comm. Business Piacenza<br />

I Sem. 2005<br />

Prezzo <strong>di</strong> copertina euro 12,00<br />

La pubblicazione <strong>di</strong> questa <strong>rivista</strong><br />

è stata possib<strong>il</strong>e grazie al generoso contributo <strong>di</strong>:<br />

4


Sommario<br />

e<strong>di</strong>toriale<br />

7 Infiniti i sentieri <strong>della</strong> ricerca<br />

<strong>di</strong> Angelo <strong>Del</strong> <strong>Boca</strong><br />

vivere la resistenza<br />

13 Mario Bonfantini e l’irripetib<strong>il</strong>e stagione <strong>di</strong> libertà<br />

<strong>della</strong> Repubblica dell’Ossola<br />

<strong>di</strong> Massimo Bonfantini<br />

17 Riprodurre o interpretare?<br />

Modelli narrativi e valoriali del fare storia in televisione:<br />

in caso Quaranta giorni <strong>di</strong> libertà<br />

<strong>di</strong> Renzo Fiammetti<br />

saggi <strong>di</strong> storia locale<br />

31 Le elezioni politiche del 1909 in Ossola<br />

<strong>di</strong> Edgardo Ferrari<br />

saggi <strong>di</strong> storia nazionale<br />

45 <strong>Centro</strong> Raccolta Profughi per gli italiani in fuga<br />

<strong>di</strong> Riccardo Cappelli<br />

61 Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo:<br />

l’istituzione si ventisei provincie<br />

<strong>di</strong> Umberto Chiaramonte<br />

5


119 Antionio Labriola e la questione coloniale<br />

<strong>di</strong> Gian Mario Bravo<br />

6<br />

africa e <strong>di</strong>ntorni<br />

145 «Un fatto sugli altri domina: la sicurezza».<br />

Uno scambio <strong>di</strong> relazioni sull’Etiopia del settembre 1937<br />

<strong>di</strong> Nicola Labanca<br />

163 L'uso dei gas da parte italiana nella guerra d'Etiopa<br />

La testimonianza del sergente Luigi Canali<br />

<strong>di</strong> Marco Lenci<br />

169 L'Africa <strong>di</strong> Em<strong>il</strong>io Salgari<br />

L’eurocentrismo e <strong>il</strong> problema delle fonti<br />

<strong>di</strong> Felice Pozzo<br />

189 Gli ebrei <strong>della</strong> Libia, <strong>il</strong> nazionalismo arabo e la questione palestinese.<br />

Note dai documenti del Political Intelligence Service britannico (1945-1949)<br />

<strong>di</strong> Federico Crespi<br />

stu<strong>di</strong> sull'europa<br />

213 Oltre la Konversija: l'industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa nella Federazione Russa<br />

<strong>di</strong> Cristian Collina<br />

241 I tedeschi scomparsi <strong>della</strong> Mitteleuropa<br />

<strong>di</strong> Giorgio Novello<br />

le schede<br />

259 Massimo Roman<strong>di</strong>ni - Severina Fontana<br />

267 Notizie sugli autori <strong>di</strong> questo numero<br />

xxx Il centro stu<strong>di</strong> “Piero Ginocchi” <strong>di</strong> Crodo


vivere la resistenza<br />

Mario Bonfantini e l’irripetib<strong>il</strong>e stagione <strong>di</strong> libertà <strong>della</strong> Repubblica dell’Ossola<br />

Mario Bonfantini e l’irripetib<strong>il</strong>e stagione <strong>di</strong> libertà <strong>della</strong><br />

Repubblica dell’Ossola<br />

<strong>di</strong> Massimo Bonfantini<br />

Il pomeriggio del 20 novembre 2004 eravamo a Novara, presso l’Istituto<br />

storico <strong>della</strong> Resistenza, sito in corso Cavour 15 e intitolato a Piero Fornara,<br />

in occasione dell’annuale giornata <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o de<strong>di</strong>cata a Mario Bonfantini.<br />

Quest’anno la ricorrenza era doppiamente solenne.<br />

Per me, anzitutto, perché <strong>il</strong> 2004 è stato l’anno centenario <strong>della</strong> nascita<br />

<strong>di</strong> mio padre. Mio padre, Mario Bonfantini, è nato infatti a Novara <strong>il</strong> 15<br />

maggio 1904, ed è morto a Torino <strong>il</strong> 23 novembre 1978.<br />

Ma per gli amici, i partigiani, i citta<strong>di</strong>ni, la ricorrenza era soprattutto<br />

solenne, perché cadeva nel 60° anniversario <strong>della</strong> Repubblica dell’Ossola,<br />

per la quale e nella quale Mario Bonfantini ha operato in modo così<br />

eminente e incisivo.<br />

Con Mauro Begozzi, e con la preziosa assistenza tecnica <strong>di</strong> Marco Fontana,<br />

abbiamo pre<strong>di</strong>sposto una sintesi <strong>di</strong> tre quarti d’ora, tratta dalle tre puntate del<br />

f<strong>il</strong>m tv Quaranta giorni <strong>di</strong> libertà, programmato nel trentennale <strong>della</strong><br />

Repubblica dell’Ossola, nell’autunno del 1974, sul primo canale <strong>della</strong> Rai.<br />

Il f<strong>il</strong>m è ampiamente trattato qui avanti nel saggio <strong>di</strong> Renzo Fiammetti.<br />

Voglio ora soltanto sottolineare che, anche nella forma sommaria in cui<br />

l’abbiamo proiettato quel sabato pomeriggio, nella sala-biblioteca «Mario<br />

Bonfantini», <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m è riuscito a commuovere e a coinvolgere <strong>il</strong> fitto gruppo<br />

<strong>di</strong> amici e citta<strong>di</strong>ni presenti.<br />

Il f<strong>il</strong>m è riuscito a rendere <strong>il</strong> senso <strong>di</strong> una grande storica prova <strong>di</strong><br />

democrazia, nella lotta e nell’autogoverno <strong>di</strong> popolo, provocando<br />

un’appassionata rete <strong>di</strong> interventi, domande, problemi, <strong>di</strong>scussioni.<br />

Hanno partecipato per lettera anche Pier Antonio Ragozza, sulla<br />

«fortuna» e ricezione nelle valli ossolane <strong>di</strong> Quaranta giorni <strong>di</strong> libertà e<br />

13


Massimo Bonfantini<br />

l’amico e<strong>di</strong>tore Roberto Cicala, che ha comunicato la prossima uscita, per<br />

«Interlinea», <strong>di</strong> una nuova e<strong>di</strong>zione del Salto nel buio, <strong>il</strong> romanzo<br />

autobiografico <strong>di</strong> mio padre (pubblicato la prima volta da Feltrinelli nel<br />

1959), che racconta del suo «salto», appunto, del suo gettarsi, <strong>il</strong> 22 giugno<br />

1944, dal treno in corsa, dal vagone piombato che lo deportava in Germania.<br />

Il momento culminante del Salto l’avevo letto al mattino <strong>di</strong> questa<br />

giornata, <strong>di</strong>co del 20 novembre 2004, ai ragazzi dell’Istituto tecnico<br />

Mossotti.<br />

«Così, è deciso. La mano destra ben tesa in fuori: <strong>il</strong> corpo ed <strong>il</strong> busto<br />

all’in<strong>di</strong>etro; <strong>il</strong> piede destro lì, steso in avanti, come su un punto <strong>di</strong> mira.<br />

Adesso, basta aprire le <strong>di</strong>ta <strong>della</strong> sinistra mollando la presa, e dandosi al<br />

contempo una piccola spinta sul predellino col piede sinistro, ma non<br />

troppo forte. Uno, due, tre. E m’abbandonai».<br />

La mattinata era infatti de<strong>di</strong>cata, secondo quanto recitava <strong>il</strong> programmainvito,<br />

alla «Lettura e commenti dei racconti sull’Ossola e sulla Resistenza<br />

<strong>di</strong> Mario Bonfantini».<br />

Naturalmente, in queste letture, affiancato dai commenti e dalle<br />

spiegazioni, chiare e sapienti, <strong>di</strong> carattere storico generale <strong>di</strong> Mauro Begozzi,<br />

ero partito dallo scritto che mi piace <strong>di</strong> più <strong>di</strong> mio padre sull’Ossola,<br />

l’articolo pubblicato da «M<strong>il</strong>ano Sera», <strong>di</strong> cui mio padre era <strong>di</strong>rettore, <strong>il</strong> 10<br />

settembre 1945 e intitolato: L’epopea dell’Ossola nel ricordo <strong>di</strong> un testimone.<br />

L’occhiello spiega: «10 settembre 1944: Domo liberata».<br />

«Nella stanchezza <strong>della</strong> luce grigia, mi attraversano la mente vaghi ricor<strong>di</strong><br />

garibal<strong>di</strong>ni: la lettura infant<strong>il</strong>e dell’Abba, quella più recente <strong>di</strong> una lettera <strong>di</strong><br />

Nievo sulla sua entrata in Palermo; i racconti che a me fanciullo <strong>di</strong>panava<br />

paziente mio nonno, che era stato alla presa <strong>di</strong> M<strong>il</strong>azzo. Non bisogna<br />

esagerare, va bene, siamo modesti; ma c’è pure un’analogia, dopo tutto...<br />

Il controllo è finito. Entriamo finalmente in città. Guardo<br />

Domodossola. Sono come stor<strong>di</strong>to, incredulo, e mi accorgo dalla faccia dei<br />

miei ragazzi che deve essere così anche per loro. Anche gli abitanti, che ci<br />

buttano i fiori sacramentali e che ci si stringono addosso, sono felici, sì,<br />

commossi, ma sembrano attoniti. Ma pian piano si svegliano: la loro gioia<br />

erompe, e arriva <strong>il</strong> momento del vero tripu<strong>di</strong>o. Sono stanco, e mi ricordo che<br />

ho subito altro da fare. Ma non riesco a tirarmi via <strong>di</strong> lì, a staccarmi da questi<br />

ragazzi, compagni <strong>di</strong> queste poche giornate. Soltanto un’ora dopo mi decido<br />

a inf<strong>il</strong>armi sotto <strong>il</strong> portico, in un caffè. Or<strong>di</strong>no un bitter, appoggio <strong>il</strong> gomito<br />

al banco, e mi volto a guardar fuori la squadra allineata: non ci ritroveremo<br />

mai più così».<br />

14


Mario Bonfantini e l’irripetib<strong>il</strong>e stagione <strong>di</strong> libertà <strong>della</strong> Repubblica dell’Ossola<br />

«Un’irripetib<strong>il</strong>e stagione <strong>di</strong> libertà», come suonava <strong>il</strong> titolo <strong>della</strong> nostra<br />

giornata <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o, un’irripetib<strong>il</strong>e stagione <strong>di</strong> libertà che fu anche<br />

un’irripetib<strong>il</strong>e stagione <strong>di</strong> felicità, si cristallizza, per usare l’espressione <strong>di</strong><br />

Baudelaire, <strong>il</strong> poeta più amato, stu<strong>di</strong>ato, tradotto da mio padre sin dalla sua<br />

prima giovinezza, si cristallizza nel vissuto e nella rievocazione <strong>di</strong> un’ora e<br />

infine <strong>di</strong> uno sguardo e <strong>di</strong> un sentimento comune <strong>di</strong> utopia realizzata. La<br />

liberazione realizzata.<br />

Questo stesso sentimento, esteso coralmente al «tripu<strong>di</strong>o» <strong>della</strong> città<br />

abbiamo trovato rappresentato anche nel f<strong>il</strong>m Quaranta giorni <strong>di</strong> libertà.<br />

Merito certamente <strong>della</strong> forza dei fatti raccontati. Ma merito anche del<br />

racconto dei fatti. E quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> tutti quelli che hanno «fatto» <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m. Fra i quali,<br />

come testimoniato dai titoli <strong>di</strong> testa e come ricordato bene dai miei colloqui<br />

<strong>di</strong> allora con lui, si può riconoscere la presenza o l’influenza costante <strong>di</strong> mio<br />

padre.<br />

Nella rappresentazione f<strong>il</strong>mica sembrano quasi preponderanti i <strong>di</strong>scorsi<br />

degli attori, le <strong>di</strong>scussioni, i <strong>di</strong>aloghi, i <strong>di</strong>battiti, rispetto alle ricostruzioni,<br />

peraltro fedeli e scrupolose, degli eventi. Così i <strong>di</strong>scorsi annodano fra loro<br />

i propositi e gli eventi e fanno del f<strong>il</strong>m un f<strong>il</strong>m, più che storico, storiografico.<br />

Per la riuscita <strong>di</strong>mensione interpretativa e nitidamente <strong>di</strong>dascalica e<br />

raziocinante che lo pervade.<br />

Credo che le testimonianze scritte, <strong>di</strong>co i racconti autobiografici <strong>di</strong><br />

Mario Bonfantini letti e commentati, e <strong>il</strong> racconto corale <strong>di</strong> un pezzo <strong>di</strong><br />

storia collettiva nel f<strong>il</strong>m Quaranta giorni <strong>di</strong> libertà abbiano costituito, così<br />

<strong>di</strong>aletticamente uniti, una base originale e nutriente per le riflessioni <strong>della</strong><br />

nostra giornata <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o.<br />

Ma credo anche che questo modulo, <strong>della</strong> lettura ad alta voce <strong>di</strong><br />

testimonianze, combinate con ricostruzioni narrative e/o documentarie<br />

f<strong>il</strong>miche, sia un modello interessante, per la comunicazione sociale <strong>della</strong><br />

storia contemporanea, come base <strong>di</strong> lezioni, ricerche, seminari in vari<br />

ambiti.<br />

15


Riprodurre o interpretare?<br />

Riprodurre o interpretare?<br />

Modelli narrativi e valoriali del fare storia in televisione:<br />

<strong>il</strong> caso Quaranta giorni <strong>di</strong> libertà<br />

<strong>di</strong> Renzo Fiammetti<br />

La tv negli anni settanta, e dopo. Il rapporto fra tv e storia<br />

Se lo spunto scaturito da ricorrenze e anniversari è la spinta per<br />

programmi celebrativi, <strong>il</strong> trentennale <strong>della</strong> Repubblica partigiana<br />

dell’Ossola dà origine a un programma televisivo importante e ben<br />

rappresentativo del modo <strong>di</strong> fare storia in televisione nel periodo e, più in<br />

generale, del contesto culturale e politico in cui viene avviata tale<br />

produzione.<br />

Si tratta <strong>di</strong> Quaranta giorni <strong>di</strong> libertà, <strong>di</strong> Luciano Co<strong>di</strong>gnola e con la regia<br />

<strong>di</strong> Leandro Castellani, che viene programmato nell’autunno 1974 sul primo<br />

canale <strong>della</strong> Rai.<br />

Seppur inserito nel novero delle cosiddette «spettacolarizzazioni» <strong>della</strong><br />

storia 1 , <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m tv <strong>di</strong> Castellani ha peculiarità tali che lo rendono chiaro<br />

esempio del cosiddetto cinema democratico in voga in quegli anni.<br />

I primi anni settanta sono anni in cui la televisione italiana mette in<br />

produzione <strong>di</strong>versi esempi importanti <strong>di</strong> fiction storica, veri f<strong>il</strong>m a tema<br />

storico, sì <strong>di</strong> ricostruzione sceneggiata <strong>di</strong> avvenimenti ma basati su un rigido<br />

e scientificamente fondato apparato critico che legittima la veri<strong>di</strong>cità delle<br />

realizzazioni.<br />

Nello stesso anno in cui va in onda <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m sulla Repubblica partigiana<br />

dell’Ossola, infatti, sono realizzati e trasmessi <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m <strong>di</strong> Florestano Vancini,<br />

Bronte. Cronaca <strong>di</strong> un massacro che i libri <strong>di</strong> storia non hanno raccontato 2 e <strong>il</strong><br />

f<strong>il</strong>m sulle ultime ore dei fratelli Rosselli, Carlo e Nello, assassinati dai<br />

neofascisti francesi <strong>della</strong> Cagoule, in Norman<strong>di</strong>a, <strong>il</strong> 9 giugno 1937 3 .<br />

Nel periodo la Rai sta per affrontare <strong>il</strong> delicato passaggio <strong>della</strong><br />

ristrutturazione del servizio pubblico e la concorrenza nascente delle<br />

emittenti locali e delle tv estere: nell’agosto Telemontecarlo comincia a<br />

trasmettere anche in Italia e iniziano le trasmissioni <strong>di</strong> Telem<strong>il</strong>ano, cioè gli<br />

albori <strong>della</strong> futura Me<strong>di</strong>aset 4 . Nel palinsesto Rai <strong>di</strong> quell’anno colpisce la<br />

17


Renzo Fiammetti<br />

presenza significativa, in senso quantitativo e qualitativo, <strong>di</strong> programmi<br />

storici e culturali in genere. Nella sua opera sulla storia <strong>della</strong> televisione,<br />

Aldo Grasso giustamente segnala come programma dell’anno Cartesius, con<br />

la regia e la collaborazione alla sceneggiatura <strong>di</strong> Roberto Rossellini. Si tratta<br />

<strong>di</strong> un’opera storica-fiume, che <strong>il</strong> maestro, che ha abbandonato <strong>il</strong> cinema<br />

ormai da un decennio, tesse per la televisione nel tentativo <strong>di</strong> «convincere»<br />

e «persuadere», una trama <strong>di</strong> personaggi e situazioni <strong>della</strong> storia, ricercando<br />

proprio nella storia, nel passato, le ragioni del presente 5 .<br />

Ma non mancano altri, significativi esempi. In occasione del centenario<br />

<strong>della</strong> nascita, Sandro Bolchi realizza uno sceneggiato sulla vita <strong>di</strong> Guglielmo<br />

Marconi, la storia europea dei primi anni venti è lo scenario <strong>di</strong> Accade a<br />

Lisbona <strong>di</strong> Daniele D’Anza, Franco Rossi <strong>di</strong>rige uno sceneggiato sul Giovane<br />

Garibal<strong>di</strong> che lancia come attore popolare un allora abbastanza sconosciuto<br />

Maurizio Merli, mentre vanno segnalate anche due trasmissioni <strong>di</strong><br />

approfon<strong>di</strong>mento culturale e d’attualità, quali la rubrica Settimo giorno, alla<br />

cui conduzione si alternano Cesare Garboli, Lorenzo Mondo, Francesco<br />

Savio ed Enzo Sic<strong>il</strong>iano, mentre Mario Soldati confeziona A carte scoperte,<br />

cinque puntate de<strong>di</strong>cate ad altrettanti incontri con personalità <strong>di</strong> r<strong>il</strong>ievo<br />

<strong>della</strong> politica, dell’economia, <strong>della</strong> cultura.<br />

Non mancano, naturalmente, i programmi <strong>di</strong> intrattenimento e <strong>il</strong><br />

varietà, M<strong>il</strong>leluci e Tante scuse, affidati - nel tra<strong>di</strong>zionale appuntamento del<br />

sabato sera - <strong>il</strong> primo alle primedonne Mina e Raffaella Carrà, <strong>il</strong> secondo alla<br />

collaudata coppia Mondaini-Vianello.<br />

È la tv <strong>di</strong> Ettore Bernabei, più istituzione quasi paternalistica che<br />

azienda 6 , d<strong>il</strong>aniata dalle lottizzazioni e resa meno salda dalla riforma che si<br />

annuncia, ma che sa aprirsi - seppur con ritar<strong>di</strong>, timori ed omissioni - alle<br />

componenti progressiste dello schieramento politico e <strong>della</strong> società e che<br />

tenta - senza successo, venendone travolta negli anni successivi - <strong>di</strong> arginare<br />

la deriva edonistica e fintamente libertaria delle emittenti televisive locali;<br />

una tv che è strumento pedagogico-formativo e che, dagli anni ottanta,<br />

<strong>di</strong>viene preda <strong>della</strong> guerra dell’au<strong>di</strong>ence, alla ricerca non più <strong>di</strong> una<br />

educazione del suo pubblico ma in caccia <strong>di</strong> consensi presso un pubblico<br />

frammentato e che viene inseguito e sedotto con forti elementi <strong>di</strong><br />

spettacolarità 7 .<br />

Qui è lo snodo degli anni ottanta, in cui, come scrive Francesca Anania,<br />

si adottano «strutture narrative <strong>di</strong> largo successo, con forti elementi <strong>di</strong><br />

spettacolarità, imme<strong>di</strong>atezza, episo<strong>di</strong>cità che non possono essere tralasciati.<br />

Ozio, svago, gioco ne <strong>di</strong>vengono i tre principi ispiratori». Anche la storia in<br />

18


Riprodurre o interpretare?<br />

tv si frammenta, si decompone al livello primor<strong>di</strong>ale del documento, che<br />

perde ogni sua funzione <strong>di</strong> fonte <strong>della</strong> storia da analizzare con gli strumenti<br />

<strong>della</strong> critica. Lo storico da garanzia <strong>della</strong> veri<strong>di</strong>cità dei programmi <strong>di</strong>viene<br />

quasi un orpello ingombrante rispetto agli autori- ideatori del<br />

programma 8 ; nella programmazione si passa - ad esempio - dall’uso dei<br />

f<strong>il</strong>m come innesco per <strong>di</strong>battiti e confronti (<strong>il</strong> modello del f<strong>il</strong>m-dossier<br />

lungamente praticato dalle reti Rai) alla visione <strong>di</strong>retta <strong>di</strong> f<strong>il</strong>m <strong>di</strong><br />

propaganda e riprese <strong>di</strong> guerra, anche amatoriali, che escono dagli archivi<br />

europei e dell’italiano Luce (è <strong>il</strong> caso <strong>di</strong> trasmissioni quali Combat f<strong>il</strong>m o<br />

La grande storia in prima serata e dei <strong>di</strong>battiti che ne seguono, non fra<br />

storici ma fra politici e con uso esclusivamente politico e polemico <strong>della</strong><br />

storia). Nell’agone televisivo siamo al mercato <strong>della</strong> storia, denunciato da<br />

Massimo Legnani, in cui ognuno accede <strong>di</strong>rettamente ai documenti e si<br />

serve <strong>di</strong> questi in modo strumentale e acritico - modalità spesso<br />

contrabbandata per scientifica - per i propri fini. Un cortocircuito<br />

metodologico, ma - soprattutto - etico e valoriale, in cui tutto si<br />

decontestualizza e si relativizza, perdendo spessore e r<strong>il</strong>evanza 9 .<br />

Quaranta giorni <strong>di</strong> libertà:<br />

la comunità ossolana si rispecchia nella propria storia<br />

Quaranta giorni <strong>di</strong> libertà, <strong>di</strong> Luciano Co<strong>di</strong>gnola e con la regia <strong>di</strong> Leandro<br />

Castellani viene programmato nell’autunno 1974 in tre puntate settimanali,<br />

la prima in onda martedì 26 novembre, in prima serata sul Primo canale <strong>della</strong><br />

Rai. Girato sui luoghi stessi delle vicende narrate, impiegando come comparse<br />

o anche in alcuni ruoli protagonisti, persone <strong>di</strong> Domodossola e attori molto<br />

popolari all’epoca, quali Raoul Grass<strong>il</strong>li, Stefano Satta Flores e Andrea<br />

Giordana, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m ottiene un successo straor<strong>di</strong>nario, oltre se<strong>di</strong>ci m<strong>il</strong>ioni <strong>di</strong><br />

telespettatori e un gra<strong>di</strong>mento pari a 70 10 .<br />

Realizzato avvalendosi <strong>di</strong> storici e testimoni delle vicende narrate,<br />

soprattutto Mario Bonfantini, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m ha st<strong>il</strong>emi propri del f<strong>il</strong>m storico e<br />

profonde peculiarità innovative. Nella più consolidata tra<strong>di</strong>zione del f<strong>il</strong>m<br />

storico, viene introdotto da una voce off narrante e contestualizzante le vicende<br />

ricostruite, mentre in video scorrono immagini d’epoca <strong>della</strong> seconda guerra<br />

mon<strong>di</strong>ale. Il f<strong>il</strong>m si presenta con gli st<strong>il</strong>emi del vero, contestualizza la vicenda,<br />

informa lo spettatore che quello che sta vedendo è realmente accaduto e ne<br />

fornisce le coor<strong>di</strong>nate non solo geografiche, ma storiche ed etiche.<br />

19


Renzo Fiammetti<br />

Due sono gli elementi peculiari del f<strong>il</strong>m <strong>di</strong> Castellani, uno narrativo e un<br />

secondo tecnico. Castellani realizza un f<strong>il</strong>m corale. Nella vicenda non emergono<br />

in<strong>di</strong>vidualità, non c’è una vicenda trainante cui l’intreccio storico fa da sfondo.<br />

Emerge una storia corale, fortemente compatta e omogenea, che <strong>il</strong>lustra le<br />

vicende <strong>della</strong> Repubblica partigiana dell’Ossola. Una scelta che si evince anche<br />

nelle tecniche <strong>di</strong> ripresa, ad esempio le lunghe carrellate a riprendere la giunta<br />

<strong>di</strong> governo nel suo complesso nel corso delle sue sedute, riprese corali e non primi<br />

piani, e ancora le riprese festose in piazza Mercato in campo lungo, che<br />

restituiscono composite scene <strong>di</strong> gruppo, non <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui.<br />

Poi la parola. Quaranta giorni <strong>di</strong> libertà è un f<strong>il</strong>m fortemente parlato,<br />

ricco <strong>di</strong> una carica eversiva e rivoluzionaria <strong>della</strong> parola. Per questo richiede<br />

un grande sforzo <strong>di</strong> attenzione al pubblico televisivo. La parola sopravanza<br />

la comoda spettacolarità delle azioni. Luca del Fabbro (interprete del ruolo<br />

immaginario <strong>di</strong> Andrea) e Stefano Satta Flores (nel ruolo <strong>di</strong> Aldo, ispirato<br />

alla figura <strong>di</strong> Albe Steiner) <strong>di</strong>scutono spesso e lungamente, come<br />

riappropriandosi del gusto <strong>della</strong> parola e <strong>della</strong> libertà <strong>di</strong> confronto soffocata<br />

dal fascismo. Si affrontano temi car<strong>di</strong>ne. Concetto Marchesi ammonisce<br />

due avventori in un locale, ricordando che <strong>il</strong> fascismo non è causa ma un<br />

effetto e che si trova annidato dentro ciascuno, e ci vorranno decenni per<br />

estirparlo, forse. Oppure <strong>il</strong> carattere innovativo <strong>della</strong> guerra che si sta<br />

combattendo, affidato alle riflessioni <strong>di</strong> Stefano Satta Flores: una guerra<br />

<strong>di</strong>versa dalle precedenti in cui vi erano eroi e nessun ideale; nella guerra<br />

partigiana vi sono gran<strong>di</strong> ideali e nessun eroe 11 .<br />

Ideali che sono le <strong>di</strong>scussioni che danno origine al programma e all’azione<br />

del governo <strong>della</strong> Repubblica. Le <strong>di</strong>scussioni sulla storia, sul fascismo che si<br />

annida anche - e forse soprattutto - negli atteggiamenti e nelle menti, nelle<br />

parole con cui si insegna ai bambini a scuola, una scuola da rinnovare in<br />

senso democratico 12 , nella retorica nazionalista <strong>di</strong> cui sono imbevuti i libri<br />

<strong>di</strong> testo. Tutto questo viene reso con la parola, parola italiana ma anche <strong>il</strong><br />

<strong>di</strong>aletto, che compare in alcune scene del f<strong>il</strong>m.<br />

Sotto <strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o tecnico, c’è un uso <strong>della</strong> camera a mano. Questa scelta<br />

coincide con alcuni orientamenti st<strong>il</strong>istici del periodo. Si indaga la realtà,<br />

molti registi si de<strong>di</strong>cano al documentario, si cerca <strong>di</strong> fare un cinema e una<br />

televisione che si liberi dalle rigi<strong>di</strong>tà produttive e tecniche, quin<strong>di</strong><br />

attrezzature leggere, uso <strong>della</strong> camera a mano e inquadrature anche non<br />

strettamente «cinematografiche» 13 . Così è nelle scene iniziali, riprese nel<br />

treno, con la camera in movimento e le inquadrature - incerte e traballanti<br />

- delle montagne viste dal finestrino dei vagoni.<br />

20


Riprodurre o interpretare?<br />

Titolo: Quaranta giorni <strong>di</strong> libertà<br />

<strong>di</strong>: Luciano Co<strong>di</strong>gnola<br />

Regia: Leandro Castellani<br />

Produzione: Rai Tv<br />

Realizzazione: maggio - giugno 1974<br />

Messa in onda: tre puntate su Rai uno, 26 novembre, 3 <strong>di</strong>cembre e 10 <strong>di</strong>cembre 1974<br />

Giorno <strong>di</strong> emissione: martedì<br />

Ascolto: 16 m<strong>il</strong>ioni <strong>di</strong> persone<br />

In<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> gra<strong>di</strong>mento: 70<br />

Interpreti:<br />

Raoul Grass<strong>il</strong>li Ettore Tibal<strong>di</strong><br />

Andrea Giordana Alfredo Di Dio<br />

Stefano Satta Flores Aldo (Albe Steiner)<br />

Luciano Virg<strong>il</strong>io Cino Moscatelli<br />

Pietro Bion<strong>di</strong> Ban<strong>di</strong>ni (Mario Bonfantini)<br />

Corrado Gaja avvocato Vigorelli<br />

Carlo Sabatini Dionigi Superti<br />

Gigi Casellato Umberto Terracini<br />

Giovanni Petrucci Alberto (Eugenio Cefis)<br />

Bob Marchese commissario giunta Roberti<br />

Clau<strong>di</strong>o Trionfi Albertino (Giovanni Marcora)<br />

Gianni Franzoi colonnello Federici<br />

Vittorio Battara Corrado Bonfantini<br />

S<strong>il</strong>vio Anselmo don Severino Baldoni<br />

S<strong>il</strong>vio Spaccesi Vezzalini<br />

Roger Browne Mc Caffery<br />

Giorgio Russo colonnello emissario del governo <strong>di</strong> Roma<br />

W<strong>il</strong>ma d’Eusebio moglie commissario Roberti<br />

Sandro Sandri sacerdote rosminiano<br />

Anna Identici Gisella Floreanini<br />

Sandro Corra<strong>di</strong>no don Cabalà<br />

Luca del Fabbro<br />

Attori ossolani:<br />

Andrea<br />

segretario comunale Pietro Brusati avvocato Nob<strong>il</strong>i<br />

vig<strong>il</strong>e urbano Rosano Brustia ingegner Cristofori<br />

vig<strong>il</strong>e urbano Mario Scaltritti ingegner Ballarini<br />

vig<strong>il</strong>e urbano Dionigi Guglielmetti don Zoppetti<br />

vig<strong>il</strong>e urbano scelto Elvio Avere<br />

caporipartizione polizia urbana<br />

v<strong>il</strong>leggiante<br />

Bruno Testore Augusto De Gasperi<br />

consigliere comunale Luigi Boghi Oreste F<strong>il</strong>opanti<br />

giornalista Giorgio Quaglia Livio (Licino Od<strong>di</strong>cini)<br />

Rita Barberis Elsa Oliva<br />

messo comunale Ettore Azzoni messo comunale<br />

capostazione Duccio Durione capostazione<br />

Altri ruoli furono interpretati dai pittori Franco Busca e Mario Bartolotti, dal tecnico calcistico<br />

Tellini, Fausto <strong>Del</strong> Ponte (nel ruolo del colonnello Moneta); la stessa Elsa Oliva - comandante<br />

partigiano - interpreta una allieva <strong>della</strong> scuola serale <strong>della</strong> Repubblica, <strong>il</strong> consigliere comunale<br />

Sgrena, <strong>di</strong> Masera, interpreta la guida che accompagna Andrea nel passaggio in Svizzera; numerosi<br />

componenti <strong>della</strong> famiglia La Creta lavorano nel f<strong>il</strong>m, al padre tocca <strong>il</strong> ruolo <strong>di</strong> Concetto Marchesi,<br />

con la dura battuta sul fascismo. Musiche: tema «Verde» <strong>di</strong> Guido e Maurizio De Angelis.<br />

La canzone «Quaranta giorni <strong>di</strong> libertà» è cantata da Anna Identici‘ 41 .<br />

21


Renzo Fiammetti<br />

22<br />

Quale storia nel f<strong>il</strong>m?<br />

Inserito nel programma delle celebrazioni per <strong>il</strong> trentennale <strong>della</strong><br />

Repubblica dell’Ossola, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m <strong>di</strong> Castellani si annuncia subito con un<br />

vistoso equivoco: quando - in Municipio a Domodossola - viene convocata<br />

la conferenza stampa <strong>di</strong> presentazione, all’avvio delle riprese, <strong>il</strong> comunicato<br />

emesso dal Comune <strong>di</strong>ce che sarà presente <strong>il</strong> regista Renato Castellani,<br />

invece i giornalisti accorsi trovano Leandro Castellani, «giovane<br />

marchigiano simpatico e paziente» 14 .<br />

Il lavoro <strong>di</strong> Castellani si può considerare un f<strong>il</strong>m televisivo, con presenza<br />

prioritaria <strong>di</strong> primi piani, carattere analitico <strong>della</strong> ripresa ma con precisi<br />

st<strong>il</strong>emi <strong>di</strong> sceneggiato, soprattutto per l’attenzione posta sugli elementi del<br />

<strong>di</strong>alogo e <strong>della</strong> parola 15 .<br />

La <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> fiction - e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> drammatizzazione - del lavoro porta<br />

da un lato a trasfigurare i personaggi narrati, ma anche a ritagliare una certa<br />

immagine e un preciso messaggio dell’esperienza <strong>della</strong> repubblica ossolana.<br />

Un intento che viene <strong>di</strong>chiarato fin da subito dall’autore e dal regista;<br />

Co<strong>di</strong>gnola e Castellani annunciano in avvio <strong>di</strong> lavorazione che non sarà, <strong>il</strong><br />

loro, un f<strong>il</strong>m celebrativo, ma un f<strong>il</strong>m che rappresenti «la Resistenza italiana<br />

per i giovani d’oggi [...] deve uscire una tematica che si riassuma così: le cose<br />

<strong>di</strong> allora valgono ancora oggi perché la repubblica dell’Ossola ha prefigurato<br />

l’Italia <strong>di</strong> oggi come l’abbiamo voluta» 16 . In linea anche la motivazione ideale<br />

<strong>di</strong> Raoul Grass<strong>il</strong>li, chiamato ad impersonare Ettore Tibal<strong>di</strong>: «Devo dunque<br />

rappresentare <strong>il</strong> personaggio con una sensib<strong>il</strong>ità moderna, <strong>il</strong> mio Tibal<strong>di</strong><br />

televisivo deve essere un uomo <strong>di</strong> oggi, capace <strong>di</strong> essere capito dai giovani,<br />

da quelli che sin qui non l’avevano mai sentito nominare e deve essere capito<br />

da chi lo vedrà tra un anno o tra cinque. Se cre<strong>di</strong>amo nei valori <strong>della</strong><br />

repubblica ossolana, dobbiamo offrire al pubblico un personaggio ancora<br />

capace <strong>di</strong> dare <strong>il</strong> suo messaggio, altrimenti non serve a niente, avremo solo<br />

riprodotto un museo delle cere» 17 . E se ancora non fosse chiaro l’intento<br />

degli autori, polemicamente Co<strong>di</strong>gnola precisa: «Visto che la nostra scuola<br />

si rifiuta <strong>di</strong> farlo cerchiamo noi <strong>di</strong> spiegare alla gente cosa sia stata la<br />

Resistenza italiana, per questo abbiamo cercato <strong>di</strong> non nascondere niente;<br />

chi si attende <strong>di</strong> vedere una cosa consolante, priva <strong>di</strong> problematica, non giri<br />

nemmeno <strong>il</strong> bottone del televisore. Se non facciamo così i nostri figli non<br />

sapranno mai <strong>il</strong> punto da cui siamo partiti» 18 . Un impegno fortemente etico<br />

e politico, quin<strong>di</strong>, non pura celebrazione (e in Italia, <strong>di</strong>rà sempre Co<strong>di</strong>gnola<br />

a Domodossola, <strong>di</strong> celebrazioni si è spesso abusato 19 ) cioè un tentativo <strong>di</strong> fare


Riprodurre o interpretare?<br />

<strong>di</strong>dattica storica e forse molto <strong>di</strong> più: infatti Co<strong>di</strong>gnola evidenzia come<br />

intenda mettere in evidenza <strong>il</strong> processo <strong>di</strong> maturazione e <strong>di</strong> educazione del<br />

giovane protagonista, simbolo <strong>di</strong> tutti coloro che - provenienti da una<br />

educazione <strong>il</strong>liberale, autoritaria fatta <strong>di</strong> cre<strong>di</strong> assoluti - hanno imparato<br />

qualcosa assistendo ai drammi che non erano solo quelli del combattente» 20 .<br />

Un impegno per <strong>il</strong> quale Luciano Co<strong>di</strong>gnola si è preparato, lavorando per<br />

due anni «intervistando <strong>di</strong> persona ex comandanti, partigiani, consultando<br />

archivi intonsi» 21 .<br />

Dichiarazioni <strong>di</strong> intenti e <strong>di</strong> programma che incidono su una società<br />

segnata dallo stragismo e in una situazione internazionale <strong>di</strong> forte<br />

preoccupazione per le sorti <strong>della</strong> stessa democrazia. L’antifascismo m<strong>il</strong>itante<br />

in quegli anni si misura - non <strong>di</strong>mentichiamolo - con la strage <strong>di</strong> piazza <strong>della</strong><br />

Loggia a Brescia, la bomba sul treno Italicus tra Roma e <strong>il</strong> Brennero, <strong>il</strong> recente<br />

golpe in C<strong>il</strong>e, la <strong>di</strong>ttatura dei colonnelli in Grecia, <strong>il</strong> governo salazarista in<br />

Portogallo (travolto proprio nell’apr<strong>il</strong>e 1974 dalla rivoluzione dei garofani), <strong>il</strong><br />

Franchismo al tramonto ma sempre ferocemente pericoloso in Spagna, gli<br />

ultimi echi del conflitto in Vietnam, i rigurgiti golpisti <strong>di</strong> Borghese e <strong>della</strong> Rosa<br />

dei venti. È una società che si interroga, in cui i valori dell’antifascismo sono<br />

prassi evidente, sono valori da <strong>di</strong>fendere e promuovere, sono valori che<br />

qualcuno vuole <strong>di</strong>struggere 22 . Lo scenario politico nazionale e internazionale<br />

<strong>di</strong> quegli anni, le passioni politiche, non devono certo essere tenute in <strong>di</strong>sparte,<br />

ma anzi aiutano a comprendere meglio <strong>il</strong> senso <strong>di</strong> una operazione storicopolitica<br />

quale quella <strong>di</strong> Quaranta giorni <strong>di</strong> libertà: <strong>il</strong> terrorismo d<strong>il</strong>agante porta<br />

a un confronto politico sul concetto stesso <strong>di</strong> libertà, attraverso la polemica sul<br />

«fermo <strong>di</strong> polizia», per approdare, nel 1975, alla cosiddetta Legge Reale 23 , <strong>il</strong><br />

fascismo non è una vuota categoria ma un pericolo evidente per la democrazia:<br />

in ottobre si tiene <strong>il</strong> processo per <strong>il</strong> golpe tentato da Junio Valerio Borghese,<br />

ex comandante <strong>della</strong> Decima Mas, nel novembre 1974 a Roma<br />

venticinquem<strong>il</strong>a persone sf<strong>il</strong>ano in corteo contro le violenze fasciste, che<br />

contano settecento aggressioni in cinque anni 24 .<br />

La messa in onda televisiva viene preceduta, nel pomeriggio <strong>di</strong> sabato 23<br />

novembre, da una proiezione in un cinema <strong>di</strong> Domodossola - <strong>il</strong> Corso - che<br />

neppure riesce a contenere le migliaia <strong>di</strong> persone che si accalcano per entrare.<br />

La gente è in pie<strong>di</strong>, «come ai tempi del Padrino» 25 , ansiosa <strong>di</strong> riconoscersi<br />

nelle scene del f<strong>il</strong>m. Dopo l’introduzione <strong>di</strong> Paolo Bologna e l’avvio <strong>della</strong><br />

proiezione, a gran voce si urla «Tel lì ’l to cugnaà»; «Varda al La Creta ’me<br />

l’è <strong>di</strong>stint»; «Ma gh’era anca i partigian da dudass an?» 26 . C’è una grande<br />

ansia <strong>di</strong> rivedersi, scoprirsi e riconoscersi protagonisti. Infatti <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m ha un<br />

23


Renzo Fiammetti<br />

impatto fortissimo sulla comunità ossolana, un impatto che vede <strong>il</strong> cinema<br />

Corso traboccante <strong>di</strong> gente per la prima del f<strong>il</strong>m, feroci polemiche per la<br />

veri<strong>di</strong>cità storica del f<strong>il</strong>m stesso ma anche altrettanto accese polemiche<br />

quando <strong>il</strong> tema del f<strong>il</strong>m - Verde, composto dai fratelli Guido e Maurizio De<br />

Angelis - <strong>di</strong>viene jingle per uno spot <strong>di</strong> una nota casa alimentare, ritenendo<br />

- gli Ossolani - ormai <strong>il</strong> tema legato in<strong>di</strong>ssolub<strong>il</strong>mente al f<strong>il</strong>m <strong>di</strong> Castellani<br />

e alla Resistenza 27 !<br />

Ma <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m raggiunge i suoi obiettivi <strong>di</strong> «documento storico»?<br />

Appena viene pubblicato, no. Piace alla gente ma riceve durissime critiche dai<br />

partigiani. Questi rimproverano sostanzialmente a Castellani <strong>di</strong> non aver<br />

sufficientemente inquadrato l’evento <strong>della</strong> Repubblica dell’Ossola nella storia<br />

<strong>della</strong> Resistenza novarese e alcune imprecisioni sui personaggi. Il comandante<br />

Arca si lamenta che Castellani lo ha incontrato ma non ha tenuto in<br />

considerazione i suoi ricor<strong>di</strong>, altri contestano la figura <strong>di</strong> Tibal<strong>di</strong>, «che aveva<br />

sempre <strong>il</strong> cappello a tesa molto ampia e la cravatta a farfalla» 28 . Polemiche anche<br />

sulla figura <strong>di</strong> Marco, Alfredo Di Dio, reso sullo schermo da Andrea Giordana:<br />

Di Dio era «calmo, misurato, non nevrotico, <strong>di</strong> poche pochissime parole» 29 , e poi<br />

aveva sempre la barba, insomma <strong>il</strong> contrario del personaggio sullo schermo.<br />

Sulla ricostruzione del contesto storico, si rimprovera a Castellani una<br />

sostanziale superficialità e approssimazione, che non lascia trasparire la<br />

complessa <strong>di</strong>namica delle operazioni m<strong>il</strong>itari che portarono alla liberazione<br />

dell’Ossola, l’esatta situazione m<strong>il</strong>itare nelle settimane <strong>della</strong> Repubblica e la<br />

composita presenza - <strong>di</strong> tutte le formazioni <strong>di</strong> ogni in<strong>di</strong>rizzo politico - dei<br />

partigiani nell’Ossola 30 . Molti, moltissimi gli episo<strong>di</strong> criticati o stigmatizzati<br />

in quanto assenti nella ricostruzione del regista: sembra quasi emergere la<br />

sensazione che <strong>il</strong> mondo <strong>della</strong> Resistenza avesse preferito un f<strong>il</strong>m su tutta la<br />

Resistenza nel Novarese 31 , cosa che Castellani non poteva realizzare. Questo<br />

non toglie che una più articolata precisazione e contestualizzazione sarebbe<br />

stata certamente positiva.<br />

Fra le critiche, molte hanno come bersaglio <strong>il</strong> comportamento del<br />

sacerdote che accoglie <strong>il</strong> giovane Andrea, protagonista immaginario del f<strong>il</strong>m,<br />

al collegio Rosmini: non lo fa entrare e lo invita ad andare in un albergo. Una<br />

ricostruzione giu<strong>di</strong>cata «penosa» 32 .<br />

Essendo troppo recenti gli avvenimenti, si sarebbe auspicata una<br />

ricostruzione giornalistica con i <strong>di</strong>retti testimoni, una soluzione che non<br />

sarebbe <strong>di</strong>spiaciuta neppure a Ugo Buzzolan 33 , che de<strong>di</strong>ca al f<strong>il</strong>m <strong>di</strong><br />

Castellani una recensione nella sua rubrica televisiva, nella quale comunque<br />

riconosce che «nelle gran<strong>di</strong> linee [...] <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m sia stato giu<strong>di</strong>cato onesto» 34 .<br />

24


Conclusioni<br />

Riprodurre o interpretare?<br />

Quaranta giorni <strong>di</strong> libertà fu un f<strong>il</strong>m <strong>di</strong> grande seguito 35 , non immune da<br />

errori e criticab<strong>il</strong>i semplificazioni.<br />

Ma l’ampio riscontro che ebbe, e che travalicò l’ambito ossolano, ci<br />

conforta nel ritenere che <strong>il</strong> successo non fu solo dovuto all’ansia <strong>di</strong> rivedersi<br />

in tv da parte <strong>di</strong> chi vi partecipò come comparsa o vide girare <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m 36 ,<br />

un’au<strong>di</strong>ence <strong>di</strong> se<strong>di</strong>ci m<strong>il</strong>ioni <strong>di</strong> persone vuol <strong>di</strong>re avere fatto un f<strong>il</strong>m che gli<br />

Italiani videro.<br />

Un f<strong>il</strong>m che non fece - perché non lo volle fare - una ricostruzione dei<br />

fatti, ma offrì - forse per la prima volta - <strong>il</strong> senso e <strong>il</strong> messaggio politico <strong>della</strong><br />

Resistenza, un f<strong>il</strong>m che fece conoscere a molti, e a molti giovani, la<br />

repubblica dell’Ossola e la Resistenza 37 . Un f<strong>il</strong>m a tema, politico ma non<br />

fazioso, che più che considerare la televisione (e <strong>il</strong> cinema) come uno<br />

strumento <strong>di</strong> riproduzione del mondo, salva del mondo e dell’esperienza<br />

<strong>della</strong> Repubblica dell’Ossola l’essenza attraverso l’apparenza, la fiction 38 .<br />

Un messaggio che - non va <strong>di</strong>menticato - nacque nelle valli ossolane ma<br />

venne sentito e riconosciuto ben al <strong>di</strong> fuori <strong>di</strong> esse. Accanto alle critiche,<br />

comunque, non mancarono i giu<strong>di</strong>zi positivi proprio per <strong>il</strong> messaggio<br />

politico del f<strong>il</strong>m 39 , giu<strong>di</strong>zi ben sintetizzati nella valutazione che fece, con<br />

luci<strong>di</strong>tà, <strong>il</strong> comandante Moscatelli: «Finalmente si esce dalla retorica <strong>della</strong><br />

resistenza fatta <strong>di</strong> battaglie, <strong>di</strong> sacrifici, <strong>di</strong> piagnistei e viene fuori per merito<br />

<strong>di</strong> Co<strong>di</strong>gnola e Castellani <strong>il</strong> <strong>di</strong>scorso sugli ideali <strong>della</strong> Resistenza; <strong>il</strong> suo<br />

contenuto politico, la gestione del potere democratico. Avere presentato in<br />

tv una Resistenza che parla <strong>di</strong> libertà <strong>di</strong> stampa, <strong>di</strong> organizzazioni sindacali,<br />

<strong>di</strong> riforma <strong>della</strong> scuola, <strong>di</strong> collegamenti e rapporti tra potere e popolazione<br />

è una grande cosa» 40 .<br />

Note al testo<br />

1 Cfr. ALBERTO FARASSINO, Me<strong>di</strong>ologia <strong>della</strong> resistenza, ra<strong>di</strong>o e televisione, in GUIDO CRAINZ,<br />

ALBERTO FARASSINO, ENZO FORCELLA, NICOLA GALLERANO, La resistenza italiana nei<br />

programmi <strong>della</strong> Rai, Rai ERI, Roma 1996, p. 106.<br />

2 Cfr. PASQUALE IACCIO, Bronte, Liguori, Napoli 1992. Il f<strong>il</strong>m <strong>di</strong> Vancini è ispirato dai tragici<br />

fatti <strong>di</strong> Bronte, in cui, per sedare una rivolta popolare, vera e propria jacquerie, i garibal<strong>di</strong>ni <strong>di</strong><br />

Nino Bixio non lesinarono l’uso <strong>della</strong> forza, procedendo a giu<strong>di</strong>zi sommari e a fuc<strong>il</strong>azioni <strong>di</strong><br />

civ<strong>il</strong>i. Fonte letteraria del lavoro <strong>di</strong> Vancini è la novella La libertà <strong>di</strong> Giovanni Verga. In onda<br />

<strong>il</strong> 19 settembre.<br />

25


Renzo Fiammetti<br />

3 In onda dal 19 maggio, con la regia <strong>di</strong> S<strong>il</strong>vio Maestranzi.<br />

4 Cfr. ALDO GRASSO, Storia <strong>della</strong> televisione italiana. I cinquant’anni <strong>della</strong> televisione, Garzanti,<br />

M<strong>il</strong>ano 2004, p. 261.<br />

5 Cfr. Ivi, op. cit., p. 267. GIANNI RONDOLINO, Roberto Rossellini, Il Castoro, M<strong>il</strong>ano 1995, p. 109.<br />

6 Da ricordare <strong>il</strong> ritardo dell’introduzione del colore nella programmazione televisiva, dovuta<br />

alla ferma opposizione del partito repubblicano e del partito comunista, contrari a questo<br />

«vezzo» nel 1974, anno <strong>di</strong> gravissima crisi economica, a seguito alla crisi petrolifera.<br />

7 Cfr. FRANCESCA ANANIA, Immagini <strong>di</strong> storia. La televisione racconta <strong>il</strong> Novecento, Rai ERI,<br />

Roma 2003, p. 45.<br />

8 Cfr. G. CRAINZ, Il punto <strong>di</strong> vista dello storico, in La storia in televisione. Storici e registi a<br />

confronto, a cura <strong>di</strong> Luisa Cicognetti, Lorenza Servetti, Pierre Sorlin, Istituto regionale<br />

Ferruccio Parri, Mars<strong>il</strong>io, Venezia 2001, p. 47.<br />

9 Cfr. MASSIMO LEGNANI, Al mercato <strong>della</strong> storia. Il mestiere <strong>di</strong> storico fra scienza e consumo, a<br />

cura <strong>di</strong> Luca Bal<strong>di</strong>ssara, Stefano Batt<strong>il</strong>ossi, Paolo Ferrari, Carocci, Roma 2000.<br />

10 Cfr. A. FARASSINO, Me<strong>di</strong>ologia <strong>della</strong> resistenza, ra<strong>di</strong>o e televisione cit., p. 106.<br />

11 Il termine «eroe» apparteneva all’enfasi nazionalistica <strong>di</strong> cui si era imbevuta la cultura fascista.<br />

Non quin<strong>di</strong> eroi-superuomini, ma eroici non-eroi, se ci è concesso <strong>il</strong> bisticcio.<br />

12 Importante sottolineare <strong>il</strong> tema <strong>della</strong> scuola e dell’educazione, trattato nello sceneggiato, in<br />

onda in un anno - <strong>il</strong> 1974 - <strong>di</strong> forti contrasti sul tema dei Decreti delegati per la scuola, <strong>il</strong><br />

provve<strong>di</strong>mento che - istituendo organi quali i Consigli <strong>di</strong> circolo e i Consigli <strong>di</strong> istituto ampliava<br />

la partecipazione democratica alla vita <strong>della</strong> scuola ai genitori, agli studenti, al corpo non<br />

docente.<br />

13 Cfr. ADRIANO APRÀ, Itinerario personale nel documentario italiano, in Stu<strong>di</strong> su do<strong>di</strong>ci sguar<strong>di</strong><br />

d’autore in cortometraggio, a cura <strong>di</strong> Lino Micciché, Associazione Ph<strong>il</strong>ip Morris - Progetto<br />

Cinema/Lindau, Torino 1995, pp. 281-295.<br />

14 Cfr. «Eco Risveglio», 6 giugno 1974.<br />

15 Cfr. F. ANANIA, La storia sfuggente. Una analisi dei programmi televisivi, ERI Rai, Torino<br />

1986, p. 31.<br />

16 Cfr. «Eco Risveglio», 6 giugno 1974.<br />

17 Cfr. «Eco Risveglio», 6 giugno 1974.<br />

18 Cfr. «Eco Risveglio», 6 giugno 1974.<br />

19 Cfr. «Il Popolo dell’Ossola», 30 maggio 1974.<br />

26


20 Cfr. «Il Popolo dell’Ossola», 30 maggio 1974.<br />

21 Cfr. «Eco Risveglio», 6 giugno 1974.<br />

Riprodurre o interpretare?<br />

22 Cfr. PAUL GINSBORG, Storia d’Italia 1943 - 1999. Famiglia, società, stato, Einau<strong>di</strong>, Torino<br />

1998, pp. 358 - 482.<br />

23 Cfr. GIUSEPPE MAMMARELLA, L’Italia dalla caduta del fascismo ad oggi, Il Mulino, Bologna<br />

1978, p. 538.<br />

24 Cfr. «La Stampa», 28 novembre 1974. Scorrendo i titoli del giornale <strong>di</strong> Torino <strong>di</strong> quei giorni, non<br />

si può che rafforzare <strong>il</strong> senso <strong>di</strong> una società in preda a una violenza politica praticamente quoti<strong>di</strong>ana.<br />

Ecco alcuni esempi, tutti tratti da «La Stampa» del 24 novembre 1974: «Savona altri due attentati<br />

fascisti»; «Roma: pestaggio fascista uno studente in fin <strong>di</strong> vita»; «Bologna agente ferito da un liceale<br />

fascista». Una violenza che vede presente anche i primi nuclei delle Brigate rosse e del terrorismo <strong>di</strong><br />

sinistra. Una bomba viene ad<strong>di</strong>rittura ritrovata su un treno in transito alla stazione <strong>di</strong> Domodossola.<br />

25 L’espressione colorita è del <strong>di</strong>rettore del perio<strong>di</strong>co ossolano «Eco Risveglio», che de<strong>di</strong>ca alla<br />

proiezione una interessante cronaca. Cfr. G.R. (Gianni Reami), Ossola in coda per <strong>il</strong> suo f<strong>il</strong>m,<br />

«Eco Risveglio», 28 novembre 1974. È chiaro <strong>il</strong> riferimento al celebre f<strong>il</strong>m <strong>di</strong> Francis Ford<br />

Coppola, Il padrino, con Marlon Brando, che ebbe notevole successo al cinema in quegli stessi<br />

anni. La proiezione del f<strong>il</strong>m si accompagna anche a una piccola polemica. Ad assistere alla<br />

proiezione viene invitata anche una delegazione sovietica, in quei giorni in Ossola. La<br />

delegazione viene fatta accomodare sul palco d’onore. Questo provoca <strong>il</strong> commento risentito<br />

<strong>di</strong> un anonimo «Commis» che, sulle pagine dell’«Eco Risveglio» si domanda se «visto che lo<br />

spettacolo era una festa alla libertà» la delegazione «fosse venuta ad imparare». Gli risponde nella<br />

stessa pagina «Condon» che ricorda come «l’or<strong>di</strong>namento costituzionale <strong>della</strong> Repubblica<br />

dell’Ossola fu improntato [...] proprio a un modello strutturale, politico e sociale democratico<br />

e socialista. Quanto ad imparare, c’è da <strong>di</strong>re che dopo <strong>il</strong> Vietnam, la Grecia e da ultimo,<br />

dolorosamente, <strong>il</strong> C<strong>il</strong>e abbiamo veramente un po’ tutti, Amerikani in testa, da imparare<br />

qualcosa dai quaranta giorni <strong>di</strong> libertà». Cfr. «Eco Risveglio», 28 novembre 1974.<br />

26 Cfr. G.R., Ossola in coda per <strong>il</strong> suo f<strong>il</strong>m cit. I riferimenti all’età dei partigiani sono dovuti al<br />

fatto che, per i ruoli <strong>di</strong> comparsa, Castellani prese molti ragazzi, anche giovanissimi; tanto che<br />

nell’articolo citato, <strong>il</strong> <strong>di</strong>rettore dell’«Eco Risveglio» commenta acidamente: «o che mancassero<br />

ventenni atti alla bisogna o che Castellani ritenesse che la liberazione <strong>di</strong> Domodossola fosse<br />

opera <strong>di</strong> infanti in età prepuberale». La Creta era invece una famiglia ossolana che compare in<br />

<strong>di</strong>versi ruoli nel f<strong>il</strong>m, al padre fu infatti affidato <strong>il</strong> ruolo <strong>di</strong> Concetto Marchesi che sentenzia <strong>il</strong><br />

suo giu<strong>di</strong>zio sul fascismo e sugli italiani, <strong>di</strong> cui sopra.<br />

27 Questo episo<strong>di</strong>o spiega molto bene come la funzione extra<strong>di</strong>egetica del commento musicale<br />

dei fratelli De Angelis centri qui <strong>il</strong> proprio scopo: <strong>il</strong> motivo veicola un messaggio che <strong>il</strong> pubblico<br />

accoglie e riconosce, e questo fuori da una semplicistica e riduttiva componente estetica<br />

dell’immedesimarsi in modo limitante con un f<strong>il</strong>m girato in Ossola. Ci si immedesima con una<br />

esperienza che <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m racconta.<br />

28 Cfr. A.C., I partigiani superstiti contestano <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m televisivo. Racconteremo noi nelle scuole<br />

ossolane quello che abbiamo vissuto 30 anni fa, «La Stampa», 6 <strong>di</strong>cembre 1974.<br />

27


Renzo Fiammetti<br />

29 Cfr. ITALO SETTEMBRI, partigiano <strong>della</strong> I Valtoce, Lettera a Castellani & C: Marco non era<br />

così, «Il Popolo dell’Ossola», 12 <strong>di</strong>cembre 1974.<br />

30 Diversi e tutti abbastanza omogenei nei giu<strong>di</strong>zi sono gli articoli e le interviste apparse nei<br />

giorni <strong>di</strong> messa in onda del f<strong>il</strong>m. Di errori gravissimi parla <strong>il</strong> vicecomandante <strong>della</strong> Valtoce,<br />

Enrico Massara (cfr. PIERO BARBÉ, Non per un miracolo ma soffrendo riuscimmo a liberare<br />

Domodossola, «La Stampa», 13 <strong>di</strong>cembre 1974), <strong>di</strong> omissioni - non aver citato come prodromi<br />

la battaglia <strong>di</strong> Gravellona, la liberazione <strong>di</strong> Cannobio-Cannero-Oggebbio, aver <strong>di</strong>menticato la<br />

presenza dei partigiani garibal<strong>di</strong>ni - parla apertamente Giorgio Togni, un comandante <strong>della</strong><br />

<strong>di</strong>visione Mario Flaim (Cfr. A.C., Dimenticati Muneghina, Caletti, Coppo, assalti ai treni<br />

blindati ed imboscate, «La Stampa», 6 <strong>di</strong>cembre 1974) mentre «perplessità» per aver trascurato<br />

alcuni antefatti importanti, come l’insurrezione <strong>di</strong> V<strong>il</strong>ladossola, commenta «La Stampa», già<br />

all’indomani <strong>della</strong> prima puntata (Cfr. A.V. I quaranta giorni <strong>della</strong> libertà, «La Stampa», 27<br />

novembre 1974.<br />

31 È questa l’impressione che si ricava r<strong>il</strong>eggendo oggi le cronache giornalistiche <strong>di</strong> quelle<br />

settimane, note in cui i vari comandanti e uomini <strong>della</strong> Resistenza puntano <strong>il</strong> <strong>di</strong>to contro<br />

Castellani. Un vero st<strong>il</strong>lici<strong>di</strong>o <strong>di</strong> critiche, molte fondate.<br />

32 Cfr. TERESIO VALSESIA, La «Repubblica dell’Ossola» in tv: pochi pregi e moltissime lacune, Il<br />

«Popolo dell’Ossola», 28 novembre 1974. Nell’articolo viene ricordato padre Zoppetti,<br />

superiore <strong>della</strong> congregazione rosminiana, arrestato e malmenato da Vezzalini con imputazione<br />

<strong>di</strong> aver aperto <strong>il</strong> collegio a tutti. Dure le critiche che a Castellani rivolge l’avvocato Natale<br />

Menotti: «Don Zoppetti che non era rosminiano ma sacerdote secolare che insegnava al<br />

Collegio Rosmini [...] se fosse ancora in vita sarebbe addolorato come lo sono io perché i padri<br />

rosminiani, che ricordo come gran<strong>di</strong> educatori alla libera vita civ<strong>il</strong>e, non potevano e non<br />

dovevano essere presentati attraverso quell’intruso reticente e <strong>di</strong>rei <strong>di</strong>sfattista loro confratello,<br />

che li mette in scena». Cfr. Un biglietto aperto al regista Castellani, «Il Popolo dell’Ossola», 12<br />

<strong>di</strong>cembre 1974.<br />

33 Cfr. A.V. L’in<strong>di</strong>ce puntato contro la televisione per i Quaranta giorni <strong>della</strong> libertà, «La Stampa»,<br />

5 <strong>di</strong>cembre 1974. Nella sua nota, Buzzolan fa una interessante riflessione: «Qui siamo <strong>di</strong> fronte<br />

a un f<strong>il</strong>m. Assistiamo a una rappresentazione con pretese <strong>di</strong> affresco documentaristico. Non<br />

vorremmo che <strong>il</strong> pubblico abituato dalla tv a vedere ormai tutto trasformato in spettacolo avesse<br />

visto anche Quaranta giorni <strong>di</strong> libertà non <strong>di</strong>versamente da un qualsiasi sceneggiato a puntate<br />

e quin<strong>di</strong> avesse recepito più la funzione drammatica che <strong>il</strong> tentativo <strong>di</strong> rinnovare una realtà».<br />

Nel citato articolo <strong>di</strong> Teresio Valsesia (ve<strong>di</strong> supra), vera summa delle critiche che l’Ossola rivolse<br />

al f<strong>il</strong>m <strong>di</strong> Castellani, si giu<strong>di</strong>ca negativamente anche le scene <strong>della</strong> liberazione <strong>di</strong> Domodossola:<br />

«La gente per le strade che saluta i cameramen e la Identici che canta la sua nenia. Pretta<br />

artificiosità pseudocabarettistica». Giu<strong>di</strong>cando quin<strong>di</strong> inadatto <strong>il</strong> me<strong>di</strong>um scelto, cioè la<br />

ricostruzione.<br />

34 Cfr. UGO BUZZOLAN, «Trent’anni fa in Val d’Ossola», «La Stampa», 11 <strong>di</strong>cembre 1974.<br />

35 Nella serata <strong>di</strong> martedì 3 <strong>di</strong>cembre 1974, mentre va in onda la seconda puntata del f<strong>il</strong>m, in<br />

una sala citta<strong>di</strong>na <strong>di</strong> Domodossola viene proiettato L’esorcista, «ma la gente preferisce guardare<br />

la tv», scrive «La Stampa» <strong>il</strong> giorno dopo. Cfr. A.V., L’in<strong>di</strong>ce puntato contro la televisione per i<br />

Quaranta giorni <strong>della</strong> libertà, cit.<br />

28


Riprodurre o interpretare?<br />

36 Nelle polemiche che si scatenarono dopo l’uscita del f<strong>il</strong>m, si rimproverò chi applaudì alla<br />

prima del cinema Corso, rei <strong>di</strong> essere soltanto delle comparse, nulla più <strong>di</strong> una claque per un f<strong>il</strong>m<br />

che <strong>di</strong> ossolano - si pensava - avesse poco o niente. Cfr. T. Valsesia, La Repubblica dell’Ossola<br />

in tv cit.; FRANCO FORNARA, Troppe critiche, «Il Popolo dell’Ossola», 12 <strong>di</strong>cembre 1974; T.<br />

VALSESIA, Eppur son giuste, «Il Popolo dell’Ossola», 12 <strong>di</strong>cembre 1974.<br />

37 Va debitamente ricordato che <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m e <strong>il</strong> <strong>di</strong>battito che ne scaturì, andarono anche a incidere<br />

su un confronto in quelle settimane molto acceso sulle pagine del giornale «Eco Risveglio» ,sul<br />

tema dei giovani. Alcuni giovani attraverso quel <strong>di</strong>battito e quel f<strong>il</strong>m, riscoprirono i propri<br />

padri, coloro che avevano fatto la Resistenza. «I giovani fanno “politica gratuita”» scrive una<br />

ragazza <strong>di</strong> V<strong>il</strong>ladossola in una lettera al giornale dopo aver assistito alla proiezione del f<strong>il</strong>m al<br />

cinema Corso «e contestano tutto e tutti [...] ma sbagliamo quando arriviamo al punto <strong>di</strong><br />

rinnegare e quasi <strong>di</strong>struggere quello che i molti caduti <strong>della</strong> resistenza hanno preparato per noi.<br />

Occorre pensare un poco <strong>di</strong> più ai nostri padri non passare oltre con una alzata <strong>di</strong> spalle. Occorre<br />

invece intrattenere un <strong>di</strong>alogo con chi personalmente ha vissuto giorno per giorno la resistenza».<br />

Cfr. Una giovane sui 40 giorni, «Eco Risveglio», 5 <strong>di</strong>cembre 1974.<br />

38 Cfr. FRANCESCO CASETTI, Teorie del cinema. Dal dopoguerra agli anni sessanta, in Storia del<br />

cinema mon<strong>di</strong>ale, a cura <strong>di</strong> Gian Piero Brunetta vol. 5: Teorie, strumenti, memorie, Einau<strong>di</strong>,<br />

Torino 2001, p. 525. Assistiamo qui a un <strong>di</strong>retto rovesciamento del classico giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong><br />

Feuerbach, secondo cui l’uomo moderno sopperisce alla mancanza <strong>di</strong> una essenza reale<br />

attraverso una essenza ideale, e contrabbanda le proprie rappresentazioni per l’essenza effettiva<br />

<strong>di</strong> un realtà perduta o abbandonata. Cfr. LUDWIG FEUERBACH, Scritti f<strong>il</strong>osofici, Laterza,<br />

Roma-Bari 1976, p. 245. Ma anche a una delimitazione del timore espresso da Jean Baudr<strong>il</strong>lard,<br />

secondo cui l’uomo contemporaneo ha sostituito al reale <strong>il</strong> segno del reale. Cfr. JEAN<br />

BAUDRILLARD, Simulacri e impostura, Cappelli, Bologna 1980, p. 47.<br />

39 Cfr. F. FORNARA, Troppe critiche cit.<br />

40 Cfr. PERO BARBÉ, Ci sono voluti 30 anni per <strong>di</strong>re la verità sulla Resistenza, «La Stampa», 6<br />

<strong>di</strong>cembre 1974. Nell’intervista r<strong>il</strong>asciata al giornalista, Moscatelli <strong>di</strong>ce altre cose importanti:<br />

«Un f<strong>il</strong>m così <strong>di</strong>eci anni fa era una cosa impensab<strong>il</strong>e» e ricorda la realizzazione, nel 1964, <strong>di</strong> un<br />

documentario televisivo, proprio per i vent’anni <strong>della</strong> Repubblica dell’Ossola, in cui non era<br />

citato, anzi: «Non dovevo essere citato». Moscatelli si riferisce al programma tv La Repubblica<br />

dell’Ossola, del 1964, <strong>di</strong> Domenico Zucaro ed Enzo Forcella, messo in onda <strong>il</strong> 25 apr<strong>il</strong>e <strong>di</strong><br />

quell’anno. Da sottolineare che <strong>il</strong> database elettronico dei programmi Rai de<strong>di</strong>cati alla<br />

resistenza (in allegato a Guido Crainz, Alberto Farassino, Enzo Focella, Nicola Gallerano, La<br />

resistenza italiana nei programmi <strong>della</strong> Rai cit.) classifica questo programma come <strong>di</strong> genere<br />

«m<strong>il</strong>itare», mentre <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m <strong>di</strong> Castellani viene ritenuto <strong>di</strong> genere «politico». Nell’intervista al<br />

comandante garibal<strong>di</strong>no non mancano, comunque, riferimenti polemici: «La Repubblica<br />

dell’Ossola» afferma Moscatelli «più che <strong>il</strong> prodotto <strong>di</strong> una azione partigiana (anche se lo è stato)<br />

fu <strong>il</strong> risultato <strong>della</strong> paura che facevano i comunisti. Mi spiego meglio: a far correre i comandanti<br />

<strong>della</strong> Valtoce dai tedeschi per convincerli alla resa non è stata tanto la consapevolezza <strong>di</strong> liquidare<br />

le formazioni nazifasciste ma <strong>il</strong> desiderio <strong>di</strong> anticipare una ormai prossima azione dei reparti<br />

comunisti».<br />

41 Al riguardo va annotato che la partecipazione al ruolo <strong>di</strong> Gisella Floreanini e l’interpretazione<br />

del tema del f<strong>il</strong>m, coincisero per Anna Identici ad una precisa svolta <strong>di</strong> carriera. Da cantante<br />

29


Renzo Fiammetti<br />

fam<strong>il</strong>iare e rassicurante, ex valletta <strong>di</strong> Mike Bongiorno alla «Fiera dei sogni» nel 1964, Anna<br />

Identici <strong>di</strong>venne interprete impegnata. Già dal 1971, anno <strong>della</strong> sua apparizione a Sanremo in<br />

coppia con <strong>il</strong> cantante francese Antoine, si de<strong>di</strong>ca alle canzoni <strong>di</strong> lotta e <strong>di</strong> protesta. Nello stesso<br />

anno pubblica l’album «Alla mia gente», costituito per lo più da canzoni popolari <strong>di</strong> lotta, e<br />

l’anno dopo - ancora a Sanremo - porta una canzone sul tema delle morti bianche, «Era bello<br />

<strong>il</strong> mio ragazzo». Ancora impegnata è la sua partecipazione a Sanremo 1973 con «Mi sono chiesta<br />

tante volte». Si accosta anche al repertorio delle mon<strong>di</strong>ne e si esibisce, dal vivo, fuori dai circuiti<br />

tra<strong>di</strong>zionali, una scelta <strong>di</strong> grande valore artistico e civ<strong>il</strong>e, ma commercialmente perdente.<br />

30


storia locale<br />

Le elezioni politiche del 1909 in Ossola<br />

<strong>di</strong> Edgardo Ferrari<br />

Le elezioni politiche del 1909 in Ossola<br />

Lunedì 8 febbraio 1909 <strong>il</strong> re firma <strong>il</strong> decreto <strong>di</strong> scioglimento <strong>della</strong><br />

Camera dei deputati; i collegi elettorali sono convocati <strong>il</strong> 7 marzo, «per<br />

eleggere ciascuno un deputato», e per <strong>il</strong> 14, se occorre una seconda<br />

votazione; poi <strong>il</strong> 24 marzo si riuniranno <strong>il</strong> Senato del regno e la Camera dei<br />

deputati. Un numero <strong>di</strong> elettori assai ridotto spiega e giustifica la rapi<strong>di</strong>tà <strong>di</strong><br />

questo processo elettorale.<br />

«L’In<strong>di</strong>pendente», «gazzetta dell’Alta e Bassa Ossola», ne dà notizia <strong>il</strong> 10<br />

febbraio e non tralascia le dotte considerazioni:<br />

Finalmente! Ogni incertezza è finita: la Camera è sciolta dopo 4 anni e 3 mesi. Nessuna<br />

legislatura durò così a lungo: eppure allorquando fu inaugurata si <strong>di</strong>ceva che non<br />

avrebbe potuto durare a lungo perché era composta <strong>di</strong> elementi eterogenei nessuno dei<br />

quali costituiva una maggioranza. Questa con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> fatto fu invece quella che<br />

determinò la sua durata perché si era formata a Montecitorio una maggioranza<br />

organizzata non in virtù <strong>di</strong> principii, ma dall’unione <strong>di</strong> interessi <strong>di</strong>versi che trovarono<br />

<strong>il</strong> loro tornaconto nell’ibrida lega 1 .<br />

La legislatura si era inaugurata <strong>il</strong> 30 novembre 1904 ed aveva visto,<br />

sempre secondo «L’In<strong>di</strong>pendente», «i clericali entrare ufficialmente come<br />

partito» 2 : per l’unione dei clericali con i trasformisti «si è compiuta nella<br />

Camera un’azione deleteria che ha soffocato e spento ogni idealità». Segue<br />

l’auspicio che la nuova Camera, quella per cui si vota, proponga che la vita<br />

<strong>di</strong> ogni legislatura non debba «sorpassare i tre anni: è necessario che <strong>il</strong> paese<br />

eserciti più spesso la sua sovranità».<br />

Le valutazioni espresse sono chiaramente <strong>di</strong> parte: la nostra «gazzetta»,<br />

voce dal profondo <strong>di</strong> una provincia periferica, sconta pregiu<strong>di</strong>zi ideologici<br />

31


Edgardo Ferrari<br />

e luoghi comuni <strong>di</strong>ffusi, ma superficiali. Croce, per esempio, vent’anni dopo<br />

avrebbe scritto: «La vita italiana dopo <strong>il</strong> 1900 scorse per oltre un decennio<br />

feconda <strong>di</strong> opere e <strong>di</strong> speranze. [...] E furono quelli, in Italia, anche gli anni<br />

in cui meglio si attuò l’idea <strong>di</strong> un governo liberale; del quale neppure bisogna<br />

coltivare un’idea astratta, cioè <strong>di</strong> così sublime perfezione da <strong>di</strong>sconoscerlo<br />

poi nella sua concreta esistenza» 3 .<br />

È <strong>il</strong> tempo <strong>di</strong> Giovanni Giolitti, che guida <strong>il</strong> suo più lungo ministero (29<br />

maggio 1906 - 10 <strong>di</strong>cembre 1909): secondo Perticone «è un lungo e,<br />

comparativamente, un grande Ministero» e dà atto <strong>di</strong> un miglioramento nelle<br />

con<strong>di</strong>zioni delle classi popolari e <strong>di</strong> un miglioramento «non ra<strong>di</strong>cale, ma pur<br />

sempre sensib<strong>il</strong>e [...] nella istruzione popolare» 4 . Denis Mack Smith preferisce<br />

precisare: «Cinquant’anni dopo l’unificazione l’Italia settentrionale e centrale<br />

(sta) <strong>di</strong>ventando prospera sotto <strong>il</strong> paterno governo <strong>di</strong> Giolitti» 5 .<br />

Dopo <strong>il</strong> riscatto delle concessioni ferroviarie, nel 1906 è stato possib<strong>il</strong>e<br />

convertire la ren<strong>di</strong>ta pubblica dal 5 al 3,50 per cento e durante <strong>il</strong> 1907-1908<br />

la crisi dell’economia mon<strong>di</strong>ale per l’Italia, in sostanza, ha come conseguenza<br />

<strong>di</strong> aumentare <strong>il</strong> peso del capitale pubblico nei confronti <strong>di</strong> quello privato e <strong>di</strong><br />

confermare «la funzione centrale svolta dallo stato, tramite la Banca <strong>di</strong> Italia,<br />

per immettere liqui<strong>di</strong>tà nel sistema» 6 . Anche <strong>il</strong> trauma economico e sociale per<br />

i soccorsi e le nuove spese rese necessarie dai cataclismi, che colpiscono <strong>il</strong><br />

Mezzogiorno e la Sic<strong>il</strong>ia (<strong>il</strong> terremoto delle Calabrie del 1905, l’eruzione del<br />

Vesuvio nel 1906, <strong>il</strong> nuovo e tremendo terremoto del 1908, che ha per centro<br />

Messina, interamente abbattuta, e si stende nella prossima Calabria) si affronta<br />

e supera con interventi tempestivi, frutto <strong>di</strong> un’ormai collaudata<br />

organizzazione, unita a una <strong>di</strong>ffusa solidarietà popolare. Ad evitare poi che le<br />

elezioni del 1909 <strong>di</strong>ventino «una lotta partigiana sui cadaveri», a Messina si<br />

porta can<strong>di</strong>dato (e viene eletto) lo stesso Giolitti e la mossa la <strong>di</strong>ce lunga<br />

sull’accortezza politica del Presidente del consiglio e ministro degli Interni.<br />

Con <strong>il</strong> «rigoglio» economico giolittiano, pure l’Ossola vive un periodo <strong>di</strong><br />

relativo benessere, che coincide con la sua prima industrializzazione e<br />

comporta una crescita globale <strong>della</strong> valle. Lo sv<strong>il</strong>uppo si svolge con ritmi<br />

<strong>di</strong>versi: a momenti <strong>di</strong> accentuato <strong>di</strong>namismo e <strong>di</strong> novità si alternano altri <strong>di</strong><br />

sclerotizzazione e <strong>di</strong> ritardo 7 .<br />

La rete delle ferrovie ed <strong>il</strong> traforo del Sempione hanno creato sufficienti<br />

aperture verso le aree mercant<strong>il</strong>mente forti in Italia ed in Europa; l’inizio dei<br />

lavori per lo sfruttamento idroelettrico dell’intero bacino <strong>della</strong> Toce promette,<br />

a breve, la <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> una fonte energetica <strong>di</strong> grande interesse strategico<br />

anche per <strong>il</strong> progresso locale. Ora, insieme con la forza lavoro, dall’esterno<br />

32


Le elezioni politiche del 1909 in Ossola<br />

vengono in valle i capitali, che suppliscono alla mancata accumulazione<br />

primitiva ed alle preferenze del risparmio verso gli investimenti terrieri.<br />

In Ossola la politica <strong>di</strong> Giolitti è interpretata da Alfredo Falcioni, eletto<br />

deputato per la prima volta, appena trentenne, nel 1900 e riconfermato nel<br />

1904, <strong>il</strong> quale si è particolarmente <strong>di</strong>stinto nel sostenere gli interessi ossolani<br />

durante l’iter parlamentare dei provve<strong>di</strong>menti relativi al traforo del<br />

Sempione ed alle linee <strong>di</strong> collegamento. Falcioni è sostenuto dalla classe dei<br />

piccoli proprietari, cui si aggiungono i favori del clero locale e <strong>della</strong> <strong>di</strong>ocesi 8 .<br />

E «L’Ossola», nel numero del 13 febbraio, che annuncia <strong>il</strong> decreto reale per<br />

i comizi generali, non esita a definire subito <strong>il</strong> dovere degli elettori in<br />

«quest’<strong>il</strong>libato collegio politico così degnamente rappresentato per due<br />

legislature dal nostro carissimo concitta<strong>di</strong>no avv. comm. Alfredo Falcioni».<br />

Eccolo esposto, con finta ritrosia, <strong>il</strong> dovere: «A noi in questo momento<br />

non si affaccia neppure <strong>il</strong> dubbio che l’on. Falcioni non sia rieletto con<br />

meritata larghezza <strong>di</strong> suffragi» 9 . La settimana successiva <strong>il</strong> giornale vuol<br />

ricordare «senza commenti» i momenti e le circostanze più interessanti<br />

dell’attività del parlamentare, anche se Falcioni avrebbe chiesto <strong>il</strong> s<strong>il</strong>enzio,<br />

e cioè lasciare agli elettori <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>care «se à fatto <strong>il</strong> proprio dovere come<br />

rappresentante politico». Nell’articolo <strong>di</strong> fondo del 27 febbraio <strong>il</strong> Direttore<br />

traccia, con sufficiente genericità, le linee del «passato politico» dell’on.le<br />

Falcioni e conclude concretamente:<br />

Se non temessimo <strong>di</strong> offender la modestia dell’uomo onorando cui, né le alte<br />

onorificenze né la sua autorevole situazione politica, hanno potuto mai neanche<br />

momentaneamente, far velo alla sua grande bontà, noi potremmo qui descrivere a<br />

lungo le sue benemerenze parlamentari.<br />

Ma noi da tutto ciò ci asteniamo, sapendo che facendo <strong>di</strong>versamente, arrecheremmo<br />

offesa all’animo retto dell’On. Falcioni alieno da qualsiasi incensatura e solo desideroso<br />

<strong>di</strong> meritare sempre più la benevolenza dei suoi elettori.<br />

Sia dunque la votazione del giorno 7 marzo un plebiscito imponente e cor<strong>di</strong>ale in onore<br />

<strong>di</strong> Alfredo Falcioni.<br />

Secondo «L’Avvenire dell’Ossola», già l’11 febbraio, «incontra maggiore<br />

fiducia l’informazione che l’uscente deputato Falcioni non avrà competitori,<br />

come non ne ebbe nell’ultima elezione»; quin<strong>di</strong> <strong>il</strong> 25 febbraio nelle Note <strong>di</strong><br />

cronaca rivela <strong>il</strong> rifiuto alla can<strong>di</strong>datura da parte <strong>di</strong> alcuni domesi eminenti e<br />

su un altro nome possib<strong>il</strong>e, l’<strong>il</strong>lustre prof. Giuseppe Chiovenda, <strong>di</strong> Premosello,<br />

«un vero valore intellettuale», fa sapere che non si è potuto mettere insieme un<br />

comitato <strong>di</strong> sostegno. Quin<strong>di</strong> rimane solo l’uscente on. Falcioni 10 .<br />

33


Edgardo Ferrari<br />

34<br />

On. Alfredo Falcioni, senatore del Regno


Le elezioni politiche del 1909 in Ossola<br />

«L’In<strong>di</strong>pendente», <strong>il</strong> 3 marzo, elencando «color che son sospesi», insiste<br />

che a Domodossola «Falcioni è senza competitori. È uno dei tre collegi<br />

d’Italia ove non esiste lotta, come Trapani e Jesi» 11 .<br />

Ma «L’Ossola» del 6 marzo pubblica un’anonima corrispondenza da<br />

Premosello, Stonature elettorali, in cui ricompare <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> Giuseppe<br />

Chiovenda (sembra quasi che si voglia esorcizzare un fasti<strong>di</strong>oso fantasma):<br />

Produce qui un vivo senso <strong>di</strong> <strong>di</strong>sgusto la lotta altrettanto accanita quanto inesplicab<strong>il</strong>e<br />

che <strong>il</strong> nostro Parroco sta combattendo, ben inteso all’ombra, contro l’uscente deputato<br />

Falcioni. Sembra che <strong>il</strong> <strong>di</strong>ssidente reverendo, «Orazio sol contro Toscana tutta» voglia<br />

ad ogni costo la can<strong>di</strong>datura dell’Avv. Chiovenda, che questi medesimo ebbe <strong>il</strong> senno<br />

<strong>di</strong> non porre, e che nessun altro fu così imprudente <strong>di</strong> proclamare non certo per la<br />

persona del Can<strong>di</strong>dato in pectore (stimab<strong>il</strong>issima persona sott’ogni rapporto) ma per<br />

altre ragioni che qui non è <strong>il</strong> caso <strong>di</strong> esporre come altri, prima <strong>di</strong> noi, à creduto<br />

opportuno <strong>di</strong> sottacere.<br />

È tuttavia strano quest’o<strong>di</strong>o alla macchia del... piissimo nostro Prevosto contro l’Avv.<br />

Falcioni, <strong>di</strong> cui <strong>il</strong> paese ricorda con riconoscenza <strong>il</strong> generoso intervento in occasione<br />

delle memorab<strong>il</strong>i alluvioni del 1900 e l’opera efficacissima, dappoi prestata in pro del<br />

Comune, quando si trattò <strong>di</strong> riattare <strong>il</strong> nostro riale 12 .<br />

Bisogna ora non <strong>di</strong>menticare che i cattolici son tornati ad affacciarsi alla vita<br />

politica nazionale: formalmente <strong>il</strong> non expe<strong>di</strong>t vale ancora, non è stato<br />

abrogato, ma <strong>il</strong> suo <strong>il</strong>langui<strong>di</strong>re è consacrato dalla partecipazione del clero,<br />

pronto a salvare «l’or<strong>di</strong>ne sociale». Ciò è avvenuto nel 1904. Poi <strong>il</strong> Pontefice<br />

Pio X, con l’enciclica Il fermo proposito dell’11 giugno 1905, afferma «<strong>il</strong> dovere<br />

dei cattolici a prepararsi prudentemente e serenamente alla vita politica,<br />

quando vi fossero chiamati» e rimette la sospensione del <strong>di</strong>vieto alla prudente<br />

valutazione dei Vescovi, quando ne riconoscano «la stretta necessità pel bene<br />

delle anime e dei supremi interessi delle [proprie] chiese» 13 .<br />

«A questo spontaneo avvicinamento – “dei cattolici allo stato”, come<br />

scrive Nino Valeri, – sempre più aperto (per quanto sempre ammantato <strong>di</strong><br />

riserve), Giolitti aprì la strada con altrettanto cauta finzione politica, la<br />

finzione delle “parallele” che mirava ad evitare i contatti e gli urti <strong>di</strong>retti,<br />

come se ognuno, Stato e Chiesa, dovesse procedere per la propria strada<br />

senza incontrarsi mai» 14 .<br />

A Novara, dall’agosto 1906, è vescovo mons. Giuseppe Gamba,<br />

favorevole, per le elezioni, ad un accordo clerico-moderato in funzione<br />

antisocialista; 15 arciprete <strong>di</strong> Domodossola è don Pietro Tettoni, immesso in<br />

parrocchia nel 1904 dopo una lunga impaziente attesa 16 .<br />

35


Edgardo Ferrari<br />

Subito, in naturale accordo con <strong>il</strong> suo vescovo ed a nome dei parroci del<br />

circondario ossolano, già l’11 febbraio don Tettoni scrive a Falcioni sulla<br />

<strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>ità del clero (e quin<strong>di</strong> dei fedeli cattolici) ad «appoggiare col voto<br />

quegli uomini che liberi da imposizioni settarie dessero garanzie <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere<br />

e favorire due principii che sono insieme due alti sentimenti in<strong>di</strong>scutib<strong>il</strong>i: <strong>il</strong><br />

massimo rispetto alla religione ed <strong>il</strong> più sincero favore allo sv<strong>il</strong>uppo <strong>di</strong> una<br />

benintesa legislazione economica e sociale a favore del popolo senza o<strong>di</strong>ose<br />

partigianerie» 17 . La risposta del can<strong>di</strong>dato è dello stesso giorno e su carta<br />

intestata <strong>della</strong> Camera dei deputati; vale la pena <strong>di</strong> leggerla per intero 18 :<br />

Domodossola 11febbraio 1909<br />

Ill.o e Rev.do Arciprete<br />

Giunto quando e come potei da Novara ò trovato la preg.ma che Ella si compiacque<br />

rimettermi, a nome anche dei Rev.<strong>di</strong> Vicari, Parroci e Sacerdoti del Circondario.<br />

Mentre apprezzo <strong>il</strong> sentimento <strong>di</strong> schiettezza ed ad un tempo <strong>di</strong> benevola deferenza che<br />

à suggerita la domanda rivoltami in vista delle prossime elezioni politiche, non solo non<br />

ò <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> sottoscrivere l’impegno cui da parte <strong>di</strong> V.S.R.ma e Suoi rappresentanti<br />

si subor<strong>di</strong>na l’appoggio alla mia can<strong>di</strong>datura, ma, con pari lealtà, mi rammarico quasi<br />

che siasi potuto dubitare del mio personale rispetto alla religione, sia per i principi che<br />

ò sempre professato, sia per le tra<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> mia famiglia.<br />

A questi principi ed a queste tra<strong>di</strong>zioni credo <strong>di</strong> aver inspirato ed intendo inspirare la<br />

vita mia e la mia opera <strong>di</strong> Deputato conscio che la mia fede politica <strong>di</strong> monarchico<br />

liberale sicuramente democratico non solo sia conc<strong>il</strong>iab<strong>il</strong>e, ma senz’altro inconcepib<strong>il</strong>e<br />

senza <strong>il</strong> rispetto a quella che, per proclamazione statutaria è la religione dello Stato.<br />

Ricambio <strong>di</strong> cuore a Lei ed ai Reveren<strong>di</strong> Colleghi suoi l’espressione dei miei ossequi.<br />

D.mo A. Falcioni<br />

La lettera deve essere giu<strong>di</strong>cata sufficiente pur nella sua stu<strong>di</strong>ata sfuggente<br />

elasticità, se «L’Azione Novarese», perio<strong>di</strong>co ufficiale <strong>della</strong> Curia, in più<br />

numeri tra <strong>il</strong> 26 febbraio e <strong>il</strong> 2 marzo, fra le can<strong>di</strong>dature raccomandate dalla<br />

Direzione Diocesana Cattolica, pone sempre quella <strong>di</strong> Alfredo Falcioni per <strong>il</strong><br />

collegio <strong>di</strong> Domodossola e nel numero del 5 marzo incalza: «L’Avv. Falcioni<br />

è l’unico can<strong>di</strong>dato <strong>della</strong> provincia che non si vede <strong>di</strong> fronte competitori;<br />

quin<strong>di</strong> la sua riuscita non è dubbia. Anch’egli ha fatto <strong>di</strong>chiarazioni sì esplicite<br />

in nostro favore che non è lecito dubitare <strong>della</strong> sua sincerità» 19 .<br />

Alla vig<strong>il</strong>ia del voto, <strong>il</strong> 6 marzo, «L’Ossola» scende sul patetico congedandosi<br />

dai lettori con questo caldo invito, che è quasi una supplica: «Elettori<br />

dell’Ossola, votiamo <strong>il</strong> nome caro <strong>di</strong> Alfredo Falcioni» 20 .<br />

Ed ora leggiamo la Cronaca Elettorale del 7 marzo come la racconta<br />

«L’In<strong>di</strong>pendente»: la giornata non è trascorsa tranqu<strong>il</strong>la a Domodossola,<br />

contrariamente a tutte le attese 21 .<br />

36


Le elezioni politiche del 1909 in Ossola<br />

Se <strong>di</strong>cessimo che nel nostro collegio vi fu lotta, affermeremmo cosa errata. Come<br />

annunciavamo nello scorso numero, l’avv. Alfredo Falcioni si ripresentava senza<br />

competitori; <strong>il</strong> che esclude <strong>di</strong> per sé l’idea <strong>della</strong> lotta. A suffragare la nostra affermazione<br />

sta d’altra parte lo stesso manifesto elettorale pubblicato dall’anonimo Comitato<br />

Permanente, nel quale si invitavano gli elettori ad affermarsi sul nome dell’uscente<br />

Falcioni, onde tributargli una <strong>di</strong>mostrazione <strong>di</strong> stima ed affetto.<br />

Invece domenica mentre le urne languivano nelle due sezioni <strong>di</strong> Palazzo Mellerio per<br />

lo scarso accorrere degli elettori, forse anche a causa <strong>della</strong> neve che fitta fitta cadeva<br />

senza tregua, improvvisamente si sparse la novella che i clericali lavorando sott’acqua,<br />

minacciavano la sconfitta del deputato liberale uscente, ed a prova affermavasi che i<br />

Rosminiani votavano compatti per l’avv. Giuseppe Chiovenda. Aggiungevasi che<br />

ipotetiche notizie precipitosamente giunte da fuori, assicuravano che i preti facevano<br />

un’incalzante propaganda per <strong>il</strong> presunto can<strong>di</strong>dato clericale, sì che la posizione<br />

dell’avv. Falcioni era alquanto scossa e pericolante.<br />

Questo bastò perché con ogni mezzo <strong>di</strong> locomozione si slanciassero genti d’ogni colore<br />

politico in giro pel collegio a scongiurare <strong>il</strong> pericolo nero!! La mossa fu ab<strong>il</strong>e e tale da<br />

scuotere l’apatia degli elettori che, sia per la mancanza <strong>di</strong> lotta, sia per <strong>il</strong> cattivo tempo<br />

preferivano restare como<strong>di</strong> a casa loro. Così fu anche che gli anticlericali, ed i socialisti<br />

conversero i loro voti unanimi sul nome dell’avv. Falcioni.<br />

Questa la prima parte <strong>della</strong> cronaca elettorale svoltasi domenica. Ed ora <strong>di</strong>ciamo <strong>della</strong><br />

seconda che è quella che maggiormente interessa la nostra città.<br />

I frati Rosminiani ebbero una ben triste sorpresa, allorquando recandosi alle urne<br />

furono fatti segno delle più triviali insolenze indegne <strong>di</strong> paesi civ<strong>il</strong>i. Affermano che <strong>il</strong><br />

pala<strong>di</strong>no degli insulti fosse un prezzolato in<strong>di</strong>viduo che non è né nostro concitta<strong>di</strong>no<br />

né elettore del nostro collegio. E questo ci consola! Sta però <strong>il</strong> fatto che sul portone del<br />

Palazzo Municipale, dove si svolgevano le operazioni elettorali, i Rosminiani ed in<br />

generale i preti, erano accolti con ogni sorta <strong>di</strong> beffe e d<strong>il</strong>eggi. I pupazzettisti del<br />

momento sfoggiarono la loro anonima ab<strong>il</strong>ità ed in un batter d’occhio nel perist<strong>il</strong>io del<br />

palazzo comunale comparvero grottesche figure allusive.<br />

La riprovevole comme<strong>di</strong>a si protrasse per tutta la giornata, ed ebbe la sua apoteosi la<br />

sera, quando un’accozaglia dei più <strong>di</strong>sparati elementi, sotto or<strong>di</strong>ni precisi, si recò<br />

fiacoleggiante a fare un’indegna <strong>di</strong>mostrazione sotto le finestre del Collegio Rosmini<br />

emettendo grida <strong>di</strong> abbasso e <strong>di</strong> morte al suono <strong>di</strong> latte da petrolio, fischietti e cornette.<br />

E quasi non bastasse una prima <strong>di</strong>mostrazione, dopo altrettanta gazzarra fatta alla casa<br />

parrocchiale, rafforzati gli spiriti già eccitati con nuovo beveraggio elettorale, ritornò<br />

una seconda volta a dare novello saggio <strong>di</strong> educazione civ<strong>il</strong>e e politica in via Matterella!!!<br />

Tale la fine <strong>della</strong> giornata elettorale. Poche parole bastano a bollare quest’atto. Chi ha<br />

senso comune, chi è citta<strong>di</strong>no domese, deve vergognarsi <strong>di</strong> questi fatti indegni <strong>della</strong><br />

città nostra: e noi senza paura, amanti sopra ogni cosa <strong>della</strong> verità, li stigmatizziamo con<br />

tutta la nostra forza, persuasi <strong>di</strong> avere con noi tutti i citta<strong>di</strong>ni ben pensanti a qualunque<br />

partito essi appartengano.<br />

37


Edgardo Ferrari<br />

La gazzarra domese, senza volerne esagerare la portata e, soprattutto, quel<br />

«pala<strong>di</strong>no degli insulti», «prezzolato in<strong>di</strong>viduo che non è né nostro<br />

concitta<strong>di</strong>no né elettore del nostro collegio», riportano l’eco delle accuse <strong>di</strong><br />

brogli elettorali rivolte a Giolitti in più occasioni e quin<strong>di</strong> possono ben<br />

ricordarci che proprio queste elezioni del marzo 1909 «gli valsero <strong>il</strong> nome <strong>di</strong><br />

«ministro <strong>della</strong> malavita» dal titolo <strong>di</strong> un piccolo libro, pubblicato dalla<br />

“Voce”, in cui Gaetano Salvemini raccontava le sue <strong>di</strong>savventure <strong>di</strong><br />

can<strong>di</strong>dato <strong>della</strong> sinistra nel collegio <strong>di</strong> Gioia del Colle» 22 .<br />

I risultati elettorali per <strong>il</strong> collegio <strong>di</strong> Domodossola provocano uno<br />

scomposto contegno da parte dei falcioniani e del loro organo <strong>di</strong> stampa,<br />

«L’Ossola». Che cos’è dunque capitato? È capitato che si sono presi tutti un<br />

grande spavento, forte e ingiustificato: <strong>il</strong> loro can<strong>di</strong>dato ha raccolto 2369<br />

voti (quasi cinque punti percentuali in più delle elezioni precedenti), ma un<br />

esorcizzato Giuseppe Chiovenda ha riunito ben 191 preferenze (96 solo a<br />

Premosello, qui battendo sonoramente Falcioni, fermo a 25).<br />

La reazione nasce subito violenta. È Falcioni stesso che supera la misura:<br />

ringraziando «gli elettori carissimi», non <strong>di</strong>vaga: «a voi in specie, che <strong>di</strong> fronte<br />

all’assalto dell’ultima ora insorgeste colla civ<strong>il</strong>e protesta del voto, facendo <strong>il</strong><br />

mio nome simbolo <strong>di</strong> idealità liberale, la mia gratitu<strong>di</strong>ne indeleb<strong>il</strong>e» 23 .<br />

Non si capisce quale sia quest’assalto dell’ultima ora, né perché i voti da<br />

lui raccolti debbano considerarsi una «civ<strong>il</strong>e protesta»; piuttosto può essere<br />

«civ<strong>il</strong>e protesta» quella <strong>di</strong> una minoranza che, dopo la rumorosa campagna<br />

elettorale, ostinata sul nome del can<strong>di</strong>dato ufficiale, sceglie <strong>di</strong> votare per<br />

un’altra persona.<br />

Giuseppe Chiovenda per parte sua chiarisce <strong>di</strong> non poter essere<br />

considerato <strong>il</strong> can<strong>di</strong>dato cattolico nel collegio ossolano in un telegramma al<br />

«Corriere <strong>della</strong> Sera», spe<strong>di</strong>to l’8 marzo da Domodossola, ed <strong>il</strong> giornale,<br />

correttamente, pubblica un traf<strong>il</strong>etto, che dà sui nervi a «L’Ossola»: 24<br />

Il prof. Giuseppe Chiovenda dell’Università <strong>di</strong> Roma, sul cui nome si sono raccolti vari<br />

voti cattolici del collegio <strong>di</strong> Domodossola, ci telegrafa affermando <strong>di</strong> aver ivi rifiutato<br />

recisamente <strong>di</strong> porre la sua can<strong>di</strong>datura. Perciò i voti dati a suo nome non possono<br />

attribuirsi al colore politico <strong>di</strong> cattolico accennato dal «Corriere», «essendo noto che <strong>il</strong><br />

costituzionale Falcioni uscente era <strong>il</strong> solo can<strong>di</strong>dato, dopo le <strong>di</strong>chiarazioni fatte, e<br />

venne raccomandato agli elettori dalla <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong>ocesana <strong>di</strong> Novara a mezzo <strong>della</strong><br />

stampa.<br />

E «L’Ossola» nega: non è stato Falcioni <strong>il</strong> can<strong>di</strong>dato dei cattolici, santa<br />

ingenuità, prof. Chiovenda! e torna fuori l’anticlericalismo antico e vigoroso<br />

38


Le elezioni politiche del 1909 in Ossola<br />

ancora, spiegato e giustificato ad<strong>di</strong>rittura con <strong>il</strong> richiamo «al martirio <strong>di</strong> un<br />

Bruno e <strong>di</strong> Savonarola». Poi <strong>il</strong> giornale ricostruisce e banalizza i rapporti con<br />

<strong>il</strong> mondo cattolico, dal quale Falcioni non si è mai sognato <strong>di</strong> provocare<br />

<strong>di</strong>chiarazioni in suo favore; con doverosa cortesia, ad «una lettera<br />

privatissima» dell’arciprete <strong>di</strong> Domodossola ha risposto quello che<br />

«qualunque uomo <strong>di</strong> coscienza non avrebbe esitato a rispondere». Il<br />

pubblico «che ha buon senso sa <strong>di</strong>stinguere tra <strong>il</strong> rispetto alla religione, e<br />

l’antipatriottismo clericale, tra <strong>il</strong> Re e Sua Santità... libera chiesa in libero<br />

stato... la religione non è una setta... la maschera talare che nasconde anime<br />

<strong>di</strong> ipocriti e <strong>di</strong> corruttori... i preti, che raccomandano, non cercati» e via<br />

smaniando. Ora che le elezioni sono passate, la nomea o anche solo <strong>il</strong><br />

sospetto <strong>di</strong> cattolico (=clericale) danno un prurito insopportab<strong>il</strong>e ai laici de<br />

«L’Ossola», a Falcioni, a tutti i falcioniani.<br />

Ma «L’In<strong>di</strong>pendente», can<strong>di</strong>do, ripete che «unico can<strong>di</strong>dato clericale del<br />

Collegio <strong>di</strong> Domodossola era e fu l’avvocato Alfredo Falcioni» 26 ed anche<br />

Chiovenda, pur riconoscendo «le menti turbate dall’ingiustificato<br />

spavento», insiste:<br />

Come può dunque sul serio l’onorevole Falcioni, nella prosa ufficiale <strong>di</strong>retta agli<br />

elettori, gloriarsi d’aver respinto l’assalto dell’ultima ora? E nella prosa ufficiosa che<br />

segue, parlare <strong>di</strong> lavoro nell’ombra, <strong>di</strong> colpi nella schiena, <strong>di</strong> pericolo nero rivelatosi<br />

all’ultima ora? Non vi fu lavoro alcuno (come risulta dalla stessa irrisoria quantità dei<br />

voti), né alcuna sorpresa: vi fu <strong>il</strong> voto <strong>di</strong> pochi in<strong>di</strong>pendenti, già annunciato o preveduto<br />

dai giornali, come nel «Sempione» del 5 marzo e nella stessa «Ossola» del 6 marzo. E<br />

perché parla <strong>di</strong> clericalume e <strong>di</strong> pericolo nero questo vittorioso trionfatore <strong>di</strong> inesistenti<br />

avversari?.<br />

Completa <strong>il</strong> professore, che la polemica ha <strong>di</strong>stolto dai suoi stu<strong>di</strong> romani<br />

(e se ne duole):<br />

«Se l’«Ossola» avesse pubblicato (non dopo le elezioni, ma prima) che <strong>il</strong> Falcioni aveva<br />

r<strong>il</strong>asciato tali e tali <strong>di</strong>chiarazioni al rappresentante ufficiale del clero, molti <strong>di</strong> quelli che<br />

hanno votato pel Falcioni si sarebbero (a torto o a ragione) astenuti. Dunque,<br />

nascondendo quel fatto, si sono ottenuti voti che altrimenti sarebbero mancati. Altro<br />

che lavoro nell’ombra! 27<br />

«L’Ossola» non demorde; rincara la dose titolando in prima pagina<br />

l’articolo <strong>di</strong> fondo La vittoria <strong>di</strong> Falcioni e l’imboscata dei Padri Rosminiani<br />

e denunciando in cronaca l’esistenza <strong>di</strong> un «blocco clerico farmaceutico» 28 ,<br />

ma alla fine, ad evitare annunciati infortuni giu<strong>di</strong>ziari, <strong>il</strong> Direttore deve<br />

39


Edgardo Ferrari<br />

riconoscere che <strong>il</strong> giornale è «caduto in fallo» con apprezzamenti ingiuriosi,<br />

lesivi dell’onorab<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>ni e <strong>di</strong> professionisti, e quin<strong>di</strong> esprimere <strong>il</strong> più<br />

vivo rammarico per l’accaduto, dopo che è «trascorsa l’ebrezza <strong>della</strong> vittoria<br />

ed accertata la falsità delle informazioni pervenute» 29 .<br />

«L’Avvenire dell’Ossola» si è <strong>di</strong>vertito un mondo assistendo, non<br />

partecipe, alle <strong>di</strong>atribe ed ora, con educata ironia, tira la somma:<br />

Quin<strong>di</strong>ci giorni <strong>di</strong> animata <strong>di</strong>scussione e poi, <strong>di</strong>ceva taluno, chi se ne ricorda? C’è per<br />

altro una domanda che parecchi si sono fatta ragionando così: per l’appoggio avuto dal<br />

Governo l’On. Falcioni dovrebbe sedere al centro, le <strong>di</strong>chiarazioni esplicite al comitato<br />

<strong>di</strong>ocesano lo porterebbero alla destra <strong>di</strong> opposizione, ma i voti dei socialisti ed <strong>il</strong> loro<br />

affacendarsi lo mandano alla sinistra, e allora... dove siederà?<br />

Certo è che l’ultima polemica troppo personale e mal <strong>di</strong>retta, finita con una prudente<br />

ritirata non à giovato al nostro Deputato, à inasprito gli animi, aizzato i partiti, e<br />

preparato <strong>il</strong> terreno alla lotta nelle prossime elezioni.<br />

Sempre a titolo <strong>di</strong> semplice cronaca, come ci siamo imposti <strong>il</strong> compito fin da principio,<br />

riferiamo che per le future elezioni da tutti ritenute poco lontane, si prevede <strong>il</strong><br />

presentarsi <strong>di</strong> uno o fors’anche <strong>di</strong> due competitori.<br />

Pensiamo che l’On. Falcioni vorrà degnamente corrispondere alla fiducia in lui riposta,<br />

e coll’opera assidua cancellando la triste impressione delle ultime polemiche, saprà<br />

circondare <strong>il</strong> suo nome <strong>di</strong> stima e benevolenza 30 .<br />

Le competizioni elettorali sono, nonostante le previsioni, ancora lontane;<br />

l’on. Falcioni supera e cancella l’impressione negativa delle ultime polemiche.<br />

Nel 1911 è sottosegretario agli interni nel nuovo ministero Giolitti; per le<br />

elezioni del 1913, le prime a suffragio universale, sarà can<strong>di</strong>dato, sempre nel<br />

collegio <strong>di</strong> Domodossola, su proposta unanime dell’assemblea <strong>di</strong> tutti i sindaci<br />

ossolani, compresi quelli <strong>di</strong> fede socialista. Con 6.282 voti su 7.169 votanti gli<br />

elettori premieranno, senza riserve questa volta, la sua presenza politica 31 .<br />

40<br />

Note al testo<br />

1 «L’In<strong>di</strong>pendente», 10 febbraio 1909, n. 6. In questo periodo si pubblicano in Ossola, con<br />

regolarità, tre settimanali: «L’Ossola», fondato nel 1895, esce <strong>il</strong> sabato, liberale-conservatore,<br />

laico; «L’In<strong>di</strong>pendente» si pubblica <strong>il</strong> mercoledì dal maggio 1900, progressista, antagonista de<br />

«L’Ossola», e «L’Avvenire dell’Ossola», nato nel <strong>di</strong>cembre 1908, <strong>di</strong> tendenza anticlericale,<br />

socialista, ra<strong>di</strong>cale quanto basta, è in e<strong>di</strong>cola <strong>il</strong> giovedì. Tutti sottolineano nella cronaca la vita<br />

<strong>della</strong> valle, ma non mancano, con maggiore o minore frequenza a seconda dei momenti,<br />

aperture su temi <strong>di</strong> politica nazionale. Svolgono in sostanza, un ruolo importante nella<br />

formazione <strong>di</strong> uno spirito <strong>di</strong> corpo: l’ossolanità.


Le elezioni politiche del 1909 in Ossola<br />

2 L’attenuazione del non expe<strong>di</strong>t per le elezioni politiche nel 1904 aveva portato alcuni cattolici<br />

alla Camera, non certo un partito cattolico, inesistente. Ancora <strong>il</strong> 15 febbraio 1909<br />

«L’Osservatore Romano» avverte: «cattolici deputati sì, deputati cattolici no». Si tenga inoltre<br />

presente l’osservazione del Carocci: «Nei confronti dei cattolici Giolitti seguì una politica<br />

analoga a quella seguita nei confronti dei socialisti: lasciò che conquistassero fette sostanziose<br />

<strong>di</strong> potere a livello <strong>della</strong> società civ<strong>il</strong>e, ma ebbe la massima cura che, nella <strong>di</strong>rezione dello stato,<br />

<strong>il</strong> potere restasse saldamente in mano ai liberali.» (GIAMPIERO CAROCCI, Storia d’Italia<br />

dall’Unità ad oggi. Feltrinelli, M<strong>il</strong>ano 1975, p. 161).<br />

3 BENEDETTO CROCE, Storia d’Italia dal 1871 al 1915, Laterza, Bari 1962, p. 233.<br />

4<br />

GIACOMO PERTICONE, L’Italia contemporanea dal 1871 al 1948, Mondatori, M<strong>il</strong>ano 1962,<br />

p. 515 e pag. 467.<br />

5 DENIS MACK SMITH, Storia d’Italia dal 1861 al 1958, Laterza, Bari 1959, p. 388.<br />

6 G. CAROCCI, Storia d’Italia cit., p. 177.<br />

7 Si veda: UMBERTO CHIARAMONTE, Industrializzazione e movimento operaio in Val d’Ossola<br />

dall’Unità alla prima guerra mon<strong>di</strong>ale, Franco Angeli, M<strong>il</strong>ano 1985.<br />

8 «Falcioni seppe magistralmente coltivare <strong>il</strong> suo collegio, curandone gli interessi e <strong>di</strong>spensando favori<br />

a piene mani a tutti in<strong>di</strong>stintamente, a cominciare dal clero per finire all’um<strong>il</strong>e gente <strong>di</strong> montagna.»<br />

(RENZO MORTAROTTI, L’Ossola nell’età moderna, Grossi, Domodossola 1985, p. 585).<br />

9 «L’Ossola», 13 febbraio 1909, n. 7; 20 febbraio, n. 8 e 27 febbraio, n. 9. Il collegio elettorale<br />

<strong>di</strong> Domodossola è formato da tutti i comuni tra<strong>di</strong>zionalmente considerati ossolani, da<br />

Formazza al nord, fino a Mergozzo al sud. Conta poco meno <strong>di</strong> 7.500 iscritti nelle liste elettorali.<br />

10 «L’Avvenire dell’Ossola», 11 febbraio 1909, n. 6 e 25 febbraio, n. 8. Nel 1904 Falcioni ha<br />

ottenuto 2629 voti su 3186 votanti; <strong>il</strong> suo avversario, Vittorio Buttis, sindacalista, solo 437.<br />

Giuseppe Chiovenda (Premosello 1872-1937) è titolare <strong>della</strong> cattedra <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto processuale<br />

civ<strong>il</strong>e all’Università <strong>di</strong> Roma dal gennaio 1907. Sarà tra i primi firmatari del manifesto scritto<br />

da Benedetto Croce in risposta al Manifesto degli intellettuali fascisti e pubblicato sul quoti<strong>di</strong>ano<br />

romano «Il Mondo» del 1° maggio 1925 (cfr. NINO VALERI, La lotta politica in Italia dall’Unità<br />

al 1925, Le Monnier, Firenze 1958, p. 596). Per onorarlo Premosello ha assunto <strong>il</strong> suo cognome<br />

dal 1959.<br />

11 «L’In<strong>di</strong>pendente», 3 marzo 1909, n. 9.<br />

12 «L’Ossola», 6 marzo 1909, n. 10.<br />

13 L’enciclica Il fermo proposito si può leggere in Tutte le encicliche dei Sommi Pontefici, a cura<br />

<strong>di</strong> Eucar<strong>di</strong>o Momigliano. dall’Oglio, M<strong>il</strong>ano 1959, pp. 543-555.<br />

14 N. VALERI, La lotta politica in Italia, cit., p. 278. Giolitti aveva <strong>di</strong>chiarato alla Camera <strong>il</strong> 28<br />

maggio 1904: «Il principio nostro è questo, che lo Stato e la Chiesa sono due parallele che non<br />

devono incontrarsi mai.» E Croce aggiunge: «cosa che non escludeva che potessero<br />

41


Edgardo Ferrari<br />

bonariamente intendersi per smussare punti e togliere attriti» ed in<strong>di</strong>ca alcuni esempi avvenuti<br />

(B. CROCE, Storia d’Italia cit., p. 246).<br />

15 Nella lettera al Procuratore del Re, volta ad ottenere l’Exequatur, <strong>il</strong> prefetto <strong>di</strong> Novara, <strong>il</strong> 17<br />

settembre 1906, scrive: «Sono d’avviso che mons. Gamba sia prelato da non destare<br />

preoccupazione <strong>di</strong> sorta» (citato da: PIER LUIGI LONGO, Il cattolicesimo novarese dai «liberi fedeli<br />

onesti» ai «cattolici integrali», in «Ieri Novara Oggi», 3/1980, pag. 3).<br />

16 La bolla pontificia con la quale è concesso a don Pietro Tettoni <strong>il</strong> possesso del beneficio<br />

parrocchiale arcipreturale sotto <strong>il</strong> titolo dei S.S. Gervasio e Protaso <strong>di</strong> Domodossola, è in data<br />

6 settembre 1899; <strong>il</strong> decreto reale per l’Exequatur è del 27 marzo 1904 (in archivio <strong>della</strong><br />

parrocchia dei Santi Gervaso e Protaso <strong>di</strong> Domodossola(d’ora innanzi APD), b. 132, 27a, 4.<br />

17 Conosciamo <strong>il</strong> testo <strong>della</strong> lettera <strong>di</strong> don Tettoni solo per quel che ne pubblica «L’Ossola», 10<br />

marzo 1909, supplemento, n.11.<br />

18 APD, b. 98, 3/1.<br />

19 Citato in «L’In<strong>di</strong>pendente», 10 marzo 1909, n. 10.<br />

20 «L’Ossola», 6 marzo 1909, n. 10.<br />

21 «L’In<strong>di</strong>pendente», 10 marzo 1909, n. 10. A proposito delle «chiassate piazzaiole» compiute<br />

da «un gruppo <strong>di</strong> giovinotti, ai quali forse eransi uniti alcuni dei soliti teppisti», «L’Avvenire<br />

dell’Ossola» (11 marzo 1909, n. 10) fa notare che «giunti nelle vicinanze <strong>della</strong> chiesa<br />

parrocchiale vi trovarono i carabinieri, <strong>il</strong> perché lo sanno tutti».<br />

22 SERGIO ROMANO, Giolitti lo st<strong>il</strong>e del potere, Bompiani, M<strong>il</strong>ano 1989, p. 207. Romano<br />

completa l’informazione con questa post<strong>il</strong>la: «E quanto ai brogli elettorali si limitava a replicare<br />

ironicamente, come fece alla Camera <strong>il</strong> 31 marzo 1909: “Io ho osservato, come fenomeno<br />

costante, che da quando si fanno elezioni è sempre successo, che i can<strong>di</strong>dati respinti non<br />

vogliono essere respinti dalla volontà degli elettori, ma dalle violenze del Governo”».<br />

23 «L’Ossola», 10 marzo 1909, supplemento, n. 11.<br />

24 Riportato in «L’Avvenire dell’Ossola», 11 marzo 1909, n. 10. Alla scelta del «Corriere <strong>della</strong><br />

Sera», effettuata da Giuseppe Chiovenda per <strong>il</strong> chiarimento, che tanto gli sta a cuore, potrebbe<br />

aver contribuito, oltre alla <strong>di</strong>ffusione del quoti<strong>di</strong>ano, la campagna elettorale condotta dallo<br />

stesso in appoggio del Sonnino e dei suoi: <strong>il</strong> «Corriere» «era allarmato dalla presenza dei<br />

clericali». Si veda al proposito: GABRIELE DE ROSA, L’Azione Cattolica, vol. II, Laterza, Bari<br />

1954, p. 228.<br />

25 «L’Ossola», 10 marzo 1909, supplemento, n. 11.<br />

26 «L’In<strong>di</strong>pendente», 10 marzo 1909, n. 10.<br />

27 «L’In<strong>di</strong>pendente», 17 marzo 1909, n. 11.<br />

42


28 «L’Ossola», 13 marzo 1909, n. 11.<br />

29 «L’Ossola», 10 apr<strong>il</strong>e 1909, n. 15.<br />

30 «L’Avvenire dell’Ossola», 25 marzo 1909, n. 12.<br />

Le elezioni politiche del 1909 in Ossola<br />

31 Eletto deputato ancora nel 1919 e nel 1921, Falcioni è ministro, prima dell’agricoltura e poi<br />

<strong>di</strong> grazia e giustizia, nei governi Nitti del 1920. Non partecipa alle elezioni nel 1924 e viene<br />

nominato senatore con <strong>il</strong> marzo 1929.<br />

43


storia nazionale<br />

Antonio Labriola e la questione coloniale<br />

<strong>di</strong> Gian Mario Bravo<br />

Premessa<br />

Antonio Labriola e la questione coloniale<br />

L’attenzione italiana per la Libia, o meglio, per la Tripolitania e la<br />

Cirenaica, cominciò dopo la crisi <strong>di</strong> Tunisi negli anni ottanta<br />

dell’Ottocento; restò sopita nel corso dei lustri seguenti, anche e soprattutto<br />

a causa delle sciagure e del blocco dell’espansione nel Corno d’Africa: esplose<br />

a partire dall’avvio del Novecento. Già Giuseppe Mazzini, altri democratici<br />

e azionisti nel corso del Risorgimento s’erano posti <strong>il</strong> problema<br />

dell’espansione italiana in Africa, concentrando la riflessione, oltre che sulla<br />

strategica Tunisia, sulla Libia. Anche nel mondo socialista ci fu un <strong>di</strong>battito,<br />

sebbene ridotto e spesso confuso; più volte i socialisti, in Parlamento,<br />

sull’«Avanti!» e sui giornali locali presero posizione contro la «fregola <strong>di</strong><br />

avventure», che aveva animato la classe <strong>di</strong>rigente post-risorgimentale, tanto<br />

la destra che la sinistra parlamentare.<br />

«Tripoli - terra promessa» fu parola d’or<strong>di</strong>ne e d’incitamento che si<br />

affermò lentamente 1 ; ma, nonostante <strong>il</strong> confusionismo del socialismo, per<br />

qualche tempo non sollevò interessamento particolare nel paese. È da<br />

imputare invece ad Antonio Labriola, <strong>il</strong> più coerente, l’unico vero e<br />

riconosciuto marxista «teorico» italiano prima <strong>di</strong> Gramsci, ortodosso,<br />

sapiente e capace, cosmopolita e a contatto con la cultura socialista e<br />

marxista internazionale, un’originaria responsab<strong>il</strong>ità per aver spalancato le<br />

porte e le aspettative del movimento operaio e socialista per l’impresa <strong>di</strong><br />

Libia, che sarebbe stata realizzata, con enormi sacrifici, costi e drammi, e con<br />

straor<strong>di</strong>narie contrad<strong>di</strong>zioni interne nella sinistra, a partire dal secondo<br />

decennio del secolo 2 .<br />

1. Il socialismo, tramite i principali esponenti e <strong>di</strong>rigenti <strong>della</strong> Seconda<br />

Internazionale, fin dai suoi inizi organizzativi <strong>di</strong>scusse del problema coloniale,<br />

45


Gian Mario Bravo<br />

che, nei primor<strong>di</strong> del Novecento, <strong>di</strong>venne poi oggetto <strong>di</strong> vig<strong>il</strong>e considerazione,<br />

congiuntamente alle questioni <strong>della</strong> «pace e <strong>della</strong> guerra» e delle «riforme o<br />

rivoluzione», almeno fino alla débacle rappresentata nel 1914 dall’esplosione<br />

del conflitto. Due anni più tar<strong>di</strong>, nel 1916, trasse le sue conclusioni negative<br />

Lenin nell’Imperialismo, fase suprema del capitalismo. Il saggio faceva seguito<br />

a quanto aveva sostenuto, fin da 1902 nella sua «fondamentale opera<br />

sull’imperialismo» (così lo stesso Lenin) l’inglese John Atkinson Hobson, che<br />

ritenne <strong>di</strong> interpretare la politica imperialista del Regno Unito con la ricerca<br />

<strong>di</strong> sbocchi esterni per l’accumulazione del capitale, tema ulteriormente<br />

affrontato da Rudolf H<strong>il</strong>fer<strong>di</strong>ng nel Capitale finanziario, avente al suo centro<br />

l’analisi del ruolo delle potenze finanziarie e dalle gran<strong>di</strong> banche 3 . Il partito<br />

socialista e le varie tendenze che a esso fecero capo, fino allo scorcio del nuovo<br />

secolo, elaborarono una sorta <strong>di</strong> «ideologia anticoloniale», che mirava a<br />

scindere la responsab<strong>il</strong>ità dei popoli dal passato coloniale dei più importanti<br />

Stati europei e intendeva proporre una linea d’azione internazionalista, con<br />

connotati imme<strong>di</strong>atamente politici 4 . Marx, nel Capitale e negli stu<strong>di</strong> sulle<br />

economie precapitaliste, aveva affrontato le tematiche del colonialismo<br />

inglese, specie in In<strong>di</strong>a, e più in generale dell’arretratezza economica,<br />

correlandole allo sfruttamento capitalistico. Karl Kautsky quin<strong>di</strong>, sollecitato<br />

da Engels, aveva introdotto l’assunto dell’autoemancipazione del proletariato<br />

- o sottoproletariato - coloniale, quin<strong>di</strong> <strong>il</strong> problema <strong>della</strong> relazione<br />

intercorrente fra le aspettative <strong>di</strong> in<strong>di</strong>pendenza dei popoli coloniali in rapporto<br />

da un lato con l’egemonia dei paesi europei e degli Stati Uniti d’America e da<br />

un altro con l’allargamento dei processi rivoluzionari sul continente.<br />

Seguendo tale descrizione, la «vittoria» del proletariato in Ingh<strong>il</strong>terra avrebbe<br />

anche apportato la libertà e l’in<strong>di</strong>pendenza al popolo in<strong>di</strong>ano. Non si trattava<br />

<strong>di</strong> novità, per quanto concerneva <strong>il</strong> pensiero <strong>di</strong> Marx e <strong>di</strong> Engels. Essi avevano<br />

sempre tenute separate le rappresentazioni delle trasformazioni delle società<br />

capitalistiche rispetto a quelle delle formazioni economico-sociali<br />

precapitaliste. D’altra parte Engels, <strong>di</strong>scutendo sia con Kautsky sia con Eduard<br />

Bernstein negli anni <strong>della</strong> scomparsa <strong>di</strong> Marx sulla «questione egiziana»<br />

(mentre numerosi socialisti francesi avevano solidarizzato con i movimenti<br />

nazionalisti egiziani), sulla base <strong>di</strong> un solido realismo aveva messo in guar<strong>di</strong>a<br />

sul «sentimentalismo politico» <strong>della</strong> pubblicistica francese (a essa era associata<br />

quella italiana) per i pericoli costituiti dall’arretratezza economica e sociale e<br />

dal «tra<strong>di</strong>zionalismo dello sfruttamento esercitato da satrapi o pascià». Solo <strong>il</strong><br />

«proletariato vittorioso», riorganizzando le società civ<strong>il</strong>i, avrebbe trascinato<br />

con sé i paesi «semiciv<strong>il</strong>i» 5 :<br />

46


Antonio Labriola e la questione coloniale<br />

Quali fasi sociali e politiche, tuttavia, questi paesi devono trascorrere per giungere<br />

anch’essi all’organizzazione socialista, è una domanda alla quale credo si possa oggi<br />

rispondere solo con ipotesi oziose. Sono una cosa è certa: <strong>il</strong> proletariato vittorioso non<br />

può imporre la felicità a nessun popolo senza perciò minare la sua stessa vittoria.<br />

La socialdemocrazia internazionale, nell’epoca che precedette gli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

Hobson, mostrò <strong>di</strong> interessarsi <strong>della</strong> questione coloniale precipuamente per<br />

<strong>il</strong> suo collegamento con gli sv<strong>il</strong>uppi del capitalismo; le nefandezze <strong>di</strong> questo<br />

erano già state stu<strong>di</strong>ate da Marx e da Engels, e le socialdemocrazie le<br />

denunciavano, come faceva ad esempio quella tedesca attraverso <strong>il</strong> suo<br />

giornale, riassumendo <strong>il</strong> pensiero marxiano 6 :<br />

Colonizzare significa accumulazione <strong>di</strong> capitale: accumulazione del capitale significa<br />

accumulazione <strong>della</strong> miseria. È questo, riassunto in breve, <strong>il</strong> punto <strong>di</strong> vista <strong>di</strong> Marx, che<br />

è anche quello <strong>della</strong> socialdemocrazia sulla questione coloniale. È l’unico punto <strong>di</strong> vista<br />

che può assumere <strong>il</strong> proletariato cosciente.<br />

A fine secolo, nella sua con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> partito guida la socialdemocrazia<br />

tedesca valutò l’espansionismo nelle colonie un aspetto secondario rispetto ai<br />

temi <strong>della</strong> crescita capitalistica. Peraltro, più per motivi etici e passionali che<br />

non per me<strong>di</strong>tata scelta politica, <strong>il</strong> socialismo europeo a cavallo dei due secoli<br />

e nel quadro <strong>della</strong> Seconda Internazionale fu - con molte eccezioni: si pensi al<br />

caso <strong>di</strong> Leonida Bissolati e al <strong>di</strong>battito intorno alla Libia nel secondo decennio<br />

del Novecento - «strenuo oppositore» <strong>della</strong> politica coloniale, come bene<br />

<strong>di</strong>mostrò un celebrato <strong>di</strong>rigente tedesco e corrispondente <strong>di</strong> Labriola, August<br />

Bebel 7 . Ma la violenza dei nazionalismi, non solo europei, avrebbe presto fatto<br />

mo<strong>di</strong>ficare gli atteggiamenti precostituiti. Nella sostanza, l’evento del<br />

dominio coloniale non trovò soluzioni nella sinistra europea.<br />

Nella Seconda Internazionale furono frequenti le manifestazioni <strong>di</strong><br />

solidarietà per i popoli oppressi. L’organizzazione recepì <strong>il</strong> lascito <strong>della</strong><br />

Prima Internazionale, con posizioni che appartennero a Marx e a Engels<br />

sulla guerra civ<strong>il</strong>e americana e, quin<strong>di</strong>, sul sostegno del lungo e complesso<br />

processo <strong>di</strong> liberazione degli schiavi e dei neri d’America. In seguito, al<br />

congresso internazionalista <strong>di</strong> Londra del 1896 - che sancì anche la rottura<br />

definitiva fra marxisti, socialisti e anarchici - fu votata una risoluzione<br />

sull’integrale «autodeterminazione <strong>di</strong> tutte le nazioni»:<br />

Il congresso si <strong>di</strong>chiara per <strong>il</strong> pieno <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> autodecisione <strong>di</strong> tutte le nazioni ed<br />

esprime la propria simpatia agli operai <strong>di</strong> ogni paese oppresso attualmente dal giogo<br />

47


Gian Mario Bravo<br />

m<strong>il</strong>itare, nazionale o <strong>di</strong> un altro assolutismo; <strong>il</strong> congresso invita gli operai <strong>di</strong> tutti i paesi<br />

a schierarsi nelle f<strong>il</strong>e degli operai coscienti <strong>di</strong> tutto <strong>il</strong> mondo, al fine <strong>di</strong> lottare insieme<br />

con essi per abbattere <strong>il</strong> capitalismo internazionale e per realizzare gli obiettivi <strong>della</strong><br />

socialdemocrazia internazionale.<br />

Il colonialismo venne denunciato nello stesso tempo come una delle<br />

«forme <strong>di</strong> apparizione» del capitalismo, dello «sfruttamento capitalistico<br />

nell’esclusivo interesse dei capitalisti»: la condanna <strong>della</strong> «politica coloniale<br />

<strong>della</strong> borghesia» costituì la tendenza dominante, mentre, negli anni<br />

seguenti, numerosi socialisti, fra i quali anche Bernstein e Jean Jaurès, non<br />

cessarono <strong>di</strong> contestare la «barbarie coloniale» senza però mettere in<br />

<strong>di</strong>scussione <strong>il</strong> sistema coloniale 8 . In realtà, <strong>di</strong>visioni non marginali<br />

nell’universo socialista internazionale si ebbero a partire dal 1899 in<br />

occasione <strong>della</strong> guerra anglo-boera in Sudafrica; la grande maggioranza dei<br />

partiti socialisti (lo stesso Independent Labour Party) protestarono contro<br />

<strong>il</strong> governo inglese per la «guerra coloniale e capitalistica» delle classi<br />

dominanti, richiamando le deliberazioni <strong>di</strong> Londra. Tuttavia, la Società<br />

Fabiana - anche grazie a un intervento combattivo <strong>di</strong> Bernard Shaw -<br />

riven<strong>di</strong>cò la legittimità <strong>della</strong> guerra e chiese l’annessione <strong>della</strong> repubblica<br />

boera al Regno Unito, denunciando la necessità del ristab<strong>il</strong>imento dei <strong>di</strong>ritto<br />

per tutti e lo «schiavismo», <strong>di</strong> cui gli ere<strong>di</strong> degli antichi coloni olandesi erano<br />

fautori. Benché queste opinioni venissero presto percepite come un<br />

tra<strong>di</strong>mento, la questione sollevò un sofferto <strong>di</strong>battito nel movimento<br />

socialista internazionale e lo stesso Bernstein se ne fece interprete nei<br />

Presupposti del socialismo e i compiti <strong>della</strong> socialdemocrazia (1899). Pur nel<br />

quadro <strong>della</strong> condanna <strong>di</strong> ogni forma <strong>di</strong> colonialismo, erano reclamati un<br />

maggior «realismo politico» e una più precisa considerazione delle<br />

con<strong>di</strong>zioni geopolitiche dei paesi oggetto <strong>di</strong> analisi o <strong>di</strong> espansione. Si giunse<br />

infine al V congresso dell’Internazionale (Parigi, settembre 1900), che<br />

deliberò <strong>di</strong> affrontare <strong>il</strong> problema del colonialismo congiuntamente ai punti<br />

<strong>della</strong> pace fra i popoli e del m<strong>il</strong>itarismo 9 . Ma ormai incombeva la<br />

controversia sulla transizione dal colonialismo all’imperialismo, che ebbe<br />

modalità e interlocutori assai <strong>di</strong>versi. Ha scritto una nota stu<strong>di</strong>osa che solo<br />

con tale <strong>di</strong>battito <strong>il</strong> movimento socialista internazionale cercò <strong>di</strong> elaborare<br />

linee <strong>di</strong> azione in<strong>di</strong>pendente 10 :<br />

Dall’inizio del Novecento la Seconda Internazionale <strong>di</strong>scusse, marginalmente, a più<br />

riprese <strong>il</strong> tema, affrontandolo da un punto <strong>di</strong> vista etico-paternalistico (gli olandesi),<br />

o scientista-<strong>il</strong>luministico (i francesi), oppure esponendo <strong>il</strong> timore che l’espansione<br />

48


Antonio Labriola e la questione coloniale<br />

coloniale rafforzasse nella madrepatria i gruppi reazionari o sottraesse risorse ai bisogni<br />

dei ceti poveri (gli italiani).<br />

2. Con la sconfitta <strong>di</strong> Adua del 1° marzo 1896 si concluse la prima fase<br />

dell’espansionismo coloniale italiano e, nel paese, continuarono a essere<br />

vivaci le <strong>di</strong>scussioni e i movimenti riven<strong>di</strong>cazionisti, che anticipavano tesi e<br />

punti <strong>di</strong> vista che sarebbero poi state propri del nazionalismo e collegavano<br />

<strong>il</strong> colonialismo a necessità «demografiche», come avrebbe fatto in modo<br />

abbastanza organico alcuni lustri più tar<strong>di</strong> l’«imperialismo nazionale» 11 . Le<br />

argomentazioni politiche partivano da lontano, in particolare da Pasquale<br />

Turiello e, passate attraverso Crispi e Giolitti, giunsero a tanti intellettuali<br />

e letterati (si pensi al Giovanni Pascoli <strong>della</strong> «grande proletaria» che «si è<br />

mossa) e sarebbero confluite pressoché immutate nel fascismo.<br />

Anche Antonio Labriola - definito da Michels nella sua precoce Storia del<br />

marxismo (1909) l’«Engels del socialismo italiano» 12 (ma già Engels lo aveva<br />

qualificato un «marxista rigoroso») - si espresse in <strong>di</strong>verse occasioni nei suoi<br />

anni d’impegno, all’incirca dal 1989-1990, in un primo tempo in sintonia<br />

con gli ambienti socialisti, in epoche successive in ra<strong>di</strong>cale contrasto con la<br />

tra<strong>di</strong>zione <strong>della</strong> sinistra «<strong>di</strong> classe», nella quale egli malgrado ciò si<br />

riconobbe.<br />

Con un intervento, ortodosso e in linea con le opzioni politiche<br />

dell’Internazionale e dell’ancora imberbe socialismo nazionale, Labriola<br />

fece già nel 1890 alcune proposte <strong>di</strong> taglio positivista 13 sull’«impresa nel Mar<br />

Rosso» e sull’Eritrea, in una lettera inviata <strong>il</strong> 24 febbraio al deputato Alfredo<br />

Baccarini e pubblicata su un giornale <strong>di</strong> Firenze in<strong>di</strong> sul «Messaggero»<br />

qualche settimana dopo, su un «esperimento <strong>di</strong> socialismo pratico» 14 . Si<br />

doveva <strong>di</strong>scutere alla Camera dei Deputati la legge sull’«Or<strong>di</strong>namento <strong>della</strong><br />

Colonia Eritrea» ed era stata proposto, dal Baccarini, <strong>di</strong> concedere a società<br />

e a privati, fossero essi italiani, in<strong>di</strong>geni o stranieri, terreni demaniali <strong>di</strong> varia<br />

qualità e composizione.<br />

Per Labriola - nelle prime fasi <strong>della</strong> sua m<strong>il</strong>itanza marxista, dopo che da<br />

qualche anno ormai era ascritto al pianeta del socialismo - <strong>il</strong> problema dei<br />

socialisti non era <strong>di</strong> opporsi alla politica coloniale del governo, perché,<br />

ormai, la colonia Eritrea esisteva:<br />

In Africa tanto ci siamo e ci rimarremo. La opposizione che ra<strong>di</strong>cali e socialisti e<br />

citta<strong>di</strong>ni d’ogni parte fecero un pezzo a tutta l’impresa del Mar Rosso, come non valse<br />

49


Gian Mario Bravo<br />

a impe<strong>di</strong>re che laggiù ci si andasse, non è stata poi in seguito, né così forte, né così<br />

risoluta e precisa, da fare che quando si poteva se ne tornasse in tempo. Ormai tutti i<br />

rimpianti sono vani.<br />

Bisognava invece valutare la possib<strong>il</strong>ità che in Eritrea non crescesse «su<br />

tutto un nuovo sistema d’inverecondo sfruttamento» e non ne uscisse «una<br />

linea <strong>della</strong> peggior tra<strong>di</strong>zione <strong>della</strong> politica coloniale». Il d<strong>il</strong>emma era un<br />

altro. Si trattava <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare<br />

seriamente e fortemente <strong>il</strong> modo <strong>di</strong> or<strong>di</strong>nare la colonia: la qual cosa è, e sarà più grave<br />

negli effetti, che non l’essere andati e <strong>il</strong> non essere tornati. Il problema è vasto e<br />

scabroso. [...] Non è lecito proprio ora, in mezzo a questo gran moto e questa gran lotta<br />

<strong>della</strong> giovine Europa contro tutta la corrente del liberalismo economico, <strong>di</strong> piantare lì<br />

nell’Eritrea un sistema <strong>di</strong> proprietà nuova, con la sola scorta <strong>di</strong> qualche minuzzolo <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>ritto romano stantìo, e <strong>di</strong> due dozzine d’articoli <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ce civ<strong>il</strong>e?<br />

Discuteva in termini giuri<strong>di</strong>ci sul fatto che in Eritrea non esisteva la<br />

proprietà in senso tra<strong>di</strong>zionale: «Teniamo la terra a titolo <strong>di</strong> proprietà <strong>di</strong><br />

Stato, ed aspettiamo, stu<strong>di</strong>ando. Si faccia <strong>di</strong> creare un sistema <strong>di</strong><br />

coltivazione, o <strong>di</strong>retta o sussi<strong>di</strong>ata. Proviamo le forme <strong>della</strong> partecipazione<br />

o <strong>della</strong> cooperativa». Richiamava all’uopo <strong>il</strong> socialismo tedesco e la data<br />

cruciale del 1889, con la fondazione a Parigi dell’Internazionale Socialista;<br />

aveva battute ironiche e canzonatorie nei confronti dell’economista<br />

<strong>di</strong>sprezzato da sempre, Ach<strong>il</strong>le Loria (detestato e deriso congiuntamente<br />

anche da Engels, da Benedetto Croce e da una miriade <strong>di</strong> altri censori per<br />

giungere fino a Gramsci):<br />

Si prepari, l’ottimo mio collega Loria, ad aggiungere in una futura e<strong>di</strong>zione del suo<br />

eccellente libro sul capitale 15 , ai tanti che ha scritti, un nuovissimo capitolo, documento<br />

<strong>di</strong> esperienza paesana, sulla storia antisociale, antiumana, e anzi <strong>di</strong>rò cinica dell’iniquo<br />

sfruttamento che gli europei cristiani e civ<strong>il</strong>izzatori praticano da secoli sulla terra libera<br />

d’Africa, d’America o d’Australia.<br />

L’intento <strong>di</strong> Labriola andava nella <strong>di</strong>rezione - <strong>di</strong> cui a lungo si era <strong>di</strong>scusso<br />

nei congressi <strong>della</strong> Prima Internazionale e che si affacciava nei recenti<br />

<strong>di</strong>battiti <strong>della</strong> Seconda, ma che occupava cospicuo spazio nelle culture<br />

sociali mitteleuropee e anglosassoni - <strong>della</strong> soluzione cooperativistica, quale<br />

proposta <strong>di</strong> attuazione <strong>di</strong> una politica coloniale rispettosa dei princìpi del<br />

socialismo, opposta allo sfruttamento capitalistico e parimenti consapevole<br />

dei vali<strong>di</strong> interessi delle popolazioni assoggettate. Il <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> Labriola era<br />

50


Antonio Labriola e la questione coloniale<br />

in qualche modo assim<strong>il</strong>ab<strong>il</strong>e a quello che, da Budapest e Vienna, veniva<br />

negli stessi mesi avanzato dal socialista ungherese Theodor Hertzka. Questi<br />

nel suo Fre<strong>il</strong>and (Terra libera), con una sorta <strong>di</strong> utopismo concreto,<br />

rispettoso delle popolazioni locali, ipotizzava <strong>di</strong> costruire in Africa colonie<br />

comunitarie che organizzassero con concor<strong>di</strong>a e sistematicità i lavoratori -<br />

europei immigrati e locali - sia nella vita produttiva (eliminando lo<br />

sfruttamento e <strong>il</strong> profitto capitalistico) sia nella società civ<strong>il</strong>e, tramite un<br />

egualitarismo equo ma non esasperato. Lo spirito <strong>di</strong> Hertzka, umanistico e<br />

libertario, sollecitò in Europa molte adesioni, perché, in anni <strong>di</strong> accese<br />

contese colonialiste, sembrava prospettare una strada etica e solidale,<br />

compatib<strong>il</strong>e con l’ottica socialista. L’opera <strong>di</strong> Hertzka godette <strong>di</strong> ampia eco<br />

nell’associazionismo socialista internazionale, fu più volte tradotta e<br />

ristampata 16 ; lo stesso Labriola ebbe a tornare su <strong>di</strong> essa - con accenti critici,<br />

però - cinque anni più tar<strong>di</strong> nella Memoria sul Manifesto comunista 17 .<br />

Alle argomentazioni <strong>di</strong> Labriola rispose F<strong>il</strong>ippo Turati sulla sua nuova<br />

<strong>rivista</strong> m<strong>il</strong>anese, «Cuore e Critica»; tacciò <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo napoletano <strong>di</strong><br />

indeterminatezza e <strong>di</strong> utopismo, negando - con qualche ragione politica -<br />

ogni possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> sv<strong>il</strong>uppo al «socialismo sperimentale» 18 :<br />

La vostra idea mi pare geniale, ma essa è - o parmi - terrib<strong>il</strong>mente indeterminata. Io non<br />

sono africanista, neppure me<strong>di</strong>ocremente intinto <strong>di</strong> cose africane. Ma così, a occhio e<br />

croce, mi pare che, o codesta idea deve essere un <strong>di</strong>segno concreto, o non sarà nulla.<br />

E a farla concreta non potreste essere che voi, che ne siete <strong>il</strong> padre.<br />

Seguì la replica <strong>di</strong> Labriola, <strong>il</strong> quale <strong>di</strong>chiarò <strong>di</strong> non credere che lo «Stato<br />

borghese» fosse in grado <strong>di</strong> risolvere in alcun modo le necessità sociali delle<br />

classi subalterne; non<strong>di</strong>meno, un intervento sulla politica coloniale in<br />

Eritrea avrebbe potuto fornire un mezzo potente alla «propaganda<br />

socialista», soprattutto nei confronti dei velleitarismi dei democratici e dei<br />

ra<strong>di</strong>cali. Più specificamente, osservò:<br />

Credo poco alla fecon<strong>di</strong>tà, al valore economico, insomma, <strong>della</strong> Eritrea, fatta eccezione<br />

<strong>di</strong> alcuni punti. E gli esperimenti socialistici li ritengo in genere cosa <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e, chiunque<br />

li faccia: ma ciò non toglie che si <strong>di</strong>ca nettamente: delle due una; o l’Africa non può<br />

render nulla, e questa politica è iniqua affatto; o può rendere qualche cosa, e allora non<br />

vi affrettate a trasformare in legalmente commerciab<strong>il</strong>e la terra libera, non aprite la via<br />

al salariato; <strong>il</strong> meno che possiamo chiedervi è <strong>di</strong> favorire una cooperativa <strong>di</strong> lavoratori.<br />

[...] Convengo interamente con Voi [Turati], che la base del socialismo deve essere <strong>il</strong><br />

proletariato, non credo per nulla ai socialisti sem<strong>il</strong>iberali, ma ritengo imprescin<strong>di</strong>b<strong>il</strong>i<br />

51


Gian Mario Bravo<br />

due cose: che <strong>il</strong> proletariato deve essere <strong>di</strong>retto da chi capisce, e che per capire bisogna<br />

aver piena coscienza delle forze politiche <strong>della</strong> storia.<br />

Il beneventano Pasquale Martignetti informò Engels sulla <strong>di</strong>atriba, in<br />

particolare sulla questione, che stava soprattutto a cuore a Labriola, <strong>della</strong><br />

«terra libera», e gli richiese <strong>di</strong> formulare un giu<strong>di</strong>zio. Engels <strong>il</strong> 30 marzo<br />

rispose in tedesco da Londra al corrispondente, traduttore in italiano <strong>di</strong><br />

numerosi suoi scritti 19 , <strong>il</strong> quale a sua volta trasmise <strong>il</strong> testo <strong>della</strong> missiva a<br />

Turati, in una versione non letterale ma nella sostanza accettata dall’autore.<br />

Turati la pubblicò, in calce agli interventi <strong>di</strong> Labriola e suo, con <strong>il</strong> titolo<br />

L’opinione <strong>di</strong> Engels. Questi assunse una via interme<strong>di</strong>a e, nella sostanza,<br />

ravvisò nelle ipotesi <strong>di</strong> Labriola delle proposte serie, ma <strong>di</strong> assai ardua<br />

realizzazione. Scrisse Engels 20 :<br />

La più elevata domanda che si possa fare all’o<strong>di</strong>erno governo italiano è che esso<br />

<strong>di</strong>stribuisca la proprietà fon<strong>di</strong>aria nelle colonie a poveri conta<strong>di</strong>ni perché coltivino essi<br />

stessi, e non a monopolisti, in<strong>di</strong>vidui o compagnie. La piccola coltura è lo stato naturale<br />

e migliore delle colonie fondate oggi dai governi borghesi, e noi socialisti possiamo<br />

quin<strong>di</strong> appoggiare con buona coscienza la introduzione <strong>della</strong> piccola coltura nelle<br />

colonie già fondate. Se la proposta del prof. Labriola sarà eseguita è un’altra questione.<br />

Tutt’i governi attuali sono troppo venduti e sottomessi ai finanzieri e alla borsa, perché<br />

gli speculatori <strong>della</strong> finanza non si debbano impossessare anche delle colonie pel loro<br />

sfruttamento, e questo avverrà pur troppo anche con l’Eritrea. Si può non<strong>di</strong>meno<br />

lottare contro <strong>di</strong> ciò in questa forma: chiedere al governo che esso debba assicurare ai<br />

conta<strong>di</strong>ni italiani, che emigrino colà, i medesimi vantaggi che essi cercano e trovano<br />

in gran parte per Buenos Aires; chiedere cioè cre<strong>di</strong>to dello Stato, per gli emigranti<br />

nell’Eritrea, per la fondazione <strong>di</strong> società, cooperative, ecc.<br />

Engels non affrontò i temi inerenti propriamente la questione coloniale<br />

né quelli dei rapporti fra le popolazioni in<strong>di</strong>gene e i colonizzatori, anche <strong>di</strong><br />

parte «proletaria»: fu questo un atteggiamento piuttosto consueto agli esor<strong>di</strong><br />

<strong>della</strong> riflessione <strong>della</strong> Seconda Internazionale, che mutò nel tempo e con la<br />

percezione <strong>della</strong> consapevolezza dell’iniquità del colonialismo e perciò <strong>della</strong><br />

necessità <strong>di</strong> scendere in campo con politiche anticolonialiste 21 .<br />

3. Dopo Adua, la questione coloniale assunse una <strong>di</strong>mensione più<br />

drammatica, e anche uomini «miti» (<strong>Del</strong> <strong>Boca</strong> menziona ad esempio<br />

Pascoli), vicini al socialismo umanitario e «dei professori» - per ricordare la<br />

52


Antonio Labriola e la questione coloniale<br />

definizione ben nota <strong>di</strong> Paolo Spriano 22 - <strong>di</strong>vennero in vario modo nuovi<br />

cultori <strong>di</strong> un nuovo colonialismo nazionale. Fra essi ci fu nel 1897 anche<br />

Labriola, quando egli era unanimemente considerato l’unico marxista e<br />

socialista italiano in grado <strong>di</strong> confrontarsi con la <strong>di</strong>rigenza marxista e<br />

rivoluzionaria del socialismo internazionale, insomma, con gli epigoni e gli<br />

esecutori testamentari del lascito ideale <strong>di</strong> Marx e <strong>di</strong> Engels. Ciò avvenne, per<br />

<strong>di</strong> più, nel medesimo tempo in cui egli pubblicò i Saggi sul Materialismo<br />

storico, su Discorrendo <strong>di</strong> socialismo e <strong>di</strong> f<strong>il</strong>osofia, mentre si apprestava a<br />

controbattere, <strong>di</strong> lì a poco, revisionismo e revisionisti italiani e stranieri,<br />

quali Benedetto Croce, Georges Sorel, Thomas Masaryk, <strong>il</strong> sempre da lui<br />

bistrattato Francesco Saverio Merlino e in particolare, dopo <strong>il</strong> 1899, perfino<br />

l’antico amico Bernstein.<br />

L’occasione per una nuova esternazione fu, per Labriola, un <strong>di</strong>alogo<br />

pubblico svoltosi a Roma <strong>il</strong> 21 febbraio 1897 - insieme a lui parlò Leonida<br />

Bissolati - nella sala dei Lavoratori del Libro, in una manifestazione per<br />

l’in<strong>di</strong>pendenza <strong>della</strong> Grecia; <strong>il</strong> testo venne stampato sul «Mattino» <strong>di</strong> Napoli 23 .<br />

Evviva <strong>il</strong> Risorgimento ellenico, affermò Labriola nel meeting, ricollegando<br />

uno schietto nazionalismo al socialismo pacifista, cosmopolita ed<br />

emancipatore dell’Internazionale:<br />

Un gruppo <strong>di</strong> studenti mi pregava, giorni fa, <strong>di</strong> tenere una conferenza su Can<strong>di</strong>a. Mi<br />

rifiutai. Cotesto sport letterario mal s’ad<strong>di</strong>ce alla presente agitazione. È dover nostro <strong>di</strong><br />

stab<strong>il</strong>ire con risoluzioni esplicite quale sia la volontà precisa <strong>della</strong> nazione in questo<br />

momento. Noi siamo per la Grecia, contro la barbarie turca e contro le insi<strong>di</strong>e <strong>della</strong><br />

<strong>di</strong>plomazia ad un tempo.<br />

Continuò <strong>il</strong> <strong>di</strong>scorso prendendo atto <strong>della</strong> «catastrofe dell’Oriente»,<br />

mettendo in guar<strong>di</strong>a <strong>il</strong> governo italiano dall’adeguarsi ai giochi <strong>di</strong>plomatici<br />

delle gran<strong>di</strong> potenze, in particolare <strong>della</strong> Germania; constatò che, nei<br />

Balcani, gli Stati nazionali esercitavano una funzione contraria alla Turchia<br />

e «per noi» (socialisti e italiani) rappresentavano «<strong>il</strong> progresso». Nella foga<br />

retorica andò oltre ai valori <strong>della</strong> nazionalità e accennò alla Tripolitania,<br />

riven<strong>di</strong>cando la «legittimità» <strong>di</strong> una sua conquista, a detrimento <strong>della</strong><br />

Turchia. Si accodò perciò a quelle visioni <strong>di</strong> colonialismo e poi <strong>di</strong><br />

imperialismo demografico, che sarebbero <strong>di</strong>venute egemoni <strong>di</strong> lì a qualche<br />

anno anche in Italia e avrebbero aperto profonde brecce nel movimento<br />

socialista 24 . Dopo aver <strong>di</strong>feso con forza ed eloquenza negli anni precedenti<br />

(1893) sia l’emigrazione italiana sia l’internazionalismo socialista in<br />

occasione dei tragici fatti <strong>di</strong> Aigues-Mortes 25 , pervenne ora a sostenere 26 :<br />

53


Gian Mario Bravo<br />

Liqui<strong>di</strong>amo per ora la Turchia europea. Quella d’Asia, da Brussa e Bagdad,<br />

sopravviverà ancora un pezzo. In quei territori, fatta eccezione degli armeni, non v’è<br />

popoli che sian capaci <strong>di</strong> vera e propria autonomia politica. Su quel campo <strong>della</strong><br />

Turchia asiatica continuerà a esercitarsi l’influenza del capitale, del commercio e<br />

dell’industria europea, come a modo <strong>di</strong> conquista. In questa gara conquistatrice, che è<br />

sempre legittima là dove non sono nazionalità vitali, la parte che tocca all’Italia è in<strong>di</strong>cata<br />

da tutte le ragioni <strong>della</strong> opportunità e <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa: intendo <strong>di</strong>re <strong>di</strong> ciò che alla Turchia<br />

rimane in Africa, ossia la Tripolitania. Non brontolino i socialisti: anzi mettano sicuro<br />

<strong>il</strong> piede sulla terra ferma <strong>della</strong> politica. Noi abbiamo bisogno <strong>di</strong> terreno coloniale, e la<br />

Tripolitania è a ciò in<strong>di</strong>catissima. Pensino che duecentom<strong>il</strong>a proletari all’anno<br />

emigrano dall’Italia, senza in<strong>di</strong>rizzo e senza <strong>di</strong>fese, e ricor<strong>di</strong>no che non ci può essere<br />

progresso nel proletariato, là dove la borghesia è incapace <strong>di</strong> progre<strong>di</strong>re. Come la<br />

fortuna d’Italia decadde nel secolo XVI, da che <strong>il</strong> bacino orientale del Me<strong>di</strong>terraneo<br />

venne nelle mani dei turchi, e Portogallo e Spagna <strong>di</strong>schiusero la vie dell’Oceano, così<br />

ora la Turchia si sfascia e l’Oceano ci si è fatto vicino per la linea del Canale <strong>di</strong> Suez,<br />

noi ripigliamo nuovamente posto nella storia.<br />

L’argomentazione <strong>di</strong> Labriola risentiva, sicuramente, delle antiche e<br />

superate tesi <strong>di</strong> Engels (1849-1850), ma non approvate da Marx, sui «popoli<br />

senza storia» e non aventi la possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> costituirsi in «nazione»: tesi che<br />

Labriola recepiva strumentalmente, perché i movimenti <strong>di</strong> unità nazionale<br />

<strong>di</strong> Germania e d’Italia, per quanto manchevoli, avevano avuto successo, i<br />

nazionalismi d’Irlanda e <strong>di</strong> Polonia erano pur sempre vitali, e quin<strong>di</strong> altri<br />

nazionalismi erano immaginab<strong>il</strong>i e verificab<strong>il</strong>i 27 .<br />

La visione <strong>di</strong> Labriola fu connessa alla situazione dell’emigrazione del<br />

proletariato italiano. Egli non rinnegò <strong>il</strong> marxismo <strong>di</strong> appartenenza;<br />

piuttosto, lo sminuì perché lo applicò solo ai popoli sv<strong>il</strong>uppati ed evoluti<br />

economicamente. Furono invero analisi largamente <strong>di</strong>ffuse<br />

nell’Internazionale Socialista; vennero superate attraverso tensioni, trage<strong>di</strong>e<br />

ed eccezionali antinomie soltanto nei <strong>di</strong>battiti che prelusero alla rotture<br />

planetarie <strong>della</strong> sinistra negli anni venti ed ebbero una svolta decisiva<br />

nell’anticolonialismo, nei movimenti <strong>di</strong> liberazione nazionale dei popoli,<br />

nella successiva elaborazione del terzomon<strong>di</strong>smo. Per questo, a titolo<br />

meramente in<strong>di</strong>cativo, sono ricordati soltanto <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> Frantz Fanon e <strong>il</strong><br />

suo appello ai «dannati <strong>della</strong> terra» (quegli stessi Dannati <strong>della</strong> terra<br />

dell’inno, <strong>di</strong>ventato presto celeberrimo, L’Internationale, <strong>di</strong> Eugène Pottier,<br />

tradotto in italiano da Turati), per non in<strong>di</strong>care le scelte politiche,<br />

economiche e <strong>di</strong> governo, che caratterizzarono l’intera seconda metà del<br />

secolo XX 28 .<br />

54


Antonio Labriola e la questione coloniale<br />

La questione <strong>di</strong> Can<strong>di</strong>a e <strong>della</strong> forza nazionale <strong>della</strong> Grecia (nel 1897, nel<br />

corso <strong>di</strong> una guerra dall’esito <strong>di</strong>sastroso con la Turchia, <strong>il</strong> paese non riuscì<br />

a liberare Creta e rischiò <strong>di</strong> perdere l’intera Tessaglia) fu fra gli argomenti <strong>di</strong><br />

maggior preoccupazione per Labriola, come risulta anche dai suoi carteggi<br />

privati. A fine febbraio <strong>di</strong>sse brevemente all’amico e allievo Croce: «Non ti<br />

ho più scritto, perché <strong>di</strong> questi giorni fui sempre can<strong>di</strong>ota» 29 . Fu giustamente<br />

preoccupato, perché la «Critica Sociale», in un articolo e<strong>di</strong>toriale, quin<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

Anna Kuliscioff e <strong>di</strong> Turati, subito intervenne con precisazioni sulle<br />

posizioni del Partito socialista: l’insurrezione cretese «meritava» tutte «le<br />

nostre simpatie», tuttavia <strong>il</strong> movimento socialista non doveva intervenire -<br />

né con finanziamenti né con altri supporti («sangue», era detto con enfasi)<br />

nel conflitto armato, perché «<strong>il</strong> principio <strong>di</strong> nazionalità» avrebbe potuto<br />

«attizzare la guerra civ<strong>il</strong>e in ogni Stato d’Europa». Senza mezzi termini era<br />

chiamato in causa Labriola, però non citato, che nella conferenza del 21<br />

febbraio, «in nome <strong>di</strong> un ipotetico <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> conquista sui paesi dove non<br />

sono “nazionalità vitali”, ad<strong>di</strong>tava all’Italia Tripoli». Gli autori <strong>di</strong>chiararono<br />

in conclusione: «Noi non cre<strong>di</strong>amo che <strong>il</strong> Partito socialista possa essere<br />

notato d’ignoranza né <strong>di</strong> v<strong>il</strong>tà se, <strong>di</strong> fronte agli attuali governi, non sarà altra<br />

<strong>di</strong>visa che questa, categorica e breve: abbasso le mani!» 30 .<br />

Labriola reagì non bene all’attacco e alle accuse degli ambienti socialisti.<br />

Nello scambio epistolare con Croce, pregò <strong>il</strong> giovane amico <strong>di</strong> informarsi<br />

sulla faccenda e <strong>di</strong> leggere la <strong>rivista</strong> turatiana, con l’aspro commento: «Con<br />

tali mascalzoni non ci si può aver da fare» 31 . Con un intellettuale grecoitaliano,<br />

docente all’Istituto Orientale <strong>di</strong> Napoli, Costantino Triantaf<strong>il</strong>lis<br />

(1831-1913), egli continuò <strong>il</strong> <strong>di</strong>alogo sulla «causa ellenica». In una sua<br />

missiva del 5 marzo ribadì quanto già detto, esaltò <strong>il</strong> «rinascimento ellenico»,<br />

lamentò che le potenze europee fossero in<strong>di</strong>fferenti al dramma <strong>della</strong> Grecia,<br />

richiamò la «libertà» e la «democrazia» che animavano l’«iniziativa<br />

popolare», col «<strong>di</strong>ritto alla rivoluzione» contrapposto alle esitazioni <strong>della</strong><br />

«decadente Europa borghese». Concluse con parole forti, che<br />

implicitamente celavano lo spirito colonialistico e civ<strong>il</strong>izzatore che aveva<br />

caratterizzato le sue ultime decisioni. Fu del tutto chiaro 32 :<br />

Can<strong>di</strong>a non sarà più del Turco: e a breve andare, <strong>il</strong> Turco non sarà più signore in<br />

Europa. Voi, Elleni, avete dato <strong>il</strong> segnale. Slavi ed Armeni vi seguiranno. Il bacino<br />

orientale del Me<strong>di</strong>terraneo sarà per sempre riacquistato all’azione progressiva <strong>della</strong><br />

civ<strong>il</strong>tà. Senza rivoluzione, nessun progresso!<br />

55


Gian Mario Bravo<br />

La <strong>di</strong>scussione sulla libertà e sulla lotta contro l’Impero Ottomano<br />

coinvolse a fondo le <strong>di</strong>plomazie europee e i partiti socialisti. Soprattutto in<br />

Germania <strong>il</strong> <strong>di</strong>battito fu vivace e Kautsky stesso intervenne sul «Vorwärts!»,<br />

organo ufficiale <strong>della</strong> Spd, con un articolo su La questione orientale e la<br />

socialdemocrazia, osservando che la lotta contro i due sistemi imperiali e<br />

autocratici <strong>della</strong> Russia e <strong>della</strong> Turchia poteva avvenire attraverso <strong>il</strong><br />

rafforzamento degli «Stati balcanici cristiani» e che la «democrazia europea»<br />

doveva «contrapporsi in modo compatto». Labriola, ricevuto dall’amico<br />

austriaco <strong>il</strong> testo, subito gli fece conoscere la sua opinione 33 :<br />

Bravo! Era tempo che i socialdemocratici sapessero finalmente come devono pensarla!<br />

L’Italia arde PER la Grecia, e <strong>il</strong> governo è prigioniero dell’opinione pubblica. Io ho<br />

molto contribuito a ciò - senza <strong>il</strong> permesso dei socialisti ufficiali. Qui in Italia l’istinto<br />

politico è una forza reale.<br />

Procedette oltre nella sua <strong>di</strong>scussione polemica con i socialisti italiani e<br />

tedeschi (non con Kautsky); lo attestò una nuova lettera a Croce, in cui parlò<br />

del «calcolo» dei politici sconfitto dall’«altruismo» 34 :<br />

La peggior figura l’hanno fatta i socialisti tedeschi - e in capite <strong>il</strong> «Vorwärts!». Che ci<br />

siano in mezzo a loro molti piccoli borghesi Inhaber [possessori] <strong>di</strong> azioni delle banche<br />

cre<strong>di</strong>trici <strong>della</strong> Turchia si sa - ma che un grande partito si <strong>di</strong>a l’aria <strong>di</strong> non capire una<br />

situazione nuova perché Marx ed Engels 20 anni fa credevano ut<strong>il</strong>e la conservazione<br />

<strong>della</strong> Turchia contro l’invasione russa, è - via - cosa che rasenta <strong>il</strong> cretinismo.<br />

La faccenda continuò e Labriola perseverò nella propensione passionale<br />

f<strong>il</strong>oellenica, con molte concessioni anche ideali non allo spirito nazionale ma<br />

alle più viete forme <strong>di</strong> nazionalismo che, in Italia, parallelamente<br />

emergevano nelle cerchie intellettuali, nella sinistra democratica e in alcune<br />

frange del socialismo. Presentò un lungo resoconto delle vicende e delle sue<br />

ultime opinioni alla fidata amica Luise, compagna <strong>di</strong> Kautsky. Quivi,<br />

accanto ai nuovi sentimenti che lo stavano animando, erano anche incluse<br />

le antiche critiche sull’organizzativismo esasperato, sulla scarsa luci<strong>di</strong>tà e sui<br />

piccoli opportunismi e accomodamenti, che connotavano <strong>il</strong> socialismo <strong>della</strong><br />

penisola. Scrisse in quello che fu un effettivo rapporto privato 35 :<br />

È vero che i socialisti italiani (come <strong>di</strong>ce <strong>il</strong> «Vorwärts!») sono stati <strong>di</strong>scor<strong>di</strong> sulla<br />

questione greca: ma la <strong>di</strong>scor<strong>di</strong>a era su la carta. La massa dei socialisti si è mescolata<br />

all’agitazione senza riserve. Il giornale l’«Avanti!» ha accettata l’agitazione con molte<br />

56


Antonio Labriola e la questione coloniale<br />

riserve e circonlocuzioni, perché in una riunione tenuta qui, <strong>il</strong> Bissolati, che voleva un<br />

or<strong>di</strong>ne del giorno schiettamente socialista, fu battuto. Mentre la maggior parte dei<br />

volontari partiti, o che vogliono partire, sono socialisti, la commissione centrale del partito<br />

(M<strong>il</strong>ano) <strong>di</strong>chiara «che <strong>il</strong> partito in quanto partito (la settima grande potenza <strong>di</strong> Europa!)<br />

si <strong>di</strong>chiara neutrale». E in pari tempo la «Critica [Sociale]» ha scritto un articolo cinicoscettico-maligno<br />

nell’ultimo n.°: articolo che porta, come nelle occasioni solenni, la firma<br />

intera <strong>della</strong> <strong>di</strong>tta isterico-letteraria t.k. (ossia Turati-Kuliscioff). Queste riserve, queste<br />

gesuiterie, questo cinismo vogliono <strong>di</strong>re una cosa sola: pensiamo a FARE le elezioni.<br />

Perché ogni socialista che si rispetta deve essere in Italia per lo meno can<strong>di</strong>dato. Di fatti<br />

<strong>il</strong> nostro Ferri è can<strong>di</strong>dato in se<strong>di</strong>ci (<strong>di</strong>co 16) collegi.<br />

Dopo lo sfogo, Labriola passò ad alcune valutazioni <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne ideale sul<br />

socialismo e sull’internazionalismo: qui invero abbandonò ogni<br />

manifestazione <strong>di</strong> pro- o pre-colonialismo e tornò a essere <strong>il</strong> teorico<br />

ortodosso del marxismo, in grado <strong>di</strong> confrontarsi col marxismo<br />

internazionale. Continuò con una serie <strong>di</strong> domande non retoriche ma<br />

concrete, e offrì <strong>di</strong> per sé risposte molto chiare, senza comunque percepire<br />

l’inconc<strong>il</strong>iab<strong>il</strong>ità esistente con quanto aveva appena asserito sui problemi<br />

<strong>della</strong> civ<strong>il</strong>tà e <strong>della</strong> civ<strong>il</strong>izzazione:<br />

Per conchiudere. Oggi, come 24 anni fa, quando cadde la Internazionale, possiamo<br />

farci queste domande: 1) È possib<strong>il</strong>e <strong>di</strong> stab<strong>il</strong>ire le basi e le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> una politica<br />

internazionale del proletariato? 2) È possib<strong>il</strong>e <strong>di</strong> trovare in ciascuna nazione degli<br />

uomini tanto orientati su le con<strong>di</strong>zioni generali <strong>della</strong> politica, che i loro consigli<br />

possano formare i criteri <strong>della</strong> condotta internazionale? 3) Non è forse vero che le<br />

<strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> una politica internazionale consistono non soltanto nelle <strong>di</strong>verse con<strong>di</strong>zioni<br />

del proletariato, ma nella <strong>di</strong>fettosa intelligenza e nei pregiu<strong>di</strong>zi dei suoi <strong>di</strong>rettori? 4) O<br />

siamo entrati in un periodo <strong>di</strong> pausa nello sv<strong>il</strong>uppo del socialismo? (io credo <strong>di</strong> sì).<br />

In queste sintetiche domande, Labriola rientrava appieno nella<br />

tra<strong>di</strong>zione del socialismo internazionalista ed era in sintonia anche con<br />

l’ultimo Engels. Tuttavia, nello scritto traspariva con evidenza la sua<br />

concezione pessimista dell’evoluzione del socialismo, che sarebbe stata<br />

vieppiù accentuata dalle impreve<strong>di</strong>b<strong>il</strong>i e inaccettab<strong>il</strong>i - per lui - <strong>di</strong>visioni<br />

verificatesi nel <strong>di</strong>battito sulla revisione del marxismo nella democrazia<br />

sociale tedesca e mitteleuropea.<br />

Sulla questione <strong>della</strong> politica estera <strong>della</strong> nuova Italia, da queste<br />

incertezze e ambivalenze egli trasse la conclusione non tanto <strong>della</strong> scelta<br />

coloniale, ma del fatto che le terre d’Africa asservite alla Porta fossero libere<br />

e restassero alla mercé <strong>di</strong> chi volesse occuparle, perciò nella piena<br />

57


Gian Mario Bravo<br />

<strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>ità dello spirito «civ<strong>il</strong>izzatore» dell’Europa e in particolare dei<br />

movimenti socialisti.<br />

4. Piuttosto estranee al resto <strong>della</strong> bas<strong>il</strong>are produzione teorica e politica<br />

<strong>di</strong> Labriola, le idee sopra sintetizzate funsero praticamente da premessa per<br />

<strong>il</strong> testo <strong>della</strong> primavera del 1902 sulla «questione <strong>di</strong> Tripoli», che fece<br />

scandalo: eppure esso, tenuto conto dei suoi contenuti, non sembrò<br />

impressionare troppo l’opinione pubblica delle sinistre italiana ed europea.<br />

Labriola, già gravemente ammalato <strong>di</strong> cancro, con <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong><br />

comunicazione orale, continuò a essere attento alla politica e a preservare le<br />

antiche amicizie socialiste e marxiste, restando a esse fedele. Come accadde<br />

anche ad altre componenti del socialismo italiano, egli viceversa partecipò<br />

con foga al confronto - anzi, quasi lo avviò - sulla legittimità, per l’Italia, <strong>di</strong><br />

occupare la «quarta sponda». Il 13 apr<strong>il</strong>e 1902 un importante foglio <strong>di</strong> Roma<br />

pubblicò l’intervista da lui concessa ad Andrea Torre, e<strong>di</strong>ta, con la <strong>di</strong>dascalia<br />

«giu<strong>di</strong>zi <strong>di</strong> un socialista», sotto <strong>il</strong> titolo Tripoli, <strong>il</strong> socialismo e l’espansione<br />

coloniale 36 . L’intervista fu ampia e a tutto campo. Il giornalista pose<br />

domande precise, cui Labriola rispose in modo articolato.<br />

Il primo quesito <strong>di</strong> Torre concerneva l’opportunità e l’ut<strong>il</strong>ità <strong>di</strong><br />

un’«azione italiana a Tripoli, dal punto <strong>di</strong> vista nazionale», alla quale <strong>il</strong><br />

socialismo non avrebbe potuto «essere estraneo» 37 . La sezione iniziale <strong>della</strong><br />

risposta <strong>di</strong> Labriola fu <strong>di</strong> per sé chiara e senza infingimenti:<br />

Gli interessi dei socialisti non possono essere opposti agli interessi nazionali, anzi li<br />

debbono promuovere sotto tutte le forme. Gli Stati d’Europa [...] sono in continuo e<br />

complicato <strong>di</strong>venire, in ciò che ambiscono, conquistano, assoggettano e sfruttano in<br />

tutto <strong>il</strong> resto del mondo. L’Italia non può sottrarsi a questo svolgimento degli Stati che<br />

porta con sé uno svolgimento dei popoli. Se lo facesse, e potesse farlo, in realtà si<br />

sottrarrebbe alla circolazione universale <strong>della</strong> vita moderna; e rimarrebbe arretrata in<br />

Europa. Il movimento espansionista delle nazioni ha le sue ragioni profonde nella<br />

concorrenza economica.<br />

Labriola sollevò motivi legati al socialismo nel suo rapporto con le<br />

nazionalità e connessi allo svolgersi dei socialismi europei negli ultimi lustri<br />

del secolo e nel primo decennio-quin<strong>di</strong>cennio <strong>di</strong> vita <strong>della</strong> Seconda<br />

Internazionale. La <strong>di</strong>scussione seguiva alcune linee precise.<br />

1) Socialismo e questione nazionale. Il <strong>di</strong>battito, dalla fine <strong>della</strong> Prima<br />

Internazionale alle scelte <strong>della</strong> Seconda, era stato ampio 38 . Se <strong>il</strong> socialismo si<br />

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Antonio Labriola e la questione coloniale<br />

poneva <strong>il</strong> problema concreto dell’organizzazione nazionale, non avrebbe<br />

superato l’internazionalismo ma avrebbe collocato questo come secondo<br />

obiettivo. Di fatto, tesi analoghe potevano venir espunte da tutti gli scritti<br />

politici <strong>di</strong> Labriola ed erano conformi all’insegnamento <strong>di</strong> Engels e agli<br />

atteggiamenti dei <strong>di</strong>rigenti dell’Internazionale. Si trattava <strong>di</strong> comportamenti<br />

indotti da realismo politico, non ancora consapevoli degli andamenti<br />

successivi <strong>della</strong> trasformazione del colonialismo in imperialismo, quali si<br />

ebbero nelle correnti <strong>della</strong> sinistra <strong>della</strong> socialdemocrazia, a partire da Rosa<br />

Luxemburg per arrivare, in anni molto più avanzati, a Lenin, a Nikolaj I.<br />

Bucharin e a numerosi partecipi del <strong>di</strong>battito novecentesco. Comunque, <strong>il</strong><br />

presupposto <strong>di</strong> ogni ragionamento, a partire dal 1871-72 e dalla Critica<br />

marxiana del 1875 al Programma <strong>di</strong> Gotha <strong>della</strong> socialdemocrazia tedesca<br />

(resa pubblica solo a partire dal 1891), era che la nazione non solo esisteva,<br />

era un dato <strong>di</strong> fatto, ma costituiva anche <strong>il</strong> terreno primo su cui<br />

intraprendere la costruzione del socialismo.<br />

2) La formazione economica italiana, sebbene ancora attardata, era parte<br />

del contesto europeo degli Stati nazionali, quin<strong>di</strong> doveva fare i conti con <strong>il</strong><br />

<strong>di</strong>namismo degli altri paesi più maturi, non poteva restare arretrata,<br />

rischiando perciò <strong>di</strong> essere emarginata. Da queste riflessioni e da tali <strong>di</strong>battiti<br />

era scaturito l’interesse <strong>di</strong> Labriola per la questione coloniale.<br />

3) Questi elementi non contrastavano, quando non venivano esasperati,<br />

con le <strong>di</strong>namiche del socialismo coevo. Labriola cercò ripetutamente <strong>di</strong><br />

conc<strong>il</strong>iare <strong>il</strong> Marx del Capitale con lo sv<strong>il</strong>uppo del capitalismo e <strong>della</strong> classe<br />

operaia e con le necessità <strong>di</strong> un’estensione <strong>di</strong> questa anche al <strong>di</strong> là dei confini<br />

delle regioni evolute del pianeta. In seguito - soprattutto dopo i pericoli<br />

messi in luce dal mondo liberale più aperto, ad esempio, da Hobson -,<br />

all’interno del socialismo internazionale si levarono correnti che si posero<br />

obiettivi più avanzati. Fin dall’inizio del Novecento, Lenin, ad esempio,<br />

anche sbagliando nelle sue interpretazioni (ma gli errori furono r<strong>il</strong>evati solo<br />

decenni più tar<strong>di</strong>), anticipò le argomentazioni, oggetto degli stu<strong>di</strong><br />

sull’Autodecisione delle nazioni (1914) e, due anni dopo, sull’Imperialismo,<br />

in cui richiedeva l’autodeterminazione per i popoli coloniali e <strong>di</strong>pendenti,<br />

perché essa corrispondeva sia agli interessi <strong>di</strong> classe dei lavoratori degli Stati<br />

metropolitani sia a quelli dei popoli coloniali 39 .<br />

A questo punto, in Labriola fu determinante <strong>il</strong> fattore biografico. Nella<br />

primavera del 1902, a causa <strong>della</strong> malattia, cioè non solo per motivi politici<br />

o teorici, egli viveva chiuso in se stesso e non seguiva più con la precedente<br />

costanza <strong>il</strong> <strong>di</strong>battito politico. Si manifestò invece in lui con forza la<br />

59


Gian Mario Bravo<br />

componente <strong>il</strong>luministica e positivista. Cioè, <strong>il</strong> positivismo e lo scientismo,<br />

ai quali egli pur si era opposto con rigido vigore, emersero ora nel suo<br />

ragionamento, in cui faceva capolino la visione <strong>della</strong> missione civ<strong>il</strong>izzatrice<br />

e costruttiva dell’Europa, giustificatrice nei confronti dell’intervento nei<br />

confronti <strong>di</strong> popoli inferiori, tali perché erano rimasti estranei ai movimenti<br />

economici e materiali e alla crescita <strong>della</strong> civ<strong>il</strong>tà.<br />

L’intervista <strong>di</strong> Torre proseguiva. Labriola articolò ancora la sua risposta,<br />

introducendo le argomentazioni, a lui più congeniali, del rapporto tra la<br />

forza e lo Stato, <strong>della</strong> guerra tradotta anche in guerra civ<strong>il</strong>e e soprattutto dello<br />

«sfruttamento» capitalistico e globale posto in essere nelle società borghesi 40 :<br />

Non è possib<strong>il</strong>e, nelle con<strong>di</strong>zioni o<strong>di</strong>erne effettive degli Stati, che la concorrenza ceda<br />

<strong>il</strong> posto a una giustizia inerme e senza mezzi <strong>di</strong> coazione [...] e questo <strong>di</strong>co oggi a coloro<br />

che, per avversione a certe forme coattive <strong>di</strong> cui sono costretti a far uso gli Stati,<br />

preferiscono rinunziare a quel relativo progresso che nasce dal prender parte fattiva<br />

all’impetuosa concorrenza propria del nostro tempo [...]. Da noi è frequente la<br />

declamazione contro la guerra, mentre abbiamo continuo <strong>il</strong> fermento <strong>della</strong> guerra<br />

civ<strong>il</strong>e a casa nostra: da noi si protesta sempre contro le espansioni, mentre man<strong>di</strong>amo<br />

in tutto <strong>il</strong> mondo le forze vive dei nostri lavoratori in servizio del capitale straniero.<br />

La visione <strong>di</strong> Labriola collimò in realtà con quella dei Presupposti<br />

bernsteiniani, che appena due-tre anni prima egli aveva criticato con<br />

veemenza e meticolosità (ma senza entusiasmo, perché Bernstein era pur<br />

sempre <strong>il</strong> curatore del lascito testamentario <strong>di</strong> Marx). Inoltre, egli fu vicino<br />

- talora anticipandole - a posizioni presenti in correnti del socialismo italiano<br />

e soprattutto nel riformismo liberale e aperto, einau<strong>di</strong>ano più che non<br />

giolittiano, sostenuto ad esempio dalla torinese Rivista d’avanguar<strong>di</strong>a, «La<br />

Riforma Sociale» 41 . Avanzò perfino opinioni che, una manciata d’anni<br />

dopo, sarebbero state enunciate dal nazionalismo italiano 42 :<br />

E <strong>di</strong>co dalla papale, che invalida i titoli <strong>della</strong> nostra unità; dalla capitalistica, che asporta<br />

dall’Italia i profitti commerciali e industriali; e dall’operaia, che riduce in con<strong>di</strong>zioni<br />

<strong>di</strong> inferiorità all’estero i nostri emigranti.<br />

Il giornalista Torre ricordava a Labriola alcune sue parole del passato, che<br />

l’Italia «non può volontariamente sequestrarsi dalla storia». La conseguenza<br />

era dunque che <strong>il</strong> governo Giolitti, che godeva del supporto del partito,<br />

dovesse avere una politica <strong>di</strong>namica specie con riferimento a Tripoli.<br />

Labriola, che nell’ambito del movimento socialista restava contrario a<br />

60


Antonio Labriola e la questione coloniale<br />

Giolitti a causa dell’eccessiva cautela in tema <strong>di</strong> legislazione sociale (ed era<br />

per questo criticato tanto da Bissolati che da Turati) 43 , altro atteggiamento<br />

ebbe per quanto concerneva l’eventualità <strong>di</strong> una campagna coloniale.<br />

All’interno <strong>di</strong> un suo ragionamento piuttosto paradossale, notò che, se<br />

l’unità nazionale italiana si fosse compiuta all’inizio dell’Ottocento, anche<br />

l’Italia, come la Francia e l’Ingh<strong>il</strong>terra, sarebbe entrata nel novero delle<br />

potenze coloniali nel Me<strong>di</strong>terraneo e, dopo l’ apertura del canale <strong>di</strong> Suez,<br />

avrebbe potuto competere con le altre potenze per <strong>il</strong> predominio dell’Africa<br />

e anche per resistere all’«avanzarsi minaccioso <strong>della</strong> Russia» 44 .<br />

Labriola formulò ipotesi in termini <strong>di</strong> politica <strong>di</strong> potenza e <strong>di</strong> ragion <strong>di</strong><br />

Stato, alla pari del teorico tedesco Leopold von Ranke, che egli conosceva<br />

bene, al quale - correttamente sul piano dell’interpretazione - appena un<br />

anno prima aveva guardato come a un efficace reazionario 45 :<br />

Ranke sta con un piede nell’ancien [régime] e con l’altro nel mondo borghese. Fu un<br />

protestante aulico-concistoriale, e insaputamente estese ai perio<strong>di</strong> <strong>della</strong> storia quel<br />

concetto <strong>di</strong> Beruf (un che <strong>di</strong> me<strong>di</strong>o, vuole <strong>di</strong>re la parola, fra vocazione e missione), che<br />

sarebbe, per chi ci crede, la insegna etico-politica degli Hohenzollern.<br />

Il concetto <strong>di</strong> supremazia - <strong>di</strong> egemonia, si sarebbe detto in seguito - stava<br />

al <strong>di</strong> sopra <strong>di</strong> ogni cosa e decisione nella politica estera, necessariamente <strong>di</strong><br />

potenza, <strong>di</strong> uno Stato: in questo caso gli vennero a mancare l’analisi del<br />

marxista conseguente e l’umanesimo del socialista emotivo e solidale<br />

italiano. Fu <strong>di</strong> nuovo invece spiccatamente marcato da realismo positivista,<br />

che, nel suo caso, assunse toni impressionanti. Concluse questa sezione del<br />

ragionamento con ulteriori argomentazioni che nel futuro <strong>della</strong> politica<br />

coloniale e imperiale - ma da operetta - dell’Italia avrebbero avuto un<br />

significato funesto sul cosciente possib<strong>il</strong>e ingresso del paese nel contesto delle<br />

gran<strong>di</strong> potenze 46 :<br />

Ebbene noi siamo arrivati troppo tar<strong>di</strong> [all’unità nazionale] per prendere posizione <strong>di</strong><br />

predominio, e toccherà alla politica italiana <strong>di</strong> rassegnarsi a Tripoli, che certo non ci<br />

compensa né <strong>di</strong> Tunisi né dell’Egitto perduti per noi. Nel trentennio corso dal 1870<br />

in qua nemmeno la Triplice è valsa a darci carattere <strong>di</strong> potenza decisiva, e come la nostra<br />

politica africana non fu in fondo che un incidente <strong>della</strong> politica inglese, così tutto <strong>il</strong><br />

nostro atteggiamento nel mondo è <strong>di</strong>peso dalla Triplice, e ossia dalla necessità <strong>di</strong><br />

subirla prima, e dalla paura <strong>di</strong> perderla dopo. Affermarsi come potenza capace <strong>di</strong> una<br />

propria iniziativa, sarebbe per l’Italia - <strong>di</strong>rò in linguaggio un po’ f<strong>il</strong>osofico - come un<br />

cessare dall’essere un incidente e cominciare dall’essere un efficiente. Perciò la<br />

61


Gian Mario Bravo<br />

questione <strong>di</strong> Tripoli va giu<strong>di</strong>cata per noi come <strong>il</strong> primo saggio <strong>della</strong> nostra libera e<br />

cosciente apparizione nella politica mon<strong>di</strong>ale.<br />

Il commento del giornalista fu che <strong>il</strong> ministero Giolitti non aveva<br />

mostrato d’essere consapevole <strong>della</strong> complessità <strong>di</strong> tale azione e aveva vissuto<br />

in modo «empirico» e «ristretto» la politica coloniale, con le sue molte e tristi<br />

pagine. La risposta <strong>di</strong> Labriola fu allarmante 47 :<br />

Vi <strong>di</strong>rò solo che io ho molta fiducia che l’attuale ministero agirà bene nella questione<br />

tripolina, e un’ancora maggiore fiducia l’ho nelle circostanze. La politica liberale non<br />

ci ha alienata la Germania e pure ha ispirato maggior fiducia <strong>della</strong> Francia verso <strong>di</strong> noi.<br />

Il fatto sorprendente era che, mentre faceva le sue asserzioni, Labriola,<br />

nonostante gli impe<strong>di</strong>menti fisici, continuava a restare addentro alle vicende<br />

del <strong>di</strong>battito marxista. Per questo, <strong>il</strong> suo <strong>di</strong>stacco risultava essere più evidente.<br />

D’altra parte, <strong>il</strong> suo era un atteggiamento spesso con<strong>di</strong>viso e qualche volta<br />

ripreso in parte nel <strong>di</strong>battito nella Seconda Internazionale, in cui, come<br />

accadde dopo <strong>il</strong> 1896 e <strong>il</strong> congresso <strong>di</strong> Londra, <strong>il</strong> «sistema coloniale» venne in<br />

qualche modo accettato perché, introducendo <strong>il</strong> capitalismo in regioni e paesi<br />

arretrati se non selvaggi, esso costituiva pur sempre - secondo una lettura<br />

letterale e grossolana <strong>di</strong> Marx - un «fattore <strong>di</strong> progresso».<br />

Labriola proseguì nel suo ragionamento, notando che la politica <strong>di</strong><br />

alleanza con la Germania rappresentava un vantaggio per l’Italia, anche se<br />

essa sembrava aprire al Reich la via del Me<strong>di</strong>terraneo; ciò nonostante, la<br />

situazione era migliore che ai tempi <strong>della</strong> nascita <strong>della</strong> Triplice Alleanza ed<br />

era arrivato «<strong>il</strong> momento buono per una politica d’iniziativa». L’Italia<br />

doveva accettare i presupposti dell’ut<strong>il</strong>ità e dell’attuab<strong>il</strong>ità dell’impresa in<br />

Libia, doveva «rassegnarsi», <strong>di</strong>chiarò con qualche cinismo 48 .<br />

Quanto all’ut<strong>il</strong>ità, bisogna spiegarsi: certo che m<strong>il</strong>itarmente non ci compensa <strong>della</strong><br />

minaccia che per l’Italia e sopra tutto per la Sic<strong>il</strong>ia rappresenta la Tunisia armata dai<br />

francesi. La Tripolitania con tutta la Cirenaica è troppo in giù dalle gran<strong>di</strong> linee del<br />

Me<strong>di</strong>terraneo. Ma siccome non è ormai in poter nostro <strong>di</strong> togliere queste gran<strong>di</strong> linee<br />

né all’Ingh<strong>il</strong>terra, né alla Germania, né alla Francia, non ci resta che accomodarci a<br />

Tripoli. [...] Ci rassegneremo presto o tar<strong>di</strong> a pigliare quella parte <strong>della</strong> costa africana<br />

che rimane <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>e.<br />

In quanto politico, Labriola, al contrario del pragmatico Turati, non fu<br />

né lungimirante né particolarmente originale, e tese piuttosto ad assestarsi<br />

62


Antonio Labriola e la questione coloniale<br />

sulle posizioni prevalenti nell’Italia giolittiana, senza andar oltre <strong>il</strong> comune<br />

pensare superficiale <strong>della</strong> maggior parte dell’opinione pubblica e<br />

dell’informazione.<br />

Ammise ad<strong>di</strong>rittura che sarebbe sorta probab<strong>il</strong>mente sulle piazze e nel<br />

Parlamento l’opposizione dei democratici e <strong>di</strong> parte dei socialisti, e la sinistra<br />

sarebbe scesa in campo, perché non era coinvolta la <strong>di</strong>fesa del paese e i costi<br />

avrebbero potuto essere alti. Ma l’opposizione sarebbe stata più formale che<br />

non sostanziale. «In fondo», ribadì con presunzione (almeno per <strong>il</strong> suo essere<br />

socialista) e con reiterato cinismo, «con un po’ <strong>di</strong> garbo <strong>il</strong> governo troverà<br />

modo <strong>di</strong> far capire che la Tripolitania economicamente non è poi l’Eritrea» 49 .<br />

Ripetutamente, Labriola palesò scetticismo e in<strong>di</strong>fferenza, sfiducia nella<br />

sinistra, approvando non<strong>di</strong>meno le scelte - nel <strong>di</strong>battito del 1902 - del<br />

governo giolittiano. Insomma, notevoli furono le incoerenze in cui egli agì.<br />

Che si d<strong>il</strong>atarono quando egli, nelle ultime risposte alle domande del<br />

giornalista, si soffermò sull’ut<strong>il</strong>ità dell’impresa e sui suoi vantaggi<br />

economici. Il progetto costituiva un lavoro da completare per le generazioni<br />

future: un «compito nuovo da assolvere, che sarebbe quello <strong>di</strong> conquistare<br />

per colonizzare». Qui intervenne <strong>di</strong> nuovo <strong>il</strong> coefficiente demografico,<br />

rapportato all’eccezionale emigrazione italiana. La Tripolitania veniva vista<br />

come «terreno d’azione per <strong>il</strong> capitale e <strong>il</strong> lavoro italiano, data la nostra<br />

colossale emigrazione, che negli ultimi tempi è enormemente cresciuta». Per<br />

questo, insistette, «non sarebbe poi tanto antidemocratico, che lo Stato ora<br />

impiegasse le forze m<strong>il</strong>itari e finanziarie pubbliche in un’impresa che potesse<br />

poi incanalare per secoli le forze demografiche <strong>della</strong> nazione italiana» 50 .<br />

Il giornalista commentò la proposta definendola «vitale». Labriola<br />

sottolineò che egli intendeva parlare propriamente <strong>di</strong> colonizzazione, non <strong>di</strong><br />

acquisizione <strong>di</strong> un semplice sbocco commerciale 51 . La sua visione del<br />

colonialismo, più forse <strong>di</strong> quella dei nazionalisti democratici, fu affatto<br />

tra<strong>di</strong>zionalista: anticipò le valutazioni sull’impresa <strong>di</strong> Libia posteriori <strong>di</strong><br />

qualche anno e le giustificazioni <strong>della</strong> politica coloniale del fascismo 52 .<br />

La sezione più sconvolgente fu quella <strong>di</strong> chiusura, avente come<br />

sottotitolo Gli interessi nazionali <strong>della</strong> nuova Italia 53 . Quali sono questi<br />

interessi nazionali, chiese <strong>il</strong> Torre. La risposta fu ampia.<br />

Non bisogna trascurare questo aspetto complessivo e razionale. Il che importa<br />

parecchie cose. E prima <strong>di</strong> tutto <strong>il</strong> prestigio che viene all’Italia come nazione [...]. E poi,<br />

in secondo luogo, bisogna guardare al fatto <strong>di</strong> assicurarci dalla costa opposta del<br />

Me<strong>di</strong>terraneo quello che c’è <strong>di</strong> <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>e e che pure essendo <strong>il</strong> men buono <strong>di</strong> tutto<br />

<strong>il</strong> resto, ci garantisce <strong>di</strong> tutti i danni <strong>di</strong> una inevitab<strong>il</strong>e occupazione da parte <strong>di</strong> altra<br />

63


Gian Mario Bravo<br />

potenza. Ma sopra tutto poi bisogna iniziare un’opera continuativa <strong>di</strong> politica<br />

economica e <strong>di</strong> politica <strong>della</strong> popolazione, per cui l’Italia, anziché vedere <strong>di</strong>sperse le sue<br />

energie demografiche in tutte le parti del mondo, <strong>il</strong> che costituisce l’aspetto più tristo<br />

<strong>della</strong> nostra inferiorità nel mondo [...], possa invece stab<strong>il</strong>mente trasferirle in una<br />

regione non lontana come la Tripolitania, dove [...] ci sarebbe certo da sv<strong>il</strong>uppare la<br />

nuova Italia. [...] Qui sta <strong>il</strong> punto capitale: <strong>il</strong> che vorrà <strong>di</strong>re che la nostra impresa sarà<br />

vera, se oltre a portare in Tripolitania soldati e funzionari, appaltatori e monopolisti,<br />

noi troveremo la via e <strong>il</strong> modo <strong>di</strong> trasportarci i lavoratori. [...] Certo ci vorrà molta<br />

ab<strong>il</strong>ità, molto saper fare, molti aiuti, molti incoraggiamenti, molte concessioni per<br />

spingere in massa i nostri emigranti a rivolgersi verso la Tripolitania: <strong>il</strong> che vorrà <strong>di</strong>re<br />

che essi non sarebbero più emigranti, una volta che andrebbero a popolare una nuova<br />

patria.<br />

Apparvero in queste parole finali tutti i motivi più vieti <strong>della</strong> storia del<br />

colonialismo dei «popoli poveri» dell’Europa, apportatori non solo <strong>di</strong><br />

Civ<strong>il</strong>isation e <strong>di</strong> Kultur come quelle dei paesi ricchi, ma anche <strong>di</strong> emigrazione<br />

e <strong>di</strong> ricerca <strong>di</strong> una nuova patria. L’immagine <strong>di</strong> Labriola, dunque, non fu solo<br />

quella consueta del colonialismo nelle sue manifestazioni più superficiali<br />

ma, daccapo, egli richiamò i princìpi <strong>della</strong> politica dello Stato-potenza,<br />

costretto a intervenire, perché in caso contrario ci sarebbe stato un terzo ente<br />

- ad esempio, la Germania - a trarre dei vantaggi.<br />

Il Labriola teorico attuò nel suo Io una sorta <strong>di</strong> scissione intellettuale. La<br />

Germania e la cultura tedesca erano state e restavano al centro in modo<br />

sicuro <strong>della</strong> sua attenzione <strong>di</strong> socialista e marxista. La medesima Germania<br />

- alleata dell’Italia - suscitava i suoi timori, quando egli pensava alla necessità<br />

dell’espansionismo coloniale nazionale, che, ove non fosse stato realizzato,<br />

sarebbe stato invece affrontato con successo dal governo <strong>di</strong> Berlino sia nella<br />

<strong>di</strong>mensione coloniale sia come politica <strong>di</strong> intervento nel Me<strong>di</strong>terraneo in<br />

accordo con la Porta. Cioè, egli, volendo contrastare le potenze imperiali più<br />

chiuse dell’Europa, auspicò per l’Italia una politica estera ed espansionistica<br />

parimenti aggressiva.<br />

Un’altra questione complementare. La <strong>di</strong>scussione sull’inse<strong>di</strong>amento <strong>di</strong><br />

comunità europee in regioni africane o asiatiche non preluse soltanto a<br />

sbocchi colonialistici. Si abbia presente la parallela <strong>di</strong>scussione, tra la fine<br />

Ottocento e l’avvio del nuovo secolo, del e sul sionismo, per cui <strong>il</strong> ritorno<br />

alla patria eletta - Eretz Israel - tenne in genere in scarsa considerazione la<br />

presenza <strong>di</strong> un popolo <strong>di</strong>verso, ra<strong>di</strong>cato da secoli, inse<strong>di</strong>ato sulle terre<br />

palestinesi: rappresentarono delle eccezioni <strong>il</strong> sionista socialista e marxista<br />

Moses Hess e una minoranza <strong>di</strong> pochi altri m<strong>il</strong>itanti e pensatori israeliti. Da<br />

64


Antonio Labriola e la questione coloniale<br />

un altro lato, si riaffacciò in Labriola la <strong>di</strong>scussione sulle colonie comunitarie<br />

del socialismo utopista <strong>di</strong> fine Ottocento, che - si è accennato a proposito <strong>di</strong><br />

Hertzka - vedevano nell’occupazione soltanto pacifica e concordata <strong>di</strong> terre<br />

africane <strong>di</strong>sabitate da parte <strong>di</strong> lavoratori <strong>il</strong> modo per avviare una società<br />

vivib<strong>il</strong>e e comunista. Il modello, già richiamato dal Labriola «marxista»,<br />

degenerò in lui, nel 1902 e nel calare doloroso <strong>della</strong> sua esistenza, e lo indusse<br />

a sbocchi <strong>di</strong>vergenti, ultranazionalistici e patriottar<strong>di</strong>.<br />

5. Il socialismo italiano, così contrad<strong>di</strong>ttorio nelle sue <strong>di</strong>verse tendenze, si<br />

<strong>di</strong>vise poi apertamente sulla questione libica, ma al momento fu piuttosto<br />

critico, anche se con rispetto, nei confronti <strong>di</strong> Labriola; la spaccatura nel<br />

riformismo la si ebbe <strong>di</strong>eci anni più tar<strong>di</strong>, <strong>di</strong> fronte all’occupazione <strong>di</strong> Tripoli<br />

e alla guerra libica. Nell’imme<strong>di</strong>ato, prevalse la concretezza <strong>di</strong> Turati. La<br />

visione <strong>di</strong> Labriola rientrava nella prospettiva <strong>di</strong> attribuire all’Italia una politica<br />

estera attiva e invero venne così intesa da molti assertori del suo tempo: attiva<br />

per la <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> «potenza» dell’Italia, ma anche per sovvenire alle <strong>di</strong>fficoltà<br />

e al dramma dell’emigrazione. Inoltre, Labriola - a parte i molti e importanti<br />

collegamenti internazionali - fu un «isolato», che rispose sempre solo a se stesso<br />

delle proprie idee 54 . Infatti, <strong>il</strong> suo contributo al <strong>di</strong>battito nel marxismo<br />

internazionale continuò a essere riconosciuto, come risultò anche dal tributo<br />

offertogli, nel necrologio del 1904, da un esponente <strong>di</strong> spicco <strong>della</strong> sinistra<br />

socialista tedesca, quale Franz Mehring 55 . Ciò nonostante, le carenze <strong>della</strong> sua<br />

visione sulla politica espansionistica italiana restano, e furono sempre messe in<br />

luce dall’intelligentzija e dalla storiografia. Valgano, fra i tanti proponib<strong>il</strong>i, gli<br />

esempi <strong>di</strong> Togliatti e <strong>di</strong> Garin.<br />

Palmiro Togliatti, che fu tra i primi a riven<strong>di</strong>care l’originalità marxista e<br />

socialista <strong>di</strong> Labriola e a vedere in lui <strong>il</strong> precursore <strong>di</strong> Gramsci, nel 1935, nel<br />

Corso sugli avversari (o Lezioni sul fascismo) tenuto a Mosca, scoprì una sorta<br />

<strong>di</strong> «fatalismo rivoluzionario» e meccanicista nel marxismo <strong>di</strong> Labriola. «In<br />

Italia», <strong>di</strong>sse Togliatti, «se stu<strong>di</strong>ate a fondo <strong>il</strong> solo marxista che abbiamo avuto,<br />

Antonio Labriola, voi trovate in esso delle sfumature <strong>di</strong> questo fatalismo», che<br />

lo indusse a vedere nelle sv<strong>il</strong>uppo <strong>della</strong> borghesia capitalistica nazionale la<br />

premessa per l’avvio al socialismo. Continuò <strong>il</strong> <strong>di</strong>rigente comunista 56 :<br />

È su questa base che Labriola scivolò fino a legittimare la espansione italiana in Africa<br />

[...]. Noi dobbiamo, <strong>di</strong>ceva egli, sostenere questa espansione perché ci avvicina al<br />

socialismo. Voi vedete come in questa posizione non vi sia più nulla <strong>di</strong> marxista.<br />

65


Gian Mario Bravo<br />

Ciò, secondo Togliatti, non sminuì <strong>il</strong> poderoso contributo fornito da<br />

Labriola non solo al <strong>di</strong>battito ideale ma, con la sua critica, alla costruzione<br />

organizzativa del socialismo italiano.<br />

Eugenio Garin, nella voce Labriola per <strong>il</strong> Dizionario biografico del<br />

movimento operaio italiano 57 , mise in luce l’operosa e intelligente attività <strong>di</strong><br />

innovazione marxista svolta dal f<strong>il</strong>osofo, ma anche i suoi aspetti <strong>di</strong> ambiguità,<br />

specie se rapportati al prof<strong>il</strong>o basso ma alla coerenza maggiore <strong>della</strong> sua<br />

controparte <strong>di</strong> sempre, Turati. Manifestò senza sosta riserve e ironie nei<br />

confronti <strong>della</strong> confusa attività parlamentare dei socialisti italiani e denunciò<br />

la loro mancanza <strong>di</strong> iniziativa: e fu appunto tra i più fervi<strong>di</strong> sostenitori <strong>di</strong><br />

quell’espansionismo coloniale, che avrebbe marcato dolorosamente la vicenda<br />

italiana <strong>della</strong> prima metà del secolo XX. Mentre <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo restava aperto e<br />

immune da contaminazioni, nella pratica politica, separato dal movimento e<br />

solo, fu soggetto a «sca<strong>di</strong>menti d’improvvisazione», che ne avrebbero bollato<br />

parte dell’insegnamento. Tuttavia, le «sue opere restano vive e ricche <strong>di</strong> stimoli<br />

fecon<strong>di</strong>, nonostante ogni squ<strong>il</strong>ibrio fra <strong>il</strong> teorico e <strong>il</strong> politico».<br />

66<br />

Note al testo<br />

1 Rinvio ad ANGELO DEL BOCA, Gli italiani in Libia. Tripoli bel suol d’amore, 1860-1922,<br />

Laterza, Roma-Bari 1986, vol. I, specie pp. 3-38. In generale, cfr. NICOLA LABANCA,<br />

Oltremare. Storia dell’espansione coloniale italiana, Il Mulino, Bologna 2002, e WOLFGANG<br />

REINHARD, Storia del colonialismo, Einau<strong>di</strong>, Torino 2002. Sul <strong>di</strong>battito, cfr. OTTAVIO BARIÉ,<br />

Imperialismo e colonialismo, in Storia delle idee politiche, economiche e sociali, <strong>di</strong>retta da Luigi<br />

Firpo, Utet, Torino 1972, vol. V, pp. 652-727.<br />

2 Per un’interpretazione <strong>della</strong> posizione labrioliana <strong>della</strong> neo-destra, cfr. ENRICO LANDOLFI,<br />

Rosso imperiale. Le sorprese espansionistiche in A. Labriola e altri saggi, con introduzione <strong>di</strong> Mario<br />

Bernar<strong>di</strong> Guar<strong>di</strong>, Solfanelli, Chieti 1992; ID., L’idea <strong>di</strong> nazione e la politica espansionistica in un<br />

grande interprete del marxismo: A. Labriola, «Rassegna Sic<strong>il</strong>iana <strong>di</strong> Storia e Cultura», Palermo<br />

1998, n.5, pp. 63-78.<br />

3 JOHN ATKINSON HOBSON, Imperialism. A Study (1902), in ital. L’imperialismo, a cura <strong>di</strong> Luca<br />

Meldolesi, Newton, Roma 1996; RUDOLF HILFERDING, Das Finanzkapital (1910), in ital. Il<br />

capitale finanziario, con un’introduzione <strong>di</strong> Giulio Pietranera, Feltrinelli, M<strong>il</strong>ano 1976 3 . Cfr.<br />

la sezione Da un secolo all’altro. L’imperialismo, in ENZO SANTARELLI, Storia sociale del mondo<br />

contemporaneo. Dalla Comune <strong>di</strong> Parigi ai nostri giorni, Feltrinelli, M<strong>il</strong>ano 1982, pp.106-184.<br />

4 Seguo l’interpretazione <strong>di</strong> FRANCO ANDREUCCI, La questione coloniale e l’imperialismo, in<br />

Storia del marxismo. Volume II. Il marxismo nell’età <strong>della</strong> Seconda Internazionale, Einau<strong>di</strong>,<br />

Torino 1979, pp. 865-893.


Antonio Labriola e la questione coloniale<br />

5 Da una lettera <strong>di</strong> Engels a Kautsky, 12 settembre 1882, ibidem, p. 872.<br />

6 Da «Der Sozialdemokrat», 10 luglio 1884, ibidem, pp. 874-875.<br />

7 Ibidem: «Le argomentazioni riguardano soprattutto <strong>il</strong> ruolo <strong>di</strong> provocazione svolto dalla<br />

politica coloniale nelle relazioni internazionali; <strong>il</strong> peso negativo del b<strong>il</strong>ancio coloniale, povero<br />

<strong>di</strong> frutti consistenti, ma tradotto in imposte che colpiscono tutti i citta<strong>di</strong>ni; lo stimolo alle spese<br />

m<strong>il</strong>itari che deriva dalle imprese coloniali; la sottrazione <strong>di</strong> una fetta del b<strong>il</strong>ancio dello Stato dalla<br />

politica <strong>di</strong> riforme sociali. E, come sfondo <strong>di</strong> tutto ciò, l’intensificarsi <strong>della</strong> contrad<strong>di</strong>zione fra<br />

l’aumento <strong>della</strong> produzione e <strong>il</strong> restringersi dei mercati» (p. 877). Cfr. anche, MADELEINE<br />

REBÉRIOUX, Il <strong>di</strong>battito sulla guerra, in Storia del marxismo. Volume II, cit., pp. 895-935.<br />

8 Cfr. Storia del socialismo. Dal 1875 al 1918, a cura <strong>di</strong> Jacques Droz, E<strong>di</strong>tori Riuniti, Roma<br />

1974, vol. II, pp. 685-687.<br />

9 JULIUS BRAUNTHAL, Geschichte der Internazionale, Hannover, Dietz, 1961, vol. I, pp. 310-<br />

326. Sono menzionati i testi famosi <strong>di</strong> BERNARD SHAW, Fabianism and the Empire. A Manifest<br />

by the Fabian Society, London 1899, e <strong>di</strong> E. BERNSTEIN, Die Voraussetzungen des Sozialismus und<br />

<strong>di</strong>e Aufgabe der Sozialdemokratie, Stuttgart 1899 (cfr. l’e<strong>di</strong>z. ital. I presupposti del socialismo e i<br />

compiti <strong>della</strong> socialdemocrazia, con introduzione <strong>di</strong> Lucio Colletti, Laterza, Bari 1968).<br />

10 ENRICA COLLOTTI PISCHEL, Il colonialismo e la decolonizzazione, in Enciclope<strong>di</strong>a <strong>della</strong> sinistra<br />

europea nel XX secolo, E<strong>di</strong>tori Riuniti, Roma 2000, pp. 857 sgg.<br />

11 Così ROBERT MICHELS, L’imperialismo italiano. Stu<strong>di</strong> politico-demografici, Società E<strong>di</strong>trice<br />

Libraria, M<strong>il</strong>ano 1914.<br />

12 ID., Storia del marxismo in Italia, Mongini, Roma 1909.<br />

13 È comprovato dalla storiografia che Labriola fu un acceso critico del positivismo: fra gli stu<strong>di</strong><br />

esistenti, rinvio a FERDINANDO VIDONI, Labriola critico del positivismo e dell’evoluzionismo, in<br />

A. Labriola e la nascita del marxismo in Italia, Unicopli, M<strong>il</strong>ano 2005, pp.197-214. Tuttavia,<br />

nelle questioni dell’espansionismo coloniale italiano l’atteggiamento <strong>di</strong> Labriola fu fortemente<br />

influenzato da visioni positiviste.<br />

14 Cfr. lettera <strong>di</strong> Labriola a Baccarini, 24 febbraio 1890, e<strong>di</strong>ta in «Il Risveglio», Firenze, 9 marzo 1890,<br />

e ripresa da «Il Messaggero», Roma, 15 marzo 1890, ora in A. LABRIOLA, Scritti f<strong>il</strong>osofici e politici,<br />

a cura <strong>di</strong> Franco Sbarberi, Einau<strong>di</strong>, Torino 1973, vol. I: Una lettera a Baccarini (pp. 107-110).<br />

15 Labriola menziona la monografia <strong>di</strong> ACHILLE LORIA, Analisi <strong>della</strong> proprietà capitalistica,<br />

Bocca, Torino 1889, vol. I, congiunta all’altra, del medesimo anno, Le forme storiche <strong>della</strong><br />

costituzione economica, Bocca, Torino 1889. Rinvio a G. M. BRAVO, Marx ed Engels in Italia.<br />

La fortuna, gli scritti, le relazioni, le polemiche, E<strong>di</strong>tori Riuniti, Roma 1992, e a PAOLO FAVILLI,<br />

Storia del marxismo italiano. Dalle origini alla grande guerra, Franco Angeli, M<strong>il</strong>ano 1996.<br />

16 THEODOR HERTZKA, Fre<strong>il</strong>and. Ein sociales Zukunftsb<strong>il</strong>d, Pierson, Dresden - Leipzig 1890.<br />

La prima e<strong>di</strong>zione inglese ebbe un titolo leggermente <strong>di</strong>verso: Freeland. A Social Anticipation,<br />

Chatto & Windus, London 1891.<br />

67


Gian Mario Bravo<br />

17 Nel saggio In Memoria del Manifesto dei comunisti (1895), Labriola ironizzò sulle «forme<br />

sportive» del socialismo utopistico <strong>di</strong> Tienne Cabet, Edward Bellamy e Theodor Hertzka (i cui<br />

testi peraltro furono all’epoca assai più <strong>di</strong>ffusi <strong>di</strong> quelli <strong>di</strong> Marx): ora in A. LABRIOLA, Scritti<br />

f<strong>il</strong>osofici e politici, cit., vol. II, p. 516.<br />

18 Cfr. FILIPPO TURATI, La questione sociale e la colonia Eritrea, «Cuore e Critica», M<strong>il</strong>ano 16<br />

apr<strong>il</strong>e 1890, ora in A. LABRIOLA, Scritti f<strong>il</strong>osofici e politici, cit., vol. I, con titolo Le obiezioni <strong>di</strong><br />

Turati (pp. 110-113). Segue, nello stesso n. <strong>di</strong> «Cuore e Critica», la risposta <strong>di</strong> Labriola (ora in<br />

Scritti f<strong>il</strong>osofici e politici, cit., vol. I, con titolo La replica <strong>di</strong> Labriola (pp. 113-115) e la lettera<br />

<strong>di</strong> Engels a Pasquale Martignetti (ivi, p. 115).<br />

19 Lettere <strong>di</strong> Martignetti a Engels e <strong>di</strong> questi all’interlocutore italiano (in tedesco),<br />

rispettivamente del 26 e 30 marzo 1890, ora in K. MARX - F. ENGELS, Corrispondenza con<br />

italiani, 1848-1895, a cura <strong>di</strong> Giuseppe <strong>Del</strong> Bo, Feltrinelli, M<strong>il</strong>ano 1964, pp. 354-356. Le<br />

lettere furono anche l’occasione per l’avvio del carteggio <strong>di</strong> Engels con Labriola: cfr. la prima<br />

lettera del tedesco al f<strong>il</strong>osofo, 30 marzo 1890, ora in A. LABRIOLA, Carteggio. 1890-1895, a cura<br />

<strong>di</strong> Stefano Miccolis, Bibliopolis, Napoli 2003, vol. III, pp. 22-24.<br />

20 L’opinione <strong>di</strong> Engels, «Cuore e Critica», M<strong>il</strong>ano 16 apr<strong>il</strong>e 1890, ora in K. MARX - F. ENGELS,<br />

Scritti italiani, a cura <strong>di</strong> Gianni Bosio, E<strong>di</strong>zioni Avanti!, M<strong>il</strong>ano-Roma 1955, pp. 131-132.<br />

21 Cfr. F. ANDREUCCI, Engels, la questione coloniale e la rivoluzione in Occidente, «Stu<strong>di</strong> Storici»,<br />

Roma 1971, pp. 437-479; KARL KAUTSKY, La questione coloniale. Antologia degli scritti sul<br />

colonialismo e sull’imperialismo, a cura <strong>di</strong> Renato Monteleone, Feltrinelli, M<strong>il</strong>ano 1977.<br />

22 A. DEL BOCA, Gli italiani in Libia cit., vol. I, pp. 21-22; PAOLO SPRIANO, Storia <strong>di</strong> Torino<br />

operaia e socialista. Da De Amicis a Gramsci, Einau<strong>di</strong>, Torino 1980.<br />

23 Il <strong>di</strong>scorso del prof. Labriola, «Il Mattino», Napoli 23-24 febbraio 1897, ora, con titolo Per<br />

Can<strong>di</strong>a, in A. LABRIOLA, Scritti f<strong>il</strong>osofici e politici cit., vol. II, pp. 911-913.<br />

24 Sui temi dell’emigrazione, cfr. ROBERT PARIS, L’Italia fuori d’Italia (nell’ampia sezione<br />

L’emigrazione), in Storia d’Italia. Dall’Unità a oggi, Einau<strong>di</strong>, Torino 1975, vol. IV/1, pp. 525-<br />

620; inoltre, cfr. Il problema dell’emigrazione italiana tra Ottocento e primo Novecento a partire<br />

dalle pagine <strong>della</strong> «Riforma Sociale», «Annali <strong>della</strong> Fondazione Luigi Einau<strong>di</strong>», XXXII, Torino<br />

1998, pp. 39-161.<br />

25 A. LABRIOLA, Aigues-Mortes e l’Internazionale, e Ancora sui fatti <strong>di</strong> Aigues-Mortes (1893), in<br />

Scritti f<strong>il</strong>osofici e politici cit., pp. 187-191 e 197-201.<br />

26 Per Can<strong>di</strong>a cit., p. 913.<br />

27 Cfr. GEORGES HAUPT - CLAUDIE WEIL, L’ere<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> Marx ed Engels e la questione nazionale,<br />

«Stu<strong>di</strong> Storici», Bologna 1974, n. 2, pp. 270-324; G. HAUPT - MICHAEL LOWY - C. WEIL, Les<br />

marxistes et la question nationale, 1848-1914, L’Harmattan, Paris 1997 2 ; Miklós Molnár, Marx,<br />

Engels et la politique internationale, Gallimard, Paris 1975.<br />

28 FRANTZ FANON, I dannati <strong>della</strong> terra, Einau<strong>di</strong>, Torino 1962.<br />

68


Antonio Labriola e la questione coloniale<br />

29 Lettera <strong>di</strong> Labriola a Croce, 23 febbraio 1897, in A. LABRIOLA, Carteggio. 1896-1898, a cura<br />

<strong>di</strong> S. Miccolis, Bibliopolis, Napoli 2004, vol. IV, p. 291.<br />

30 Cfr. t.k. [FILIPPO TURATI - ANNA KULISCIOFF], La insurrezione <strong>di</strong> Can<strong>di</strong>a e i socialisti,<br />

«Critica Sociale», M<strong>il</strong>ano, 1° marzo 1897, pp. 65-67; cfr., <strong>di</strong> Miccolis, la nota 2 alle pp. 293-<br />

294 del cit. vol. IV del Carteggio.<br />

31 Lettera <strong>di</strong> Labriola a Croce, 5 marzo 1897, in Carteggio cit., vol. IV, p. 293.<br />

32 Lettera <strong>di</strong> Labriola a C. Triantaf<strong>il</strong>lis, 5 marzo 1897, in Carteggio cit., vol. IV, pp. 294-295:<br />

la lettera fu pubblicata con titolo La causa ellenica, in Ellade. Pubblicazione del Comitato Centrale<br />

Napoletano pro Can<strong>di</strong>a, Pierro e Veral<strong>di</strong>, Napoli 1897; cfr. le note <strong>di</strong> Miccolis, ibidem, p. 295.<br />

33 Lettera <strong>di</strong> Labriola a Karl Kautsky, 6 marzo 1897, in Carteggio cit., vol. IV, pp. 295-296.<br />

Kautsky firmò l’articolo Die orientalische Frage und <strong>di</strong>e Sozialdemokratie, «Vorwärts!», 4 marzo<br />

1897: cfr. le note <strong>di</strong> Miccolis, ibidem, p. 296.<br />

34 Lettera a Croce, 11 marzo 1897, ibidem, p. 297.<br />

35 Lettera <strong>di</strong> Labriola a Luise Kautsky, Privata, 13 marzo 1897, ibidem, pp. 298-303 (cit. pp.<br />

301-302).<br />

36 Cfr. l’intervista, a cura <strong>di</strong> Andrea Torre, Tripoli, <strong>il</strong> socialismo e l’espansione coloniale. Giu<strong>di</strong>zi<br />

<strong>di</strong> un socialista, «Giornale d’Italia», Roma 13 apr<strong>il</strong>e 1902, ora con titolo Sulla questione <strong>di</strong><br />

Tripoli, in A. LABRIOLA, Scritti f<strong>il</strong>osofici e politici cit., vol. II, pp. 957-964.<br />

37 Ivi, p. 957.<br />

38 Rinvio alla bibliografia sopra menzionata.<br />

39 LENIN, Sul <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> autodecisione delle nazioni (1914), e L’imperialismo, fase suprema del<br />

capitalismo (1916), in ID., Opere scelte, E<strong>di</strong>tori Riuniti, Roma 1965, pp. 487-540 e 569-672.<br />

40 Sulla questione <strong>di</strong> Tripoli cit., p. 958.<br />

41 Cfr. Una <strong>rivista</strong> all’avanguar<strong>di</strong>a. La «Riforma Sociale», 1894-1935. Politica, società,<br />

istituzioni, economia, statistica, a cura <strong>di</strong> Corrado Malandrino, Olschki, Firenze, 2000.<br />

42 Sulla questione <strong>di</strong> Tripoli cit., p. 958.<br />

43 Rinvio al sempre valido testo <strong>di</strong> GIAMPIERO CAROCCI, Giolitti e l’età giolittiana, Einau<strong>di</strong>,<br />

Torino 1991.<br />

44 Sulla questione <strong>di</strong> Tripoli cit., p. 959.<br />

45 A. LABRIOLA, Da un secolo all’altro (1901), in Scritti f<strong>il</strong>osofici e politici cit., vol. II, p. 852.<br />

46 Sulla questione <strong>di</strong> Tripoli cit., p. 959.<br />

69


Gian Mario Bravo<br />

47 Ivi, pp. 959-960.<br />

48 Ivi, pp. 960-961.<br />

49 Ivi, pp. 961-962.<br />

50 Ivi, p. 962.<br />

51 Ivi, p. 963.<br />

52 Richiamo ancora la monografia <strong>di</strong> A. DEL BOCA, Gli italiani in Libia cit., vol. I, passim.<br />

53 Ivi, pp. 963-964.<br />

54 Cfr. i giu<strong>di</strong>zi, ripetuti in luoghi <strong>di</strong>versi, da Ernesto Ragionieri, nel volume (postumo) <strong>della</strong><br />

Storia d’Italia. Dall’Unità a oggi, Einau<strong>di</strong>, Torino 1976, vol. IV/2 (specie nella sezione, Un<br />

riformismo senza riforme).<br />

55 Cfr. <strong>il</strong> necrologio A. Labriola, pubblicato sulla «Leipziger Volkszeitung» e subito ripreso dalla<br />

<strong>rivista</strong> teorica <strong>della</strong> Spd, «Die Neue Zeit», Stuttgart, XXII/1, 1904, pp. 585-588.<br />

56 PALMIRO TOGLIATTI, Corso sugli avversari (1935), in ID., Opere, 1929-1935, a cura <strong>di</strong> E.<br />

Ragionieri, E<strong>di</strong>tori Riuniti, Roma 1973, vol. III/2, pp. 623-624; inoltre, la sezione de<strong>di</strong>cata al<br />

f<strong>il</strong>osofo, in ID., La politica culturale, a cura <strong>di</strong> Luciano Gruppi, E<strong>di</strong>tori Riuniti, Roma 1974, pp.<br />

307-371.<br />

57 EUGENIO GARIN, Labriola, A., in Il movimento operaio italiano. Dizionario biografico, 1853-<br />

1943, a cura <strong>di</strong> F. Andreucci e Tommaso Detti, E<strong>di</strong>tori Riuniti, Roma 1977, vol. III, pp. 21-<br />

39 (la voce è ripresa nel cit. A. Labriola e la nascita del marxismo in Italia, pp. 233-256); cfr.<br />

anche i saggi <strong>di</strong> VALENTINO GERRATANA, Marxismo ortodosso e marxismo aperto in A. Labriola,<br />

e Realtà e compiti del movimento socialista in Italia nel pensiero <strong>di</strong> A. Labriola, «Annali», Istituto<br />

G. Feltrinelli, XV, M<strong>il</strong>ano 1973, pp. 554-580 e 581-607; ancora, ID., A. Labriola e<br />

l’introduzione del marxismo in Italia. Volume II cit. pp. 619-657 (parla delle «osc<strong>il</strong>lazioni<br />

interpretative» <strong>di</strong> Labriola, pp. 622-624).<br />

70


Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />

Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo:<br />

l’istituzione <strong>di</strong> ventisei provincie<br />

<strong>di</strong> Umberto Chiaramonte<br />

Premessa<br />

L’opinione unanime degli storici è che <strong>il</strong> fascismo, per la sua stessa natura<br />

autoritaria e totalitaria, sia stato contrario alle autonomie locali. D’altra parte,<br />

se l’autonomia locale è valutata «come una proiezione, una specie <strong>di</strong><br />

prolungamento delle libertà in<strong>di</strong>viduali» 1 , si comprende come le autonomie<br />

trovino spazio soltanto nel contesto <strong>di</strong> un potere autenticamente democratico.<br />

Ciononostante, <strong>il</strong> fascismo si pose <strong>il</strong> problema <strong>della</strong> riorganizzazione <strong>della</strong><br />

pubblica amministrazione e del decentramento, <strong>il</strong> quale rientra nelle<br />

riven<strong>di</strong>cazioni autonomiste. In questo saggio si verificherà se questo<br />

programma perseguito dal fascismo fu coerente con la valorizzazione delle<br />

autonomie locali; e si verificherà la tesi secondo la quale «<strong>il</strong> fascismo non aveva<br />

portato i postulati anti-autonomistici <strong>della</strong> sua concezione alle conseguenze<br />

estreme», in quanto «neppure nell’ambito dell’amministrazione locale lo stato<br />

fascista era stato totalitario fino in fondo» 2 . In sostanza, secondo Rotelli e altri,<br />

come Aquarone, <strong>il</strong> fascismo si sarebbe limitato a riorganizzare <strong>il</strong> sistema<br />

amministrativo, <strong>di</strong> decentrarlo per renderlo più «snello», economicamente<br />

efficiente e più vicino ai citta<strong>di</strong>ni, ponendo alla base una riforma <strong>della</strong><br />

burocrazia. Questi temi verranno sottoposti ad analisi attraverso lo stu<strong>di</strong>o del<br />

«caso» <strong>della</strong> creazione <strong>di</strong> ventisei nuove provincie che (assieme alla<br />

soppressione dei piccoli comuni e alla loro aggregazione a quelli più gran<strong>di</strong>),<br />

costituì <strong>il</strong> car<strong>di</strong>ne <strong>della</strong> politica <strong>di</strong> decentramento del fascismo.<br />

Continuità con <strong>il</strong> sistema liberale<br />

Preliminarmente è necessario rammentare che la riforma <strong>della</strong> pubblica<br />

amministrazione e <strong>della</strong> burocrazia era stata tentata dai governi liberali a<br />

cavallo <strong>della</strong> prima guerra mon<strong>di</strong>ale quando <strong>il</strong> parlamento prese in<br />

71


Umberto Chiaramonte<br />

considerazione la riforma dell’apparato statale con l’obiettivo <strong>di</strong> ridurre<br />

sprechi e incongruenze, ma anche <strong>di</strong> ammodernare lo Stato. Solo che le<br />

buone intenzioni <strong>di</strong> una prima commissione si arenarono per la elefantiaca<br />

composizione <strong>della</strong> stessa 3 . Non migliore sorte ebbe la legge n. 260 del 16<br />

marzo 1921 con la quale fu varata la costituzione <strong>di</strong> un’altra «commissione<br />

parlamentare d’inchiesta sull’or<strong>di</strong>namento delle amministrazioni <strong>di</strong> Stato e<br />

sulle con<strong>di</strong>zioni del personale». Per quanto interessa <strong>il</strong> tema qui scelto, va<br />

detto che la commissione si limitò a valutare <strong>il</strong> sistema amministrativo e la<br />

sua funzionalità all’interno <strong>di</strong> nuove e più aggiornate funzioni dell’apparato<br />

burocratico; e, in quest’ambito, <strong>di</strong>scusse sulla opportunità <strong>di</strong> ridurre <strong>il</strong><br />

numero delle prefetture, ma poi, tenuto conto <strong>della</strong> loro <strong>di</strong>stribuzione nel<br />

territorio, scelse la strada <strong>di</strong> lasciare immutato <strong>il</strong> numero delle 69 provincie<br />

costituite con l’unificazione nazionale. Propose una via <strong>di</strong> compromesso con<br />

<strong>il</strong> raggruppamento <strong>di</strong> alcune prefetture in una unità amministrativa cui<br />

avrebbe dovuto provvedere una sola prefettura; ma tali raggruppamenti<br />

furono «riconosciuti possib<strong>il</strong>i in zone geograficamente e demograficamente<br />

omogenee, con interessi affini» 4 . Più drastica fu la decisione sulle<br />

sottoprefetture, <strong>di</strong>slocate nei capoluoghi <strong>di</strong> circondario, che vennero<br />

giu<strong>di</strong>cate eccessive per numero e irrazionali per <strong>di</strong>stribuzione rispetto alla<br />

«esiguità delle funzioni loro attribuite». Per cui la commissione valutò<br />

l’opportunità <strong>di</strong> mantenerle solo nei territori isolati e lontani dai capoluoghi<br />

<strong>di</strong> Provincia, purché se ne aumentassero le competenze «senza però elevarle<br />

ad un rango speciale <strong>di</strong> vice prefettura». Questa commissione argomentò<br />

anche sulla concezione <strong>di</strong> decentramento in<strong>di</strong>viduandone tre forme:<br />

autarchico, burocratico e istituzionale. Sul decentramento autarchico,<br />

riferendosi all’ente Provincia, sostenne che da tempo era penetrato «nella<br />

pubblica coscienza la convinzione [...] <strong>di</strong> infondergli vita nuova, <strong>di</strong> renderlo<br />

strumento <strong>di</strong> decentrate funzioni statali da un lato, strumento integratore<br />

<strong>della</strong> grama vita dei nostri comuni minori dall’altro» 5 . Tenuto conto che <strong>il</strong><br />

testo unico <strong>della</strong> legge comunale e provinciale n. 148 del 4 febbraio 1915<br />

non aveva fatto passi avanti sulle competenze provinciali (che si mantennero<br />

circoscritte alle strade non comunali, agli esposti, ai pazzi e alle scuole<br />

superiori e tecniche), la commissione ritenne che occorresse uscire<br />

dall’equivoco: o la Provincia veniva abolita preferendole l’istituzione <strong>della</strong><br />

regione, o si mantenevano in vita entrambe, oppure si abbandonava l’antico<br />

progetto <strong>della</strong> regione mantenendo la Provincia come unico ente<br />

interme<strong>di</strong>o. Nei due ultimi casi fu ritenuta necessaria la rivitalizzazione<br />

dell’ente Provincia affidandole funzioni integratrici <strong>di</strong> quelle municipali,<br />

72


Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />

come le strade e la sanità, e «una larga autonomia che le consenta <strong>di</strong> prendere<br />

iniziative quante volte creda che un pubblico bisogno <strong>di</strong> carattere generale<br />

per la circoscrizione si manifesti e non dovrà parlarsi per esse <strong>di</strong> spese<br />

obbligatorie, ma <strong>di</strong> funzioni cui deve obbligatoriamente provvedere, e <strong>di</strong><br />

funzioni non obbligatorie» 6 . In sintesi, la commissione chiese che la<br />

Provincia <strong>di</strong>ventasse «un organo efficace <strong>di</strong> amministrazione locale<br />

decentrata», intesa in modo <strong>di</strong>verso dal decentramento burocratico che altro<br />

non era che <strong>il</strong> trasferimento in periferia degli uffici locali governativi. Questi<br />

ultimi non avrebbero mai inciso risolutivamente sull’autonomia locale fino<br />

a quando non si fossero assegnati ai funzionari locali i poteri <strong>di</strong>screzionali e<br />

la conseguente responsab<strong>il</strong>ità delle decisioni e degli atti. Quanto al<br />

decentramento burocratico si guardò al modello del selfgovernment<br />

dell’Ingh<strong>il</strong>terra, dove prevaleva «<strong>il</strong> concetto <strong>di</strong> concentrare <strong>il</strong> Governo, <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>scentrare l’amministrazione». Secondo la commissione, in Italia si era<br />

realizzato un sistema abnorme giacché gli uffici locali governativi avevano<br />

creato un’organizzazione pletorica che occorreva semplificare «nell’interesse<br />

supremo <strong>di</strong> una maggiore libertà, <strong>di</strong> un’amministrazione più ag<strong>il</strong>e, <strong>di</strong> una<br />

destinazione più proficua <strong>di</strong> quelle sudate imposte del pubblico<br />

contribuente che in gran parte non trovano proficuo impiego» 7 . L’ultimo<br />

tipo <strong>di</strong> decentramento, definito istituzionale, si realizzava ogniqualvolta lo<br />

Stato attribuiva ad istituti o a persone <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto pubblico senza base<br />

territoriale, funzioni esercitate prima <strong>di</strong>rettamente.<br />

Queste conclusioni, per quanto teoriche, consentono <strong>di</strong> prendere atto<br />

che, se non era mancato un progetto <strong>di</strong> modernizzazione nella classe politica<br />

liberale, sull’onda del contributo politico e tecnico dei partiti <strong>di</strong> massa, <strong>il</strong><br />

socialista e <strong>il</strong> partito popolare italiano, che ormai erano presenti nel governo<br />

locale con migliaia <strong>di</strong> consiglieri e <strong>di</strong> sindaci, mancò invece «una struttura<br />

sociale e un consolidamento dei rapporti politici dove si potesse poi tenere<br />

fede a questo impianto avanzato, dove le parole potessero <strong>di</strong>venire fatti» 8 . Ci<br />

fu un progetto <strong>di</strong> «adeguamento del sistema <strong>di</strong> governo locale alla crescita<br />

<strong>della</strong> società civ<strong>il</strong>e; dell’adeguamento del <strong>di</strong>ritto amministrativo alla<br />

rivoluzione giuri<strong>di</strong>ca che ha investito <strong>il</strong> <strong>di</strong>ritto privato» 9 , ma non ci fu la<br />

volontà politica <strong>di</strong> sburocratizzare la macchina amministrativa.<br />

Il repubblicano Oliviero Zuccarini dalle pagine <strong>della</strong> sua <strong>rivista</strong> «La<br />

critica politica», fondata nel 1921 per dare voce ad un <strong>di</strong>battito «critico» sulle<br />

autonomie locali, intravide <strong>il</strong> fallimento dei lavori nel permanente <strong>di</strong>ssi<strong>di</strong>o<br />

tra la commissione e <strong>il</strong> governo, giacché questi «sarebbe stato lo strumento<br />

passivo dell’alta burocrazia centrale e la commissione consultiva<br />

73


Umberto Chiaramonte<br />

parlamentare si sarebbe fatta eco <strong>di</strong> tutte le farmacie delle cittaduzze<br />

interessate a mantenere le sottoprefetture, le preture, ecc.; così l’uno e l’altra<br />

avrebbero <strong>di</strong>scordamente concordato nell’aumento <strong>della</strong> burocrazia e nella<br />

relativa spesa [...]. Parlamento e Governo sono organicamente incapaci ad<br />

affrontare e risolvere <strong>il</strong> problema <strong>della</strong> riforma burocratica» 10 . In realtà, una<br />

riforma burocratica avrebbe dovuto essere affrontata con una «volontà<br />

rivoluzionaria» affermante una cultura autonomista e antiparassitaria.<br />

Certamente non erano temi nuovi né fac<strong>il</strong>i da risolvere nel panorama <strong>di</strong> un<br />

<strong>di</strong>battito che aveva travagliato la nazione 11 , nel momento in cui si<br />

rafforzarono i fautori <strong>della</strong> regione, ai quali mancò <strong>il</strong> supporto <strong>di</strong> una vera<br />

maturazione dell’idea regionalista 12 .<br />

74<br />

La Provincia nella concezione fascista<br />

Volendo considerare <strong>il</strong> programma del fascismo sulle autonomie, non si<br />

può fare a meno <strong>di</strong> valutarlo molto generico. Tra «gli obbiettivi imme<strong>di</strong>ati»<br />

enunciati nel programma del 1921, al punto 2 era previsto «<strong>il</strong> decentramento<br />

amministrativo per semplificare i servizi e per fac<strong>il</strong>itare lo sfollamento <strong>della</strong><br />

burocrazia, pur mantenendo l’opposizione recisa ad ogni regionalismo<br />

politico» 13 . In un <strong>di</strong>scorso alla Camera (21 giugno 1921) Mussolini aveva<br />

rifiutato «<strong>il</strong> socialismo <strong>di</strong> Stato», e sul decentramento amministrativo aveva<br />

concesso una con<strong>di</strong>zionata apertura «purché non si parli <strong>di</strong> federalismo e <strong>di</strong><br />

autonomismo, perché dal federalismo regionale si andrebbe a finire al<br />

federalismo provinciale» spaccando l’unità <strong>della</strong> nazione 14 . Sebbene,<br />

dunque, Mussolini si fosse pronunciato contro <strong>il</strong> f<strong>il</strong>one del centralismo<br />

socialista 15 , non aveva reciso del tutto i legami con esso. Nei suoi programmi<br />

non vi era alcun accenno alle autonomie locali, e <strong>il</strong> suo progetto politico<br />

mirava soltanto al decentramento burocratico, con una visione opposta a<br />

quella dei cattolici popolari e dei socialisti impegnati nelle amministrazioni<br />

locali. Le stesse <strong>di</strong>chiarazioni contrarie ad una invadenza dello Stato<br />

nell’economia e nella vita sociale non scaturivano dall’adesione alla<br />

tra<strong>di</strong>zione liberale, ma erano strumentali all’acquisizione del consenso <strong>della</strong><br />

classe impren<strong>di</strong>toriale, desiderosa <strong>di</strong> meno lacci e lacciuoli, ma sensib<strong>il</strong>e<br />

all’intervento statale quando le crisi la minacciarono. Né deve trarre in<br />

inganno <strong>il</strong> cauto e breve <strong>di</strong>battito che la nuova <strong>rivista</strong> <strong>di</strong> Mussolini,<br />

«Gerarchia», ospitò all’inizio sulla formazione dello Stato. In uno <strong>di</strong> questi<br />

interventi, lo Stato fu ancorato a due car<strong>di</strong>ni: al potere legislativo, assunto


Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />

da un sistema epistemarchico, formato cioè «da quelli che più hanno la<br />

capacità tecnica <strong>di</strong> farle [le leggi] bene, dai veri competenti»; e<br />

all’amministrazione, che doveva limitarsi a «dare or<strong>di</strong>ni, cioè <strong>di</strong>sposizioni<br />

particolari e transitorie, relative ai singoli casi dati» 16 . In altri termini, si<br />

priv<strong>il</strong>egiò un tecnicismo che proponeva la legislazione e l’amministrazione<br />

dell’economia demandata ad organi decentrati regionali 17 . In un altro<br />

saggio, pur elogiando lo spirito autonomistico espresso dalla «Carta del<br />

Carnaro» <strong>di</strong> Gabriele D’Annunzio, si valutava quell’aspirazione come<br />

«aberrante» e <strong>di</strong> impossib<strong>il</strong>e applicazione, giacché le riforme non dovevano<br />

mirare a scar<strong>di</strong>nare lo Stato, ma a ricostruirlo con moderazione 18 . L’opera <strong>di</strong><br />

demolizione <strong>di</strong> quel poco <strong>di</strong> autonomia che lo Stato liberale aveva concesso,<br />

si concretizzò nel giro <strong>di</strong> pochi anni attraverso una serie <strong>di</strong> decreti, leggi e<br />

<strong>di</strong>rettive che interessarono tutti gli enti autarchici, comuni e provincie, gli<br />

organi elettivi ad essi connessi, la revisione delle stesse circoscrizioni<br />

territoriali comunali e provinciali, mo<strong>di</strong>ficando ra<strong>di</strong>calmente l’apparato<br />

amministrativo periferico 19 . Non è compito <strong>di</strong> questo lavoro ricostruire la<br />

legislazione che riguarda tutta la materia del decentramento, «complesso<br />

normativo davvero poderoso» 20 . Certamente <strong>il</strong> fascismo realizzò una<br />

drastica inversione <strong>di</strong> tendenza dando l’immagine <strong>di</strong> un esecutivo<br />

determinato, capace <strong>di</strong> sottrarsi ai con<strong>di</strong>zionamenti dei poteri forti e delle<br />

varie lobby.<br />

Il compito <strong>di</strong> portare a termine <strong>il</strong> rior<strong>di</strong>namento del sistema<br />

amministrativo e tributario che era stato stu<strong>di</strong>ato da commissioni prefasciste<br />

venne fac<strong>il</strong>itato dalla concessione a Mussolini dei pieni poteri 21 , che consentì<br />

<strong>di</strong> avviare una serie <strong>di</strong> leggi che aumentarono <strong>il</strong> centralismo dello Stato<br />

prendendo a pretesto l’efficienza amministrativa nel quadro <strong>di</strong> «nuove ed<br />

accresciute esigenze <strong>della</strong> vita nazionale». Sulla base del valore dell’unità<br />

nazionale come fondamento <strong>della</strong> nuova religione civ<strong>il</strong>e degli italiani, <strong>il</strong><br />

fascismo mirò a scoraggiare qualsiasi velleità centrifuga, e quin<strong>di</strong> abbandonò<br />

qualsiasi riforma e «ristrutturazione ra<strong>di</strong>cale dell’intero sistema politico<br />

italiano, [mirò] invece a presentarsi essenzialmente come <strong>il</strong> portatore <strong>di</strong><br />

un’esigenza <strong>di</strong> razionalizzazione del meccanismo amministrativo dello<br />

Stato» 22 . La strategia messa a punto dal fascismo ebbe inizio dalla periferia<br />

<strong>della</strong> nazione me<strong>di</strong>ante la promulgazione <strong>di</strong> una legge comunale e<br />

provinciale che ebbe come obiettivo quello <strong>di</strong> creare «uno Stato<br />

materialmente e moralmente forte, semplice nell’organizzazione, rapido nei<br />

movimenti, efficace nell’azione che comporta, in conseguenza, solida<br />

gerarchia, autorevolezza e prestigio dei suoi organi, libertà garantite dalla<br />

75


Umberto Chiaramonte<br />

<strong>di</strong>sciplina nell’interesse nazionale e <strong>della</strong> legge» 23 . Dalle enunciazioni<br />

contenute nella relazione allegata alla legge, tutta la riforma appare fondata<br />

su una concezione <strong>di</strong>rigistica <strong>della</strong> vita degli enti locali, giacché conferiva al<br />

governo la facoltà <strong>di</strong> determinare <strong>il</strong> numero dei circondari e l’ampliamento<br />

«considerevole» <strong>della</strong> competenza dei sottoprefetti nei circondari e la<br />

mo<strong>di</strong>fica del sistema <strong>di</strong> elezione <strong>della</strong> giunta provinciale amministrativa per<br />

assicurare la rappresentanza <strong>della</strong> minoranza. Se per i comuni finalmente si<br />

riconosceva l’auspicata classificazione secondo la popolazione e<br />

l’importanza, per la Provincia la relazione assegnava al governo la facoltà «<strong>di</strong><br />

decretare l’unione <strong>di</strong> due o più provincie» sia nel caso lo richiedessero i<br />

consigli provinciali interessati, sia per iniziativa governativa, e stab<strong>il</strong>iva la<br />

possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> <strong>di</strong>staccare i comuni da una Provincia per aggregarli ad un’altra<br />

«con determinate garanzie», che in realtà non furono mai esplicitate e<br />

rispettate. Prevedeva l’attenuazione <strong>della</strong> vig<strong>il</strong>anza sull’ente me<strong>di</strong>ante <strong>il</strong><br />

servizio ispettivo provinciale; dava la facoltà <strong>di</strong> istituire liberi consorzi, ma<br />

nello stesso tempo <strong>il</strong> prefetto aveva la potestà «<strong>di</strong> costituire coattivamente tali<br />

Consorzi» 24 .<br />

La legge nella teoria e nella prassi costituiva la continuità con la linea<br />

politica del periodo liberale, in quanto concedeva alcune aperture in<br />

funzione esclusivamente burocratica, ma che non si trattasse <strong>di</strong> vera riforma,<br />

ma piuttosto <strong>di</strong> semplice pulitura <strong>di</strong> facciata, lo sostennero persino alcuni<br />

stu<strong>di</strong>osi fascisti, i quali avrebbero preferito un ulteriore restringimento delle<br />

funzioni degli enti locali se si voleva creare davvero uno Stato forte e<br />

accentrato 25 . Questioni <strong>di</strong> punti <strong>di</strong> vista, giacché nel momento in cui si<br />

accrescevano alcune competenze dell’amministrazione locale, già si<br />

sottolineava la priorità a salvaguardare «le guarentigie in<strong>di</strong>spensab<strong>il</strong>i, a tutela<br />

<strong>della</strong> legge [...] nell’interesse superiore dello Stato». E infatti vennero<br />

aggravate le sanzioni repressive introducendo «l’istituto <strong>della</strong> sospensione<br />

delle amministrazioni comunali e provinciali e quello del prolungamento<br />

<strong>della</strong> gestione straor<strong>di</strong>naria fino ad un anno» a determinate con<strong>di</strong>zioni 26 . Sia<br />

Rotelli che Melis (più volte citati) hanno sostenuto la tesi secondo cui<br />

Mussolini non attuò una riforma propriamente fascista degli or<strong>di</strong>namenti<br />

locali, ma si limitò a rafforzare tendenze autoritarie. Se ciò risponde al vero,<br />

bisognerebbe <strong>di</strong>re quali forme <strong>di</strong> or<strong>di</strong>namento si configurano come<br />

totalitari.<br />

Venne soppressa l’elettività dei consiglieri comunali per introdurre la<br />

consulta municipale e fu decisa «una revisione generale delle circoscrizioni<br />

comunali per <strong>di</strong>sporne l’ampliamento o la riunione, o comunque la<br />

76


Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />

mo<strong>di</strong>ficazione all’infuori dei casi previsti», da effettuare entro due anni dalla<br />

entrata in vigore del r.d. n. 383 del 17 marzo 1927, e per <strong>di</strong> più, «senza<br />

l’osservanza <strong>della</strong> procedura prescritta». Furono soppressi oltre duem<strong>il</strong>a<br />

piccoli comuni aggregandoli ai centri più popolosi; furono ri<strong>di</strong>segnate le<br />

circoscrizioni <strong>di</strong> molti comuni e provincie senza alcun riguardo per le<br />

tra<strong>di</strong>zioni storiche, economiche e sociali delle «piccole patrie». La «strage»<br />

dei comuni non riguardò soltanto i più piccoli, «ma anche ragguardevoli<br />

centri, posti alla periferia <strong>di</strong> capoluoghi <strong>di</strong> Provincia, abbisognevoli (questi<br />

ultimi) <strong>di</strong> lustro... finanziario» 27 . La motivazione ufficiale fu che a fronte <strong>di</strong><br />

«nuove e accresciute esigenze <strong>della</strong> vita nazionale» 28 , occorreva porre termine<br />

«all’aumentato costo dei pubblici servizi». D’altra parte, Mussolini fu chiaro<br />

davanti al Parlamento:<br />

Procederemo al rior<strong>di</strong>no delle circoscrizioni municipali: novem<strong>il</strong>a Comuni in Italia<br />

sono troppi, vi sono Comuni che hanno 200, 300, 400 abitanti. Non possono vivere,<br />

devono rassegnarsi a scomparire e fondersi in più gran<strong>di</strong> centri 29 .<br />

Le nuove provincie nelle «terre redente»<br />

Ritornando alla tesi del fascismo continuatore, nella prima fase, del<br />

programma dei governi liberali, si deve affermare che ciò si realizzò con la<br />

conclusione <strong>della</strong> questione dell’assetto territoriale delle terre redente,<br />

istituendo nel 1923 le provincie che erano state progettate quando si pose<br />

<strong>il</strong> problema <strong>della</strong> riorganizzazione amministrativa del Trentino-Alto A<strong>di</strong>ge,<br />

del Friuli-Venezia Giulia e del territorio <strong>della</strong> Dalmazia che gravitava<br />

attorno a Zara. La gestione delle zone «liberate» era stata affrontata con una<br />

politica gradualista dal governo Orlando, che mantenne le preesistenti<br />

circoscrizioni territoriali, le tra<strong>di</strong>zioni e le autonomie locali in vigore con la<br />

dominazione austriaca, limitandosi ad assegnare le funzioni politiche e<br />

amministrative a governatori m<strong>il</strong>itari 30 . Creato <strong>il</strong> ministero per le Terre<br />

Liberate con <strong>il</strong> r.d. n. 41 del 19 gennaio 1919, <strong>il</strong> governo Nitti gestì <strong>il</strong><br />

passaggio dell’amministrazione alle autorità civ<strong>il</strong>i 31 . Con <strong>il</strong> decreto<br />

luogotenenziale n. 1081 del 4 luglio 1919 era stato costituito l’Ufficio<br />

centrale per le nuove provincie alla cui presidenza venne posto <strong>il</strong> senatore<br />

Francesco Salata, alle <strong>di</strong>rette <strong>di</strong>pendenze del presidente del Consiglio dei<br />

ministri. I compiti dell’Ufficio erano <strong>di</strong> curare i rapporti col comando<br />

m<strong>il</strong>itare che amministrava i territori occupati in via provvisoria, ma<br />

77


Umberto Chiaramonte<br />

soprattutto <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>sporre e stu<strong>di</strong>are la sistemazione politico-amministrativa<br />

delle nuove provincie fac<strong>il</strong>itando <strong>il</strong> passaggio «dallo stato <strong>di</strong> armistizio a<br />

quello <strong>di</strong> annessione», <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nare, dopo l’annessione e <strong>il</strong> trattato <strong>di</strong> pace,<br />

l’attività per assicurare uniformità <strong>di</strong> leggi e provve<strong>di</strong>menti nei nuovi<br />

territori. Gli stu<strong>di</strong> erano assicurati da una commissione consultiva <strong>di</strong>visa in<br />

due sezioni, una per la regione adriatica e un’altra per quella tridentina, con<br />

commissari che, essendo del posto, conoscevano i problemi locali 32 .<br />

Per <strong>il</strong> Trentino-Alto A<strong>di</strong>ge fu determinante <strong>il</strong> lavoro <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o e <strong>di</strong><br />

preparazione che portò avanti Ettore Tolomei, che <strong>di</strong>rigeva l’ «Archivio per<br />

l’Alto A<strong>di</strong>ge» e quin<strong>di</strong> aveva una buona conoscenza dei problemi dei<br />

territori, ma la sua azione fu deliberatamente a senso unico in quanto<br />

priv<strong>il</strong>egiò in modo esclusivo <strong>il</strong> criterio dell’italianizzazione del Sud Tirolo,<br />

assegnato all’Italia. Egli fu fortemente convinto <strong>della</strong> necessità <strong>di</strong> istituire<br />

una sola grande Provincia con capoluogo Trento, ritenendo che gli italiani<br />

dovessero pacificamente collaborare con i tirolesi 33 , avversò drasticamente<br />

l’istituzione <strong>di</strong> una Provincia atesina con Bolzano capoluogo e fu contrario<br />

a qualsiasi riven<strong>di</strong>cazione autonomista da parte delle minoranze per non<br />

dare a<strong>di</strong>to a «rivolte contro l’or<strong>di</strong>ne e la <strong>di</strong>sciplina nazionale» 34 . In piena<br />

restaurazione fascista, quando sarà costituita la Provincia <strong>di</strong> Bolzano,<br />

Tolomei giustificherà ulteriormente la primitiva posizione sostenendo che<br />

<strong>il</strong> suo obiettivo era l’assim<strong>il</strong>azione dell’Alto A<strong>di</strong>ge da parte degli italiani con<br />

una operazione che doveva partire da Trento e non da Roma 35 . Un’altra<br />

ragione che gli fece preferire la Provincia unica era basata sul convincimento<br />

che l’intera regione andava valutata come «marca <strong>di</strong> confine» dove le<br />

provincie, tanto più erano estese territorialmente, tanto meglio sarebbero<br />

state forti, soprattutto se rette da un governatore sull’esempio <strong>di</strong> quanto era<br />

stato attuato in Germania nel 1871 per l’Alsazia e la Lorena. A ben vedere,<br />

l’assim<strong>il</strong>azione dell’Alto A<strong>di</strong>ge fu argomentata non come una minaccia<br />

all’autonomia locale o alle minoranze linguistiche ed etniche, ma come un<br />

obiettivo <strong>di</strong> unità e <strong>di</strong> pacificazione che avrebbe consentito enormi vantaggi<br />

economici, oltre che politici.<br />

Il fascismo locale aderì a queste tesi prendendo una posizione nettamente<br />

ost<strong>il</strong>e alle autonomie del dominio austriaco nel Tirolo tanto che non<br />

tardarono a scatenarsi atti <strong>di</strong> violenza sin dal 1921, mentre in una riunione<br />

<strong>della</strong> federazione fascista del 6 apr<strong>il</strong>e 1922 fu votato un odg che chiedeva<br />

«l’abolizione <strong>di</strong> qualsiasi autonomia <strong>di</strong> carattere legislativo o<br />

amministrativo». Venne riba<strong>di</strong>ta e <strong>di</strong>fesa la costituzione <strong>di</strong> una Provincia<br />

unica per l’intera Venezia Tridentina, l’estensione <strong>della</strong> legislazione italiana<br />

78


Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />

nel territorio e quin<strong>di</strong> l’abrogazione <strong>di</strong> qualsiasi norma austriaca, fu votata<br />

la «lingua italiana esclusiva negli uffici statali e comunali» dove gli italiani<br />

erano la maggioranza <strong>della</strong> popolazione 36 . Qualche autore ha valutato queste<br />

richieste come nazionaliste «più nell’apparenza che nella sostanza», in<br />

quanto non si ponevano in contrasto con quelle degli altoatesini. Di fatto,<br />

i fautori dell’istituzione <strong>di</strong> una Provincia tirolese, che gravitavano attorno al<br />

giornale «Deutscher Verband», dovettero accettare l’ostracismo del<br />

fascismo locale che fu fatto proprio dal Gran Consiglio con una risoluzione<br />

che, ribadendo la scelta <strong>della</strong> Provincia unica <strong>di</strong> Trento, sentenziò che «pur<br />

con rispetto delle credenze e dei costumi e con <strong>il</strong> proposito <strong>della</strong> pacifica<br />

convivenza delle due stirpi, [<strong>il</strong> governo fascista] non intende affatto <strong>di</strong> dare<br />

garanzie <strong>di</strong> perpetuità al germanesimo nella regione atesina come sono state<br />

richieste dal Deutscher Verband ai governi passati» 37 .<br />

Per quanto riguarda la Venezia Giulia, già lo storico Arduino Agnelli ha<br />

ricostruito le vicende dell’autonomismo giuliano ricordando che la regione<br />

aveva usufruito <strong>di</strong> una certa autonomia amministrativa sotto gli austriaci 38 .<br />

La regione fu <strong>di</strong>visa in Distretti mantenendo sostanzialmente le<br />

circoscrizioni storiche <strong>di</strong> quei territori 39 . Trattando la formazione delle<br />

provincie nelle «terre redente» non è possib<strong>il</strong>e prescindere dai lavori <strong>della</strong><br />

commissione dei 26 dell’Ufficio centrale delle nuove provincie, presieduto<br />

da Francesco Salata 40 , <strong>il</strong> quale, contrariamente a quanto fece Tolomei, <strong>di</strong>fese<br />

<strong>il</strong> rispetto delle autonomie locali sostenendo che le leggi <strong>di</strong> annessione le<br />

avevano riconosciute «in forma indubbia come sussistenti, e quin<strong>di</strong><br />

sopravviventi al crollo dell’Austria», autonomie che «non [erano] largizione<br />

<strong>di</strong> princìpi stranieri, ma patrimonio connaturato con le nostre piccole patrie<br />

e del quale la grande Patria non ha bisogno <strong>di</strong> insospettirsi» 41 . Nel 1921 la<br />

commissione aveva proposto <strong>il</strong> riconoscimento <strong>di</strong> «tre circoscrizioni<br />

elettorali - la goriziana, la triestina e l’istriana -, le quali corrispondevano alla<br />

sud<strong>di</strong>visione austriaca <strong>della</strong> regione in Principesca Contea <strong>di</strong> Gorizia e<br />

Gra<strong>di</strong>sca, Trieste e <strong>il</strong> suo territorio e <strong>il</strong> Margraviato d’Istria» 42 . Per questa<br />

ragione, Salata <strong>di</strong>ede atto ai governi liberali e, in particolare, a Giolitti, <strong>di</strong><br />

aver garantito <strong>il</strong> rispetto delle autonomie 43 .<br />

Il fascismo, invece, si <strong>di</strong>stinse nel negare le tra<strong>di</strong>zionali autonomie, tanto<br />

che sulla lesiva soluzione del regime Salata non mancò <strong>di</strong> prendere le<br />

<strong>di</strong>stanze 44 . Il plauso che rivolse al fascismo per la «mutazione <strong>di</strong> ritmo e <strong>di</strong><br />

metodo» impresso alla lunga vicenda dopo quattro anni <strong>di</strong> lavoro<br />

preparatorio, era un riconoscimento alla capacità del governo fascista <strong>di</strong><br />

definire un problema che si trascinava da anni, non già alla soluzione<br />

79


Umberto Chiaramonte<br />

accentratrice decisa <strong>il</strong> 4 gennaio 1923 che prevedeva l’aggregazione dei<br />

territori delle due provincie <strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne e <strong>di</strong> Gorizia in una sola circoscrizione<br />

provinciale. Salata sostenne: «U<strong>di</strong>ne non può fare per l’Italia tra gli slavi ciò<br />

che può far Gorizia. Nulla potrebbe compensare in Gorizia l’assenza <strong>della</strong><br />

sede provinciale con tutte le conseguenze ed influenze». Per lui,<br />

l’accentramento che fu perseguito con la fusione dell’Istria con Trieste, era<br />

funzionale a «sommergere» gli sloveni «nel mare magno <strong>della</strong> ricostituita<br />

grande patria del Friuli» me<strong>di</strong>ante <strong>il</strong> riconoscimento <strong>di</strong> «una congrua<br />

maggioranza italiana nel consiglio provinciale» 45 . Ma temeva le reazioni<br />

nazionaliste degli slavi che si sarebbero ritenuti «vittime <strong>di</strong> sopraffazioni»,<br />

ricordando che a suo tempo aveva suggerito la necessità e l’opportunità <strong>di</strong><br />

conservare la <strong>di</strong>visione territoriale che sin dal novembre 1921 era stata<br />

riconosciuta dal governo liberale, e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> procedere alla costituzione<br />

delle provincie <strong>della</strong> Venezia Tridentina, del territorio dalmata annesso<br />

(Zara e Lagosta), <strong>di</strong> Trieste, dell’Istria e <strong>di</strong> Gorizia con Gra<strong>di</strong>sca.<br />

Il 4 gennaio 1923 <strong>il</strong> Consiglio dei ministri non tenne conto delle avvertenze<br />

<strong>di</strong> Salata e <strong>della</strong> sua commissione e soppresse Gorizia come capoluogo<br />

istituendo un’unica circoscrizione che venne denominata «Provincia del<br />

Friuli», comprendente le due ex provincie <strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne e Gorizia. Ma la nuova<br />

<strong>di</strong>citura non smorzò le lagnanze <strong>della</strong> minoranza slovena. Uno sguardo alla<br />

configurazione <strong>della</strong> nuova Provincia fa emergere una situazione complessa <strong>di</strong><br />

TABELLA n. 1 - Distretti e capoluoghi delle «terre liberate» al 1921<br />

circondario popol. del popol. del sup. del addetti addetti addetti addetti addetti<br />

<strong>di</strong>stretto capoluogo <strong>di</strong>stretto agricoltura industria commer. pubblica culto e<br />

1921 (capol.) (capol.) (capol.) amm. professsioni<br />

(capol.) (capol.)<br />

Trento 105.347 32.160 70.734 1.249 6.907 2.344 3.636 1.739<br />

Trieste 238.655 239.627 9.589 3.065 55.037 19.035 11.349 4.699<br />

Pola 83.787 49.339 77.942 3.346 10.125 1.849 4.691 700<br />

Zara 18.623 16.650 11.001 2.419 1.922 898 1.675 473<br />

Fiume (*) 70.187 99.723 31.067 6.117 9.989 2.562<br />

(*) Dati riferiti all’Istria.<br />

80


Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />

cui <strong>il</strong> fascismo, contrad<strong>di</strong>cendosi, non tenne conto, soprattutto per<br />

l’ampliamento del territorio goriziano e per la <strong>di</strong>versità degli interessi che<br />

rappresentava 46 . Tre giorni dopo, <strong>il</strong> 7 gennaio, <strong>il</strong> governo abrogò le<br />

<strong>di</strong>sposizioni che salvaguardavano le autonomie e le prerogative previste dalla<br />

legge austriaca e che erano state riconosciute come intangib<strong>il</strong>i da Giolitti e dal<br />

suo successore. La soluzione delle terre liberate fu sancita <strong>il</strong> 21 gennaio con<br />

l’istituzione <strong>di</strong> cinque nuove provincie, elevando a capoluoghi Trento,<br />

Trieste, Pola, Zara e Fiume 47 . Si concluse così la fase degli stu<strong>di</strong> preparatori e<br />

delle proposte, adottando per la regione trentina la linea propugnata da<br />

Tolomei che <strong>di</strong> fatto negava una Provincia al Sud Tirolo, al quale riconosceva<br />

soltanto i circondari <strong>di</strong> Bolzano e Bressanone con le rispettive sottoprefetture,<br />

e non si tenne conto dei suggerimenti <strong>della</strong> commissione Salata per la Venezia<br />

Giulia 48 . Trento <strong>di</strong>venne unico capoluogo con <strong>di</strong>eci circondari (Trento,<br />

Rovereto, Riva, Tione, Borgo, Cavalese, Merano, Bressanone e Bolzano) 49 .<br />

Per la formazione dei circondari si tenne conto dei <strong>di</strong>stretti giu<strong>di</strong>ziari e dei<br />

<strong>di</strong>stretti politici, ma alcuni comuni come Ampezzo e Livinallongo, furono<br />

scorporati dalla regione per essere aggregati al circondario <strong>di</strong> Belluno.<br />

Nella Venezia Giulia la definizione delle circoscrizioni fu più problematica<br />

non solo per la soppressione <strong>della</strong> Provincia <strong>di</strong> Gorizia, ma anche per le<br />

reazioni cui <strong>di</strong>ede origine la scelta <strong>di</strong> Pola anziché <strong>di</strong> Parenzo, antica sede <strong>della</strong><br />

Dieta provinciale istriana, anche se si escogitò <strong>il</strong> cav<strong>il</strong>lo <strong>di</strong> chiamarla «Provincia<br />

dell’Istria», così come fu un espe<strong>di</strong>ente nominalistico chiamare «Provincia del<br />

Friuli» quella <strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne-Gorizia. L’atteggiamento duro <strong>di</strong> Mussolini nei<br />

confronti <strong>di</strong> qualsiasi protesta per la decisione avallata, <strong>di</strong>mostra come la<br />

soluzione prescindesse da una riflessione sensib<strong>il</strong>e alle tra<strong>di</strong>zioni e alla storia<br />

delle autonomie, ed evidenzia come nei primi mesi del regime fascista non si<br />

fosse verificata una sottomissione generale 50 . Lo spazio non consente <strong>di</strong> riferire<br />

e commentare i successivi provve<strong>di</strong>menti che confermarono la volontà del<br />

fascismo <strong>di</strong> <strong>di</strong>rigere e controllare l’intera operazione delle provincie delle terre<br />

liberate, con la nomina delle commissioni straor<strong>di</strong>narie provvisorie per quei<br />

territori fino a quando non fosse avvenuto l’inse<strong>di</strong>amento <strong>della</strong><br />

rappresentanza elettiva. Va aggiunto che <strong>il</strong> fascismo ebbe cura <strong>di</strong> inserire in<br />

quelle commissioni personalità <strong>di</strong> sicura fedeltà al nuovo governo. L’intero<br />

anno 1923 scandì le tappe organizzative che non si limitarono al<br />

decentramento amministrativo, all’estensione <strong>di</strong> tutta la legislazione italiana<br />

alle nuove provincie, ma abbracciarono i provve<strong>di</strong>menti per l’estensione delle<br />

<strong>di</strong>sposizioni relative all’or<strong>di</strong>namento dello stato civ<strong>il</strong>e 51 , per la sistemazione<br />

giuri<strong>di</strong>ca degli impiegati presso l’amministrazione pubblica che avevano<br />

81


Umberto Chiaramonte<br />

svolto <strong>il</strong> servizio sotto l’Austria, ma che avevano preso la citta<strong>di</strong>nanza italiana.<br />

Infatti, <strong>il</strong> r.d. n. 440 del 18 febbraio 1923 non ammetteva equivoci, poiché<br />

coloro che non avrebbero conseguito la citta<strong>di</strong>nanza italiana sarebbero<br />

decaduti «<strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto» dal rapporto d’impiego non potendo vantare più «alcuna<br />

pretesa verso lo Stato italiano». In sostanza, qualsiasi provve<strong>di</strong>mento adottato<br />

dall’Austria sarebbe stato ritenuto decaduto. La linea accentratrice era ormai<br />

evidente su tutto <strong>il</strong> comparto statale: con decreto del 4 marzo 1923 n. 490<br />

venne ri<strong>di</strong>segnata la circoscrizione m<strong>il</strong>itare del regno in modo che dal 15 marzo<br />

venne ri<strong>di</strong>segnato tutto l’organigramma m<strong>il</strong>itare in <strong>di</strong>eci Corpi d’armata con<br />

30 <strong>di</strong>visioni alle <strong>di</strong>pendenze del ministro <strong>della</strong> Guerra Armando Diaz 52 . Nel<br />

marzo si adottò nell’Alto A<strong>di</strong>ge la toponomastica in lingua italiana, in agosto<br />

fu vietato l’uso del termine Tirol e in settembre furono sciolte tutte le<br />

associazioni alpine del Sud Tirolo e confiscati i loro beni 53 . Anche la<br />

circoscrizione territoriale dei circoli <strong>di</strong> Corte <strong>di</strong> assise nelle nuove provincie<br />

venne ridefinita con un decreto del 24 settembre 1923 n. 2011, con <strong>il</strong> quale<br />

furono costituite le Corti d’appello a Trento e a Trieste e gli uffici giu<strong>di</strong>ziari<br />

<strong>di</strong>pendenti 54 .<br />

La voce <strong>di</strong> protesta fu levata da Zuccarini che denunciò come <strong>il</strong> governo<br />

avesse definito la questione delle circoscrizioni provinciali «in quattro e<br />

quattro otto» facendo prevalere <strong>il</strong> criterio aberrante dell’uniformità<br />

legislativa sull’interesse dell’autonomia regionale 55 . A ben guardare, queste<br />

decisioni <strong>di</strong>mostrano che Mussolini non era pienamente sicuro del suo<br />

potere se in un comunicato «ufficioso» fece sapere che «la soluzione non può<br />

essere impeccab<strong>il</strong>e in tutti i particolari e da tutti i lati». Stessa prudenza<br />

manifestò <strong>il</strong> ministro Acerbo nel <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> Teramo del 4 febbraio 1923,<br />

sostenendo che le circoscrizioni delle nuove provincie avrebbero potuto<br />

«essere anche rivedute in seguito, se sulla base <strong>di</strong> <strong>di</strong>retta esperienza risultasse<br />

necessario un nuovo esame delle con<strong>di</strong>zioni particolari <strong>di</strong> quella zona tanto<br />

sensib<strong>il</strong>e del nostro confine» 56 . Di fatto, però, non ci furono cambiamenti<br />

alla linea dura fino al 1927.<br />

82<br />

La rivalutazione <strong>di</strong> due porti m<strong>il</strong>itari: La Spezia e Taranto<br />

La creazione delle nuove provincie nelle terre liberate costituì un<br />

messaggio <strong>di</strong> novità e <strong>di</strong> capacità decisionale <strong>della</strong> politica italiana in tema<br />

<strong>di</strong> revisione delle circoscrizioni amministrative, giacché nessun governo<br />

post-unitario aveva toccato le 69 provincie istituite con l’unificazione, se


Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />

non in casi rari e per porzioni territoriali quasi insignificanti 57 . Infatti, nel<br />

quadro del decentramento amministrativo <strong>il</strong> fascismo creò, nello stesso<br />

1923, altre due provincie elevando a capoluogo le due città <strong>di</strong> La Spezia e <strong>di</strong><br />

Taranto, che nel periodo bellico avevano assunto un ruolo sempre più<br />

r<strong>il</strong>evante non solo come porti m<strong>il</strong>itari, ma anche come territori ad alta<br />

concentrazione industriale.<br />

La Spezia era uno dei cinque capoluoghi <strong>di</strong> circondario <strong>della</strong> Provincia<br />

<strong>di</strong> Genova, attorno a cui gravitavano 27 comuni che, rispetto agli anni<br />

giolittiani, avevano registrato un incremento in tutti i settori produttivi e <strong>di</strong><br />

demografia 58 . L’aspirazione <strong>di</strong> La Spezia a staccarsi da Genova era <strong>di</strong><br />

dominio pubblico fin dal 1913 quando l’amministrazione civica organizzò<br />

un convegno con i Comuni del circondario e con altri limitrofi. Francesco<br />

Poggi, nell’elencare le ragioni storiche ed economiche che giustificavano la<br />

creazione <strong>di</strong> una nuova Provincia in Liguria, prospettò una circoscrizione<br />

territoriale che comprendeva, oltre al circondario spezzino, quello <strong>di</strong><br />

Pontremoli con l’aggiunta <strong>di</strong> alcuni comuni <strong>della</strong> Provincia <strong>di</strong> Massa<br />

Carrara 59 . Più che <strong>il</strong> tema dell’autonomia e delle prerogative connesse, la<br />

preoccupazione principale dei relatori del convegno fu la definizione <strong>della</strong><br />

circoscrizione, sicché emersero <strong>di</strong>verse possib<strong>il</strong>i soluzioni che prefigurarono<br />

un territorio che attingesse anche a qualche Comune del Genovese, <strong>della</strong><br />

Lucchesìa e del Carrarese. La guerra e l’in<strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>ità dei governi liberali a<br />

creare nuove provincie, misero a tacere ogni aspirazione, finché <strong>il</strong> giornale<br />

«La Provincia <strong>di</strong> La Spezia», fondato dal fascista Orlando Danese nel 1921,<br />

non ripropose la questione coinvolgendo nel <strong>di</strong>battito anche alcuni Comuni<br />

<strong>della</strong> Toscana. Le cronache narrano che Mussolini, passando da La Spezia<br />

nel 1923, fece sapere che presto avrebbe pubblicato <strong>il</strong> decreto <strong>di</strong> istituzione<br />

<strong>della</strong> Provincia 60 . Infatti, con r.d. 1913 del 2 settembre 1923 La Spezia venne<br />

promossa capoluogo <strong>di</strong> una Provincia che sostanzialmente mantenne i<br />

comuni del vecchio circondario con in più i comuni <strong>di</strong> Maissana e Varese<br />

Ligure del circondario <strong>di</strong> Chiavari, e <strong>di</strong> Calice al Cornoviglio e <strong>di</strong> Rocchetta<br />

<strong>di</strong> Vara del circondario <strong>di</strong> Massa Carrara. È importante sottolineare come<br />

in questa scelta, e nelle altre sim<strong>il</strong>i, l’opinione popolare non fu tenuta in<br />

nessun conto, come <strong>di</strong>mostra un documento inviato al governo da parte dei<br />

comuni del circondario <strong>di</strong> Pontremoli (MS), che chiedevano esplicitamente<br />

l’inserimento nella nuova Provincia 61 .<br />

I pontremolesi sostennero che la loro appartenenza a Massa Carrara<br />

costituiva una «artificiosità», come era stato <strong>di</strong>mostrato sin dal convegno del<br />

1913 e come era stato chiesto dal <strong>di</strong>battito svoltosi sul giornale «Lunigiana»,<br />

83


Umberto Chiaramonte<br />

sorto nel 1910 con lo scopo <strong>di</strong> assecondare la nascita <strong>della</strong> Provincia <strong>di</strong> La<br />

Spezia. La documentazione mette in evidenza una serie <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>, appunti e<br />

corrispondenza che proponevano <strong>di</strong>verse e contrastanti soluzioni quasi si<br />

trattasse <strong>di</strong> far quadrare <strong>il</strong> numero dei comuni con <strong>il</strong> numero degli abitanti,<br />

senza alcuna attenzione agli aspetti tecnici e amministrativi e soprattutto<br />

<strong>della</strong> storia locale. I telegrammi <strong>di</strong> adesione o <strong>di</strong> delusione dei sindaci per<br />

l’inserimento o l’esclusione nella nuova Provincia non contengono alcuna<br />

motivazione se non quella sentimentale o delle <strong>di</strong>stanze e quin<strong>di</strong> delle<br />

<strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> interloquire con i nuovi organi istituzionali periferici 62 . In<br />

questo contesto non va trascurato <strong>il</strong> telegramma del deputato Boracchia del<br />

Santo a Mussolini con <strong>il</strong> quale, a conclusione del I convegno provinciale del<br />

Ppi, notoriamente fautore delle autonomie, gli chiedeva che «problema<br />

Provincia sia integralmente risolto con aggregazione Spezia tutta Valle<br />

Magra» 63 .<br />

In altri termini, la formazione <strong>della</strong> nuova circoscrizione provinciale<br />

confermava la vacuità e l’inapplicab<strong>il</strong>ità del criterio su cui si sarebbe dovuto<br />

basare la Provincia, cioè come libero consorzio tra liberi comuni. In questo<br />

versante, se i liberali non avevano mai tenuto conto delle <strong>di</strong>sposizioni dell’art.<br />

168 <strong>della</strong> legge 23 ottobre 1859 che assegnava al consiglio provinciale (e<br />

quin<strong>di</strong> ai rappresentanti del popolo) <strong>il</strong> parere <strong>di</strong> mutare le circoscrizioni<br />

comunali e provinciali, <strong>il</strong> fascismo si guardò bene dall’ascoltare la popolazione,<br />

le classi <strong>di</strong>rigenti o gli enti <strong>di</strong> sv<strong>il</strong>uppo territoriale, mentre ut<strong>il</strong>izzò sempre la<br />

deroga dalle leggi. «Il Lavoro» <strong>di</strong> Genova criticò <strong>il</strong> metodo sostenendo che per<br />

creare una nuova Provincia non bastava in<strong>di</strong>viduare un capoluogo, o <strong>di</strong>videre<br />

<strong>il</strong> territorio <strong>di</strong> due piccole provincie contigue (Spezia e Massa). Più coerente<br />

sarebbe stato estendere l’attenzione alle aree regionali e quin<strong>di</strong> alla salvaguar<strong>di</strong>a<br />

dei più ampi interessi socio-economici, rifiutando la <strong>di</strong>visione per interessi<br />

localistici. Nel caso specifico «Il Lavoro» sostenne la tesi che la soluzione aveva<br />

tenuto conto <strong>di</strong> non mortificare l’affermazione del fascismo sia a La Spezia che<br />

a Carrara 64 . «La critica politica» colse l’occasione per riba<strong>di</strong>re che alla base <strong>della</strong><br />

istituzione <strong>di</strong> nuove provincie <strong>il</strong> fascismo finiva con l’accrescere la burocrazia<br />

dell’amministrazione periferica, piuttosto che ridurla 65 . Mussolini, nella sua<br />

relazione allegata al decreto <strong>di</strong> istituzione, fece riferimento alle richieste delle<br />

popolazioni, e citò persino <strong>il</strong> convegno del 1913 più sopra richiamato, ma ne<br />

dedusse che<br />

le soluzioni prospettate presentavano tutte <strong>di</strong>fetti o <strong>di</strong>fficoltà pressoché<br />

insormontab<strong>il</strong>i, sicché <strong>il</strong> Governo, pur riconoscendo la necessità <strong>della</strong> creazione <strong>della</strong><br />

84


Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />

Provincia <strong>della</strong> Spezia, ha ritenuto prescindere dai progetti suaccennati per adottare<br />

una <strong>di</strong>versa soluzione inspirata anche al concetto <strong>di</strong> conc<strong>il</strong>iare per quanto possib<strong>il</strong>e i<br />

contrastanti interessi delle provincie contermini 66 .<br />

Taranto, che era l’altro polo <strong>della</strong> marina m<strong>il</strong>itare che Mussolini voleva<br />

ad<strong>di</strong>tare come simbolo <strong>della</strong> forza m<strong>il</strong>itare nazionale, ebbe la nomina a<br />

capoluogo nello stesso giorno <strong>di</strong> La Spezia 67 . Fino a quel momento era stata<br />

uno dei 4 capoluoghi <strong>di</strong> circondario <strong>della</strong> Provincia <strong>di</strong> Lecce, ma nel 1921<br />

aveva registrato un incremento demografico del 25,4 per cento rispetto al<br />

censimento del 1911 (274.907 unità contro 219.254). Ciò era dovuto ad<br />

uno sv<strong>il</strong>uppo economico sostenuto, ma sostanzialmente trainato dalle<br />

attività portuali e dalle industrie connesse 68 . Come scrisse <strong>il</strong> capo del governo<br />

nella relazione introduttiva al decreto <strong>di</strong> costituzione, si guardava a questa<br />

città come al ponte per i commerci con l’Oriente, e nello stesso tempo si<br />

accentrava <strong>il</strong> ruolo del porto m<strong>il</strong>itare che ospitava l’Alto comando dello<br />

Jonio e del basso Adriatico, <strong>il</strong> <strong>di</strong>partimento marittimo con arsenale e cantieri<br />

navali. Il fascismo volle saldare <strong>il</strong> debito con le popolazioni che sin dal 1919<br />

avevano richiesto l’autonomia amministrativa da Lecce, ma nella decisione<br />

prevalse <strong>il</strong> principio <strong>di</strong> non turbare gli interessi dei leccesi e <strong>della</strong> Bas<strong>il</strong>icata,<br />

sicché la circoscrizione provinciale fu mantenuta entro i confini dell’antico<br />

circondario <strong>di</strong> Taranto con i suoi 224.465 ettari <strong>di</strong> superficie.<br />

La mob<strong>il</strong>itazione locale per promuovere l’istituzione <strong>della</strong> Provincia si<br />

era rafforzata sin dal mese <strong>di</strong> marzo del 1923, quando si intensificarono le<br />

voci <strong>di</strong> un progetto <strong>di</strong> revisione delle vecchie circoscrizioni provinciali. In<br />

città si costituì un comitato <strong>di</strong> promozione, presieduto dal sindaco <strong>di</strong><br />

Taranto, che nell’avanzare la richiesta non volle intaccare le suscettib<strong>il</strong>ità<br />

campan<strong>il</strong>istiche, sostenendo la tesi che l’autonomia provinciale avrebbe<br />

rafforzato i vasti interessi <strong>della</strong> nazione. Ma le reazioni che suscitarono nel<br />

ceto politico e impren<strong>di</strong>toriale <strong>di</strong> Lecce dovute alla sottrazione <strong>di</strong> un ricco<br />

territorio, provocarono un or<strong>di</strong>ne del giorno <strong>della</strong> classe politica e<br />

impren<strong>di</strong>toriale tarantina, che da tempo aveva inserito l’istituzione <strong>della</strong><br />

Provincia tra i programmi elettorali. Si preferì smussare le <strong>di</strong>atribe<br />

rimettendo la decisione alla «<strong>il</strong>limitata fiducia nell’opera sapiente ed<br />

imparziale del Governo d’Italia» 69 . Non mancarono pressioni da parte dei<br />

fautori e degli oppositori con lettere, telegrammi e memorie trasversali<br />

rispetto all’appartenenza politica. L’Associazione del Partito liberale del<br />

territorio, con una lettera espresse <strong>il</strong> suo sdegno per le «<strong>di</strong>sgustose<br />

manifestazioni, alle quali, sotto <strong>di</strong>verse forme, i leccesi han creduto<br />

85


Umberto Chiaramonte<br />

inconsideratamente <strong>di</strong> abbandonarsi» 70 , e nel contempo richiamò<br />

l’attenzione delle autorità fasciste sul fatto che già <strong>il</strong> sindaco liberale e<br />

deputato locale Tro<strong>il</strong>o si era battuto per l’elevazione <strong>di</strong> Taranto a capoluogo.<br />

Le posizioni contrarie provennero da Bari, da Lecce e dalla Bas<strong>il</strong>icata, con<br />

la motivazione che l’annunciato scorporo <strong>di</strong> alcuni comuni per aggregarli<br />

alla costituenda Provincia avrebbe provocato risentimenti nelle popolazioni<br />

per i <strong>di</strong>sagi, ma soprattutto non avrebbe propiziato lo sv<strong>il</strong>uppo economico<br />

e sociale <strong>di</strong> quelle zone. Il Consiglio provinciale <strong>di</strong> Bari, che temeva <strong>di</strong><br />

perdere consistenza e risorse, si <strong>di</strong>chiarò contrario quando le voci sulla nuova<br />

Provincia cominciarono a intensificarsi. In un odg del 13 marzo 1923, <strong>il</strong><br />

Consiglio ritenne grave «spezzare i vincoli secolari che affratellano tutti i<br />

paesi <strong>della</strong> Provincia <strong>di</strong> Bari», aggiungendo che «gravi danni deriverebbero<br />

non solo a quei paesi ed alla città e Porto <strong>di</strong> Bari come alla Provincia tutta,<br />

[...] ma anche a tutta la regione <strong>di</strong> Puglia ritardando <strong>il</strong> progresso delle<br />

comunicazioni e dei commerci nel basso Adriatico». Per questa ragione si<br />

pronunciò contro qualsiasi mo<strong>di</strong>fica <strong>della</strong> circoscrizione barese 71 . Lettere e<br />

or<strong>di</strong>ni del giorno vennero inviati dalla Bas<strong>il</strong>icata e uno fu spe<strong>di</strong>to da 23 fasci<br />

del Pnf che si erano riuniti in assemblea per avvertire Mussolini <strong>di</strong> non<br />

impoverire ulteriormente <strong>il</strong> circondario <strong>di</strong> Matera con lo smembramento<br />

<strong>della</strong> già povera regione 72 . Persino <strong>il</strong> prefetto <strong>di</strong> Potenza fece sapere a<br />

Mussolini che la notizia che si era sparsa <strong>della</strong> <strong>di</strong>saggregazione <strong>della</strong><br />

Provincia <strong>di</strong> Potenza in favore <strong>di</strong> Taranto avrebbe provocato «vivissima<br />

agitazione: agitazione invero fondata, in quanto che <strong>il</strong> privare la Bas<strong>il</strong>icata,<br />

in tutto o in parte del circondario <strong>di</strong> Matera costituirebbe non solo uno<br />

smembramento [...] ma anche un impoverimento, verrebbe a perdere <strong>il</strong> non<br />

lieve contributo fon<strong>di</strong>ario del Materano» 73 . Questi movimenti <strong>di</strong> opinione<br />

pubblica scaturivano più dal convincimento che sarebbero stati danneggiati<br />

precisi interessi politici, amministrativi e commerciali, che da<br />

argomentazioni in favore delle autonomie, se non in quella minima parte<br />

che intaccavano interessi municipalisti. Anche i prefetti ritennero <strong>di</strong><br />

intervenire inviando le loro osservazioni più per <strong>il</strong> timore <strong>di</strong> perdere <strong>il</strong><br />

prestigio <strong>della</strong> grande Provincia, o per l’influenza dei politici locali, che per<br />

<strong>di</strong>fendere le tra<strong>di</strong>zioni del territorio. <strong>Del</strong> resto, la storia delle autonomie<br />

locali non sempre ha avuto pala<strong>di</strong>ni nob<strong>il</strong>i e <strong>di</strong>sinteressati che hanno<br />

guardato al bene comune più che agli affari <strong>di</strong> bottega. A fronte <strong>di</strong> tutto ciò,<br />

la risposta del governo, sensib<strong>il</strong>e a non suscitare malumori, non si fece<br />

attendere con le assicurazioni che la volontà <strong>di</strong> tutti i ministri era <strong>di</strong> non<br />

toccare i territori <strong>della</strong> Bas<strong>il</strong>icata.<br />

86


La soppressione delle sottoprefetture<br />

Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />

Queste «prove <strong>di</strong> decentramento amministrativo», se da una parte<br />

evidenziarono quanto sensib<strong>il</strong>e fosse l’opinione pubblica per <strong>il</strong><br />

riconoscimento ad una promozione del proprio territorio, dall’altra<br />

consolidarono in Mussolini <strong>il</strong> convincimento che la promozione a<br />

capoluogo <strong>di</strong> provincia suscitava troppe emozioni politiche e attestati <strong>di</strong><br />

consenso. Ma in questa prima fase del regime, non mancarono scelte<br />

contrad<strong>di</strong>ttorie, come avvenne nel comparto <strong>della</strong> pubblica istruzione con<br />

la soppressione degli uffici scolastici provinciali (provve<strong>di</strong>torati agli stu<strong>di</strong>)<br />

dal 1° luglio 1923, sostituiti con provve<strong>di</strong>torati agli stu<strong>di</strong> regionali. Secondo<br />

qualche autore questa nuova aggregazione aveva <strong>il</strong> duplice scopo «<strong>di</strong><br />

sottrarre <strong>il</strong> provve<strong>di</strong>tore agli stu<strong>di</strong> alle nefaste influenze dei piccoli ambienti<br />

<strong>di</strong> Provincia e, dall’altra, quello più ambizioso sotto <strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o culturale, <strong>di</strong><br />

riportare <strong>il</strong> popolo al culto delle tra<strong>di</strong>zioni storiche delle singole regioni» 74 .<br />

Ma l’affermazione non tiene conto dell’avversione del fascismo nei riguar<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> qualsiasi forma <strong>di</strong> regionalismo, patrocinata dal Ppi <strong>di</strong> Sturzo e dai<br />

repubblicani <strong>della</strong> «Critica politica», i quali, anziché gioire <strong>della</strong> decisione,<br />

avanzarono un giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> prudente attesa e <strong>di</strong> perplessità, in quanto fu<br />

intravisto «<strong>il</strong> pericolo <strong>di</strong> un maggiore concentramento, <strong>di</strong> una maggiore<br />

burocratizzazione e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> una minore autonomia» 75 . D’altra parte, lo<br />

scopo <strong>di</strong> queste riforme era lo «snellimento» dell’attività amministrativa e<br />

non <strong>di</strong> dare alla «regione scolastica» più poteri decisionali 76 .<br />

Non c’è dubbio che nell’opinione pubblica ebbe una visib<strong>il</strong>ità maggiore<br />

e un effetto <strong>di</strong>rompente la revisione delle circoscrizioni provinciali che <strong>il</strong><br />

fascismo iniziò nel 1923. La prima fase del progetto fu, per così <strong>di</strong>re, <strong>di</strong><br />

stu<strong>di</strong>o, in quanto <strong>di</strong>ede l’impressione <strong>di</strong> portare a compimento alcuni<br />

ritocchi per sanare un antico malcontento per l’appartenenza a circoscrizioni<br />

provinciali ritenute «forzose» e incuranti delle tra<strong>di</strong>zioni locali. Il<br />

circondario <strong>di</strong> Rieti venne sottratto alla Provincia <strong>di</strong> Perugia per aggregarlo<br />

a quella <strong>di</strong> Roma 77 ; <strong>il</strong> circondario <strong>di</strong> Rocca S. Casciano dalla Provincia <strong>di</strong><br />

Firenze fu trasferito a quella <strong>di</strong> Forlì 78 ; fu <strong>di</strong>sposta la soppressione del<br />

circondario <strong>di</strong> Bobbio <strong>di</strong>stribuendo i comuni sulle tre provincie <strong>di</strong> Genova,<br />

Piacenza e Parma 79 ; fu soppresso <strong>il</strong> circondario <strong>di</strong> Fiorenzuola d’Arda<br />

aggregandolo a Piacenza 80 alla quale Provincia vennero sottratti i comuni <strong>di</strong><br />

Bar<strong>di</strong> e <strong>di</strong> Boccolo dei Tassi per cederli a Parma 81 ; un’altra revisione avvenne<br />

nella Provincia <strong>di</strong> Massa dalla quale venne staccato <strong>il</strong> circondario <strong>di</strong><br />

Castelnuovo <strong>di</strong> Garfagnana per aggregarlo a Lucca 82 ; ed infine, <strong>il</strong> Comune<br />

87


Umberto Chiaramonte<br />

<strong>di</strong> S. Giovanni Ilarione venne staccato da Vicenza per aggregarlo alla<br />

Provincia <strong>di</strong> Verona 83 . Non fu che l’inizio <strong>di</strong> una sequenza <strong>di</strong> trasferimenti<br />

quasi si trattasse <strong>di</strong> una partita a scacchi, ed anche con queste scelte<br />

Mussolini avallava, senza volerlo, la tesi <strong>di</strong> molti stu<strong>di</strong>osi secondo cui la<br />

Provincia era una istituzione senza fondamento storico, costruita a tavolino.<br />

Esempio ulteriore <strong>di</strong> quanto si va <strong>di</strong>cendo è la revisione <strong>della</strong> circoscrizione<br />

amministrativa delle due provincie <strong>di</strong> Pisa e Livorno. Quest’ultima aveva<br />

sempre lamentato <strong>il</strong> suo ridotto territorio circoscritto al Comune <strong>di</strong> Livorno<br />

in terra ferma e alle isole <strong>della</strong> Toscana, ma mentre nel periodo liberale Pisa<br />

la spuntò sempre su Livorno, con l’affermarsi del fascismo e, secondo alcuni<br />

stu<strong>di</strong>osi, con l’ascesa politica del livornese conte Costanzo Ciano, le cose<br />

mutarono fino alla revisione sancita con <strong>il</strong> r.d. 15 novembre 1925 n. 2011<br />

con <strong>il</strong> quale alla città portuale vennero aggregati 10 comuni <strong>della</strong> Provincia<br />

<strong>di</strong> Pisa, mentre questa acquisì alcuni comuni <strong>della</strong> Provincia <strong>di</strong> Firenze 84 . La<br />

revisione non fu indolore non solo per i pisani, ma anche per i comuni <strong>della</strong><br />

Provincia <strong>di</strong> Firenze 85 , ma sul piano economico e commerciale a<br />

guadagnarci fu Livorno, acquisendo soprattutto Rosignano e Piombino con<br />

i loro inse<strong>di</strong>amenti industriali e <strong>il</strong> porto 86 .<br />

Anche la città <strong>di</strong> Roma subì un ra<strong>di</strong>cale mutamento che si concluse con<br />

l’azzeramento <strong>della</strong> storia municipale poiché <strong>il</strong> fascismo istituì un<br />

governatorato per la capitale con le funzioni che prima erano esercitate<br />

dall’amministrazione comunale 87 . Il 31 <strong>di</strong>cembre 1925 fu inse<strong>di</strong>ato a Roma<br />

<strong>il</strong> primo governatore <strong>della</strong> capitale, con una cerimonia che la presenza <strong>di</strong><br />

Mussolini e <strong>di</strong> altri ministri rese più solenne 88 . Ma, come è noto, <strong>il</strong> colpo <strong>di</strong><br />

grazia alle autonomie locali <strong>il</strong> fascismo lo assestò ben presto sia con l’istituzione<br />

del podestà, sia con l’istituzione <strong>della</strong> Consulta municipale non soltanto<br />

perché si sottraeva al popolo l’eleggib<strong>il</strong>ità dei propri amministratori, ma<br />

perché non poteva essere giustificato con lo snellimento burocratico.<br />

Tornando alla creazione <strong>di</strong> nuove circoscrizioni provinciali, non è fuori luogo<br />

chiedersi quali furono i criteri ispiratori <strong>di</strong> questa rivoluzione; quanto<br />

pesarono le pressioni delle comunità locali e fino a che punto si vollero<br />

riconoscere le tra<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> cui non si era tenuto conto con l’unificazione<br />

nazionale; fino a che punto lo spostamento <strong>di</strong> intere comunità da una<br />

Provincia all’altra fu funzionale allo snellimento <strong>della</strong> pubblica<br />

amministrazione e alla riduzione delle spese <strong>di</strong> gestione. Per fare un esempio<br />

concreto, ci si può domandare quale snellimento sarebbe derivato aggregando<br />

<strong>il</strong> circondario <strong>di</strong> Rieti alla Provincia <strong>di</strong> Roma, che, oberata dei problemi <strong>di</strong> una<br />

capitale, era l’unica nel Lazio per la quale si istituiva, appunto, un<br />

88


Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />

governatorato. Solo una serie <strong>di</strong> ricerche locali potrebbe evidenziare pregi e<br />

<strong>di</strong>fetti <strong>di</strong> questa rivoluzione amministrativa che ri<strong>di</strong>segnò la mappa del<br />

potere locale che era rimasta intatta in oltre sessanta anni. Altre ragioni<br />

dovettero spingere <strong>il</strong> fascismo in questa vasta operazione che produsse<br />

malcontento e reazioni che solo <strong>il</strong> regime autoritario poté controllare e<br />

reprimere. Qualche autore ha sostenuto che «c’era infatti (bene adombrato)<br />

anche l’estremo bisogno <strong>di</strong> sanare le finanze dei centri maggiori, <strong>di</strong>ssestate<br />

dalla politica accentratrice e sperperatrice» 89 . In realtà, <strong>il</strong> fascismo mortificò<br />

in continuazione gli enti locali e se nel <strong>di</strong>cembre 1923 aveva varato<br />

l’istituzione <strong>della</strong> Confederazione nazionale enti autarchici, con <strong>il</strong> «fine <strong>di</strong><br />

raggiungere una cooperazione <strong>di</strong>retta e imme<strong>di</strong>ata fra gli enti stessi» 90 , per<br />

converso aveva avviato la soppressione dell’Associazione dei Comuni<br />

inserendo Upi e Anci tra gli organismi del Pnf.<br />

L’operazione <strong>della</strong> revisione territoriale delle provincie ebbe inizio nel<br />

1926, data dalla quale si fa iniziare la seconda fase del fascismo, chiamata <strong>di</strong><br />

«lotta costituzionale», «l’anno legislativo <strong>della</strong> rivoluzione» 91 . Eppure, anche<br />

questa fase venne avviata con qualche contrad<strong>di</strong>zione. Nella seduta del<br />

consiglio dei ministri del 1° gennaio, contrad<strong>di</strong>cendo l’intento del<br />

contenimento <strong>della</strong> spesa e <strong>della</strong> riduzione delle sottoprefetture, venne<br />

approvato uno schema <strong>di</strong> decreto con <strong>il</strong> quale fu istituito <strong>il</strong> circondario <strong>di</strong><br />

Ragusa, in Provincia <strong>di</strong> Siracusa 92 . A <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> altre provincie italiane,<br />

questa comprendeva soltanto i tre circondari <strong>di</strong> Siracusa, Noto e Mo<strong>di</strong>ca. Da<br />

quest’ultimo, che aveva appena 13 comuni con una superficie <strong>di</strong> 150.451<br />

ettari e 251.762 abitanti, e quin<strong>di</strong> per nulla complesso o <strong>di</strong>sagiato, venne<br />

ritagliato <strong>il</strong> nuovo circondario <strong>di</strong> Ragusa, unico in tutta Italia ad essere<br />

istituito nel periodo fascista. La decisione fa intravedere l’anticipo del<br />

«regalo» che ben presto <strong>il</strong> duce avrebbe fatto alla città iblea onorando un<br />

debito <strong>di</strong> immagine nei confronti del sottosegretario F<strong>il</strong>ippo Pennavaria che<br />

su questo punto lo aveva sollecitato a più riprese. La decisione <strong>di</strong> istituire un<br />

nuovo circondario fa sorgere <strong>il</strong> dubbio che la riforma non fosse esente da<br />

comportamenti <strong>di</strong> clientelismo in quanto qualche mese dopo, nel Consiglio<br />

dei ministri del 26 agosto 1926, <strong>il</strong> ministro dell’Interno Federzoni espose ai<br />

colleghi le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà nelle quali era venuto a trovarsi <strong>il</strong><br />

ministero dell’Interno in seguito alla <strong>di</strong>minuzione degli organici nel<br />

momento in cui erano aumentate le attribuzioni del personale. Necessità <strong>di</strong><br />

non gravare l’erario, «anzi <strong>di</strong> realizzare tutte le possib<strong>il</strong>i economie,<br />

impone[va] <strong>di</strong> risolvere la duplice contrad<strong>di</strong>ttoria <strong>di</strong>fficoltà <strong>della</strong> deficienza<br />

<strong>di</strong> funzionari e dell’accresciuto lavoro degli Uffici con una ulteriore<br />

89


Umberto Chiaramonte<br />

semplificazione dei servizi» 93 . Perciò propose, e <strong>il</strong> Consiglio approvò, la<br />

soppressione <strong>di</strong> 95 sottoprefetture su 167, con una proporzione del 57 per<br />

cento 94 . La motivazione verbalizzata fu la seguente:<br />

Tale soppressione, mentre non porterà alcun danno a zone per le quali la frequenza e<br />

la rapi<strong>di</strong>tà sempre maggiore delle comunicazioni rendevano ormai inut<strong>il</strong>e <strong>il</strong><br />

funzionamento degli organi tutori, darà alle Prefetture la possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> adempiere i<br />

nuovi gravi e delicati e importanti compiti che sono stati loro attribuiti dalla legge per<br />

l’espansione dei poteri dei Prefetti e dell’or<strong>di</strong>namento sindacale 95 .<br />

Questo drastico ri<strong>di</strong>mensionamento <strong>di</strong> città che vantavano tra<strong>di</strong>zioni<br />

storiche, fu definito da «Il Popolo d’Italia» «una ecatombe» 96 , e fu deciso<br />

dallo stesso ministro che otto mesi prima aveva istituito <strong>il</strong> piccolo<br />

circondario <strong>di</strong> Ragusa. Per la soppressione delle sottoprefetture è lecito<br />

chiedersi se furono approntati stu<strong>di</strong> tecnici specifici e da chi.<br />

Nell’operazione <strong>il</strong> fascismo poteva sostenere <strong>di</strong> essersi attenuto alle<br />

in<strong>di</strong>cazioni <strong>della</strong> «commissione parlamentare d’inchiesta sull’or<strong>di</strong>namento<br />

delle amministrazioni <strong>di</strong> Stato e sulle con<strong>di</strong>zioni del personale» del marzo<br />

1921, la quale aveva proposto una riduzione, se non la totale soppressione<br />

delle sottoprefetture. Sebbene l’inut<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> molte sottoprefetture fosse nota,<br />

un attento esame <strong>di</strong> quelle soppresse mostra come non sia stata veritiera la<br />

motivazione secondo cui le migliorate vie <strong>di</strong> comunicazione avevano reso<br />

inut<strong>il</strong>e una parcellizzazione <strong>della</strong> struttura burocratica in periferia. Per fare<br />

qualche esempio, nel Nord la soppressione delle sottoprefetture <strong>di</strong> Vercelli,<br />

Varallo Sesia, Biella, Domodossola e Pallanza, tutte in Provincia <strong>di</strong> Novara,<br />

accentuava le <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> quella Provincia che comprendeva 660.267 ettari<br />

<strong>di</strong> superficie alpina, pre-alpina, <strong>di</strong> pianura e lacustre, e da cui in futuro<br />

saranno formate altre tre provincie (Vercelli, Biella e Verbania). Nel Sud le<br />

vie <strong>di</strong> comunicazione nei circondari <strong>di</strong> Vallo <strong>della</strong> Lucania e <strong>di</strong> Campagna,<br />

in Provincia <strong>di</strong> Salerno, non erano tali da rendere più agevoli i collegamenti<br />

con <strong>il</strong> capoluogo. Gli esempi potrebbero continuare. Che alla base <strong>della</strong><br />

decisione ci fossero seri stu<strong>di</strong> economici, statistici e <strong>di</strong> geomorfologia,<br />

sembra dubbio, quantomeno non si trattò <strong>di</strong> un lavoro preparatorio<br />

accurato se nel mese <strong>di</strong> ottobre Federzoni presentò una variazione <strong>della</strong><br />

precedente proposta, riattivando le tre sottoprefetture <strong>di</strong> Monfalcone,<br />

Tolmino e Sesana e sopprimendo quella <strong>di</strong> Idria 97 . Questi ripensamenti<br />

rivelano una certa fretta, funzionale soltanto a dare un’immagine <strong>di</strong> forte<br />

decisionismo del governo, <strong>il</strong> quale poté vantare l’assenza <strong>di</strong> proteste delle<br />

popolazioni coinvolte, mentre alcune informative dei prefetti inviate al<br />

90


Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />

ministero dell’Interno <strong>di</strong>mostrano che <strong>il</strong> malcontento ci fu. Tanto per fare<br />

qualche esempio, per i quattro circondari <strong>della</strong> Provincia <strong>di</strong> Trento 98<br />

l’ispettore generale d’accordo col Prefetto rit[enne], in linea principale, che<br />

conven[isse] mantenere, anche temporaneamente, i quattro circondari sopprimen<strong>di</strong><br />

principalmente per necessità politiche, per potervi esercitare una più imme<strong>di</strong>ata<br />

sorveglianza sulle popolazioni delle rispettive circoscrizioni. In subor<strong>di</strong>nata propo[se]<br />

che [fossero] almeno mantenute le sottoprefetture <strong>di</strong> Cles e Tione. In caso <strong>di</strong> non<br />

accoglimento <strong>di</strong> tali proposte [fu] del parere che i Comuni dei quattro circondari<br />

suddetti [venissero] aggregati a quello <strong>di</strong> Trento <strong>il</strong> quale così verrebbe a comprendere<br />

n. 29 Comuni, con una popolazione <strong>di</strong> 202.463 abitanti 99 .<br />

Altri documenti <strong>della</strong> Provincia <strong>di</strong> Trento evidenziano che <strong>di</strong>versi<br />

podestà <strong>di</strong> molti comuni <strong>di</strong> montagna espressero parere negativo sulla<br />

soppressione <strong>di</strong> alcuni circondari e <strong>di</strong> sottoprefetture motivandolo con<br />

ragioni storiche, economiche e <strong>di</strong> scadenti vie <strong>di</strong> comunicazione. Il prefetto,<br />

consigliando <strong>di</strong> conservare Cles e Tione per la montuosità dei comuni<br />

aggregati, per cautela scrisse al ministro che <strong>il</strong> suo parere<br />

deve intendersi circoscritto allo stu<strong>di</strong>o ed alle proposte circa l’assegnazione dei Comuni<br />

<strong>di</strong>pendenti dalle sottoprefetture <strong>di</strong> cui è stata deliberata la soppressione e non si estende<br />

anche al giu<strong>di</strong>zio sulle opportunità o meno <strong>di</strong> talune soppressioni. Ma per quel che ho<br />

visto ed osservato de visu, percorrendo in automob<strong>il</strong>e centinaia e centinaia <strong>di</strong><br />

ch<strong>il</strong>ometri per constatare le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> viab<strong>il</strong>ità ed i mezzi <strong>di</strong> comunicazione dei<br />

Comuni più lontani ai vari centri dei circondari, m’incombe <strong>il</strong> preciso obbligo <strong>di</strong> non<br />

tacere e <strong>di</strong> sottoporre alle considerazioni dell’E.V. <strong>il</strong> grave problema, anche se<br />

considerazioni assolute <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne supremo dovessero imporsi e prevalere, anche col<br />

sacrificio dei molteplici interessi pubblici e privati, che più sopra ho segnalato 100 .<br />

Non si espressero con meno risentimento alcuni capi del fascismo locale,<br />

come <strong>il</strong> fiduciario del Pnf <strong>di</strong> Tione, che informò <strong>il</strong> ministro <strong>di</strong> evitare la<br />

soppressione <strong>di</strong> quella sottoprefettura, per ragioni storiche e soprattutto per<br />

la <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> comunicazioni nei perio<strong>di</strong> invernali 101 . Ma, a ben vedere,<br />

anche queste esternazioni <strong>di</strong> malcontento non avevano nulla a che vedere<br />

con l’autonomismo genuino e forse era con<strong>di</strong>zionato più da interessi locali.<br />

Verso la riforma <strong>della</strong> Provincia<br />

Dopo quanto si è detto, appare evidente come <strong>il</strong> fascismo abbia<br />

proceduto a tentoni, senza un progetto politico e organizzativo <strong>di</strong> lungo<br />

91


Umberto Chiaramonte<br />

respiro. Riferendo <strong>di</strong> un colloquio tra Mussolini e Federzoni, «Il Popolo<br />

d’Italia» dell’agosto 1926 scrisse che l’or<strong>di</strong>namento amministrativo<br />

provinciale era ancora allo stu<strong>di</strong>o giacché esso avrebbe dovuto armonizzarsi,<br />

«se non fondersi, con le nuove funzioni dei Consigli per l’Economia e delle<br />

Giunte provinciali delle Corporazioni» 102 . Il <strong>di</strong>battito sul ruolo <strong>della</strong><br />

Provincia non fu <strong>di</strong> alto livello tecnico e politico perché gli autori, che spesso<br />

erano gli stessi amministratori delle provincie, si attestarono sulle posizioni<br />

governative, paghi del fatto che <strong>il</strong> fascismo non avrebbe mai abolito la<br />

Provincia, anche se ciò avrebbe comportato un alto prezzo sul piano delle<br />

autonomie. Le riviste <strong>di</strong> settore e l’Unione delle provincie Italiane (Upi)<br />

sposarono le scelte del regime perché nel frattempo erano state<br />

fascistizzate 103 . La «Rivista delle Provincie», dopo le battaglie per le libertà<br />

locali, cominciò l’allineamento. Pubblicando la notizia <strong>di</strong> un probab<strong>il</strong>e<br />

annullamento <strong>della</strong> eleggib<strong>il</strong>ità dei consigli, evidenziò la propria<br />

sottomissione al fascismo, e agli scontenti ricordò che non c’era nulla <strong>di</strong><br />

traumatico in questa scelta, giacché si sarebbe ripristinata la vecchia legge<br />

comunale e provinciale, come a <strong>di</strong>re che tornare in<strong>di</strong>etro non era poi una<br />

scelta antidemocratica. D’altra parte, per la scarsa mole <strong>di</strong> lavoro che veniva<br />

svolta (i consigli si riunivano una sola volta all’anno, nel secondo lunedì <strong>di</strong><br />

agosto), sarebbe stato più che sufficiente affidare la gestione ad un<br />

commissario o ad una commissione. È <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e, però, non leggere in queste<br />

enunciazioni una certa ambiguità in quanto <strong>il</strong> perio<strong>di</strong>co, nel contempo, non<br />

mancò <strong>di</strong> ricordare che le provincie avevano sempre auspicato e chiesto un<br />

ampliamento delle loro funzioni, e mai la soppressione 104 . Non<br />

<strong>di</strong>versamente si comportò <strong>il</strong> decimo congresso dell’Upi, tenuto a Trieste nel<br />

giugno 1926 alla presenza del ministro dell’Interno, giacché non affrontò<br />

<strong>di</strong>rettamente la questione delle autonomie, preferendo presentare tematiche<br />

tecnico-amministrative. Davanti agli amministratori provinciali, Federzoni<br />

definì la Provincia un ente necessario con funzioni che avrebbero potuto<br />

avere ulteriori sv<strong>il</strong>uppi e bocciò i sogni utopistici dei «regionalisti<br />

autonomi», accattivandosi <strong>il</strong> consenso dell’u<strong>di</strong>torio. Solo nell’odg<br />

approvato al termine, i 150 rappresentanti delle 76 provincie italiane<br />

chiesero <strong>di</strong> contare <strong>di</strong> più con l’assegnazione <strong>di</strong> nuovi compiti 105 . Anche nel<br />

consiglio <strong>di</strong>rettivo dell’Upi si prese atto «con compiacimento che <strong>il</strong> progetto<br />

ministeriale [aveva] accolto i principi relativi alla nuova rappresentanza,<br />

basata sull’or<strong>di</strong>namento corporativo e sulla nomina regia del capo<br />

dell’amministrazione provinciale» 106 . Il ceto politico provinciale, che si era<br />

avvicinato al fascismo, poteva stare tranqu<strong>il</strong>lo giacché una nomina<br />

92


Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />

governativa tutto sommato gli avrebbe fatto correre meno rischi <strong>di</strong> una<br />

elezione popolare. L’unica cosa che l’Upi richiese fu quella <strong>di</strong> un ampliamento<br />

<strong>di</strong> funzioni e competenze, sostanzialmente perché la Provincia contasse <strong>di</strong> più<br />

nel sistema del potere locale, ma, a ben vedere, la richiesta non era in<br />

contrad<strong>di</strong>zione con la riforma fascista che mirava al controllo provinciale del<br />

potere locale. Nessuno alzò la voce per <strong>di</strong>fendere l’eleggib<strong>il</strong>ità del consiglio<br />

comunale e provinciale, o una più ampia autonomia che limitasse l’ingerenza<br />

dello Stato e assicurasse le risorse finanziarie 107 . Prima ancora<br />

dell’approvazione <strong>della</strong> riforma, l’ente locale si era arreso senza con<strong>di</strong>zioni al<br />

regime totalitario che non trovò nessuno <strong>di</strong>sposto a contrad<strong>di</strong>rlo.<br />

Para<strong>di</strong>gma <strong>di</strong> un ra<strong>di</strong>cale cambiamento d’opinione tra coloro che<br />

avrebbero dovuto <strong>di</strong>fendere le conquiste autonomiste, fu <strong>il</strong> <strong>di</strong>scorso che <strong>il</strong><br />

presidente <strong>della</strong> deputazione provinciale <strong>di</strong> M<strong>il</strong>ano Fabbri, tenne in<br />

consiglio. Di fatto egli accettava l’antiteticità tra «fascismo ed elezionismo»:<br />

I futuri consigli provinciali - <strong>di</strong>sse - saranno emanazione dei Sindacati. D’altra parte,<br />

data la natura accentratrice dello Stato fascista e la figura tipica <strong>della</strong> Provincia fascista<br />

quale organo <strong>di</strong> decentramento unicamente funzionale, <strong>il</strong> potere esecutivo<br />

dell’Amministrazione provinciale non potrà che essere emanazione <strong>di</strong>retta del potere<br />

centrale 108 .<br />

Fabbri prospettò una Provincia come «lunga mano delle varie<br />

amministrazioni centrali dello Stato», e si limitò a ripescare la proposta del<br />

riconoscimento <strong>di</strong> una <strong>di</strong>versa configurazione delle provincie in base alla loro<br />

potenzialità economica e al grado <strong>di</strong> sv<strong>il</strong>uppo culturale <strong>di</strong> ciascuna, giacché<br />

quelle a economia sv<strong>il</strong>uppata avrebbero dovuto funzionare con mezzi propri,<br />

mentre le altre avrebbero dovuto ottenere dallo Stato i mezzi per raggiungere<br />

potenzialità autonome. Riconobbe <strong>il</strong> principio <strong>di</strong> sussi<strong>di</strong>arietà che era stato<br />

teorizzato dal Ppi, ma sostanzialmente inquadrò <strong>il</strong> ruolo <strong>della</strong> Provincia nella<br />

stretta collaborazione fra le rappresentanze delle organizzazioni degli interessi<br />

del governo centrale e delle organizzazioni tecniche periferiche.<br />

Con la giustificazione <strong>di</strong> far fronte alla crisi economica attraverso la<br />

riduzione <strong>della</strong> spesa pubblica, <strong>il</strong> fascismo cercò <strong>di</strong> legare allo Stato<br />

totalitario le politiche <strong>della</strong> periferia con la conseguenza <strong>di</strong> porre sotto<br />

controllo l’ente Provincia. In nome <strong>della</strong> teoria dello Stato sovrano,<br />

l’aspirazione autonomista venne valutata come «retorica in<strong>di</strong>vidualistica e<br />

particolaristica» <strong>di</strong> un Paese che per secoli aveva priv<strong>il</strong>egiato <strong>il</strong><br />

frammentarismo provinciale, causando un grave ritardo al raggiungimento<br />

dell’unità geografica, politica e morale 109 . In sintesi, la politica fascista<br />

93


Umberto Chiaramonte<br />

rovesciò i termini del problema e anziché riconoscere maggiori autonomie<br />

locali come vennero reclamate nel dopoguerra, volle «sprovincializzare la<br />

Provincia» riducendo <strong>il</strong> suo ruolo ad una adesione completa alla politica<br />

centrale per avere «l’assoluto dominio e l’incontrastato controllo <strong>di</strong> tutti i<br />

centri politici ed economici» 110 . Su questa base, lo Stato accentratore aveva<br />

bisogno <strong>di</strong><br />

costruttori s<strong>il</strong>enziosi e fedeli, [voleva] degli organismi provinciali dutt<strong>il</strong>i e consapevoli,<br />

ispirati alla nuova politica fascista, [voleva] un in<strong>di</strong>rizzo unitario; [... voleva] che la<br />

Provincia si sollev[asse] su tutte le forme <strong>di</strong> politica localistica, che [aveva] reso<br />

impossib<strong>il</strong>e per tanto tempo l’unità <strong>della</strong> nazione, che [aveva] corroso, coi<br />

personalismi, ogni tentativo <strong>di</strong> restaurazione del costume, che [aveva] impe<strong>di</strong>to sempre<br />

che si formasse la coscienza <strong>della</strong> sovranità dello Stato. [... Voleva], insomma, che in<br />

ciascuna Provincia trionf[asse], sulle inveterate esigenze ribellistiche e campan<strong>il</strong>istiche,<br />

<strong>il</strong> senso severo e inderogab<strong>il</strong>e <strong>della</strong> <strong>di</strong>sciplina dello Stato 111 .<br />

Questa opinione era la quintessenza <strong>di</strong> quanto trapelava dal lavoro<br />

preparatorio degli esperti <strong>della</strong> riforma. Partendo dal convincimento che<br />

prima del fascismo gli enti locali avevano raggiunto livelli <strong>di</strong> ingovernab<strong>il</strong>ità<br />

che avevano stravolto i loro compiti istituzionali, con un comunicato nel<br />

mese <strong>di</strong> agosto, Federzoni rese noto <strong>il</strong> testo <strong>della</strong> sua riforma 112 . Dopo aver<br />

assestato un duro colpo alla sovranità popolare fondata sul suffragio<br />

elettorale, valutato come causa <strong>della</strong> degenerazione nazionale, <strong>il</strong> ministro<br />

sostenne che la nuova concezione dello Stato fascista attingeva «la potestà<br />

dalla sua stessa natura e essenza», che rendeva inevitab<strong>il</strong>e l’eliminazione<br />

dell’istituto elettorale, giacché gli enti locali derivavano la loro potestà dalla<br />

concessione dello Stato e non dal popolo. La riforma amministrativa delle<br />

provincie avrebbe completato quella già varata per i comuni.<br />

Pur conservando l’ente, non potrà <strong>il</strong> suo or<strong>di</strong>namento amministrativo essere sottratto<br />

all’influenza dei nuovi concetti a cui <strong>il</strong> Fascismo è ormai ad<strong>di</strong>venuto: i Consigli<br />

provinciali dovranno essere or<strong>di</strong>nati non più in base ad un criterio <strong>di</strong> rappresentanza<br />

territoriale frazionata per circoscrizioni più o meno vaste, ma in <strong>di</strong>retto rapporto <strong>di</strong><br />

correlazione con <strong>il</strong> nuovo or<strong>di</strong>namento corporativo dello Stato, nel senso, cioè, che<br />

affidati i poteri amministrativi delle Province ad organi che, come i podestà, ripetano la<br />

loro origine <strong>di</strong>rettamente dallo Stato, le associazioni sindacali legalmente riconosciute<br />

siano ammesse anche a partecipare alla vita amministrativa <strong>della</strong> Provincia.<br />

Il nuovo decreto garantiva una armonizzazione tra comuni e provincie sia<br />

pure rispettando le <strong>di</strong>verse attribuzioni, mirando a finalità istituzionali <strong>di</strong><br />

94


Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />

comune interesse. In questa concezione centralista, l’or<strong>di</strong>namento<br />

amministrativo fu armonizzato anche con la legge 18 apr<strong>il</strong>e 1926 n. 731 sui<br />

Consigli provinciali dell’economia. Il comune obiettivo, cioè «<strong>il</strong> benessere<br />

economico e sociale <strong>della</strong> Provincia, assicurato e promosso mercé la tutela<br />

ed <strong>il</strong> coor<strong>di</strong>namento <strong>di</strong> tutti gli interessi agricoli, industriali, commerciali ed<br />

altresì amministrativi» 113 , fece ritenere sufficiente e necessario l’istituzione <strong>di</strong><br />

un’unica Consulta, «espressione comprensiva <strong>di</strong> tutti i molteplici interessi<br />

d’ogni Provincia raccolti in organica sintesi». L’ente amministrativo e l’ente<br />

economico <strong>di</strong>ventavano la base dell’or<strong>di</strong>namento provinciale: <strong>il</strong> primo<br />

avrebbe espletato le funzioni che la legge comunale e provinciale assegnava<br />

al presidente <strong>della</strong> deputazione provinciale e al consiglio provinciale; <strong>il</strong><br />

secondo avrebbe avuto le competenze previste dalla legge 731/1926 del<br />

Consiglio provinciale dell’economia, <strong>di</strong>viso per sezioni <strong>di</strong> competenza.<br />

Entrambi avrebbero avuto sede nel capoluogo <strong>della</strong> Provincia, entrambi<br />

sarebbero stati retti da un presidente e da un vice-presidente nominati per<br />

cinque anni, rispettivamente dal ministro dell’Interno e dell’Economia<br />

Nazionale, e le cariche avrebbero potuto essere «sempre confermate» o<br />

revocate con decreto reale. I membri <strong>della</strong> Consulta sarebbero stati sottratti<br />

all’elettorato attivo, mentre sarebbero stati nominati con decreto <strong>di</strong> concerto<br />

con i due ministri interessati 114 .<br />

Il nuovo assetto del governo provinciale, per la complessità <strong>della</strong> sua<br />

rappresentanza tra membri <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto e <strong>di</strong> nomina ministeriale su in<strong>di</strong>cazione<br />

<strong>di</strong> associazioni e corporazioni, escludeva qualsiasi giu<strong>di</strong>zio dell’elettorato<br />

popolare. Venne così rivoluzionata l’idea stessa <strong>di</strong> governo locale come<br />

<strong>di</strong>retta emanazione <strong>della</strong> volontà popolare, che era stata ritenuta una<br />

conquista dalle forze politiche liberali, cattoliche e socialiste. Sebbene<br />

l’elezione popolare sia, secondo alcuni autori, garanzia necessaria ma non<br />

sufficiente <strong>di</strong> autonomia, l’averla esclusa d’imperio costituì un regresso <strong>della</strong><br />

democrazia nel governo locale.<br />

L’istituzione <strong>di</strong> 17 provincie<br />

Il 6 <strong>di</strong>cembre 1926, nella seduta del Consiglio dei ministri, <strong>il</strong> nuovo<br />

ministro dell’Interno Mussolini presentò un provve<strong>di</strong>mento con <strong>il</strong> quale si<br />

istituivano <strong>di</strong>ciassette nuove circoscrizioni provinciali, e nel contempo si<br />

soppresse la Provincia <strong>di</strong> Caserta, <strong>il</strong> cui territorio venne smembrato e<br />

<strong>di</strong>stribuito alle provincie <strong>di</strong> Napoli (circondari <strong>di</strong> Caserta e <strong>di</strong> Nola), <strong>di</strong><br />

95


Umberto Chiaramonte<br />

Benevento (circondario <strong>di</strong> Pie<strong>di</strong>monte d’Alife) e <strong>di</strong> Frosinone. Tutte le<br />

sottoprefetture d’Italia, anche quelle rimaste indenni dopo la prima<br />

«ecatombe», vennero soppresse 115 . Mussolini presentò in Consiglio <strong>il</strong> testo<br />

del decreto che l’ufficio stu<strong>di</strong> e legislativo del ministero aveva elaborato per<br />

Federzoni, ma egli lo corresse eliminando alcuni passaggi e aggiungendone<br />

altri <strong>di</strong> suo pugno 116 . La relazione conteneva gli elementi che per <strong>il</strong> fascismo<br />

costituivano l’innovazione e la svolta rispetto al passato: tutto <strong>il</strong> sistema<br />

amministrativo degli enti locali venne riformato e messo sotto la tutela dello<br />

Stato. Se <strong>il</strong> capo del fascismo fece propria gran parte <strong>della</strong> relazione, sua fu<br />

la scelta esclusiva dei capoluoghi <strong>di</strong> Provincia elevati in quella storica seduta<br />

del 6 <strong>di</strong>cembre 1926: Aosta, Bolzano, Brin<strong>di</strong>si, Castrogiovanni (cui <strong>di</strong>ede<br />

personalmente l’antica denominazione <strong>di</strong> Enna), Frosinone, Gorizia,<br />

Matera, Nuoro, Pescara, Pistoia, Ragusa, Rieti, Savona, Terni, Varese,<br />

Vercelli, Viterbo. È da notare come <strong>il</strong> fascismo esperì la strada del decretolegge<br />

sostenendo l’urgenza senza giustificarla realmente 117 .<br />

A riprova che la creazione <strong>di</strong> nuove provincie faceva parte <strong>della</strong> riforma<br />

generale <strong>della</strong> pubblica amministrazione, e non <strong>di</strong> una concessione<br />

autonomista, nella stessa seduta <strong>il</strong> governo varò lo «Schema <strong>di</strong> Regi decreti<br />

riguardante le mo<strong>di</strong>fiche all’organico dei ruoli dell’Amministrazione civ<strong>il</strong>e<br />

dell’Interno», approvò la nomina dei <strong>di</strong>ciassette prefetti destinati nelle<br />

provincie <strong>di</strong> nuova istituzione e ne trasferì o <strong>di</strong>missionò altri trenta.<br />

Dall’elenco dei nuovi rappresentanti del governo si evince che soltanto a<br />

Vercelli, Bolzano, Gorizia, Viterbo, Pescara, Matera e Rieti furono inviati<br />

prefetti già in organico, mentre per gli altri <strong>di</strong>eci capoluoghi furono elevati al<br />

rango <strong>di</strong> prefetto altrettanti vice prefetti o personalità legate al fascismo 118 .<br />

Nelle sedute dei giorni successivi fu approvato uno schema <strong>di</strong> decreto reale che<br />

stab<strong>il</strong>iva la data <strong>della</strong> cessazione delle amministrazioni or<strong>di</strong>narie e straor<strong>di</strong>narie<br />

e dell’inizio delle funzioni dei Podestà e delle Consulte municipali nei comuni<br />

capoluoghi <strong>di</strong> provincia 119 , ma in altra seduta <strong>il</strong> consiglio dei ministri delegò<br />

Mussolini, come capo del governo e ministro dell’Interno, a fissarne la data 120 .<br />

Arnaldo Mussolini, fratello del duce e <strong>di</strong>rettore de «Il Popolo d’Italia»,<br />

elogiò «la creazione ponderata e ragionata» delle nuove provincie in quanto<br />

significò l’accantonamento <strong>della</strong> regione proposta da Sturzo e dai popolari,<br />

«ridotta ad espressione topografica». Per <strong>il</strong> fratello del duce, <strong>il</strong> nuovo assetto<br />

periferico garantiva una «perequazione» più coerente e sanava quegli<br />

squ<strong>il</strong>ibri che erano stati consentiti da macroscopiche <strong>di</strong>versità tra le<br />

provincie italiane; «la nuova sistemazione provinciale permette[va] ai<br />

prefetti una maggiore opera <strong>di</strong> controllo, <strong>di</strong> dominio, <strong>di</strong> presi<strong>di</strong>o e <strong>di</strong><br />

96


Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />

incitamento» 121 . Egli intuì e sottolineò la svolta autoritaria, che si manifestò<br />

anche nella scelta <strong>di</strong> prefetti <strong>di</strong> sicura fede fascista impegnati e ut<strong>il</strong>izzati «nelle<br />

forme <strong>di</strong> governo provinciale». Nessuno avrebbe potuto più dubitare <strong>della</strong><br />

sottomissione dell’ente locale:<br />

Si ritorna un poco alle vecchie prefetture politiche. Il Fascismo guarda e si compiace<br />

dei nuovi prefetti prescelti. Siamo certi che la loro fede, temprata a molte battaglie, la<br />

loro <strong>di</strong>sciplina e la loro devozione al Regime, li faranno ottimi elementi alle leve <strong>di</strong><br />

comando 122 .<br />

Il segretario del Pnf, Augusto Turati, r<strong>il</strong>asciò <strong>di</strong>chiarazioni entusiastiche<br />

per la nomina a prefetti <strong>di</strong> otto fascisti <strong>della</strong> prima ora, giacché era un segnale<br />

dell’occupazione nei posti chiave del potere locale, dopo aver rafforzato<br />

quello centrale. Tra i «prefetti fascisti» che sostituirono quelli <strong>di</strong> carriera, vi<br />

erano Guido Pighetti, deputato dell’Umbria e capo del sindacalismo<br />

genovese, destinato a Cuneo; <strong>il</strong> generale Franco Ugo <strong>di</strong> Novara, destinato<br />

a Foggia; <strong>il</strong> maggiore me<strong>di</strong>co Giovanni Selvi, tra i primi fascisti, destinato<br />

a Brin<strong>di</strong>si; <strong>il</strong> deputato Marcello Vaccari, toscano, pluridecorato e mut<strong>il</strong>ato<br />

<strong>di</strong> guerra e <strong>della</strong> «rivoluzione fascista», fu mandato a reggere la prefettura <strong>di</strong><br />

Trento, rinunciando al seggio parlamentare; <strong>il</strong> marchese Dino Perrone<br />

Compagni, anch’egli squadrista toscano, fu destinato a Reggio Em<strong>il</strong>ia;<br />

Franco Dinale, squadrista e giornalista del «Popolo d’Italia» fu inviato a<br />

Nuoro. Da quella data, l’abitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> nominare fidati fascisti, deputati e<br />

generali per ricoprire la carica <strong>di</strong> prefetto (ma anche <strong>di</strong> podestà) si estese negli<br />

anni successivi. D’altra parte, l’elevazione <strong>di</strong> 17 città al ruolo ambito <strong>di</strong><br />

capoluoghi provinciali servì a far <strong>di</strong>menticare l’attentato al duce del 31<br />

ottobre, dando alla nazione l’immagine <strong>di</strong> un governo che impegnava le<br />

proprie energie nella riorganizzazione dello Stato.<br />

Caratteristiche delle nuove provincie<br />

La stampa sottolineò la giustezza delle scelte dei capoluoghi <strong>di</strong>cendo che<br />

«erano già da qualche tempo <strong>di</strong>ventate citta<strong>di</strong>ne popolose e progre<strong>di</strong>te e<br />

centri <strong>di</strong> vita <strong>di</strong> alcune caratteristiche zone» 123 . Ma se per la maggior parte<br />

delle città promosse l’affermazione corrispondeva alla realtà <strong>della</strong> situazione,<br />

per altre <strong>il</strong> criterio <strong>della</strong> scelta lasciava a<strong>di</strong>to a dubbi e perplessità. Non sono<br />

state rinvenute relazioni preparatorie <strong>di</strong> commissioni ministeriali ad hoc; né<br />

risulta che <strong>il</strong> ministero dell’Interno abbia inviato una circolare ai prefetti per<br />

97


Umberto Chiaramonte<br />

TABELLA n. 2 - Situazione socio-economica nei circondari prima <strong>della</strong><br />

creazione delle nuove provincie*<br />

circondari popol. superficie numero addetti addetti addetti addetti abitanti<br />

circond. del circond. comuni agricoltura industria commercio pubblica capoluogo<br />

(1921) (ha) (1921) ammin.<br />

e priv.<br />

Aosta 78.811 326.492 73 343.705 8.876 1.661 1.194 9.554<br />

Bolzano 102.368 174.897 44 28.317 12.123 4.737 5.447 25.141<br />

Brin<strong>di</strong>si 188.039 170.111 16 63.467 18.951 3.281 8.767 35.440<br />

Frosinone 211.281 182.267 43 89.379 12.079 2.306 1.439 13.380<br />

Gorizia 94.853 78.389 47 1.003 5.827 1.933 3.342 30.386<br />

La Spezia 195.925 62.849 30 33.929 35.746 5.251 14.596 73.066<br />

Matera 108.999 301.991 23 41.090 9.913 1.397 687 18.357<br />

Nuoro 77.033 315.456 33 22.857 3.440 880 749 8.534<br />

Pistoia 140.375 73.586 12 31.653 21.030 3.338 1.842 72.999<br />

Rieti 101.690 137.680 56 26.201 7.175 1.240 930 18.832<br />

Savona 145.378 97.142 41 25.723 27.590 4.630 3.495 53.063<br />

Taranto 274.907 224.625 27 71.910 36.954 4.994 2.944 104.387<br />

Terni 111.341 118.319 25 29.112 16.960 1.772 1.954 36.490<br />

Varese 174.029 286.146 161 27.177 54.467 5.487 2.250 18.216<br />

Vercelli 146.553 124.905 55 62.986 20.337 5.211 2.430 32.159<br />

Viterbo 196.842 302.088 61 63.969 17.514 2.697 2.216 25.460<br />

Asti 182.121 97.447 85 77.482 16.819 5.553 1.624 40.753<br />

(*) Enna, Pescara e Ragusa non erano capoluoghi <strong>di</strong> circondario; Littoria (Latina) non era stata fondata.<br />

chiedere <strong>il</strong> loro parere. I rapporti che sono stati trovati in archivio si<br />

riferiscono alla soppressione delle sottoprefetture giacché i prefetti vennero<br />

coinvolti <strong>di</strong>rettamente per l’accresciuto lavoro amministrativo che ne<br />

derivava; né risultano richieste <strong>di</strong> pareri ai sindaci o podestà dei comuni circa<br />

la loro nuova destinazione 124 . Da quanto si è detto, sembra giustificato<br />

affermare che le città promosse capoluogo furono frutto <strong>di</strong> un progetto<br />

esclusivo e personale <strong>di</strong> Mussolini. Che mancasse uno stu<strong>di</strong>o accurato <strong>di</strong><br />

fattib<strong>il</strong>ità, lo conferma la testimonianza del senatore Ettore Tolomei che fu<br />

<strong>il</strong> promotore <strong>della</strong> italianizzazione dell’Alto A<strong>di</strong>ge. Sebbene si riferisse al<br />

Trentino-Alto A<strong>di</strong>ge, la sua testimonianza apre uno spiraglio per capire <strong>il</strong><br />

98


Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />

metodo <strong>della</strong> negoziazione del decentramento amministrativo realizzato dal<br />

fascismo:<br />

Quando cominciò a circolare la voce, nei primi <strong>di</strong> <strong>di</strong>cembre 1926, che sarebbero state<br />

create le nuove provincie, e che la parte settentrionale <strong>della</strong> Provincia <strong>di</strong> Trento avrebbe<br />

formato la Provincia <strong>di</strong> Bolzano, [...] nulla <strong>di</strong> quella decisione m’era stata comunicata<br />

o riseppi, ma mi giunse, come a tutti, improvvisa. [...] Contrariamente alla <strong>di</strong>ceria<br />

largamente <strong>di</strong>ffusa nel Trentino ch’io l’avessi provocata, non v’ebbi ingerenza alcuna.<br />

La seppi dai giornali» 125 .<br />

C’era una punta <strong>di</strong> malumore nell’affermazione <strong>di</strong> Tolomei, <strong>il</strong> quale,<br />

come massimo conoscitore dell’Alto A<strong>di</strong>ge, avrebbe voluto contribuire alla<br />

definizione <strong>della</strong> circoscrizione territoriale come aveva fatto nel primo<br />

dopoguerra, ma nella sostanza perché valutava i lavori preparatori come<br />

superficiali, sostenendo che «la delimitazione geografica delle provincie<br />

nuove fu opera d’una commissione, la quale, per quanto riguarda Bolzano<br />

e Trento, a chi e come siasi rivolta per dati e consultazione non so. A me no,<br />

né ad altri quassù» 126 . Se ci furono tecnici, e certamente ce ne furono,<br />

incaricati <strong>di</strong> tracciare linee <strong>di</strong> confine, <strong>di</strong> tenere conto <strong>di</strong> usi e tra<strong>di</strong>zioni, <strong>di</strong><br />

con<strong>di</strong>zioni geografiche e altre questioni, non <strong>di</strong>mostrarono <strong>di</strong> ascoltare <strong>il</strong><br />

personale conoscitore dei luoghi 127 . E anche questo comportamento non<br />

<strong>di</strong>mostrava riguardo per le autonomie locali.<br />

Risulta che dopo <strong>il</strong> primo annuncio dei confini territoriali delle<br />

provincie, Mussolini, probab<strong>il</strong>mente a seguito <strong>di</strong> rimostranze, nominò una<br />

commissione con l’incarico <strong>di</strong> riesaminare i confini geografici in modo più<br />

appropriato 128 . Ma <strong>il</strong> fatto che la commissione in un mese avesse rivisto la<br />

materia deliberando nuove aggregazioni e/o <strong>di</strong>saggregazioni, conferma<br />

ulteriormente che <strong>il</strong> piano generale peccò <strong>di</strong> approssimazione. Mentre per<br />

Aosta, Bolzano, Enna, Gorizia, Pescara, Ragusa, Rieti e Savona tutto rimase<br />

come era stato previsto dalla relazione del capo del governo, per le altre<br />

provincie furono operate mo<strong>di</strong>fiche anche notevoli 129 . Dopo queste<br />

osservazioni, si può affermare che <strong>il</strong> criterio prioritario adottato fu <strong>di</strong> lasciare<br />

intatti i circondari con i comuni originari <strong>di</strong> appartenenza, <strong>di</strong>saggregandoli<br />

dalle provincie del 1861 e aggregandoli alle nuove; in altri casi i comuni<br />

furono spostati da una Provincia all’altra badando alle <strong>di</strong>stanze dal<br />

capoluogo, ma non sempre le decisioni furono tecnicamente ineccepib<strong>il</strong>i. Il<br />

«s<strong>il</strong>enzio» o l’assenza <strong>di</strong> contestazioni da parte dei comuni non può essere<br />

addotto a conferma che le nuove provincie avevano trovato <strong>il</strong> consenso<br />

«unanime» delle popolazioni, giacché si ha la documentazione <strong>di</strong> delusioni<br />

99


Umberto Chiaramonte<br />

e malumori nelle città che attendevano la promozione a capoluogo e non la<br />

ebbero. Suona ambiguo <strong>il</strong> telegramma che Mussolini inviò ai prefetti perché<br />

non venissero effettuati festeggiamenti, probab<strong>il</strong>mente per <strong>il</strong> timore che si<br />

potessero verificare provocazioni o proteste <strong>di</strong> malcontento 130 , anche se<br />

l’abolizione <strong>di</strong> associazioni e partiti contrari al regime, approvata dal<br />

parlamento nel maggio1925, rendeva molto improbab<strong>il</strong>i sim<strong>il</strong>i reazioni.<br />

Mussolini, nel «<strong>di</strong>scorso dell’Ascensione» rivolto alla Camera <strong>il</strong> 26 maggio<br />

1927, <strong>di</strong>ede la sua spiegazione sulla istituzione <strong>di</strong> nuove provincie:<br />

Perché ho creato 17 nuove provincie? Per meglio ripartire la popolazione; perché questi<br />

centri, abbandonati a se stessi, producevano un’umanità che finiva per annoiarsi, e<br />

correva verso le gran<strong>di</strong> città, dove ci sono tutte quelle cose piacevoli e stupide che<br />

incantano coloro che appaiono nuovi alla vita. [...] Noi siamo più liberi in questa materia,<br />

e allora, fin dal nostro avvento, abbiamo mo<strong>di</strong>ficato quelle che erano le più assurde<br />

incongruenze storiche e geografiche dell’assetto amministrativo dello Stato italiano 131 .<br />

Il duce enunciò i criteri per l’istituzione delle nuove provincie che avevano<br />

riscosso l’entusiasmo delle popolazioni interessate, ma giustificò anche le<br />

«mut<strong>il</strong>azioni» derivate dal riassetto <strong>di</strong> alcune circoscrizioni territoriali, come<br />

per Genova, Firenze, Perugia, Lecce e per la soppressione <strong>della</strong> Provincia <strong>di</strong><br />

Caserta, unico caso nella storia d’Italia. Egli assunse tutte le responsab<strong>il</strong>ità per<br />

quel «rimescolamento» <strong>di</strong> città e comuni, sostenendo che<br />

la creazione <strong>di</strong> queste provincie è stata fatta senza pressioni degli interessati; è stato<br />

perfettamente logico che i Segretari federali siano stati festeggiati, ma non ne sapevano nulla.<br />

Ma che Mussolini abbia deciso autonomamente anche in base a simpatie<br />

politiche non può essere escluso del tutto 132 . Si pensi, ad esempio - oltre al<br />

caso <strong>di</strong> Enna e <strong>di</strong> Ragusa - alla promozione <strong>di</strong> Pescara, piccolo borgo <strong>di</strong><br />

pescatori e città natale <strong>di</strong> Gabriele D’Annunzio. Da alcune lettere intercorse<br />

tra <strong>il</strong> vate e <strong>il</strong> capo del fascismo si desume una promozione del tutto inattesa<br />

e ingiustificata. D’Annunzio aveva scritto una lettera al duce per pregarlo <strong>di</strong><br />

adoperarsi perché la sua<br />

Pescara si congiunga civicamente a Castellammare Adriatico e cospeggi una Provincia<br />

nuova. C’è su questa una mia prosa del 1882, se non sbaglio! Esau<strong>di</strong> me e la mia gente<br />

fiumatica e adriatica. Giacomo Acerbo, nel nome <strong>di</strong> Aterno, amplierà <strong>il</strong> feudo 133 .<br />

Mussolini, evitando la specifica richiesta <strong>di</strong> D’Annunzio, nella risposta<br />

espose temi <strong>di</strong> natura <strong>di</strong>versa, quasi non volesse prendere impegni, finché <strong>il</strong><br />

6 <strong>di</strong>cembre 1926 gli inviò <strong>il</strong> seguente telegramma:<br />

100


Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />

Oggi ho elevato la tua Pescara a capoluogo <strong>di</strong> Provincia. Te lo comunico perché credo<br />

che ti farà piacere. Ti abbraccio. Mussolini.<br />

Il vate gli rispose con entusiasmo e riconoscenza:<br />

Sono contentissimo <strong>della</strong> grande notizia e sono certissimo che la mia vecchia Pescara<br />

ringiovanita <strong>di</strong>venterà sempre più operosa e ar<strong>di</strong>mentosa per mostrarsi degna del<br />

priv<strong>il</strong>egio che oggi tu le accor<strong>di</strong>. Gabriele D’Annunzio.<br />

Soltanto una ricostruzione <strong>di</strong> storie locali, condotta con rigore e senza<br />

l’intenzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere posizioni municipalistiche, potrebbe aiutare a capire<br />

meglio meto<strong>di</strong>, costi e reazioni al decentramento del regime fascista. Ma un<br />

caso esemplare <strong>di</strong> decisioni clientelari è la contemporanea soppressione <strong>della</strong><br />

antica Provincia <strong>di</strong> Caserta che comprendeva una superficie <strong>di</strong> 526.872 ettari,<br />

190 comuni e 867.829 abitanti, <strong>di</strong>stribuiti nei cinque circondari <strong>di</strong> Caserta,<br />

Gaeta, Nola, Pie<strong>di</strong>monte d’Alife e Sora. Mussolini riferì alla Camera che nella<br />

soppressione <strong>della</strong> Provincia, Caserta aveva «dato uno spettacolo <strong>di</strong> composta<br />

<strong>di</strong>sciplina» e <strong>di</strong> aver «compreso che bisogna rassegnarsi ad essere un quartiere<br />

<strong>di</strong> Napoli» 134 . Forse non appare scorretto ipotizzare che all’origine <strong>della</strong><br />

soppressione non ci fossero soltanto criteri <strong>di</strong> risparmio e <strong>di</strong> semplificazione<br />

amministrativa enunciati ufficialmente, ma <strong>di</strong> accon<strong>di</strong>scendenza alla richiesta<br />

dei politici locali <strong>di</strong> un risarcimento dei torti subiti dalla ex capitale<br />

borbonica 135 , giacché sembra <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e ritenere che l’amministrazione<br />

provinciale partenopea sia stata semplificata aggregandole i 69 comuni del<br />

circondario <strong>di</strong> Caserta, i 23 <strong>di</strong> Nola e 11 <strong>di</strong> altri circondari 136 . Nonostante la<br />

palese contrad<strong>di</strong>zione, «Il Popolo d’Italia» esaltò la decisione del duce come un<br />

«programma <strong>di</strong> rinnovamento e <strong>di</strong> valorizzazione morale ed economica <strong>della</strong><br />

nostra meravigliosa città e <strong>di</strong> tutta la regione» 137 . L’organo del fascismo non<br />

badò a esporsi con un commento senza alcun fondamento storiografico<br />

quando sostenne che in questa decisione <strong>di</strong> Mussolini c’era la soluzione non<br />

solo <strong>della</strong> «secolare crisi napoletana, ma un poco [<strong>di</strong>] tutta la quistione<br />

meri<strong>di</strong>onale» 138 .<br />

Nel <strong>di</strong>scorso dell’Ascensione, a cui si è già fatto riferimento, <strong>il</strong> capo del<br />

governo <strong>di</strong>sse:<br />

Non appena fu pubblicato sui giornali l’elenco delle nuove provincie, sorsero dei<br />

desideri. Alcune città che si ritenevano degne <strong>di</strong> questo onore, lo sollecitarono. Ma io<br />

risposi con un telegramma ai notab<strong>il</strong>i <strong>di</strong> Caltagirone, <strong>di</strong>cendo che fino al 1932 <strong>di</strong> ciò<br />

non si sarebbe parlato. Perché nel 1932? Perché nel 1932, sarà finito <strong>il</strong> censimento che<br />

noi stiamo preparando sin da questo istante. [...] Ed allora molto probab<strong>il</strong>mente ci sarà<br />

101


Umberto Chiaramonte<br />

una nuova sistemazione delle provincie italiane, ci saranno città che <strong>di</strong>venteranno<br />

provincie, se le popolazioni saranno state laboriose, <strong>di</strong>sciplinate, prolifiche 139 .<br />

A parte <strong>il</strong> riferimento non casuale a Caltagirone (città <strong>di</strong> Luigi Sturzo e<br />

del suo ex amico e compagno <strong>di</strong> partito, ma oppositore del fascismo, Arturo<br />

Vella), che si era sentita «scippata» <strong>di</strong> una promozione che si attendeva da<br />

sempre 140 , <strong>il</strong> malumore interessò altre città come Lo<strong>di</strong>. In ogni caso,<br />

Mussolini mantenne la promessa e <strong>il</strong> 4 ottobre 1934 promosse a capoluogo<br />

<strong>di</strong> Provincia la citta<strong>di</strong>na <strong>di</strong> Littoria (Latina) che egli stesso aveva fondato <strong>il</strong><br />

5 apr<strong>il</strong>e 1932 in un territorio d<strong>il</strong>aniato dalle palu<strong>di</strong> e dalla malaria, che <strong>il</strong><br />

fascismo sanò nel quadro <strong>di</strong> una politica <strong>di</strong> bonifica integrale. Purtroppo,<br />

questa scelta, <strong>di</strong> chiaro sapore politico, rimise in <strong>di</strong>scussione le circoscrizioni<br />

del 1926 giacché alla Provincia furono assegnati 28 comuni 141 che<br />

appartenevano al circondario <strong>di</strong> Gaeta <strong>della</strong> soppressa Provincia <strong>di</strong> Caserta.<br />

L’art. 6 del decreto istitutivo assegnava al ministro dell’Interno <strong>di</strong>eci anni <strong>di</strong><br />

tempo per rivedere la circoscrizione e apportarvi le necessarie variazioni o la<br />

costituzione <strong>di</strong> nuovi comuni «senza l’osservanza <strong>della</strong> procedura<br />

prescritta». Come <strong>di</strong>re che, eventuali malumori e opposizioni sarebbero stati<br />

tenuti presenti entro un decennio.<br />

L’anno dopo, con r.d.l. del 1° apr<strong>il</strong>e 1935 n. 297, venne istituita un’altra<br />

circoscrizione provinciale con capoluogo Asti. Il territorio comprendeva i<br />

comuni del circondario <strong>di</strong> Asti, fino allora in Provincia <strong>di</strong> Alessandria, più<br />

altri 42 comuni scorporati dalle provincie limitrofe 142 . In conclusione, dal<br />

1923 al 1935, <strong>il</strong> fascismo istituì 26 nuove provincie dando alla nazione<br />

l’immagine <strong>di</strong> un governo capace <strong>di</strong> assumersi responsab<strong>il</strong>ità e decisioni<br />

impopolari su problemi in cui i governi liberali avrebbero rischiato la crisi.<br />

Il progetto del decentramento burocratico si concluse con la creazione <strong>di</strong><br />

quattro provincie <strong>della</strong> colonia libica: Tripoli, Misurata, Bengasi e Derna<br />

che con <strong>il</strong> r.d.l. del 7 giugno 1939 n. 70 vennero aggregate al territorio del<br />

Regno italiano 143 . Ma a fronte <strong>di</strong> quest’operazione <strong>di</strong> decentramento<br />

amministrativo, iniziò la soppressione o l’aggregazione dei piccoli comuni<br />

italiani ritenuti incapaci, per mancanza <strong>di</strong> risorse e <strong>di</strong> abitanti, a realizzare<br />

i nuovi compiti nel quadro dello sv<strong>il</strong>uppo nazionale 144 .<br />

Tuttavia, non si comprenderebbe l’affermazione più volte ripetuta sulla<br />

assenza <strong>di</strong> un progetto autonomista nella politica del fascismo, e non si<br />

capirebbe la vera finalità del decentramento amministrativo del regime se<br />

non si riflettesse sul segnale <strong>della</strong> svolta autoritaria nel potere locale sancito<br />

con la circolare del 5 gennaio 1927 ai prefetti, su cui gli storici e gli stu<strong>di</strong>osi<br />

102


Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />

del <strong>di</strong>ritto amministrativo hanno argomentato con una nutrita letteratura.<br />

Arnaldo Mussolini su «Il Popolo d’Italia» la definì «la pietra m<strong>il</strong>iare» <strong>della</strong><br />

politica interna, scrivendo:<br />

C’è nel nuovo documento una nob<strong>il</strong>tà <strong>di</strong> forma inusitata nei documenti ufficiali ed un<br />

elemento <strong>di</strong> sostanza assai raro nella prosa dei politici e degli statisti, una dose <strong>di</strong><br />

coraggio possib<strong>il</strong>e solamente nei forti condottieri che dominano le loro m<strong>il</strong>izie 145 .<br />

Se qualcuno aveva ritenuto che le nuove provincie rappresentassero un<br />

riconoscimento delle autonomie locali e che lo Stato fascista avrebbe<br />

<strong>di</strong>minuito la sua ingerenza sull’amministrazione periferica o anche ridotto<br />

<strong>il</strong> potere <strong>della</strong> burocrazia, dopo questa circolare si rese conto che attorno<br />

all’autorità del prefetto venne tessuta l’intelaiatura <strong>di</strong> un sistema <strong>di</strong> potere<br />

periferico forte a cui tutti dovevano fare riferimento, compresi i gerarchi del<br />

Pnf. Chi aveva rimproverato a Giolitti l’uso politico dei prefetti, ora poteva<br />

rendersi conto che le cose erano peggiorate, giacché «trasformazione <strong>della</strong><br />

società e trasformazione <strong>della</strong> politica coincidevano» 146 . Se <strong>il</strong> fascismo era<br />

partito con la promessa <strong>di</strong> semplificare e riformare la burocrazia, <strong>il</strong> risultato<br />

finale era stato l’opposto, avendo contribuito a incrementarla 147 . Lo Stato<br />

sarebbe stato percepito dai citta<strong>di</strong>ni attraverso la burocrazia, poiché i suoi<br />

organi venivano assim<strong>il</strong>ati a quelli del Pnf 148 . Uno sguardo alla rassegna<br />

stampa <strong>di</strong> quei giorni <strong>di</strong>mostra <strong>il</strong> generale plauso che la circolare ottenne non<br />

solo per la chiarezza lessicale che superava <strong>il</strong> linguaggio <strong>della</strong> burocrazia, ma<br />

anche per aver dato le regole chiare <strong>di</strong> comportamenti collettivi 149 . Il<br />

«Corriere <strong>della</strong> sera» colse <strong>il</strong> nodo del problema definendo <strong>il</strong> prefetto un<br />

«gerarca» al servizio dello Stato-partito, con competenze specifiche che<br />

escludevano la possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> conflitti tra partito fascista e pubblica autorità.<br />

Difatti, la circolare assegnava al prefetto <strong>il</strong> compito <strong>di</strong> impegnarsi «nella<br />

<strong>di</strong>fesa del regime contro tutti coloro che tendano ad insi<strong>di</strong>arlo e a<br />

indebolirlo». Non era soltanto <strong>il</strong> rappresentante del governo in periferia, ma<br />

anche <strong>il</strong> capo del partito, e questo compito Mussolini lo <strong>il</strong>lustrò<br />

personalmente ai neo-prefetti delle 17 provincie convocati a Roma in quei<br />

giorni, per spronarli ad un impegno che superasse l’ambito burocratico.<br />

Non è certamente questo <strong>il</strong> luogo per <strong>di</strong>scutere <strong>il</strong> ruolo dei prefetti nella<br />

storia d’Italia, né verificarlo in rapporto al governo locale, perché altri stu<strong>di</strong><br />

hanno affrontato la questione 150 . Va detto che nella costituzione delle nuove<br />

provincie <strong>il</strong> duce ponderò con cura la scelta dei prefetti perché aveva la<br />

consapevolezza del grave compito che li attendeva. Ciò potrebbe essere<br />

103


Umberto Chiaramonte<br />

TABELLA n. 3 - Prefetti, funzionari <strong>di</strong> partito e del sindacato nelle nuove<br />

provincie (1927)<br />

provincia federale provinciale segretario sindacato prefetto<br />

Aosta Luigi Ramallini Domenico Mait<strong>il</strong>asso Stefano Pirretti<br />

laurea ingegneria sindacalista già vicepref. <strong>di</strong> Bergamo<br />

Bolzano Muzio Levoni Enrico Zenanetti Umberto Ricci<br />

ferroviere sindacal. laureato già prefetto <strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne<br />

Brin<strong>di</strong>si Giuseppe Simone Edoardo Polacco Ernesto Perez<br />

laurea me<strong>di</strong>cina, ex ragioniere, prefetto <strong>di</strong> Parma reggente<br />

cons. com. e assess. fascista dal 1919<br />

Enna Giovanna Monastra Alceo Castellani Gius. Rogges<br />

avvocato, M<strong>il</strong>izia Volontaria sindacalista già prefetto<br />

Frosinone Nicolò Maraini Andrea C<strong>il</strong>ento Ubaldo Bellini<br />

avvocato mut<strong>il</strong>ato <strong>di</strong> guerra già prefetto<br />

ex segr.comunale<br />

Gorizia Barduzzi Luigi Di Castri Anselmo Cassini<br />

deputato professore già vice prefetto<br />

La Spezia Italo Foschi Cesare Giovara<br />

avvoc. giornalista già prefetto<br />

Matera Gerardo Loreto Rosario Rossi<br />

deputato, laurea scienze già prefetto<br />

sociali e legge, med. bronzo Alberto Maroni<br />

già prefetto<br />

Nuoro Salvatore Siotto, Cassio Spagnoli Ottavio Dinale<br />

deputato sindacalista interventista fascista<br />

Gianni Tinca<br />

ingegnere<br />

Pescara Raffaele Staccioli Luigi Vancini Em<strong>il</strong>io Severini<br />

ingegnere deputato fascista<br />

Tito C. Canovai<br />

Pistoia Leopoldo Bozzi Mario Bartoli Mauro Di Sanza<br />

avvocato sindacalista, fasci combattimento già vicepref. Benevento<br />

Ragusa Luigi Lupis Forestieri Gaetano De Blasio<br />

camicia nera, ex combattente già commissario com. <strong>di</strong> Bergamo<br />

Rieti Mario Marcucci Guglielmo Pezzoli Francesco Venuta<br />

avvocato sindacalista già prefetto <strong>di</strong> Trapani<br />

Savona Alessandro Lessona Edoardo Cecconi Lorenzo Lavia<br />

deput.- capo gabinetto volontario già vicepref. <strong>di</strong> Cosenza<br />

min. Guerra, laurea legge I a guerra mon<strong>di</strong>ale<br />

Taranto Ces. Blandamura Giuseppe Chiappelli Umberto Albini<br />

chirurgo professore già prefetto, squadrista<br />

M<strong>il</strong>ziade Magnini<br />

Terni Elia Rossi Passavanti Am<strong>il</strong>care Rossi Michele Internicola<br />

conte, deput., med.oro, mut<strong>il</strong>ato medaglia d’oro già vicepref. <strong>di</strong> Genova<br />

Varese Aurelio Bianchi<br />

ex uff. alpini<br />

Vercelli Fulvio Tomasucci Edoardo Malusar<strong>di</strong> Empedocle Lauricella<br />

medaglia d’oro sindacalista già pref. <strong>di</strong> Rovigo<br />

Angelo d’Eufemia<br />

ingegnere<br />

Viterbo F<strong>il</strong>ippo Ascenzi Giuseppe Barbacci Gennaro Di Donato<br />

ingegnere avvocato prefetto<br />

FONTE: Rielaborazione da fonti <strong>di</strong>verse.<br />

104


Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />

<strong>di</strong>mostrato esaminando, se lo spazio lo consentisse, <strong>il</strong> curriculum <strong>di</strong> ciascuno<br />

<strong>di</strong> loro, facendo emergere i meriti acquisiti sia nella carriera ministeriale che<br />

nel partito fascista, senza escludere la partecipazione alla prima guerra<br />

mon<strong>di</strong>ale e alle lotte fasciste fino alla marcia su Roma. In sintesi si può<br />

affermare che si trattava <strong>di</strong> persone che avevano maturato una esperienza <strong>di</strong><br />

buon livello nell’amministrazione pubblica o all’interno del Pnf, come era<br />

giusto che fosse, visto che su <strong>di</strong> loro pesava l’onere <strong>di</strong> «creare» dal nulla gli<br />

uffici provinciali e assicurare l’ubicazione <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> uffici del Pnf.<br />

Mussolini scelse persone <strong>di</strong> cui poteva fidarsi in modo assoluto: per lo più<br />

erano funzionari che, al momento <strong>di</strong> prendere servizio nella nuova<br />

Provincia, avevano un’età tra i 32 e i 48 anni, dunque abbastanza giovani per<br />

assim<strong>il</strong>are lo spirito del cambiamento che <strong>il</strong> fascismo aveva voluto imporre<br />

alla funzione prefettizia. Ma, come avvenne per i podestà, col settembre<br />

1927 alcuni prefetti <strong>di</strong> carriera vennero sostituiti da fascisti m<strong>il</strong>itanti, anche<br />

se spesso affermati per esperienza e preparazione.<br />

Altrettanta cura <strong>il</strong> fascismo ebbe nell’inviare nelle nuove provincie i<br />

segretari federali del partito e i responsab<strong>il</strong>i sindacali, a conferma che la<br />

Provincia non era ritenuta soltanto un organo <strong>di</strong> decentramento<br />

amministrativo, ma una base per <strong>il</strong> controllo <strong>della</strong> nazione, del partito e <strong>della</strong><br />

produzione. I segretari politici e sindacali erano <strong>di</strong> sicura fede fascista, per<br />

lo più laureati, inseriti nelle libere professioni, oppure m<strong>il</strong>itanti <strong>di</strong>stintisi con<br />

medaglia d’oro nella grande guerra o nelle battaglie per l’affermazione del<br />

partito, e in qualche caso fondatori dei primi fasci. Dalla tabella n. 3 si<br />

desume la composizione <strong>della</strong> classe politica delle nuove provincie a<br />

conferma che non doveva esserci alcuna <strong>di</strong>stinzione tra burocrazia<br />

amministrativa e burocrazia <strong>di</strong> partito e sindacale, in modo da rafforzare <strong>il</strong><br />

progetto totalitario <strong>di</strong> una intima connessione tra Stato e nazione. Un’altra<br />

caratteristica <strong>di</strong> questi funzionari <strong>di</strong> partito fu la loro mob<strong>il</strong>ità in quanto<br />

vennero ut<strong>il</strong>izzati a seconda delle necessità; contrariamente a quanto<br />

avvenne per la nomina dei podestà, quasi sempre originari del medesimo<br />

Comune o <strong>della</strong> Provincia, federali e sindacalisti all’inizio vennero spostati<br />

da una Provincia all’altra un po’ come i prefetti, ut<strong>il</strong>izzando le competenze<br />

che avevano acquisito nelle <strong>di</strong>verse località. Successivamente, prevalse la<br />

volontà «<strong>di</strong> dare maggiore stab<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> sede ai Prefetti» 151 e ai funzionari <strong>di</strong><br />

partito per evitare la precarietà dei loro compiti.<br />

Un elemento che giocò a vantaggio dei centri promossi a capoluogo fu<br />

certamente quello dell’affermazione del Pnf nel territorio. Al <strong>di</strong> là delle<br />

provincie delle terre liberate, in quanto l’istituzione rientrava nel<br />

105


Umberto Chiaramonte<br />

programma dei governi liberali a cui <strong>il</strong> fascismo aderì per risarcire quei<br />

territori dall’occupazione straniera, soffermiamo l’attenzione sulle<br />

provincie erette tra <strong>il</strong> 1923 e <strong>il</strong> 1927. Il «Foglio d’Or<strong>di</strong>ni» del 14 ottobre<br />

1926 rese nota la rete organizzativa del Pnf fino a quel periodo, in<strong>di</strong>cando<br />

9.472 Fasci <strong>di</strong> Combattimento con 937.967 tesserati; 1.185 Gruppi<br />

femmin<strong>il</strong>i con 53.391 iscritte; 4.390 Avanguar<strong>di</strong>e con 211.189 iscritti;<br />

4.058 Gruppi Bal<strong>il</strong>la e Piccole Italiane con 269.166 iscritti 152 . La tabella n.<br />

4 riporta i dati statistici del Pnf nelle nuove provincie 153 .<br />

106<br />

La Provincia come fattore <strong>di</strong> sv<strong>il</strong>uppo territoriale<br />

I prefetti delle nuove provincie dovettero pre<strong>di</strong>sporre e attivare contatti<br />

con le autorità citta<strong>di</strong>ne e con i privati perché venissero in<strong>di</strong>viduati i locali<br />

adatti per ospitare tutti gli uffici del decentramento burocratico, finanziario<br />

TABELLA n. 4 - Dati sull'organizzazione del Pnf nelle nuove provincie<br />

Provincia Fasci numero Avanguar<strong>di</strong>sti Bal<strong>il</strong>la Piccole Fasci lavoratori<br />

(n. sez.) iscritti (n. sez.) (n. sez.) Italiane femmin. sindacalizzati<br />

(n. sez.)<br />

Aosta 120 6.000 3.000 5.000 5.000 1.500<br />

Bolzano 160 178 (62) 2.000<br />

Brin<strong>di</strong>si 25 7.000 1.000 1.000 22.000<br />

Enna 22 4.712 1.032 3.200 (3) 2.895 312 (6) 7.000<br />

Frosinone 94 16.000 1.000 4.053 (3) 1.000 (30+14)<br />

Gorizia 36 3.000 1.300 3.000 3.000<br />

La Spezia 32 5.900 2.700 3.000 650 500 (15)<br />

Matera 32 5.210 1.000 1.200 600 700 (20)<br />

Nuoro 10.000<br />

Pescara 50 5.600 1.377 (41) 1.200 600 (28)<br />

Pistoia 54 5.500 1.500 2.000<br />

Ragusa 12 6.700 2.800 2.300 2.070<br />

Rieti 120 8.000 1.200(56) 1.243(38) 475(18) 1.120(45) 2.700<br />

Savona 172 5.000 20.000<br />

Taranto 30 7.000 1.500 2.500 1.200 700<br />

Terni 140 5.500 1.200 2.000 1.500 500(15) 11.000<br />

Varese 102 9.000 8.000 11.000 4.000 35.000<br />

Vercelli 145 8.200 4.000 (500) (8) 70 25.000<br />

Viterbo 69 8.000 1.300 1.000 500 (22)<br />

FONTE: SANDRO GIULIANI, Le <strong>di</strong>ciannove provincie create dal Duce, Tip. «Popolo d’Italia», M<strong>il</strong>ano 1928.


Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />

(Banca d’Italia, Intendenza <strong>di</strong> finanza), dell’impren<strong>di</strong>toria (Camera <strong>di</strong><br />

commercio), <strong>della</strong> scuola, dell’assistenza e del lavoro, delle assicurazioni<br />

nazionali, <strong>della</strong> polizia. Ma c’era anche <strong>il</strong> problema <strong>della</strong> sistemazione dei<br />

funzionari e degli impiegati degli uffici, che agli inizi vennero presi tra coloro<br />

che risultavano in soprannumero nelle provincie originarie, ma che<br />

comunque dovevano spostarsi da soli o con le loro famiglie. Occorreva<br />

mettere in moto una poderosa macchina organizzativa che, nonostante le<br />

promesse <strong>di</strong> non gravare sul b<strong>il</strong>ancio dello Stato, ebbe un prezzo altissimo.<br />

Non mancò <strong>di</strong> evidenziare questi problemi la «Rivista delle Provincie» nel<br />

marzo 1927, soffermandosi soprattutto sul riassetto delle strade <strong>di</strong><br />

pertinenza del nuovo ente locale 154 . Sia pure con le dovute cautele, la<br />

«Rivista» aprì un <strong>di</strong>battito sul nuovo quadro <strong>di</strong> decentramento<br />

amministrativo, sostenendo che per creare una Provincia non era sufficiente<br />

<strong>il</strong> «criterio <strong>della</strong> territorialità senza tener conto del fattore storico» e che per<br />

avere un ceto impiegatizio occorreva un nuovo impulso del Pnf e del<br />

sindacato per arrivare alla soluzione del problema con coman<strong>di</strong> e contratti<br />

funzionali 155 .<br />

Tra l’8 e <strong>il</strong> 10 <strong>di</strong>cembre 1926, vale a <strong>di</strong>re imme<strong>di</strong>atamente dopo<br />

l’istituzione delle provincie, Mussolini presentò al consiglio dei ministri lo<br />

schema <strong>di</strong> decreto che stab<strong>il</strong>iva la data <strong>della</strong> cessazione delle amministrazioni<br />

or<strong>di</strong>narie e straor<strong>di</strong>narie e dell’inizio delle funzioni <strong>di</strong> podestà e delle<br />

Consulte municipali nei capoluoghi <strong>di</strong> provincia 156 . La facoltà <strong>di</strong> stab<strong>il</strong>ire la<br />

data <strong>della</strong> cessazione delle amministrazioni or<strong>di</strong>narie e straor<strong>di</strong>narie venne<br />

delegata al capo del governo e ministro dell’Interno 157 . Per quanto riguarda<br />

i locali per <strong>il</strong> funzionamento degli uffici provinciali, <strong>il</strong> governo non aveva<br />

pre<strong>di</strong>sposto nulla, e quattro mesi dopo si limitò ad emanare un regio decreto<br />

legge ad hoc che autorizzava i prefetti a requisire alcuni e<strong>di</strong>fici in caso <strong>di</strong><br />

pubblica necessità 158 . Mussolini era stato messo a conoscenza che alcuni<br />

nuovi capoluoghi mancavano ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici <strong>di</strong> rappresentanza per<br />

ospitare la sede del palazzo <strong>della</strong> prefettura e degli altri uffici. Dalla<br />

documentazione d’archivio emerge con evidenza questa <strong>di</strong>fficoltà<br />

soprattutto in quei centri, come Enna, Ragusa, Matera, Nuoro, Pescara, che<br />

non si aspettavano <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare capoluoghi.<br />

Mentre per la sistemazione e <strong>il</strong> funzionamento degli uffici pubblici <strong>il</strong><br />

governo andò incontro alle esigenze dando facoltà ai prefetti <strong>di</strong> requisire i<br />

locali in base all’urgenza e alla necessità del servizio pubblico, <strong>il</strong> reperimento<br />

<strong>di</strong> alloggi per <strong>il</strong> personale fu cosa più ardua giacché, dove non fu possib<strong>il</strong>e<br />

usufruire <strong>di</strong> alloggi urbani, i prefetti ricorsero al decreto del 4 marzo 1923<br />

107


Umberto Chiaramonte<br />

n. 496 che estendeva alle nuove provincie <strong>della</strong> Venezia Giulia e Tridentina<br />

e <strong>della</strong> Dalmazia <strong>il</strong> r.d. 7 gennaio 1923, n. 8, contenente <strong>di</strong>sposizioni circa<br />

le locazioni urbane. Si trattava <strong>di</strong> norme tese a tutelare maggiormente quanti<br />

avevano preso alloggi in affitto, <strong>il</strong> che non voleva <strong>di</strong>re automatica<br />

<strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> alloggi, che mancavano in alcuni capoluoghi più piccoli,<br />

dove lievitarono i prezzi <strong>di</strong> locazione dando la stura ai contenziosi.<br />

Tralasciando un esame completo nelle <strong>di</strong>verse provincie, se ne citano alcuni<br />

verificatisi nei capoluoghi meno dotati <strong>di</strong> infrastrutture, dove la carenza<br />

delle abitazioni fu maggiormente avvertita. Ad Enna, <strong>il</strong> prefetto in<strong>di</strong>viduò<br />

l’ex monastero <strong>di</strong> San Benedetto come <strong>il</strong> più adatto per inse<strong>di</strong>arvi<br />

l’Intendenza <strong>di</strong> finanza, ma l’e<strong>di</strong>ficio, che dal 1893 era stato ceduto al<br />

ministero <strong>della</strong> Guerra per farne un magazzino <strong>di</strong> artiglieria, era stato poi<br />

restituito al Comune nel 1920 e da questo destinato alla Congregazione <strong>di</strong><br />

carità, perché vi venisse istituito un ricovero per gli inab<strong>il</strong>i del lavoro 159 .<br />

Dalla vertenza si evince che la Congregazione <strong>di</strong> carità non riconobbe<br />

applicab<strong>il</strong>e la legge del 16 giugno 1927 n. 948 che aveva calmierato i canoni<br />

per gli e<strong>di</strong>fici privati in quanto l’ex monastero era da ritenersi un e<strong>di</strong>fico<br />

pubblico perché gestito da un ente morale. Il prefetto informò la presidenza<br />

del consiglio che si era ad<strong>di</strong>venuti ad una transazione con la Congregazione<br />

che avrebbe affittato una parte soltanto dell’e<strong>di</strong>ficio al canone <strong>di</strong> lire 12.000<br />

annue (poi elevato a lire 14.000 per aver concesso agli uffici anche l’orto),<br />

ma sempre con l’obbligo <strong>di</strong> assumersi l’onere <strong>della</strong> ristrutturazione. Dopo<br />

questo accordo, <strong>il</strong> prefetto comunicò che la richiesta doveva ritenersi esigua,<br />

«tenuto conto del numero degli ambienti, <strong>della</strong> loro ubicazione» e dei prezzi<br />

correnti in città. In buona sostanza, la Congregazione aveva «ceduto per un<br />

doveroso senso <strong>di</strong> <strong>di</strong>sciplina e per mostrare la migliore <strong>di</strong>sposizione per<br />

l’impianto degli uffici pubblici», dopo che egli stesso aveva consigliato gli<br />

amministratori a «cooperare» 160 .<br />

Nella stessa città, un’altra vertenza scaturì dalla necessità <strong>di</strong> sistemare <strong>il</strong><br />

carcere mandamentale, ubicato nel castello detto «Lombar<strong>di</strong>a», ma<br />

<strong>di</strong>chiarato monumento nazionale, e per questo motivo la sovrintendenza ai<br />

monumenti <strong>di</strong> Palermo non fu propensa a dare <strong>il</strong> nulla osta per adattarlo,<br />

chiedendo anzi l’imme<strong>di</strong>ato sgombero per ripristinarlo 161 . Sicché <strong>il</strong> prefetto,<br />

vedendosi pressato dalla richiesta <strong>della</strong> Procura che riteneva prioritaria la<br />

sistemazione dei carcerati, in<strong>di</strong>viduò nell’ex monastero delle Figlie del<br />

popolo la soluzione migliore. Ma questo apparteneva al ministero <strong>della</strong><br />

Guerra che non volle cederlo in quanto era a<strong>di</strong>bito a magazzino <strong>di</strong> materiale<br />

m<strong>il</strong>itare. Il prefetto dovette intervenire anche per sistemare una sezione del<br />

108


Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />

Genio civ<strong>il</strong>e interessando la presidenza del consiglio in quanto l’ufficio era<br />

ritenuto «assolutamente in<strong>di</strong>spensab<strong>il</strong>e per dare un più <strong>di</strong>retto ed efficace<br />

impulso ai lavori pubblici che [erano] in corso <strong>di</strong> attuazione e che [avrebbero<br />

dovuto] in seguito attuarsi e la cui urgente esecuzione [era] reclamata dalle<br />

peculiari con<strong>di</strong>zioni in cui [era] venuta a trovarsi la Provincia stessa» 162 .<br />

Anche <strong>il</strong> caso <strong>della</strong> città <strong>di</strong> Ragusa, ugualmente carente <strong>di</strong> infrastrutture,<br />

è <strong>il</strong>luminante <strong>di</strong> quanto si va <strong>di</strong>cendo, soprattutto riguardo alle abitazioni<br />

degli impiegati. Il prefetto sin dal <strong>di</strong>cembre 1926 aveva informato <strong>il</strong> capo del<br />

governo sulla <strong>di</strong>fficoltà per gli impiegati <strong>di</strong> trovare un alloggio, per cui chiese<br />

l’intervento dello Stato 163 , ma la situazione non si sbloccava. Con una<br />

successiva lettera espose i bisogni imme<strong>di</strong>ati <strong>della</strong> nuova Provincia:<br />

La elevazione <strong>di</strong> questo Comune a capoluogo <strong>di</strong> Provincia, ha prodotto una notevole<br />

richiesta <strong>di</strong> case per l’impianto <strong>di</strong> uffici pubblici e per le abitazioni <strong>di</strong> impiegati. La<br />

mancanza assoluta <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici demaniali ha reso molto <strong>di</strong>fficoltosa la ricerca dei locali per<br />

i pubblici uffici; la Prefettura ha fino ai primi dello scorso apr<strong>il</strong>e funzionato in quelli<br />

<strong>della</strong> cessata sottoprefettura presi in fitto dal Comune, e solo ora è stata trasferita<br />

nell’unico e<strong>di</strong>ficio non perfettamente adatto <strong>di</strong> privata proprietà concesso dopo lunghe<br />

trattative ed a con<strong>di</strong>zioni onerose dal proprietario <strong>il</strong> quale lo occupava in parte, pochi<br />

giorni prima <strong>della</strong> pubblicazione del r.d.L. 14 apr<strong>il</strong>e 1927 n. 597 col quale è stata<br />

autorizzata la requisizione <strong>di</strong> locali per pubblici uffici nei capoluoghi delle nuove<br />

provincie 164 .<br />

La questura dovette essere sistemata nei locali <strong>della</strong> ex sottoprefettura e<br />

quin<strong>di</strong> per un certo periodo operò gomito a gomito con la prefettura e con<br />

l’intendenza <strong>di</strong> finanza per la quale <strong>il</strong> prefetto entrò «in trattative per la<br />

concessione in affitto <strong>di</strong> un fabbricato <strong>di</strong> proprietà <strong>di</strong> una casa religiosa posta<br />

all’estremo dell’abitato e <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e accesso». Né fu cosa semplice sistemare<br />

l’ufficio <strong>di</strong> leva, l’ufficio metrico, l’Opera nazionale maternità e infanzia,<br />

l’Opera nazionale bal<strong>il</strong>la, la Cattedra ambulante <strong>di</strong> agricoltura, «ecc.,<br />

ecc.» 165 . Se questa era la situazione <strong>di</strong> partenza, cosa sarebbe avvenuto<br />

quando tutto l’impianto amministrativo <strong>della</strong> nuova Provincia si sarebbe<br />

completato con l’arrivo <strong>di</strong> impiegati e famiglie? Le case scarseggiavano<br />

perché qui quasi tutte le famiglie occupano case proprie, ma in conseguenza <strong>della</strong><br />

richiesta, che qui non si era mai verificata, e <strong>della</strong> scarsezza dell’offerta, le pigioni<br />

richieste sono esegeratissime, non conc<strong>il</strong>iab<strong>il</strong>i con le modeste risorse degli impiegati<br />

richiedenti.<br />

109


Umberto Chiaramonte<br />

Secondo <strong>il</strong> prefetto, a parte la qualità «molto scadente delle case offerte,<br />

i canoni d’affitto erano lievitati come nelle gran<strong>di</strong> città e si aggiravano o<br />

superavano le 1000 lire annue per vano «considerando per tali anche quelli<br />

accessori». Sicché, molti funzionari <strong>della</strong> prefettura vivevano in albergo non<br />

avendo e non potendo chiamare le rispettive famiglie.<br />

In questo marasma, egli non trovò altra soluzione che consigliare<br />

l’approvazione <strong>di</strong> un nuovo decreto conforme al n. 597 che «consenta fino al<br />

31 <strong>di</strong>cembre 1927 ai Prefetti delle nuove Provincie <strong>di</strong> requisire nei capoluoghi<br />

per abitazione dei pubblici impiegati, le case <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>i o quella parte <strong>di</strong> esse<br />

che non risulti necessaria al proprietario od al locatario che occupa<br />

attualmente». Non che non si rendesse conto <strong>della</strong> «gravità <strong>della</strong> proposta» che<br />

ricordava i <strong>di</strong>sastri tellurici, ma ribadì che la situazione aveva portato uno stato<br />

<strong>di</strong> esasperazione negli impiegati. Il sottosegretario alla Presidenza, Giacomo<br />

Suardo, gli fece comunicare che aveva informato per iscritto <strong>il</strong> ministro<br />

dell’Interno e quello <strong>della</strong> Giustizia 166 , ma la risposta del primo ministro fu che<br />

la proposta era stata esaminata anche durante la redazione del decreto n. 597,<br />

ma anche allora risultò impraticab<strong>il</strong>e «perché apparve destituita <strong>di</strong> giuri<strong>di</strong>co<br />

fondamento», giacché la requisizione si giustificava soltanto nell’ipotesi <strong>di</strong><br />

«imme<strong>di</strong>ata ed obbiettiva» necessità, cosa che non era prevista per le abitazioni<br />

degli impiegati 167 . Per <strong>il</strong> ministro dell’Interno si trattò <strong>di</strong> un problema che<br />

rientrava «nel complesso problema dei fitti; e [andava] risolto, in via generale,<br />

con meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso contenuto economico e giuri<strong>di</strong>co da quello delle<br />

requisizioni». In sostanza, <strong>il</strong> ministero non volle esorbitare dai canali giuri<strong>di</strong>ci<br />

sapendo che, se fosse stata applicata la norma delle requisizioni, si sarebbe<br />

scatenato <strong>il</strong> malcontento generale. <strong>Del</strong> resto, come per Enna, anche per Ragusa<br />

e altre provincie, si moltiplicarono i ricorsi e gli esposti per espropri che<br />

vennero effettuati con compensi irrisori 168 .<br />

Altri problemi <strong>di</strong> grande r<strong>il</strong>ievo si presentarono a Matera, a Nuoro e a<br />

Pescara, ma lo spazio non consente un esame anche parziale <strong>di</strong> essi. A fronte<br />

<strong>di</strong> queste urgenze, nei nuovi capoluoghi vennero effettuati investimenti per<br />

portare a termine le necessarie opere pubbliche che <strong>di</strong>edero lavoro a una<br />

nutrita manodopera, mettendo in moto un’economia che fino allora era<br />

stata stagnante. Cominciarono a pervenire nei capoluoghi i contributi del<br />

governo per la scelta delle aree per la costruzione dei primi e<strong>di</strong>fici pubblici<br />

e per le case degli impiegati, come testimonia un documento del prefetto <strong>di</strong><br />

Enna, mentre al duce vennero tributati i riconoscimenti <strong>di</strong> un consenso che<br />

in quei territori sarebbe durato a lungo 169 . Non è semplice effettuare un<br />

calcolo <strong>di</strong> quanto venne a pesare nella b<strong>il</strong>ancia dei pagamenti questo<br />

110


Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />

immenso cantiere pubblico; solo una serie <strong>di</strong> ricerche locali potrebbe<br />

documentarlo. Sulla Provincia <strong>di</strong> Matera è stato scritto:<br />

Ad accrescere <strong>il</strong> successo del Fascismo in Lucania contribuì l’elevazione a rango <strong>di</strong><br />

capoluogo <strong>della</strong> città <strong>di</strong> Matera nel 1927. [...] La città si abbellì <strong>di</strong> nuove opere (la<br />

Camera <strong>di</strong> Commercio, <strong>il</strong> Palazzo <strong>della</strong> Prefettura, la Banca d’Italia, la sede del Banco<br />

<strong>di</strong> Napoli), riaffermando spesso lo st<strong>il</strong>e ‘novecento’ dei primi anni del secolo. Nel 1928,<br />

due tre anni prima delle realizzazioni citate, fu costruita la sede dell’Amministrazione<br />

provinciale. Nel 1926 la città <strong>di</strong> Matera ebbe l’acqua con allacciamento all’acquedotto<br />

pugliese, <strong>il</strong> Monumento ai Caduti e l’anno dopo fu inaugurato, alla presenza <strong>di</strong><br />

Vittorio Emanuele III, l’ospedale civ<strong>il</strong>e 170 .<br />

Sebbene gli abitanti dei sassi nella città vecchia non cambiassero le loro<br />

abitu<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> vita nell’imme<strong>di</strong>ato, in connessione con la creazione <strong>della</strong> nuova<br />

Provincia iniziò un periodo <strong>di</strong> lavori ed<strong>il</strong>izi che frenò, in parte, l’emigrazione<br />

verso le Americhe giacché «almeno <strong>di</strong>ecim<strong>il</strong>a operai trovarono, se non tutto<br />

l’anno, lavoro nei gran<strong>di</strong> cantieri ed<strong>il</strong>izi che costruivano strade, ponti, nuovi<br />

palazzi, acquedotti. [...] Matera fece passi da gigante in quel periodo. Il<br />

Governo la dotò <strong>di</strong> tutti i servizi che un capoluogo <strong>di</strong> Provincia deve avere» 171 .<br />

Un altro tema non superfluo riguarderebbe i casi <strong>di</strong> impresari e professionisti<br />

che trassero alti guadagni da quest’immenso cantiere, ma anche in questo<br />

versante soltanto ricerche particolareggiate sulle nuove provincie potrebbero<br />

dare un quadro completo <strong>di</strong> quanto qui si ipotizza 172 . Fenomeni <strong>di</strong><br />

clientelismo e <strong>di</strong> conflitto <strong>di</strong> interessi, o <strong>di</strong> speculazione, non mancarono, ma<br />

sostanzialmente la popolazione vide crescere le proprie città, le vide<br />

ammodernare e rese più belle e vivib<strong>il</strong>i. Crebbero i commerci e le attività<br />

economiche e industriali, per cui si può affermare che l’elevazione a capoluogo<br />

<strong>di</strong> provincia <strong>di</strong>venne motivo <strong>di</strong> sv<strong>il</strong>uppo. Questa ripresa si verificò ovunque<br />

e, sebbene una parte delle innovazioni venisse finanziata dai citta<strong>di</strong>ni sotto<br />

forma <strong>di</strong> tasse varie che aumentarono 173 , la costituzione <strong>di</strong> nuove provincie<br />

confermò l’opinione popolare e degli amministratori pubblici che fosse<br />

un’occasione per <strong>il</strong> salto <strong>di</strong> qualità <strong>della</strong> vita economica e sociale del territorio.<br />

Tra le spese più alte che le provincie dovettero affrontare ci fu quella <strong>della</strong><br />

manutenzione delle strade provinciali, ma ciò sarebbe stato possib<strong>il</strong>e<br />

garantendo alle amministrazioni un maggiore gettito fiscale 174 .<br />

La richiesta <strong>di</strong> poter contare su un’entrata più consistente fu una<br />

lamentela pressoché costante nella vita degli enti locali 175 . È un fatto che la<br />

comparazione <strong>di</strong> alcuni descrittori (demografici, occupazionali, del red<strong>di</strong>to,<br />

dei salari, del numero delle industrie, ecc.) tra <strong>il</strong> 1927 e gli anni successivi,<br />

111


Umberto Chiaramonte<br />

conferma che le città capoluogo registrarono un salto <strong>di</strong> qualità in<br />

connessione e a partire dalla loro promozione. Per avere un’idea del denaro<br />

che circolava nelle città capoluogo per la presenza <strong>di</strong> uffici amministrativi,<br />

giu<strong>di</strong>ziari e caserme, si pensi che le spese <strong>di</strong> mantenimento degli uffici <strong>di</strong><br />

prefettura, e <strong>di</strong> alcuni uffici connessi (alloggi dei prefetti, affitto delle<br />

prefetture, caserma carabinieri, ecc.), complessivamente in Italia erano state<br />

calcolate in svariati m<strong>il</strong>ioni 176 . Nei capoluoghi si concentrarono iniziative<br />

commerciali, industriali e artigiane, e aumentò notevolmente <strong>il</strong> personale<br />

amministrativo sia pubblico che privato e quello dei servizi (scuola, sanità,<br />

libere professioni, impiegati nel settore cre<strong>di</strong>tizio e assicurativo). Il settore<br />

ed<strong>il</strong>e fu tra i più <strong>di</strong>namici: oltre alla costruzione <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici pubblici, le<br />

domande <strong>di</strong> case in affitto o in ven<strong>di</strong>ta misero in moto l’intero settore che<br />

assunse <strong>il</strong> ruolo trainante <strong>della</strong> nuova economia locale: lievitarono gli affitti<br />

e i prezzi delle aree fabbricab<strong>il</strong>i, mentre gli squ<strong>il</strong>ibri tra le provincie del Nord<br />

e quelle del Sud (non solo in termini economici o <strong>di</strong> infrastrutture, ma anche<br />

<strong>di</strong> cultura e alfabetizzazione) si ridussero in maniera irrisoria. Per tutti si<br />

potrebbe citare <strong>il</strong> caso <strong>di</strong> Pescara che nei decenni posteriori alla sua<br />

promozione è assurta a città dotata <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> infrastrutture (porto turistico,<br />

università, aeroporto) e in continua crescita demografica.<br />

112<br />

Note al testo<br />

1 Crf. <strong>il</strong> saggio introduttivo del curatore al volume Il fascismo e le autonomie locali, a cura <strong>di</strong> S.<br />

Fontana, Il Mulino, Bologna 1973, p. 10.<br />

2 E. ROTELLI, Costituzione e amministrazione dell’Italia unita, Il Mulino, Bologna 1981, p. 214.<br />

L’autore giustifica l’affermazione in riferimento alla «prima riforma fascista <strong>della</strong> legge<br />

comunale e provinciale» (decreto del 30 <strong>di</strong>cembre 1923, n. 2.839) che non effettuò «mo<strong>di</strong>fiche<br />

significative» rispetto al T.U. del 1915. Cfr. ID., Le trasformazioni dell’or<strong>di</strong>namento comunale<br />

e provinciale durante <strong>il</strong> regime fascista, in L’alternativa delle autonomie istituzionali locali e<br />

tendenze politiche dell’Italia moderna, Feltrinelli, M<strong>il</strong>ano 1978, p. 177.<br />

3 Fu composta da 600 membri con <strong>il</strong> decreto 30 giugno 1918. Cfr. G. DE CESARE,<br />

L’or<strong>di</strong>namento comunale e provinciale in Italia dal 1816 al 1942, Giuffrè, M<strong>il</strong>ano 1977, p. 643.<br />

4 Ivi, p. 55. Sulla commissione cfr. inoltre A. AQUARONE, L’organizzazione dello Stato<br />

totalitario, Einau<strong>di</strong>, Torino 1978, I, p. 6.<br />

5 Commissione parlamentare d’inchiesta, cit. nel testo, vol. I, La provincia e <strong>il</strong> comune, p. 135.<br />

6 Ibidem, p. 137.


7 Ibidem.<br />

Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />

8 P. POMBENI, Autorità sociale e potere politico nell’Italia contemporanea, Mars<strong>il</strong>io, Venezia<br />

1993, p. 35.<br />

9 Ivi, p. 36. Cfr. anche GUIDO MELIS, Storia dell’amministrazione italiana: 1861-1993, Il<br />

Mulino, Bologna 1996, pp. 284-294. Per un quadro europeo, cfr. S. F. ROMANO, Breve storia<br />

<strong>della</strong> burocrazia dall’antichità all’età contemporanea, Cappelli, Firenze 1965.<br />

10 O. ZUCCARINI, Le sorti <strong>della</strong> riforma burocratica, in «La critica politica», a. II, fasc. 3, 25 marzo<br />

1922, p. 139. Né va <strong>di</strong>menticato <strong>il</strong> fatto che Giolitti, provenendo dalla burocrazia nella quale<br />

fece tutta la sua carriera, mantenne stretti legami con essa. Cfr. G. ANSALDO, Giovanni Giolitti,<br />

<strong>il</strong> ministro <strong>della</strong> buona vita, Casa ed. Le lettere, Firenze 2002.<br />

11 Cfr. U. CHIARAMONTE, Il <strong>di</strong>battito sulle autonomie nella storia d’Italia: 1796-1996. Unità<br />

Federalismo Regionalismo Decentramento, F. Angeli, M<strong>il</strong>ano 1998.<br />

12 Il richiamo obbligato sul regionalismo è a Luigi Sturzo (La regione nella nazione, Capriotti,<br />

Roma 1949) e al programma del Ppi, ma anche agli «amici <strong>della</strong> Critica politica» <strong>di</strong> Zuccarini.<br />

Cfr. P. DRAGHI, A proposito <strong>di</strong> autonomia regionale, in «La critica politica», fasc. 6, 25 giugno<br />

1922, pp. 240-256; G. CROCINI, Preparazione culturale all’autonomia regionale, ivi, fasc. 7-8,<br />

25 agosto 1922, pp. 307-309. Per un approfon<strong>di</strong>mento <strong>della</strong> questione, R. RUFFILLI, La<br />

questione regionale dall’unificazione alla <strong>di</strong>ttatura (1862-1942), Il Mulino, Bologna 1971.<br />

13 Il testo completo del Programma del Pnf (1921) in R. DE FELICE, Mussolini <strong>il</strong> fascista. La<br />

conquista del potere 1921-1925, Appen<strong>di</strong>ce 5, Einau<strong>di</strong>, Torino 1966, pp. 756-763.<br />

14 Atti Parlamentari, Camera dei deputati, Discussioni, tornata 21 giugno 1921, ora anche in B.<br />

MUSSOLINI, Scritti politici, a cura <strong>di</strong> E. Santarelli, Feltrinelli, M<strong>il</strong>ano 1979, pp.200-06; la cit.<br />

a p. 202.<br />

15 Cfr. E. GENTILE, Le origini dell’ideologia fascista, Laterza, Bari 1975; ID, Il culto del littorio,<br />

Laterza, Roma-Bari 2001; D. SETTEMBRINI, Fascismo Controrivoluzione imperfetta, Sansoni,<br />

Firenze 1978.<br />

16 M. GOVI, Punti fondamentali per <strong>il</strong> rior<strong>di</strong>namento dello Stato, in «Gerarchia», a. II, 1923, pp.<br />

694-707; la cit. a p. 694.<br />

17 In particolare i Consigli regionali dell’Economia pubblica e le Amministrazioni regionali<br />

dell’Economia pubblica, sotto <strong>il</strong> controllo <strong>di</strong> un Consiglio superiore dell’economia pubblica,<br />

come organo supremo <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>namento.<br />

18 Cfr. P. L. CATTANEO, Riformare con metodo, in «Gerarchia», a. II, 1923, pp. 965-68. Sulla<br />

«Carta del Carnaro», (del 1920) cfr. <strong>il</strong> testo in G. D’ANNUNZIO, Scritti politici, a cura <strong>di</strong> P.<br />

Alatri, Feltrinelli, M<strong>il</strong>ano 1980, pp. 224-243. In essa vi erano riconosciuti tutti i <strong>di</strong>ritti<br />

fondamentali, come la libertà in<strong>di</strong>viduale, <strong>di</strong> stampa, <strong>di</strong> riunione, e «per tutti i Comuni l’antico<br />

‘potere normativo’ che è <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> autonomia pieno: <strong>il</strong> <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> darsi proprie leggi».<br />

113


Umberto Chiaramonte<br />

19 E. ROTELLI, Le trasformazioni dell’or<strong>di</strong>namento comunale e provinciale durante <strong>il</strong> regime<br />

fascista, in Il fascismo e le autonomie locali cit. pp. 73-155.<br />

20 La definizione è <strong>di</strong> G. MELIS, Storia dell’ amministrazione italiana cit., p. 331, secondo <strong>il</strong> quale<br />

si sarebbe trattato <strong>di</strong> «una stagione <strong>di</strong> grande fert<strong>il</strong>ità normativa, favorita certo dal trasferimento<br />

<strong>della</strong> funzione legislativa all’esecutivo, ma che si avvalse anche <strong>di</strong> una competenza tecnica<br />

giuri<strong>di</strong>ca dell’amministrazione ancora <strong>di</strong> elevato livello». Sugli interventi legislativi, si rinvia a<br />

CAMERA DEI DEPUTATI, Legislatura XXVII, La legislazione fascista (1922-1928). Appen<strong>di</strong>ce,<br />

Segretariato Generale. Direzione del resoconto e degli stu<strong>di</strong> legislativi, Roma 1927.<br />

21 Ciò avvenne con la legge n. 1.601 del 3 <strong>di</strong>cembre 1922 che <strong>di</strong>ede al governo la delega legislativa<br />

(a suo tempo concessa a Bonomi e Facta) sulla riorganizzazione amministrativa con l’impegno <strong>di</strong><br />

riferire entro <strong>il</strong> marzo 1924 dell’uso fattone. Cfr. P. CALANDRA, Parlamento e Amministrazione,<br />

M<strong>il</strong>ano 1971; G. DE CESARE, L’or<strong>di</strong>namento comunale e provinciale cit., pp. 661 ss.<br />

22 A. AQUARONE, L’organizzazione dello Stato totalitario cit., p. 5.<br />

23 La citazione è presa dalla relazione che accompagnava <strong>il</strong> r.d. 30 <strong>di</strong>cembre 1923 n. 2.839 <strong>della</strong><br />

riforma. Cfr. anche F. TONELLI, Gli enti locali nello Stato fascista, in «Gerarchia», a.III, 1924,<br />

p. 415-16. La nuova legge comunale e provinciale è la n. 2.839 del 30 <strong>di</strong>cembre 1923.<br />

24 Atti Parlamentari, Documenti, Legislatura XXVI, II, pp. 84 ss.<br />

25 Fra i quali, <strong>il</strong> Tonelli, citato sopra, che lamentò la poca incisività dell’innovazione circa le<br />

competenze <strong>della</strong> giunta e del Consiglio comunale. Ma la critica era rivolta in funzione <strong>di</strong> una<br />

proposta peggiorativa <strong>della</strong> legge giacché l’autore avrebbe visto come innovativa la soppressione<br />

del Consiglio comunale.<br />

26 Cfr. «Rivista amministrativa del Regno», Giornale ufficiale delle Amministrazioni centrali e<br />

provinciali dei Comuni e degli istituti <strong>di</strong> beneficenza, a. LXXIX, 1928, «Atti del Governo», p. 41.<br />

Non che lo scioglimento dei consigli non venisse praticato nel periodo giolittiano e anche dopo<br />

(cfr. U. CHIARAMONTE, Piombino 1912: lo scioglimento <strong>di</strong> un Comune socialista nel periodo<br />

giolittiano, in «Città & Regione», a. 9, n. 6, 1983, pp. 141-177), ma con <strong>il</strong> fascismo <strong>il</strong> fenomeno<br />

si accentuò in modo repressivo. Nel 1923 i consigli comunali sciolti furono 561 e 10 i consigli<br />

provinciali, nel 1924 furono rispettivamente 278 e 10. Cfr. A. AQUARONE, L’organizzazione dello<br />

Stato totalitario cit., I, pp. 35-36.<br />

27<br />

LIPPARA, Per la ricostruzione dei Comuni soppressi dal fascismo, in «Battaglia Socialista», Roma,<br />

15 <strong>di</strong>cembre 1946.<br />

28 Cfr. <strong>il</strong> r.d.l. 17 marzo 1927, n. 383. Con la circolare n. 15.300 del 10 febbraio 1927,<br />

sostenendo la tesi che la vita delle piccole realtà amministrative ostacolava lo sv<strong>il</strong>uppo socioeconomico<br />

a causa delle ridottissime risorse finanziarie che non consentivano «<strong>il</strong><br />

raggiungimento dei fini <strong>di</strong> pubblico interesse», <strong>il</strong> fascismo ritenne necessaria «una soluzione<br />

ra<strong>di</strong>cale del problema» adottando criteri che miravano a «creare organismi più robusti, sia<br />

me<strong>di</strong>ante <strong>il</strong> raggruppamento in un unico ente <strong>di</strong> piccole unità preesistenti, sia me<strong>di</strong>ante<br />

l’aggregazione <strong>di</strong> tali piccole unità a limitrofi centri <strong>di</strong> notevole importanza demografica».<br />

114


Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />

29 B. MUSSOLINI, Il Discorso dell’Ascensione, in Scritti e <strong>di</strong>scorsi dal 1927 al 1928, Hoepli, M<strong>il</strong>ano<br />

1934, p. 50. Nel lungo <strong>di</strong>scorso, tenuto <strong>il</strong> giorno <strong>della</strong> festa dell’Ascensione, <strong>il</strong> duce espose «in<br />

una sintesi vastissima e completa», (secondo <strong>il</strong> curatore), «le idee forza <strong>della</strong> politica fascista» in<br />

tre punti: la situazione nazionale riguardo anche alla salute fisica e <strong>della</strong> razza del popolo<br />

italiano, l’esame dell’assetto amministrativo, le <strong>di</strong>rettive politiche e generali attuali e future. Il<br />

tema dei piccoli comuni è tornato alla ribalta recentemente con una proposta <strong>di</strong> legge tesa a<br />

tutelare i centri fino a 5.000 abitanti, che ha trovato attenzione anche al <strong>di</strong> fuori dell’Italia. Cfr.<br />

A.C., Piccoli Comuni d’Europa, uniamoci, in «Sette», supplemento del «Corriere <strong>della</strong> Sera», n.<br />

17, 24 apr<strong>il</strong>e 2003, p. 67. Con la repubblica italiana si ripristinarono molte comunità soppresse<br />

in quanto richiesero <strong>di</strong> riprendere le antiche denominazioni e autonomie. Cfr. LIPPARA, Per<br />

la ricostruzione dei Comuni soppressi cit. Volendo fare una comparazione con la Francia, Paese<br />

a cui Mussolini era legato culturalmente, si può <strong>di</strong>re che fino alla riforma <strong>di</strong> De Gaulle (1958)<br />

esistevano oltre 38.000 comuni, mentre oggi ce ne sono 36.394, dei quali 32.500 con meno <strong>di</strong><br />

2.000 abitanti. Cfr. N. CAMPINOTI, La legislazione comunale in Francia e in Italia. Analisi<br />

comparata dei due or<strong>di</strong>namenti, Noccioli, Firenze 1984, pp. 23-41.<br />

30 Con or<strong>di</strong>nanza del Capo <strong>di</strong> Stato Maggiore Armando Diaz, <strong>il</strong> 19 novembre 1918 vennero<br />

nominati governatori m<strong>il</strong>itari <strong>il</strong> generale Guglielmo Pecori Giral<strong>di</strong> per <strong>il</strong> Trentino, l’Alto A<strong>di</strong>ge<br />

e l’Ampezzano; <strong>il</strong> generale Carlo Petitti <strong>di</strong> Roreto per la Venezia Giulia; l’ammiraglio Enrico<br />

M<strong>il</strong>lo per la Dalmazia e le isole annesse.<br />

31 In un primo momento furono nominati commissari straor<strong>di</strong>nari in Trentino e Alto A<strong>di</strong>ge i<br />

deputati A. Ciuffelli, poi Antonio Mosconi, e L. Credaro; più a lungo restò in Dalmazia <strong>il</strong><br />

governatore m<strong>il</strong>itare con la motivazione <strong>di</strong> mantenere l’or<strong>di</strong>ne pubblico, ma poi<br />

l’amministrazione civ<strong>il</strong>e fu estesa anche a questo territorio.<br />

32 Per <strong>il</strong> testo del decreto, cfr. G. U. n. 60 del 7 luglio 1919. La provvisorietà dell’Ufficio era<br />

dovuta all’attesa <strong>della</strong> firma del trattato <strong>di</strong> Saint Germain - en - Laye (avvenuta <strong>il</strong> 10 settembre<br />

1919) e quello <strong>di</strong> Rapallo (del 12 novembre 1920) che assegnò all’Italia i territori <strong>della</strong> Venezia<br />

Tridentina, la Venezia Giulia e parte <strong>della</strong> Dalmazia relativamente a Zara e al suo territorio,<br />

assicurandogli confini «strategici» ai quali l’Italia aspirava da tempo.<br />

33 E. TOLOMEI, Trentino e Alto A<strong>di</strong>ge Provincia unica, Parigi 1919. Sulle autonomie in Trentino-Alto<br />

A<strong>di</strong>ge cfr. BICE RIZZI, La Venezia Tridentina nel periodo armistiziale, Trento 1963; V. CALÌ, Il caso<br />

Trentino, in L’autonomia e l’amministrazione locale nell’area alpina, a cura <strong>di</strong> P. Schiera, R. Gubert, E.<br />

Balboni, Jaca Book, M<strong>il</strong>ano 1988, pp. 105- 115; M. COSSETTO, L’Alto A<strong>di</strong>ge, ivi, pp. 117- 128.<br />

34 Il riferimento citato è ad un testo del 1922, riportato da G. NEGRI, L’autonomismo nell’Alto<br />

A<strong>di</strong>ge, in Il fascismo e le autonomie locali cit., pp. 205-231; la cit. alle pp. 206-7.<br />

35 E. TOLOMEI, Le due provincie: Trento e Bolzano, in «Archivio per l’Alto A<strong>di</strong>ge», annata XXII, 1927,<br />

pp. 193-218. Egli ut<strong>il</strong>izzò <strong>il</strong> motto «Trento e Bolzano città sorelle», dando ai trentini la responsab<strong>il</strong>ità<br />

<strong>di</strong> non essersi aperti a questo scambio perché non riuscirono a <strong>di</strong>menticare «i torti subiti» (p. 198).<br />

36 G. NEGRI, L’autonomismo nell’Alto A<strong>di</strong>ge cit., pp. 207-08.<br />

37 Citato da M. COSSETTO, L’Alto A<strong>di</strong>ge cit., p. 124.<br />

115


Umberto Chiaramonte<br />

38 A. AGNELLI, Gli autonomisti giuliani e l’avvento del fascismo, in Il fascismo e le autonomie locali<br />

cit., pp. 171-203; cfr. anche D. MOSCARDA TORBIANELLI - F. DIMORA MORWAY, Il Friuli<br />

Venezia Giulia, in L’autonomia e l’amministrazione locale nell’area alpina cit., pp. 129-148.<br />

39 Nel censimento del 1921 la Venezia Giulia risultava <strong>di</strong>visa in nove <strong>di</strong>stretti: Gorizia, con 78.389<br />

ettari <strong>di</strong> superficie, 47 comuni e 99.348 abitanti; Gra<strong>di</strong>sca, con 18.695 ettari <strong>di</strong> superficie, 20<br />

comuni e 34.041 abitanti; Monfalcone, con 43.357 ettari <strong>di</strong> superficie, 25 comuni e 59.050<br />

abitanti; Sesana, con 47.195 ettari, 30 comuni e 29.609 abitanti; Tolmino, con 106.946 ettari,<br />

24 comuni e 40.444 abitanti; Carinzia e Corniola (comprendente Idria, Postumia e Tarvisio),<br />

con 163.753 ettari, 54 comuni e 67.688 abitanti; Trieste, con 9.589 ettari e 239.627 abitanti.<br />

L’Istria comprendeva i <strong>di</strong>stretti <strong>di</strong> Capo<strong>di</strong>stria (12 comuni), Lussino (4 ), Parenzo (11), Pisino<br />

(6), Pola (7) e Valosca-Abbazia (8) per complessivi 443.693 ettari <strong>di</strong> superficie e 351.546 abitanti;<br />

Zara e le isole dalmate comprendevano 2 comuni con 11.001 etttari e 18.255 abitanti.<br />

40 Cfr. F. SALATA, Per le nuove provincie e per l’Italia. Discorsi e scritti con note e documenti,<br />

Stab<strong>il</strong>imento Tip. per l’Amministrazione <strong>della</strong> guerra, Roma 1922. Il libro uscì quando Salata<br />

fu nominato da Facta liquidatore dell’Ufficio, poco prima <strong>della</strong> marcia su Roma. Il r.d. n. 1.353<br />

del 17 ottobre 1922 venne pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’8 novembre 1922 con la<br />

firma <strong>di</strong> Mussolini, <strong>di</strong>venendo <strong>il</strong> suo primo atto pubblico da presidente del consiglio.<br />

41 F. SALATA, Per le nuove provincie cit., p. 45.<br />

42 A. AGNELLI, Gli autonomisti giuliani cit., p. 187.<br />

43 Giolitti <strong>di</strong>sse che «<strong>il</strong> potere legislativo delle Diete provinciali [sono] la base delle autonomie che la legge<br />

sulle annessioni vuole trasmettere integre alla futura sistemazione definitiva degli or<strong>di</strong>namenti delle<br />

nuove provincie», ibidem, p. 47, ripreso dal decreto del 31 agosto 1921. Il governo Bonomi, che seguì<br />

quello <strong>di</strong> Giolitti, riconobbe nel novembre 1921 le antiche Diete provinciali e le giunte provinciali<br />

straor<strong>di</strong>narie <strong>di</strong> Trieste, Gorizia, Parenzo e Zara. Per la costituzione delle giunte provvisorie<br />

straor<strong>di</strong>narie, cfr. d.l. n. 1.269 del 31 agosto per l’Istria; d.l. n. 1.746 del 19 novembre per Trento,<br />

Gorizia e Zara. Per questi provve<strong>di</strong>menti legislativi, cfr. F. SALATA, Per le nuove provincie cit.<br />

44 F. SALATA, Il nuovo governo e le nuove Provincie, Estratto da «Le Nuove Provincie», fascicolo<br />

III, <strong>di</strong>cembre 1922. Sull’attività <strong>della</strong> commissione, Salata nel <strong>di</strong>scorso del 7 giugno 1922 riferì<br />

che dal 1918 al 1922 erano stati adottati 300 provve<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> contenuto legislativo, 5 leggi,<br />

57 d.l., 189 tra regi decreti e decreti luogotenenziali, e 30 decreti ministeriali. ID, Per le nuove<br />

provincie cit., pp. 21-80.<br />

45 F. SALATA, Il nuovo governo cit., p. 14.<br />

46 Nel censimento del 1921, la circoscrizione era formata dai circondari <strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne (92 comuni),<br />

Cividale del Friuli (22 comuni), Pordenone (30 comuni) e Tolmezzo (35 comuni). In<br />

complesso, se prima aveva 657.014 ettari <strong>di</strong> superficie e 179 comuni che si stendevano dal mare<br />

Adriatico alle Alpi, con 451.710 abitanti, con <strong>il</strong> territorio <strong>di</strong> Gorizia si aggiungevano altri 47<br />

comuni con una superficie <strong>di</strong> 78.389 ettari e circa 100.000 abitanti.<br />

47 Il r.d. n. 759 dell’8 marzo 1923 sancì lo scioglimento del Consiglio provinciale <strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne,<br />

affidando l’amministrazione delle unificate due provincie ad una commissione straor<strong>di</strong>naria.<br />

116


Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />

Per avere un’idea dello stravolgimento dell’intera operazione, basti pensare che i tre circondari<br />

<strong>di</strong> Gorizia, Gra<strong>di</strong>sca e Tolmino erano formati da 149 comuni. La relazione che accompagnava<br />

<strong>il</strong> decreto argomentava che «la mutata situazione politica e amministrativa <strong>della</strong> Provincia<br />

richiedeva un periodo piuttosto lungo dell’amministrazione straor<strong>di</strong>naria» ai fini <strong>di</strong> un equo<br />

funzionamento del nuovo ente. In deroga alla legge comunale e provinciale e in virtù <strong>della</strong> l. n.<br />

1.601 del 3 <strong>di</strong>cembre 1922 <strong>il</strong> ministro dell’Interno propose al re una commissione <strong>di</strong> sei membri<br />

assegnando poteri maggiori che l’eccezionalità del caso richiedeva.<br />

48 Stranamente nella premessa del decreto <strong>di</strong> istituzione delle nuove provincie è detto «Sentita<br />

la commissione consultiva centrale per la sistemazione amministrativa delle nuove Provincie»,<br />

mentre in realtà non se ne tenne conto.<br />

49 Dal decreto istitutivo n. 93 (in G.U. n. 24 del 30 gennaio 1923) risultano i seguenti circondari<br />

e comuni: Rovereto con Ala, Mori, V<strong>il</strong>la Lagarina; Riva con Arco, Pieve <strong>di</strong> Ledro; Trento con<br />

Cembra, Civezzano, Lavis, Pergine, Vezzano, Mezzolombardo, Andalo, Cavedago, Fai Grumo,<br />

Mezzocorona, Molveno, Nave S. Rocco, Roverè <strong>della</strong> Luna, Spormaggiore e Zambana; Tione<br />

con Con<strong>di</strong>no e Stenico; Cles con Fondo, Malè, Campodenno, Dar<strong>di</strong>ne, Denno, Dercolo,<br />

Lover, Masi <strong>di</strong> Vigo, Mollaro, Priò, Quetta, Segno, Sporminore, Termon, Torra, Toss,<br />

Tuenetro, Vervò, Vigo e Vion; Cavalese con Fassa, Egna, Termeno; Merano con Lana, Passiria,<br />

Glorenza e S<strong>il</strong>andro; Bressanone con Vipiteno, Brunico, Marebbe, Monguelfo, Tures; Bolzano<br />

con Caldaro, Chiusa, Sarentino e Castelrotto.<br />

50 Cfr. A. AGNELLI, Gli autonomisti giuliani cit. p. 188 che riporta i telegrammi <strong>di</strong> Mussolini<br />

al sindaco <strong>di</strong> Pola: «Sono sicuro che senza proteste che non sarebbero assolutamente tollerate<br />

accetterete delibera Governo»; e al sindaco <strong>di</strong> Gorizia al quale cercò <strong>di</strong> indorare la p<strong>il</strong>lola<br />

promettendo che «in un secondo tempo, quando l’opera <strong>di</strong> assim<strong>il</strong>azione degli elementi allogeni<br />

sia bene avviata, Gorizia possa essere elevata a Provincia».<br />

51 Il r.d. n. 2.013 del 24 settembre 1923 sancì questa complessa operazione prevista da<br />

<strong>di</strong>sposizioni del Co<strong>di</strong>ce civ<strong>il</strong>e relative agli atti <strong>di</strong> stato civ<strong>il</strong>e, le <strong>di</strong>sposizioni del Co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong><br />

procedura civ<strong>il</strong>e e le varie leggi concernenti lo stato civ<strong>il</strong>e.<br />

52 Per quanto riguarda le nuove provincie si potrebbe r<strong>il</strong>evare una certa parcellizzazione che si<br />

evidenziò nell’inserimento <strong>di</strong> Trento nella IX Divisione m<strong>il</strong>itare all’interno <strong>della</strong> III Armata<br />

<strong>di</strong> Verona, mentre <strong>il</strong> <strong>di</strong>stretto giu<strong>di</strong>ziario <strong>di</strong> Monguelfo, <strong>della</strong> medesima Provincia <strong>di</strong> Trento,<br />

venne inserito, con i territori <strong>della</strong> Provincia <strong>di</strong> Belluno e <strong>della</strong> «Provincia del Friuli», nella XII<br />

Divisione m<strong>il</strong>itare <strong>di</strong> Treviso facente parte <strong>della</strong> IV Armata <strong>di</strong> stanza a Bologna; nella V Armata<br />

<strong>di</strong> Trieste furono inserite la XIII Divisione <strong>di</strong> Trieste, la XIV <strong>di</strong> Gorizia e la XV <strong>di</strong> Pola.<br />

53 M. COSSETTO, L’Alto A<strong>di</strong>ge cit., p. 125.<br />

54 Da Trento <strong>di</strong>pendevano i due capoluoghi <strong>di</strong> circolo Trento e Bolzano con i tribunali <strong>di</strong> Trento<br />

e Rovereto nel circolo <strong>di</strong> Trento, e <strong>di</strong> Bolzano in quello omonimo; da Trieste <strong>di</strong>pendevano <strong>il</strong><br />

capoluogo <strong>di</strong> circolo Trieste con tribunali a Trieste e Gorizia, e <strong>il</strong> capoluogo <strong>di</strong> circolo a Pola con<br />

tribunali a Pola, Capo<strong>di</strong>stria e Zara. Corti straor<strong>di</strong>narie erano state istituite a Gorizia e Capo<strong>di</strong>stria.<br />

55 NOI, nella rubrica «Note e Commenti», in «La critica politica», a. III, fasc. 1, 25 gennaio<br />

1923, p. 50.<br />

117


Umberto Chiaramonte<br />

56 Riportato in «La critica politica», fasc. 2, febbraio 1923.<br />

57 GABRIELE AMENDOLA, La Provincia e l’Amministrazione provinciale, Atheaeum, Roma 1914,<br />

p. 37. Secondo l’autore «La Provincia non può essere toccata se non in quanto nuovi elementi<br />

economici siano sopraggiunti a mo<strong>di</strong>ficare le relazioni ra<strong>di</strong>cate fra le parti del suo territorio e<br />

i territori vicini, o ne sia stata <strong>di</strong> già alterata la tra<strong>di</strong>zionale costituzione con aggregamenti o<br />

<strong>di</strong>saggregamenti forzati e contrari ai locali interessi» (p. 38).<br />

58 Mentre nel 1911, avevano una popolazione <strong>di</strong> 170.280 unità, nel censimento del 1921<br />

avevano registrato un incremento demografico del 15,1 per cento aumentando la popolazione<br />

<strong>di</strong> oltre 25.000 unità.<br />

59 Atti del Congresso per <strong>il</strong> rior<strong>di</strong>namento amministrativo <strong>della</strong> Lunigiana promosso dal Comune<br />

<strong>della</strong> Spezia, Tip. Moderna, La Spezia 1914, che trovasi in ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO<br />

(ACS), Ministero dell’Interno. Amministrazione civ<strong>il</strong>e: Comuni (1923-35), busta 2.012.<br />

60 Per la ricostruzione delle provincie create dal fascismo, oltre che <strong>di</strong> fonti d’archivio e <strong>di</strong><br />

giornali locali, si terranno presenti gli articoli pubblicati su «Il Popolo d’Italia» dall’inviato<br />

Sandro Giuliani nel periodo che va dal gennaio 1927 all’estate 1928. Gli articoli furono poi<br />

raccolti in volume con <strong>il</strong> titolo Le <strong>di</strong>ciannove provincie create dal Duce, Tip. «Popolo d’Italia»,<br />

M<strong>il</strong>ano 1928. Fu de<strong>di</strong>cato al <strong>di</strong>rettore del giornale, e fratello del duce, Arnaldo Mussolini; <strong>il</strong><br />

capo del governo scrisse una Introduzione autografa (Roma, 28 febbraio 1928).<br />

61 MANFREDO GIULIANI, Memoria al Governo Nazionale per l’aggregazione del Circondario <strong>di</strong><br />

Pontremoli alla Provincia <strong>della</strong> Spezia, Stab<strong>il</strong>imento tip. C. Cavanna, Pontremoli 1924, in<br />

ACS, M. I., Amm. Civ<strong>il</strong>e, b. 2.012. Nonostante l’auspicato legame con La Spezia, <strong>il</strong> Giuliani<br />

non trascurò <strong>di</strong> criticare la caratteristica dello sv<strong>il</strong>uppo del capoluogo osservando che sarebbe<br />

<strong>di</strong>venuta una grande città soltanto se avesse avuto alle spalle un vasto territorio, consentendo<br />

l’inse<strong>di</strong>amento <strong>di</strong> attività produttive che avrebbero dovuto invertire <strong>il</strong> progresso <strong>di</strong> «città<br />

improvvisata, ancora troppo ‘arsenalotta’, cioè troppo passiva e statolatra. Il suo sv<strong>il</strong>uppo non<br />

si è prodotto per iniziativa <strong>della</strong> sua popolazione, che lentamente, [ha] costruito i suoi ideali<br />

e la sua fortuna, [che invece] le è venuta dalle molteplici possib<strong>il</strong>ità date dalla sua passione,<br />

da un intervento dello Stato che ha improvvisamente creato uno sv<strong>il</strong>uppo demografico ed<br />

economico estraneo non solo alle iniziative citta<strong>di</strong>ne, ma in contrasto con forti resistenze<br />

misoneistiche» (p. 11).<br />

62 Alcune carte riproducono lo schema seguente che <strong>di</strong>mostra quanto si è detto circa<br />

l’artificiosità <strong>della</strong> circoscrizione:<br />

1. Prov. <strong>di</strong> Massa Carrara:<br />

a) Circ. <strong>di</strong> Castelnuovo Garfagnana: n. 17 comuni, pop. residente 46.523 (<strong>di</strong> fatto 42.917);<br />

b) Circ. <strong>di</strong> Massa Carrara: n. 13 comuni, pop. residente 145.698 (<strong>di</strong> fatto142.459);<br />

c) Circ. <strong>di</strong> Pontremoli: n. 6 comuni, pop. residente 43.625 (<strong>di</strong> fatto 40.568);<br />

2. Dopo l’istituzione <strong>della</strong> Prov. <strong>di</strong> Spezia:<br />

a) Portati a Spezia n. 2 comuni (Calice e Rocchetta) per totale 4.886 abitanti (residenti 4.517)<br />

A Massa restavano comuni per 230.960 abitanti.<br />

3. Dopo la separazione <strong>della</strong> Garfagnana (17 comuni e 46.523 abitanti)<br />

A Massa restavano 17 comuni per 184.437 abitanti.<br />

118


Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />

4. Se si fosse intaccato <strong>il</strong> Circondario <strong>di</strong> Pontremoli (6 comuni e 43.625 abitanti) a Massa<br />

sarebbero rimasti 11 comuni e 140.812 abitanti.<br />

63 ACS, M.I., Amm. Civ<strong>il</strong>e, b. 2.012.<br />

64 «Il Lavoro», 23 agosto 1923.<br />

65 La Lunigiana e la Provincia <strong>di</strong> Spezia, in «La critica politica», a.III, fasc. 8-9, agosto-settembre<br />

1923, p. 399.<br />

66 Relazione al r.d. 2 settembre 1923, n. 1.913.<br />

67 Fu istituita con r.d. 2 settembre 1923, n. 1.913.<br />

68 Mentre nel censimento del 1911 tutto <strong>il</strong> circondario contava 219.254 abitanti, in quello del<br />

1921 aveva avuto un incremento del 25,4 per cento portando la popolazione a 274.907 unità.<br />

L’apparato industriale si era esteso a settori produttivi <strong>di</strong>versificati: <strong>il</strong> cantiere navale Franco<br />

Tosi che si stendeva su un’area <strong>di</strong> 200.000 mq <strong>di</strong> superficie; la fabbrica <strong>di</strong> birra e ghiaccio Raffo<br />

& C., ritenuta la più grande del Meri<strong>di</strong>one con i suoi 12-15 m<strong>il</strong>a ettolitri <strong>di</strong> produzione annua;<br />

le fabbriche <strong>di</strong> materiali da costruzione, gli oleifici, la Soc. Ceramica Tarantina, lo Stab<strong>il</strong>imento<br />

Montecatini per concimi chimici, le Officine Meccaniche Jonio, La metallurgica e<br />

L’Anconetana. Il settore agricolo era in espansione, al punto che <strong>il</strong> fascismo sostenne che nel<br />

territorio si era realizzata «la rivoluzione agraria del Salento», con i 19.000 ettari <strong>di</strong> bosco e con<br />

le prospettive accresciute dopo la lotta alla malaria e la bonifica <strong>della</strong> Stornara, dovuta<br />

all’Associazione Nazionale Combattenti.<br />

69 ACS, M.I. Amm. Civ<strong>il</strong>e, b. 2.012, Odg manoscritto del comitato formato da tutte le<br />

organizzazioni politiche, commerciali e industriali <strong>di</strong> Taranto, datato 9 marzo 1923.<br />

70 Ivi, la lettera datt<strong>il</strong>oscritta al Presidente del consiglio, non riporta la data.<br />

71 Ivi, odg <strong>della</strong> seduta del 13 marzo 1923.<br />

72 Ivi. Si riporta come esempio <strong>il</strong> telegramma del 21 agosto 1923 dei 23 fasci <strong>di</strong> Matera, ma anche<br />

quello del 24 marzo 1923 <strong>di</strong> un deputato lucano che chiese al sottosegretario all’Interno Aldo Finzi<br />

<strong>di</strong> non aggregare a Taranto <strong>il</strong> Comune <strong>di</strong> Montescaglioso, in Provincia <strong>di</strong> Potenza, giacché non<br />

aveva nulla che poteva congiungerlo ad essa. Stessa contrarietà manifestò <strong>il</strong> presidente del consiglio<br />

provinciale <strong>di</strong> Bari perché Logorotondo non venisse aggregato a Taranto, e in questo caso ci fu<br />

la risposta del capo <strong>di</strong> Gabinetto dell’on. Finzi con cui fu tranqu<strong>il</strong>lizzato.<br />

73 Ivi, lettera del prefetto <strong>di</strong> Potenza al presidente del Consiglio dei ministri, 26 agosto 1923.<br />

Per fare breccia maggiore, <strong>il</strong> prefetto informò che <strong>il</strong> giornale nittiano «La Bas<strong>il</strong>icata», attaccava<br />

con spirito sarcastico <strong>il</strong> progettato <strong>di</strong>stacco <strong>di</strong> una parte <strong>di</strong> questa Provincia.<br />

74 G. INZERILLO, Natura e compiti del Provve<strong>di</strong>tore agli Stu<strong>di</strong>, La Nuova Italia, Firenze 1980,<br />

pp.12-13. I provve<strong>di</strong>torati vennero ricostituiti dal ministro <strong>della</strong> P.I. De Vecchi a partire dal<br />

1° luglio 1936 (r.d. l. 9 marzo 1936, n. 400).<br />

119


Umberto Chiaramonte<br />

75 La Regione scolastica, in «La critica politica», a. III, fasc. 2, 25 febbraio 1923, p. 98.<br />

76 Il 5 febbraio 1923 <strong>il</strong> Consiglio dei ministri aveva soppresso anche <strong>il</strong> Consiglio scolastico<br />

provinciale e la Deputazione scolastica. Al criterio <strong>di</strong> snellire la burocrazia apparteneva <strong>il</strong><br />

provve<strong>di</strong>mento coevo <strong>di</strong> ridurre <strong>il</strong> numero degli ispettori delle scuole superiori da 37 a 3 e quello<br />

degli ispettori scolastici delle elementari da 400 a 50.<br />

77 Con r.d. 4 marzo 1923, n. 545. «La critica politica» criticò questa soluzione sostenendo che<br />

la Sabina era legata da tra<strong>di</strong>zioni storiche a Rieti e non a Roma. Cfr. a.III, fasc. 10, 25 ottobre<br />

1923, pp. 446-7; e un articolo dell’on. Nicoletti sul «Mondo», 19 settembre 1923.<br />

78 Con r.d. 4 marzo 1923, n. 544.<br />

79 Con r.d. 8 luglio 1923, n. 1.726.<br />

80 Con r.d. 8 luglio 1923, n. 1.727.<br />

81 Con r.d. 24 settembre 1923, n. 2.076.<br />

82 Con r.d. 9 novembre 1923, n. 2.490.<br />

83 Con r.d. 30 <strong>di</strong>cembre 1923, n. 3.169.<br />

84 Si trattò <strong>di</strong> Bibbona, Campiglia Marittima, Castagneto Carducci, Cecina, Collesalvetti,<br />

Piombino, Rosignano, Sassetta e Suvereto.<br />

85 Per avere un’idea delle ripercussioni si pensi che persino <strong>il</strong> sindaco <strong>di</strong> Santa Croce minacciò<br />

una marcia su Roma <strong>di</strong> fascisti e <strong>della</strong> popolazione. Cfr. V. BARTOLONI, Via Cecafoglia. Sindaci<br />

e podestà a S. Croce sull’Arno, Ponte a Egola 1995, p. 49. Venne definita dal presidente <strong>della</strong><br />

Provincia <strong>di</strong> Pisa una decisione «esaminata e <strong>di</strong>scussa in alto loco». Cfr. PROVINCIA DI PISA, Un<br />

sessennio <strong>di</strong> amministrazione fascista, Pisa 1928, p. 55, citato da A. POLSI, Il prof<strong>il</strong>o istituzionale<br />

(1865-1944), in La Provincia <strong>di</strong> Pisa (1865-1990), a cura <strong>di</strong> E. Fasano Guarini, Il Mulino,<br />

Bologna 2004, p. 150.<br />

86 Va aggiunto che Livorno versò alla Provincia <strong>di</strong> Pisa la somma <strong>di</strong> 5 m<strong>il</strong>ioni <strong>di</strong> lire come<br />

indennizzo <strong>della</strong> cessione per ripagarla degli investimenti effettuati nei nuovi comuni in lavori<br />

pubblici (1° ottobre 1929). Cit. da A. POLSI, Il prof<strong>il</strong>o istituzionale cit., p. 162.<br />

87 Con r.d.l. 28 ottobre 1925, n. 1.949. A. AQUARONE, L’organizzazione dello Stato totalitario<br />

cit., I, pp. 83-84.<br />

88 Venne inse<strong>di</strong>ato <strong>il</strong> senatore F<strong>il</strong>ippo Cremonesi, che era stato commissario <strong>della</strong> capitale nei<br />

tre anni precedenti. Cfr. «Corriere <strong>della</strong> sera», 1° gennaio 1926.<br />

89 LIPPARA, Per la ricostruzione dei Comuni cit.<br />

90 Cfr. «Rivista delle Provincie», Bollettino dell’Upi, Sezione <strong>della</strong> Confederazione Naz. Enti<br />

Autarchici, a. XIX, fasc. I, gennaio 1926.<br />

120


Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />

91 «Critica fascista», a. V, n. 14 del 15 luglio 1927 parlò <strong>di</strong> tre fasi del fascismo: la prima (1919-<br />

22) <strong>di</strong> «preparazione e insurrezione»; la seconda (dal 1923 al I semestre 1926) <strong>di</strong> «lotta<br />

costituzionale»; e la terza <strong>di</strong> «restaurazione e rinnovazione dello Stato» (pp. 261-63).<br />

92 ACS, Verbali del Consiglio dei ministri, seduta del 1° gennaio 1926, p. 149 bis.<br />

93 ACS, Verbali del Consiglio dei ministri, seduta del 26 agosto 1926, pp. 210 ss.<br />

94 Le 95 sottoprefetture soppresse furono: Acqui, Casale Monferrato, Novi Ligure, Tortona;<br />

Città Ducale, Sulmona, Fermo, Ariano, S. Angelo dei Lombar<strong>di</strong>, Altamura, Feltre, Cerreto, S.<br />

Bartolomeo in Galdo, Clusone, Treviglio, Imola, Vergato, Chieri, Salò, Verolanuova, Isernia,<br />

Larino, Nola, Pie<strong>di</strong>monte d’Alife, Acireale, Lanciano, Vasto, Lecco, Varese, Casalmaggiore,<br />

Crema, Alba Mondovì, Saluzzo, Cento, Comacchio, Bormio, S. Severo, Cesena, Rimini, Rocca<br />

S. Casciano, Albenga, Chiavari, Gallipoli, Castelnuovo Garfagnana, Cemerino, Pontremoli,<br />

Abbiategrasso, Gallarate, Lo<strong>di</strong>, Monza, Mirandola, Pavullo, Casoria, Castellammare, Pozzuoli,<br />

Biella, Domodossola, Pallanza, Varallo, Vercelli, Termini Imerese, Borgo S. Donnino,<br />

Borgotaro, Mortara, Voghera, Urbino, S. Remo, Faenza, Lugo, Guastalla, Velletri, Adria,<br />

Campagna, Vallo <strong>della</strong> Lucania, Montepulciano, Penne, Ivrea, Pinerolo, Susa, Mazara del<br />

Vallo, Cividale, Gra<strong>di</strong>sca, Pordenone, Tolmezzo, Chioggia, Asiago, Cles, Riva, Rovereto,<br />

Tione, Monfalcone, Sesana, Valasca e Abbazia. A <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> anni si può osservare come nove<br />

<strong>di</strong> queste città in seguito sono state elevate a capoluogo <strong>di</strong> Provincia.<br />

95 ACS, Verbali del Consiglio dei ministri, seduta del 26 agosto 1926, cit.<br />

96 3 agosto 1926, dove è riportato l’elenco completo delle sottoprefetture soppresse.<br />

97 ACS, Verbali del Consiglio dei ministri, seduta del 2 ottobre 1926, p. 230 bis. Le<br />

sottoprefetture <strong>di</strong> Monfalcone e Sesana erano state soppresse con r.d. 18 gennaio 1923, n. 53.<br />

98 Si trattava dei circondari <strong>di</strong> Cles, con 97 comuni e 60.034 abitanti; Tione, con 66 comuni<br />

e 43.095 abitanti; Rovereto, con 37 comuni e 69.741 abitanti; e Riva <strong>di</strong> Trento, con 22 comuni<br />

e 29.593 abitanti.<br />

99 ACS, M.I, Amministrazione civ<strong>il</strong>e, b.9.70- Provincia <strong>di</strong> Trento (1923-1927).<br />

100 Ivi. La Provincia <strong>di</strong> Trento aveva 578 comuni e al momento <strong>della</strong> sua costituzione aveva <strong>di</strong>eci<br />

circondari e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>eci sottoprefetti.<br />

101 Ivi. Lettera del 16 settembre 1926, n. 5.004.<br />

102 Colloquio Mussolini-Federzoni, in «Il Popolo d’Italia», 29 agosto 1926.<br />

103 E. ROTELLI, Le trasformazioni cit., pp. 76-77.<br />

104 I consigli provinciali saranno sciolti?, in «Rivista delle Provincie», a. XIX, apr<strong>il</strong>e-maggio 1926,<br />

fasc. IV-V, pp. 115-123. Cfr. anche la «Gazzetta del popolo», 4 maggio 1926 che <strong>di</strong>ede la notizia<br />

come certa.<br />

121


Umberto Chiaramonte<br />

105 La decima assemblea dell’UPI, in «Rivista delle Provincie», a. XIX, giugno 1926, fasc. VI, pp.<br />

129-154.<br />

106 «Corriere <strong>della</strong> sera», 3 ottobre 1926.<br />

107 Si vedano in «Rivista delle Provincie» i monocor<strong>di</strong> interventi <strong>di</strong> GENNARO CAPURSO, La<br />

Provincia Fascista, a. XIX, luglio 1926, fasc. VII, pp. 181-198; SILVIO MOLINARI, Le basi<br />

regionali <strong>della</strong> riforma dell’Ente Provincia, agosto 1926, fasc. VIII, pp. 225-230; MICHELE<br />

PERSICHETTI, La Provincia Fascista, settembre 1926, fasc. IX, pp. 242-44; SILENO FABBRI,<br />

Riforma dell’or<strong>di</strong>namento amministrativo provinciale, ottobre 1926, fasc. X, pp. 276-86.<br />

Quest’ultimo contributo era la relazione tenuta al consiglio <strong>di</strong>rettivo dell’Upi e non portava<br />

alcuna novità rispetto alla proposta <strong>di</strong> sopprimere l’eleggib<strong>il</strong>ità del consiglio, cosa già esposta in<br />

una seduta cons<strong>il</strong>iare a M<strong>il</strong>ano.<br />

108 Nuovi compiti <strong>della</strong> Provincia fascista lumeggiati dall’avv. Fabbri al Consiglio Provinciale, in<br />

«Il Popolo d’Italia», 10 agosto 1926. Presidente era S<strong>il</strong>eno Fabbri.<br />

109 GUIDO GAMBERINI, Provincia e unità, in «Il Popolo d’Italia», 15 agosto 1926.<br />

110 Ibidem.<br />

111 Ibidem.<br />

112 L’on. Federzoni <strong>il</strong>lustra <strong>il</strong> nuovo or<strong>di</strong>namento amministrativo e annunzia la riforma dei Consigli<br />

provinciali, in «Il Popolo d’Italia», 31 agosto 1926. Cfr. anche «Corriere <strong>della</strong> sera», 3 ottobre<br />

1926. L’intervista anticipò alla stampa <strong>il</strong> testo dello schema del decreto legge che <strong>il</strong> <strong>di</strong>rettore<br />

generale dell’amministrazione civ<strong>il</strong>e aveva preparato per <strong>il</strong> ministro sull’or<strong>di</strong>namento<br />

amministrativo ed economico delle provincie, che fu presentato nel Consiglio dei ministri.<br />

113 ACS, M.I., Amministrazione civ<strong>il</strong>e, l.c., Relazione a S.E. <strong>il</strong> Ministro per <strong>il</strong> Consiglio dei<br />

Ministri, Roma, 29 settembre 1926.<br />

114 La Consulta era formata da membri <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto (<strong>il</strong> me<strong>di</strong>co provinciale, <strong>il</strong> veterinario provinciale,<br />

l’ingegnere capo del Genio civ<strong>il</strong>e, <strong>il</strong> Provve<strong>di</strong>tore agli stu<strong>di</strong> o <strong>di</strong> un suo rappresentante nelle<br />

provincie che non l’avevano, <strong>il</strong> Provve<strong>di</strong>tore alle opere pubbliche), e membri nominati con decreto<br />

<strong>di</strong> concerto con i due ministeri interessati. Il d.l. si riservava <strong>di</strong> emanare norme entro tre mesi per<br />

definire gli enti con personalità giuri<strong>di</strong>ca che avrebbero dovuto essere rappresentati, ma comunque<br />

erano previste le associazioni dei datori <strong>di</strong> lavoro e dei lavoratori, dei professionisti e artisti. Le<br />

cariche dei consultori e dei presidenti e vice presidenti erano gratuite, e qualora fosse riconosciuta<br />

una indennità, sarebbe stata a carico delle singole provincie.<br />

115 Il Regno <strong>di</strong>viso in 93 Provincie. Largo movimento <strong>di</strong> Prefetti, in «Corriere <strong>della</strong> sera», 7<br />

<strong>di</strong>cembre 1926. Per inquadrare meglio gli incarichi ministeriali, si ricorda che Mussolini ricoprì<br />

l’incarico <strong>di</strong> ministro dell’Interno dal 31 ottobre 1922 al 5 luglio 1923; lo sostituì Luigi<br />

Federzoni fino al 5 novembre 1926, nonostante i rimpasti <strong>di</strong> governo. Mussolini tenne poi la<br />

titolarità dell’Interno fino alla caduta del fascismo, mentre Federzoni fu nominato ministro<br />

delle Colonie dal 6 novembre 1926 all’11 <strong>di</strong>cembre 1929.<br />

122


Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />

116 ACS, Archivio autografi del Duce, scatola 3, fasc. 4.5.6, Relazione al Consiglio dei Ministri sulla<br />

situazione interna. Il testo è riportato anche in «Il Popolo d’Italia», 7 <strong>di</strong>cembre 1926. Secondo<br />

Petacco, Mussolini «leggeva tutto con attenzione estrema: sottolineava le frasi più significative<br />

e annotava sullo stesso foglio i suoi commenti, o le eventuali risposte da dare, usando la matita<br />

rossa e blu». Cfr. A. PETACCO, L’archivio segreto <strong>di</strong> Mussolini, Mondadori, M<strong>il</strong>ano 1997.<br />

117 Il decreto-legge del 2 gennaio 1927 n.1, venne pubblicato nella «Gazzetta Ufficiale» n. 7<br />

dell’11 gennaio 1927.<br />

118 Il movimento dei prefetti interessò anche trenta antiche provincie, mentre altri prefetti<br />

vennero collocati a riposo. I prefetti nominati nelle nuove provincie furono: Empedocle<br />

Lauricella a Vercelli; Umberto Ricci a Bolzano; Anselmo Cassini a Gorizia; Gennaro Di Donato<br />

a Viterbo; Em<strong>il</strong>io Severini a Pescara; Rosario Rossi a Matera; Francesco Venda a Rieti. I vice<br />

prefetti elevati a prefetti furono: Stefano Pirretti ad Aosta; Lorenzo La Via a Savona; Pasquale<br />

Randone a Varese; Michele Internicola a Terni; Ubaldo Bellini a Frosinone; Ernesto Perez a<br />

Brin<strong>di</strong>si; Mauro A. Disanza a Pistoia; Giuseppe Rogges a Castrogiovanni; Gaetano De Blasio<br />

a Ragusa; Ottavio Dinale a Nuoro.<br />

119 ACS, Verbali del Consiglio dei ministri, seduta dell’8 <strong>di</strong>cembre 1926, p.238 bis.<br />

120 ACS, Verbali del Consiglio dei ministri, seduta del 12 <strong>di</strong>cembre 1926, p.239.<br />

121 A. M. [A. MUSSOLINI], Sei Dicembre, in «Il Popolo d’Italia», 7 <strong>di</strong>cembre 1926.<br />

122 Ibidem.<br />

123 «Il Popolo d’Italia», 7 <strong>di</strong>cembre 1926.<br />

124 Un richiamo alle inchieste parlamentari del passato sottolineano la <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong><br />

comportamento. Si pensi, solo per citare un esempio, all’inchiesta sulla Sic<strong>il</strong>ia nel 1875-76<br />

quando fu sottoposto un questionario sull’amministrazione periferica dal quale emergeva uno<br />

spaccato del ruolo dello Stato e delle caratteristiche <strong>della</strong> sua azione nella società. Cfr. L’inchiesta<br />

sulle con<strong>di</strong>zioni sociali ed economiche <strong>della</strong> Sic<strong>il</strong>ia e sull’andamento dei pubblici servizi, deliberata<br />

dalla legge 3 luglio 1875 n. 2.579 e conclusasi con la relazione <strong>di</strong> Romualdo Bonfa<strong>di</strong>ni e in parte<br />

pubblicata dall’ACS <strong>di</strong> Roma, a cura <strong>di</strong> S. Carbone e R. Grispo, Il Mulino, Bologna 1969. Cfr.<br />

anche E. IACHELLO, Stato moderno e <strong>di</strong>sarmonie regionali, Guida, Napoli 1987.<br />

125 E. TOLOMEI, Le due provincie. Trento e Bolzano, in «Archivio per l’Alto A<strong>di</strong>ge», annata XXII,<br />

1927, pp. 193-218; la citaz. a p. 193.<br />

126 Ivi, p. 206.<br />

127 Va ricordato che <strong>il</strong> Gran Consiglio del Fascismo aveva creato i «Gruppi <strong>di</strong> competenza»<br />

nazionali e provinciali, cioè «una importante raccolta <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>osi e <strong>di</strong> tecnici al servizio del<br />

Governo fascista». Cfr. PARTITO NAZIONALE FASCISTA, Il Gran Consiglio nei primi cinque anni<br />

dell’Era Fascista, Prefazione <strong>di</strong> B. Mussolini, Libreria del Littorio, Roma 1927, Riunione XXV,<br />

28 luglio 1923, p. 79. Furono costituiti 178 «Gruppi <strong>di</strong> competenza» in 46 provincie e 3<br />

capoluoghi <strong>di</strong> circondario, compresi in 17 regioni: 11 per la pubblica amministrazione, 14 per<br />

123


Umberto Chiaramonte<br />

la finanza pubblica, 16 per <strong>il</strong> settore giuri<strong>di</strong>co-legale, 8 per le opere pubbliche, 12 per i trasporti<br />

e le vie <strong>di</strong> comunicazione, 14 per le industrie, 12 per <strong>il</strong> commercio, 22 per l’agricoltura, 19 per<br />

l’istruzione, 4 per la previdenza sociale, 11 per le belle arti, 8 per l’ed<strong>il</strong>izia, 10 per la sanità e<br />

igiene, 2 per le colonie, 7 per i porti e la navigazione, 8 per le miniere.<br />

128 I confini delle nuove Provincie, in «La Stampa» <strong>di</strong> Torino, 11 gennaio 1927.<br />

129 L’elenco dà un segno dell’approssimazione con cui l’operazione venne condotta. Mo<strong>di</strong>fiche<br />

furono apportate per Brin<strong>di</strong>si, Nuoro, Terni e Viterbo (a quest’ultima furono aggregati alcuni<br />

comuni del circondario <strong>di</strong> Civitavecchia); a Pistoia fu aggregato <strong>il</strong> Comune <strong>di</strong> Tizzana. Più<br />

consistenti furono le mo<strong>di</strong>fiche nelle provincie <strong>di</strong> Frosinone (a cui venne tolta tutta la zona <strong>della</strong><br />

soppressa Provincia <strong>di</strong> Caserta, tra <strong>il</strong> Liri e <strong>il</strong> Garigliano e <strong>il</strong> mare, nonché i comuni dei<br />

mandamenti <strong>di</strong> Terracina, Segni, Piperno e Vallecorsa i quali passarono tutti alla Provincia <strong>di</strong><br />

Roma); Matera (vennero tolti alcuni comuni del circondario <strong>di</strong> Lagonegro, precedentemente<br />

assegnat<strong>il</strong>e, e gliene lasciò sei: Novasiri, Roton<strong>della</strong>, Tirsi, Valsinni, Codognaro e S. Giorgio<br />

Lucano; in più le assegnarono tre comuni <strong>della</strong> Provincia <strong>di</strong> Potenza: Genzano, Banzi [ma oggi<br />

questo è tornato a far parte <strong>di</strong> Potenza] e S. Gervasio);Varese (cui venne tolto parte dei comuni<br />

più vicini a M<strong>il</strong>ano che li reclamò per non depauperare <strong>il</strong> proprio territorio); Vercelli (a cui<br />

rimasero i comuni dei circondari <strong>di</strong> Vercelli, Biella e Varallo, oltre ai comuni <strong>di</strong> Borgo Vercelli<br />

e V<strong>il</strong>lata, mentre tutti i comuni <strong>della</strong> Val d’Ossola rimasero a Novara).<br />

130 Il 6 <strong>di</strong>cembre Mussolini inviò <strong>il</strong> seguente telegramma: «Il periodo delle cerimonie, delle<br />

inaugurazioni e dei festeggiamenti è finito. La Nazione deve lavorare tranqu<strong>il</strong>lamente e con<br />

senso <strong>di</strong> rigida economia. I Prefetti sono invitati ad impartire <strong>di</strong>sposizioni perché le cerimonie<br />

<strong>di</strong> ogni genere siano rinviate ad altra stagione».<br />

131 B. MUSSOLINI, Scritti e <strong>di</strong>scorsi dal 1927 al 1928 cit., p. 44.<br />

132 Che Mussolini abbia deciso personalmente le città da promuovere è <strong>di</strong>mostrato dal suo carattere<br />

personale che lo spingeva a prendeva da solo le decisioni più importanti. Cfr. R. DE FELICE, Mussolini<br />

<strong>il</strong> duce, vol. I, Gli anni del consenso:1929-1936, Einau<strong>di</strong>, Torino 1974, pp. 19 e ss.<br />

133 La lettera, scritta <strong>il</strong> 16 maggio 1924, è stata pubblicata per la prima volta nel 1941 in Lettere<br />

<strong>di</strong> D’Annunzio a Mussolini, M<strong>il</strong>ano, 1941, e nel 1971, in Carteggio D’Annunzio- Mussolini<br />

(1019-1938), a cura <strong>di</strong> R. De Felice e E. Mariano, M<strong>il</strong>ano, 1971. Cfr. anche R. TIBONI, Come<br />

nacque Pescara Capoluogo <strong>di</strong> Provincia. Dal carteggio D’Annunzio-Mussolini, Estratto da «Oggi<br />

e Domani», mens<strong>il</strong>e <strong>di</strong> cultura e attualità, a. V, apr<strong>il</strong>e-maggio 1977; IDEM, «Il Tempo» <strong>di</strong> Roma,<br />

21 settembre 1967. «Cospeggi» probab<strong>il</strong>mente sta per «capeggi».<br />

134 B. MUSSOLINI, Scritti e <strong>di</strong>scorsi cit., p.47.<br />

135 La Provincia <strong>di</strong> Napoli aveva una superficie <strong>di</strong> 90.845 ettari e 72 comuni, e sebbene avesse<br />

una popolazione <strong>di</strong> 1.478.021 abitanti, la più alta d’Italia per densità, riteneva la propria<br />

circoscrizione provinciale <strong>di</strong> scarso r<strong>il</strong>ievo, per cui chiedeva un maggior prestigio in<strong>di</strong>viduato<br />

in una più vasta circoscrizione territoriale. La Provincia <strong>di</strong> Caserta venne ricostituita con<br />

l’avvento <strong>della</strong> repubblica nel secondo dopoguerra.<br />

136 Questi comuni furono: Carinola, Conca Campania, Francolise, Marzano, Appio,<br />

124


Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />

Mondragone, Ponza, Roccamonfina, Sessa Aurunca, Tora e Picc<strong>il</strong>li. La superficie <strong>della</strong> provincia<br />

<strong>di</strong> Napoli era <strong>di</strong> 90.845 ettari e i 72 comuni non erano sufficientemente appaganti. Questa fu la<br />

vera ragione per aggregarle un’ulteriore superficie <strong>di</strong> oltre 170.000 ettari con circa 500.000<br />

abitanti.<br />

137 Un Programma che si compie. La Provincia <strong>di</strong> Napoli ha <strong>il</strong> suo necessario respiro territoriale, in<br />

«Il Popolo d’Italia», 15 <strong>di</strong>cembre 1926. I rimanenti centri del Casertano vennero annessi alle<br />

provincie <strong>di</strong> Benevento e <strong>di</strong> Frosinone.<br />

138 Ivi. Il provve<strong>di</strong>mento collegato alla nuova circoscrizione provinciale estendeva la proroga al<br />

1928 del regime fiscale <strong>di</strong> cui godeva <strong>il</strong> porto <strong>di</strong> Napoli, mettendolo in con<strong>di</strong>zione priv<strong>il</strong>egiata<br />

rispetto agli altri porti italiani e me<strong>di</strong>terranei. In conclusione, l’accentramento, perché <strong>di</strong> questo<br />

si trattò, <strong>di</strong> interessi commerciali e amministrativi nella città <strong>di</strong> Napoli venne considerato come<br />

«la via <strong>della</strong> resurrezione» <strong>di</strong> una metropoli che si <strong>di</strong>batteva in crisi ricorrenti che richiedevano<br />

leggi e concessioni speciali.<br />

139 B. MUSSOLINI, Scritti e <strong>di</strong>scorsi cit., p. 49. Parte <strong>di</strong> questo <strong>di</strong>scorso è stato pubblicato anche, con<br />

<strong>il</strong> titolo La creazione del Podestà, in ID., Discorsi del 1927, E<strong>di</strong>zioni «Alpes», II e<strong>di</strong>zione, M<strong>il</strong>ano 1928.<br />

140 A. Vella (nato a Caltagirone nel 1896 e morto a Roma nel 1943) fu <strong>il</strong> fondatore <strong>della</strong><br />

Federazione Giovan<strong>il</strong>e Socialista nel 1907, pubblicista, deputato per tre legislature, vice<br />

segretario nazionale del Psi, pagò con <strong>il</strong> carcere <strong>il</strong> pacifismo nella I guerra mon<strong>di</strong>ale. Per questa<br />

sua posizione si scontrò nella <strong>di</strong>rezione socialista con Mussolini quando questi dovette<br />

<strong>di</strong>mettersi da <strong>di</strong>rettore dell’Avanti! e in quell’occasione <strong>il</strong> futuro duce minacciò perché Vella<br />

non venisse scelto come suo sostituto alla <strong>di</strong>rezione del giornale. Per un approfon<strong>di</strong>mento, cfr.<br />

U. CHIARAMONTE, Arturo Vella e <strong>il</strong> socialismo massimalista, Lacaita, Manduria 2002.<br />

141 R.d.l. 4 ottobre 1934, n. 1682, in G.U., 26 ottobre 1934, n. 252. I comuni erano:<br />

Bassiano, Campo<strong>di</strong>mele, Castelforte, Cisterna <strong>di</strong> Roma, Cori, Fon<strong>di</strong>, Formia, Gaeta, Itri,<br />

Lenola, Littoria, Minturno, Monte S. Biagio, Norma, Ponza, Proverno, Prosse<strong>di</strong>,<br />

Roccagorga, Rocca Massima, Sabau<strong>di</strong>a, San Felice Circeo, Sermoneta, Sezze, Sonnino,<br />

Sperlonga, Spingo Saturnia, Terracina e Ventotene. Al Comune <strong>di</strong> Littoria vennero aggregate<br />

le frazioni Acciarella, Conca e Le Ferriere. Oggi la Provincia è composta <strong>di</strong> 33 comuni e<br />

225.000 ettari.<br />

142 Cfr. R.d.l. del 1° apr<strong>il</strong>e 1935, n. 297, in G.U. dell’8 apr<strong>il</strong>e 1935, n. 82. La costituzione<br />

decorreva dal 15 apr<strong>il</strong>e 1935. Ufficialmente fu fatto passare <strong>il</strong> criterio <strong>della</strong> necessità <strong>di</strong> snellire<br />

le provincie <strong>di</strong> Alessandria, che aveva 343 comuni e 508.800 ettari <strong>di</strong> superficie, e <strong>di</strong> Cuneo,<br />

con 263 comuni e 743.000 ettari <strong>di</strong> superficie.<br />

143 In G.U. del 3 febbraio 1939, n. 28.<br />

144 Le aggregazioni e le soppressioni dei piccoli comuni venivano comunicate dalla «Rivista<br />

amministrativa» a partire dal 1923 fino al 1935 nell’apposita rubrica «Atti del Governo».<br />

145 A.M. (ARNALDO MUSSOLINI), La pietra angolare, in «Il Popolo d’Italia», 7 gennaio 1927.<br />

Il giornale pubblicò la circolare sul n. 5 del 6 gennaio, e oggi la si può leggere in <strong>di</strong>verse<br />

pubblicazioni, tra cui A. AQUARONE, L’organizzazione dello Stato totalitario cit., II, pp. 485-<br />

125


Umberto Chiaramonte<br />

88; oppure in Scritti politici <strong>di</strong> Benito Mussolini, Introduzione e cura <strong>di</strong> E. Santarelli, Feltrinelli,<br />

M<strong>il</strong>ano 1979, pp. 237-240.<br />

146 P. POMBENI, Autorità sociale e potere politico cit., p. 24.<br />

147 Melis ha riportato dati <strong>della</strong> Ragioneria generale che <strong>di</strong>mostrano che un decremento degli<br />

impiegati pubblici si ebbe soltanto dal 1923 al 1928 (quando passarono rispettivamente da<br />

540.847 a 520.979), ma <strong>il</strong> trend riprese a salire nel 1933 (634.328 impiegati), nel 1938<br />

(787.862) e nel 1943 (1.380.904). Naturalmente, i dati sugli impiegati negli enti locali<br />

andrebbero <strong>di</strong>saggregati. Cfr. G. MELIS, Storia dell’amministrazione cit., pp. 328 ss., che riporta<br />

i dati del ministero del Tesoro. Ragioneria generale dello Stato. Ispettorato generale servizi<br />

speciali e meccanizzazione, Dipendenti delle amministrazioni statali dal 1923 al 1992, Ist.<br />

Poligrafico dello Stato, Roma 1994.<br />

148 Per quanto riguarda questi temi nel periodo liberale, cfr. A. M. BANTI, Storia <strong>della</strong> borghesia<br />

italiana. L’età liberale, Donzelli, Roma 1996, soprattutto pp. 10-22.<br />

149 Se ne veda una sintesi in Il pensiero <strong>della</strong> stampa italiana, in «Il Popolo d’Italia», 7 gennaio<br />

1927, dove sono riportati brani dal «Corriere <strong>della</strong> sera», «Il Secolo», «La Sera»,<br />

«L’Ambrosiano», «L’Italia», «Il Giornale d’Italia», «La Gazzetta del Popolo», «Il Tevere»,<br />

«Lavoro d’Italia», «Corriere d’Italia», «Impero», «Il Mezzogiorno», «La Tribuna».<br />

150 Per un panorama sulla figura del prefetto nella storia d’Italia, cfr. R. C. FRIED, Il prefetto in<br />

Italia, Giuffré, M<strong>il</strong>ano 1967; P. CASULA, I prefetti nell’or<strong>di</strong>namento italiano. Aspetti storici e<br />

tipologici, Giuffré, M<strong>il</strong>ano 1972; L. PONZINI, Il governo dei prefetti . Amministrazione e politica<br />

nell’Italia meri<strong>di</strong>onale: 1922-1926, Meri<strong>di</strong>ana Libri, Catanzaro 1995; E. GIUSTAPANE, Sulla<br />

storia dei prefetti, in «Le Carte e la Storia», 1995, n. 1, pp. 18-27.<br />

151 UGO MARCHETTI, Mussolini, i Prefetti e <strong>di</strong> Podestà. Lo st<strong>il</strong>e e l’opera <strong>di</strong> un Prefetto fascista,<br />

Casa ed. «Mussoliniana», e<strong>di</strong>zioni Palatino, Mantova, s.i.a. [ma 1927], p.33.<br />

152 «Il Popolo d’Italia», 17 ottobre 1926.<br />

153 I dati raccolti dal giornalista vanno presi con cautela in quanto furono arrotondati con una<br />

certa approssimazione, secondo le in<strong>di</strong>cazioni che gli <strong>di</strong>edero i federali delle provincie. Occorre<br />

aggiungere che i dati si riferiscono all’intera Provincia, per cui sarebbe interessante considerare<br />

la consistenza del Pnf nei capoluoghi, tenendo conto del rapporto degli iscritti con <strong>il</strong> numero<br />

degli abitanti. Ad esempio: a Terni i m<strong>il</strong>itanti nel partito, nelle sue varie organizzazioni, erano<br />

più del 50 per cento dell’intera Provincia (600 fascisti, 100 fasciste donne, 200 avanguar<strong>di</strong>sti,<br />

800 bal<strong>il</strong>la, 100 piccole italiane); a Viterbo, gli iscritti al fascio erano 600 sugli 8.000 <strong>della</strong><br />

Provincia; a Matera i fascisti tesserati erano 459 sui 5.210 <strong>della</strong> Provincia e i bal<strong>il</strong>la erano 300<br />

su 1.200. Gli esempi potrebbero continuare.<br />

154 Cfr. PAOLO RUZZI, La Provincia dello Jonio, in «Rivista delle provincie», a. XX, fasc. III,<br />

marzo 1927, pp. 109-112. L’autore limitava la sua analisi alla Provincia <strong>di</strong> Taranto, chiamata<br />

appunto Provincia dello Jonio, sottolineando che per <strong>il</strong> solo consorzio antitubercolare<br />

occorrevano 40.000 lire.<br />

126


Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />

155 SILENA FABBRI, La riforma territoriale delle Provincie, in «Rivista delle provincie», a. XX, fasc.<br />

I, gennaio 1927, pp. 21-25.<br />

156 ACS, Verbali del Consiglio dei ministri, seduta 8 <strong>di</strong>cembre 1926.<br />

157 Ivi, seduta del 10 <strong>di</strong>cembre 1926.<br />

158 L’art. 1 del r.d.l. 14 apr<strong>il</strong>e 1927, n. 597 (in G.U. del 3 maggio 1927, n. 102) stab<strong>il</strong>iva: «entro sei<br />

mesi [...] i Prefetti delle nuove Provincie [...] possono, in caso <strong>di</strong> necessità, <strong>di</strong>sporre la requisizione<br />

<strong>di</strong> locali <strong>di</strong> privata proprietà» per gli uffici <strong>della</strong> Provincia, non superando la durata <strong>di</strong> tre anni. Contro<br />

la requisizione prefettizia non era ammesso ricorso né in via amministrativa né in via giuris<strong>di</strong>zionale.<br />

159 La cessione al Comune fu fatta in base all’art. 20 <strong>della</strong> L. 17 luglio 1866 n. 3036 sui beni<br />

ecclesiastici, dando la priorità all’uso <strong>di</strong> beneficenza. Il presidente <strong>della</strong> Congregazione, Francesco<br />

M<strong>il</strong>itello, barone <strong>di</strong> Castagna, si rivolse a Mussolini per far desistere <strong>il</strong> prefetto dal pretendere che<br />

gli si cedesse in affitto l’ex monastero, per lasciare, invece, «ai poveri <strong>il</strong> grazioso dono del Governo».<br />

Cfr. Presidenza del Consiglio dei Ministri (PCM), fasc. n. 1.830, lettera del 28 apr<strong>il</strong>e 1927. La<br />

richiesta del canone d’affitto da parte del Comune, sembrò eccessiva, come eccessivi vennero<br />

ritenuti i 22 locali posti nei due piani. Inoltre, l’Intendenza avrebbe dovuto spendervi una somma<br />

pari a 120.000 lire per la ristrutturazione. Il Comune nella seduta del 14 luglio 1927 deliberò un<br />

canone <strong>di</strong> 30.000 lire annue per un contratto <strong>di</strong> sei anni, mentre la Congregazione <strong>di</strong> Carità<br />

chiedeva 60.000 lire annue. Fu <strong>il</strong> ministero delle Finanze che non accettò (cfr. lettera del ministero<br />

Finanze alla Presidenza del Consiglio, 30 luglio 1927, n. 21.455).<br />

160 ACS, PCM, lettera del prefetto alla PCM, 22 novembre 1927, n. 2.038.<br />

161 Per la questione, cfr. ACS, PCM, b. 1.241, Castrogiovanni.<br />

162 ACS, PCM, b. 3.620, Castrogiovanni, Lettera del prefetto del 2 settembre 1927, n. 555.<br />

163 ACS, PCM, lettere del 16 <strong>di</strong>cembre 1926, n. 4; del 13 gennaio 1927, n. 115 e del 2 maggio<br />

1927, n. 672.<br />

164 ACS, PCM, b. 2.312, lettera del prefetto <strong>di</strong> Ragusa alla Presidenza del C.M., 27 maggio<br />

1927, n. 963.<br />

165 Nel testo <strong>della</strong> lettera.<br />

166 ACS, PCM, b. 2.312, lettera <strong>di</strong> G. Suardo al prefetto <strong>di</strong> Ragusa, 6 giugno 1927.<br />

167 Ivi, lettera del M.I. alla P.C.M., 16 giugno 1927, n. 1.595. La proposta venne rigettata<br />

unanimemente dagli altri ministeri interpellati anche perché aveva tutta l’aria <strong>di</strong> apparire<br />

«bolscevica» ove era «largamente applicata», e avrebbe dato luogo «a più gravi inconvenienti e<br />

a malcontento maggiore». Cfr. Lettera del ministro <strong>della</strong> Giustizia alla PCM, 17 giugno 1927,<br />

n. 2.312/3-19. Anche per la «Rivista amministrativa del Regno» (a. LXXVIII, 1927) era<br />

in<strong>di</strong>spensab<strong>il</strong>e la con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> necessità per la ut<strong>il</strong>ità delle opere pubbliche in quanto «si<br />

sostanzia in essa l’interesse pubblico da sod<strong>di</strong>sfare» (p.45). Essendo l’autorità amministrativa,<br />

si configurava una <strong>di</strong>screzionalità soggetta al giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> legittimità per eccesso <strong>di</strong> potere.<br />

127


Umberto Chiaramonte<br />

168 Per Ragusa, cfr. ACS, M.I., Amministrazione civ<strong>il</strong>e, Fondo Comuni, b. 2.291, dove sono<br />

raccolti alcuni esposti del 1929-30 per l’esproprio <strong>di</strong> terreni per la costruzione <strong>di</strong> scuole e case.<br />

169 ACS, M.I., Amministrazione civ<strong>il</strong>e, Fondo Comuni, b. 1.231, Telegramma del prefetto<br />

Rogges Giuseppe a Mussolini (22 marzo 1927, n. 15.896) - Cifrato: «Con inse<strong>di</strong>amento<br />

commissione per scelta aree costruzione primi e<strong>di</strong>fici istituto nazionale case per impiegati<br />

questa citta<strong>di</strong>nanza riceve conferma tangib<strong>il</strong>e vivo interessamento Eccellenza Vostra per<br />

rinnovamento ed<strong>il</strong>izio questa venusta Enna che E.V. volle elevare a <strong>di</strong>gnità capoluogo Provincia<br />

(stop) Classe impiegatizia et citta<strong>di</strong>nanza tutta nella novella prova benevolenza suo amatissimo<br />

Duce riconferma giuramento fedeltà incon<strong>di</strong>zionata et fermo proposito <strong>di</strong>sciplina et lavoro per<br />

portare anche materialmente questo capoluogo alla <strong>di</strong>gnità cui l’E.V. volle elevarla».<br />

170 DIMO D’ANGELLA, Storia <strong>della</strong> Bas<strong>il</strong>icata, Arti Grafiche Liantonio, Matera 1983, vol. III, pp. 735-76.<br />

171 Ivi, p. 737.<br />

172 Alcune tracce <strong>di</strong> questi casi sono stati rinvenuti in ACS, M.I., Amministrazione civ<strong>il</strong>e, Fondo<br />

Comuni . Si cita <strong>il</strong> caso <strong>di</strong> Ragusa dove vennero presentati esposti per la <strong>di</strong>rezione dei lavori <strong>di</strong> un<br />

e<strong>di</strong>ficio scolastico, affidata ad un ingegnere del Genio civ<strong>il</strong>e che prendeva due stipen<strong>di</strong> per due<br />

lavori svolti contemporaneamente (lettera <strong>di</strong> alcuni citta<strong>di</strong>ni al M.I. del 9 apr<strong>il</strong>e 1929); per la<br />

<strong>di</strong>rezione dei lavori del palazzo del Governo (lettera al M.I. firmata ABC, del 1° luglio 1930 e<br />

risposta del prefetto del 13 settembre 1930, n. 1.520); esposto per sperperi del Comune per i troppi<br />

impiegati e per i lavori <strong>della</strong> fognatura citta<strong>di</strong>na (lettera <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>ni al Duce, del 9 settembre 1929).<br />

173 Anche questa affermazione meriterebbe una documentazione ed un approfon<strong>di</strong>mento nelle<br />

<strong>di</strong>verse realtà. Qui basti citare la denuncia <strong>di</strong> eccessivi tributi partita da citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Ragusa al<br />

M.I. Il prefetto rispose al ministero che «nonostante i nuovi e maggiori oneri che <strong>il</strong> Comune<br />

deve sostenere per l’elevazione a capoluogo <strong>di</strong> Provincia, i tributi vengono applicati in misura<br />

normale. [...] L’amministrazione si è interessata <strong>di</strong> ridurre al minimo quelle tasse che più<br />

<strong>di</strong>rettamente incidono sull’agricoltura, allo scopo <strong>di</strong> contribuire con ogni mezzo a fronteggiare<br />

l’attuale situazione». Cfr. la lettera del prefetto al M.I., dell’11 marzo 1930, n. 347.<br />

174 Da una indagine sulle spese sostenute dalle singole provincie per la manutenzione delle strade <strong>di</strong><br />

I classe, provinciali, comunali e cantoniere, si desume che complessivamente in Italia si spendevano<br />

307.800.965 lire . Cfr. Le provincie e le spese stradali, in «Rivista delle Provincie», a. XX, fasc. IX,<br />

settembre 1927, pp. 290 ss.; Le strade, ivi, fasc. XI-XII, novembre-<strong>di</strong>cembre 1927, pp. 426-28.<br />

175 Cfr. la lettera del prefetto <strong>di</strong> Ragusa al ministro dell’Interno (11 marzo 1930, n. 347), cit.,<br />

con la quale <strong>il</strong> prefetto informava che erano state contenute le tasse che incidevano<br />

«<strong>di</strong>rettamente sull’agricoltura», mentre nel 1929 le tasse sul bestiame erano state inferiori<br />

rispetto a quanto era previsto dal regolamento provinciale. In ACS, Ammin. civ<strong>il</strong>e, Fondo<br />

Comuni, b. 2.291.<br />

176 Nel 1909 per gli alloggi dei prefetti venivano calcolate 3.973.802 lire; per gli uffici <strong>di</strong><br />

prefettura 7.254.890 lire, che, aggiunte alle spese per le caserme dei carabinieri e <strong>della</strong> pubblica<br />

sicurezza, venivano calcolate in lire 25.025.451 complessivi. Cfr. alcuni dati significativi in<br />

«Bollettino dell’Unione delle Provincie d’Italia» (poi «Rivista delle Provincie»), a. II, fasc. II,<br />

febbraio 1909, Gli sgravi delle Provincie dalle spese <strong>di</strong> carattere generale, pp. 41-49.<br />

128


Centri Raccolta Profughi per gli italiani in fuga<br />

Centri Raccolta Profughi per gli italiani in fuga<br />

<strong>di</strong> Riccardo Cappelli<br />

Introduzione<br />

Questo articolo si basa in modo esclusivo sulla consultazione del fondo<br />

archivistico denominato Comunità Protetta Profughi - che riguarda <strong>il</strong> centro<br />

accoglienza profughi sito in Marina <strong>di</strong> Carrara - conservato presso l’Archivio<br />

Storico e <strong>di</strong> Deposito <strong>della</strong> Giunta Regionale Toscana. Va sottolineato che<br />

<strong>il</strong> fenomeno dell’assistenza ai profughi e sinistrati nell’Italia post bellica è un<br />

argomento finora poco trattato dagli stu<strong>di</strong>osi. Questo saggio, lungi<br />

dall’offrire un’analisi storica esaustiva e dettagliata, vuole solo fornire degli<br />

spunti <strong>di</strong> massima, oltre a descrivere quanto è possib<strong>il</strong>e trovare in archivio.<br />

A questo proposito, farò uso esteso <strong>di</strong> citazioni <strong>di</strong>rette del materiale<br />

documentario 1 , con l’obiettivo <strong>di</strong> «lasciar parlare le carte» (errori<br />

grammaticali compresi) e rendere così l’atmosfera del tempo 2 .<br />

Cenni storici<br />

Alla fine del secondo conflitto mon<strong>di</strong>ale si rese necessaria la creazione <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>versi Centri Raccolta Profughi (CRP) per ospitare i sinistrati e i<br />

connazionali costretti a rimpatriare. Questi ultimi erano dei residenti in<br />

territori sottratti all’Italia, come conseguenza <strong>di</strong> situazioni generali aventi<br />

carattere eccezionale da paesi europei ed extra europei, per i quali fosse stata<br />

<strong>di</strong>chiarata l’esistenza dello stato <strong>di</strong> necessità da parte dello Stato italiano. Ai<br />

profughi del secondo conflitto mon<strong>di</strong>ale, provenienti per lo più dalle ex<br />

colonie d’Africa, Egitto, Tunisia, Grecia e Jugoslavia, si sommarono via via<br />

quelli prodotti dalle lotte <strong>di</strong> decolonizzazione africane (Angola, Algeria,<br />

ecc.) e, dal 1969, anche gli italiani in fuga dalla Libia.<br />

I Centri, <strong>di</strong>ffusi in tutta la penisola, <strong>di</strong>pendevano organicamente<br />

prima dal ministero per l’Assistenza Post-bellica, poi dal 1947 del settore<br />

129


Riccardo Cappelli<br />

dell’assistenza pubblica del ministero dell’Interno. La struttura<br />

organizzativa dei Centri non era rigida, ma vi erano, comunque, delle<br />

in<strong>di</strong>cazioni <strong>di</strong> massima e provvisorie date dall’Alto commissariato<br />

profughi <strong>di</strong> guerra. Quest’ultimo suggeriva <strong>di</strong> creare un Ufficio<br />

amministrazione, un Ufficio registrazione e movimento, un Servizio<br />

magazzino viveri e cucina, un Servizio sanitario e igienico, un Servizio<br />

tecnico manutenzione lavori, un Servizio <strong>di</strong> polizia e uno <strong>di</strong> assistenza<br />

religiosa. Nel caso in cui <strong>il</strong> <strong>Centro</strong> ospitasse oltre 500 profughi, <strong>il</strong><br />

<strong>di</strong>rettore (che era <strong>di</strong> nomina prefettizia) poteva richiedere anche un vice<br />

<strong>di</strong>rettore e una piccola segreteria per <strong>il</strong> <strong>di</strong>sbrigo delle pratiche generali.<br />

Per i servizi e gli uffici del <strong>Centro</strong> si doveva cercare <strong>di</strong> ut<strong>il</strong>izzare al<br />

massimo l’opera dei profughi (pagati con 30-90 lire giornaliere a seconda<br />

del sesso e delle mansioni svolte 3 ), con l’esclusione delle mansioni che<br />

richiedevano una certa continuità o comportavano responsab<strong>il</strong>ità<br />

notevoli 4 .<br />

130<br />

Archivio Storico e <strong>di</strong> Deposito <strong>della</strong> Giunta Regionale Toscana<br />

Elenco serie archivistiche:<br />

Fondo Comunità Protetta Profughi<br />

PERSONALE: Personale impiegato, Personale salariato, Personale aus<strong>il</strong>iario, Presenze,<br />

Varie (1945-1970) pzz. 10; AFFARI GENERALI: Leggi, Circolari, Verbali, Consegna (1945-<br />

1975) pz. 1; DIREZIONE: Informazioni, Disposizioni, Varie (1945-1970) pzz. 4; Pratiche <strong>di</strong><br />

Segreteria (1945-1970) pzz. 5; REGISTRI: Protocolli <strong>della</strong> corrispondenza, Registri profughi,<br />

Registri assistenza profughi, Registri prestazioni ambulatoriali, Inventario (1945-1972)<br />

pzz. 93; RUBRICHE: Rubriche profughi e sinistrati (1945-1972) pzz. 9; Fascicoli profughi<br />

(1945-1970) pzz. 93; Fascicoli profughi lavoratori (1945-1970) pzz. 4; UFFICIO STRALCIO:<br />

Segreteria, Disposizioni, Ren<strong>di</strong>conti, B<strong>il</strong>ancio preventivo e libro cassa, Contratti, Fascicoli<br />

personali, Inventario, Presenze, Sussi<strong>di</strong> sostitutivi mensa, Varie (1972-1984) pzz. 16.<br />

Date estreme <strong>della</strong> documentazione: 1945-1984.<br />

Consistenza: metri lineari 20, pezzi n. 235.<br />

Strumenti d’accesso: elenco <strong>di</strong> versamento cartaceo.


Centri Raccolta Profughi per gli italiani in fuga<br />

Inizialmente, <strong>il</strong> sussi<strong>di</strong>o previsto era <strong>di</strong> 5 lire al giorno, però questo veniva<br />

trattenuto in un fondo <strong>di</strong> riserva per i primi tre mesi <strong>di</strong> permanenza del<br />

profugo e, successivamente, veniva versato solo per metà al profugo e l’altra<br />

metà andava sempre ad alimentare <strong>il</strong> fondo <strong>di</strong> riserva. Nel caso in cui <strong>il</strong><br />

profugo, al momento del definitivo sfollamento o del trasferimento in altro<br />

<strong>Centro</strong>, non riconsegnasse gli oggetti dati in consegna provvisoria - coperta<br />

(540 lire), pagliericci (300 lire), gamella (58 lire), bicchiere (15 lire), piatto<br />

(45 lire), cucchiaio (12 lire) e forchetta (12 lire) - <strong>il</strong> loro importo veniva<br />

detratto dalla liquidazione <strong>della</strong> somma finale maturata.<br />

131


Riccardo Cappelli<br />

Nel corso degli anni si sv<strong>il</strong>uppò una copiosa attività normativa (e relativa<br />

proliferazione <strong>di</strong> circolari interpretative) riguardante la complessa questione<br />

dei rimpatriati. In particolare, numerosi furono gli interventi del legislatore<br />

volti a regolare in maniera sempre più restrittiva i sussi<strong>di</strong> in denaro destinati<br />

ai profughi, a incentivarne <strong>il</strong> loro volontario sfoltimento (attraverso<br />

l’assegnazione <strong>di</strong> una quota riservata <strong>di</strong> ed<strong>il</strong>izia popolare e premi monetari)<br />

e, infine, a favorirne l’occupazione lavorativa esterna.<br />

Solo con la legge n. 137 del 4 marzo 1952 venne regolata tutta la materia<br />

relativa all’assistenza ai profughi e categorie assim<strong>il</strong>ab<strong>il</strong>i. Nello spirito la<br />

legge tendeva a fac<strong>il</strong>itare <strong>il</strong> ritorno alla vita civ<strong>il</strong>e e produttiva dei profughi,<br />

ma nella sua applicazione concreta incontrò molte <strong>di</strong>fficoltà, soprattutto per<br />

le scarse risorse e la carente gestione dei Centri che mantenevano in una<br />

con<strong>di</strong>zione miserevole gli assistiti.<br />

132<br />

Il <strong>Centro</strong> Raccolta Profughi <strong>di</strong> Marina <strong>di</strong> Carrara<br />

In Toscana <strong>il</strong> CRP aveva sede a Marina <strong>di</strong> Carrara presso la ex Colonia<br />

Vercelli <strong>di</strong> via Marina Cavaiola e si estendeva su una superficie <strong>di</strong> circa<br />

45.000 metri quadrati (v. mappa), con alloggi e servizi in grado <strong>di</strong> accogliere<br />

circa 850 profughi e, in momenti <strong>di</strong> crisi, anche un migliaio. Sfogliando in<br />

maniera sommaria le carte conservate in archivio, si trovano <strong>di</strong>versi prospetti<br />

delle presenze: nel settembre 1946 risultano presenti 1.000 profughi, nel<br />

maggio 1949 853, nell’apr<strong>il</strong>e 1950 811, nell’apr<strong>il</strong>e 1952 805, nel giugno<br />

1955 806, nel settembre 1959 465, nel febbraio 1964 181 e nell’ottobre<br />

1967 57.<br />

Oltre ai circa 6.000 fascicoli personali dei profughi, <strong>di</strong> particolare<br />

interesse sono i faldoni <strong>della</strong> Direzione e Segreteria, i quali contengono<br />

carteggio relativo alle questioni più <strong>di</strong>sparate: segnalazioni <strong>di</strong> giovani in età<br />

<strong>di</strong> leva; richieste <strong>di</strong> sussi<strong>di</strong>, esenzioni, sconti postali e teatrali; ricezione <strong>di</strong><br />

aiuti da associazioni <strong>di</strong> carità; questioni relative a permessi e assenze<br />

(giustificate o meno); richieste <strong>di</strong> danni <strong>di</strong> guerra; pratiche scolastiche;<br />

inventari; richieste <strong>di</strong> informazioni su parenti; corsi professionali;<br />

<strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> dolciumi, coperte, vestiario, ecc. Inoltre, sono numerosi i<br />

tentativi d’inserire i profughi presso imprese. Le richieste d’informazioni da<br />

parte <strong>di</strong> queste ultime, sul singolo profugo aspirante, ottengono<br />

invariab<strong>il</strong>mente una risposta positiva da parte del <strong>di</strong>rettore, che fa largo uso<br />

<strong>di</strong> aggettivi descrittivi quali «bravo», «zelante», «tranqu<strong>il</strong>lo», «operoso», ecc.


Centri Raccolta Profughi per gli italiani in fuga<br />

Il <strong>di</strong>rettore del <strong>Centro</strong> aveva certo i suoi grattacapi: infatti, doveva<br />

fronteggiare una situazione degradata sia per quanto riguardava le<br />

con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vita dei profughi, che per l’or<strong>di</strong>ne pubblico. Ad esempio, la<br />

scarsa quantità e qualità del vitto - viveri che provocavano la <strong>di</strong>arrea, alimenti<br />

avariati, carne scadente, ecc. - causarono decine <strong>di</strong> lagnanze nel corso degli<br />

anni, tuttora conservate agli atti. Nel 1946 la tabella alimentare giornaliera<br />

per i profughi prevedeva grammi 325 <strong>di</strong> pane, 85 <strong>di</strong> pasta, 33 <strong>di</strong> zucchero,<br />

5 <strong>di</strong> concentrato, 100 <strong>di</strong> legumi, 10 <strong>di</strong> sale, 400 <strong>di</strong> carne o sim<strong>il</strong>i (alla<br />

settimana), 6,6 <strong>di</strong> olio, 50 <strong>di</strong> latte, 5 <strong>di</strong> surrogato 5 . Nel 1949 si decise <strong>di</strong><br />

aumentare la razione giornaliera portandola a grammi 325 <strong>di</strong> pane, 200 <strong>di</strong><br />

pasta e riso, 100 <strong>di</strong> legumi, 50 <strong>di</strong> carne fresca, 28 <strong>di</strong> olio, 33 <strong>di</strong> zucchero, 10<br />

<strong>di</strong> sale, 10 <strong>di</strong> conserva, 100 <strong>di</strong> latte fresco e, infine, lire 9,40 <strong>di</strong> patate e<br />

ortaggi. Il valore me<strong>di</strong>o <strong>della</strong> tabella giornaliera degli alimenti passava così<br />

dalle 113 alle 153 lire 6 . Ma le lamentele non cesseranno mai per tutta<br />

l’attività del <strong>Centro</strong>, dato che spesso <strong>il</strong> menù <strong>di</strong>pendeva da quello che si<br />

riusciva poi effettivamente a reperire sul mercato e non sempre questo<br />

coincideva con la tabella alimentare prevista. Inoltre, i profughi cercavano<br />

sempre <strong>di</strong> ottenere più cibo, anche ricorrendo a furberie:<br />

Sino a Martedì 12 corrente <strong>il</strong> pane veniva <strong>di</strong>stribuito sottraendo da ogni pesata una<br />

certa quantità a titolo <strong>di</strong> sfrido, per compensare cioè quello che normalmente si perde<br />

nel taglio.<br />

Alcuni elementi <strong>della</strong> Commissione Interna, ritenendo <strong>di</strong> poter prendere in castagna<br />

gli incaricati <strong>della</strong> <strong>di</strong>stribuzione, hanno <strong>di</strong>sposto che lo sfrido non venisse più calcolato.<br />

In tal modo si sono persi circa 21 Kg. <strong>di</strong> pane. Da oggi pertanto ho <strong>di</strong>sposto che si torni<br />

al vecchio sistema, in modo da non far torto a nessuno 7 .<br />

Anche <strong>il</strong> riscaldamento invernale era soggetto a restrizioni e le <strong>di</strong>stribuzioni<br />

straor<strong>di</strong>narie <strong>di</strong> legname dovevano essere autorizzate dal prefetto:<br />

Dato <strong>il</strong> perdurare <strong>della</strong> stagione invernale e la grande percentuale <strong>di</strong> persone anziane<br />

attualmente ospiti <strong>di</strong> questo <strong>Centro</strong>, si prega voler autorizzare una <strong>di</strong>stribuzione<br />

straor<strong>di</strong>naria <strong>di</strong> legna da ardere, per consentire <strong>di</strong> superare più fac<strong>il</strong>mente questo periodo.<br />

Si precisa che gran parte degli assistiti hanno espresso tale richiesta e che per quanto<br />

concerne <strong>il</strong> quantitativo esso sarà quello concesso dalle vigenti <strong>di</strong>sposizioni in ragione<br />

<strong>di</strong> Kg. 1,500 pro-capite e pro-<strong>di</strong>e. Essendo la forza presente attuale <strong>di</strong> n° 181 personale,<br />

<strong>il</strong> quantitativo <strong>di</strong> legna da ardere occorrente sarà <strong>di</strong> Q.li 81,00 per una spesa<br />

complessiva <strong>di</strong> L. 104.000 nel caso venga autorizzata una <strong>di</strong>stribuzione per un mese e<br />

<strong>della</strong> metà se solo per una quin<strong>di</strong>cina.<br />

133


Riccardo Cappelli<br />

Per la <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>ità, si aggiunge che <strong>il</strong> quantitativo <strong>di</strong> legna da ardere fino ad oggi<br />

<strong>di</strong>stribuito, è inferiore <strong>di</strong> non poco a quello preventivato all’inizio dell’esercizio 8 .<br />

Altri problemi erano le perio<strong>di</strong>che invasioni <strong>di</strong> zanzare e parassiti, i<br />

liquami gettati nelle vicinanze del centro, le pessime con<strong>di</strong>zioni igieniche<br />

generali, ecc. Nel 1946 un’ispezione eseguita dalla Squadra Mob<strong>il</strong>e d’Igiene<br />

portò ai seguenti r<strong>il</strong>ievi:<br />

1) Sarebbe ut<strong>il</strong>e riparare gli scarichi otturati degli orinatoi installati nei gabinetti degli<br />

uomini;<br />

2) necessità <strong>di</strong> mettere al più presto in funzione le docce del <strong>Centro</strong>;<br />

3) è urgente rimettere <strong>il</strong> chiusino ad una fogna <strong>della</strong> cucina;<br />

4) le scatolette <strong>di</strong> carne che appaiono rigonfie debbono essere sistematicamente<br />

<strong>di</strong>strutte senza nemmeno esaminare <strong>il</strong> contenuto;<br />

5) i rifiuti <strong>della</strong> cucina e così le altre immon<strong>di</strong>zie debbono essere depositate in recipienti<br />

metallici unti <strong>di</strong> lubrificanti usati e provvisti <strong>di</strong> coperchio;<br />

6) è necessario prendere gli opportuni accor<strong>di</strong> con chi <strong>di</strong> dovere per <strong>il</strong> perio<strong>di</strong>co<br />

svuotamento del pozzo nero in cui immettono le fognature del <strong>Centro</strong>, essendo logico<br />

prevedere che questo dovrà essere svuotato con maggiore frequenza <strong>di</strong> quella<br />

sufficiente a quando gli e<strong>di</strong>fici del <strong>Centro</strong> erano ut<strong>il</strong>izzati come Colonia Marina;<br />

7) occorre costruire una base in muratura, provvista <strong>di</strong> scarichi, intorno alle vasche<br />

<strong>della</strong> lavanderia per evitare gli allagamenti e l’inquinamento con larve <strong>di</strong> mosca del<br />

terreno circostante 9 .<br />

Destava particolare preoccupazione lo stato dei bagni, tanto è vero che<br />

si potevano leggere sim<strong>il</strong>i avvisi ai profughi:<br />

Ho saputo ed ho constatato che le latrine sono tenute malissimo e sono spesso<br />

adoperate per un uso <strong>di</strong>verso a quello al quale son destinate.<br />

Nel Pa<strong>di</strong>glione C è stata trovata la pelle <strong>di</strong> un coniglio nel gabinetto e non è stato<br />

possib<strong>il</strong>e sapere da chi sia stato commesso tale abuso.<br />

Perché tutte le famiglie siano interessate a prevenire nel loro interesse tali fatti ho<br />

<strong>di</strong>sposto che in occasione <strong>della</strong> paga a ciascun capo-famiglia venga ritirata, a titolo <strong>di</strong><br />

ammenda, la somma <strong>di</strong> L. 5 per ogni membro <strong>di</strong> famiglia.<br />

Nella latrina del Pa<strong>di</strong>glione B sono state trovate varie posate nuove alcune usate e forbici:<br />

infliggo a tutte le famiglie del predetto pa<strong>di</strong>glione la stessa ammenda <strong>di</strong> cui sopra.<br />

Nel gabinetto del Pa<strong>di</strong>glione G è stato trovato rotto un vetro, <strong>il</strong> valore del quale sarà<br />

recuperato me<strong>di</strong>ante ritenuta, proporzionale al numero dei membri <strong>di</strong> famiglia, che <strong>il</strong><br />

Signor Nicoli applicherà sulla prossima paga dei capi famiglia del predetto<br />

pa<strong>di</strong>glione 10 .<br />

134


Centri Raccolta Profughi per gli italiani in fuga<br />

Grave era la scarsezza <strong>di</strong> acqua potab<strong>il</strong>e (specie nella stagione estiva), un<br />

problema ammesso anche dal Comune <strong>di</strong> Carrara <strong>il</strong> quale, in una lettera<br />

inviata al prefetto e al <strong>di</strong>rettore del <strong>Centro</strong>, affermava che:<br />

L’approvvigionamento idrico del Campo Profughi, malgrado l’aumentato numero <strong>di</strong><br />

serbatoi per accrescere la <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> acqua potab<strong>il</strong>e è insufficiente alle necessità dei<br />

profughi ospitati.<br />

Considerato che l’acquedotto <strong>di</strong> Carrara non può dare una dotazione idrica sufficiente e<br />

che nemmeno <strong>il</strong> pozzo artesiano, data la sua modesta portata, non è capace <strong>di</strong> sopperire<br />

alla richiesta, si ritiene doveroso far presente la cosa per i provve<strong>di</strong>menti del caso 11 .<br />

Gli impianti elettrici dei fabbricati abitati dai profughi non<br />

funzionavano a dovere e ciò fu l’oggetto <strong>di</strong> una relazione del vice-<strong>di</strong>rettore:<br />

In seguito alle ripetute lagnanze dei profughi per <strong>il</strong> cattivo funzionamento<br />

dell’impianto elettrico degli alloggi, ho fatto un’accurata visita a tutto l’impianto ed ho<br />

r<strong>il</strong>evato quanto segue:<br />

Inizialmente l’impianto venne eseguito in modo assai empirico, senza tener conto <strong>di</strong><br />

tutte le misure <strong>di</strong> sicurezza in<strong>di</strong>cate dalla tecnica.<br />

Le inf<strong>il</strong>trazioni d’acqua nei soffitti durante la stagione piovosa, hanno causato<br />

frequenti danni, riparati male ed in fretta, sia per la mancanza <strong>di</strong> mezzi adeguati e <strong>di</strong><br />

personale idoneo, sia per la necessità <strong>di</strong> ripristinare in fretta <strong>il</strong> servizio.<br />

Infine, <strong>il</strong> carico eccessivo delle linee, l’umi<strong>di</strong>tà dei soffitti, <strong>il</strong> deterioramento naturale<br />

delle parti isolanti, e le frequenti manomissioni ed alterazioni effettuate dai profughi,<br />

hanno ridotto tutta la rete <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione <strong>della</strong> <strong>il</strong>luminazione ad un tale stato <strong>di</strong><br />

deterioramento che non è più possib<strong>il</strong>e provvedere con i mezzi normali.<br />

Tale stato <strong>della</strong> rete, oltre che lasciare quasi ogni sera senza luce qualche pa<strong>di</strong>glione, è<br />

causa <strong>di</strong> una forte <strong>di</strong>spersione <strong>di</strong> corrente e <strong>della</strong> fulminazione <strong>di</strong> una grande quantità<br />

<strong>di</strong> lampa<strong>di</strong>ne, con conseguente notevole aggravio delle spese <strong>di</strong> <strong>il</strong>luminazione e <strong>di</strong><br />

manutenzione.<br />

Si rende pertanto necessario provvedere con la massima sollecitu<strong>di</strong>ne alla quasi<br />

completa ricostruzione <strong>di</strong> tutto l’impianto elettrico.<br />

[...] Sarei infine del subor<strong>di</strong>nato parere <strong>di</strong> usare lampa<strong>di</strong>ne elettriche con un marchio<br />

indeleb<strong>il</strong>e per evitare la possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> sostituzione delle lampa<strong>di</strong>ne efficenti con altre<br />

bruciate 12 .<br />

<strong>Del</strong> resto, oltre che rubare le lampa<strong>di</strong>ne, alcuni profughi cercavano <strong>di</strong><br />

ottenere un’<strong>il</strong>luminazione migliore (così aggravando le con<strong>di</strong>zioni<br />

dell’impianto generale) 13 , perciò:<br />

Si rinnova a tutti gli assistiti l’avvertimento che è fatto <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> fare uso, nelle singole<br />

abitazioni, <strong>di</strong> lampa<strong>di</strong>ne superiori ai 40 watt.<br />

135


Riccardo Cappelli<br />

Tutti coloro che adoperano lampa<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> maggiore potenza, sono invitati a sostituirle<br />

imme<strong>di</strong>atamente.<br />

Saltuari controlli verranno effettuati dal personale addetto che provvederà senz’altro<br />

al sequestro del materiale abusivamente adoperato 14 .<br />

Tra l’altro <strong>il</strong> f<strong>il</strong>o elettrico poteva servire anche a un altro scopo, lo si<br />

deduce da questa richiesta in<strong>di</strong>rizzata all’Ufficio Economato del Comune <strong>di</strong><br />

Carrara:<br />

Siamo stati informati che nei depositi <strong>di</strong> codesto Ufficio esiste del f<strong>il</strong>o elettrico<br />

americano ricuperato nella zona.<br />

Dovendo noi come da autorizzazione del ns. ministero procedere alla costruzione dei<br />

lettini a castello tipo m<strong>il</strong>itare, avremmo necessità <strong>di</strong> detto f<strong>il</strong>o per poter effettuare un<br />

sistema <strong>di</strong> rete per i lettini stessi.<br />

Pertanto saremmo a pregare la Vs. cortesia <strong>di</strong> potercene fornire un quantitativo <strong>di</strong> 500<br />

o 600 Kg., certi che data l’opera a cui esso deve servire non mancherete <strong>di</strong> accettare la<br />

ns. richiesta 15 .<br />

Comunque, uno degli aspetti più preoccupanti rimaneva la criminalità<br />

e l’or<strong>di</strong>ne pubblico. I reati commessi dai profughi che compaiono nei verbali<br />

e promemoria redatti dal posto fisso <strong>di</strong> Pubblica Sicurezza (organico due<br />

persone, una per turno) all’interno del CRP e dall’Ufficio vig<strong>il</strong>anza sono una<br />

sf<strong>il</strong>za: ubriachezza, stupri, furti, rapine, risse, alterchi (spesso dovuti a salti<br />

<strong>di</strong> f<strong>il</strong>a), calunnie, truffe, atti vandalici, prostituzione, introduzione <strong>di</strong><br />

persone non autorizzate, turp<strong>il</strong>oquio, ecc.<br />

Il <strong>di</strong>rettore cercava <strong>di</strong> reprimere i comportamenti devianti comminando<br />

<strong>di</strong>ffide, multe e penalità ai profughi, un’attività che gli comportava <strong>di</strong> essere<br />

oggetto <strong>di</strong> ripetute minacce (in un italiano incerto) da parte <strong>di</strong> alcuni<br />

profughi turbolenti:<br />

Egregio Direttore!<br />

In poche parole, gent<strong>il</strong>mente a lei si prega <strong>di</strong> fare ridare imme<strong>di</strong>atamente <strong>il</strong> sussi<strong>di</strong>o<br />

regolare a tutti i poveri profughi che lavorano e che è a loro stato sospeso <strong>il</strong> detto<br />

sussi<strong>di</strong>o.<br />

Deve bene rammentarsi e essere cosciente, che questa povera gente non ha ne tetto ne<br />

letto e se si guadagna qualche piccolezza, malefatta sospendersi <strong>il</strong> sussi<strong>di</strong>o.<br />

Dunque sta a lei, e stia bene attento, che se non sarà risolta quanto prima la questione:<br />

le potrebbero succedere dei guai!<br />

Faccia come sa e s<strong>il</strong>enzio 16 .<br />

136


Centri Raccolta Profughi per gli italiani in fuga<br />

Nel corso del 1946 <strong>il</strong> <strong>Centro</strong>, <strong>il</strong> cui servizio <strong>di</strong> vig<strong>il</strong>anza interna è<br />

assicurato da un capo-guar<strong>di</strong>a e sette guar<strong>di</strong>e, subì ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong>versi<br />

attacchi armati e <strong>il</strong> carteggio tra <strong>il</strong> <strong>di</strong>rettore e le autorità superiori rispecchia<br />

<strong>il</strong> clima <strong>di</strong> tensione esistente:<br />

Portiamo a conoscenza all’Ecc.Vs., che questa mattina circa le ore una sconosciuti<br />

introdottisi nel <strong>Centro</strong> scavalcando i reticolati che lo recingono nascostesi tra le piante<br />

e i cespugli <strong>della</strong> macchia hanno fatto fuoco contro la pattuglia <strong>di</strong> perlustrazione<br />

formata dalle guar<strong>di</strong>e: B.V. e B.U., i quali hanno imme<strong>di</strong>atamente risposto con le armi<br />

in loro possesso.<br />

Il ripetersi <strong>di</strong> questi attacchi ci preoccupa vivamente in quanto le armi in possesso dei ns.<br />

Guar<strong>di</strong>ani (fuc<strong>il</strong>i da caccia e pistole automatiche) sono <strong>di</strong> gran lunga inferiori alle armi<br />

che vengono usate dagli sconosciuti che s’introducono nel centro (fuc<strong>il</strong>i da guerra).<br />

Pertanto interessiamo, l’Ecc.Vs. perché ci vengano fornite delle armi adeguate per<br />

poter controbattere questi attacchi che ormai si verificano a perio<strong>di</strong> abbastanza brevi<br />

uno dall’altro 17 .<br />

Informo che oggi ore 15,30 gruppo persone armate appartenenti presumib<strong>il</strong>mente e<br />

da quanto riferito da guar<strong>di</strong>e questo <strong>Centro</strong> at Federazione Anarchica Italiana habet<br />

fatto irruzione per ricercare profughi fascisti. Poiché tali atti est da ritenersi<br />

inopportuno et non legalmente autorizzato prego provvedere urgentemente at<br />

opportuni provve<strong>di</strong>menti riguardo. Prego Signoria Vostra provvedere at rinforzo<br />

posto <strong>di</strong> Pubblica Sicurezza poiché popolazione <strong>Centro</strong> est allarmata. Qualora non<br />

provvedesi at quanto con presente richiesto declino responsab<strong>il</strong>ità or<strong>di</strong>ne pubblico<br />

interno 18 .<br />

Dobbiamo segnare come ancora una volta <strong>il</strong> nostro personale, pre<strong>di</strong>sposto al servizio<br />

<strong>di</strong> polizia, sia stato fatto segno <strong>di</strong> attacco con armi da fuoco da parte <strong>di</strong> sconosciuti.<br />

Nello spazio <strong>di</strong> 7 mesi è questo <strong>il</strong> 4° attacco che essi subiscono ed occorre assolutamente<br />

provvedere perché questi episo<strong>di</strong> siano eliminati o comunque metterci in grado <strong>di</strong><br />

intervenire con mezzi adeguati.<br />

Fino dal 16/6 provvedemmo ad inviare alla Questura <strong>di</strong> Massa tutti gli incartamenti<br />

occorrenti per avere la nomina <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>e giurate interne al personale scelto (Reduci<br />

e Partigiani) per tale servizio, ma fino ad oggi, solo due persone sono state chiamate a<br />

prestare giuramento per avere tale nomina.<br />

[...] A questo proposito Vi facciamo osservare che un servizio d’or<strong>di</strong>ne, come si richiede<br />

in un <strong>Centro</strong> Profughi, non può essere assolutamente <strong>di</strong>simpegnato da profughi<br />

perché praticamente si renderebbe nullo, per ragioni fac<strong>il</strong>mente comprensib<strong>il</strong>i.<br />

[...] Inoltre si deve tenere presente che, malgrado le pratiche fatte, non si è ancora<br />

riusciti ad avere l’installazione <strong>di</strong> un telefono che possa collegarci con la Stazione dei<br />

Carabinieri, che <strong>di</strong>sta circa 2 Km. dal <strong>Centro</strong>, che <strong>il</strong> <strong>Centro</strong> si trova in aperta campagna,<br />

come possono attestare Vostri Funzionari che lo hanno visitato, e quin<strong>di</strong><br />

completamente in balia <strong>di</strong> noi stessi 19 .<br />

137


Riccardo Cappelli<br />

Da registrare nello stesso periodo una missiva dell’Associazione<br />

Nazionale Antifascisti <strong>di</strong>retta alla Direzione del <strong>Centro</strong>, dalla quale si evince<br />

con tutta probab<strong>il</strong>ità <strong>il</strong> motivo dell’ost<strong>il</strong>ità armata dei locali:<br />

Ci viene riferito che in questi ultimi giorni, abbia preso alloggio costì una qualche<br />

famiglia <strong>di</strong> certi elementi che hanno appartenuto alle brigate nere e che furono fra i più<br />

violenti fascisti <strong>della</strong> prima ora.<br />

Non inten<strong>di</strong>amo farne colpa per questo a Codesta Direzione, tutt’altro, ma<br />

semplicemente desideriamo che sia informata <strong>di</strong> tutto ciò per <strong>il</strong> suo interesse e per la<br />

maggiore sorveglianza.<br />

Quello che riflette la posizione <strong>di</strong> detti elementi è cosa che ce ne occuperemo noi per<br />

vedere come procedere nei loro confronti 20 .<br />

Nel 1947 le guar<strong>di</strong>e giurate hanno finalmente preso servizio e sono<br />

affiancate da sorveglianti <strong>di</strong>sarmati:<br />

Nei servizi <strong>di</strong> vig<strong>il</strong>anza notturna possono portare le armi soltanto quelle guar<strong>di</strong>e che<br />

sono in possesso del decreto <strong>di</strong> nomina a guar<strong>di</strong>a giurata e del permesso <strong>di</strong> porto<br />

d’arma.<br />

Le guar<strong>di</strong>e non giurate eseguiranno <strong>il</strong> servizio <strong>di</strong>sarmate.<br />

Le guar<strong>di</strong>e sorprendendo persone in atteggiamento sospetto, nel recinto del <strong>Centro</strong><br />

intimeranno <strong>il</strong> «chi va là» e «l’alto là» e procederanno al loro fermo. Se le guar<strong>di</strong>e fossero<br />

<strong>di</strong>sarmate richiederanno l’intervento <strong>di</strong> quelle giurate.<br />

Queste sole potranno far uso delle armi se fatte segno a colpi <strong>di</strong> arma da fuoco da parte<br />

degli aggressori, al solo scopo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa personale, come è consentito dalla legge 21 .<br />

Comunque gli addetti alla vig<strong>il</strong>anza possono fare poco in caso <strong>di</strong> rivolte,<br />

come accadde nel 1947, quando a Marina <strong>di</strong> Carrara i profughi dettero vita<br />

a una violenta sommossa «tutta al femmin<strong>il</strong>e» (conclusasi con espulsioni e<br />

trasferimenti degli assistiti più riottosi):<br />

In seguito ai <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni verificatisi nel <strong>Centro</strong> Assistenza Profughi <strong>di</strong> Marina <strong>di</strong> Carrara<br />

i giorni 23 e 24 Maggio 1947 <strong>il</strong> sottoscritto Direttore del <strong>Centro</strong> denuncia a codesto<br />

Comando [Stazione Carabinieri], per i provve<strong>di</strong>menti del caso, le persone qui <strong>di</strong> seguito<br />

nominate, tutte residenti nel <strong>Centro</strong> stesso, e ciascuna per i motivi a fianco segnati:<br />

[Nomi <strong>di</strong> sei donne] Per avere <strong>il</strong> giorno 23 Maggio incitato i ricoverati del <strong>Centro</strong> a<br />

violenta rivolta. Per avere insultato e minacciato nello stesso giorno <strong>il</strong> Direttore del<br />

<strong>Centro</strong>, Pubblico Ufficiale, ed iniziato e incoraggiato un tentativo <strong>di</strong> lapidazione dello<br />

stesso a mezzo <strong>di</strong> ciottoli e scatole <strong>di</strong> carne. Per avere, <strong>il</strong> mattino del 24 Maggio,<br />

sob<strong>il</strong>lato con ogni mezzo i ricoverati per provocare una nuova manifestazione, violato<br />

138


Centri Raccolta Profughi per gli italiani in fuga<br />

<strong>il</strong> domic<strong>il</strong>io privato del Direttore nel <strong>Centro</strong>, minacciando lo stesso Direttore con<br />

bastoni, insultandolo e giungendo a percosse con le mani, nel tentativo <strong>di</strong> sospingerlo<br />

a viva forza in mezzo alla massa <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostranti 22 .<br />

In generale, a livello nazionale, proteste e rivolte accompagnavano le<br />

progressive limitazioni dei <strong>di</strong>ritti dei profughi (in particolare, l’esclusione<br />

dal sussi<strong>di</strong>o per alcune categorie), limitazioni tese a convincere i profughi ad<br />

abbandonare i Centri e a reinse<strong>di</strong>arsi. A questo proposito, uno degli anni più<br />

«cal<strong>di</strong>» fu <strong>il</strong> 1955 quando si prese atto che:<br />

lo stato <strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio in cui versano ancora numerosi profughi non può imputarsi agli<br />

avvenimenti bellici, dopo tanti anni dalla fine <strong>della</strong> guerra e dopo l’avvenuta<br />

ricostruzione, sicché non si giustifica la concessione <strong>di</strong> una particolare e più favorevole<br />

forma <strong>di</strong> assistenza a favore dei profughi nei confronti delle altre categorie <strong>di</strong> in<strong>di</strong>genti<br />

comuni. Inoltre, <strong>il</strong> perdurare <strong>di</strong> tali benefici comporta al b<strong>il</strong>ancio dello Stato un<br />

gravissimo onere.<br />

Nonostante tali considerazioni, questo ministero riterrebbe opportuno, per motivi<br />

intuib<strong>il</strong>i, non cessare del tutto ed improvvisamente le provvidenze assistenziali <strong>di</strong> cui<br />

alla legge che sta per scadere, ma prorogarle limitandole: è perciò pre<strong>di</strong>sposto uno<br />

schema <strong>di</strong> legge per prorogare sino al 30 giugno 1956, solo alcuni interventi<br />

assistenziali in favore dei profughi.<br />

Precisamente – per le considerazioni succitate e per <strong>il</strong> fatto che la concessione troppo<br />

prolungata del sussi<strong>di</strong>o giornaliero induce all’inerzia molte persone ancora idonee al<br />

lavoro, le quali preferiscono accontentarsi del modesto aiuto elargito dallo Stato,<br />

anziché adoprarsi per trovare una qualsiasi sistemazione – <strong>il</strong> provve<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> proroga<br />

contiene numerosi restrizioni rispetto alle norme attuali in modo che verrà ad essere<br />

<strong>di</strong> gran lunga ridotto <strong>il</strong> numero degli assistiti ed ad essere limitata la concessione<br />

dell’assistenza a casi veramente degni <strong>di</strong> considerazione 23 .<br />

Perciò, nel 1955 la prefettura <strong>di</strong> Massa-Carrara giustamente si<br />

preoccupava delle ricadute sull’or<strong>di</strong>ne pubblico delle nuove <strong>di</strong>sposizioni<br />

restrittive (<strong>di</strong>sposizioni che provocheranno <strong>di</strong>verse sommosse in altri centri<br />

raccolta profughi):<br />

Con circolare del 28.6.u.s. <strong>il</strong> ministero dell’Interno, Direzione Generale Assistenza<br />

Pubblica ha impartito nuove <strong>di</strong>sposizioni sull’assistenza ai profughi. In base a tali<br />

norme verrà a cessare, con effetto imme<strong>di</strong>ato, la corresponsione del sussi<strong>di</strong>o giornaliero<br />

a circa 450 profughi ricoverati presso <strong>il</strong> Centri <strong>di</strong> Marina <strong>di</strong> Carrara.<br />

Nella eventualità che <strong>il</strong> citato provve<strong>di</strong>mento possa avere qualche ripercussione nei<br />

confronti <strong>di</strong> quanti vengono a trovarsi privati del beneficio <strong>di</strong> cui godevano, prego V.S.<br />

139


Riccardo Cappelli<br />

<strong>di</strong> voler senz’altro <strong>di</strong>sporre per quei provve<strong>di</strong>menti cautelativi più opportuni ed<br />

adeguati, onde prevenire ogni possib<strong>il</strong>e turbativa alla normale vita del <strong>Centro</strong> 24 .<br />

Oltre a coloro che abbandonavano in maniera volontaria <strong>il</strong> CRP per<br />

sistemarsi altrove, vi erano anche profughi costretti a lasciare <strong>il</strong> <strong>Centro</strong> per<br />

cause - per così <strong>di</strong>re - <strong>di</strong> forza maggiore come quelli incarcerati per reati<br />

commessi all’esterno, o come <strong>il</strong> profugo U.C. che si dette alla fuga<br />

precipitosa per:<br />

sottrarsi alle minacce <strong>di</strong> un numeroso stuolo <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>tori, che si ritenevano da lui<br />

raggirati.<br />

Costoro avevano fatto ricorso al Sig. Direttore Perone perché inducesse <strong>il</strong> C. a<br />

sod<strong>di</strong>sfare ai propri debiti e sostavano minacciosi nei pressi dell’ingresso principale,<br />

alcuni armati <strong>di</strong> roncola e falcetto determinati, <strong>di</strong>cevano, uccidere <strong>il</strong> truffatore 25 .<br />

Invece, altri profughi erano oggetto degli interessi informativi del<br />

ministero dell’Interno. A questo proposito, vi è una velina <strong>di</strong> risposta al<br />

<strong>di</strong>rettore dell’Ufficio provinciale assistenza post-bellica <strong>di</strong> Massa (che<br />

<strong>il</strong>lustra bene anche le miserie umane del CRP):<br />

A seguito <strong>di</strong> quanto richiesto verbalmente dalla S.V. in data 16 u.s., in merito alla<br />

attività del Comitato Giuliano si precisa quanto segue:<br />

nessuna attività viene svolta dal Comitato in parola in questo <strong>Centro</strong> Raccolta, vi è<br />

solamente un componente del Comitato Provinciale, nella persona del profugo T. avv.<br />

R., componente che non risulta essere stato eletto dalla comunità.<br />

Risulta ancora, da varie in<strong>di</strong>screzioni, che lo stesso non è gra<strong>di</strong>to alla maggioranza dei<br />

profughi in quanto per ogni eventuale prestazione come domande varie, richieste<br />

danni <strong>di</strong> guerra, denunce dei beni abbandonati, richiede equi compensi in denaro.<br />

Infatti, per la comp<strong>il</strong>azione dei formulari relativi alla denuncia dei beni abbandonati,<br />

richiedeva somme varianti dalle 1.000 alle 1.500 lire.<br />

Questa Direzione, per ovviare <strong>il</strong> ripetersi <strong>di</strong> tali inconvenienti, ha messo a <strong>di</strong>sposizione<br />

dei profughi un impiegato dell’ufficio Assistenza per <strong>il</strong> <strong>di</strong>sbrigo delle pratiche<br />

sopracennate 26 .<br />

Tutta la vita nel campo era minuziosamente regolata e la visione <strong>di</strong><br />

programmi televisivi non fa eccezione, così veniamo a sapere che si può<br />

vedere la tv:<br />

Per gli adulti: Ogni giorno <strong>della</strong> settimana dalle ore 20,30 alle ore 23,00<br />

Per i ragazzi: Ogni giorno <strong>della</strong> settimana dalle ore 17,00 alle ore 18,00<br />

140


Centri Raccolta Profughi per gli italiani in fuga<br />

La Domenica sarà trasmessa la partita <strong>di</strong> calcio dalle ore 18,45 fino al termine <strong>della</strong><br />

stessa 27 .<br />

Inoltre, per evitare <strong>di</strong>s<strong>di</strong>cevoli <strong>di</strong>scussioni dei profughi:<br />

Si ricorda che nei giorni <strong>di</strong> mercoledì e domenica nei programmi T.V. serali dovrà<br />

essere data la precedenza alle trasmissioni sportive 28 .<br />

Infine, non mancavano prescrizioni relative alla morale:<br />

Per buona norma si tornano ad avvertire tutti i ricoverati che è fatto assoluto <strong>di</strong>vieto<br />

<strong>di</strong> circolare nell’interno del <strong>Centro</strong> indecentemente vestiti. Pertanto mentre gli uomini<br />

cureranno <strong>di</strong> non aggirarsi a petto nudo, le donne dovranno evitare <strong>di</strong> circolare in<br />

pantaloncini corti o ad<strong>di</strong>rittura in costume da bagno.<br />

Gli agenti <strong>di</strong> P.S. ed <strong>il</strong> personale <strong>di</strong>pendente, cureranno la massima osservanza del<br />

presente avviso, segnalando a questa Direzione gli inadempienti per i provve<strong>di</strong>menti<br />

<strong>di</strong>sciplinari del caso 29 .<br />

Comunque, ancora nel 1970 i profughi appena giunti dalla Libia<br />

dovettero trovare estremamente sgradevole la loro permanenza presso <strong>il</strong><br />

<strong>Centro</strong> <strong>di</strong> Marina <strong>di</strong> Carrara, tanto da rivolgere una perorazione al<br />

presidente Saragat:<br />

perché intervenga a sanare una situazione insostenib<strong>il</strong>e, provocata dal vitto<br />

insufficiente e talvolta immangiab<strong>il</strong>e [e dalle] loro con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> assoluta indegenza a<br />

tal punto, <strong>di</strong> non poter acquistare neppure una stringa per le scarpe o un dentifricio 30 .<br />

Con decreto del ministro dell’Interno dell’11 agosto 1971 <strong>il</strong> <strong>Centro</strong><br />

Raccolta Profughi si trasformò in Comunità Protetta Profughi <strong>di</strong> Marina <strong>di</strong><br />

Carrara. Con <strong>il</strong> D.P.R. n. 9 del 15 gennaio 1972, le funzioni amministrative<br />

in materia <strong>di</strong> beneficenza pubblica furono trasferite dallo Stato alle Regioni.<br />

Nell’apr<strong>il</strong>e del 1972 erano presenti 196 profughi, nel gennaio 1974 ne erano<br />

rimasti 30 che si ridurranno progressivamente a 5, quando la Comunità venne<br />

infine soppressa con Legge regionale n. 15 del 7 apr<strong>il</strong>e 1976, con attribuzione<br />

delle residue competenze assistenziali all’ente locale e quelle amministrative al<br />

neo costituito Ufficio stralcio <strong>della</strong> Comunità Protetta Profughi.<br />

Comunque, la «musica» non cambiò <strong>di</strong> molto anche nel periodo <strong>di</strong><br />

gestione regionale:<br />

141


Riccardo Cappelli<br />

Ovviamente rientra nei compiti dell’Ufficio esercitare costante opera <strong>di</strong> persuasione<br />

affinché gli ospiti si inseriscano nella vita produttiva e sociale dello Stato <strong>di</strong>mettendosi<br />

dalla Comunità. Ma poiché non tutti sono propensi affrontare, in modo autonomo,<br />

le oggettive <strong>di</strong>fficoltà <strong>della</strong> vita, occorrono precise <strong>di</strong>sposizioni se si deve intervenire<br />

con maggior severità (facendo intervenire le autorità <strong>di</strong> P.S.), quando le pressioni e le<br />

<strong>di</strong>ffide non danno <strong>il</strong> risultato sperato 31 .<br />

Tra l’altro, le operazioni miranti allo sfollamento incontrano l’ost<strong>il</strong>ità <strong>di</strong><br />

ambienti politici ben definiti, come denunciato dal <strong>di</strong>rigente regionale<br />

Bor<strong>di</strong>goni nella sua prima relazione annuale:<br />

Malgrado <strong>il</strong> lavoro sia stato arduo a causa <strong>di</strong> una costante e pressante interferenza <strong>di</strong><br />

forze politiche <strong>di</strong> estrema destra che con la chiusura <strong>della</strong> Comunità vengono a perdere<br />

<strong>il</strong> loro nucleo organizzato più numeroso ed importante <strong>della</strong> provincia (forse <strong>della</strong><br />

Regione), la situazione nella Comunità è abbastanza sod<strong>di</strong>sfacente 32 .<br />

L’ufficio stralcio terminava la propria attività <strong>il</strong> 31 <strong>di</strong>cembre 1984<br />

mettendo fine, una volta per tutte, anche alla triste esperienza toscana.<br />

142<br />

Note al testo<br />

1 Il lavoro è basato sui documenti conservati nel fondo Comunità Protetta Profughi dell'Archivio<br />

Storico e <strong>di</strong> Deposito <strong>della</strong> Giunta Regionale Toscana. Di essi si in<strong>di</strong>ca la collocazione nella<br />

relativa busta.<br />

2 Per gli interessati, si segnala un libro <strong>di</strong> memorie scritto da una ex profuga del <strong>Centro</strong> <strong>di</strong> Marina<br />

<strong>di</strong> Carrara: M. BRUGNA, Memoria negata, E<strong>di</strong>tore Condaghes, Cagliari 2002, pp. 296.<br />

3 Nell’apr<strong>il</strong>e del 1945 un capo squadra prendeva 90 lire al giorno; un operaio specializzato 75,80<br />

così come una guar<strong>di</strong>a notturna; un operaio qualificato 70,75; un manovale comune 50,60; un<br />

addetto alla pulizia 40,50 se uomo, 30,40 se donna; un impiegato dalle 55 alle 90 a seconda delle<br />

competenze e del titolo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o e così via. Il compenso dovuto ai profughi era qualificato come<br />

«maggiorazione al sussi<strong>di</strong>o» e, perciò, esente da ritenuta erariale e assicurazione sociale<br />

(Ministero dell’Assistenza post-bellica, Servizio Civ<strong>il</strong>i Vittime <strong>di</strong> Guerra, «Sussi<strong>di</strong> ai Profughi<br />

ricoverati nei Centri <strong>di</strong> Raccolta», 2 ottobre 1945, busta 104).<br />

4 Alto Commissariato Profughi <strong>di</strong> Guerra, «Regolamento per <strong>il</strong> funzionamento dei servizi<br />

preposti all’igiene dei Campi e dei Centri <strong>di</strong> Raccolta e Smistamento dei Profughi <strong>di</strong> Guerra»,<br />

22 apr<strong>il</strong>e 1945, busta 104.<br />

5 «Avviso ai profughi», 19 agosto 1946, busta 110.


Centri Raccolta Profughi per gli italiani in fuga<br />

6 Ministero dell’Interno, Ufficio Provinciale dell’Assistenza Post-bellica, «Nuova tabella<br />

<strong>di</strong>etetica per i profughi assistiti nel <strong>Centro</strong> e fuori», 10 febbraio 1949, busta 105.<br />

7 «Avviso ai profughi», 15 novembre 1946, busta 109.<br />

8 Lettera al prefetto del 14 febbraio 1964, busta 108.<br />

9 Il Sottosegretario <strong>di</strong> Stato (Ministero dell’Assistenza post-bellica, Ufficio Sanitario),<br />

«Deficienze e necessità del <strong>Centro</strong> Profughi <strong>di</strong> Marina <strong>di</strong> Carrara», 2 marzo 1946, busta 110.<br />

10 «Avviso ai profughi», 5 novembre 1946, busta 109.<br />

11 Missiva del 22 luglio 1960, busta 107.<br />

12 Rapporto del 2 gennaio 1950, busta 110.<br />

13 L’articolo 13 del Regolamento interno del CRP nel 1947 stab<strong>il</strong>iva: «È vietato l’uso <strong>di</strong><br />

materiale elettrico come fornelli, stufe, ferri da stiro, vent<strong>il</strong>atori, motorini ecc. Anche gli<br />

apparecchi ra<strong>di</strong>o sono vietati. In generale, <strong>il</strong> <strong>di</strong>vieto è imposto dallo spreco <strong>di</strong> energia che l’uso<br />

<strong>di</strong> questi apparecchi comporta. Sarà concesso l’uso <strong>di</strong> un apparecchio ra<strong>di</strong>o in consegna alla<br />

Commissione Interna» («Regolamento interno», 12 gennaio 1947, busta 111).<br />

14 «Avviso ai profughi», 15 marzo 1960, busta 110.<br />

15 A. Perone all’Ufficio Economato del Comune <strong>di</strong> Carrara , 19 maggio 1946, busta 110.<br />

16 1° luglio 1957, busta 106.<br />

17 13 maggio 1946, busta 109.<br />

18 21 luglio 1946, busta 109.<br />

19 16 giugno 1946, busta 109.<br />

20 11 giugno 1946, busta 109. La lettera è su carta intestata dell’Associazione Nazionale<br />

Antifascisti (con le seguenti subintestazioni: «Citta<strong>di</strong>ni mai iscritti al Partito Fascista – Sesto<br />

braccio – L’A.N.A. non è un partito. È un movimento <strong>di</strong> purificazione»), ma in fondo reca <strong>il</strong><br />

timbro circolare «Unione Antifascisti Intransigenti».<br />

21 31 marzo 1947, busta 110.<br />

22 27 maggio 1947, busta 110.<br />

23 Ministero dell’Interno, Direzione Generale Assistenza Pubblica, «Nuove norme<br />

sull’assistenza a favore dei profughi», 28 giugno 1955, busta 111.<br />

24 6 luglio 1955, busta 111.<br />

143


Riccardo Cappelli<br />

25 27 settembre 1946, busta 109.<br />

26 21 gennaio 1953, busta 106.<br />

27 «Avviso ai profughi», 5 maggio 1960, busta 110.<br />

28 «Avviso ai profughi», 17 <strong>di</strong>cembre 1969, busta 110.<br />

29 «Avviso ai profughi», 17 luglio 1961, busta 110.<br />

30 «Al Capo dello Stato Giuseppe Saragat, 3 <strong>di</strong>cembre 1970, busta 105.<br />

31 «Istruzioni sulla condotta <strong>della</strong> Comunità», 12 <strong>di</strong>cembre 1972, busta 1 (Ufficio Stralcio).<br />

32 «Relazione», 2 luglio 1973, busta 1 (Ufficio Stralcio).<br />

144


africa e <strong>di</strong>ntorni<br />

Un fatto sugli altri domina: la sicurezza<br />

«Un fatto sugli altri domina: la sicurezza».<br />

Uno scambio <strong>di</strong> relazioni sull’Etiopia del settembre 1937<br />

<strong>di</strong> Nicola Labanca<br />

1. All’inizio <strong>di</strong> settembre del 1937 l’ispettore del Partito nazionale<br />

fascista Davide Fossa scrisse ad Alessandro Lessona, ministro dell’Africa<br />

italiana. Nel giro <strong>di</strong> pochissimi giorni <strong>il</strong> ministro rispose. Il carteggio,<br />

durissimo nella sostanza anche se mellifluo nelle reciproche <strong>di</strong>chiarazioni <strong>di</strong><br />

amicizia personale, giunse all’attenzione <strong>di</strong> Benito Mussolini, che volle<br />

conservarlo 1 . Le missive, ma potremmo <strong>di</strong>rle relazioni per la loro ampiezza,<br />

sono due documenti esemplari dello stato dell’«Impero», <strong>di</strong> quell’Etiopia<br />

cioè per conquistare la quale <strong>il</strong> regime aveva rotto la pace internazionale,<br />

sbrecciato <strong>il</strong> sistema <strong>di</strong> sicurezza collettiva <strong>della</strong> Società delle nazioni,<br />

travolto <strong>il</strong> b<strong>il</strong>ancio pubblico nazionale, impegnato le forze armate e attratto<br />

l’attenzione dell’opinione pubblica scatenando una campagna propagan<strong>di</strong>stica<br />

senza precedenti. Una legislazione razziale era già stata introdotta<br />

nell’Impero. La seconda guerra mon<strong>di</strong>ale si era avvicinata, dopo la guerra<br />

d’Etiopia.<br />

Tutto questo per avere cosa in cambio? Lo scambio fra Fossa e Lessona<br />

offre importanti risposte.<br />

2. Per capire meglio lo stato dell’Impero alla vig<strong>il</strong>ia dell’autunno-inverno<br />

1937, però, è necessario vedere la situazione coloniale italiana sullo sfondo<br />

delle altre situazioni degli altri imperi oltremare delle potenze europee. La<br />

storia dell’imperialismo coloniale, è noto, è una storia <strong>di</strong> <strong>di</strong>versità, <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>fferenti situazioni fra colonia e colonia, fra area ed area. Ma alcuni elementi<br />

<strong>di</strong> continuità c’erano.<br />

La fine <strong>della</strong> prima guerra mon<strong>di</strong>ale e la re<strong>di</strong>stribuzione dei territori<br />

coloniali tedeschi aveva avvantaggiato Regno Unito e Francia. La crisi del<br />

145


Nicola Labanca<br />

1929 mise a dura prova ma anche valorizzò i rapporti fra madrepatria e<br />

colonie. Fra <strong>il</strong> 1935 e <strong>il</strong> 1939 <strong>il</strong> 39,5 per cento delle importazioni<br />

britanniche proveniva dalle colonie, mentre <strong>il</strong> 49 per cento delle esportazioni<br />

vi si <strong>di</strong>rigeva. Non a caso gli storici parlano <strong>di</strong> «recovery through<br />

empire». Questo aumento dell’interscambio, ottenuto anche un rinnovato<br />

protezionismo, permise persino uno «sv<strong>il</strong>uppo» economico <strong>di</strong> alcune<br />

aree delle colonie, e per certi versi anche politico ed amministrativo. Gli<br />

storici ancora <strong>di</strong>scutono se <strong>il</strong> Government of In<strong>di</strong>a B<strong>il</strong>l del 1935 (o 1935<br />

Act) era davvero destinato ad aumentare l’autonomia amministrativa <strong>della</strong><br />

perla dell’impero britannico: certo è che <strong>di</strong> questi temi si trattava, persino<br />

sotto i governi liberali o conservatori 2 .<br />

Anche nei vari e <strong>di</strong>versificati posse<strong>di</strong>menti francesi la crisi del 1929 aveva<br />

pesato molto. Crisi commerciale e pauperismo non furono fenomeni isolati<br />

nella prima metà degli anni trenta. Ma anche qui <strong>il</strong> rapporto priv<strong>il</strong>egiato fra<br />

madrepatria e Oltremare ne uscì rafforzato. I governi <strong>di</strong> Fronte popolare si<br />

posero <strong>il</strong> problema se un’economia coloniale «<strong>di</strong>rigée» fondata sull’intervento<br />

statale fosse la risposta giusta a questi problemi. Chi sosteneva che «la salut<br />

de la France était dans son Empire» esagerava forse un rapporto che però era<br />

stretto, e che aveva portato frutti indubitab<strong>il</strong>i a Parigi. La concretezza dei<br />

risultati ottenuti non ottenebrava, però, i sentimenti dei Francesi che – per<br />

quanto possano valere i sondaggi <strong>di</strong> opinione del tempo – erano <strong>di</strong>visi<br />

sull’opportunità <strong>di</strong> dover combattere per <strong>di</strong>fendere l’Empire (non per<br />

ampliarlo, ché a questo nessuno seriamente pensava): 44 contrari, 40<br />

favorevoli. In molti, poi, erano favorevoli a riformarlo 3 .<br />

Anche altre ben più piccole potenze coloniali, per quanto dal passato<br />

glorioso, come <strong>il</strong> Portogallo, avevano rafforzato in quegli anni rapporti ben<br />

stretti con le proprie colonie. Già in un importante <strong>di</strong>scorso pronunciato <strong>il</strong> 17<br />

maggio 1931, Salazar aveva affermato «a vontade de sermos no presente e no<br />

futuro o que sempre fomos no pasado - livres, in<strong>di</strong>pententes, colonizadores» 4 .<br />

Tutti, insomma, in Europa pensavano agli imperi. Ma pensavano a<br />

«valorizzarli», cioè a sfruttarli, ed effettivamente ne trassero vantaggi.<br />

Nessuno – nemmeno chi, come <strong>il</strong> <strong>di</strong>ttatore portoghese, non inclinava<br />

certo verso le riforme coloniali ideate dai governi <strong>di</strong> Fronte popolare francese<br />

o verso le cautissime ipotesi <strong>di</strong> autonomia amministrativa dei governi<br />

britannici – pensava a ampliare i propri territori.<br />

Mussolini e <strong>il</strong> fascismo, invece, ci pensarono. Con la guerra del 1935-<br />

1936 e con la conquista dell’Etiopia l’Italia fascista scatenò l’ultima,<br />

anacronistica guerra <strong>di</strong> conquista coloniale <strong>della</strong> storia 5 .<br />

146


I SENTIERI DELLA RICERCA<br />

<strong>rivista</strong> <strong>di</strong> storia contemporanea<br />

EDIZIONI CENTRO STUDI<br />

“Piero Ginocchi”, Crodo<br />

Esercitazioni nel maneggio delle armi in A.O.I.<br />

I SENTIERI DELLA RICERCA<br />

<strong>rivista</strong> <strong>di</strong> storia contemporanea<br />

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“Piero Ginocchi”, Crodo<br />

Un fatto sugli altri domina: la sicurezza<br />

Graziani firma l’atto <strong>di</strong> costituzione <strong>di</strong> nuove città in terra africana.<br />

147


Nicola Labanca<br />

A quale pro? Invece <strong>di</strong> guadagnare dalle colonie, <strong>il</strong> fascismo ci sperperò<br />

risorse preziose che sarebbero poi mancate al momento <strong>della</strong> prova fatale<br />

<strong>della</strong> guerra mon<strong>di</strong>ale. E l’Etiopia fu davvero conquistata?<br />

3. A settembre 1937 era ormai passato quasi un anno e mezzo dalla<br />

proclamazione, <strong>il</strong> 9 maggio 1936, dell’Impero fascista sull’Africa orientale<br />

italiana. Lo scambio fra Fossa e Lessona avveniva a quasi sei mesi dall’attentato<br />

al vicerè Rodolfo Graziani (19 febbraio 1937) e per certi versi traeva un<br />

b<strong>il</strong>ancio <strong>della</strong> reazione del vicerè e <strong>della</strong> politica del ministro. Le conclusioni<br />

che Mussolini maturò rispetto a quella reazione e a quella politica sono note:<br />

nel novembre Graziani e Lessona sarebbero stati licenziati.<br />

Sulle realizzazioni italiane in Etiopia <strong>il</strong> giu<strong>di</strong>zio dovrebbe essere articolato,<br />

settore per settore, area per area. Nell’insieme, però, i giu<strong>di</strong>zi italiani per<br />

cui si sarebbe «perven[uti] a risultati obiettivamente r<strong>il</strong>evanti» 6 o quelli<br />

occidentali per cui «l’occupazione italiana <strong>di</strong>ede anche una benefica scossa<br />

a istituzioni me<strong>di</strong>evali e a un immob<strong>il</strong>e modo <strong>di</strong> vita tra<strong>di</strong>zionale» 7 da tempo<br />

sono stati posti a severa <strong>di</strong>scussione da parte degli stu<strong>di</strong>osi africani e etiopici.<br />

Questi sono più inclini a sottolineare che l’intervento m<strong>il</strong>itare fascista<br />

interruppe <strong>il</strong>, sia pur contrad<strong>di</strong>ttorio e timido, «modernization work» 8<br />

intrapreso dal Negus d’Etiopia e più in generale che la politica italiana – a<br />

partire da quella agricola – non ebbe conseguenze o se le ebbe esse furono<br />

in linea <strong>di</strong> massima <strong>di</strong> scarso vantaggio per <strong>il</strong> colonizzatore e negative per<br />

l’economia locale, nel caso specifico agricola.<br />

Non è quin<strong>di</strong> inut<strong>il</strong>e riascoltare ancora una volta la voce dei documenti<br />

e dei massimi protagonisti: in questo caso <strong>di</strong> un ispettore in loco come Fossa<br />

e del ministro responsab<strong>il</strong>e 9 . Il fatto che si tratti <strong>di</strong> voci riservate, destinate<br />

a rimanere nel chiuso degli archivi e delle lotte <strong>di</strong> potere interne alla classe<br />

<strong>di</strong>rigente fascista, ha la sua importanza. Infatti, all’esterno, la propaganda del<br />

regime non perdeva occasione per «laudare» la sicurezza dei territori, la<br />

qualità dei programmi <strong>di</strong> colonizzazione, <strong>il</strong> consenso degli «in<strong>di</strong>geni» verso<br />

<strong>il</strong> governo fascista ecc.: nel segreto delle comunicazioni riservate «a doppia<br />

busta», invece, la realtà emerge in forma generale ma con tratti niti<strong>di</strong> e<br />

<strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>mente negab<strong>il</strong>i. Nonostante quelle che furono definite «gran<strong>di</strong> operazioni<br />

<strong>di</strong> polizia coloniale» e nonostante gli orrori come <strong>il</strong> massacro <strong>di</strong><br />

Debrà Libanos, la resistenza etiopica al colonialismo fascista era rimasta<br />

forte. Se gli stessi artefici <strong>della</strong> conquista fascista, in un anno e mezzo, erano<br />

così insod<strong>di</strong>sfatti e per certi versi critici verso i risultati dell’occupazione<br />

italiana, perché avere un’opinione <strong>di</strong>versa in sede storiografica? Fossa e<br />

Lessona se lo scrivono a chiare lettere: l’Impero è ancora in mezzo alla rivolta<br />

148


Un fatto sugli altri domina: la sicurezza<br />

antiitaliana, non c’è sicurezza, <strong>il</strong> regime spende in Etiopia ma non ci<br />

guadagna, gli italiani invece <strong>di</strong> colonizzarla ne fuggono e quelli che vi si<br />

stab<strong>il</strong>iscono non sembrano i migliori.<br />

Un altro aspetto che i documenti fanno risaltare è l’assoluta imparità dei<br />

due all’altezza delle questioni che sono chiamati ad esaminare. Fra i due, la<br />

posizione è <strong>di</strong>versa: Fossa enumera i problemi aperti, Lessona cerca <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>fendere quanto già fatto. Ma ambedue non hanno idee e progetti<br />

all’altezza <strong>della</strong> situazione. Fossa, <strong>di</strong> fronte al continuato d<strong>il</strong>agare <strong>della</strong><br />

protesta antiitaliana pensa solo a far rimanere le truppe (e quin<strong>di</strong> ad una<br />

soluzione m<strong>il</strong>itare). Lessona tenta <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere la politica economica coloniale<br />

dalle critiche riversando tutta la responsab<strong>il</strong>ità sulle spalle del vicerè<br />

(che sa già in <strong>di</strong>sgrazia presso Mussolini). Al problema istituzionale dei<br />

rapporti fra poteri e istituzioni, fra madrepatria e colonie, Lessona non sa<br />

quale soluzione offrire se non una riproposizione teorica e schematica delle<br />

verticalità e delle gerarchie dello Stato totalitario fascista. Proprio Lessona,<br />

in particolare, insiste nel carattere strategico del razzismo fascista e <strong>della</strong><br />

necessità del rispetto <strong>della</strong> legislazione razziale: non solo «nessun potere ai<br />

ras» ma nessuna seppur minima concessione che anche solo lontanamente<br />

avrebbe potuto ricordare l’elargizione <strong>di</strong> qualche <strong>di</strong>ritto agli «in<strong>di</strong>geni»<br />

doveva essere praticata nell’Impero. Sono solo alcuni esempi, ma su punti<br />

decisivi, <strong>della</strong> impressionante pochezza <strong>della</strong> classe <strong>di</strong>rigente fascista.<br />

Quello, infine, che colpisce è che sia Fossa sia Lessona hanno compreso<br />

molte cose. Hanno compreso che l’Impero non esiste. Che forse non sarebbe<br />

esistito per molto tempo ancora. Che le immense risorse economiche gettate<br />

dal regime nella fucina <strong>della</strong> guerra sono state quin<strong>di</strong> sprecate. Che la pace<br />

europea è stata messa a repentaglio per una politica, <strong>di</strong> cui essi e <strong>il</strong> regime<br />

sono responsab<strong>il</strong>i, la quale – invece <strong>di</strong> dare i frutti afferrati da Londra, Parigi<br />

e persino Lisbona – non crea al Paese che problemi e <strong>di</strong>fficoltà.<br />

Lo hanno compreso e se lo scrivono, per quanto ognuno addossando a<br />

qualcun altro le responsab<strong>il</strong>ità (Fossa a Lessona, Lessona a Graziani). Ma<br />

non c’è un f<strong>il</strong>o d’autocritica. Sanno, ma non vogliono trarre le conseguenze.<br />

Non furono i problemi, né le conseguenze dei loro atti, né i movimenti<br />

nazionali e anticoloniali a scalzare questo «Impero» e i suoi fondatori. Ci<br />

sarebbero volute, e al fine ci vollero, la guerra mon<strong>di</strong>ale e la Resistenza per<br />

sbarazzare <strong>il</strong> Paese da questa classe <strong>di</strong>rigente. Purtroppo, a quel punto, sul<br />

passato Impero cadde <strong>il</strong> s<strong>il</strong>enzio, e la sua storia – oltre a quanto già ne<br />

conosciamo 10 – ha ancora tante pagine che attendono <strong>di</strong> essere scritte.<br />

149


Nicola Labanca<br />

L’abbraccio del Duce al Maresciallo Graziani al suo ritorno in Italia<br />

150<br />

I SENTIERI DELLA RICERCA<br />

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Foto <strong>Del</strong> Papa


Un fatto sugli altri domina: la sicurezza<br />

STRETTAMENTE PERSONALE – doppia busta<br />

5 settembre XV<br />

S.E. ALESSANDRO LESSONA<br />

Ministero Africa Italiana<br />

Roma<br />

Cara Eccellenza,<br />

ritengo mio dovere anche in nome <strong>della</strong> nostra buona amicizia e <strong>della</strong> benevolenza che<br />

mi hai <strong>di</strong>mostrato, scriverti la presente in or<strong>di</strong>ne ad alcuni fra i più importanti problemi<br />

che interessano la vita dell’Impero.<br />

Naturalmente Tu farai l’uso che crederai delle mie informazioni e considerazioni.<br />

Quello che mi importa è che Tu consideri <strong>il</strong> presente documento prova <strong>di</strong> lealtà e <strong>di</strong> affetto.<br />

Premetto che sono un poco rammaricato del mancato riscontro alla mia del 14 agosto<br />

relativa agli articoli apparsi sulla stampa italiana circa i problemi <strong>della</strong> colonizzazione<br />

ed al possib<strong>il</strong>e equivoco intervenuto con S.E. <strong>il</strong> Segretario del Partito per le presunte<br />

<strong>di</strong>versità riscontrate fra le <strong>di</strong>rettive <strong>di</strong> massima <strong>della</strong> colonizzazione e le prime<br />

applicazioni pratiche per la Romagna. Spero tuttavia che la mia lettera sia stata<br />

esauriente e non sussistano più malintesi <strong>di</strong> sorta.<br />

Il primo argomento sul quale mi corre obbligo <strong>di</strong> intrattenerTi è quello relativo<br />

all’or<strong>di</strong>namento m<strong>il</strong>itare dell’Impero.<br />

Secondo quanto si afferma è stato deciso <strong>di</strong> attuare entro l’anno l’or<strong>di</strong>namento m<strong>il</strong>itare<br />

<strong>di</strong> pace. In conseguenza sono in corso <strong>di</strong> smob<strong>il</strong>itazione e <strong>di</strong> rimpatrio circa 70 m<strong>il</strong>a<br />

soldati: 30 m<strong>il</strong>a metropolitani e 40 m<strong>il</strong>a in<strong>di</strong>geni.<br />

Ora, per l'impressione che si ha generalmente qui, i soldati e i legionari metropolitani<br />

che restano, sono, per la situazione <strong>di</strong> oggi, pochi. Insufficienti al bisogno. Sui reparti<br />

in<strong>di</strong>geni si potrà contare sino ad un certo punto.<br />

Anche recentissimi, attuali episo<strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrano che le cosiddette ‘bande’ non hanno<br />

ancora raggiunto quella efficienza, soli<strong>di</strong>tà, coesione, che consenta <strong>di</strong> guardare con<br />

assoluta sicurezza al loro impiego. Si tratta <strong>di</strong> gente inquadrata da poco, che al<br />

momento dell’urto si batte abbastanza bene se perfettissimamente inquadrata, ma –<br />

quando questo non sia oppure veda l’ufficiale ferito – non resiste. Ora la perfezione<br />

dell’inquadramento è sempre relativa, e <strong>di</strong> ufficiali feriti e morti ne abbiamo purtroppo<br />

avuto parecchi in questi ultimi tempi.<br />

Gli abissini sono gente fantasiosa. Sono bastate le prime partenze <strong>di</strong> soldati e <strong>di</strong> operai,<br />

perché preti e cantastorie girassero nei paesi dell’interno annunziando che gli italiani<br />

se ne andavano via.<br />

Le conseguenze non sono mancate e non mancano.<br />

Se effettivamente entro l’anno rimpatrieranno la «Tevere» e la «Pusteria» chi guarderà<br />

la ferrovia e la Dessiè-Ad<strong>di</strong>s Abeba? Se attualmente ai primi segni <strong>di</strong> ribellione nei Galla<br />

151


Nicola Labanca<br />

Sidamo lo Stato Maggiore non avesse potuto inviare in loco, come ha fatto, forze<br />

imponenti che vengono ristab<strong>il</strong>endo l’or<strong>di</strong>ne, che cosa sarebbe successo nell’Ovest? E<br />

se a fine anno i tentativi dovessero essere ripetuti, come verrà fronteggiata la situazione<br />

se le truppe saranno partite? sono questi gli interrogativi che la gente si pone.<br />

Soltanto se noi saremo forti non correremo rischi e la conquista sarà serena e sicura.<br />

Anche l’imminente inizio degli esperimenti <strong>di</strong> colonizzazione nel Semien, nel Cercer,<br />

nei Galla Sidamo richiede un ambiente se non pacifico, sicuro perché forte.<br />

Le popolazioni in<strong>di</strong>gene debbono vedere, sapere, provare la forza. Non conoscono che<br />

quella. I più recenti avvenimenti <strong>di</strong>mostrano che, almeno per ora, non sono soltanto<br />

gli Scioani quelli <strong>di</strong> cui bisogna <strong>di</strong>ffidare, ma anche altre razze. Tutte. Per esempio si<br />

sono ribellati i Galla che, per opinione comune e corrente, erano ritenuti assolutamente<br />

pacifici.<br />

<strong>Del</strong> resto qui c’è <strong>il</strong> Vice Re, <strong>il</strong> Capo <strong>di</strong> Stato Maggiore, <strong>il</strong> Comandante Superiore<br />

dell’Aeronautica, <strong>il</strong> Comandante Superiore dell’Arma dei CC.RR., tanto per citare i<br />

principali. Non mi pare si possa prescindere dai loro pareri – pareri che io mi [sic]<br />

sappia decisamente contrari ad una riduzione <strong>di</strong> effettivi così sollecita come quella che<br />

si vorrebbe attuare.<br />

La nostra non è una forma «inglese» <strong>di</strong> colonizzazione. Gli inglesi tengono le colonie con<br />

pochissima gente. Ma essi hanno lasciato o ad<strong>di</strong>rittura creato dei capi in<strong>di</strong>geni responsab<strong>il</strong>i.<br />

Di fianco a questi capi hanno messo un Residente con un reparto. Il giorno che<br />

<strong>il</strong> capo in<strong>di</strong>geno sgarra viene impiccato e sostituito. Noi abbiamo invece un programma<br />

<strong>di</strong> colonizzazione e <strong>di</strong> popolamento, e non teniamo conto degli in<strong>di</strong>geni come capi. Ed<br />

allora anche <strong>il</strong> problema m<strong>il</strong>itare deve essere riguardato con concetti <strong>di</strong>versi.<br />

Le forze cosiddette <strong>di</strong> pace andranno bene fra qualche tempo. Non bastano ora. Già<br />

i reparti che sono qui si <strong>di</strong>sperdono nei servizi e negli immensi territori dell’Impero.<br />

Alcune decine <strong>di</strong> migliaia <strong>di</strong> uomini <strong>di</strong>ventano piccoli presi<strong>di</strong>. Qui occorrono uomini<br />

e mezzi sufficienti. Le specialità: genio, ra<strong>di</strong>o, motoristi, assicurate per necessità sulle<br />

quali soltanto lo Stato Maggiore può essere giu<strong>di</strong>ce. Segnalo ancora la deficienza <strong>di</strong><br />

officine meccaniche: un motore guasto costituisce la gioia dell’in<strong>di</strong>geno.<br />

Non si creda che gli stessi uomini attualmente mob<strong>il</strong>itati siano eccessivi come numero<br />

e <strong>della</strong> migliore qualità. I Capi sono generalmente elementi scelti, ma fra gli ufficiali<br />

inferiori – Esercito e M<strong>il</strong>izia – si notano e si lamentano spesso deficienze, e nella massa<br />

dei volontari – Esercito e M<strong>il</strong>izia – sono numerosi quelli che, più che per spirito<br />

m<strong>il</strong>itare, sono venuti in A.O. per sistemarsi come civ<strong>il</strong>i, e gli Uffici del Lavoro non<br />

fanno che ricevere soldati e m<strong>il</strong>iti che chiedono <strong>di</strong> essere occupati come lavoratori.<br />

Informazioni concor<strong>di</strong> <strong>di</strong> ufficiali e soldati <strong>di</strong>mostrano [che] la tattica dei cosiddetti<br />

ribelli ha subito e subisce una continua trasformazione in senso evoluto e m<strong>il</strong>itare. I<br />

combattimenti non sono ormai quasi più <strong>il</strong> caotico urto <strong>di</strong> due anni fa. Un principio<br />

<strong>di</strong> tecnica c’è. E le armi moderne e le munizioni non mancano.<br />

La fase dell’occupazione e <strong>della</strong> pacificazione non è ancora compiuta. È questa una<br />

realtà <strong>della</strong> quale bisogna tener conto. Ieri ho avuto un lungo colloquio col camerata<br />

152


Un fatto sugli altri domina: la sicurezza<br />

Generale Mischi. Mischi, per l’azione <strong>di</strong> penetrazione che ha saputo svolgere e per <strong>il</strong><br />

suo coraggio, è certamente uno dei Comandanti <strong>di</strong> settore che si trovano [sic] in<br />

con<strong>di</strong>zioni migliori. Sostanzialmente i miei dubbi e preoccupazioni, conseguenza <strong>di</strong><br />

opinioni raccolte nei più svariati ambienti, sono stati in pieno confermati dalle sue<br />

parole.<br />

Le sollecite partenze dei soldati e degli operai (40 m<strong>il</strong>a operai in tre mesi) hanno<br />

determinata una effervescenza dell’ambiente in<strong>di</strong>geno. Continuare per questa strada<br />

potrebbe recarci qualche sorpresa.<br />

Per i rimpatri dei soldati è desiderab<strong>il</strong>e una gradualità maggiore. E nel contempo si<br />

ravvisa sempre <strong>di</strong> più la necessità <strong>di</strong> sv<strong>il</strong>uppare una azione intesa ad irretire la vita<br />

dell’Impero <strong>di</strong> un complesso così solido <strong>di</strong> provve<strong>di</strong>menti nei settori civ<strong>il</strong>e, sociale ed<br />

economico, da poter resistere ad ogni evenienza.<br />

Tornando al problema m<strong>il</strong>itare un provve<strong>di</strong>mento ottimo appare quello <strong>di</strong> stab<strong>il</strong>ire<br />

l’obbligo per i Commissari, Residenti, ecc. <strong>di</strong> imparare, nel termine più breve possib<strong>il</strong>e,<br />

la lingua locale. La peste maggiore sono gli interpreti e gli informatori. Buone volte si<br />

è dovuto provvedere a fuc<strong>il</strong>arne <strong>di</strong>versi perché trovati in flagrante reato. Bisogna che<br />

i <strong>di</strong>rigenti, m<strong>il</strong>itari e civ<strong>il</strong>i, dei Dipartimenti siano in grado, quanto più presto è<br />

possib<strong>il</strong>e, <strong>di</strong> mettersi a contatto <strong>di</strong>retto con la popolazione in<strong>di</strong>gena. O quanto meno<br />

<strong>di</strong> controllare gli interpreti, se per una ragione <strong>di</strong> prestigio si dovessero conservare gli<br />

interpreti stessi.<br />

Come <strong>di</strong>cevo più sopra <strong>di</strong>fetti ed errori ve ne sono e se ne compiono. Per essi le<br />

Gerarchie responsab<strong>il</strong>i potranno gradualmente provvedere. Ma un fatto sugli altri<br />

domina: la sicurezza. Ove questa non sia garantita possono capitare guai seri, ed i<br />

rime<strong>di</strong> che dovrebbero essere presi, indubbiamente costerebbero moralmente e<br />

materialmente assai <strong>di</strong> più <strong>di</strong> quanto possa oggi costare <strong>il</strong> considerare realisticamente<br />

la situazione per quello che è.<br />

La situazione <strong>di</strong> oggi non è tale da creare gravi preoccupazioni. Ogni movimento ribelle<br />

viene dall’inizio isolato e stroncato. Questo si può fare oggi e si fa. Ed è in<strong>di</strong>spensab<strong>il</strong>e<br />

che si possa fare sempre.<br />

<strong>Del</strong> resto – secondo quanto si afferma dai competenti – è sopratutto una maggiore<br />

gradualità che occorre. Dar tempo al tempo e cioè fare in modo che la vita dell’Impero<br />

possa consolidarsi in un regime <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne.<br />

Il secondo argomento sul quale voglio intrattenerTi è dato dalla situazione economica.<br />

Intorno ai problemi economici dell’Impero sono vivissime, negli ambienti dell’A.O.I.<br />

<strong>di</strong>scussioni che naturalmente si svolgono senza alcuna pubblicità ma che non per<br />

questo sono meno vive, appassionate e profonde.<br />

I provve<strong>di</strong>menti del contingentamento, <strong>della</strong> esportazione, <strong>della</strong> valuta, sono naturalmente<br />

all’or<strong>di</strong>ne del giorno.<br />

Si ha la impressione che i pareri siano <strong>di</strong>scor<strong>di</strong> e che non si tenga sufficientemente conto,<br />

da parte del Ministero, <strong>di</strong> quelle che sono le proposte che vengono avanzate da qui,<br />

proposte conseguenza <strong>di</strong> esperienza che ogni giorno ciascuno nel proprio settore fa.<br />

153


Nicola Labanca<br />

Roma deve giustamente avere una preminente, <strong>di</strong>retta e continua ingerenza nella vita<br />

dell’Impero, ma d’altra parte si pensa da parecchi – e non soltanto negli ambienti del<br />

Governo Generale – essere in<strong>di</strong>spensab<strong>il</strong>e da parte vostra una maggiore considerazione<br />

degli stu<strong>di</strong> che vengono compiuti in A.O.I.<br />

Si ha l’impressione che taluni problemi non siano sempre considerati in tutti i loro aspetti.<br />

La economia <strong>di</strong> qui si mantiene in uno stato vitale e pulsante ma purtroppo<br />

prevalentemente artificioso. Le iniziative private sono lente e si muovono in mezzo a<br />

gravissime <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne burocratico. Le pratiche relative affogano fra le carte,<br />

non si sa bene se qui, presso i Governi Territoriali, o a Roma.<br />

Secondo precise in<strong>di</strong>cazioni del Banco <strong>di</strong> Roma, in certi campi (per esempio: caffè, oro,<br />

pelli) abbiamo perduto terreno rispetto alla situazione del periodo negussita, e, sempre<br />

secondo quanto si afferma dal Banco <strong>di</strong> Roma e dagli altri competenti <strong>di</strong> qui, nel campo<br />

economico non si vede ancora chiaro per un miglioramento.<br />

Bisogna decidersi: o <strong>il</strong> Governo Generale dell’A.O.I. ha funzioni prevalentemente<br />

ispettive e la responsab<strong>il</strong>ità <strong>della</strong> organizzazione economica e civ<strong>il</strong>e è dei singoli<br />

Governi Territoriali, <strong>di</strong> concerto col Ministero, o la Direzione Superiore degli Affari<br />

Economici del Governo Generale dell’ A.O.I. (tanto per citarne una) è certamente al<br />

<strong>di</strong> sotto <strong>della</strong> situazione.<br />

Appare assolutamente necessario ed urgente che Tu esamini <strong>il</strong> problema e prenda<br />

opportune decisioni <strong>di</strong> in<strong>di</strong>rizzo.<br />

Le Consulte sono un Istituto teoricamente ottimo e che indubbiamente assolve [sic]<br />

a funzioni politiche importanti, ma per quanto riguarda la pratica soluzione <strong>di</strong><br />

determinati problemi ha [sic] <strong>il</strong> <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> essere formato in massima parte da<br />

personaggi che non conoscono l’Impero, non vi sono mai stati o ci sono stati in visita<br />

15 giorni, e poi stanno a Roma, seim<strong>il</strong>a ch<strong>il</strong>ometri e più dal terreno dell’azione. Io l’ho<br />

esperimentato per quello che riguarda la Consulta del Lavoro, e penso che pressapoco<br />

[sic] capiterà lo stesso anche per le altre.<br />

Il programma <strong>di</strong> organizzazione dell’Economia dell’Impero dovrebbe a mio modo <strong>di</strong><br />

vedere essere <strong>di</strong>sposto attraverso la più stretta collaborazione fra Ministero, Governo<br />

Generale e Partito.<br />

I due argomenti sopra in<strong>di</strong>cati, m<strong>il</strong>itare ed economico, portano a considerare la<br />

posizione dei rapporti fra <strong>il</strong> Governo Generale ed <strong>il</strong> Ministero.<br />

Tu hai detto giustamente al Senato che non vi può essere dubbio in or<strong>di</strong>ne alla chiarezza<br />

<strong>di</strong> tali rapporti partendo dalla considerazione che si tratta <strong>di</strong> due organi <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa<br />

posizione gerarchica: ma indubbiamente nella realtà se occorre da parte del Governo<br />

Generale tener conto che <strong>il</strong> Ministero è un Istituto Superiore, d’altra parte <strong>il</strong> Ministero<br />

non può prescindere dalla consapevolezza e dalla responsab<strong>il</strong>ità delle Gerarchie<br />

dell’Impero da esso stesso nominate.<br />

Io non ho ancora visto, da quando sono tornato in A.O.I., S.E. <strong>il</strong> Vice Re che è in visita<br />

ai territori del Nord; ma ho avuto in questi giorni lunghi ed ampi colloqui con S.E. <strong>il</strong><br />

Vice Governatore Generale.<br />

154


Un fatto sugli altri domina: la sicurezza<br />

Sono sempre più convinto essere necessaria una Tua sollecita presenza in A.O.I. e per<br />

l’avvenire i più frequenti, possib<strong>il</strong>i, personali contatti fra le Gerarchie del Ministero ed<br />

<strong>il</strong> Governo Generale.<br />

Coi telegrammi si risolve ben poca cosa, anzi certe posizioni si inaspriscono a tutto<br />

scapito dell’interesse reciproco e generale.<br />

So <strong>della</strong> Tua lettera a S.E. Petretti relativamente alla questione dei cosiddetti «pieni<br />

poteri» e <strong>della</strong> ampia risposta inviataTi dalla stessa Eccellenza.<br />

Evidentemente più che <strong>della</strong> forma ed esteriorità occorre occuparsi e preoccuparsi <strong>della</strong><br />

sostanza.<br />

Qui non si tratta <strong>di</strong> dare maggiore sod<strong>di</strong>sfazione a questa od a quella personalità quanto<br />

<strong>di</strong> trovare per la vita, lo sv<strong>il</strong>uppo, la potenza dell’Impero la migliore possib<strong>il</strong>e soluzione<br />

contemperando le assolute necessità dell’Impero per la sua organizzazione ed <strong>il</strong> suo<br />

progresso con quelle che sono le attuali abbastanza scarse possib<strong>il</strong>ità dalla Madre Patria.<br />

Si <strong>di</strong>ce che sia imminente una Tua visita.<br />

Io mi auguro fervi<strong>di</strong>ssimamente che la notizia sia vera perché penso, ripeto, che<br />

soltanto ‘in loco’ e con la Tua in<strong>di</strong>scussa ed in<strong>di</strong>scutib<strong>il</strong>e autorità, potrai affrontare e<br />

definire questioni che – cred<strong>il</strong>o – viste qui, appaiono tuttaffatto [sic] <strong>di</strong>verse <strong>di</strong> quanto<br />

non possa risultare esaminandole da Roma.<br />

Considerato, come <strong>di</strong>cevo più sopra, che in materia <strong>di</strong> problemi imperiali la ignoranza<br />

è moltissima e che le stesse Consulte Ti possono dare un contributo relativo, io che Ti<br />

voglio veramente bene, Ti ammiro, Ti stimo e Ti apprezzo, penso che Tu finisca per<br />

assumerTi, solo e personalmente, troppo gravi responsab<strong>il</strong>ità e che sia invece quanto<br />

mai ut<strong>il</strong>e e necessario determinare fra Te ed <strong>il</strong> Governo Generale solidarietà completa,<br />

fattiva e sostanziale. Solidarietà che deve scaturire da intese <strong>di</strong>rette e personali e da<br />

fiducia reciproca, ma che non potrà mai invece essere data dalla schermaglia telegrafica<br />

degli alti funzionari.<br />

Quarto elemento sul quale voglio portare la Tua considerazione in questa lunga ma,<br />

spero, non inut<strong>il</strong>e lettera, è la posizione e funzione del Partito in A.O.I.<br />

Il Partito non è sufficientemente valorizzato nei territori dell’Impero.<br />

Non parlo tanto per me, che in definitiva dal punto <strong>di</strong> vista personale non posso certo<br />

lamentarmi, quanto del problema in sé e per sé.<br />

Molti aspetti <strong>di</strong> questa poco piacevole situazione sono stati rappresentati dai Segretari<br />

Federali in tutte le riunioni e particolarmente nell’ultima.<br />

Da parte delle Gerarchie e dell’alta burocrazia si notano troppo spesso, nei confronti<br />

del Partito, incomprensioni e gelosie.<br />

Si rischia in talune località <strong>di</strong> vedere riaffiorare le <strong>di</strong>visioni e le polemiche che <strong>di</strong>eci o<br />

do<strong>di</strong>ci anni fa si facevano in Patria per i rapporti fra i Prefetti ed i Segretari Federali.<br />

Pensa che un Governatore è arrivato a chiedere – a voce e per iscritto – che gli venissero<br />

precisati, per iscritto, i compiti e le funzioni <strong>della</strong> Segreteria Federale.<br />

Appare opportuno che – in linea generale – venga segnalata la necessità <strong>di</strong> una maggiore<br />

valorizzazione del Partito.<br />

155


Nicola Labanca<br />

Il Partito deve apparire l’anello <strong>di</strong> congiunzione tra la popolazione metropolitana ed<br />

<strong>il</strong> Governo, deve essere considerato strumento d’azione del Governo in tutti i settori.<br />

Tu compren<strong>di</strong> che anche gli stessi problemi in<strong>di</strong>geni non possono sfuggire alla<br />

considerazione ed all’indagine del Partito, sempre s’intende come forma <strong>di</strong> subor<strong>di</strong>nata<br />

collaborazione. Il lavoro degli in<strong>di</strong>geni, la proprietà terriera, l'educazione dei giovani<br />

– tanto per citare appena qualche argomento – sono evidentemente <strong>di</strong>rettamente<br />

connessi a problemi <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne generale che non possono lasciare in<strong>di</strong>fferente <strong>il</strong> Partito.<br />

È ri<strong>di</strong>colo sentirsi <strong>di</strong>re: «voi non c’entrate».<br />

Ti ringrazio delle <strong>di</strong>sposizioni date per quanto riguarda <strong>il</strong> lavoro degli in<strong>di</strong>geni, ma ve<strong>di</strong><br />

che è stato necessario che intervenissi Tu personalmente.<br />

Sempre a proposito <strong>di</strong> come è considerato da certi funzionari <strong>il</strong> Partito vi è quell’altro<br />

episo<strong>di</strong>o delle Commissioni <strong>di</strong> Stu<strong>di</strong>o che vengono in A.O.I. e che non avrebbero<br />

dovuto avere nessun contatto col Partito «perché la loro attività ed i loro programmi<br />

investono esclusivamente la competenza dei Governi» (!!!)<br />

Attualmente alle Segreterie federali vi sono dei vecchi camerati che hanno notevole<br />

esperienza <strong>della</strong> vita del Partito ed una squisita sensib<strong>il</strong>ità politica.<br />

I Governi possono e debbono, a mio modo <strong>di</strong> vedere, considerare <strong>il</strong> Partito con assoluta<br />

fiducia e servirsi <strong>di</strong> esso.<br />

Per quanto riguarda le popolazioni metropolitane, vi è tutto <strong>il</strong> settore morale che non<br />

può essere considerato soltanto dal punto <strong>di</strong> vista <strong>della</strong> polizia: vi è quello economico<br />

che, in attesa <strong>della</strong> attuazione dell’or<strong>di</strong>namento sindacale nelle terre dell’Impero, può<br />

e deve essere campo <strong>di</strong> proficua azione per <strong>il</strong> Partito.<br />

Insomma pure comprendendo appieno che la posizione delle Segreterie Federali nei<br />

confronti dei Governi non può essere uguale a quella delle Segreterie federali nel<br />

confronti delle Prefetture, bisogna che si senta <strong>di</strong> più quella che è la presenza, l’influenza<br />

e l’importanza del Partito. Dire in che modo è <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e perché <strong>il</strong> problema presenta punti<br />

<strong>di</strong> squisita sensib<strong>il</strong>ità, ma io ho segnalato a Te – fascista – la questione e le preoccupazioni.<br />

Prima dell’Impero, <strong>il</strong> Partito in Colonia era considerato ben poco e d’altra parte aveva<br />

ben poco da fare, ma oggi naturalmente la situazione è assolutamente <strong>di</strong>versa.<br />

Non dovrai in alcun modo dolerTi, cara Eccellenza, <strong>della</strong> presente che è certamente fra<br />

le lettere più importanti che io abbia mai scritto nella mia vita.<br />

Ho molto considerato, prima <strong>di</strong> scriverla, ed è stata dettata dalla responsab<strong>il</strong>ità che voi<br />

mi avete affidata e dal sincero, profondo affetto che io sento nei Tuoi confronti.<br />

Ti ripeto – come ho cominciato – considerala un documento <strong>di</strong> lealtà e <strong>di</strong> devota<br />

fraterna amicizia.<br />

156<br />

(Davide Fossa)


Un fatto sugli altri domina: la sicurezza<br />

Roma 16 settembre 1937-XV<br />

all’On. Dott. Davide Fossa<br />

Ispettore Fascista del lavoro<br />

per l’Africa Orientale Italiana<br />

Ad<strong>di</strong>s Abeba<br />

Caro Fossa,<br />

ho letto con vivo interesse la tua lettera personale che tratta dei principali problemi<br />

dell’Impero e ti ringrazio anzitutto <strong>di</strong> avermela voluta in<strong>di</strong>rizzare perché soltanto con<br />

un cor<strong>di</strong>ale e schietto spirito <strong>di</strong> collaborazione tra tutte le gerarchie si può riuscire a fare<br />

qualche cosa <strong>di</strong> positivo.<br />

Se tutti usassero lo stesso sistema invece <strong>di</strong> rifugiarsi nei trinceroni <strong>di</strong> una ster<strong>il</strong>e<br />

polemica, se tutti esponessero chiaramente e con assoluta franchezza <strong>il</strong> loro pensiero,<br />

non per amore <strong>della</strong> critica ma con l’intento <strong>di</strong> portare <strong>il</strong> proprio contributo alla<br />

soluzione delle gravi questioni che si presentano a chi ha la responsab<strong>il</strong>ità dell’avvenire<br />

dell’Impero, le cose andrebbero certamente meglio.<br />

Rispondo punto per punto a quanto mi prospetti:<br />

1°) Or<strong>di</strong>namento M<strong>il</strong>itare. Premetto che scrivo in via strettamente personale e<br />

confidenziale al camerata Fossa al quale desidero esprimere <strong>il</strong> mio pensiero con<br />

altrettanta lealtà <strong>di</strong> linguaggio. Nonostante l’attuale situazione dell’Impero, che non<br />

è preoccupante ma è certamente fasti<strong>di</strong>osa, sono ancora convinto che si sarebbe potuto<br />

entro l’anno arrivare all’or<strong>di</strong>namento m<strong>il</strong>itare <strong>di</strong> pace risparmiando molte centinaia <strong>di</strong><br />

m<strong>il</strong>ioni che avrebbero potuto essere ut<strong>il</strong>mente impiegati nelle iniziative <strong>di</strong><br />

colonizzazione demografica. Superfluo ricordare a te, che ne sei sempre stato tenace<br />

assertore, che la colonizzazione demografica me<strong>di</strong>ante i reparti <strong>di</strong> lavoratori agricoli<br />

inquadrati nella m<strong>il</strong>izia avrebbe rappresentato almeno in buona parte un sicuro<br />

surrogato <strong>della</strong> organizzazione <strong>della</strong> sicurezza dell’Impero basata, quale è attualmente,<br />

soltanto sui reparti regolari dell’Esercito e <strong>della</strong> M<strong>il</strong>izia. A parte questo, desidero anche<br />

aggiungere non per fare r<strong>il</strong>ievi a chicchessia ma soltanto per esprimerti appieno <strong>il</strong> mio<br />

giu<strong>di</strong>zio che se si fosse seguita una <strong>di</strong>versa linea politica quale fu ripetutamente in<strong>di</strong>cata<br />

da questo Ministero, le cose non sarebbero oggi al punto da richiedere la presenza in<br />

A.O. <strong>di</strong> una così ingente massa <strong>di</strong> truppe.<br />

Nessuno si nasconde né si è mai nascosto che in un paese come l’Etiopia esistono ed<br />

esisteranno ancora per molti anni focolai <strong>di</strong> <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni e <strong>di</strong> brigantaggio. Quello che si<br />

poteva e si doveva evitare era l’estendersi <strong>della</strong> ribellione propriamente politica. Ormai<br />

inut<strong>il</strong>e recriminare; certo è che allo stato attuale dei fatti è necessario mantenersi in<br />

forze fino a completa chiarificazione <strong>della</strong> situazione. Pertanto, pur rendendomi conto<br />

del gravissimo onere che ne deriverà alla finanza, ho dato <strong>di</strong>sposizioni perché siano<br />

sospesi i rimpatri delle truppe metropolitane e i congedamenti <strong>di</strong> quelle in<strong>di</strong>gene.<br />

157


Nicola Labanca<br />

Coma ve<strong>di</strong>, pure non concordando nelle premesse siamo venuti alla stessa conclusione.<br />

Riferendomi ad un tuo inciso circa la necessità <strong>di</strong> stab<strong>il</strong>ire l’obbligo per i Commissari,<br />

i Residenti ecc. d’imparare la lingua locale, ti faccio presente che esiste già una precisa<br />

<strong>di</strong>sposizione che obbliga gli addetti <strong>di</strong> Governo appena entrati in carriera a seguire un<br />

corso regolare <strong>di</strong> lingue parlate nelle nostre colonie e che le lingue stesse sono materia<br />

<strong>di</strong> esame per la promozione a Commissario Regionale.<br />

2°) Situazione economica. Quando sei venuto in Italia ti ho <strong>di</strong>mostrato, documenti alla<br />

mano, che le <strong>di</strong>fficoltà all’afflusso delle Ditte industriali e commerciali nell’Impero<br />

erano poste non già dal Ministero ma unicamente dal Governo generale.<br />

Posso aggiungere che ancora oggi attendo invano una risposta alla mia lettera n. 15269<br />

del 3 luglio con la quale chiedevo al Governo generale precise proposte in materia <strong>di</strong><br />

autorizzazione <strong>di</strong> licenze. Ho fatto tre solleciti che sono sinora caduti nel vuoto.<br />

Pertanto non è esatto che non si tenga sufficientemente conto delle proposte del<br />

Governo generale perché queste proposte, per quanto sollecitate, non vengono affatto.<br />

È esattissimo quanto riferisci in base a precise in<strong>di</strong>cazioni del Banco <strong>di</strong> Roma e cioè che<br />

in certi campi abbiamo perduto terreno rispetto alla situazione del periodo negussita.<br />

È questo infatti <strong>il</strong> settore nel quale <strong>il</strong> Governo generale ha completamente mancato ai<br />

suoi compiti trascurando tutte le <strong>di</strong>rettive impartite da Roma.<br />

3°) La questione dei rapporti tra <strong>il</strong> Governo generale ed <strong>il</strong> Ministero cui tu accenni anche<br />

nell’ultima parte del punto secondo, è indubbiamente fondamentale. D’accor<strong>di</strong>ssimo<br />

che i contatti personali sono proficui: non mi si può certo rimproverare <strong>di</strong> non essere<br />

venuto frequentemente nell’Impero... anche a <strong>di</strong>spetto dei santi. In quanto alle visite<br />

delle Autorità dell’Impero a Roma, posso però osservare che non sono state altrettanto<br />

proficue: cito <strong>il</strong> caso <strong>di</strong> Petretti e in piccola parte anche <strong>il</strong> tuo. Quando siete venuti a Roma<br />

vi siete convinti che da parte del Ministero vi è la massima buona volontà <strong>di</strong> collaborazione<br />

cor<strong>di</strong>ale, la massima comprensione delle reali esigenze dell’Impero e delle <strong>di</strong>fficoltà<br />

in cui vi <strong>di</strong>battete tanto che in breve si è raggiunto l’accordo su molti problemi. Per<br />

ricordarti un caso tipico e <strong>di</strong> grande importanza mi riferisco proprio al sistema delle<br />

autorizzazioni per attività commerciali e industriali e dell’afflusso delle <strong>di</strong>tte: tutti vi siete<br />

convinti che <strong>il</strong> sistema è ottimo e che con una maggiore larghezza da parte delle Autorità<br />

dell’Impero tutto sarebbe proceduto nel migliore dei mo<strong>di</strong>. Appena tornati costì vi<br />

lasciate irretire dall’ambiente e tornate ad accusare <strong>il</strong> Ministero <strong>di</strong> porre intralci<br />

burocratici all’attuazione dell’avvaloramento economico dell’A.O.<br />

Tu sai benissimo che più che del parere delle Consulte io fido nella mia personale<br />

esperienza ed in quella dei miei imme<strong>di</strong>ati collaboratori che <strong>di</strong> colonie in genere e <strong>di</strong><br />

Africa Orientale in specie s’intendono certamente (per essere ottimisti) tanto quanto<br />

le attuali autorità dell’A.O.<br />

Ma affrontiamo pure <strong>il</strong> problema fondamentale dei rapporti tra Ministero e Governo<br />

generale. È evidente che accentrando tutto ad Ad<strong>di</strong>s Abeba, <strong>di</strong>co anche la pratiche <strong>di</strong><br />

or<strong>di</strong>naria amministrazione, <strong>il</strong> Governo generale costituisce un superfluo duplicato del<br />

Ministero frapponendosi fra questo ed i cinque Governi dell’A.O. È evidente che uno<br />

158


Un fatto sugli altri domina: la sicurezza<br />

dei due organi deve rinunciare in gran parte alle sue attuali funzioni. Non voglio farmi<br />

usbergo delle norme giuri<strong>di</strong>che ricordando che la legge organica è molto precisa al<br />

riguardo, poiché qui siamo in tema <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussione politica e non giuri<strong>di</strong>ca. Ora io <strong>di</strong>co:<br />

a) l’impossib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> <strong>di</strong>rigere al centro la vita <strong>di</strong> una grande colonia esisteva tre secoli fa;<br />

non esiste certamente oggi quando la ra<strong>di</strong>o e l’aeroplano hanno posto i posse<strong>di</strong>menti<br />

d’oltremare in quasi imme<strong>di</strong>ata vicinanza <strong>della</strong> metropoli;<br />

b) <strong>il</strong> Ministero è in grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>rigere meglio che non <strong>il</strong> Governo generale l’attività dei<br />

Governi territoriali (intendo naturalmente nelle gran<strong>di</strong> linee) perché ha la possib<strong>il</strong>ità<br />

<strong>di</strong> conformare le proprie <strong>di</strong>rettive alla reale situazione del paese nei vari settori <strong>di</strong><br />

attività politica ed economica mantenendosi a stretto contatto con tutte le altre<br />

branche <strong>di</strong> attività statali corporative e private e <strong>di</strong> adeguare le stesse <strong>di</strong>rettive alla<br />

situazione internazionale;<br />

c) <strong>il</strong> Ministero ha <strong>il</strong> compito <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>sporre i provve<strong>di</strong>menti legislativi per l’Impero che<br />

in numero <strong>di</strong> trenta in me<strong>di</strong>a per seduta vengono sottoposti all’approvazione del<br />

Consiglio dei Ministri. Per questa sua altissima funzione <strong>il</strong> Ministero deve seguire da<br />

vicino tutte le attività che si svolgono nell’Impero, altrimenti si farebbe <strong>della</strong> pura<br />

accademia giuri<strong>di</strong>ca;<br />

d) si <strong>di</strong>mentica poi troppo fac<strong>il</strong>mente che in un Regime autoritario l’autorità centrale<br />

dev’essere continuamente al corrente <strong>di</strong> tutte le attività periferiche cui impartisce<br />

<strong>di</strong>rettamente le proprie istruzioni. Gli ambasciatori <strong>della</strong> Repubblica Veneta potevano<br />

godere <strong>di</strong> una certa autonomia, ma gli ambasciatori dell’epoca fascista non sono altro<br />

che dei d<strong>il</strong>igenti esecutori degli or<strong>di</strong>ni che loro vengono impartiti quoti<strong>di</strong>anamente dal<br />

centro con la ra<strong>di</strong>o, <strong>il</strong> telegrafo, <strong>il</strong> telefono e l’aeroplano;<br />

e) infine è da tenere ben presente la formidab<strong>il</strong>e personalità del Duce <strong>il</strong> quale non<br />

trascura fin nei minimi particolari ciò che ha attinenza in Italia e in Africa alla vita dello<br />

Stato e <strong>della</strong> Nazione. Si <strong>di</strong>mentica che <strong>il</strong> Ministero dell’Africa Italiana funziona come<br />

una specie <strong>di</strong> grande segreteria per gli affari africani agli or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong>retti ed imme<strong>di</strong>ati del<br />

Capo del Governo <strong>il</strong> quale ne intende seguire ed in<strong>di</strong>rizzare giorno per giorno tutta<br />

l’azione. È un fatto che i rapporti tra <strong>il</strong> Ministero e i cinque Governi territoriali si sono<br />

sempre mantenuti nello spirito <strong>di</strong> una perfetta collaborazione e sono stati veramente<br />

proficui, mentre gli intoppi e le polemiche sono venuti unicamente dal Governo<br />

generale <strong>di</strong> Ad<strong>di</strong>s Abeba.<br />

Allora, tu mi <strong>di</strong>rai, che cosa ci sta a fare <strong>il</strong> Governo generale? Ma <strong>il</strong> Governo generale<br />

aveva e dovrebbe avere ben altri compiti che quello <strong>di</strong> costituire un doppione<br />

burocratico degli uffici ministeriali frapponendosi con uffici mastodontici come un<br />

<strong>di</strong>aframma tra l’autorità centrale e i cinque Governi territoriali.<br />

Quando si è fatta la legge organica si è avuto ben presente <strong>di</strong> evitare questa possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong><br />

costituire un superfluo duplicato; infatti si è stab<strong>il</strong>ito che i cinque Governi potevano<br />

corrispondere <strong>di</strong>rettamente con <strong>il</strong> Ministero per gli affari <strong>di</strong> or<strong>di</strong>naria amministrazione<br />

e che <strong>il</strong> Governo generale aveva <strong>il</strong> compito <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>namento per l’attuazione delle<br />

<strong>di</strong>rettive impartite dal Ministero. Tutti gli uffici del Governo generale non avevano<br />

159


Nicola Labanca<br />

quin<strong>di</strong> funzioni sedentarie burocratiche ma compiti <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>namento che evidentemente<br />

meglio si esplicano me<strong>di</strong>ante attività ispettive visitando <strong>di</strong>rettamente ogni territorio<br />

dell’Impero per rendersi esatto conto dell’applicazione delle istruzioni <strong>di</strong> Roma. Non mi<br />

risulta che i funzionari del Governo generale a cominciare dal vice Governatore generale<br />

siano mai usciti da Ad<strong>di</strong>s Abeba. Lo stesso Viceré si è deciso a farlo dopo che <strong>il</strong> Capo del<br />

Governo ha in<strong>di</strong>cato come molto opportune le sue visite ai vari territori.<br />

Il Governo generale ha inteso invece <strong>di</strong> accentrare ogni potere ad Ad<strong>di</strong>s Abeba,<br />

sostituendosi da una parte al Ministero e dall’altra agli stessi cinque Governi territoriali<br />

che per ovvie ragioni essendo ad imme<strong>di</strong>ato contatto dei paesi e delle popolazioni<br />

potevano più efficacemente realizzare gli or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Roma; e così è avvenuto che le<br />

pratiche si fermano ad Ad<strong>di</strong>s Abeba per dei mesi, essendo evidente l’impossib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong><br />

poter fare tutto da Ad<strong>di</strong>s Abeba. In altri termini <strong>il</strong> Governo generale avrebbe dovuto<br />

attuare un larghissimo decentramento nel campo amministrativo, limitarsi a curare<br />

l’esatto adempimento delle <strong>di</strong>rettive generali impartite dal Duce e dal Ministero<br />

dell’Africa Italiana <strong>di</strong> cui è stato costantemente informato, e dare a sua volta soltanto<br />

le <strong>di</strong>rettive d’or<strong>di</strong>ne generale nel settore politico m<strong>il</strong>itare ed economico.<br />

Infine, caro Fossa, tu stesso poni come assiomatica la <strong>di</strong>pendenza gerarchica del<br />

Governo generale dal Ministero dell’Africa Italiana.<br />

Ora una delle prime conseguenze <strong>della</strong> gerarchia è la <strong>di</strong>sciplina e non già l’insofferenza <strong>di</strong> ogni<br />

or<strong>di</strong>ne impartito dal superiore. È invece costantemente avvenuto che <strong>il</strong> Governo generale,<br />

invocando una molta aleatoria <strong>di</strong>pendenza <strong>di</strong>retta dal Duce, ha sempre tentato <strong>di</strong> scavalcare<br />

ed ignorare <strong>il</strong> Ministero dell’Africa Italiana. Ha sempre assunto apertamente un atteggiamento<br />

<strong>di</strong> ost<strong>il</strong>ità e <strong>di</strong> critica alle <strong>di</strong>rettive del Ministero, usando anche un linguaggio offensivo<br />

sia nei rapporti interni che in pubbliche riunioni. In queste con<strong>di</strong>zioni non si può certo<br />

parlare <strong>di</strong> collaborazione e tanto meno <strong>di</strong> cor<strong>di</strong>alità poiché quando l’inferiore pretende <strong>di</strong><br />

controbattere tutti gli or<strong>di</strong>ni del superiore senza porsi con spirito aperto <strong>di</strong> cameratismo a<br />

suo fianco, è perfettamente inut<strong>il</strong>e ricercare da quale parte stia <strong>il</strong> torto.<br />

Tu sai che tanto nel settore politico quanto in quello economico le mie <strong>di</strong>rettive non<br />

solo non sono mai state applicate ma è stato fatto precisamente tutto <strong>il</strong> contrario, cosa<br />

veramente inconcepib<strong>il</strong>e in un Regime sostenitore delle gerarchie come <strong>il</strong> nostro.<br />

<strong>Del</strong> resto <strong>il</strong> più chiaro esempio <strong>di</strong> come <strong>il</strong> Governo generale dovrebbe funzionare me<br />

lo dai tu stesso, caro Fossa, con l’organizzazione dell’ispettorato del Partito in A.O. Tu<br />

non hai mai inteso costituire un’altra <strong>di</strong>rezione del Partito ad Ad<strong>di</strong>s Abeba, né<br />

sostituirti a Starace nelle sue funzioni <strong>di</strong> Segretario del Partito. Né hai mai inteso <strong>di</strong><br />

sostituirti ai cinque Federali accentrando tutto ad Ad<strong>di</strong>s Abeba. Hai saputo invece<br />

contenerti nei precisi limiti delle tue funzioni eseguendo alla lettera gli or<strong>di</strong>ni del tuo<br />

superiore e girando continuamente l’Impero per farli applicare. Io avrei sperato che <strong>il</strong><br />

Governo generale facesse semplicemente altrettanto.<br />

4°) Affermi che <strong>il</strong> Partito non è sufficientemente valorizzato nel territorio dell’Impero.<br />

Mi rendo conto che con l’attuale situazione ancora quasi del tutto m<strong>il</strong>itare e anche per<br />

causa <strong>di</strong> incomprensioni e gelosie dell’alta burocrazia, <strong>il</strong> Partito non possa muoversi<br />

160


Un fatto sugli altri domina: la sicurezza<br />

ancora con la sufficiente libertà che gli è necessaria. Ma anche qui è un prodotto <strong>della</strong><br />

situazione locale e soltanto locale, mentre sai che al Ministero sono riuscito ad<br />

imprimere lo spirito del fascismo al cento per cento mantenendo la più stretta e<br />

cameratesca collaborazione col Segretario del Partito.<br />

So che molti attriti si vanno appianando, come r<strong>il</strong>evo anche da una recente relazione del<br />

Segretario Federale <strong>di</strong> Ad<strong>di</strong>s Abeba, 31 Agosto, nella quale è esplicitamente detto che i<br />

rapporti con le autorità <strong>di</strong> Governo e m<strong>il</strong>itari sono improntati a spirito <strong>di</strong> fattiva<br />

collaborazione. In quanto all’intervento del Partito nei riguar<strong>di</strong> degli in<strong>di</strong>geni bisogna<br />

stare attenti a non esagerare per non dare l’impressione agli in<strong>di</strong>geni <strong>di</strong> trovare nell’organizzazioni<br />

del Regime <strong>il</strong> mezzo per ottenere la parità <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti coi nazionali. Dev’essere ben<br />

chiaro che l’appartenere al Partito è un priv<strong>il</strong>egio altissimo riservato soltanto ai nazionali.<br />

Tanto meno <strong>il</strong> Partito deve servire a dare un'infarinatura culturale o pseudo-culturale agli<br />

in<strong>di</strong>geni specialmente a quelli delle così dette capitali, che sono i peggiori e più viziati:<br />

ne faremmo degli spostati e quasi certamente dei ribelli.<br />

Infine fascismo significa quintessenza del nazionalismo e non conviene a noi dominatori<br />

suscitare sentimenti del genere nei sud<strong>di</strong>ti. Ma c’è <strong>di</strong> più: <strong>il</strong> Partito non deve dare<br />

l’impressione agli in<strong>di</strong>geni <strong>di</strong> potere sperare nel suo appoggio contro <strong>il</strong> Governo. Tipico<br />

è <strong>il</strong> caso dell’ufficio del lavoro <strong>di</strong> Assab, che ha creduto bene <strong>di</strong> ammonire operai sudanesi<br />

<strong>di</strong> non lavorare più <strong>di</strong> otto ore e <strong>di</strong> pretendere le razioni viveri anche se non lavoravano.<br />

È semplicemente inau<strong>di</strong>to fare del sindacalismo con degli autentici selvaggi, a parte la<br />

considerazione che nel caso si trattava poi <strong>di</strong> sud<strong>di</strong>ti stranieri.<br />

Così anche l’organizzazione giovan<strong>il</strong>e in<strong>di</strong>gena dev’essere a mio avviso mantenuta<br />

esclusivamente nel campo dell’istruzione prem<strong>il</strong>itare e <strong>di</strong> questo argomento mi<br />

riprometto <strong>di</strong> parlare in questi giorni con Starace.<br />

Per <strong>il</strong> resto tu sai che io non ho mancato <strong>di</strong> intervenire ripetutamente ed anche con una<br />

certa energia perché fosse dato al Partito quanto gli spetta e non credo che mi si possa<br />

imputare <strong>di</strong> ristrettezza a cominciare dal lato finanziario per <strong>il</strong> quale, come sai, <strong>il</strong><br />

Ministero ha destinato oltre <strong>di</strong>eci m<strong>il</strong>ioni all’anno alle Federazioni Fasciste dell’A.O.<br />

Può darsi che qualche Governatore m<strong>il</strong>itare, abituato a considerare <strong>il</strong> Partito secondo<br />

una mentalità superata, richieda ancora oggi quali sono i compiti del Partito in A.O.<br />

Anche questo si risolverà col tempo. Certo è che <strong>il</strong> Partito ha una influenza ed<br />

importanza decisiva in tutti i settori dell’Impero e tutta la vita dell’Impero se ne deve<br />

permeare essendo essenziale alla sua sanità e vitalità politica e morale.<br />

Concludendo: ti ho esposto con assoluta chiarezza e sincerità <strong>il</strong> mio pensiero sui <strong>di</strong>versi<br />

punti che mi hai prospettato. Devi considerare la mia lealtà <strong>di</strong> linguaggio come una<br />

prova <strong>della</strong> grande fiducia che in te ripongo. Naturalmente ho parlato al camerata Fossa<br />

e sono sicuro che queste mie considerazioni non saranno partecipate ad alcun altro.<br />

Con ogni cor<strong>di</strong>alità cre<strong>di</strong>mi<br />

aff.mo<br />

Lessona<br />

161


Nicola Labanca<br />

162<br />

Note al testo<br />

1 Sta in Archivio Centrale dello Stato, Segreteria particolare del Duce, Carteggio riservato, b. 87.<br />

2 Cfr. BERNARD PORTER, The lion’s share. A short history of British imperialism 1850-1970,<br />

Longman, London 1975, p. 265.<br />

3 Cfr. Histoire de la France coloniale. 1914-1990, J. THOBIE, G. MEYNIER, C. COQUERY-<br />

VIDROVITCH, C.-R. AGERON, 1914-1990, Colin, Paris 1990, p. 234 e 309.<br />

4 Cfr. Nova História da expansão portuguesa, a cura <strong>di</strong> Joel Serrão, A.H. de Oliveira Marques,<br />

vol. XI,(a cura <strong>di</strong>), O império africano 1890-1930, a cura <strong>di</strong> A.H. de Oliveira Marques , Estampa,<br />

Lisboa 2001, p. 88.<br />

5 Per la conquista dell’Etiopia e in genere per <strong>il</strong> colonialismo italiano cfr. ANGELO DEL BOCA, Gli<br />

italiani in Africa Orientale, Laterza, Roma-Bari,1976-84, e Gli italiani in Libia, ivi, 1986-88; e<br />

NICOLA LABANCA, Oltremare. Storia dell’espansione coloniale italiana, <strong>il</strong> Mulino, Bologna 2002.<br />

6 Cfr. GIAMPAOLO CALCHI NOVATI, Il corno d’Africa nella storia e nella politica. Etiopia,<br />

Somalia e Eritrea fra nazionalismi, sottosv<strong>il</strong>uppo e guerra, Sei, Torino 1994, p. 75.<br />

7 Cfr. ALBERTO SBACCHI, Il colonialismo italiano in Etiopia 1936-1940, Mursia, M<strong>il</strong>ano 1980,<br />

p. 346.<br />

8 M.P. AKPAN (based on contributions from A.B. Jones and R. Pankurst), Ethiopia and Liberia,<br />

1914-35. Two in<strong>di</strong>pendent African states in the colonial era, in General history of Africa, vol. VII,<br />

Africa under colonial domination 1880-1935,a cura <strong>di</strong>, A. Adu Boahen, Unesco, Heineman,<br />

Paris-London 1985, p. 730. Ma anche BAHRU ZEWDE, A history of Ethiopia, London 1993.<br />

9 Lo scambio ci pare ine<strong>di</strong>to per <strong>il</strong> lettore italiano. La lettera <strong>di</strong> Lessona pare in originale, quella<br />

<strong>di</strong> Fossa è in copia. La data <strong>della</strong> risposta <strong>di</strong> Lessona è riportata più volte in nota nel volume <strong>di</strong><br />

Sbacchi (p. 73, n. 30 e 32, e p. 78, n. 56), ma senza menzione <strong>della</strong> lettera <strong>di</strong> Fossa (la più critica,<br />

e quella comunque cui <strong>il</strong> ministro risponde) e senza che <strong>il</strong> testo <strong>di</strong> Sbacchi vi faccia riferimento<br />

o che ne prenda spunto o che ne citi anche un solo rigo.<br />

10 Cfr. A. DEL BOCA, Gli italiani in Africa Orientale cit.; ALBERTO SBACCHI, Il colonialismo<br />

italiano in Etiopia 1936-1940 cit.; N. LABANCA, Oltremare. Storia dell’espansione coloniale<br />

italiana cit.


L’uso dei gas da parte italiana nella guerra d’Etiopia<br />

L’uso dei gas da parte italiana nella guerra d’Etiopia<br />

La testimonianza del sergente Luigi Canali<br />

<strong>di</strong> Marco Lenci<br />

La nozione relativa all’impiego dell’arma chimica da parte italiana nel corso<br />

<strong>della</strong> guerra <strong>di</strong> Etiopia può essere oramai considerata come un dato pienamente<br />

acquisito. A partire dalle prime «scoperte» operate da Angelo <strong>Del</strong> <strong>Boca</strong> circa un<br />

quarantennio fa 1 , tra polemiche accese ed infinite reticenze, la verità alla fine si<br />

è fatta strada sino ad imporsi incontrastata. In pratica l’ultimo atto <strong>di</strong> quella<br />

tormentata vicenda, <strong>di</strong> cui non riteniamo opportuno tentare in questa sede<br />

neppure una minima sintesi 2 , si è svolto nel 1996 quando <strong>il</strong> ministro <strong>della</strong> Difesa<br />

dell’epoca, Domenico Corcione, riconobbe pubblicamente «che nella guerra<br />

italo-etiopica furono impiegati bombe d’aereo e proiett<strong>il</strong>i d’artiglieria caricati ad<br />

iprite ed arsine e che l’impiego <strong>di</strong> tali gas era noto al Maresciallo Badoglio, che<br />

firmò <strong>di</strong> proprio pugno alcune relazioni e comunicazioni in merito» 3 .<br />

Un’ammissione inconfutab<strong>il</strong>e <strong>di</strong> fronte alla quale ebbe a piegarsi lo stesso Indro<br />

Montanelli che pure - vantando una sua <strong>di</strong>retta testimonianza oculare, per altro<br />

<strong>di</strong>mostratasi per lo meno problematica 4 - era stato per decenni <strong>il</strong> più ascoltato<br />

rappresentante del fronte negazionista.<br />

Sul piano più strettamente storiografico si deve comunque lamentare <strong>il</strong><br />

persistere <strong>di</strong> una lacuna che ancora appare ben lontana dall’essere colmata<br />

in maniera sod<strong>di</strong>sfacente. Ci riferiamo alla questione cruciale relativa al «chi<br />

sapeva?». Di sicuro ben informati erano i principali responsab<strong>il</strong>i <strong>della</strong><br />

conduzione <strong>della</strong> guerra: i massimi vertici m<strong>il</strong>itari e politici del regime, a<br />

partire da Mussolini a Roma e da Badoglio in Etiopia. Ovviamente ne<br />

dovevano essere informati gli uomini componenti le squadre del servizio <strong>di</strong><br />

bonifica che avevano proprio <strong>il</strong> compito <strong>di</strong> far scomparire dal terreno ogni<br />

traccia <strong>di</strong> uso <strong>di</strong> aggressivi chimici. In tutto - si può ipotizzare - poche<br />

centinaia <strong>di</strong> persone a fronte delle <strong>di</strong>verse migliaia <strong>di</strong> m<strong>il</strong>itari allora<br />

impegnati nelle operazioni belliche. Tra questi ultimi è possib<strong>il</strong>e che<br />

nessuno abbia visto o notato qualcosa?<br />

Per anni, dal 1965 in poi, colui che per primo denunciò l’uso dei gas ha<br />

condotto centinaia <strong>di</strong> interviste rivolte a persone che hanno partecipato,<br />

163


Marco Lenci<br />

Bomba ad ......... inesplosa<br />

164


L’uso dei gas da parte italiana nella guerra d’Etiopia<br />

come ufficiali o come semplici soldati, alla campagna etiopica, ma soltanto<br />

due o tre hanno ammesso <strong>di</strong> aver visto qualche traccia dei bombardamenti<br />

chimici. In definitiva - questo <strong>il</strong> parere <strong>di</strong> <strong>Del</strong> <strong>Boca</strong> - si può legittimamente<br />

affermare che sul teatro delle operazioni al corrente dell’uso dell’arma<br />

chimica furono soltanto alcuni ufficiali dell’intendenza e un numero<br />

ristretto <strong>di</strong> p<strong>il</strong>oti dell’aviazione; la grande maggioranza dei soldati invece<br />

avrebbe ignorato del tutto l’impiego dei gas e, proprio per tale motivo<br />

avrebbe poi manifestato in<strong>di</strong>gnazione quando i giornali stranieri<br />

denunciarono la cosa 5 . Tale quadro non è stato sostanzialmente mo<strong>di</strong>ficato<br />

neppure da qualche altra ammissione reperita tra le migliaia <strong>di</strong> lavoratori che<br />

operarono a ridosso delle linee del fronte 6 . La conclusione appare quin<strong>di</strong><br />

incontrovertib<strong>il</strong>e: tutti o quasi tutti gli italiani che vissero <strong>di</strong>rettamente<br />

l’aggressione all’Etiopia non videro e non seppero.<br />

Proprio per questo motivo ci è sembrato ut<strong>il</strong>e segnalare la testimonianza<br />

del sergente Luigi Canali sotto riportata. Si tratta <strong>di</strong> una lettera alla famiglia<br />

spe<strong>di</strong>ta dal graduato <strong>il</strong> 5 apr<strong>il</strong>e 1936. La missiva risulta essere stata scritta a<br />

Bet Mahra, località posta poco a nord dell’Amba Alagi che era stato occupato<br />

<strong>il</strong> 28 febbraio precedente dalle forze del I Corpo d’Armata comandate del<br />

generale Ruggero Santini. Ed al I Corpo d’Armata apparteneva per<br />

l’appunto anche <strong>il</strong> sergente Canali, inquadrato nella 74 Compagnia del<br />

Genio.<br />

La lettera, che riferisce le impressioni raccolte nel corso <strong>di</strong> una marcia<br />

compiuta pochi giorni prima a ridosso del passo Falagà (ad oriente<br />

dell’Amba Alagi), pare opera <strong>di</strong> una persona dotata <strong>di</strong> una certa proprietà <strong>di</strong><br />

linguaggio, <strong>il</strong> cui non modesto bagaglio culturale è confermato anche dal<br />

riferimento ad un’assidua lettura degli organi <strong>di</strong> stampa che, evidentemente,<br />

si faceva inviare con una certa regolarità dall’Italia («ricevo frequentemente<br />

i giornali...»).<br />

Altra caratteristica che emerge dal breve scritto è costituita dal forte<br />

spirito <strong>di</strong> osservazione. Luigi Canali riferisce sinteticamente, ma anche<br />

efficacemente, i principali dati del paesaggio circostante non esclusi quelli<br />

umani («si incontrano popolazioni Galla <strong>di</strong> tipo veramente africano, <strong>di</strong><br />

quelli che si usano per campioni <strong>della</strong> razza nera»). Nel suo marciare si viene<br />

persuadendo delle buone prospettive economiche dell’impresa etiopica: <strong>il</strong><br />

suolo gli appare infatti «fert<strong>il</strong>issimo», anche se - aggiunge subito dopo -<br />

«occorreranno però gran<strong>di</strong> lavori per sfruttarne una quantità notevole». Egli<br />

appare in definitiva convinto <strong>di</strong> trovarsi su quella che sarà «la via maestra<br />

<strong>della</strong> penetrazione italiana in Etiopia, anche commerciale».<br />

165


Marco Lenci<br />

Il livello <strong>di</strong> istruzione e <strong>di</strong> consapevolezza dello scrivente è quin<strong>di</strong> buono;<br />

né traspaiono atteggiamenti <strong>di</strong> opposizione preconcetta al fascismo. Proprio<br />

per questo le sue considerazioni circa l’abbondante impiego <strong>di</strong> gas (<strong>di</strong> cui<br />

riferisce che «alcune tracce sono visib<strong>il</strong>i») ci paiono particolarmente<br />

preziose. Si tratta <strong>di</strong> una testimonianza in presa <strong>di</strong>retta e come tale assai più<br />

inequivocab<strong>il</strong>e <strong>di</strong> altre connesse ad una memoria più o meno lucida <strong>di</strong> eventi<br />

lontani. Ma <strong>il</strong> dato più toccante e r<strong>il</strong>evante ci pare la sensib<strong>il</strong>ità che <strong>il</strong><br />

graduato mostra nel cogliere in poche righe gli effetti destab<strong>il</strong>izzanti circa le<br />

possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> controllo politico del territorio da parte italiana che l’ut<strong>il</strong>izzo<br />

dell’arma chimica e più in generale la brutalità del comportamento italiano<br />

potrebbero avere. «L’occupazione ha segnato profondamente anche l’animo<br />

<strong>della</strong> gente. Si vede girare intorno agli accampamenti: negli occhi e negli<br />

atteggiamenti è un’ipocrisia rivoltante. Non saranno tutti così. Certo i<br />

migliori non sono qui: stanno combattendoci». L’affermazione <strong>di</strong> estremo<br />

interesse che - ci pare - si commenti da sola.<br />

Due parole, infine sul modo con cui <strong>il</strong> documento è oggi fruib<strong>il</strong>e per<br />

chiunque voglia consultarlo e sul come esso è stato rinvenuto 7 .<br />

Nell’anno accademico 2003-2004, nell’ambito del master <strong>di</strong> Storia,<br />

Didattica e Comunicazione indetto dalla Facoltà <strong>di</strong> Scienze Politiche<br />

dell’Università <strong>di</strong> M<strong>il</strong>ano lo stage formativo si è svolto presso la sezione<br />

m<strong>il</strong>anese «Ferruccio Parri» dell’Istituto nazionale per la storia dei movimenti<br />

<strong>di</strong> liberazione in Italia. Due dei partecipanti al master, Luigi Nicola Belgrano<br />

e Stefano Morosini, avendo per tutor <strong>il</strong> dott. Antonino Criscione, hanno<br />

inteso de<strong>di</strong>care la maggior parte delle ore del loro stage alla messa a punto <strong>di</strong><br />

un sito <strong>di</strong> carattere storico-<strong>di</strong>dattico de<strong>di</strong>cato al colonialismo italiano. Il sito,<br />

intitolato Un posto al sole? La guerra d’Etiopia 1935-1936 (visitab<strong>il</strong>e in http:/<br />

/www.novecento.org 8 ), si articola in <strong>di</strong>verse sezioni tematiche. In tale<br />

contesto, nell’intento <strong>di</strong> fornire al navigatore anche un approccio <strong>di</strong>retto ad<br />

un documento originale attestante l’ut<strong>il</strong>izzo da parte italiana dell’arma<br />

chimica, i due curatori nella sezione denominata Approfon<strong>di</strong>menti hanno<br />

posto in rete la lettera del sergente Canali, da dove è possib<strong>il</strong>e oggi scaricarla<br />

nel suo originale testo autografo.<br />

Circa <strong>il</strong> reperimento dello scritto consta che esso sia avvenuto presso<br />

l’archivio <strong>della</strong> suddetta sezione «Ferruccio Parri» dove esiste un fondo<br />

Canali Luigi, contenente in realtà solo la copia fotostatica <strong>della</strong> lettera in<br />

questione. Tale copia è pervenuta all’istituzione m<strong>il</strong>anese nel febbraio 1996<br />

grazie all’interessamento <strong>di</strong> un giornalista comasco, Franco Giannantoni,<br />

conoscente <strong>di</strong> una sorella del sergente Canali.<br />

166


L’uso dei gas da parte italiana nella guerra d’Etiopia<br />

Stando così le cose è ovvio che <strong>il</strong> documento in questione potrebbe<br />

stimolare ad ulteriori approfon<strong>di</strong>menti. Per cominciare si potrebbe o meglio<br />

si dovrebbe cercare <strong>di</strong> entrare in contatto con i <strong>di</strong>scendenti dello scrivente,<br />

che risultava nel 1936 essere residente nella provincia <strong>di</strong> Como. Potrebbero<br />

in tal modo emergere altre missive connesse alla guerra d’Etiopia, missive dal<br />

contenuto magari meno «esplosivo» <strong>di</strong> quella qui riportata, ma che non<br />

dovrebbero mancare <strong>di</strong> presentare spunti interessanti data la provata<br />

sensib<strong>il</strong>ità del loro autore. Forse una sim<strong>il</strong>e indagine non verrà mai<br />

approntata oppure potrà dare risultati negativi. È certo però che dal caso del<br />

sergente Canali emerge per tutti gli stu<strong>di</strong>osi interessati allo stu<strong>di</strong>o<br />

dell’avventura etiopica l’urgenza <strong>di</strong> approntare un piano <strong>di</strong> ricerca per <strong>il</strong><br />

reperimento, l’inventariazione e lo stu<strong>di</strong>o degli epistolari privati <strong>di</strong> coloro<br />

che ne furono protagonisti anche minori. Si tratta <strong>di</strong> un compito stimolante<br />

giacché dallo spoglio <strong>di</strong> quegli epistolari potrebbero emergere visioni nuove<br />

dal basso <strong>di</strong> fenomeni - come appunto quello dell’uso dei gas - su cui ancora<br />

siamo lontani dall’avere una rappresentazione a tutto tondo. Ma si dovrebbe<br />

intervenire <strong>il</strong> più rapidamente possib<strong>il</strong>e, <strong>di</strong> sicuro prima che la sempre<br />

possib<strong>il</strong>e incuria o <strong>di</strong>sattenzione degli ere<strong>di</strong> non li faccia scomparire per<br />

sempre ed irrime<strong>di</strong>ab<strong>il</strong>mente.<br />

Bet Mahra 5 apr<strong>il</strong>e 1936<br />

<strong>il</strong> primo giorno del mese mi sono recato presso <strong>il</strong> passo Falagà, sul fianco sinistro <strong>di</strong><br />

Amba Alagi e <strong>il</strong> giorno 2 sono tornato a Sciafat, <strong>il</strong> tre mi hanno spostato qui a Bet<br />

Mahra, <strong>di</strong> fronte all’Amba Alagi. Non starò qui molto tempo!<br />

I viaggi gli ho sempre compiuti in ottime con<strong>di</strong>zioni e mi hanno dato modo <strong>di</strong><br />

interessarmi molto agli agli [sic] ambienti ed agli abitanti.<br />

Dalla parte <strong>di</strong> passo Falagà c’è da percorrere una vallata coperta <strong>di</strong> vegetazione folta,<br />

alberi <strong>di</strong> alto fusto, rari in Eritrea e sul Tigrai. Nelle boscaglie fitte solcate da una pista<br />

a zig-zag che sembra giocare col torrente che interseca frequentemente creando un<br />

numero incre<strong>di</strong>b<strong>il</strong>e <strong>di</strong> gua<strong>di</strong>, ho visto delle scimmie allo stato libero. Il suolo deve essere<br />

fert<strong>il</strong>issimo. Occorreranno però gran<strong>di</strong> lavori per sfruttarne una quantità notevole.<br />

Per l’Amba Alagi sideve contornare prima <strong>il</strong> massiccio formidab<strong>il</strong>e dell’Amba Aradam, a<br />

sinistra, poi per un susseguirsi incostante <strong>di</strong> ambe e minori sopraelevazioni del terreno si<br />

imbocca una vallata, stretta ma non «strozzata» come quella <strong>di</strong> Passo Falagà. In questa vallata<br />

sorgerà la via maestra <strong>della</strong> penetrazione italiana in Etiopia, anche commerciale.<br />

Si incontrano già le popolazioni «Galla» <strong>di</strong> tipo veramente «africano», <strong>di</strong> quelli che si<br />

usano per campioni <strong>della</strong> razza nera. Si vede che sono sparsi un po’ ovunque in Etiopia.<br />

167


Marco Lenci<br />

Le zone attraversate recentemente sono state abbondantemente bombardate e cosparse<br />

<strong>di</strong> «iprite». Alcune tracce sono visib<strong>il</strong>i. L’occupazione ha segnato profondamente anche<br />

l’animo <strong>della</strong> gente. Si vede girare intorno agli accampamenti: negli occhi e negli<br />

atteggiamenti è un’ipocrisia rivoltante. Non saranno tutti così. Certo i migliori non<br />

sono qui: stanno combattendoci.<br />

Ricevo frequentemente i giornali: ultimamente non ho avuto tempo <strong>di</strong> leggerli ma ho<br />

potuto conservarli e li guarderò ora. Tenetemi al corrente degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Beniamino e<br />

<strong>di</strong> tutto quanto mi può interessare in<strong>di</strong>pendentemente dalla piacevolezza o meno delle<br />

notizie.<br />

Mi ha scritto anche lo zio Francesco.<br />

Salutatemi parenti e conoscenti.<br />

Saluti all’amico del babbo «Giuan».<br />

Bacioni,<br />

Luigi.<br />

168<br />

Note al testo<br />

1 Cfr. ANGELO DEL BOCA, La guerra d’Abissinia 1935-1941, M<strong>il</strong>ano 1965. Le prime<br />

acquisizioni <strong>di</strong> <strong>Del</strong> <strong>Boca</strong> nei decenni successive sono state confermate con ulteriori prove sia<br />

dallo stesso <strong>Del</strong> <strong>Boca</strong> che da altri stu<strong>di</strong>osi; per una recente puntualizzazione ve<strong>di</strong> ARAM<br />

MATTIOLI, L’uso italiano dei gas asfissianti in Abissinia nel biennio 1935-1936, in «Stu<strong>di</strong><br />

piacentini», 33/2003, pp. 123-157.<br />

2 Per una esauriente ricostruzione è d’obbligo rimandare A. DEL BOCA, Una lunga battaglia per<br />

la verità, in I gas <strong>di</strong> Mussolini. Il fascismo e la guerra d’Etiopia a cura <strong>di</strong> A. <strong>Del</strong> <strong>Boca</strong>, Roma, 1996,<br />

pp. 17-48.<br />

3 Ivi, p. 40.<br />

4 Al riguardo si legga MARCO LENCI, L’Eritrea e l’Etiopia nell’esperienza <strong>di</strong> Indro Montanelli, in<br />

«Stu<strong>di</strong> piacentini», 33/2003, pp. 205-231.<br />

5 Cfr. A. DEL BOCA, Gli italiani in Africa Orientale. La conquista dell’Impero, Roma-Bari 1979,<br />

p. 493.<br />

6 Cfr. IRMA TADDIA, La memoria dell’Impero. Autobiografie d’Africa Orientale, Bari 1988, p. 85.<br />

7 Tengo a precisare che tutte le informazioni sotto riportate mi sono state fornite dal dott. Luigi<br />

Nicola Belgrano che qui ringrazio per la collaborazione offertami.<br />

8 Al sito è possib<strong>il</strong>e accedere anche da http://www.utenti.lycos.it/etiopia.


L’Africa <strong>di</strong> Em<strong>il</strong>io Salgari<br />

L’eurocentrismo e <strong>il</strong> problema delle fonti<br />

<strong>di</strong> Felice Pozzo<br />

L´Africa <strong>di</strong> Em<strong>il</strong>io Salgari<br />

Il 29 agosto 1862 sui Piani d’Aspromonte Garibal<strong>di</strong> fu ferito e poco dopo<br />

scrisse al popolo italiano un’esclamazione che risuonerà nell’aria per lungo<br />

tempo: «Avevano sete <strong>di</strong> sangue...» 1 .<br />

Em<strong>il</strong>io Salgari nacque <strong>il</strong> 21 agosto 1862 e trascorse la giovinezza udendo<br />

narrare le gesta garibal<strong>di</strong>ne. Quando, poco più che ventenne, inventò le sue<br />

prime avventure malesi, Sandokan apparve come una tigre umana assetata<br />

<strong>di</strong> sangue. La colorita frase sopra citata aveva ottenuto riscontri impensati:<br />

«Largo ai pirati <strong>di</strong> Mompracem...largo ai padroni <strong>di</strong> questo mare...essi<br />

berranno <strong>il</strong> vostro sangue...» 2 .<br />

Tra le sue letture giovan<strong>il</strong>i figura la Vita <strong>di</strong> Garibal<strong>di</strong> <strong>di</strong> Jessie White<br />

Mario, dove si legge, tra l’altro, <strong>della</strong> campagna <strong>di</strong> Montevideo del 1846,<br />

quando l’eroe dei due mon<strong>di</strong> salvò un nemico dalla vendetta dei suoi<br />

legionari gridando: «Non uccidetelo: è un valoroso!» 3 .<br />

Lo stesso generoso or<strong>di</strong>ne sarà pronunciato in più occasioni dagli eroi<br />

salgariani; ad esempio da Yanez, noto alter ego <strong>di</strong> Salgari, in I Pirati <strong>della</strong><br />

Malesia: «Ferma! Quell’in<strong>di</strong>ano è un prode!» 4 .<br />

O dove si legge come Garibal<strong>di</strong> fosse «sempre seguito dall’erculeo negro<br />

Anghiar» 5 , proprio come <strong>il</strong> gigantesco Moko <strong>di</strong>venterà l’ombra del Corsaro<br />

Nero.<br />

Non occorre proseguire con citazioni <strong>di</strong> pagine risorgimentali dove è<br />

agevole riscontrare episo<strong>di</strong> o situazioni che si ritrovano nelle pagine del papà<br />

<strong>di</strong> Sandokan. È ormai assodato che <strong>il</strong> senso eroico dell’epopea garibal<strong>di</strong>na ha<br />

ottenuto un entusiastico riscontro in quelle pagine. In passato ho avuto<br />

modo <strong>di</strong> evidenziarne alcune: la rievocazione <strong>di</strong> Custoza nell’articolo<br />

salgariano Al cimitero (1889); l’inno alla «Giovane Italia» contenuto nei<br />

Naufraghi del Poplador (1895); <strong>il</strong> Garibal<strong>di</strong> citato in Sull’Atlante (1908) e<br />

così via. In quell’occasione rivelai anche, con raffronto iconografico, come<br />

noti <strong>di</strong>segni giovan<strong>il</strong>i <strong>di</strong> Salgari fossero ispirati ad una litografia ottocentesca<br />

<strong>di</strong> Perrin de<strong>di</strong>cata all’asse<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Ancona del 1860 6 . In un libro intitolato<br />

169


Felice Pozzo<br />

Garibal<strong>di</strong>, sin dal 1982 Omar Calabrese ha suggerito accostamenti, talvolta<br />

ar<strong>di</strong>ti, tra l’epopea storica <strong>di</strong> cui trattasi e quelle fantastiche che vedono<br />

protagonisti la Tigre <strong>della</strong> Malesia e <strong>il</strong> funereo conte <strong>di</strong> Ventimiglia.<br />

Questo per <strong>di</strong>re che non esistono dubbi sul patriottismo, che potremmo<br />

anzi definire «acceso», <strong>di</strong> Salgari.<br />

Ora, è stato proprio <strong>il</strong> patriottismo, in quegli anni, a giocare un ruolo<br />

r<strong>il</strong>evante nelle scelte degli italiani in tema <strong>di</strong> colonialismo. Ha scritto Mirella<br />

Tenderini che «ferma restando la prevalenza degli interessi politici ed<br />

economici da parte degli Stati, la componente idealistica che spinse molti<br />

uomini in avventure rischiose ritenute ut<strong>il</strong>i per la loro nazione traeva origine<br />

da un clima <strong>di</strong> patriottismo <strong>di</strong>ffusissimo in quel periodo» 7 , mentre Angelo<br />

<strong>Del</strong> <strong>Boca</strong>, nel suo fondamentale Gli Italiani in Africa Orientale, ha<br />

in<strong>di</strong>viduato anche nei «sognatori» e negli «scontenti <strong>della</strong> politica<br />

rinunciataria delle mani nette» coloro ai quali interessava l’Africa alla vig<strong>il</strong>ia<br />

degli avvenimenti coloniali. D’altra parte è agevole rintracciare nelle vicende<br />

africane d’ Italia numerosi personaggi che furono protagonisti del<br />

Risorgimento: da Francesco Crispi, già ardente mazziniano che aveva<br />

contribuito alle imprese garibal<strong>di</strong>ne e da Francesco Rubattino, che aveva<br />

finanziato la spe<strong>di</strong>zione dei M<strong>il</strong>le, sino ai più avventurosi viaggiatori ed<br />

esploratori d’Africa con mire colonialiste: Am<strong>il</strong>care Cipriani, volontario<br />

appena quin<strong>di</strong>cenne nel 1859, che si ritrovò a partecipare a una delle<br />

spe<strong>di</strong>zioni verso le sorgenti del N<strong>il</strong>o condotta da Giovanni Battista Miani;<br />

Gian Pietro Porro, volontario nel 1866, ucciso a Gialdessa; Augusto<br />

Franzoj, anch’egli volontario nella terza guerra d’in<strong>di</strong>pendenza, e tantissimi<br />

altri. Ernesto Ragionieri ha d’altronde in<strong>di</strong>viduato nella componente<br />

colonialistica costituita dall’esplorazione «una precisa impronta borghese<br />

nella quale confluivano i residui tutt’altro che inoperanti dell’ideologia<br />

italiana che aveva improntato <strong>il</strong> Risorgimento e le nascenti aspirazioni<br />

me<strong>di</strong>terranee e africane delle classi <strong>di</strong>rigente del paese» 8 .<br />

Benché non uomo d’azione, se si escludono parentesi giovan<strong>il</strong>i nelle<br />

palestre veronesi, attività velocipe<strong>di</strong>stiche e persino un duello alla sciabola<br />

(però non risulta abbia prestato servizio m<strong>il</strong>itare), Salgari con<strong>di</strong>vise<br />

idealmente <strong>il</strong> tortuoso percorso patriottico che dalle battaglie<br />

d’in<strong>di</strong>pendenza portò a coltivare mire che tendevano a togliere<br />

l’in<strong>di</strong>pendenza in casa d’altri, in Africa.<br />

Le cronache dell’epoca e persino i taccuini degli stu<strong>di</strong>osi in cerca <strong>di</strong><br />

aneddoti curiosi, tramandano episo<strong>di</strong> <strong>della</strong> vita <strong>di</strong> Salgari molto eloquenti.<br />

Dopo la sconfitta italiana a Dogali (1887) <strong>il</strong> giovane romanziere partecipò<br />

170


L´Africa <strong>di</strong> Em<strong>il</strong>io Salgari<br />

a manifestazioni patriottiche: durante un invio <strong>di</strong> nuove truppe in Africa,<br />

quale presidente del Circolo Velocipe<strong>di</strong>stico Veronese, si mise alla testa d’un<br />

nutrito gruppo <strong>di</strong> ciclisti e attraversò Verona <strong>di</strong>retto verso la stazione<br />

ferroviaria <strong>di</strong> Dossobuono, dove avrebbe sostato un treno carico <strong>di</strong> soldati.<br />

Quando <strong>il</strong> treno arrivò, c’era gran folla ad attenderlo, soprattutto donne e<br />

naturalmente Salgari con i suoi velocipe<strong>di</strong>sti, le une e gli altri pronti a<br />

<strong>di</strong>stribuire fiori e abbracci. Quando i giornali aprirono sottoscrizioni a<br />

favore delle famiglie dei caduti e dei feriti <strong>di</strong> Dogali, Salgari partecipò<br />

versando la somma <strong>di</strong> due lire. Nel 1895, trasferitosi nel Canavese e<br />

precisamente a Priacco, una frazione <strong>di</strong> Cuorgné (Torino), scelse, in<br />

amicizia com’era con <strong>il</strong> proprietario, la nuova denominazione d’una osteria:<br />

«Cantina del guerriero Galliano», per onorare l’eroe <strong>di</strong> Macallè.<br />

Anche la sua piuttosto breve attività giornalistica, svolta in gioventù, è<br />

rivelatrice, come è stato <strong>di</strong>mostrato nel 1994 9 . Tra <strong>il</strong> 1883 e <strong>il</strong> 1885, con lo<br />

pseudonimo Ammiragliador e in veste <strong>di</strong> redattore del quoti<strong>di</strong>ano «Nuova<br />

Arena» <strong>di</strong> Verona, pubblicò ben 115 articoli riguardanti la rivolta del Mah<strong>di</strong><br />

in Sudan, la guerra d’occupazione francese nel Tonchino e le vicende<br />

coloniali sulle sponde del mar Rosso. Per questo lavoro, svolto con<br />

particolare partecipazione, si avvalse prevalentemente <strong>di</strong> agenzie <strong>di</strong> stampa.<br />

Ed è proprio negli articoli de<strong>di</strong>cati alla questione del mar Rosso che <strong>di</strong>mostrò<br />

un insospettato spirito interventista, avverso alla Francia e non del tutto<br />

contrario ad alleanze con l’Ingh<strong>il</strong>terra, quella stessa Ingh<strong>il</strong>terra contro cui<br />

Sandokan e i suoi pirati avrebbero versato fiumi <strong>di</strong> sangue e sentimenti <strong>di</strong><br />

rancore.<br />

Prendendo in considerazione le flotte italiane e francesi, quando<br />

l’argomento era <strong>di</strong>battuto su tutti i giornali in vista <strong>di</strong> uno scontro armato,<br />

scrisse <strong>il</strong> 18 ottobre 1883:<br />

Basta dare uno sguardo a queste due flotte, che in un tempo forse non lontano verranno<br />

a combattimento, per comprendere come la nostra sia <strong>di</strong> gran lunga inferiore per<br />

numero alla francese, che noi abbiamo assoluto bisogno <strong>di</strong> accrescerla, <strong>di</strong> rinforzarla,<br />

per impe<strong>di</strong>re che questo Me<strong>di</strong>terraneo non finisca col <strong>di</strong>ventare un lago francese, e per<br />

sventare le terrib<strong>il</strong>i idee dei nostri amici d’oltre Alpi, che hanno lasciato già abbastanza<br />

intravedere come lo scopo principale <strong>della</strong> loro possente marina, alla prima guerra, non<br />

sarebbe che quello <strong>di</strong> fiaccare completamente <strong>il</strong> nostro commercio che è la nostra vita<br />

e <strong>di</strong> rovinare da capo a fondo le nostre fiorenti città del litorale. 10<br />

Nell’articolo intitolato In giro pel mondo con data 21 ottobre 1884 scrisse:<br />

171


Felice Pozzo<br />

Non è la prima volta che alziamo la voce per avvertire che la nostra microscopica<br />

colonia d’Assab corre un serio pericolo. Ingh<strong>il</strong>terra e Francia, le due nazioni che si<br />

<strong>di</strong>sputano la supremazia del Mar Rosso, non hanno mai visto <strong>di</strong> buon occhio la nostra<br />

ban<strong>di</strong>era sventolare sulle rive del Danak<strong>il</strong>.<br />

Invi<strong>di</strong>ose dei nostri rapporti con Menelik, re dello Scioa, paurose che noi abbiamo ad<br />

attirare ad Assab <strong>il</strong> commercio <strong>di</strong> quel reame, cercano tutti i mo<strong>di</strong> possib<strong>il</strong>i <strong>di</strong> attirarlo<br />

dalla loro parte e vanno occupando tutte le baie e cittadelle al sud <strong>della</strong> nostra colonia.<br />

Non è molto che l’Ingh<strong>il</strong>terra ha occupato i porti <strong>di</strong> Ze<strong>il</strong>a e <strong>di</strong> Berbera per far<br />

convergere a sé <strong>il</strong> commercio abissino. Ora la Francia sta per occupare Tagiura, luogo<br />

importante che giace in fondo alla baia dello stesso nome che viene formata dal Golfo<br />

<strong>di</strong> Aden, e per <strong>il</strong> quale passano tutti i viaggiatori che si recano nel reame <strong>di</strong> Scioa [...]<br />

E noi che facciamo laggiù? Lasceremo che la Francia o l’Ingh<strong>il</strong>terra si impadroniscano<br />

<strong>di</strong> tutte le coste intorno alla nostra colonia, <strong>di</strong> tutti i porti, <strong>di</strong> tutti i commerci, senza<br />

imitarli, senza nulla tentare? Che ne pensa l’onorevole Mancini, l’amico <strong>di</strong> tutte le<br />

nazioni? A Be<strong>il</strong>ul, a Edd, alla baia Ayth non sventola alcuna ban<strong>di</strong>era europea: perché<br />

non si occupano questi luoghi importantissimi? [...] Un duecento uomini sono più che<br />

sufficienti per l’occupazione. Perché adunque non la si fa? Di chi si ha paura? Se<br />

all’Ingh<strong>il</strong>terra o alla Francia salterà <strong>il</strong> ticchio <strong>di</strong> farci delle osservazioni, chiederemo a<br />

loro con qual <strong>di</strong>ritto hanno occupato Ze<strong>il</strong>a, Berbera e Tagiura. L’esempio ce l’hanno<br />

dato loro 11 .<br />

È poi un crescendo rossiniano: a decrescere è soltanto l’anglofobia, a<br />

<strong>di</strong>mostrare peraltro come Salgari stesse scrivendo sull’onda delle notizie che<br />

gli pervenivano dalle agenzie, che talvolta cita, e degli avvenimenti politici<br />

in corso. È nota la subalternità del nostro imperialismo, in quel periodo, nei<br />

confronti <strong>di</strong> quello inglese. Già nel 1882 l’Ingh<strong>il</strong>terra aveva considerato<br />

l’esigua presenza italiana ad Assab un salutare b<strong>il</strong>anciamento <strong>della</strong> presenza<br />

francese a Obock. Esclusa dalle più importanti spartizioni delle coste<br />

africane, l’Italia sperò ancora, come <strong>di</strong>chiarò Mancini, che <strong>il</strong> mar Rosso ci<br />

avrebbe dato le chiavi del Me<strong>di</strong>terraneo. Si buttò persino qualche occhiata<br />

interessata all’Egitto, tanto più che l’Ingh<strong>il</strong>terra non si era <strong>di</strong>mostrata<br />

contraria, sempre in funzione antifrancese, neppure alla nostra presenza a<br />

Massaua. Si tentò dunque <strong>di</strong> convincere Londra dell’ut<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> una<br />

cooperazione m<strong>il</strong>itare dell’Italia in Sudan. Le trattative, già iniziate, furono<br />

sollecitate anche dagli ambienti m<strong>il</strong>itari. Però lord Granv<strong>il</strong>le, ministro degli<br />

affari esteri <strong>della</strong> Regina, declinò le offerte italiane, sia prima che dopo la<br />

morte <strong>di</strong> Gordon, <strong>di</strong>chiarando che l’Ingh<strong>il</strong>terra poteva contare su<br />

armamenti sufficienti ed aveva inoltre interesse morale a non accettare<br />

l’aiuto <strong>di</strong> altre nazioni.<br />

172


Ed ecco Ammiragliador-Salgari scrivere <strong>il</strong> 2 <strong>di</strong>cembre 1884:<br />

L´Africa <strong>di</strong> Em<strong>il</strong>io Salgari<br />

Ci si schiaffeggia e ci si calpesta a Tunisi, ci si osteggia o<strong>di</strong>osamente alla Plata,<br />

minacciano la nostra microscopica colonia d’Assab, ci insultano in Europa e nulla<br />

facciamo, anzi ci chiu<strong>di</strong>amo in un vergognoso s<strong>il</strong>enzio, incoraggiando gli<br />

schiaffeggiatori a farci <strong>di</strong> peggio e meritarci <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> «razza degenerata» o poco meno.<br />

C’è una nazione che ci sputa in volto e questa nazione è quella stessa che ci schiaffeggiò<br />

a Tunisi, quella stessa che <strong>di</strong>ede la caccia ai nostri connazionali a Marsiglia. È, infine<br />

ancora, la Francia! [...] Onorevole Mancini, quando la finirà? Quando è che <strong>il</strong> nostro<br />

governo, schiaffeggiato e calpestato, alzerà la voce e le mani per reagire? Siamo<br />

adunque, noi italiani, degenerati al punto da beverci in pace gl’insulti i più sanguinosi<br />

e farci deridere da tutte le civ<strong>il</strong>i nazioni? 12<br />

Non aveva che ventidue anni, Salgari, e si vede dal piglio col quale<br />

sollecita l’on. Mancini. Così scrive <strong>il</strong> 29 <strong>di</strong>cembre 1884:<br />

Così la Germania si annette, l’Ingh<strong>il</strong>terra si annette, la Francia, la Spagna, <strong>il</strong> Portogallo<br />

si annettono... e l’Italia dorme. Si vede che pell’<strong>il</strong>lustre signor Mancini non è ancor<br />

venuto <strong>il</strong> momento per spingere gl’Italiani in Africa. Ella aspetta che non vi sia un<br />

palmo <strong>di</strong> terra <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>e per muoversi. Non è vero <strong>il</strong>lustre ministro? 13<br />

Le esortazioni proseguiranno nel 1885. In un articolo del 5 gennaio,<br />

ad<strong>di</strong>rittura si atteggiò a grande esperto <strong>di</strong> cose africane, tale da poter dare<br />

lezioni <strong>di</strong> Storia e <strong>di</strong> politica internazionale al nostro governo, magari con<br />

periodare zoppicante:<br />

Si va o non si va a Tripoli? Questa è la domanda che corre su tutte le labbra dacché si<br />

<strong>di</strong>vulgarono le voci che <strong>il</strong> nostro governo avesse messo gli occhi sulla Tripolitania, voci<br />

che furono più volte confermate per poi venire smentite.<br />

La maggioranza <strong>della</strong> popolazione italiana vorrebbe che la ban<strong>di</strong>era italiana sventolasse<br />

finalmente sulle coste africane del Me<strong>di</strong>terraneo, prima che abbiano a cadere<br />

totalmente nelle mani degli inglesi o dei francesi. Il nostro ministro degli esteri,<br />

quantunque pressato da tutte le parti, sembra che non si sia ancora deciso a fare <strong>il</strong> gran<br />

passo, né pare che si deciderà tanto fac<strong>il</strong>mente. Perché? Perché l’Italia, sorta nel santo<br />

nome <strong>della</strong> nazionalità, l’onorevole Mancini, crede non debba conculcare questo<br />

<strong>di</strong>ritto in nessun altro paese. Ecco <strong>il</strong> grande ostacolo che arresta <strong>il</strong> nostro ministro degli<br />

esteri e che lo fa esitare prima <strong>di</strong> lanciare un corpo <strong>di</strong> spe<strong>di</strong>zione sulle coste <strong>della</strong><br />

Tripolitania. Egli teme forse <strong>di</strong> provocare una guerra fra italiani e arabi e che del sangue<br />

scorra. Ed è qui che l’on. Mancini- <strong>il</strong> quale non deve conoscere affatto le vere con<strong>di</strong>zioni<br />

politiche <strong>della</strong> Reggenza- s’inganna <strong>di</strong> grosso. Vogliamo <strong>di</strong>mostrarglielo riassumendo<br />

brevemente la storia <strong>della</strong> Tripolitania... 14<br />

173


Felice Pozzo<br />

Segue una rievocazione degli avvenimenti <strong>di</strong> quel Paese a partire dal<br />

1814, tesa a suggerire un intervento a Tripoli «non per impadronirsene<br />

formalmente, ma a rimettere sul trono <strong>il</strong> figlio e nipote <strong>di</strong> Josef Pascià,<br />

procurandosi l’alto protettorato <strong>di</strong> questo ubertosissimo territorio».<br />

In previsione dell’occupazione <strong>di</strong> Massaua, <strong>il</strong> 2 febbraio 1885, tirò in<br />

ballo l’alleanza con l’Ingh<strong>il</strong>terra:<br />

Si prevede che le nostre truppe appena che avranno occupato la città, dovranno por<br />

mano al fuc<strong>il</strong>e e unirsi agli inglesi per combattere gli insorti che vanno gradatamente<br />

concentrandosi a poca <strong>di</strong>stanza dalla costa. Osman Digna, <strong>il</strong> celebre luogotenente del<br />

Mah<strong>di</strong>, <strong>il</strong> vincitore <strong>di</strong> Tokar, <strong>di</strong> Trinkitat e <strong>di</strong> Sinkat, che costrinse gli inglesi ad<br />

abbandonare la campagna e rinchiudersi a Suakin, è padrone <strong>di</strong> tutta la costa e si<br />

apparecchia a riprendere le ost<strong>il</strong>ità [...] Non è però da credere che Osman Digna<br />

opporrà una seria resistenza alle nostre truppe collegate a quelle inglesi 15 .<br />

174<br />

Risale al 3 marzo 1885 l’ultimo suo articolo sull’argomento:<br />

Si scuota adunque <strong>il</strong> nostro governo; non si lasci intimorire dalle grida <strong>di</strong> quelle potenze<br />

che tanto urlavano per l’occupazione <strong>di</strong> Massaua. È dovere dell’Italia, una e libera,<br />

popolata da pressoché trenta m<strong>il</strong>ioni, con oltre un m<strong>il</strong>iardo <strong>di</strong> b<strong>il</strong>ancio, nazione per<br />

natura e tra<strong>di</strong>zioni marinaresca e commerciale, <strong>di</strong> mantenere, o meglio, <strong>di</strong> far rivivere<br />

le tra<strong>di</strong>zioni dei suoi piccoli stati; farsi vedere non da meno delle piccole repubbliche<br />

<strong>di</strong> Genova e <strong>di</strong> Venezia che da sole, e nemiche tra loro, sapevano tenere in iscacco<br />

nazioni già formate, stati oggidì potenti; è dovere dell’Italia <strong>di</strong> porre un argine alla<br />

preponderanza straniera nel Me<strong>di</strong>terraneo, che dovrebbe essere un mare italiano.<br />

Non scor<strong>di</strong>amoci che l’avvenire d’Italia è tutto sul mare! 16<br />

Se ci siamo soffermati su questi articoli giovan<strong>il</strong>i <strong>di</strong> Salgari è perché hanno<br />

suscitato, a suo tempo, perplessità e sorprese non sopite, se ancora<br />

recentemente S<strong>il</strong>vino Gonzato li ha definiti giustamente «dei veri e propri<br />

comizi» e ha aggiunto: «E pensare che sul «capitano» pacifista e anticolonialista<br />

sono stati versati fiumi <strong>di</strong> inchiostro!» 17 . Molto opportunamente ha precisato<br />

in seguito: «Il se<strong>di</strong>cente capitano <strong>di</strong> gran cabotaggio è anticolonialista quando<br />

ci sono <strong>di</strong> mezzo i francesi e gli inglesi, ma si getta nella mischia interventista<br />

quando si tratta <strong>di</strong> giustificare la politica coloniale italiana. Salgari è insomma<br />

prima <strong>di</strong> tutto un italiano e, allora come oggi, essere italiano non era una<br />

nazionalità ma una professione» 18 .<br />

Ecco dunque che si ritorna al patriottismo e che le mire espansionistiche<br />

<strong>di</strong> Salgari sembrano ad esso soltanto collegate. Lo <strong>di</strong>mostrerebbe l’ignorata<br />

nota che ha apposto a fondo pagina nel romanzo I Pescatori <strong>di</strong> Trepang


L´Africa <strong>di</strong> Em<strong>il</strong>io Salgari<br />

(1896) dove, trattando <strong>della</strong> Nuova Guinea, scrive: «Nel 1879 in Italia era<br />

sorta l’idea <strong>di</strong> occupare una parte <strong>della</strong> Guinea e <strong>di</strong> mandarvi degli emigranti,<br />

circa 3000, ma poi fu abbandonata e forse a torto» 19 .<br />

Sicuramente vi sono alcune osservazioni da fare, riguardo quegli articoli.<br />

Intanto vorrei riproporre alcuni brani <strong>della</strong> mia prefazione al citato libro che<br />

li contiene, perché già allora era precisata la chiave <strong>di</strong> lettura che continuo<br />

a ritenere corretta:<br />

Salgari, alle prime armi nel giornalismo, non lavorava, come ad esempio Augusto<br />

Franzoj, per fogli antigovernativi: era pagato per rispecchiare e magari appoggiare le<br />

scelte politiche e le istanze nazionalistiche <strong>di</strong> quei giorni: <strong>di</strong> suo ci metteva quello spirito<br />

patriottico che gli derivava dalla passione per <strong>il</strong> Risorgimento [...] Ma leggiamolo tra<br />

le righe, piuttosto, <strong>il</strong> nostro Ammiragliador. Scrive che «<strong>il</strong> povero Egitto» ne ha<br />

abbastanza degl’inglesi, i quali «aspirano a creare imbarazzi per <strong>di</strong>ventare padroni<br />

assoluti»; scrive anche: «Sono duecento anni che le popolazioni maomettane dormono,<br />

e potrebbe darsi che avessero a svegliarsi e sollevarsi in massa contro coloro che li<br />

opprimono».<br />

Per chi fa <strong>il</strong> tifo, tutto sommato? Ammira incon<strong>di</strong>zionatamente Gordon, la cui vita «è<br />

un romanzo, una leggenda», personaggio che definisce «<strong>il</strong> gran Gordon, <strong>il</strong> buon<br />

Gordon», tra<strong>di</strong>to dalla patria, coraggioso generale che «arrischiò freddamente la vita<br />

per uno scopo puramente umanitario» 20 [...] Un personaggio, insomma [...] che egli<br />

non considera affatto una pe<strong>di</strong>na dell’imperialismo inglese, ma un uomo indomito<br />

spinto dagli stessi colpi <strong>di</strong> testa degli eroi <strong>di</strong>sinteressati e solitari che animeranno tra non<br />

molto le pagine salgariane [...] E poi, a chi vanno le non tanto nascoste simpatie <strong>di</strong><br />

Ammiragliador? A Osman Digna, «l’eroico» (l’aggettivo è ripetuto più volte),<br />

«l’intrepido» luogotenente del Mah<strong>di</strong>, «l’eterno rompiscatole» che «forse spera, una<br />

notte o l’altra, <strong>di</strong> andare a bere una tazza <strong>di</strong> merissak in città, dopo aver fatto una bella<br />

marmellata <strong>di</strong> quei pochi egiziani che gl’inglesi vi hanno lasciato».<br />

Mi fa venire in mente Sandokan quando, in I Pirati <strong>della</strong> Malesia (potete controllare),<br />

esclama: «Perché non ero io là coi miei Tigrotti? Avrei fatto una marmellata <strong>di</strong> tutti quei<br />

sanguinari in<strong>di</strong>ani!» 21 .<br />

Abbiamo a che fare, insomma, con un Salgari che si nasconde <strong>di</strong>etro uno<br />

pseudonimo, che lavora per un giornale crispino e interventista <strong>di</strong> cui è<br />

redattore e dal quale è pagato e che si <strong>di</strong>mostra interventista soltanto con<br />

riferimento all’Italia, mentre i Francesi e gli Inglesi sono definiti avi<strong>di</strong>,<br />

prepotenti e chi più ne ha più ne metta.<br />

Ma sino a che punto era interessato alle nostre vicende coloniali, in realtà?<br />

Intanto c’è da sottolineare un fatto. Egli ut<strong>il</strong>izzò come romanziere e in<br />

tempo ravvicinato gli avvenimenti contemporanei che <strong>il</strong>lustrava firmandosi<br />

175


Felice Pozzo<br />

Ammiragliador con una esclusione sintomatica. Dalla guerra del Tonchino<br />

trasse la novella Tay-See (1883) 22 ; dalla rivolta del Mah<strong>di</strong> trasse <strong>il</strong> romanzo<br />

La Favorita del Mah<strong>di</strong> (1887) 23 . Nulla trasse invece dalle vicende sul mar<br />

Rosso!<br />

E successivamente? Nel 1897, nella breve presentazione Ai lettori nel<br />

volume <strong>di</strong> Alfredo Ferrero Il Fiore del Deserto pubblicato a Genova da<br />

Donath, scrisse:<br />

Campo <strong>di</strong> queste strane e commoventi avventure è la Somalia Italiana, questa vasta<br />

regione equatoriale, sottoposta alla nostra influenza, ma ancora imperfettamente<br />

conosciuta e, solo in parte, recentemente esplorata dal nostro valoroso capitano Bòttego.<br />

Dove non pare trasparire, peraltro, particolare entusiasmo. Pochi anni<br />

dopo, con lo pseudonimo Cap. Guido Altieri, pubblicò <strong>il</strong> racconto Lo<br />

schiavo <strong>della</strong> Somalia (storia vera): ne è protagonista <strong>il</strong> moretto Sadì Omar,<br />

che compie un gesto d’eroismo a favore dei suoi «benefattori Taliani» a<br />

scapito delle «canaglie arabe», così che viene scelto come «marca <strong>di</strong> fabbrica»<br />

del noto «liquore Galliano» <strong>della</strong> «premiata <strong>di</strong>st<strong>il</strong>leria Arturo Vaccari <strong>di</strong><br />

Livorno». Va bene che la denominazione <strong>di</strong> quel liquore fu, come l’osteria<br />

<strong>di</strong> Priacco, un omaggio all’eroe <strong>di</strong> Macallé, ma scrive Giovanna Viglongo:<br />

Questo racconto, sottotitolato «storia vera», espressione mai usata prima nei<br />

fascicoletti pubblicati da Biondo) ha un’aria così smaccatamente reclamistica- <strong>di</strong> un<br />

prodotto non certo consigliab<strong>il</strong>e ai bambini cui invece era espressamente de<strong>di</strong>cato <strong>il</strong><br />

racconto- da rendere perplessi, non sulla veri<strong>di</strong>cità <strong>della</strong> storia, ma sull’inconsueto<br />

atteggiamento sia dell’autore che dell’e<strong>di</strong>tore, i quali non hanno esitato, nel bel mezzo<br />

d’un racconto moralistico-patriottico, ad intonare un peana rivolto ai liquori pregiati<br />

d’una <strong>di</strong>st<strong>il</strong>leria con tanto <strong>di</strong> nome, cognome e città, coinvolgendo anche <strong>il</strong> pittore<br />

Sarri che ha ad<strong>di</strong>rittura d<strong>il</strong>igentemente <strong>di</strong>segnato le tre etichette reclamizzate; è stata<br />

cioè introdotta, in un testo <strong>di</strong> lettura, una «informazione pubblicitaria» bella e buona<br />

che <strong>di</strong> solito viene fatta <strong>di</strong>etro pagamento e comunque non in quella sede. C’è da<br />

chiedersi se questo enfatico canto d’allegrezza per <strong>il</strong> «magico liquore» non abbia avuto<br />

un corrispettivo e, se sì, chi ne fu <strong>il</strong> beneficiario 24 .<br />

Ancora, dunque, non traspare particolare entusiasmo. Tutto qui. E sì che<br />

Salgari è noto per aver romanzato in tempo reale o quasi, schierandosi<br />

apertamente, un gran numero <strong>di</strong> avvenimenti bellici del suo tempo: oltre a<br />

quelli già ricordati (Tonchino e Sudan), la guerra <strong>della</strong> Triplice Alleanza<br />

contro <strong>il</strong> Paraguay, la guerra nelle F<strong>il</strong>ippine, la guerra Ispano-Americana, la<br />

176


L´Africa <strong>di</strong> Em<strong>il</strong>io Salgari<br />

rivolta dei boxers in Cina, la guerra russo-giapponese, <strong>il</strong> conflitto ispanomarocchino<br />

del 1909 nel Riff e altri, per non <strong>di</strong>re <strong>di</strong> quelli rievocati a<br />

<strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> tempo, dalla questione americana dei pellirosse alla battaglia <strong>di</strong><br />

Marudu (1845) degli inglesi contro i malesi, dalla rivolta dei cipays in In<strong>di</strong>a<br />

(1857) alle guerre d’in<strong>di</strong>pendenza americane. E sì, inoltre, che le nostre<br />

guerre coloniali si sarebbero prestate egregiamente a narrazioni avventurose,<br />

come <strong>di</strong>mostrano, tra gli altri, i romanzi Gli Schiavi bianchi- Meravigliose<br />

avventure <strong>di</strong> quattro italiani traverso l’Africa Equatoriale (1900) <strong>di</strong> Arturo<br />

Olivieri Sangiacomo, pubblicato proprio dall’e<strong>di</strong>tore Donath <strong>di</strong> Genova<br />

con <strong>il</strong> quale Salgari aveva un contratto in esclusiva (1898-1906) e Faragialla<br />

(1908) <strong>di</strong> Eduardo Ximenes 25 , pubblicato da Bemporad, l’e<strong>di</strong>tore che ebbe<br />

Salgari sul proprio libro paga nell’ultimo periodo (1906-1911).<br />

Nessun veto e<strong>di</strong>toriale, dunque, ma una scelta precisa e, si <strong>di</strong>rebbe,<br />

irremovib<strong>il</strong>e <strong>di</strong> Salgari.<br />

S<strong>il</strong>vino Gonzato ha ipotizzato che l’esor<strong>di</strong>ente Salgari abbia evitato <strong>di</strong><br />

descrivere avvenimenti africani perché con<strong>di</strong>zionato dall’ambiente in cui<br />

viveva:<br />

Pur avendo l’Africa in casa, Em<strong>il</strong>io Salgari non vi ambienterà che <strong>il</strong> suo terzo romanzo<br />

d’appen<strong>di</strong>ce 26 [...] Volendo soprattutto sbalor<strong>di</strong>re <strong>il</strong> lettore, <strong>il</strong> giovane scrittore [...]<br />

forse temeva che l’Africa rappresentasse un argomento troppo «domestico» per<br />

ottenere lo scopo che si prefiggeva. Verona brulicava <strong>di</strong> barbe <strong>di</strong> missionari che la<br />

sapevano lunga, molto più lunga <strong>di</strong> lui, sul continente nero. Le strade erano piene <strong>di</strong><br />

«moretti» e «morette» dell’Istituto Don Mazza. Il marchese Miniscalchi teneva due<br />

leoni nella v<strong>il</strong>la <strong>di</strong> campagna. Il conte Pullé, quando tornava dalle cacce africane,<br />

attraversava la città strascicando i suoi trofei. Il serraglio <strong>di</strong> via Valverde, a ridosso del<br />

centro, era un fornitissimo campionario <strong>di</strong> belve <strong>di</strong> savana 27 .<br />

Tuttavia l’Africa cadde sotto la sua penna già nel 1884, appunto, e dopo<br />

<strong>di</strong> allora avrebbe costituito lo scenario ottimale per un nutrito numero <strong>di</strong><br />

lavori: 13 romanzi e 16 racconti 28 , senza peraltro che le vicende coloniali<br />

nostrane vi comparissero.<br />

Un elenco dei romanzi africani <strong>di</strong> Salgari mi fu richiesto telefonicamente<br />

da Mino M<strong>il</strong>ani in vista <strong>di</strong> una interessante iniziativa che stava per essere<br />

realizzata nella sua Pavia, con l’intervento del Dipartimento <strong>di</strong> Stu<strong>di</strong> Politici<br />

Sociali e del <strong>Centro</strong> Stu<strong>di</strong> per i Popoli Extraeuropei. Gli scrissi <strong>il</strong> 4 settembre<br />

1987 inviandogli i titoli; <strong>il</strong> 15 <strong>di</strong>cembre 1988 fui perciò invitato<br />

all’Università <strong>di</strong> Pavia per assistere alla presentazione del libro Il Paese<br />

dell’avventura. La rappresentazione dell’Africa in Em<strong>il</strong>io Salgari 29 <strong>di</strong><br />

177


Felice Pozzo<br />

Tundonu Amosu dell’Università <strong>di</strong> Obafemi Awolowo <strong>di</strong> Ile-Ife,<br />

pubblicato nell’ottobre precedente a M<strong>il</strong>ano per l’Istituto italiano <strong>di</strong> cultura<br />

<strong>di</strong> Lagos.<br />

Conservo quel libro con de<strong>di</strong>ca autografa <strong>di</strong> Tundonu Amosu ed anche<br />

memoria <strong>della</strong> vivace <strong>di</strong>scussione che suscitarono le sue affermazioni,<br />

presenti e documentate nel volume. Tra l’altro Amosu sosteneva<br />

sostanzialmente che «i romanzi <strong>di</strong> Salgari rientrano pienamente, anche se<br />

non intenzionalmente, nella grande operazione ideologica messa in atto per<br />

giustificare l’avventura coloniale alla quale si mostra tanto avverso nel ciclo<br />

asiatico e in quello delle In<strong>di</strong>e Occidentali».<br />

L’approssimazione <strong>di</strong>mostrata da Salgari, la sua <strong>di</strong>sinformazione e l’uso<br />

<strong>di</strong> moduli confezionati, caratteristici <strong>di</strong> chi conosce i luoghi che descrive solo<br />

per sentito <strong>di</strong>re, sono alla base <strong>della</strong> critica sopra esposta. Scrive ad esempio<br />

Amosu:<br />

L’intolleranza degli arabi che obbliga l’eroe europeo a travestirsi prima <strong>di</strong> avventurarsi<br />

nel loro territorio trova una <strong>di</strong>retta antitesi nel nero africano che, nei romanzi <strong>di</strong><br />

Salgari, è più sottomesso alla persuasione morale e riserva un’accoglienza più calorosa<br />

agli europei. In verità i neri appaiono come una moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> stupi<strong>di</strong> e superstiziosi<br />

i cui re scambiano i propri vicini e persino i loro stessi sud<strong>di</strong>ti con oggetti privi <strong>di</strong> valore<br />

e vino <strong>di</strong> pessima qualità. Sono de<strong>di</strong>ti al bere e ciò li rende avversari innocui e ri<strong>di</strong>coli.<br />

Il quadro complessivo è lungi dall’essere lusinghiero (p. 168).<br />

I sovrani locali, in particolare, ottengono descrizioni impietose e<br />

caricaturali e molti sono de<strong>di</strong>ti al traffico degli schiavi: <strong>il</strong> re Bango ne I<br />

drammi <strong>della</strong> schiavitù (1896), <strong>il</strong> re Pembo ne Gli scorridori del mare (che è<br />

in buona parte un rifacimento del romanzo precedente, 1900), <strong>il</strong> re Ranako<br />

nel racconto Il negriero (1903): <strong>il</strong> loro abbigliamento annovera un elmo da<br />

pompiere e stracci bisunti; tutti sono invecchiati precocemente dall’alcol.<br />

Tutto ciò è innegab<strong>il</strong>e e Amosu ha ragione. Eppure occorre porsi alcuni<br />

interrogativi e fornire le risposte.<br />

Si tratta <strong>di</strong> un’invenzione <strong>di</strong> Salgari dettata da spirito razzista?<br />

Assolutamente no, perché, com’è noto, egli non inventava nulla, ma traeva<br />

ogni particolare da un’infinità <strong>di</strong> testi che giu<strong>di</strong>cava atten<strong>di</strong>b<strong>il</strong>i, alla<br />

inesausta ricerca dell’aderenza a quella realtà che non conosceva<br />

personalmente. Ho già avuto occasione <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare come <strong>il</strong> re Bango,<br />

capostipite degli altri ri<strong>di</strong>coli re africani e schiavisti <strong>di</strong> Salgari, abbia fonti ben<br />

precise: Un capitaine de quinze ans (1878) <strong>di</strong> Jules Verne, romanzo<br />

pubblicato in Italia dalla Tipografia E<strong>di</strong>trice Lombarda <strong>di</strong> M<strong>il</strong>ano nello<br />

178


L´Africa <strong>di</strong> Em<strong>il</strong>io Salgari<br />

stesso anno dell’e<strong>di</strong>zione francese 30 , e l’articolo Il re Bango e i suoi popoli<br />

dell’esploratore Paul du Cha<strong>il</strong>lu (1835-1903), pubblicato sulla <strong>rivista</strong> <strong>di</strong><br />

viaggi e avventure «La Valigia» <strong>di</strong> M<strong>il</strong>ano con data 21 novembre 1886 31 .<br />

Ogni particolare coincide nei minimi dettagli; ovviamente anche <strong>il</strong> fatto che<br />

re Bango fosse de<strong>di</strong>to alla tratta degli schiavi.<br />

Salgari ha riservato questo trattamento soltanto ai re africani?<br />

Assolutamente no: lo ha riservato ad ogni monarca «cattivo». Un despota<br />

delle isole Figi, ad esempio, è descritto, sia pure con <strong>il</strong> meccanismo degli<br />

stereotipi, invecchiato precocemente dall’uso <strong>di</strong> bevande alcoliche e<br />

destinato a rotolare «sconciamente» in terra dal suo palanchino nel romanzo<br />

Un dramma nell’Oceano Pacifico (1895). Il sultano <strong>di</strong> Varauni, in La<br />

riconquista <strong>di</strong> Mompracem (1908), è descritto così: «Il signore del Borneo,<br />

come tutti i sultanelli delle isole indomalesi, non era già un gigante e non<br />

aveva affatto un aspetto guerresco. Era un cosettino sm<strong>il</strong>zo, color del pane<br />

bigio» che per apparire più imponente «portava sul capo un turbante <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>mensioni monumentali». E si potrebbe continuare.<br />

Ha riservato questo trattamento a tutti gli africani? Assolutamente no.<br />

Ben <strong>di</strong>versamente sono descritti i «neri» positivi: da Niombo (I drammi <strong>della</strong><br />

schiavitù) a Bonga (Gli corridori del mare), da Sango a Onga, da Notika al<br />

vecchio cafro del racconto La Stella del Sud o a Moko, amico del Corsaro<br />

Nero. E l’elenco potrebbe allungarsi notevolmente. Tutti sono personaggi<br />

eroici, protagonisti o deuteragonisti, nob<strong>il</strong>i d’animo, leali e generosi.<br />

Salgari, piuttosto, è giunto a livelli elevati nel nome del principio<br />

dell’uguaglianza. I drammi <strong>della</strong> schiavitù ha un finale emblematico: dopo<br />

una rivolta sim<strong>il</strong>e a quella <strong>di</strong> Amistad (1839), i bianchi <strong>di</strong>ventano schiavi dei<br />

neri. Ad<strong>di</strong>rittura, ci <strong>di</strong>cono gli appunti ine<strong>di</strong>ti del romanziere, pensò a un<br />

seguito intitolato Gli schiavi bianchi: non fu scritto, ma l’intenzione è<br />

lodevole.<br />

Infine, le descrizioni inclementi sono riservate soltanto agli africani?<br />

Assolutamente no. In passato, dopo aver riscontrato un’accusa <strong>di</strong> razzismo<br />

rivolta a Salgari per come ha <strong>di</strong>pinto gli inuit (eschimesi) nel romanzo Le<br />

meraviglie del Duem<strong>il</strong>a (1907), ho scritto quanto segue:<br />

È vero che «un odore nauseabondo» regna nelle abitazioni degli esquimesi e che uno<br />

dei personaggi raccomanda agli altri: «turatevi <strong>il</strong> naso e fatevi coraggio». Se è per quello,<br />

in altri romanzi Salgari sarà anche più esplicito e definirà l’abitazione degli esquimesi<br />

«fetente pozzanghera» e «cloaca». Si noti tuttavia che, secondo Salgari gli esquimesi<br />

«sono rimasti tali e quali come li avevano trovati gli esploratori del secolo scorso» 32 . Nel<br />

Duem<strong>il</strong>a, dunque, i nostri eroi li trovano esattamente come li trovarono quei<br />

179


Felice Pozzo<br />

viaggiatori ed esploratori le cui descrizioni impietose ed esagerate Salgari, che si<br />

documentava con attenzione, lesse più volte.<br />

Durante la sua seconda spe<strong>di</strong>zione polare (1821) W<strong>il</strong>liam Edward Parry scrisse ad<br />

esempio: «A stento potrebbe immaginarsi razza più schifosamente sozza e più<br />

degradata nell’umana famiglia! Sucida ed unta la carnagione, capelli ispi<strong>di</strong>, fattezze da<br />

bruti, denti neri, piccoli <strong>di</strong> statura, coperti <strong>di</strong> pelli <strong>di</strong> foca e <strong>di</strong> orso, riuscivano con tali<br />

indumenti a celare in parte le loro sgraziate forme. Traevano essi la più misera esistenza<br />

fra quegli eterni ghiacci in sui confini <strong>della</strong> terra, in luride tane e può <strong>di</strong>rsi avessero quasi<br />

perduta la nob<strong>il</strong>e impronta dell’uomo» 33 .<br />

Persino le più ammorbi<strong>di</strong>te descrizioni ottocentesche destinate ai fanciulli si<br />

soffermavano su certi particolari: «L’uomo è piccolo e tarchiato con una lunga<br />

capigliatura nera e un volto schiacciato. Non è né bianco né color <strong>di</strong> rame. La sua pelle<br />

ha un colore brunastro, ma non è così fac<strong>il</strong>e <strong>di</strong>stinguerne la vera tinta, perché per mesi<br />

e forse per anni non si è mai lavato, onde <strong>il</strong> suo viso è tutto coperto <strong>di</strong> macchie, del<br />

su<strong>di</strong>ciume e del fumo in mezzo ai quali ei vive» 34 .<br />

Vere o no che fossero, Salgari prese per buone queste ed altre relazioni che è persino<br />

troppo fac<strong>il</strong>e rintracciare e poi ci ricamò sopra, senza cattiveria, da buon romanziere<br />

che vuole anche stupire, chiuso nei limiti degli schemi culturali del suo tempo. Altrove,<br />

peraltro, egli ha descritto «questi bravi abitanti del Polo» quali «valenti cacciatori» e<br />

ottimi pescatori, attardandosi con simpatia sulla loro mitezza e laboriosità, sino a<br />

constatarne con autentico rammarico <strong>il</strong> declino a contatto con la civ<strong>il</strong>tà corruttrice.<br />

Salgari razzista? Chiunque conosca anche superficialmente la sua opera dove, tra<br />

l’altro, le più note storie d’amore nascono tra uomini e donne <strong>di</strong> etnie <strong>di</strong>verse e persino<br />

nemiche, sa la risposta 35 .<br />

Sarebbe interessante estendere questo tipo <strong>di</strong> considerazioni o <strong>di</strong> ricerche<br />

alle varie popolazioni del mondo descritte da Salgari, visto che ha ambientato<br />

romanzi e racconti appunto in ogni angolo del mondo. Si vedrebbe come non<br />

abbia fatto altro che riciclare opere altrui, ritenute affidab<strong>il</strong>i, per <strong>il</strong> solito<br />

problema d’essere stato uno scrittore che non è mai uscito dall’Italia<br />

settentrionale. Per <strong>di</strong> più, uno scrittore <strong>di</strong> fine Ottocento e inizio Novecento<br />

con<strong>di</strong>zionato dal microcosmo, soprattutto culturale, in cui operava.<br />

Basandomi su queste considerazioni, mi sono in passato occupato<br />

<strong>di</strong>ffusamente <strong>della</strong> questione dei pellirosse 36 che qualcuno, con visuale<br />

moderna, ha successivamente giu<strong>di</strong>cato trascurata e v<strong>il</strong>ipesa dalle pagine<br />

salgariane, così da indurmi ad approfon<strong>di</strong>re <strong>il</strong> tema in altre due occasioni 37<br />

e a scrivere, tra l’altro:<br />

[...] la ricerca delle fonti è attività fondamentale per la valutazione dell’opera salgariana.<br />

Le precarie possib<strong>il</strong>ità d’approfon<strong>di</strong>mento devono dunque essere considerate accanto<br />

180


L´Africa <strong>di</strong> Em<strong>il</strong>io Salgari<br />

alla serietà o meno dei testi consultati, molti dei quali hanno ottenuto aggiornamenti<br />

o revisioni documentate dopo molti anni, se non in tempi recenti.<br />

La circostanza va soppesata con attenzione particolare nei casi in cui ci si sentirebbe<br />

spinti a porre l’accento su certe sue inesattezze o prese <strong>di</strong> posizione. Si pensi, ad<br />

esempio, alla questione dei pellirosse, che notoriamente ha ottenuto rivisitazioni<br />

decisive soltanto in tempi successivi alla morte <strong>di</strong> Salgari. Non v’è dubbio, allora, che<br />

se avesse avuto a sua <strong>di</strong>sposizione tutti i testi consultab<strong>il</strong>i oggi- gli stessi che consentono<br />

<strong>di</strong> contestarlo- nonché <strong>il</strong> tempo <strong>di</strong> leggerli, avrebbe scritto pagine ben <strong>di</strong>verse da quelle<br />

che scrisse sull’argomento. Taluni critici improvvisati, dunque, dovrebbero almeno<br />

effettuare un timido tentativo <strong>di</strong> retrocedere nel tempo e mettersi nei panni <strong>di</strong> chi<br />

scriveva un secolo fa, più o meno.<br />

Ed ho elencato le pagine in cui Salgari ha assunto la <strong>di</strong>fesa del «fratello<br />

rosso».<br />

Occorre inoltre considerare in che modo, nonostante tutto, abbia saputo<br />

tracciare un sentiero del tutto autonomo rispetto i colleghi contemporanei<br />

e persino rispetto i suoi «maestri» <strong>di</strong> altre nazioni, in particolare Francia e<br />

Ingh<strong>il</strong>terra.<br />

È evidente, infatti, come abbia evitato <strong>di</strong> veicolare i messaggi<br />

imperialistici che hanno caratterizzato, ad esempio, la letteratura <strong>di</strong> Haggard<br />

o <strong>di</strong> Kipling e persino quelli nazionalisti <strong>di</strong> Jacolliot, Boussenard, Aimard e<br />

<strong>di</strong> tanti altri romanzieri d’avventure francesi del suo tempo. È vero che<br />

l’Italia non poteva per nulla vantare <strong>il</strong> senso <strong>di</strong> grandezza e <strong>di</strong> gloria<br />

dell’impero britannico e neppure la folie des grandeurs dei francesi. Ma non<br />

c’è chi non veda come i numerosi personaggi italiani dei romanzi <strong>di</strong> Salgari,<br />

viaggiatori, esploratori o avventurieri che siano, evitino ogni atteggiamento<br />

<strong>di</strong> conquista o <strong>di</strong> avanguar<strong>di</strong>a del colonialismo nazionale o sim<strong>il</strong>i. Al servizio<br />

dell’avventura, sono risoluti contro gli avversari stranieri perché così vuole<br />

<strong>il</strong> gioco caratterizzato dagli immancab<strong>il</strong>i «cattivi» che si oppongono all’eroe<br />

<strong>di</strong> turno. Spesso coltivano interessi ed intenti scientifici e <strong>il</strong> frutto delle loro<br />

straor<strong>di</strong>narie scoperte o cacce è destinato ai musei.<br />

D’altro canto nessuno come lui, in quei tempi, ha promosso al ruolo <strong>di</strong><br />

protagonisti assoluti uomini orientali che agiscono per la libertà dei loro<br />

paesi.<br />

Concludendo, si può affermare, a mio avviso, che fu fautore del nostro<br />

colonialismo in Africa soltanto in un periodo circoscritto <strong>della</strong> sua vita,<br />

quello giovan<strong>il</strong>e, ricco <strong>di</strong> entusiasmi patriottici, assecondando<br />

l’immaginario collettivo nostrano, ma senza particolari coinvolgimenti<br />

soprattutto per quanto riguarda <strong>il</strong> suo mestiere <strong>di</strong> scrittore. Si può affermare<br />

181


Felice Pozzo<br />

inoltre che non può essere ragionevolmente accusato <strong>di</strong> razzismo ma, se mai,<br />

<strong>di</strong> ingenuità nell’ut<strong>il</strong>izzare le fonti. Altresì <strong>di</strong> schematismo eccessivo e <strong>di</strong><br />

semplificazione paradossale, che hanno in sottofondo, questo sì, un punto<br />

<strong>di</strong> vista eurocentrico.<br />

Ha scritto Bruno Traversetti:<br />

Nella sua partizione esotistica del mondo, Salgari priv<strong>il</strong>egia l’oriente asiatico e <strong>il</strong> nord-<br />

Africa musulmano. L’Africa nera, a <strong>di</strong>spetto del suo primario interesse coloniale e <strong>della</strong><br />

intensa fascinazione che essa esercitava sull’immaginario europeo del tardo Ottocento,<br />

resta in lui solo teatro <strong>di</strong> storie minori e poco frequenti. La sua sensib<strong>il</strong>ità inventiva è<br />

eccitata soprattutto dai lontani ma gran<strong>di</strong> complessi <strong>di</strong> civ<strong>il</strong>tà, nei cui meandri <strong>il</strong><br />

mistero e l’avventura circolino paludati da fastose mitologie culturali. La sua Asia, però,<br />

coincide abbastanza fedelmente (se si fa eccezione per l’arcipelago delle F<strong>il</strong>ippine, verso<br />

<strong>il</strong> quale lo sospinge anche una simpatia <strong>di</strong> tipo politico) con quella dell’impero<br />

britannico e dei posse<strong>di</strong>menti olandesi: In<strong>di</strong>a e Insulin<strong>di</strong>a, soprattutto, sono i luoghi<br />

eletti del suo esotismo, delle sue scenografie eroiche. L’Estremo Oriente Giallo,<br />

l’immenso e non meno suggestivo mondo cinese e indocinese, resta quasi ai confini del<br />

suo immaginare: in romanzi come La scimitarra <strong>di</strong> Budda o La città del re lebbroso,<br />

ambientati rispettivamente in Cina e nella regione cambogiano-siamese, egli sembra<br />

quasi incapace <strong>di</strong> fantasticare l’azione; le vicende vi si snodano lente, ripetitive,<br />

costellate qua e là da brandelli d’avventura che sembrano allestiti come stanchi f<strong>il</strong>i<br />

d’occasione 38 .<br />

182<br />

Ed ha aggiunto:<br />

Il punto d’osservazione salgariano, <strong>il</strong> centro dal quale egli <strong>di</strong>stingue l’altro da sé e traccia<br />

la topografia esotistica del mondo è, ovviamente, l’Europa; o meglio, poiché l’esotico<br />

ha anche un versante temporale, l’Europa del tardo XIX secolo. Questo luogo <strong>di</strong><br />

autoriconoscimento, tuttavia, non è compatto come, ad esempio, l’Ingh<strong>il</strong>terra <strong>di</strong><br />

Kipling; e, anzi, sfumate vene <strong>di</strong> alterità lo attraversano. Ai suoi incerti margini etnici<br />

occhieggia l’ambiguo esotismo dei gitani <strong>di</strong> Spagna, primi attori, con la loro regina<br />

Zamora, dei Briganti del Riff, mentre ai confini del sud-est <strong>il</strong> mondo balcanico già<br />

sfuma nella doppiezza asiatica e fornisce una ricca tra<strong>di</strong>zione litografica a certe figure<br />

<strong>di</strong> antagonisti [...] Lo sciame <strong>di</strong> vibrazioni esotistiche indotte dalle nozioni <strong>di</strong> «gitano»<br />

e <strong>di</strong> «balcanico» è senza dubbio <strong>il</strong> più denso che si levi dall’Europa salgariana. Nel primo<br />

caso si tratta <strong>di</strong> un’alterità antichissima ed endemica, connaturata allo stato irregolare<br />

<strong>della</strong> nazione zingara, alle cronache e alle <strong>di</strong>ffuse leggende che la riguardano; per <strong>il</strong><br />

secondo caso, invece, occorre tenere presente sia la forte arretratezza nello sv<strong>il</strong>uppo<br />

industriale in cui versava la regione balcanica nell’Ottocento, sia la sua forte <strong>di</strong>versità<br />

culturale dovuta all’espansione, in essa, dell’impero ottomano [...] 39 .


L´Africa <strong>di</strong> Em<strong>il</strong>io Salgari<br />

Viene da chiedersi tuttavia se l’eurocentrismo salgariano non sia<br />

germinato, al <strong>di</strong> là delle pred<strong>il</strong>ezioni personali, dalla <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>ità delle fonti.<br />

L’interrogativo si <strong>di</strong>mostra pertinente prendendo in esame, ad esempio, <strong>il</strong><br />

problema <strong>della</strong> tratta la cui soluzione, come è stato sottolineato con giusta<br />

critica, secondo Salgari, «è in mano alle gran<strong>di</strong> potenze europee, portatrici <strong>di</strong><br />

civ<strong>il</strong>tà e <strong>di</strong> progresso» 40 . È stato accertato che tra le fonti principali del papà <strong>di</strong><br />

Sandokan figura <strong>il</strong> volume L’Antischiavismo alla fine del secolo XIX <strong>di</strong> Carlo<br />

Bianchetti. In esso, ma non solo, la scoperta e poi l’esplorazione dell’Africa<br />

sono descritte come atti <strong>di</strong> abnegazione, <strong>di</strong> coraggio indomito, <strong>di</strong> costanza da<br />

martiri, da parte <strong>di</strong> uno stuolo <strong>di</strong> eroi, missionari, animi nob<strong>il</strong>i che «s’avanza<br />

ar<strong>di</strong>to per ogni dove, sotto quel cielo <strong>di</strong> fuoco, per lande selvagge, fra m<strong>il</strong>le<br />

asprezze e pericoli, sfidando la fame e le febbri, non tementi delle tigri e dei<br />

leoni [...] tutti corazzati <strong>di</strong> intrepidezza e <strong>di</strong> costanza, si slanciano sui fiumi, sui<br />

laghi, sui monti, nei deserti del misterioso continente, portando ciascuno la<br />

patria nel cuore e facendo risuonare da lontano la favella, <strong>il</strong> nome e le glorie» 41 .<br />

Alle nazioni europee cui appartengono questi gent<strong>il</strong>uomini, assicura<br />

Bianchetti, è toccato e toccherà risolvere definitivamente l’immane trage<strong>di</strong>a<br />

<strong>della</strong> schiavitù, poiché «a favorire le cause generatrici dello schiavismo<br />

concorre singolarmente <strong>il</strong> fanatismo religioso dell’Islamismo riguardato<br />

come irreconc<strong>il</strong>iab<strong>il</strong>e colle confessioni cristiane. Tutti i mali d’Africa, lasciò<br />

scritto <strong>il</strong> Mage, capitano <strong>di</strong> vascello, provengono dall’Islamismo (Fleurs du<br />

desert, p. 27)» 42 . Ma è piuttosto agevole consultare i testi dell’epoca, in<br />

particolare, per constatare quanto fosse <strong>di</strong>ffusa questa convinzione 43 .<br />

Ma torniamo all’ambientazione eurocentrica dei romanzi salgariani.<br />

I testi <strong>di</strong> ogni genere, scientifici o fantastici, <strong>di</strong>vulgativi o<br />

d’intrattenimento, <strong>di</strong>ffusi in quel periodo, riguardavano appunto le zone<br />

sottoposte all’influenza coloniale: sia per evidenti ragioni politiche che per<br />

l’effettiva, migliore conoscenza che se ne era acquisita ad ogni livello. Per <strong>di</strong><br />

più, con non sopito spirito giornalistico, Salgari scriveva sovente autentici<br />

instant books sugli avvenimenti del suo tempo: vale a <strong>di</strong>re sui conflitti<br />

coloniali contemporanei, appunto.<br />

Non che mancassero nozioni, spesso esaurienti, sulle altre zone del<br />

mondo, ma l’attenzione era monopolizzata su quelle che, grosso modo,<br />

corrispondono al pred<strong>il</strong>etto esotismo salgariano.<br />

Viene da chiedersi ancora: e se avesse avuto a sua <strong>di</strong>sposizione tutti i testi<br />

che abbiamo oggi?<br />

Diffic<strong>il</strong>e, con riferimento a Salgari, non pensare subito all’In<strong>di</strong>a o al<br />

Borneo. Ebbene, erano zone alle quali non si poteva non prestare attenzione.<br />

183


Felice Pozzo<br />

È nota la storia <strong>della</strong> penetrazione europea in In<strong>di</strong>a che possiamo far iniziare<br />

nel 1498 con l’invasione pacifica <strong>di</strong> Vasco de Gama. La comprensib<strong>il</strong>e<br />

ignoranza <strong>di</strong> costui, che «prese per un’immagine <strong>della</strong> Vergine quella che era<br />

l’effige <strong>della</strong> dea Kalì» 44 , è stata soppiantata nei secoli da una bibliografia<br />

oceanica e sempre più raffinata. Nel solo ambito <strong>della</strong> letteratura<br />

avventurosa ma documentata che fu notoriamente fonte <strong>di</strong> Salgari (ma le sue<br />

fonti «in<strong>di</strong>ane» accertate sono anche altre) ricor<strong>di</strong>amo romanzi <strong>di</strong> Jules<br />

Verne e <strong>di</strong> Louis Boussenard, ma soprattutto la copiosa produzione <strong>di</strong> Louis<br />

Jacolliot (1837-1890) che annovera una ventina <strong>di</strong> volumi «in<strong>di</strong>ani»,<br />

comp<strong>il</strong>ati con intenti scientifici, nei quali è svelato ogni più recon<strong>di</strong>to<br />

mistero, poiché quello stu<strong>di</strong>oso, che esordì con La Bible dans l’Inde (1868),<br />

spese molti anni <strong>della</strong> propria vita viaggiando e compiendo ricerche, anche<br />

esoteriche, in gran parte dell’In<strong>di</strong>a.<br />

In quanto al Borneo, mi sia permessa un’ultima citazione <strong>di</strong> me stesso,<br />

usando la tolleranza e la pazienza che si riserva ai barbosi decani (compio <strong>di</strong><br />

questi tempi i quarant’anni <strong>di</strong> ricerche salgariane...):<br />

Ma esisteva soprattutto una collaudata tra<strong>di</strong>zione nautica che guardava a quelle zone.<br />

Giacomo Bove (1852-1887), morto suicida a Verona, quasi- potremmo <strong>di</strong>re- sotto gli occhi<br />

costernati <strong>di</strong> Salgari che era allora giornalista, si era congedato come guar<strong>di</strong>amarina<br />

dall’Accademia Navale <strong>di</strong> Genova. Promosso sottotenente, fece un viaggio al Borneo sulla<br />

corvetta «Governolo» al comando <strong>di</strong> Enrico Accini, allo scopo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are la costa<br />

settentrionale dell’isola: quin<strong>di</strong>ci mesi <strong>di</strong> vita ricca <strong>di</strong> emozioni e fatiche. Giovanni Battista<br />

Cerruti (1850-1914), imbarcatosi giovanissimo come mozzo, al suo terzo viaggio arrivò al<br />

Borneo e conobbe da vicino i luoghi delle sue future imprese e <strong>della</strong> sua morte. Ricor<strong>di</strong>amo<br />

ancora i viaggi al Borneo dei fiorentini Odoardo Beccari (1843-1920) ed Elio Mo<strong>di</strong>gliani<br />

(1860-1932) o del ligure Giacomo Doria (1840-1913). Come costoro, anche Salgari, sia<br />

pure viaggiando solo con la fantasia, aveva scelto una precisa rotta <strong>di</strong> navigazione 45 .<br />

Per non parlare delle vicende <strong>di</strong> James Brooke e dei pirati malesi o <strong>di</strong><br />

quelle dei garibal<strong>di</strong>ni finiti in quelle zone: tutta «realtà romanzesca» che fu<br />

nettare per <strong>il</strong> palato <strong>di</strong> Salgari.<br />

Insomma, anche <strong>il</strong> suo conclamato e innegab<strong>il</strong>e eurocentrismo potrebbe<br />

avere motivazioni e perciò attenuanti ben precise.<br />

Perché, alla fine dei conti, non pare giusto responsab<strong>il</strong>izzare più <strong>di</strong> tanto<br />

un onesto auto<strong>di</strong>datta ottocentesco, un entusiasta ragioniere dell’avventura,<br />

più che mai portavoce dell’immaginario collettivo dell’epoca, che ha in ogni<br />

caso seminato valori e ideali del buon tempo antico.<br />

184


L´Africa <strong>di</strong> Em<strong>il</strong>io Salgari<br />

Note al testo<br />

1 Epistolario <strong>di</strong> Giuseppe Garibal<strong>di</strong> con documenti e lettere ine<strong>di</strong>te (1836-1882), I, A. Brigola,<br />

M<strong>il</strong>ano 1885, p.204.<br />

2 E. SALGARI, La Tigre <strong>della</strong> Malesia, Viglongo, Torino 1991, p. 54.<br />

3 J. WHITE MARIO, Vita <strong>di</strong> Garibal<strong>di</strong>, Ed. Stu<strong>di</strong>o Tesi, Pordenone 1976, p. 45. È la<br />

riproduzione integrale dell’e<strong>di</strong>zione Treves del 1882.<br />

4 E. SALGARI, I Pirati <strong>della</strong> Malesia, Donath, Genova 1897, pp. 15.<br />

5 J. WHITE MARIO, Vita <strong>di</strong> Garibal<strong>di</strong> cit., p. 67.<br />

6 F. POZZO, «Avevano sete <strong>di</strong> sangue...». Salgari e Garibal<strong>di</strong>, in «Stu<strong>di</strong> Piemontesi», XXIV, 2,<br />

1995, pp. 355-358.<br />

7 Cfr. Prefazione a F. POZZO, Un viaggiatore in braghe <strong>di</strong> tela. La vita avventurosa <strong>di</strong> Augusto<br />

Franzoj, CDA Vivalda, Torino 2003.<br />

8 Cit. in F. SURDICH, Esplorazioni geografiche e sv<strong>il</strong>uppo del colonialismo nell’età <strong>della</strong> rivoluzione<br />

industriale, 1, La Nuova Italia, Firenze 1980, p. 130.<br />

9 Cfr. E. SALGARI (Ammiragliador), A Tripoli! Il Mah<strong>di</strong>, Gordon e gli italiani ad Assab nelle<br />

«corrispondenze» per la Nuova Arena, a cura <strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>o Gallo con prefazione <strong>di</strong> Felice Pozzo,<br />

Perosini, Zevio 1994.<br />

10 Ivi, p. 106.<br />

11 Ivi, pp. 112-114.<br />

12 Ivi, pp. 114-116.<br />

13 Ivi, p. 118.<br />

14 Ivi, p. 119.<br />

15 Ivi, p. 125.<br />

16 Ivi, p. 131.<br />

17 S. GONZATO, Introduzione a E. SALGARI, Al Polo Australe in velocipede, a cura <strong>di</strong> V. Sarti,<br />

Oscar Mondadori, M<strong>il</strong>ano 2002.<br />

18 S. GONZATO, Introduzione a E. SALGARI, La Costa d’Avorio, a cura <strong>di</strong> V. Sarti, Oscar<br />

Mondadori, M<strong>il</strong>ano 2003.<br />

19 E. SALGARI, I Pescatori <strong>di</strong> Trepang, Cogliati, M<strong>il</strong>ano 1896, p. 145.<br />

185


Felice Pozzo<br />

20 A Gordon, Salgari de<strong>di</strong>cherà <strong>il</strong> racconto agiografico L’eroe <strong>di</strong> Karthum, usando lo pseudonimo<br />

Cap. Guido Altieri.<br />

21 F. POZZO, Il piccolo ammiraglio <strong>della</strong> «Nuova Arena», in E. SALGARI (Ammiragliador), A<br />

Tripoli! cit., pp. VII-XVIII.<br />

22 In 28 puntate sulla «Nuova Arena» dal 15 settembre al 12 ottobre 1883. Con importanti<br />

mo<strong>di</strong>fiche <strong>di</strong>venterà La Rosa del Dong Giang nel 1897.<br />

23 Già apparso in 124 puntate sulla «Nuova Arena» dal 31 marzo al 7 agosto 1884, poi sulla<br />

«Gazzetta dell’Em<strong>il</strong>ia» <strong>di</strong> Bologna in 145 puntate dal 24 apr<strong>il</strong>e al 26 settembre 1886.<br />

24 G. V. (G. VIGLONGO), Lo schiavo <strong>della</strong> Somalia, in E. SALGARI (Cap. Guido Altieri), I Racconti<br />

<strong>della</strong> Bibliotechina Aurea <strong>il</strong>lustrata, a cura <strong>di</strong> Mario Tropea, II, Viglongo, Torino 2001, p. 154.<br />

25 Romanzo già apparso a puntate nel 1905, con pseudonimo Oscar d’Aulio, sul «Giornale <strong>di</strong><br />

Viaggi e Avventure <strong>di</strong> Terra e <strong>di</strong> Mare» pubblicato a M<strong>il</strong>ano da Gussoni.<br />

26 La Favorita del Mah<strong>di</strong> (ve<strong>di</strong> nota n. 23).<br />

27 S. GONZATO, Introduzione a E. SALGARI, La Costa d’Avorio cit.<br />

28 Ho pubblicato la Bibliografia delle opere <strong>di</strong> Salgari de<strong>di</strong>cate all’Africa in Em<strong>il</strong>io Salgari e<br />

l’Africa, in L’Africa in Piemonte tra ’800 e ’900, a cura <strong>di</strong> Cec<strong>il</strong>ia Pennacini, Regione Piemonte,<br />

1999, pp. 115-116.<br />

29 Il volume, con prefazione <strong>di</strong> Mino M<strong>il</strong>ani, è b<strong>il</strong>ingue, per cui in copertina figura anche <strong>il</strong> titolo<br />

in inglese (The Land of Adventure. The Representation of Africa in Em<strong>il</strong>io Salgari).<br />

30 F. POZZO, Il sorriso <strong>di</strong> Seghira, la zattera <strong>della</strong> Medusa e la sete <strong>di</strong> re Bango, in E. SALGARI, I<br />

drammi <strong>della</strong> schiavitù, Viglongo, Torino 1992, pp. XIX-XXXII.<br />

31 Cfr, Em<strong>il</strong>io Salgari e l’Africa, cit.<br />

32 In una nota al testo citato ho r<strong>il</strong>evato, evidenziando i casi, come Salgari, nel romanzo <strong>di</strong> cui<br />

trattasi, si fosse <strong>di</strong>menticato più volte <strong>di</strong> essere...nel Duem<strong>il</strong>a e che pertanto <strong>il</strong> «secolo scorso»<br />

va inteso come «due secoli or sono».<br />

33 E. GIRIBALDI, Viaggi e scoperte polari dalla loro origine sino ai giorni nostri, Tip. Ed. G.<br />

Candelotti, Torino 1882, p. 45.<br />

34 ANONIMO, Racconti dei Mari Polari, Tip. Clau<strong>di</strong>ana, Firenze 1873, p. 17.<br />

35 F. POZZO, Tanto valeva che non si fossero risvegliati dal loro sonno secolare, in E. SALGARI, Le<br />

meraviglie del Duem<strong>il</strong>a, Viglongo, Torino 1995, pp. XXXIX- XLI.<br />

36 F. POZZO, Note sulla questione in<strong>di</strong>ana nella vecchia letteratura avventurosa, in «LG<br />

Argomenti», Genova, 4, 1983, pp. 26-28.<br />

186


L´Africa <strong>di</strong> Em<strong>il</strong>io Salgari<br />

37 Cfr. L’anomalo Far West <strong>di</strong> Salgari, in «Salgariana in ricordo <strong>di</strong> Giuseppe Turcato», Biblioteca<br />

Civica <strong>di</strong> Verona, 1998 e <strong>il</strong> capitolo 13 intitolato Un gran <strong>di</strong>avolo rosso in F. POZZO, Em<strong>il</strong>io<br />

Salgari e <strong>di</strong>ntorni, Liguori, Napoli 2000, pp. 145-154.<br />

38 B. TRAVERSETTI, Introduzione a Salgari, Laterza, Bari 1989, p. 41.<br />

39 Ivi, p. 45.<br />

40 V. ASIOLI, L’impero <strong>di</strong> carta. Il colonialismo italiano <strong>di</strong> età liberale nell’e<strong>di</strong>toria per ragazzi<br />

(prima parte), in «Stu<strong>di</strong> piacentini», 35, 2004, p. 68.<br />

41 C. BIANCHETTI, L’antischiavismo alla fine del secolo XIX, Tipografia Subalpina, Torino 1893,<br />

pp. 13, 14.<br />

42 Ivi, p. 293.<br />

43 Cfr., fra i tanti, La schiavitù Africana, supplemento <strong>il</strong>lustrato al «Corriere <strong>della</strong> Sera», febbraio<br />

1889.<br />

44 V. SALIERNO, L’In<strong>di</strong>a degli dei. Storia, civ<strong>il</strong>tà, cultura, Mursia, M<strong>il</strong>ano 1986, p. 151<br />

45 F. POZZO, Em<strong>il</strong>io Salgari, la geografia e le esplorazioni, in «Bollettino <strong>della</strong> Società Geografica<br />

Italiana», Serie XII, vol. V, fasc. 1-2, Roma 2000, p. 229.<br />

187


Gli ebrei <strong>della</strong> Libia, <strong>il</strong> nazionalismo arabo e la questione palestinese<br />

Gli ebrei <strong>della</strong> Libia,<br />

<strong>il</strong> nazionalismo arabo e la questione palestinese.<br />

Note dai documenti del Political Intelligence Service britannico<br />

(1945-1949)<br />

<strong>di</strong> Federico Cresti<br />

I documenti del Public Record Office<br />

Presso <strong>il</strong> Public Record Office <strong>di</strong> Londra (Kew Gardens) sono conservate<br />

alcune serie <strong>di</strong> documenti relativi alla storia delle vicende sociali e politiche<br />

<strong>della</strong> Tripolitania tra <strong>il</strong> 1946 e <strong>il</strong> 1949: essi riguardano in particolare gli inizi<br />

e gli sv<strong>il</strong>uppi dell’attività dei partiti politici in un momento in cui <strong>il</strong> paese si<br />

avviava verso l’in<strong>di</strong>pendenza nel quadro delle trattative internazionali che<br />

avevano seguito la fine <strong>della</strong> seconda guerra mon<strong>di</strong>ale.<br />

Il nucleo principale dei documenti a cui ci riferiamo è costituito dalla<br />

serie del «Monthly Political Intelligence Report – Tripolitania», bollettino<br />

mens<strong>il</strong>e del servizio <strong>di</strong> informazioni politiche <strong>della</strong> Tripolitania, che inizia<br />

ad essere redatto nel <strong>di</strong>cembre del 1945 e che giunge nel marzo del 1949 al<br />

suo trentanovesimo numero. La raccolta, conservata nelle serie del War<br />

Office [WO], è incompleta: mancano i documenti del periodo che va dal<br />

<strong>di</strong>cembre del 1945 al gennaio del 1947, dei quali sono stati tuttavia trovati<br />

alcuni estratti 1 . Per i due anni successivi, al contrario, la raccolta è completa:<br />

in una serie <strong>di</strong>versa da quella che contiene gli estratti appena citati sono<br />

conservati tutti i numeri che vanno dal quin<strong>di</strong>cesimo (febbraio 1947) al<br />

trentanovesimo (febbraio 1949) 2 . Per <strong>il</strong> periodo relativo all’ultimo anno<br />

dell’amministrazione britannica <strong>della</strong> Tripolitania <strong>il</strong> «Monthly Political<br />

Intelligence Report»è conservato in una serie del Foreign Office 3 che non è<br />

stata stu<strong>di</strong>ata.<br />

La parte più corposa <strong>della</strong> raccolta risulta provenire dall’ufficio degli<br />

Affari civ<strong>il</strong>i dell’amministrazione m<strong>il</strong>itare britannica dei Territori africani 4 .<br />

Ricor<strong>di</strong>amo che nella struttura organizzativa dell’amministrazione<br />

m<strong>il</strong>itare britannica, che si era formata a partire dall’occupazione dei territori<br />

nemici nel corso <strong>della</strong> seconda guerra mon<strong>di</strong>ale, gli affari civ<strong>il</strong>i erano posti<br />

sotto la responsab<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> un funzionario m<strong>il</strong>itare, con <strong>il</strong> grado <strong>di</strong> generale <strong>di</strong><br />

brigata, <strong>di</strong>rettamente <strong>di</strong>pendente in via gerarchica dal comandante in capo<br />

189


Federico Cresti<br />

delle forze armate britanniche del Me<strong>di</strong>o Oriente. La <strong>di</strong>rezione degli affari<br />

civ<strong>il</strong>i del Cairo (Civ<strong>il</strong> Affairs Branch, CAB) era sud<strong>di</strong>visa in quattro uffici che<br />

facevano riferimento ai territori italiani dell’Eritrea, <strong>della</strong> Cirenaica, <strong>della</strong><br />

Tripolitania e del Dodecanneso 5 . A partire dal 1943 i funzionari del governo<br />

m<strong>il</strong>itare (ufficiali <strong>della</strong> riserva e interpreti civ<strong>il</strong>i che nei mesi precedenti erano<br />

stati riuniti a Maa<strong>di</strong>, in Egitto, sotto <strong>il</strong> comando del generale <strong>di</strong> brigata Lush<br />

per organizzare <strong>il</strong> lavoro) si inse<strong>di</strong>arono nei loro uffici sul territorio<br />

tripolitano. La Tripolitania era stata <strong>di</strong>visa in sei <strong>di</strong>partimenti, con se<strong>di</strong><br />

centrali nei capoluoghi <strong>di</strong> Tripoli, Zuara, Garian, Homs, Misurata ed Hon.<br />

La scala gerarchica dell’amministrazione degli Affari civ<strong>il</strong>i vedeva alla<br />

sommità un ufficiale comandante (Chief Civ<strong>il</strong> Affairs Officer, CCAO), con<br />

un aggiunto (Deputy Chief Civ<strong>il</strong> Affair Officer, DCCAO), residenti al Cairo.<br />

Alle <strong>di</strong>pendenze del Chief Administrator e al comando <strong>di</strong> ciascuno degli<br />

uffici <strong>di</strong>partimentali del territorio si trovava un ufficiale superiore (Senior<br />

Civ<strong>il</strong> Affairs Officer, SCAO) che aveva alle sue <strong>di</strong>pendenze uno o più ufficiali<br />

per gli Affari civ<strong>il</strong>i (Civ<strong>il</strong> Affairs Officer, CAO). Con <strong>il</strong> passare degli anni la<br />

struttura gerarchica subì qualche variazione e funzionari civ<strong>il</strong>i libici<br />

sostituirono i m<strong>il</strong>itari inglesi in alcuni degli uffici periferici.<br />

Tra le altre attività del Political Intelligence Service in ciascuno dei territori<br />

occupati era la redazione <strong>di</strong> un bollettino perio<strong>di</strong>co: quello del servizio <strong>di</strong><br />

informazioni politiche <strong>della</strong> Tripolitania è costituito da numeri mens<strong>il</strong>i<br />

datt<strong>il</strong>oscritti destinati ad una circolazione ristretta e <strong>di</strong> carattere segreto<br />

redatti dagli agenti britannici e raccolti dall’ufficio <strong>di</strong> collegamento per gli<br />

Affari civ<strong>il</strong>i 6 del quartier generale dell’amministrazione m<strong>il</strong>itare britannica.<br />

Ciascun numero del bollettino è composto da una serie <strong>di</strong> paragrafi, con un<br />

numero progressivo e un titolo, con notizie relative soprattutto ai principali<br />

avvenimenti <strong>di</strong> carattere politico, ma a volte anche <strong>di</strong> interesse generale: ad<br />

esempio, vi si incontrano informazioni su eventi climatici <strong>di</strong> carattere<br />

eccezionale e sulla situazione economica del territorio, in particolare per<br />

quanto riguarda l’agricoltura. Spesso <strong>il</strong> bollettino è accompagnato da uno o<br />

più documenti allegati (copie <strong>di</strong> lettere o documenti particolarmente<br />

importanti, traduzioni inglesi <strong>di</strong> documenti in lingua araba, testi <strong>di</strong> articoli<br />

<strong>di</strong> giornali...).<br />

Le informazioni contenute nei bollettini sono <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa provenienza ed<br />

in generale la loro fonte non è rivelata. Per la maggior parte sono <strong>il</strong> frutto<br />

dell’attività segreta <strong>di</strong> spionaggio e controllo <strong>della</strong> popolazione civ<strong>il</strong>e<br />

organizzata dall’amministrazione britannica attraverso agenti stipen<strong>di</strong>ati o<br />

collaboratori <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso genere reclutati tra la popolazione locale, che non<br />

190


Gli ebrei <strong>della</strong> Libia, <strong>il</strong> nazionalismo arabo e la questione palestinese<br />

vengono mai citati per nome e a cui spesso è fatto riferimento come<br />

«informatori». Molte delle notizie del bollettino riguardano l’attività<br />

corrente o riservata dell’ufficio degli Affari civ<strong>il</strong>i <strong>della</strong> Tripolitania, che aveva<br />

tra i suoi compiti anche quello <strong>di</strong> gestire i rapporti con gli esponenti politici<br />

delle comunità del territorio amministrato. Appaiono spora<strong>di</strong>camente<br />

notizie provenienti dall’ufficio <strong>della</strong> censura civ<strong>il</strong>e, che in Tripolitania<br />

rimase in vigore fino al 15 <strong>di</strong>cembre 1947 7 : in particolare la censura postale<br />

è all’origine <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> analisi sulla situazione <strong>della</strong> comunità italiana, che<br />

appare essere posta sotto speciale controllo, e <strong>di</strong> informazioni <strong>di</strong> carattere<br />

personale e politico sui suoi principali esponenti. Inoltre, venivano<br />

convogliati verso l’ufficio <strong>di</strong> collegamento per gli affari civ<strong>il</strong>i, selezionati ed<br />

in alcuni casi inseriti nel bollettino documenti ed informazioni provenienti<br />

dalla <strong>di</strong>rezione <strong>della</strong> polizia e dai <strong>di</strong>versi uffici dell’amministrazione m<strong>il</strong>itare<br />

per la gestione degli affari civ<strong>il</strong>i, in particolare dall’ufficio per la stampa e<br />

l’informazione pubblica.<br />

Quasi tutti i documenti allegati ai bollettini sono in lingua inglese; in<br />

pochi casi si incontrano testi in francese, mentre non ne appaiono in arabo.<br />

Nessuno dei documenti presenta problemi particolari <strong>di</strong> lettura o <strong>di</strong><br />

interpretazione, se non per alcuni casi <strong>di</strong> nomi <strong>di</strong> persona: in molti casi i<br />

nomi non inglesi sono storpiati, e per i nomi arabi si incontrano trascrizioni<br />

<strong>di</strong>verse, in forme variab<strong>il</strong>i e senza regole precise. Laddove non sia attestata<br />

una trascrizione dei nomi arabi più coerente con le norme scientifiche è stata<br />

conservata nel testo la trascrizione usata nei documenti 8 .<br />

Da un’analisi complessiva dei documenti, attualmente in corso, traiamo<br />

in questa occasione l’analisi dei documenti che si riferiscono alla comunità<br />

ebraica.<br />

La comunità ebraica <strong>della</strong> Tripolitania nella Libia del dopoguerra<br />

Alla fine del 1947 la comunità ebraica <strong>della</strong> Libia entrava, volente o<br />

nolente, nel gioco politico che si stava svolgendo nei centri nevralgici <strong>della</strong><br />

<strong>di</strong>plomazia del dopoguerra per decidere le sorti future del paese nel quadro<br />

delle trattative sul destino degli ex territori coloniali italiani.<br />

Dopo la firma dei trattati <strong>di</strong> pace una lunga serie <strong>di</strong> incontri ai livelli più<br />

alti tra i rappresentanti dei governi delle nazioni vincitrici aveva messo in<br />

evidenza volontà contrastanti e impossib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> accordo: <strong>il</strong> consiglio dei<br />

ministri degli Esteri delle Quattro potenze aveva deciso alla fine del 1947 <strong>di</strong><br />

191


Federico Cresti<br />

inviare una commissione <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o nei territori coloniali italiani con<br />

l’incarico <strong>di</strong> st<strong>il</strong>are un rapporto che fac<strong>il</strong>itasse <strong>il</strong> raggiungimento <strong>di</strong> un<br />

accordo: nel rapporto doveva essere <strong>il</strong>lustrata con chiarezza la situazione<br />

sociale e politica dei <strong>di</strong>versi territori e soprattutto dovevano essere rese<br />

manifeste l’opinione e la volontà delle popolazioni che li abitavano sul loro<br />

futuro.<br />

Nell’attesa dell’arrivo dei membri <strong>della</strong> commissione in Tripolitania i<br />

partiti politici nazionalisti avevano iniziato le manovre per affermare i loro<br />

obiettivi: in particolare avevano deciso <strong>di</strong> riunire un’assemblea <strong>di</strong><br />

rappresentanti per elaborare una piattaforma unitaria <strong>di</strong> riven<strong>di</strong>cazioni da<br />

presentare alla commissione. Anche le minoranze (in particolare, nella<br />

situazione libica, la comunità ebraica ed i coloni italiani) avrebbero avuto <strong>il</strong><br />

<strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> formulare le loro richieste e <strong>di</strong> manifestare i loro progetti sul<br />

destino politico del paese: da qui le pressioni nei loro confronti, che avevano<br />

lo scopo <strong>di</strong> far loro manifestare opinioni che influenzassero nel modo voluto<br />

<strong>il</strong> giu<strong>di</strong>zio finale <strong>della</strong> commissione.<br />

Intorno alla metà del mese <strong>di</strong> novembre giunse a Tripoli la notizia che <strong>il</strong><br />

presidente dell’Unione delle comunità israelitiche italiane, Raffaele<br />

Cantoni, proclamandosi portavoce dei 30.000 ebrei <strong>di</strong> Libia 9 aveva inviato<br />

un messaggio telegrafico al consiglio dei ministri degli Esteri a Londra in cui<br />

si affermava che essi erano favorevoli al ritorno <strong>di</strong> un governo italiano. La<br />

comunità ebraica <strong>di</strong> Tripoli aveva accolto con grande allarme questa<br />

<strong>di</strong>chiarazione ed aveva imme<strong>di</strong>atamente reagito inviando in Italia una<br />

richiesta <strong>di</strong> smentita: nel telegramma si affermava che gli ebrei <strong>di</strong> Libia non<br />

avevano mai espresso <strong>il</strong> desiderio <strong>di</strong> un mandato italiano sulla sua antica<br />

colonia, ma che al contrario e da lungo tempo essi avevano aderito e<br />

continuavano ad aderire alle aspirazioni <strong>di</strong> in<strong>di</strong>pendenza del paese 10 . Non<br />

avendo ricevuto nessuna risposta dall’Italia, dopo aver fatto pubblicare sulla<br />

stampa <strong>di</strong> Tripoli una smentita delle <strong>di</strong>chiarazioni del presidente delle<br />

comunità israelitiche italiane, i rappresentanti dell’ebraismo tripolitano<br />

avevano scritto anch’essi a Londra negando che Cantoni fosse portavoce<br />

<strong>della</strong> loro opinione e ribadendo l’appoggio alla prospettiva<br />

dell’in<strong>di</strong>pendenza libica.<br />

La vicenda ebbe un seguito anche sulla stampa italiana. In un articolo<br />

pubblicato dal quoti<strong>di</strong>ano «Momento» del 12 novembre Fausto Cohen<br />

spiegava che gli ebrei <strong>della</strong> Libia erano obbligati ad appoggiare la prospettiva<br />

dell’in<strong>di</strong>pendenza per paura <strong>di</strong> rappresaglie. Non si doveva pensare,<br />

argomentava l’autore, ad un doppio gioco degli ebrei, che in Italia<br />

192


Gli ebrei <strong>della</strong> Libia, <strong>il</strong> nazionalismo arabo e la questione palestinese<br />

mostravano <strong>di</strong> essere favorevoli alla prospettiva <strong>di</strong> un mandato italiano e<br />

contrari alla volontà degli arabi e in Libia favorevoli all’in<strong>di</strong>pendenza e<br />

contrari al mandato italiano, dal momento che «i programmi sono una cosa<br />

ed i pogrom un’altra» 11 .<br />

La situazione <strong>della</strong> comunità ebraica nell’atmosfera politica <strong>di</strong> quegli<br />

anni non era delle più confortevoli. Anche i servizi <strong>di</strong> informazione<br />

britannici giu<strong>di</strong>cavano che gli ebrei avrebbero accolto favorevolmente <strong>il</strong><br />

ristab<strong>il</strong>imento del potere italiano sul paese, ma non potevano permettersi <strong>di</strong><br />

affermarlo apertamente senza correre gravi rischi 12 : al contrario, dovevano<br />

mostrare in tutti i mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> essere favorevoli all’in<strong>di</strong>pendenza per paura <strong>di</strong><br />

rappresaglie da parte dei nazionalisti.<br />

È opportuno ricordare che dopo la fine <strong>della</strong> guerra lo stato <strong>di</strong> tensione<br />

tra la comunità ebraica e la popolazione araba aveva visto episo<strong>di</strong> <strong>di</strong> sangue<br />

estremamente gravi. Nel novembre del 1945 c’era stato un vero e proprio<br />

massacro che aveva toccato, oltre Tripoli, le comunità <strong>di</strong> Zanzur, Tagiura,<br />

Zuara e Cussabat: si erano contati centotrenta morti 13 , con sinagoghe<br />

<strong>di</strong>strutte e case saccheggiate. A Cussabat donne e ragazze furono violentate<br />

e molti ebrei furono costretti ad abbracciare l’islàm per aver salva la vita.<br />

Oltre ai morti ed ai feriti, le <strong>di</strong>struzioni ridussero in miseria alcune migliaia<br />

<strong>di</strong> persone e almeno 1.400 ebrei persero le loro abitazioni. L’inchiesta<br />

successiva aveva verificato la poca affidab<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> alcuni elementi <strong>della</strong> polizia<br />

libica, che aveva reso necessario l’intervento delle truppe britanniche per<br />

ristab<strong>il</strong>ire l’or<strong>di</strong>ne: erano state arrestate 864 persone e qualche tempo dopo<br />

due arabi erano stati condannati a morte dal tribunale <strong>di</strong> Tripoli e<br />

giustiziati 14 .<br />

Le ragioni invocate dagli storici per spiegare questi episo<strong>di</strong> atroci<br />

mettono in evidenza la responsab<strong>il</strong>ità del nazionalismo arabo, sottolineando<br />

quelle «dei red fez, [...] nazionalisti egiziani, siriani, palestinesi giunti in Libia<br />

al seguito dell’esercito inglese» 15 , <strong>della</strong> loro propaganda panaraba e<br />

dell’agitazione politica clandestina animata dalla loro presenza, da mettere<br />

anche in relazione con gli avvenimenti palestinesi e con una tra<strong>di</strong>zionale<br />

tensione intercomunitaria ebraico-musulmana risorta con la guerra e la fine<br />

del governo coloniale. Una parte non minore <strong>di</strong> responsab<strong>il</strong>ità è attribuita<br />

ai nazionalisti e ai notab<strong>il</strong>i arabi libici, nonché «all’in<strong>di</strong>fferenza e<br />

all’inefficienza <strong>della</strong> BMA» 16 : l’amministrazione britannica aveva senza<br />

dubbio gravissime responsab<strong>il</strong>ità per non aver saputo arrestare rapidamente<br />

l’ecci<strong>di</strong>o 17 , ma tra le ragioni che lo avevano generato tendeva a sottolineare<br />

quelle che avevano più profonde ra<strong>di</strong>ci nella vicenda socioeconomica degli<br />

193


Federico Cresti<br />

anni <strong>della</strong> guerra, riducendo <strong>il</strong> peso delle ragioni politiche circostanziali. Il<br />

generale Blackley, capo dell’amministrazione m<strong>il</strong>itare <strong>della</strong> Tripolitania,<br />

all’epoca <strong>della</strong> visita a Tripoli <strong>della</strong> commissione d’inchiesta delle quattro<br />

potenze, ad una domanda sullo stato dei rapporti tra musulmani ed ebrei<br />

fece un riferimento esplicito a questa vicenda. Rispondendo al capo <strong>della</strong><br />

delegazione statunitense Utter, Blackley affermò:<br />

The anti-jewish riots of November, 1945, were produced, or if not produced, they were<br />

intensified by the fact that the Jews had been acquiring property, movable property, from<br />

the Arabs which owing to various economic circumstances they tended to sell. There was<br />

a certain jealousy on that account among the Arabs. Today with con<strong>di</strong>tions of hardship<br />

existing as they do, there has again been a tendency for Arabs who are out of work to sell<br />

off their belongings and those belongings normally find their way into the hands of the<br />

Jews which in turn means if we got any <strong>di</strong>sturbances of political nature, there would be<br />

a tendency to loot Jewish shops and establishments. I can say at once that the situation<br />

in Palestine has had relatively little repercussion here 18 .<br />

Dopo i massacri l’amministrazione britannica aveva promosso la<br />

formazione <strong>di</strong> un Comitato arabo-ebraico per la collaborazione e la<br />

ricostruzione, presieduto dal qa<strong>di</strong> al-qudat Mahmud Burchis e dall’ex<br />

presidente <strong>della</strong> comunità israelitica Halfalla Nahum, che aveva operato per<br />

pacificare gli animi 19 .<br />

In seguito al ritorno <strong>della</strong> libertà <strong>di</strong> associazione gli ebrei parteciparono al<br />

<strong>di</strong>battito politico ed alcuni membri <strong>della</strong> comunità assunsero posizioni<br />

apertamente favorevoli all’in<strong>di</strong>pendenza <strong>della</strong> Libia. Peraltro anche all’interno<br />

<strong>della</strong> comunità ebraica si manifestavano posizioni <strong>di</strong>verse, risultato, a quanto<br />

è dato <strong>di</strong> comprendere dai documenti del servizio <strong>di</strong> informazioni, <strong>di</strong> rivalità<br />

personali più che <strong>di</strong> opposizioni ideologiche. Ad esempio <strong>il</strong> presidente <strong>della</strong><br />

comunità israelitica <strong>di</strong> Tripoli Zacchino Habib aveva aderito fin dalla sua<br />

fondazione, avvenuta nel maggio del 1946, al Fronte nazionalista unito (aljabha<br />

al-wataniya al-muttahida) 20 , <strong>di</strong>venendo uno dei membri del suo<br />

comitato esecutivo: i suoi oppositori all’interno <strong>della</strong> comunità avevano allora<br />

dato <strong>il</strong> loro appoggio ad un altro raggruppamento politico, <strong>il</strong> Blocco<br />

nazionalista libero (al-kutla al-wataniya al-hurra) 21 , come si r<strong>il</strong>eva da una nota<br />

del bollettino secondo la quale questo partito 22<br />

ha ottenuto un appoggio considerevole dagli ebrei. La maggior parte dei fon<strong>di</strong> a<br />

<strong>di</strong>sposizione del partito sembrano essere stati sottoscritti dagli ebrei che si oppongono<br />

a Zacchino Habib, un membro importante del Fronte nazionalista unito 23 .<br />

194


Gli ebrei <strong>della</strong> Libia, <strong>il</strong> nazionalismo arabo e la questione palestinese<br />

Dopo gli ecci<strong>di</strong> del novembre 1945 non si erano più contati episo<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

violenza collettiva, ma risse tra giovani e litigi avevano rivelato una tensione<br />

nascosta che continuava ad avvelenare i rapporti tra la comunità ebraica e<br />

quella musulmana. Un fatto più grave era avvenuto nella notte del 2 marzo<br />

del 1947 quando <strong>il</strong> cadavere <strong>di</strong> un arabo assassinato, <strong>di</strong> nome Salem Ben<br />

Lamin, era stato trovato nel quartiere ebraico: imme<strong>di</strong>atamente era stata<br />

temuta una ritorsione collettiva e l’inizio <strong>di</strong> un nuovo massacro. Il giorno<br />

successivo <strong>il</strong> suo funerale era stato seguito da seim<strong>il</strong>a persone e le due<br />

comunità erano in grande agitazione. I rappresentanti dei principali partiti<br />

avevano fatto pubblicare sui giornali appelli alla calma: questo intervento,<br />

che aveva avuto l’effetto <strong>di</strong> evitare un nuovo episo<strong>di</strong>o <strong>di</strong> violenza collettiva,<br />

era motivato, secondo <strong>il</strong> servizio <strong>di</strong> informazioni britannico, dalla volontà <strong>di</strong><br />

non compromettere la libertà politica che i partiti desideravano conservare,<br />

ma che in definitiva <strong>di</strong>pendeva dal buon volere dell’autorità britannica che<br />

con un pretesto avrebbe potuto sospenderla. Inoltre, qualsiasi episo<strong>di</strong>o <strong>di</strong><br />

intolleranza religiosa da parte <strong>della</strong> maggioranza araba avrebbe costituito<br />

un’arma nelle mani <strong>di</strong> quanti si opponevano alle richieste <strong>di</strong> autonomia e <strong>di</strong><br />

in<strong>di</strong>pendenza perché sarebbe stato interpretato come una prova<br />

dell’immaturità del paese e dell’incapacità <strong>della</strong> sua classe <strong>di</strong>rigente a<br />

governarlo.<br />

In quell’occasione molte famiglie <strong>della</strong> hâra <strong>di</strong> Tripoli che abitavano<br />

nelle zone più vicine ai quartieri musulmani avevano lasciato le loro case per<br />

rifugiarsi in luoghi meno esposti, e la presenza m<strong>il</strong>itare intorno al quartiere<br />

ebraico per controllare eventuali incidenti era stata fortemente aumentata.<br />

Per parare la minaccia, da parte degli ebrei era stata <strong>di</strong>ffusa la voce che la<br />

responsab<strong>il</strong>ità dell’assassinio fosse da attribuire ad una manovra dell’autorità<br />

britannica che voleva in questo modo creare uno stato <strong>di</strong> tensione tra le<br />

comunità religiose ed interrompere «the broterly attitude of Jews and Arabs<br />

in Tripolitania» 24 , ma qualche giorno dopo due ebrei erano stati<br />

imprigionati come responsab<strong>il</strong>i dell’omici<strong>di</strong>o. In occasione dell’arresto <strong>il</strong><br />

presidente del Blocco nazionalista libero, Ali Fiki Hassan, aveva inviato<br />

all’amministrazione britannica una lettera in cui domandava che fosse<br />

applicata nei confronti dei due ebrei accusati la regola biblica, occhio per<br />

occhio e dente per dente: commentando la richiesta <strong>il</strong> funzionario<br />

britannico che l’aveva ricevuta faceva notare come <strong>il</strong> presidente <strong>della</strong> Kutla<br />

avesse, con poca logica ma con molto opportunismo, <strong>di</strong>menticato gli episo<strong>di</strong><br />

del novembre del 1945, quando, se gli articoli <strong>della</strong> legge mosaica fossero<br />

stati applicati, sarebbe stato necessario condannare a morte 130 arabi 25 .<br />

195


Federico Cresti<br />

L’attenzione generale era stata <strong>di</strong>stolta da questi avvenimenti quando <strong>il</strong><br />

5 marzo 1947 un comunicato <strong>della</strong> stampa ripreso dai giornali <strong>di</strong> Tripoli<br />

aveva reso nota una <strong>di</strong>chiarazione secondo la quale gli Stati Uniti si erano<br />

detti favorevoli - aderendo in parte alla posizione <strong>della</strong> Francia - alla<br />

concessione <strong>di</strong> un mandato all’Italia su alcuni dei suoi ex territori coloniali;<br />

avevano inoltre riconosciuto l’opportunità <strong>di</strong> far partecipare un<br />

rappresentante italiano alle successive conferenze in cui si doveva <strong>di</strong>scutere<br />

<strong>della</strong> sorte dei territori italiani in Africa. La notizia aveva suscitato molte<br />

proteste, in particolare da parte <strong>della</strong> Kutla, e l’animosità verso gli ebrei si era<br />

attenuata per rivolgersi contro la comunità italiana.<br />

Il periodo <strong>di</strong> pace per la comunità ebraica durò qualche mese, ma la<br />

situazione tornò ad essere molto tesa quando l’Assemblea generale delle<br />

Nazioni Unite votò <strong>il</strong> piano <strong>di</strong> spartizione <strong>della</strong> Palestina, <strong>il</strong> 29 novembre<br />

1947 26 .<br />

La questione palestinese, come era ovvio, coinvolgeva gli ebrei <strong>della</strong><br />

Tripolitania, che avevano collegamenti ufficiali o clandestini con le<br />

organizzazioni sioniste. La stampa era tenuta sotto stretto controllo da parte<br />

delle autorità britanniche, che ad esempio avevano censurato tutte le<br />

pubblicazioni dell’Organizzazione sionista revisionista quando questa era<br />

stata messa fuor<strong>il</strong>egge 27 , tuttavia la propaganda era rimasta attiva e attraverso<br />

canali clandestini giungevano a Tripoli pubblicazioni stampate in Tunisia<br />

e notiziari inviati dalle organizzazioni ebraiche degli Stati Uniti 28 .<br />

Era noto ai servizi <strong>di</strong> informazione britannici che molti giovani ebrei<br />

cercavano <strong>di</strong> raggiungere la Francia o l’Italia attraverso la Tunisia per poi<br />

emigrare verso la Palestina: per quanto l’emigrazione dalla Libia alla Tunisia<br />

fosse <strong>il</strong>legale, le informazioni giunte dall’ufficio <strong>della</strong> censura postale avevano<br />

permesso <strong>di</strong> sapere che alcuni giovani ebrei <strong>di</strong> Tripoli erano riusciti a passare<br />

la frontiera: dopo essere stati sottoposti ad una visita <strong>di</strong> selezione in una località<br />

sconosciuta erano stati inviati per un periodo <strong>di</strong> addestramento in un centro<br />

<strong>di</strong> formazione clandestino situato a duecentocinquanta ch<strong>il</strong>ometri da Tunisi.<br />

Da lì erano stati trasferiti a M<strong>il</strong>ano per poi partire per la Palestina. Il servizio<br />

<strong>di</strong> informazioni britannico non aveva potuto scoprire se l’organizzazione<br />

sionista avesse una sua base <strong>di</strong> partenza in Tripolitania e nel corso dell’estate<br />

del 1947 stava ancora indagando per accertarlo 29 .<br />

Le prime reazioni arabe alla spartizione <strong>della</strong> Palestina si ebbero <strong>il</strong> primo<br />

<strong>di</strong>cembre del 1947, quando sulle mura <strong>di</strong> Tripoli apparvero alcuni manifesti<br />

che chiamavano gli arabi a scioperare contro la decisione delle Nazioni<br />

Unite: una manifestazione <strong>di</strong> alcune decine <strong>di</strong> studenti fu sciolta dalla polizia<br />

196


Gli ebrei <strong>della</strong> Libia, <strong>il</strong> nazionalismo arabo e la questione palestinese<br />

senza incidenti gravi due giorni dopo. In quegli stessi giorni <strong>il</strong> Blocco<br />

nazionalista libero e <strong>il</strong> Partito dell’Unione tripolitano-egiziana (al-hizb alittihad<br />

al-tarabulsi al misri) 30 iniziarono ad arruolare volontari per la guerra:<br />

circa m<strong>il</strong>le giovani si iscrissero nelle liste, ma secondo gli agenti inglesi <strong>il</strong><br />

primo entusiasmo non durò a lungo e <strong>il</strong> reclutamento cessò poco tempo<br />

dopo. Così si legge in una nota del servizio <strong>di</strong> informazioni britannico del<br />

mese <strong>di</strong> <strong>di</strong>cembre 1947:<br />

gli unici tripolitani che hanno mostrato <strong>di</strong> voler combattere nell’Esercito arabo sono due<br />

studenti <strong>di</strong> Tripoli. Si sono allontanati da casa lasciando ai loro genitori un biglietto in<br />

cui <strong>di</strong>cevano <strong>di</strong> essere <strong>di</strong>retti in Palestina. I genitori informarono la polizia e i due giovani<br />

guerrieri furono presi a Misurata e tornarono dai loro arrabbiati genitori 31 .<br />

Dopo <strong>il</strong> voto delle Nazioni Unite i partiti politici presero <strong>di</strong>verse<br />

iniziative nei confronti <strong>della</strong> comunità ebraica. La Jabha convocò presso la<br />

sede del partito alcuni dei suoi rappresentanti per conoscere la loro posizione<br />

sul sionismo: come si è detto, uno dei principali <strong>di</strong>rigenti <strong>della</strong> comunità,<br />

Zacchino Habib, era membro del comitato <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezione del partito e<br />

l’incontro si svolse in un’atmosfera amichevole in cui gli ebrei presenti<br />

espressero <strong>il</strong> loro <strong>di</strong>saccordo unanime circa la decisione sulla spartizione<br />

<strong>della</strong> Palestina e riaffermarono <strong>il</strong> loro pieno appoggio alla causa<br />

dell’in<strong>di</strong>pendenza libica 32 . Il Partito del lavoratori (hizb al-ummal) 33 chiese<br />

ai rappresentanti <strong>della</strong> comunità ebraica <strong>di</strong> pronunciarsi ufficialmente sulla<br />

questione e la stampa <strong>di</strong> Tripoli <strong>di</strong>ede larga pubblicità ad un comunicato in<br />

proposito 34 . La più ra<strong>di</strong>cale Kutla assunse un atteggiamento intransigente:<br />

<strong>il</strong> 17 <strong>di</strong>cembre <strong>il</strong> suo presidente inviò una lettera minacciosa al Gran<br />

Rabbino e a Shalom Nahum, vicepresidente <strong>della</strong> comunità, <strong>il</strong> cui tono<br />

faceva presagire atti <strong>di</strong> rappresaglia contro gli ebrei <strong>di</strong> Tripoli. Un intervento<br />

energico del capo dell’amministrazione britannica Blackley, a cui gli ebrei si<br />

erano rivolti per far conoscere le minacce, costrinse Ali Fiki Hassan a recarsi<br />

negli uffici <strong>della</strong> comunità per fare atto <strong>di</strong> ammenda, e la questione non ebbe<br />

ulteriori sv<strong>il</strong>uppi: in effetti, anche se a quanto sembra durante la sua visita<br />

<strong>il</strong> capo <strong>della</strong> Kutla non espresse particolare contrizione per quanto aveva<br />

scritto, i notab<strong>il</strong>i <strong>della</strong> comunità ebraica chiesero alle autorità britanniche <strong>di</strong><br />

non andare più oltre nelle loro pressioni 35 .<br />

La proclamazione dello Stato <strong>di</strong> Israele nel panorama socio-politico libico<br />

Sullo sfondo delle vicende interne che assorbivano gran parte<br />

dell’attenzione dei partiti tripolitani nei primi mesi del 1948 la questione<br />

197


Federico Cresti<br />

palestinese appariva a sprazzi, come fattore <strong>di</strong> mob<strong>il</strong>itazione e <strong>di</strong> agitazione<br />

popolare: all’epoca <strong>della</strong> decisione delle Nazioni Unite sulla spartizione,<br />

come si è detto, alcuni partiti avevano iniziato a reclutare volontari per<br />

combattere <strong>il</strong> sionismo, ma apparentemente senza un grande successo. Il<br />

movimento aveva subito una brusca accelerazione dopo la proclamazione<br />

dello Stato <strong>di</strong> Israele, <strong>il</strong> 15 maggio del 1948, che a Tripoli aveva avuto tra le<br />

sue conseguenze l’arrivo <strong>di</strong> gruppi sempre più numerosi <strong>di</strong> volontari dei<br />

paesi maghrebini che entravano nel territorio libico per recarsi a combattere<br />

in oriente. Anche molti giovani libici avevano mostrato l’intenzione <strong>di</strong><br />

arruolarsi nell’Esercito <strong>di</strong> liberazione <strong>della</strong> Palestina. Sia i volontari dei paesi<br />

vicini, che malgrado <strong>il</strong> rafforzamento dei controlli francesi alla frontiera<br />

tunisina continuavano ad entrare in Libia, che i volontari libici avevano una<br />

destinazione comune: <strong>il</strong> campo <strong>di</strong> Marsa Matruh, in territorio egiziano, che<br />

era stato organizzato per accoglierli.<br />

A Tripoli si era costituito un Comitato <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa <strong>della</strong> Palestina, che, pur<br />

formato su una base non partitica, vedeva particolarmente attivi i m<strong>il</strong>itanti<br />

del Partito nazionalista (hizb al-watani) 36 : lo <strong>di</strong>rigeva <strong>il</strong> presidente del<br />

partito, Mustafa Mizran. Il comitato si occupava dell’organizzazione del<br />

viaggio dei volontari verso Marsa Matruh ed aveva assunto <strong>il</strong> compito<br />

(particolarmente gravoso dal punto <strong>di</strong> vista economico nella <strong>di</strong>sastrosa<br />

situazione <strong>della</strong> Libia <strong>di</strong> quegli anni) <strong>di</strong> assicurare la loro sussistenza a<br />

Tripoli. Le partenze da Tripoli verso l’Egitto per via <strong>di</strong> terra avvenivano in<br />

generale a piccoli gruppi: durante <strong>il</strong> mese <strong>di</strong> maggio erano partiti in tutto 420<br />

volontari tripolitani e 530 provenienti dal Marocco, dalla Tunisia e<br />

dall’Algeria 37 .<br />

Il campo <strong>di</strong> Marsa Matruh era stato visitato durante <strong>il</strong> mese <strong>di</strong> apr<strong>il</strong>e da<br />

Abdallah Abid al-Sanusi: insieme ad alcuni notab<strong>il</strong>i aveva accompagnato un<br />

gruppo <strong>di</strong> settanta volontari <strong>della</strong> Cirenaica bene equipaggiati, che venivano<br />

ad aggiungersi ai circa 400 maghrebini che già vi si trovavano. Molti dei<br />

volontari <strong>della</strong> Cirenaica erano ex soldati dell’esercito coloniale italiano o<br />

<strong>della</strong> Libyan Arab Force inglese che avevano combattuto nel corso <strong>della</strong><br />

guerra. L’emiro Idris si era congratulato per l’iniziativa ed aveva espresso <strong>il</strong><br />

suo augurio per la buona riuscita <strong>della</strong> spe<strong>di</strong>zione. Dietro le pressioni <strong>di</strong><br />

Abdallah, che aveva protestato con <strong>il</strong> segretario <strong>della</strong> Lega araba per la<br />

permanenza eccessivamente lunga dei volontari nel campo <strong>di</strong> Marsa<br />

Matruh, un corpo armato <strong>di</strong> 419 libici, che aveva preso <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> «Reparto<br />

Ahmad al-Sharif al-Sanusi» 38 , aveva lasciato <strong>il</strong> Cairo in <strong>di</strong>rezione <strong>della</strong><br />

Palestina <strong>il</strong> 24 apr<strong>il</strong>e 39 . Il mese successivo erano arrivati al Cairo 260 nuovi<br />

198


Gli ebrei <strong>della</strong> Libia, <strong>il</strong> nazionalismo arabo e la questione palestinese<br />

volontari libici che erano stati incamminati verso <strong>il</strong> fronte palestinese: altri<br />

500 erano allora in viaggio dalla Cirenaica verso Marsa Matruh, ma <strong>il</strong><br />

governo egiziano aveva chiesto <strong>di</strong> fermarli perché non sarebbe stato possib<strong>il</strong>e<br />

equipaggiare i nuovi arrivati per mancanza <strong>di</strong> armi.<br />

Alcune notizie del bollettino <strong>di</strong> informazione riportano incidenti e<br />

<strong>di</strong>saccor<strong>di</strong> sorti in Palestina tra volontari libici e tunisini da un lato e egiziani<br />

e orientali dall’altro: era stato necessario l’invio <strong>di</strong> un emissario <strong>della</strong> Lega<br />

Araba per risolvere i problemi e pacificare gli animi 40 .<br />

In Tripolitania all’atto <strong>della</strong> proclamazione dello Stato <strong>di</strong> Israele le<br />

autorità britanniche avevano fatto forti pressioni sulla comunità ebraica<br />

perché fosse evitata qualsiasi manifestazione <strong>di</strong> giub<strong>il</strong>o, e non si erano avuti<br />

incidenti <strong>di</strong> nessun genere nei giorni imme<strong>di</strong>atamente successivi. Ciò era<br />

visto come un risultato <strong>della</strong> politica <strong>di</strong> buon vicinato e <strong>di</strong> riconc<strong>il</strong>iazione che<br />

notab<strong>il</strong>i musulmani ed ebrei avevano messo in atto dopo gli ecci<strong>di</strong> del<br />

novembre 1945: la comunità ebraica aveva ad<strong>di</strong>rittura organizzato un<br />

ricevimento in onore del Comitato <strong>di</strong> liberazione <strong>della</strong> Libia 41 (haiat altahrir<br />

al-libiya) all’epoca del primo viaggio del suo presidente, Bashir<br />

Sadawi, a Tripoli. Scopo <strong>della</strong> manifestazione era stato affermare la<br />

solidarietà <strong>della</strong> comunità ebraica negli sforzi per la liberazione e<br />

l’in<strong>di</strong>pendenza del paese 42 .<br />

Dal 1947 l’amministrazione britannica aveva registrato una progressiva<br />

<strong>di</strong>ffusione <strong>della</strong> propaganda sionista nel territorio ed una sempre più<br />

massiccia adesione al sionismo da parte dei giovani <strong>della</strong> comunità ebraica.<br />

Secondo le informazioni, la nomina a capo rabbino <strong>di</strong> Shalom Yelloz, che<br />

pur essendo algerino <strong>di</strong> nascita aveva un passaporto palestinese, era<br />

all’origine <strong>di</strong> questo fenomeno 43 : dall’epoca del suo arrivo si era registrata la<br />

partenza <strong>di</strong> molti giovani ebrei <strong>della</strong> Tripolitania per l’Italia, prima tappa <strong>di</strong><br />

un viaggio più lungo che li avrebbe portati in Palestina.<br />

La polizia inglese teneva sotto stretto controllo gli avvenimenti: per<br />

evitare che la presenza dei maghrebini creasse problemi in Tripolitania<br />

l’autorità britannica non faceva niente per arrestare <strong>il</strong> flusso, anzi cercava <strong>di</strong><br />

favorire <strong>il</strong> passaggio dei volontari verso l’Egitto 44 . Tuttavia si temeva lo<br />

scoppio <strong>di</strong> nuovi tumulti contro la comunità ebraica.<br />

La situazione iniziò a peggiorare dagli inizi <strong>di</strong> giugno: <strong>il</strong> 7 giugno le<br />

autorità egiziane annunciarono che non avrebbero più accolto i volontari in<br />

Egitto, ed i maghrebini che erano giunti in Libia non ebbero più la<br />

possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> continuare <strong>il</strong> loro viaggio 45 . Intorno al 10 giugno le autorità<br />

britanniche calcolavano che nella città vecchia <strong>di</strong> Tripoli si trovassero da 400<br />

199


Federico Cresti<br />

a 500 tunisini che speravano <strong>di</strong> riuscire a partire verso l’Egitto e che esitavano<br />

a tornare in<strong>di</strong>etro temendo le sanzioni da parte delle autorità francesi per<br />

aver lasciato <strong>il</strong> paese clandestinamente.<br />

Nei giorni successivi la situazione nella città vecchia si fece sempre più<br />

pericolosa. All’aumento <strong>della</strong> tensione, come afferma un rapporto del<br />

servizio informazioni sugli incidenti che scoppiarono <strong>il</strong> 12 giugno,<br />

concorrevano <strong>di</strong>versi attori: da un lato i volontari maghrebini bloccati a<br />

Tripoli, che passavano le loro giornate nei bar <strong>della</strong> città ascoltando e<br />

<strong>di</strong>scutendo le notizie ra<strong>di</strong>ofoniche degli avvenimenti palestinesi; dall’altro<br />

alcuni giovani ebrei sionisti che assumevano atteggiamenti provocatori. Il<br />

tutto si aggiungeva alla tra<strong>di</strong>zionale tensione ebraico-musulmana, che i<br />

tentativi <strong>di</strong> riconc<strong>il</strong>iazione non avevano totalmente eliminato, e alla <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e<br />

situazione dell’economia agricola causata dalla siccità, che aveva visto nei<br />

mesi precedenti l’afflusso <strong>di</strong> numerosi <strong>di</strong>soccupati in cerca <strong>di</strong> lavoro dalle<br />

regioni circostanti.<br />

Secondo i rapporti <strong>della</strong> polizia britannica gli incidenti iniziarono <strong>il</strong> 12<br />

giugno intorno alle 4 del pomeriggio: nelle vicinanze <strong>di</strong> via Leopar<strong>di</strong> e <strong>di</strong><br />

corso Sic<strong>il</strong>ia un arabo ed un ebreo cominciarono a <strong>di</strong>scutere tra <strong>di</strong> loro,<br />

richiamando l’attenzione <strong>di</strong> passanti sempre più numerosi e <strong>di</strong> un gruppo <strong>di</strong><br />

tunisini che accorsero gridando: «Se non possiamo andare in Palestina a<br />

combattere gli ebrei, combattiamoli qui» 46 .<br />

Fu questo l’inizio <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> episo<strong>di</strong> gravi, dal saccheggio dei negozi<br />

all’assassinio, che durarono tutta la sera ed <strong>il</strong> giorno successivo: le notizie<br />

raccolte in seguito dai funzionari <strong>di</strong> polizia escludevano che si fosse trattato<br />

<strong>di</strong> incidenti organizzati e sottolineavano <strong>il</strong> carattere spontaneo ed<br />

inesplicab<strong>il</strong>e degli avvenimenti 47 . Era opinione comune all’interno<br />

dell’amministrazione che la questione palestinese fosse stata un motivo<br />

occasionale, ma non essenziale. In effetti secondo <strong>il</strong> rapporto <strong>della</strong> polizia gli<br />

incidenti erano stati causati dalla feccia <strong>della</strong> popolazione:<br />

La plebaglia era composta per la maggior parte dai rifiuti dell’umanità, tagliagole che<br />

nel loro profondo stato <strong>di</strong> depravazione avrebbero ucciso i loro correligionari<br />

musulmani per rapinarli nello stesso modo in cui avevano trattato gli ebrei 48 .<br />

Secondo i funzionari inglesi le gravi con<strong>di</strong>zioni sociali ed economiche del<br />

paese spiegavano l’accaduto più delle ragioni <strong>di</strong> carattere religioso e politico:<br />

si faceva notare in effetti che tra i settantasette arrestati in flagrante delitto<br />

200


Gli ebrei <strong>della</strong> Libia, <strong>il</strong> nazionalismo arabo e la questione palestinese<br />

solamente sette erano tunisini e solamente nove residenti nella città <strong>di</strong><br />

Tripoli: se ne deduceva che i principali attori degli incidenti appartenevano<br />

alla massa dei <strong>di</strong>soccupati venuti a Tripoli dai territori dell’interno a causa<br />

<strong>della</strong> crisi.<br />

Secondo altre fonti 49 l’inizio degli incidenti non era stato così occasionale<br />

come voleva farlo intendere <strong>il</strong> rapporto ufficiale <strong>della</strong> polizia inglese: un<br />

numeroso gruppo <strong>di</strong> arabi armati <strong>di</strong> bastoni e <strong>di</strong> coltelli aveva iniziato col<br />

riunirsi in uno dei più malfamati quartieri <strong>della</strong> città vecchia, Bab al-<br />

Hurriyya, e si era poi riversato nel quartiere misto <strong>di</strong> Si<strong>di</strong> Umran dove i<br />

passanti ebrei erano stati aggre<strong>di</strong>ti. Da lì si era <strong>di</strong>retto verso la hâra, al cui<br />

ingresso però aveva incontrato una forte resistenza da parte <strong>di</strong> gruppi armati<br />

<strong>di</strong> auto<strong>di</strong>fesa. Non riuscendo a penetrare nel quartiere ebraico e lasciando sul<br />

terreno un numero imprecisato <strong>di</strong> morti e <strong>di</strong> feriti, gli arabi si erano spostati<br />

nelle zone meno protette, dove avevano saccheggiato negozi e magazzini,<br />

incen<strong>di</strong>ato e <strong>di</strong>strutto abitazioni e luoghi <strong>di</strong> culto. La BMA aveva subito<br />

decretato lo stato <strong>di</strong> emergenza, ma nuovi incidenti si erano avuti anche <strong>il</strong><br />

giorno successivo: nel pomeriggio del 13 giugno l’or<strong>di</strong>ne era stato ristab<strong>il</strong>ito<br />

quasi dovunque. Ad eccezione <strong>di</strong> Suk al-Giumaa, dove c’erano stati<br />

saccheggi nella case ebree, gli incidenti si erano sv<strong>il</strong>uppati solamente a<br />

Tripoli.<br />

Il b<strong>il</strong>ancio ufficiale aveva contato 13 morti tra gli ebrei e 3 tra gli arabi,<br />

35 feriti gravi, in maggioranza ebrei, e 56 feriti leggeri, tra cui un italiano ed<br />

un agente <strong>di</strong> polizia. Secondo le fonti ebraiche, che mettevano in risalto<br />

soprattutto l’importanza e la buona organizzazione dell’auto<strong>di</strong>fesa armata,<br />

<strong>il</strong> b<strong>il</strong>ancio era più pesante, soprattutto per gli arabi. Avevano dovuto<br />

abbandonare le loro abitazioni, <strong>di</strong>strutte o saccheggiate, circa 1.600 ebrei,<br />

che avevano trovato rifugio nella hâra ed in un campo organizzato<br />

dall’amministrazione m<strong>il</strong>itare e circa trecento famiglie avevano perduto<br />

tutti i loro beni nel corso dei saccheggi e delle <strong>di</strong>struzioni 50 .<br />

Questo nuovo episo<strong>di</strong>o <strong>di</strong> violenza collettiva aveva portato ad<br />

approfon<strong>di</strong>re <strong>il</strong> solco esistente tra la comunità ebraica e quella musulmana:<br />

per timore <strong>di</strong> nuove violenze gruppi <strong>di</strong> ebrei dei territori più interni avevano<br />

abbandonato le loro case e si erano spostati a Tripoli, dove vivevano con<br />

l’aiuto delle organizzazioni <strong>di</strong> carità. I sentimenti ost<strong>il</strong>i alla Gran Bretagna,<br />

che già erano forti in seguito agli avvenimenti palestinesi 51 , si erano<br />

accentuati mentre si manifestava un avvicinamento delle posizioni <strong>della</strong><br />

comunità in favore <strong>di</strong> un mandato italiano in Libia: lettere aperte e petizioni<br />

inviate agli organi internazionali da parte <strong>di</strong> membri autorevoli<br />

201


Federico Cresti<br />

dell’ebraismo libico si pronunciavano apertamente in questo senso,<br />

chiedendo inoltre che cessasse la proibizione <strong>di</strong> emigrare imposta agli ebrei<br />

dall’autorità britannica 52 .<br />

Gli incidenti avevano avuto <strong>il</strong> risultato <strong>di</strong> aggravare la già <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e<br />

situazione economica <strong>di</strong> Tripoli: in effetti un gruppo <strong>di</strong> commercianti ebrei<br />

aveva deciso <strong>di</strong> cessare l’attività creando un ulteriore scompenso nelle attività<br />

economiche. Un nuovo tentativo <strong>di</strong> riconc<strong>il</strong>iazione era stato intrapreso da<br />

un gruppo <strong>di</strong> notab<strong>il</strong>i delle comunità araba ed ebraica che si era riunito in<br />

casa <strong>di</strong> Taher Karamanli per <strong>di</strong>scutere sulle misure per evitare ulteriori<br />

incidenti. Si era deciso <strong>di</strong> inviare un messaggio a Bashir Sadawi, che era allora<br />

tra gli uomini più in vista <strong>della</strong> politica tripolitana, ma che risiedeva in<br />

Egitto, informandolo degli avvenimenti: in seguito Sadawi aveva risposto<br />

che sarebbe presto tornato in Tripolitania per pacificare gli animi. Alcuni<br />

notab<strong>il</strong>i ebrei avevano proposto <strong>di</strong> rimuovere dal suo incarico <strong>il</strong> rabbino apo<br />

<strong>della</strong> comunità, rabbi Shalom Yelloz, che tra l’altro aveva <strong>di</strong>mostrato poco<br />

tatto nel suo comportamento verso i notab<strong>il</strong>i arabi 53 . Mustafa Mizran, su cui<br />

la BMA aveva fatto pressioni <strong>di</strong>screte, aveva cessato totalmente l’attività del<br />

partito per <strong>il</strong> reclutamento <strong>di</strong> volontari 54 .<br />

Per impe<strong>di</strong>re che continuasse l’afflusso dei tunisini in Tripolitania la<br />

frontiera con la Tunisia era stata chiusa: ai volontari che si trovavano bloccati<br />

in Tripolitania fu lasciata la scelta tra <strong>il</strong> ritorno in Tunisia con i loro mezzi<br />

o l’espulsione e la consegna alle autorità francesi 55 . Questo tuttavia non<br />

arrestò completamente gli arrivi: per passare dalla Tunisia alla Libia la via più<br />

semplice <strong>di</strong>venne quella marittima. La polizia britannica fermava ed<br />

espelleva dal paese quanti cadevano nelle sue mani: alla fine del mese <strong>di</strong><br />

giugno erano stati espulsi verso la Tunisia 1.822 volontari, mentre altri 262<br />

aspettavano <strong>di</strong> essere deportati 56 .<br />

Dal Cairo Habib Burghiba aveva telegrafato <strong>il</strong> 16 giugno al comitato<br />

esecutivo del Neo-Destur <strong>di</strong> interrompere <strong>il</strong> reclutamento dei volontari per<br />

la Palestina, ma prima <strong>di</strong> quella data i volontari già in marcia erano entrati<br />

in Libia ed erano stati catturati dalle autorità britanniche e rispe<strong>di</strong>ti in<strong>di</strong>etro:<br />

molti erano stati processati dal tribunale m<strong>il</strong>itare francese. Un’imbarcazione<br />

partita da Sfax con 90 volontari era stata inseguita da una torpe<strong>di</strong>niera<br />

francese ma era riuscita ugualmente ad arrivare a Zuara: al loro sbarco i<br />

volontari erano stati arrestati, ma un gruppo aveva rifiutato <strong>di</strong> obbe<strong>di</strong>re agli<br />

or<strong>di</strong>ni dei m<strong>il</strong>itari inglesi. Ne era seguito un tafferuglio in seguito al quale<br />

sette tunisini erano stato arrestati con l’accusa <strong>di</strong> resistenza e <strong>di</strong>sobbe<strong>di</strong>enza<br />

agli or<strong>di</strong>ni del governo in attesa <strong>di</strong> essere giu<strong>di</strong>cati da un tribunale 57 .<br />

202


Gli ebrei <strong>della</strong> Libia, <strong>il</strong> nazionalismo arabo e la questione palestinese<br />

Diversa nei percorsi, ma uguale nella meta, un’altra «migrazione volontaria»<br />

si svolgeva all’epoca <strong>della</strong> prima guerra arabo-israeliana: quella degli ebrei che<br />

volevano raggiungere la Terra promessa per combattere dalla parte <strong>di</strong> Israele.<br />

Come si è visto, <strong>il</strong> percorso normalmente seguito passava dalla Tunisia e<br />

dall’Italia attraverso i canali dell’organizzazione sionista, ma nel corso del mese<br />

<strong>di</strong> agosto la BMA aveva proibito agli ebrei <strong>di</strong> recarsi in Italia. Si era allora<br />

sv<strong>il</strong>uppata l’emigrazione clandestina: molti ebrei, maschi e femmine<br />

(l’amministrazione britannica li valutava ad alcune centinaia), avevano lasciato<br />

<strong>di</strong> nascosto la costa libica imbarcandosi verso la Sic<strong>il</strong>ia negli ultimi mesi del 1948.<br />

Nel traffico <strong>il</strong>legale operavano soprattutto pescherecci sic<strong>il</strong>iani: secondo <strong>il</strong><br />

servizio informazioni nei mesi <strong>di</strong> settembre e ottobre almeno 193 giovani ebrei<br />

erano riusciti a raggiungere la Sic<strong>il</strong>ia sulle imbarcazioni «Dulcinea» e «Don<br />

Chisciotte» ; quattro pescherecci sic<strong>il</strong>iani (<strong>il</strong> «Maria delle Grazie», <strong>il</strong> «Novanna»,<br />

<strong>il</strong> «San Giuseppe» e <strong>il</strong> «Miri <strong>di</strong> Porto Sarbo [Salvo]») erano stati sequestrati<br />

durante <strong>il</strong> pattugliamento notturno per impe<strong>di</strong>re l’emigrazione <strong>il</strong>legale.<br />

Quaranta giovani ebrei erano stati arrestati sulle spiagge tra Tripoli e Sabrata e<br />

si stimava alla fine <strong>di</strong> ottobre che circa 200 fossero in attesa dell’occasione<br />

propizia per lasciare <strong>il</strong> paese: <strong>il</strong> costo del passaggio <strong>il</strong>legale per mare era <strong>di</strong> circa<br />

20 sterline a testa. Un’altra corrente <strong>di</strong> emigrazione era riuscita a formarsi<br />

attraverso la Cirenaica, dove numerosi ebrei avevano ottenuto <strong>il</strong> permesso <strong>di</strong><br />

recarsi in Italia per ragioni <strong>di</strong> salute. Alcuni avevano tentato <strong>di</strong> uscire dal paese<br />

falsificando i documenti <strong>di</strong> espatrio ed erano stati fermati.<br />

La BMA aveva sollecitato i capi <strong>della</strong> comunità ebraica ad intervenire per<br />

impe<strong>di</strong>re l’emigrazione <strong>il</strong>legale: le autorità inglesi temevano soprattutto che<br />

potesse accadere qualche grave incidente alle ragazze ebraiche che si<br />

recavano <strong>di</strong> notte in posti isolati <strong>della</strong> costa per imbarcarsi clandestinamente.<br />

Se non altro, i braccialetti d’oro che esse indossavano sempre avrebbero<br />

potuto attirare l’attenzione <strong>di</strong> malintenzionati. I responsab<strong>il</strong>i <strong>della</strong> comunità<br />

sostenevano <strong>di</strong> non avere <strong>il</strong> potere <strong>di</strong> impe<strong>di</strong>re quelle fughe e <strong>di</strong> non<br />

conoscere gli organizzatori del traffico : peraltro affermavano che la causa<br />

reale dell’emigrazione <strong>il</strong>legale dei giovani ebrei non era la propaganda<br />

sionista, quanto la situazione <strong>di</strong> stagnazione economica del territorio 58 .<br />

Anche dopo l’armistizio tra le forze arabe e quelle israeliane la tensione<br />

in Libia rimase molto forte, malgrado le manifestazioni <strong>di</strong> fraternizzazione<br />

organizzate dai notab<strong>il</strong>i: a Tripoli correvano frequentemente voci <strong>di</strong><br />

prossimi attacchi contro <strong>il</strong> quartiere ebraico.<br />

Diversi attentati <strong>di</strong>namitar<strong>di</strong> avevano contribuito ad aumentare l’ansia<br />

generale: <strong>il</strong> 28 ottobre una bomba era scoppiata all’esterno <strong>di</strong> una casa araba<br />

203


Federico Cresti<br />

<strong>della</strong> hâra, demolendola in parte. Gli arabi affermavano che era una manovra<br />

<strong>di</strong> intimidazione degli ebrei per allontanare gli arabi dal loro quartiere,<br />

mentre da parte ebraica si sosteneva che la bomba era scoppiata mentre <strong>il</strong><br />

proprietario <strong>della</strong> casa la stava preparando: dal momento che nei mesi <strong>di</strong><br />

settembre ed ottobre c’erano stati <strong>di</strong>versi attentati con bombe <strong>di</strong> uguale<br />

fabbricazione, si pensava che tutti fossero l’opera <strong>di</strong> una stessa<br />

organizzazione. La polizia britannica riteneva che facessero parte <strong>di</strong> episo<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> intimidazione ad opera <strong>di</strong> un’organizzazione ebraica clandestina: in<br />

effetti, ad eccezione <strong>di</strong> due casi, le persone contro cui gli attentati erano<br />

rivolti erano arabi che vivevano all’interno o vicino al quartiere ebraico. In<br />

un caso, quello <strong>della</strong> bomba del 28 ottobre che aveva <strong>di</strong>strutto in parte la casa<br />

<strong>di</strong> un tale Taieb Indeisha, le autorità <strong>di</strong> polizia collegavano l’attentato ad un<br />

precedente incidente che nel febbraio dello stesso anno era costato la vita ad<br />

una donna e ad un bambino ebrei: si sarebbe dunque trattato <strong>di</strong> un atto <strong>di</strong><br />

vendetta 59 .<br />

La BMA riteneva che i gruppi <strong>di</strong> auto<strong>di</strong>fesa del quartiere durante la notte<br />

vi svolgessero esercitazioni clandestine per l’uso delle armi e degli esplosivi 60 .<br />

Attraverso una rete clandestina sconosciuta alla polizia molti ebrei erano<br />

riusciti a procurarsi armi da fuoco: già in seguito ad un attentato <strong>di</strong>namitardo<br />

che era avvenuto <strong>il</strong> 12 giugno le indagini <strong>della</strong> polizia avevano portato<br />

all’arresto <strong>di</strong> 7 ebrei e in seguito ad una retata nella hâra nel mese <strong>di</strong> novembre<br />

<strong>di</strong> quell’anno ne furono arrestati altri trenta trovati in possesso <strong>di</strong> armi 61 .<br />

204<br />

Gli ebrei e l’emigrazione in Israele<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista <strong>della</strong> politica interna, la comunità ebraica <strong>della</strong><br />

Tripolitania era stata colpita nei primi mesi del 1949 da alcune misure <strong>di</strong><br />

carattere restrittivo che facevano seguito agli sv<strong>il</strong>uppi <strong>della</strong> questione<br />

palestinese: in effetti all’inizio del mese <strong>di</strong> febbraio l’amministrazione aveva<br />

decretato la proibizione dell’emigrazione ebraica verso lo Stato <strong>di</strong> Israele.<br />

Questa decisione aveva creato una situazione <strong>di</strong> crisi all’interno <strong>della</strong><br />

comunità <strong>della</strong> Tripolitania, dove le partenze fino a quel momento avevano<br />

funzionato come una valvola <strong>di</strong> sfogo, permettendo <strong>di</strong> allontanare dal<br />

territorio tutti coloro che mancavano <strong>di</strong> mezzi <strong>di</strong> sostentamento: in effetti<br />

in una situazione economica particolarmente grave si contavano alcune<br />

migliaia <strong>di</strong> ebrei senza risorse che erano totalmente <strong>di</strong>pendenti dalle<br />

organizzazioni caritatevoli.


Gli ebrei <strong>della</strong> Libia, <strong>il</strong> nazionalismo arabo e la questione palestinese<br />

Di fronte alle pressioni dei notab<strong>il</strong>i israelitici l’amministrazione aveva<br />

qualche tempo dopo annullato le misure restrittive: imme<strong>di</strong>atamente una<br />

gran quantità <strong>di</strong> ebrei delle classi più povere aveva affollato gli uffici<br />

dell’amministrazione per chiedere i documenti necessari all’espatrio. Il<br />

fenomeno era stato particolarmente importante a Tripoli, dove si erano<br />

contate migliaia <strong>di</strong> richieste e dove coloro che aspettavano la partenza<br />

avevano rapidamente venduto tutti i loro beni.<br />

Una grande confusione aveva agitato la comunità ebraica, soprattutto in<br />

seguito alla <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> una notizia secondo la quale le autorità israeliane<br />

avrebbero inviato alcune navi per trasportare i correligionari ebrei <strong>della</strong> Libia<br />

in Palestina. Le autorità britanniche avevano messo in guar<strong>di</strong>a i <strong>di</strong>rigenti <strong>della</strong><br />

comunità ebraica sulle <strong>di</strong>fficoltà che l’emigrazione avrebbe rappresentato: fu<br />

fatto sapere a tutti che le autorità israeliane non avrebbero accettato<br />

in<strong>di</strong>stintamente tutti coloro che volevano emigrare, ma solamente quanti<br />

fossero in buona salute e capaci <strong>di</strong> contribuire al buon andamento<br />

dell’economia del paese, e che non era previsto l’invio <strong>di</strong> nessuna nave per <strong>il</strong><br />

trasporto in Palestina. La <strong>di</strong>s<strong>il</strong>lusione era stata allora molto forte, e quanti<br />

desideravano emigrare avevano accusato i <strong>di</strong>rigenti <strong>della</strong> comunità <strong>di</strong> averli<br />

ingannati: in tutti i casi alla fine del mese <strong>di</strong> febbraio l’amministrazione inglese<br />

aveva r<strong>il</strong>asciato 2.919 permessi <strong>di</strong> viaggio per l’Italia ad altrettanti ebrei 62 .<br />

In effetti da Israele tardavano ad arrivare alla comunità libica<br />

informazioni ufficiali sull’atteggiamento del governo del nuovo Stato<br />

riguardo all’emigrazione degli ebrei libici e questo causava uno stato <strong>di</strong>ffuso<br />

<strong>di</strong> insod<strong>di</strong>sfazione: in mancanza <strong>di</strong> notizie <strong>di</strong>rette, si sperava che alcuni<br />

funzionari <strong>di</strong> un’organizzazione ebraica americana (l’American Joint<br />

Distribution Committee) che dovevano arrivare a Tripoli avrebbero potuto<br />

fornire qualche informazione in proposito 63 .<br />

Conclusioni<br />

Come si è visto, lo spoglio del bollettino mens<strong>il</strong>e relativo alla situazione<br />

politica <strong>della</strong> Tripolitania st<strong>il</strong>ato dal Political Intelligence Service britannico<br />

permette <strong>di</strong> arricchire con elementi poco noti la conoscenza dell’evoluzione<br />

sociale e politica <strong>della</strong> comunità ebraica <strong>della</strong> Libia nell’imme<strong>di</strong>ato secondo<br />

dopoguerra.<br />

Nelle note che abbiamo raccolto e commentato si legge tra le righe <strong>il</strong><br />

destino futuro <strong>della</strong> comunità ebraica <strong>della</strong> Libia: l’abbandono o<br />

205


Federico Cresti<br />

l’espulsione dal paese. Dei 29.000 ebrei <strong>di</strong> Libia nel 1948 (concentrati in<br />

gran parte a Tripoli, dove la comunità era formata da circa 22.000 persone)<br />

e dei circa cinquem<strong>il</strong>a <strong>della</strong> Cirenaica, 26.000 partirono nel corso dei tre<br />

anni successivi. All’epoca <strong>della</strong> proclamazione dello Stato in<strong>di</strong>pendente, nel<br />

1951, la comunità <strong>della</strong> Tripolitania è ridotta a 3.500 persone a Tripoli e a<br />

due famiglie residenti a Misurata; in Cirenaica rimangono 40 famiglie a<br />

Bengasi 64 . Gli ultimi atti dell’esodo dalla Libia si recitano alla fine degli anni<br />

sessanta. La guerra dei Sei giorni tra Israele ed Egitto scatena sommosse e<br />

attentati, con morti e feriti, saccheggi e <strong>di</strong>struzioni delle proprietà: quasi<br />

tutta la residua comunità ebraica, con l’autorizzazione del governo libico,<br />

lascia <strong>il</strong> paese rifugiandosi soprattutto in Italia. Nel 1970, l’anno successivo<br />

al colpo <strong>di</strong> stato degli ufficiali liberi, una delle prime leggi emanate dal nuovo<br />

regime sancisce, insieme a quelle degli italiani, la confisca dei beni e<br />

l’espulsione degli ebrei: nel paese si contano ancora 40 ebrei nel 1972 e 16<br />

cinque anni dopo 65 .<br />

206<br />

Note al testo<br />

1 Public Record Office, Londra (Kew Gardens) [da adesso: PRO], WO 230/232. In questa serie<br />

sono conservati unicamente documenti ed informazioni estratte dal bollettino circa le attività<br />

del Partito nazionalista (al-hizb al-watani) <strong>della</strong> Tripolitania.<br />

2 PRO, WO 230/206, 1947-1949. Faremo da qui in avanti riferimento alla serie dei rapporti<br />

mens<strong>il</strong>i sulla situazione politica <strong>della</strong> Tripolitania (Monthly Political Intelligence Report –<br />

Tripolitania) con la sigla MPIRT, seguito dal numero progressivo del bollettino, dalla data <strong>di</strong><br />

riferimento e dal numero del paragrafo o <strong>della</strong> pagina.<br />

3 PRO, FO 1015/186 : 1949 Monthly political intelligence reports: BA [British Administration], Tripoli.<br />

4 Civ<strong>il</strong> Affairs Agency, British M<strong>il</strong>itary Administration [da adesso: BMA] of African Territories,<br />

che nel 1947 aveva i suoi uffici al n. 8 <strong>di</strong> Dar el Shifa al Cairo.<br />

5 Mentre gli altri territori già italiani <strong>della</strong> Somalia e dell’Etiopia <strong>di</strong>pendevano dal comando<br />

m<strong>il</strong>itare britannico dell’Africa Orientale. L’amministrazione dei territori nemici occupati dalle<br />

forze armate inglesi fu posta dal 1943 sotto la <strong>di</strong>rezione del ministero <strong>della</strong> Guerra: dal primo<br />

apr<strong>il</strong>e del 1949 l’amministrazione m<strong>il</strong>itare cessò e la responsab<strong>il</strong>ità amministrativa delle excolonie<br />

italiane fu assunta dal ministero degli Esteri nel quadro <strong>di</strong> una Foreign Office<br />

Administration of African Territories, non molto <strong>di</strong>versa nelle sue strutture dalla precedente ma<br />

sotto la <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> funzionari che non appartenevano più alla gerarchia m<strong>il</strong>itare.<br />

6 La stampigliatura «Secret» appare sulla prima pagina <strong>di</strong> tutti i numeri del bollettino. Alcuni<br />

documenti recano la <strong>di</strong>citura «Top Secret». Il Civ<strong>il</strong> Liaison Officer [CLO] era in genere un


Gli ebrei <strong>della</strong> Libia, <strong>il</strong> nazionalismo arabo e la questione palestinese<br />

funzionario dell’amministrazione m<strong>il</strong>itare con <strong>il</strong> grado <strong>di</strong> major. Ciascun numero del bollettino<br />

è firmato dal funzionario responsab<strong>il</strong>e : tra i nomi più frequentemente citati, i majors F.G.<br />

Maclean, C. Radley, C.E. Greatorex.<br />

7 MPIRT, 25, <strong>di</strong>cembre 1947, n. 314.<br />

8 Per i personaggi più noti abbiamo seguito la trascrizione semplificata <strong>di</strong> MAJID KHADDURI,<br />

Modern Libya. A Study in Political Development, The Johns Hopkins Press, Baltimore 1963.<br />

9 Secondo i dati <strong>della</strong> BMA, alla fine del 1947 si contavano in Tripolitania 28.606 ebrei : 28.100<br />

de<strong>di</strong>ti al commercio e all’artigianato e circa 500 agricoltori, «fermiers sédentaires»(Commission<br />

d’enquête des Quatre Puissances dans les anciennes colonies italiennes, Volume III - Rapport sur<br />

la Lybie [sic !], ciclost<strong>il</strong>ato, s.d.: Tripolitaine, sez. II, cap. I, pp. 4-5).<br />

10 Testo del telegramma in MPIRT, 25, <strong>di</strong>cembre 1947, n. 308. Cfr. anche A. DEL BOCA, Gli<br />

italiani in Libia dal fascismo a Gheddafi, Mondadori, M<strong>il</strong>ano 1997 - I ed. Laterza, Roma-Bari<br />

1988 -, pp. 366-367.<br />

11 «Programmes are one thing: pogroms another»(MPIRT, 25, <strong>di</strong>cembre 1947, ibid.).<br />

12 Il commento appare a proposito <strong>di</strong> un articolo pubblicato da «La Voce dell’Africa»(un<br />

perio<strong>di</strong>co finanziato dall’amministrazione italiana che aveva iniziato le sue pubblicazioni nel<br />

<strong>di</strong>cembre del 1945, e che aveva come sottotitolo: «Giornale degli Italiani d’Africa»), in cui si<br />

affermava che gli ebrei <strong>della</strong> Libia desideravano <strong>il</strong> ritorno degli italiani (ivi, n. 295). Nei fatti<br />

le posizioni all’interno <strong>della</strong> comunità ebraica erano alquanto <strong>di</strong>fferenziate: Renzo De Felice<br />

(Ebrei in un paese arabo. Gli Ebrei nella Libia contemporanea tra colonialismo, nazionalismo e<br />

sionismo (1835-1970), Il Mulino, Bologna 1978, p. 322) <strong>di</strong>stingue tra «f<strong>il</strong>olibici (sinceri o<br />

opportunisti poco importa), f<strong>il</strong>oitaliani e sionisti»analizzando con precisione le posizioni<br />

politiche dei tre gruppi circa <strong>il</strong> futuro <strong>della</strong> Libia.<br />

13 Secondo <strong>di</strong>verse valutazioni, questa cifra varia tra 120 e 135: nelle fonti inglesi la cifra <strong>di</strong> 130<br />

morti tra gli ebrei è fornita in un caso (MPIRT, 16, marzo 1947, n. 214, cfr. infra), mentre in<br />

un altro caso 130 sono i morti totali, <strong>di</strong> cui 124 ebrei, 5 arabi e un italiano (Commission<br />

d’enquête cit., Tripolitaine, p. 22).<br />

14 Cfr. ibidem; R. DE FELICE, Ebrei in un paese arabo cit., pp. 296-297 e passim.<br />

15 A. DEL BOCA, Gli italiani in Libia cit., p. 334.<br />

16 Ibid.<br />

17 La responsab<strong>il</strong>ità dell’amministrazione m<strong>il</strong>itare inglese, che si <strong>di</strong>mostrò incapace <strong>di</strong><br />

controllare la situazione non solamente in occasione degli incidenti antiebraici a Tripoli<br />

quell’anno, ma anche <strong>di</strong> quelli antiitaliani a Moga<strong>di</strong>scio nel 1947, è stata r<strong>il</strong>evata da molti<br />

autori: la <strong>di</strong>scussione su questo punto non rientra tra gli scopi del presente lavoro, ma è<br />

interessante sottolineare come Rivlin abbia messo in relazione i due episo<strong>di</strong> con l’affermazione<br />

<strong>di</strong> F.J. Rennell, uno dei più alti funzionari dell’amministrazione m<strong>il</strong>itare britannica in Africa,<br />

secondo la quale «any call for troops to maintain authority or to quell <strong>di</strong>sturbances represents<br />

207


Federico Cresti<br />

fa<strong>il</strong>ure for a m<strong>il</strong>itary administrator»(B. RIVLIN, recensione a F.J. RENNELL, British M<strong>il</strong>itary<br />

Administration of Occupied Territories during the Years 1941-1947, London 1948, in «The<br />

Middle East Journal», III, 1/1949, p. 97).<br />

18 Commission d’enquête cit., vol. III, Documents annexes au Rapport sur la Libye : n. 9, Record<br />

of hearing of Briga<strong>di</strong>er T.R. Blackley, O.B.E. Chief Administrator, p. 18.<br />

19 R. DE FELICE, Ebrei in un paese arabo cit., pp. 300-302.<br />

20 Da adesso: Jabha.<br />

21 Da adesso: Kutla.<br />

22 Che in questa nota viene definito «potentially dangerous»(MPIRT, 16 cit., n. 211). Secondo<br />

l’interpretazione <strong>di</strong> R. De Felice (Ebrei in un paese arabo cit., pp. 318-322) l’adesione <strong>di</strong> gran<br />

parte degli ebrei alla Jabha ebbe un «carattere forzato e opportunistico»(ivi, p. 322). De Felice<br />

cita <strong>di</strong>versi documenti in cui esponenti dell’ebraismo <strong>di</strong> Tripoli criticano le posizioni assunte<br />

da Zacchino Habib («citta<strong>di</strong>no inglese, non eletto ma nominato dal Governo, con funzioni<br />

esclusivamente assistenziali ed amministrative», ivi, p. 327) sottolineando le pressioni ed i ricatti<br />

che aveva messo in atto nei confronti dei circoli ebraici per farli aderire alla Jabha. Secondo uno<br />

<strong>di</strong> questi documenti, scritto in chiave f<strong>il</strong>oitaliana, <strong>il</strong> presidente <strong>della</strong> comunità (che appare come<br />

un agente inglese) avrebbe avuto lo scopo <strong>di</strong> «compromettere [...] la Collettività ebraica <strong>di</strong><br />

fronte alla popolazione italiana»(ibid.).<br />

23 «Gained a considerable amount of support from the Jews. The greater part of the funds at the<br />

<strong>di</strong>sposal of the Party appears to be subscribed by Jews who are opponents of Zacchino Habib,<br />

a prominent member of the United National Front»(MPIRT, 15, febbraio 1947, n. 203).<br />

Secondo un’informazione fornita da Bashir Hamza, ex tesoriere <strong>della</strong> Kutla dopo la sua<br />

espulsione dal partito per sospette ruberie, Ali Fiki Hassan ritirava per suo uso personale 10.000<br />

MAL al mese dai fon<strong>di</strong> versati dalla comunità ebraica (MPIRT, 21, agosto 1947, n. 270).<br />

Dai documenti citati sembra <strong>di</strong> poter affermare che Zacchino Habib agisse all’interno <strong>della</strong><br />

Jabha seguendo le in<strong>di</strong>cazioni dell’amministrazione britannica.<br />

24 MPIRT, 16, marzo 1947, n. 217. In occasione <strong>della</strong> morte <strong>di</strong> Salem Ben Lamin le voci <strong>di</strong>ffuse<br />

dalla comunità ebraica affermavano che l’arabo era stato assassinato da un ufficiale del servizio<br />

segreto britannico, che poi ne aveva gettato <strong>il</strong> corpo nel quartiere ebraico.<br />

25 «If the articles of the Mosaic Law had been fulf<strong>il</strong>led at that time 130 Arabs would have paid<br />

with their lifes»(MPIRT, 16, marzo 1947, n. 214). Il processo era terminato con la condanna<br />

a 21 anni <strong>di</strong> prigione per omici<strong>di</strong>o dell’ebreo Simone Burbeiba (MPIRT, 17, apr<strong>il</strong>e 1947, n.<br />

229).<br />

26 Secondo <strong>il</strong> bollettino non ci furono imme<strong>di</strong>ate ripercussioni tra la popolazione musulmana<br />

alla notizia <strong>della</strong> spartizione; le prime reazioni si manifestarono solamente due giorni dopo<br />

(ibid.).<br />

27 MPIRT, 21, agosto 1947, n. 272.<br />

208


Gli ebrei <strong>della</strong> Libia, <strong>il</strong> nazionalismo arabo e la questione palestinese<br />

28 Il 22 marzo 1947 erano state sequestrate alla frontiera con la Tunisia alcune decine <strong>di</strong> copie<br />

del settimanale in lingua francese «La Gazette d’Israel», stampata a Tunisi. La notizia del servizio<br />

informativo riferisce che questo perio<strong>di</strong>co è stampato dalla «IMP. S.A.P.I., 12, rue de Vessoul,<br />

Tunis [...] whose e<strong>di</strong>tor is A. Bismuth»(ibid.). Su documenti <strong>della</strong> propaganda sionista in<br />

provenienza dagli Stati Uniti, cfr. MPIRT, 17, apr<strong>il</strong>e 1947, n. 229.<br />

29 MPIRT, 21, agosto 1947, n. 272.<br />

30 Fondato nel <strong>di</strong>cembre del 1946 da Ali Rajab, questo partito affermava <strong>di</strong> avere un seguito <strong>di</strong><br />

un migliaio <strong>di</strong> aderenti e sosteneva un progetto <strong>di</strong> unione politica tra l’Egitto e la Tripolitania.<br />

31 «The only Tripolitanians who have apparently been w<strong>il</strong>ling to fight in the «Arab Army» are<br />

two Tripoli schoolboys. They left home leaving notes for their fathers stating that they were en<br />

route for Palestine. The fathers informed the Police and the two young warriors were seized at<br />

Misurata and returned to their irate parents» (ivi, n. 307). Tuttavia giunsero dalla Libia all’Alto<br />

Comitato arabo per la Palestina numerosi telegrammi <strong>di</strong> simpatia, in cui si affermava: «Libya<br />

joins with the Arabs in protest against the UNO decision. She is ready to take part in the duties<br />

af Arabism»(ivi, n. 308). Altri telegrammi in termini sim<strong>il</strong>i vennero inviati alla Lega Araba e al<br />

leader palestinese Hajj Amin al-Husseini.<br />

32 Ibidem.<br />

33 Fondato intorno alla metà del 1947 da Bashir Ben Hamza.<br />

34 Una copia <strong>della</strong> risposta alla richiesta dello hizb al -ummal si trova in allegato a MPIRT, 25,<br />

cit.<br />

35 Ivi, n. 310. Ali Fiki Hassan sv<strong>il</strong>uppava in quel periodo una notevole attività pubblicistica, ed<br />

inviava una parte delle sue note e corrispondenze al perio<strong>di</strong>co dei Fratelli Musulmani del Cairo<br />

(«Al-ikhwan al-muslimun») ed alla stampa egiziana, che ne pubblicò <strong>di</strong>verse (MPIRT, 23,<br />

ottobre 1947, n. 290).<br />

36 Autorizzato dall’amministrazione inglese nell’apr<strong>il</strong>e del 1946, questo partito, <strong>il</strong> primo tra i<br />

raggruppamenti nazionalisti <strong>della</strong> Tripolitania, aveva svolto in precedenza un’attività<br />

clandestina.<br />

37 MPIRT, 30, maggio 1948, n. 356<br />

38 Nel testo inglese, Ahmed el Sherif el Senussi Force.<br />

39 PRO, WO 230/201: Civ<strong>il</strong> Affairs Branch – Middle East, Monthly Political Intelligence<br />

Summary of Libyan Affairs in Egypt [da adesso : MPIS-LAIE], 28, apr<strong>il</strong>e 1948, n. 346.<br />

40 MPIS-LAIE, 29, maggio 1948; 30, giugno 1948.<br />

41 Fondato al Cairo nel marzo del 1947 per iniziativa <strong>di</strong> Bashir Sadawi e con l’appoggio <strong>della</strong><br />

Lega Araba.<br />

42 Nel libro già citato <strong>di</strong> R. De Felice (s.p.) è riprodotta una fotografia del ricevimento.<br />

209


Federico Cresti<br />

43 MPIRT, 31, giugno 1948, allegato A.<br />

44 «No obstacle was placed in the way of Muslims leaving Tripolitania for Palestine via Cyrenaica<br />

nor of Jews via Tunis and Italy» (ivi, n. 369). Blackley aveva fatto «istituire una linea <strong>di</strong> autobus<br />

Tripoli-Capuzzo onde fac<strong>il</strong>itare e rendere più rapido <strong>il</strong> trasferimento verso l’Egitto degli arabi<br />

provenienti dalla Tunisia» (R. DE FELICE, Ebrei in un paese arabo cit., pp. 330-331).<br />

45 Gli appelli inviati alla Lega Araba, al re Faruq e al console egiziano a Bengasi per ottenere <strong>il</strong><br />

permesso <strong>di</strong> attraversare <strong>il</strong> territorio egiziano da parte dei volontari non ebbero nessun esito (ivi,<br />

n. 374).<br />

46 MPIRT, 31, giugno 1948, appen<strong>di</strong>x A: Arab-Jewish <strong>di</strong>sturbances Tripoli 12 th /13 th June, 1948.<br />

47 «Racial <strong>di</strong>sorders were wholly impre<strong>di</strong>ctable in that the smallest incident of da<strong>il</strong>y occurrence<br />

may for some unaccountable reasons provoke <strong>di</strong>ssident persons or groups to murder and to<br />

riot»(ibid).<br />

48 «The mobs in the main, were composed almost entirely of the drags of the humanity, riff-raff<br />

who would as soon have k<strong>il</strong>led their fellow Muslims for loot in their inflamed state of<br />

viciousness, as they would Jews» (ibid.).<br />

49 Cfr. R. DE FELICE, Ebrei in un paese arabo cit., pp. 331-333.<br />

50 Ibidem.<br />

51 A quanto sembra, nel corso degli incidenti <strong>di</strong> giugno a Tripoli un ebreo aveva lanciato una<br />

bomba contro un camion <strong>della</strong> polizia inglese (cfr. ivi, p. 331).<br />

52 MPIRT, 31, giugno 1948, pp. 333-335.<br />

53 MPIRT, ivi, n. 371.<br />

54 Le notizie relative alla partecipazione dei tripolitani alla guerra in Palestina sono estremamente<br />

frammentarie. In una nota del <strong>di</strong>cembre 1948 si informa del ritorno in Tripolitania <strong>di</strong> Muhammad<br />

Bellusa, che aveva assunto <strong>il</strong> comando del corpo dei volontari tripolitani: Bellusa aveva espresso<br />

durissime critiche sul modo in cui la Lega Araba e <strong>il</strong> governo egiziano avevano trattato i volontari,<br />

letteralmente costringendoli con la forza a tornare nei loro paesi. Aveva anche affermato che un gran<br />

numero <strong>di</strong> volontari aveva perso la vita per mancanza <strong>di</strong> armi e per insufficienza <strong>di</strong> munizioni, ma<br />

soprattutto per l’incapacità dei comandanti (MPIRT, 37, <strong>di</strong>cembre 1948, n. 433).<br />

55 Gli accor<strong>di</strong> con le autorità francesi prevedevano che a quanti tornavano in Tunisia fosse<br />

comminata solamente una piccola pena pecuniaria (ibid). Nei documenti si afferma che «Those<br />

volunteers who arrived from Tunis were of a very poor quality and were obviously no more than<br />

the riff-raff and vagabonds of Tunis»(ibid).<br />

56 Ibid.<br />

57 MPIRT, 32, luglio 1948, allegato: Balhawan a Burghiba, 17 giugno 1948.<br />

210


58 Ibid.<br />

59 MPIRT, 36, novembre 1948, n. 429.<br />

60 MPIRT, 35, ottobre 1948, n. 419.<br />

Gli ebrei <strong>della</strong> Libia, <strong>il</strong> nazionalismo arabo e la questione palestinese<br />

61 Cfr. R. DE FELICE, Ebrei in un paese arabo cit., p. 333.<br />

62 MPIRT, ivi, n. 462.<br />

63 Questo organismo aveva già inviato durante <strong>il</strong> 1948 e all’inizio del 1949 alcuni suoi<br />

funzionari, tra cui alcuni me<strong>di</strong>ci, per controllare la situazione sanitaria <strong>della</strong> comunità, in<br />

particolare quella dei bambini (ibid).<br />

64 Gli ebrei libici erano <strong>di</strong>visi in 14 comunità. I dati dettagliati sono in A. CHOURAQUI, Les Juifs<br />

d’Afrique du Nord, PUF, Paris 1952, p.127.<br />

65 Le sommosse del 1967 avrebbero contato 15 morti e alcune decine <strong>di</strong> feriti. Sugli avvenimenti<br />

<strong>di</strong> quest’ultimo periodo, cfr. R. DE FELICE, Ebrei in un paese arabo cit., passim.<br />

211


Oltre la Konversija:<br />

l'industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa nella Federazione Russa<br />

<strong>di</strong> Cristian Collina<br />

Introduzione<br />

Oltre stu<strong>di</strong> la sull'europa<br />

Konversija<br />

L’attuale scenario delle relazioni internazionali sembra ormai aver<br />

assunto alcune caratteristiche sul piano politico e strategico destinate a<br />

conservarsi per alcuni decenni. Nella politica delle gran<strong>di</strong> potenze ha ripreso<br />

vigore e corpo la issue m<strong>il</strong>itare con l’avvio <strong>di</strong> una nuova stagione <strong>di</strong> riarmo,<br />

dopo circa un decennio (1987-1998) <strong>di</strong> relativo contenimento e <strong>di</strong> impegno<br />

per <strong>il</strong> <strong>di</strong>sarmo ed <strong>il</strong> controllo degli armamenti. Quale sia stato l’evento o <strong>il</strong><br />

ciclo <strong>di</strong> eventi politici che ha portato alla rottura <strong>di</strong> questa fase è oggetto <strong>di</strong><br />

un vivace <strong>di</strong>battito tra intellettuali e policy-makers. Ad ogni modo <strong>il</strong> ritorno<br />

<strong>della</strong> issue m<strong>il</strong>itare nella politica internazionale, a partire dalla fine degli anni<br />

novanta, da subito si è imposto come un passaggio profondo cui gli eventi<br />

dell’11 settembre hanno fatto allo stesso tempo da corollario e catalizzatore.<br />

Si pensi ad esempio alla crescita delle tensioni nelle regioni calde del pianeta,<br />

alla crisi del Kosovo e al confronto sull’intervento umanitario e <strong>il</strong> nuovo<br />

ruolo <strong>della</strong> NATO, e sul piano delle politiche degli armamenti, allo stallo<br />

negli accor<strong>di</strong> <strong>di</strong> Disarmo, alla messa in <strong>di</strong>scussione <strong>di</strong> trattati storici per <strong>il</strong><br />

controllo degli armamenti come l’ABM 1972, al riemergere dei progetti<br />

statunitensi sulla creazione <strong>di</strong> uno scudo antimiss<strong>il</strong>istico.<br />

La Federazione Russa ha cercato per tempo l’aggancio al nuovo<br />

panorama che si è andato delineando e si presenta oggi, con l’entrata in forza<br />

<strong>di</strong> azioni quali la guerra preventiva condotta dagli USA in Iraq, come un<br />

paese teso a riproporre <strong>il</strong> proprio status <strong>di</strong> potenza m<strong>il</strong>itare. Su un primo<br />

livello, <strong>il</strong> tentativo <strong>di</strong> capire come <strong>il</strong> paese abbia assolto questo compito<br />

riporta all’adozione dei nuovi documenti m<strong>il</strong>itari e strategici (la Dottrina<br />

M<strong>il</strong>itare e la Concezione <strong>di</strong> Sicurezza Nazionale), e all’aumento sostanziale<br />

<strong>della</strong> spesa m<strong>il</strong>itare 1 . Da un punto <strong>di</strong> vista cronologico sia l’adozione dei<br />

nuovi documenti sia l’aumento <strong>della</strong> spesa risalgono alla fine degli anni<br />

novanta: nel 1998 è pianificato <strong>il</strong> primo aumento <strong>della</strong> spesa e nel 1999<br />

213


Cristian Collina<br />

iniziano i lavori per la stesura dei nuovi documenti. Oggi <strong>il</strong> paese vanta un<br />

pacchetto <strong>di</strong> documenti strategici che tiene <strong>il</strong> passo con le attuali minacce<br />

alla sicurezza nazionale e internazionale (terrorismo, conflitti regionali,<br />

integralismi ecc.) e un livello <strong>di</strong> spesa m<strong>il</strong>itare stimato, da molti istituti <strong>di</strong><br />

ricerca tra cui l’istituto SIPRI, <strong>il</strong> secondo più alto al mondo dopo quello degli<br />

USA, a partire dal 1999.<br />

Tuttavia, se l’introduzione dei nuovi documenti, con la peculiarità delle<br />

argomentazioni contenute, aiuta a spiegare l’aggancio politico ad un<br />

contesto internazionale in cui la Russia deve recuperare e mantenere lo status<br />

<strong>di</strong> grande potenza m<strong>il</strong>itare, <strong>il</strong> cospicuo aumento <strong>della</strong> spesa m<strong>il</strong>itare, da solo,<br />

non sod<strong>di</strong>sfa la comprensione dell’aggancio economico. Un aspetto<br />

tutt’altro che residuo se si considera che è proprio la <strong>di</strong>mensione economica<br />

e industriale, intesa come quantità e qualità <strong>di</strong> armamenti elaborati, prodotti<br />

e venduti, che detta la reale potenza e atten<strong>di</strong>b<strong>il</strong>ità sul lungo periodo delle<br />

scelte in materia <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa e sicurezza <strong>di</strong> ogni paese. È a questo punto, dunque,<br />

che si delinea la necessità <strong>di</strong> spingersi verso un livello più approfon<strong>di</strong>to <strong>di</strong><br />

indagine che riguarda l’economia <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa e le più recenti <strong>di</strong>namiche nel<br />

complesso m<strong>il</strong>itare-industriale <strong>della</strong> Russia.<br />

In questo articolo si proverà a farlo secondo la seguente linea <strong>di</strong><br />

ragionamento. La Konversija, ovvero la conversione dell’industria m<strong>il</strong>itare<br />

alla produzione civ<strong>il</strong>e, tracciata negli ultimi anni <strong>di</strong> vita dell’Unione<br />

Sovietica in concerto con l’impegno sulla via del Disarmo e poi ere<strong>di</strong>tata e<br />

rielaborata dalla Federazione Russa, è stata la cornice e l’ispirazione dei<br />

cambiamenti nel settore m<strong>il</strong>itare industriale per circa un decennio: dal 1988<br />

al 1997. A partire dal 1998, tuttavia, sia in ragione del generale fallimento<br />

delle politiche <strong>di</strong> conversione, sia per una nuova sensib<strong>il</strong>ità in campo<br />

m<strong>il</strong>itare e strategico che comincia a toccare la leadership del paese, la<br />

Konversija smette <strong>di</strong> essere <strong>il</strong> principale meccanismo <strong>di</strong> trasformazione<br />

dell’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa russa e ad essa subentra una nuova politica: la<br />

Restrukturizacija.<br />

In primo luogo, saranno <strong>il</strong>lustrate le ragioni e gli obiettivi del nuovo corso<br />

dell’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa russa con riferimento anche alle attuali <strong>di</strong>namiche<br />

m<strong>il</strong>itari-industriali dei paesi più avanzati. Successivamente, saranno considerati<br />

alcuni aspetti attuativi <strong>della</strong> politica <strong>di</strong> Restrukturizacija – dal rior<strong>di</strong>no degli<br />

assetti proprietari al trasferimento <strong>di</strong> competenze ad autorità civ<strong>il</strong>i e alla<br />

collaborazione con soggetti stranieri – al fine <strong>di</strong> mettere in evidenza i principali<br />

elementi innovativi introdotti. Nei paragrafi principali, saranno riportati alcuni<br />

accenni a vicende e decisioni concrete <strong>di</strong> imprese e aziende del settore.<br />

214


1. Origini e scopi <strong>della</strong> Restrukturizacija<br />

Oltre la Konversija<br />

Già alla fine del 1997 i risultati <strong>della</strong> Konversija, la politica <strong>di</strong> conversione<br />

ere<strong>di</strong>tata dall’URSS erano apparsi alquanto deludenti e si richiedevano<br />

interventi sostanziali nel settore m<strong>il</strong>itare-industriale, non solo perché le<br />

politiche <strong>di</strong> conversione non si erano consolidate come ci si aspettava, ma<br />

anche perché <strong>il</strong> complesso m<strong>il</strong>itare-industriale andava incontro ad una<br />

progressiva decadenza, come anche le principali risorse per lo sv<strong>il</strong>uppo<br />

scientifico e tecnologico sia <strong>di</strong> tipo m<strong>il</strong>itare che civ<strong>il</strong>e 2 . La Konversija aveva<br />

l’obiettivo <strong>di</strong> trasferire capacità e potenzialità produttive dal settore m<strong>il</strong>itare a<br />

quello civ<strong>il</strong>e. Tuttavia anche quando la conversione riusciva ad essere portata<br />

a compimento, <strong>il</strong> bene prodotto in sostituzione <strong>di</strong> quello m<strong>il</strong>itare conteneva<br />

un concentrato <strong>di</strong> tecnologia molto più basso 3 . Alla lunga <strong>il</strong> gap tecnologico<br />

accumulato rispetto agli altri paesi sarebbe <strong>di</strong>venuto incolmab<strong>il</strong>e e avrebbe<br />

relegato la Russia ad un ruolo <strong>di</strong> follower sulla scena internazionale. Sul finire<br />

degli anni novanta, inoltre, la nuova fase <strong>di</strong> riarmo che coinvolge le gran<strong>di</strong><br />

potenze rende necessario l’intervento nel settore m<strong>il</strong>itare industriale anche per<br />

assicurare alla Russia un ruolo visib<strong>il</strong>e e non subalterno in questo contesto. Dal<br />

1998 prende <strong>il</strong> via così una politica <strong>di</strong> ampio respiro volta alla modernizzazione<br />

dell’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa e alla sua integrazione con <strong>il</strong> sistema economico sotto<br />

<strong>il</strong> nome <strong>di</strong> Restrukturizacija. Questa politica, ampiamente sostenuta dal<br />

presidente V. Putin ed <strong>il</strong> suo entourage politico, si articola in un programma<br />

generale, lanciato nel 1998, e una serie <strong>di</strong> programmi <strong>di</strong> settore e misure ad hoc<br />

adottate in momenti <strong>di</strong>versi e prevalentemente nel periodo 1998-2001.<br />

L’aumento intenso <strong>della</strong> spesa m<strong>il</strong>itare in questi anni è senz’altro <strong>il</strong> primo<br />

in<strong>di</strong>catore <strong>di</strong> un ritrovato impegno in materia m<strong>il</strong>itare industriale, da parte<br />

<strong>della</strong> leadership del paese. Secondo la pubblicazione annuale dell’istituto<br />

SIPRI (2002) l’andamento <strong>della</strong> spesa m<strong>il</strong>itare <strong>della</strong> Russia conferma <strong>il</strong> trend<br />

<strong>di</strong> crescita degli ultimi quattro anni, pareggiando, a fine 2001, una somma <strong>di</strong><br />

circa 43.9 m<strong>il</strong>iar<strong>di</strong> <strong>di</strong> dollari. Negli ultimi anni, inoltre, <strong>il</strong> paese è <strong>il</strong> secondo<br />

al mondo per spesa m<strong>il</strong>itare dopo gli Stati Uniti, con <strong>il</strong> 6 per cento nel 2001;<br />

<strong>il</strong> 6 per cento nel 2000 e <strong>il</strong> 7 per cento nel 1999. Nel 2002, la spesa m<strong>il</strong>itare<br />

è aumentata del 20 per cento 4 . Se, dunque, la Konversija si è combinata con<br />

drastici tagli alla spesa m<strong>il</strong>itare, nel 1992 infatti la spesa si riduce <strong>di</strong> due terzi<br />

rispetto al 1991 per <strong>di</strong>minuire con ritmi minori negli anni successivi, la<br />

Restrukturizacija si combina, invece, con una crescita <strong>della</strong> spesa m<strong>il</strong>itare 5 . Si<br />

tratta <strong>di</strong> una <strong>di</strong>fferenza sostanziale che influisce soprattutto sulle possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong><br />

riuscita, dal momento che una delle principali cause del fallimento <strong>della</strong><br />

215


Cristian Collina<br />

Konversija è stata in<strong>di</strong>viduata proprio nella carenza <strong>di</strong> finanziamenti sia <strong>di</strong>retti<br />

che in<strong>di</strong>retti.<br />

Sulla base <strong>di</strong> questo forte investimento finanziario, gli interventi <strong>di</strong><br />

Restrukturizacija si pongono l’obiettivo <strong>di</strong> r<strong>il</strong>anciare secondo linee moderne<br />

l’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa ed in generale <strong>il</strong> potenziale strategico del paese, in<br />

modo da reggere <strong>il</strong> confronto internazionale e fronteggiare quelle <strong>di</strong>verse<br />

prospettive <strong>di</strong> crisi, in<strong>di</strong>viduate nei nuovi documenti sulla sicurezza<br />

nazionale approvati nel 2000 e confermate negli anni successivi<br />

dall’intensificarsi del terrorismo <strong>di</strong> matrice islamica, dagli eventi dell’11<br />

settembre e dalle successive guerre. La Restrukturizacija si pone inoltre come<br />

tentativo <strong>di</strong> rapido aggancio alle complesse trasformazioni cui è stata<br />

soggetta l’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa delle gran<strong>di</strong> potenze negli anni novanta e alle<br />

modalità <strong>di</strong> riarmo dei paesi più industrializzati.<br />

Con la fine <strong>della</strong> guerra fredda, le commesse m<strong>il</strong>itari nella maggior parte<br />

<strong>di</strong> questi paesi si riducono. Lo stesso livello <strong>della</strong> spesa m<strong>il</strong>itare mon<strong>di</strong>ale dal<br />

1992 si abbassa notevolmente e tocca, nel 1998, <strong>il</strong> suo minimo storico. Le<br />

industrie <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa dei paesi più industrializzati, quini, vanno incontro ad<br />

un processo <strong>di</strong> riorientamento e <strong>di</strong> trasformazione, per non vedere estinta la<br />

loro esistenza e la loro funzione. La principale soluzione è offerta dalla<br />

ven<strong>di</strong>ta a paesi che non perseguono politiche <strong>di</strong> <strong>di</strong>sarmo e sono coinvolti in<br />

crisi e conflitti regionali: Me<strong>di</strong>o Oriente, Balcani, Sud Est Asiatico, tra le<br />

principali aree, ma anche: Africa, Asia Centrale, America Centrale e del Sud.<br />

Negli anni novanta, inoltre, si moltiplicano i soggetti non nazionali che<br />

commissionano e acquistano armi <strong>di</strong> ogni genere: dai vari eserciti e corpi <strong>di</strong><br />

liberazione, come l’UCK (Esercito <strong>di</strong> Liberazione Nazionale) in Kosovo,<br />

fino alle reti terroristiche <strong>di</strong> matrice islamica fondamentalista, oggi <strong>di</strong>venute<br />

<strong>di</strong> drammatica attualità 6 .<br />

L’incidenza dell’export <strong>di</strong> armi e generi m<strong>il</strong>itari sul PIL cresce tra <strong>il</strong> 1990<br />

ed <strong>il</strong> 1997, dall’11 per cento al 21 per cento in USA, dal 31 per cento al 41<br />

per cento in Francia, dal 38 per cento al 50 per cento in Gran Bretagna 7 . In<br />

pochi anni, dal 1992 al 1998, <strong>il</strong> potenziale m<strong>il</strong>itare accumulato nei paesi più<br />

industrializzati è smistato nei vari angoli del mondo in vari mo<strong>di</strong>: dalla<br />

ven<strong>di</strong>ta <strong>di</strong>retta alla collaborazione scientifico-tecnologica, al trasferimento<br />

<strong>di</strong> tecnologie m<strong>il</strong>itari. D’altra parte, non va <strong>di</strong>menticato che, mentre la spesa<br />

m<strong>il</strong>itare dei paesi industrializzati decresce quella dei paesi terzi cresce o si<br />

mantiene costante 8 .<br />

Dunque negli stessi anni in cui la spesa m<strong>il</strong>itare delle gran<strong>di</strong> potenze si<br />

riduce <strong>il</strong> commercio ed <strong>il</strong> traffico <strong>di</strong> armi e sistemi d’arma si ampliano<br />

216


Oltre la Konversija<br />

vertiginosamente. Tuttavia, <strong>il</strong> commercio estero non è l’unica via <strong>di</strong><br />

sopravvivenza per l’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa dei paesi industrializzati dopo la<br />

guerra fredda. Un’alternativa è rappresentata dal riorientamento,<br />

quantitativo e qualitativo, delle proprie attività produttive al fine <strong>di</strong><br />

sod<strong>di</strong>sfare le richieste <strong>della</strong> sfera civ<strong>il</strong>e dell’economia 9 . Si tratta <strong>di</strong> qualcosa<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>verso dalla conversione, perché non implica la cessazione <strong>della</strong><br />

produzione m<strong>il</strong>itare e perché nei paesi industrializzati, <strong>il</strong> settore civ<strong>il</strong>e è stato<br />

sempre abbastanza sv<strong>il</strong>uppato e recepisce in modo ut<strong>il</strong>e i contributi del<br />

settore m<strong>il</strong>itare. La produzione civ<strong>il</strong>e delle imprese m<strong>il</strong>itari deve competere<br />

in un mercato ormai consolidato, dove <strong>di</strong>verse imprese già da tempo<br />

sod<strong>di</strong>sfano la richiesta <strong>di</strong> beni civ<strong>il</strong>i. Per questa ragione essa non può essere<br />

assim<strong>il</strong>ata neanche alla <strong>di</strong>versificazione, in quanto una produzione civ<strong>il</strong>e<br />

residua e secondaria non avrebbe prospettive <strong>di</strong> concorrenza, né <strong>di</strong> successo.<br />

L’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa dei paesi industrializzati va, dunque, incontro ad<br />

un processo <strong>di</strong> integrazione con <strong>il</strong> sistema industriale ed economico che<br />

implica tanto <strong>il</strong> movimento delle industrie m<strong>il</strong>itari verso la produzione civ<strong>il</strong>e<br />

tanto l’inverso. Con la Restrukturizacija, la leadership russa si propone<br />

proprio questo obiettivo <strong>di</strong> compenetrazione ed integrazione del sistema<br />

industriale. Probab<strong>il</strong>mente si tratta <strong>di</strong> un obiettivo troppo ambizioso per le<br />

così <strong>di</strong>verse con<strong>di</strong>zioni strutturali rispetto ai paesi industrializzati. Tuttavia,<br />

è l’unico modo per poter agganciare i livelli internazionali, in un momento<br />

in cui la leadership russa ha preso coscienza che l’era <strong>della</strong> Konversija e<br />

soprattutto del Disarmo è finita. Infatti, la politica <strong>di</strong> conversione, seppure<br />

in continua revisione, si è protratta e mantenuta per tempi così lunghi solo<br />

in Russia. In Occidente e negli USA in particolare, essa non ha avuto granché<br />

successo e <strong>di</strong>ffusione, le imprese ritenute non più ut<strong>il</strong>i al fabbisogno m<strong>il</strong>itare<br />

sono state privatizzate del tutto o liquidate, ma in pochi casi hanno<br />

convertito la loro produzione sulla base <strong>di</strong> programmi e finanziamenti<br />

pubblici. Eccetto casi episo<strong>di</strong>ci, l’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa delle gran<strong>di</strong> potenze<br />

non è stata interessata da un processo <strong>di</strong> conversione in blocco e totale, ma<br />

ha seguito altre forme <strong>di</strong> trasformazione 10 . L’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa non ha<br />

abbandonato la produzione m<strong>il</strong>itare, ma ha razionalizzato e modernizzato<br />

la conduzione e la produzione, secondo linee coerenti con i sistemi <strong>di</strong><br />

mercato con i quali deve interagire e con le nuove esigenze <strong>di</strong> warfare. La<br />

Restrukturizacija, intesa come tentativo <strong>di</strong> aggancio a questo tipo <strong>di</strong><br />

industria, è quin<strong>di</strong> una svolta ra<strong>di</strong>cale rispetto alla Konversija.<br />

L’intenzione <strong>di</strong> integrare l’industria m<strong>il</strong>itare con quella civ<strong>il</strong>e, tuttavia,<br />

non si spiega solo con l’ansia <strong>di</strong> importare modelli stranieri, che dopo la crisi<br />

217


Cristian Collina<br />

del 1998 in Russia è piuttosto <strong>di</strong>minuita, ma anche come una soluzione<br />

efficace per fronteggiare le svariate esigenze del paese. Infatti, non ci sono<br />

solo le minacce e le sfide sul piano m<strong>il</strong>itare e strategico da fronteggiare, ma<br />

anche la <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e questione del gap tecnologico e scientifico da colmare al più<br />

presto. Così, nel nuovo in<strong>di</strong>rizzo m<strong>il</strong>itare industriale ricercato dalla<br />

Restrukturizacija, le imprese sono chiamate a produrre beni civ<strong>il</strong>i ad alto<br />

livello tecnologico in grado <strong>di</strong> reggere la concorrenza, senza sacrificare <strong>il</strong><br />

livello qualitativo <strong>della</strong> quota <strong>di</strong> produzione m<strong>il</strong>itare che le viene richiesta.<br />

Questa quota può consistere in prodotti interi o, come sempre più spesso<br />

capita, in parti <strong>di</strong> prodotto che vengono poi raccolte ed assemblate da<br />

imprese a produzione solo m<strong>il</strong>itare, come accade per la componentistica per<br />

gli interni <strong>di</strong> veicoli m<strong>il</strong>itari 11 . Ad esempio, uno stab<strong>il</strong>imento <strong>di</strong> generi ra<strong>di</strong>osatellitari<br />

viene sollecitato a produrre, al contempo, sistemi cellulari e nuovi<br />

sistemi per la comunicazione e la trasmissione <strong>di</strong> segnali non intercettab<strong>il</strong>i<br />

tra veicoli ad alta quota. È <strong>il</strong> caso <strong>della</strong> Almetievsk Ra<strong>di</strong>opribor, <strong>di</strong><br />

Almetievsk. Le due produzioni non sono fra loro subor<strong>di</strong>nate ma collegate,<br />

in modo da tenere le imprese al loro massimo <strong>di</strong> prestazione.<br />

Nella Russia <strong>della</strong> fine degli anni novanta, <strong>il</strong> settore m<strong>il</strong>itare-industriale,<br />

per quanto vulnerato e sconvolto da un decennio (1988-1998) <strong>di</strong><br />

conversione mancata, rappresenta l’unico punto <strong>di</strong> partenza <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>e per<br />

far fronte a tante e tali sfide che si frappongono contemporaneamente. È,<br />

infatti, ancora nel VKP (Voennoe Promyshlennoe Kompleks) che si<br />

concentrano le migliori risorse qualitative e quantitative per lo sv<strong>il</strong>uppo,<br />

come ad esempio, la gran parte degli istituti <strong>di</strong> ricerca e progettazione,<br />

rimasti nelle mani dello Stato perché non sono stati privatizzati 12 .<br />

Dunque, l’integrazione è un modo per adempiere al contempo richieste<br />

m<strong>il</strong>itari e civ<strong>il</strong>i. Questo vuol <strong>di</strong>re che le imprese vanno ristrutturate in modo<br />

da sod<strong>di</strong>sfare tanto le richieste m<strong>il</strong>itari che quelle civ<strong>il</strong>i e poter contribuire<br />

allo sv<strong>il</strong>uppo del sistema economico, in particolare, <strong>della</strong> produzione interna<br />

ad alto contenuto tecnologico e alla crescita delle voci dell’export. È<br />

importante perciò sottolineare, sin d’ora, che l’intenzione esplicitamente<br />

espressa dalle autorità russe <strong>di</strong> ridurre <strong>il</strong> numero delle imprese facenti capo<br />

al VPK non contrasta con quella <strong>di</strong> r<strong>il</strong>anciare l’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa, essendo<br />

la loro integrazione, sul lungo periodo, un fine altrettanto caldeggiato.<br />

A partire dagli ultimi anni novanta, come si è detto, <strong>il</strong> quadro<br />

internazionale strategico e m<strong>il</strong>itare si complica profondamente e si apre una<br />

nuova fase <strong>di</strong> riarmo. Tuttavia, le risposte alle esigenze m<strong>il</strong>itari-industriali <strong>di</strong><br />

un paese sv<strong>il</strong>uppato sono <strong>di</strong>verse da quelle che si potevano concepire, e che<br />

218


Oltre la Konversija<br />

furono date dall’Unione Sovietica nel corso del Novecento. Un’economia<br />

del tutto o fortemente m<strong>il</strong>itarizzata, o anche un’economia in cui la<br />

produzione m<strong>il</strong>itare ha un primato in<strong>di</strong>scusso sulle altre attività economiche<br />

ed industriali, oggi non avrebbe speranza <strong>di</strong> sopravvivere. Ci si orienta,<br />

invece, verso un’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa pronta e moderna, ma che non<br />

impone gran<strong>di</strong> sacrifici e restrizioni per l’economia ed <strong>il</strong> progresso civ<strong>il</strong>e, che<br />

non sarebbero più concepib<strong>il</strong>i. Infatti, nei paesi industrializzati certi livelli<br />

crescenti <strong>di</strong> benessere, <strong>di</strong> progresso e <strong>di</strong> consumo sono ormai acquisiti e<br />

<strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>mente si può tornare in<strong>di</strong>etro.<br />

Non è un caso se quel modo novecentesco <strong>di</strong> fare riarmo è rimasto in voga<br />

nei paesi meno sv<strong>il</strong>uppati e progre<strong>di</strong>ti, dove massicce quantità <strong>di</strong> risorse<br />

umane ed intellettuali sono destinante all’industria m<strong>il</strong>itare, spesso<br />

privando la popolazione <strong>di</strong> bas<strong>il</strong>ari <strong>di</strong>ritti e beni <strong>di</strong> consumo 13 . Nei paesi più<br />

industrializzati, invece, le caratteristiche non egemoni dell’industria <strong>della</strong><br />

<strong>di</strong>fesa e la tendenza verso l’integrazione rispetto al sistema economico non<br />

sono solo un riflesso <strong>di</strong> tempi in un cui le questioni m<strong>il</strong>itari non sono<br />

prioritarie e la spesa m<strong>il</strong>itare mon<strong>di</strong>ale si riduce. Si tratta, piuttosto, <strong>di</strong><br />

un’autentica caratteristica strutturale che, gradualmente, l’industria <strong>della</strong><br />

<strong>di</strong>fesa sta assumendo. Quando infatti incomincia l’attuale fase <strong>di</strong> riarmo non<br />

si assiste ad un’inversione delle <strong>di</strong>namiche intraprese nel dopo guerra fredda.<br />

Il riarmo delle gran<strong>di</strong> potenze insiste sugli aspetti qualitativi, innovativi,<br />

assumendo i principi e le regole <strong>della</strong> produzione aziendale in un’economia<br />

<strong>di</strong> mercato, volte ad evitare la sovrapproduzione e la concentrazione <strong>di</strong><br />

gran<strong>di</strong> quantità <strong>di</strong> prodotti, che in breve possono <strong>di</strong>ventare obsoleti, e non<br />

incrociano le esigenze reali del paese. La produzione m<strong>il</strong>itare deve costare<br />

poco, non eccedere le quantità necessarie la <strong>di</strong>fesa e l’export, e mantenere i<br />

livelli qualitativi più avanzati 14 .<br />

Al fine <strong>di</strong> ridurre i costi, in alcuni casi, si possono commissionare le<br />

componenti non determinanti la natura m<strong>il</strong>itare <strong>di</strong> un prodotto ad alcune<br />

industrie a produzione civ<strong>il</strong>e, leader nel loro settore, in modo che le industrie<br />

a produzione m<strong>il</strong>itare si concentrino sulle sole applicazioni e<br />

accessorizzazioni <strong>di</strong> valore m<strong>il</strong>itare. Su questa base, negli USA e negli altri<br />

paesi più industrializzati, nascono gran<strong>di</strong> accor<strong>di</strong>, che talvolta sfociano in<br />

fusioni, tra vari soggetti industriali 15 .<br />

In questo modo, la produzione m<strong>il</strong>itare, anche in un clima <strong>di</strong> riarmo,<br />

assume forme più elastiche ed interagisce con la produzione civ<strong>il</strong>e senza<br />

penalizzarla, dando vita a quello che alcuni autori definiscono riarmo snello,<br />

con un richiamo al concetto <strong>della</strong> lean production assai <strong>di</strong>ffuso nella teoria<br />

219


Cristian Collina<br />

e nella prassi aziendale più recente. Gli stessi contorni del settore m<strong>il</strong>itareindustriale<br />

si attenuano e la produzione è meno ingombrante sul piano fisico<br />

e finanziario. Si deve però puntualizzare che se dal 1998 inizia una fase <strong>di</strong><br />

riarmo che interessa le gran<strong>di</strong> potenze, queste ultime tuttavia non sono<br />

<strong>di</strong>rettamente travolte e toccate da minacce e atti <strong>di</strong> guerra. È l’11 settembre,<br />

invece, che cambia lo scenario: l’impegno degli USA per fronteggiare ciò che<br />

è definito un attacco m<strong>il</strong>itare viene acquisito dalle potenze mon<strong>di</strong>ali<br />

coinvolte in una lunga guerra al terrorismo, che ha assunto <strong>il</strong> nome <strong>di</strong><br />

enduring freedom. Gli anni prossimi dovranno <strong>di</strong>mostrare le <strong>di</strong>fferenze tra <strong>il</strong><br />

riarmo in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> pace e <strong>il</strong> riarmo in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> guerra, e più in<br />

particolare se le forme ed i principi del riarmo snello, emersi nel periodo<br />

1998-2001, sono destinati a perdurare o a svanire e in cambio <strong>di</strong> cosa.<br />

In ogni caso, sia l’integrazione dell’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa sia <strong>il</strong> riarmo<br />

snello sono realtà alle quali vuole approdare <strong>il</strong> nuovo corso <strong>di</strong> trasformazioni<br />

dell’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa russa. Lo <strong>di</strong>mostrano i sei principali obiettivi <strong>della</strong><br />

Restrukturizacija in<strong>di</strong>viduati nel Programma Federale del 24 giugno del<br />

1998 Federalnaja Programma Konversii i Restrukturizacii Voennogo<br />

Promyslennosti (Programma Federale <strong>di</strong> Conversione e Restrukturizacija),<br />

che apre concretamente la nuova fase <strong>di</strong> politiche m<strong>il</strong>itari-industriali.<br />

Il primo <strong>di</strong> questi è la riduzione del numero delle industrie a piena<br />

produzione m<strong>il</strong>itare chiamate a sod<strong>di</strong>sfare gli or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Stato. L’intenzione è <strong>di</strong><br />

costituire un nucleo <strong>di</strong> circa 670 imprese e stab<strong>il</strong>imenti produttivi, <strong>di</strong> proprietà<br />

statale con piccole partecipazioni private. Il nucleo dovrebbe raccogliere i<br />

migliori soggetti sul piano produttivo, finanziario e tecnologico, stimolando la<br />

concorrenza tra le varie <strong>di</strong>tte aspiranti a questo status, che <strong>il</strong> legislatore russo ha<br />

quantificato nel 1997 in più <strong>di</strong> 1.700. Per questo obiettivo, dopo <strong>il</strong> 1998 <strong>il</strong><br />

termine è stato più volte rinviato: dal 2000 al 2005 al 2010. Finora l’Agenzia<br />

Informativa del VPK, TC VPK, che segue, tra le altre cose, l’attuazione del<br />

Programma ha reso noti <strong>il</strong> totale delle imprese del VPK relativo al 1997, 1.731;<br />

al 1998, 1.749; al 1999, quando esso scende a 1.528; al primo semestre 1999,<br />

che registra una seconda contrazione arrivando a 1.489 16 . Il totale per anno,<br />

tuttavia, non include tutta una serie <strong>di</strong> soggetti non rientranti <strong>di</strong>rettamente nel<br />

cartello VPK, ma coinvolti nella produzione m<strong>il</strong>itare industriale, come ad<br />

esempio molti stab<strong>il</strong>imenti energetici, minerari e chimici. In questo modo,<br />

seppure è riscontrab<strong>il</strong>e una relativa riduzione, essa non si avvicina ancora ai livelli<br />

desiderati. Va considerato che molte imprese mantengono una alta quota <strong>di</strong><br />

produzione m<strong>il</strong>itare anche se, formalmente, esclusi dal cartello del VPK 17 . In<br />

seguito alla crisi apertasi l’11 settembre è possib<strong>il</strong>e che <strong>il</strong> numero delle imprese<br />

220


Oltre la Konversija<br />

a produzione m<strong>il</strong>itare non <strong>di</strong>minuisca, dal momento che, già nel 2002, c’è stato<br />

un incremento massiccio degli or<strong>di</strong>nativi m<strong>il</strong>itari.<br />

Il secondo obiettivo <strong>della</strong> Restrukturizacija è rendere la produzione m<strong>il</strong>itare<br />

compatib<strong>il</strong>e con altre attività produttive, al fine <strong>di</strong> coprire la domanda interna.<br />

Dunque, le organizzazioni dell’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa ricevono degli or<strong>di</strong>ni<br />

m<strong>il</strong>itari che non assorbono l’intera capacità produttiva e consentono loro <strong>di</strong><br />

condurre altre attività finalizzate all’export m<strong>il</strong>itare o alla produzione civ<strong>il</strong>e. Su<br />

quest’ultima l’impresa gode <strong>della</strong> massima autonomia dal controllo e dalla<br />

presenza pubblica. La fissazione <strong>di</strong> questo obiettivo risente molto delle<br />

<strong>di</strong>namiche evidenti nell’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa dei gran<strong>di</strong> paesi industrializzati.<br />

Spesso, presso le gran<strong>di</strong> imprese a produzione m<strong>il</strong>itare si costituiscono delle<br />

aziende f<strong>il</strong>iali (docerie predpriatie) che svolgono una produzione civ<strong>il</strong>e in piena<br />

autonomia, ma coor<strong>di</strong>nate e finanziate da uno stesso management. Il<br />

meccanismo delle docerie predpriatie viene fatto proprio dalla prassi delle<br />

gran<strong>di</strong> imprese, come la Polimer, dove ne nascono 15 con lo scopo <strong>di</strong> produrre<br />

quei beni introvab<strong>il</strong>i, ostrodeficitnoj 18 .<br />

Il terzo obiettivo <strong>della</strong> Restrukturizacija, che risente dei modelli stranieri,<br />

è quello <strong>di</strong> selezionare dei prodotti m<strong>il</strong>itari da produrre e potenziare in<br />

termini prioritari. Si possono in<strong>di</strong>viduare almeno due priorità caldeggiate<br />

dall’amministrazione russa: una collegata alle esigenze interne per la<br />

sicurezza del paese, l’altra collegata al confronto internazionale. Nel primo<br />

punto rientrano: la produzione <strong>di</strong> armi convenzionali, <strong>di</strong> piccoli armamenti<br />

e <strong>di</strong> sistemi <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa adatti ai microconflitti, ai conflitti locali, e alla<br />

guerriglia, ma anche la strumentazione per la previsione, <strong>il</strong> controllo e la<br />

soppressione <strong>di</strong> pericoli m<strong>il</strong>itari o terroristici interni. Nel corso degli anni<br />

novanta, la Russia ha mantenuto lo status <strong>di</strong> potenza m<strong>il</strong>itare in base al<br />

potenziale nucleare e atomico ere<strong>di</strong>tato dall’URSS, ma la sua capacità<br />

m<strong>il</strong>itare sul piano convenzionale non raggiunge i livelli dei paesi più<br />

sv<strong>il</strong>uppati. Alla lunga, questo <strong>di</strong>vario potrebbe portare alla per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> quella<br />

capacità <strong>di</strong> escalation dominance, saper scalare i livelli del conflitto dai più<br />

bassi ai più alti, che oggi è in<strong>di</strong>spensab<strong>il</strong>e per conservare lo status <strong>di</strong> potenza<br />

m<strong>il</strong>itare, dal momento che sono sempre più <strong>di</strong>ffusi i conflitti <strong>di</strong> raggio<br />

me<strong>di</strong>o-corto che coinvolgono gran<strong>di</strong> potenze.<br />

La questione cecena è un esempio concreto <strong>di</strong> conflitto locale, che la Russia<br />

deve fronteggiare e per <strong>il</strong> quale si richiedono armamenti leggeri ad alta<br />

precisione e tecnologia, come carri cingolati ed elicotteri <strong>di</strong> piccolo taglio, ma<br />

anche mitragliatori e sistemi esplosivi ad alta precisione e <strong>di</strong> piccola fattura.<br />

Fronteggiare la guerriglia cecena con le armi convenzionali in riserva, risalenti<br />

221


Cristian Collina<br />

all’era sovietica, non è una prospettiva affidab<strong>il</strong>e 19 . L’esercito ceceno, infatti,<br />

può essere considerato tra quei soggetti non nazionali che, alla metà degli anni<br />

novanta, cominciano ad acquistare e raccogliere armi anche da parte<br />

occidentale. Per quanto riguarda <strong>il</strong> secondo genere <strong>di</strong> priorità, certamente <strong>il</strong><br />

settore nel quale <strong>il</strong> confronto internazionale si fa più acceso dalla fine degli anni<br />

novanta è quello aerospaziale. In questo settore la Russia ha ancora molti<br />

elementi per poter reggere <strong>il</strong> confronto. Il lungo esperimento <strong>della</strong> stazione<br />

orbitante Mir riuscito con successo è una prova atten<strong>di</strong>b<strong>il</strong>e <strong>della</strong> tenuta del<br />

settore nei <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>i anni <strong>della</strong> transizione. A maggior ragione la<br />

Restrukturizacija mira a conservare e sv<strong>il</strong>uppare al meglio le capacità del settore<br />

in futuro. Anche qui, sono previsti importanti sforzi in <strong>di</strong>rezione civ<strong>il</strong>e. Al<br />

settore aereo-spaziale, infatti, è affidato lo sv<strong>il</strong>uppo delle comunicazioni e dei<br />

servizi satellitari per ogni finalità, dall’intrattenimento alla <strong>di</strong>fesa, che deve<br />

avvenire in concerto con altri settori industriali.<br />

Il quarto obiettivo è l’introduzione <strong>di</strong> criteri <strong>di</strong> razionalità economica<br />

nella conduzione delle singole imprese e nell’articolazione generale<br />

dell’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa. A tal fine si pone <strong>il</strong> problema <strong>di</strong> ridurre i costi, gli<br />

sprechi, le inefficienze che da sempre hanno caratterizzato l’industria <strong>della</strong><br />

<strong>di</strong>fesa russa. Questo obiettivo <strong>di</strong> per sé non è nuovo, perché anche la<br />

Konversija si proponeva <strong>di</strong> ridurre gli sprechi e i costi. Tuttavia, l’elemento<br />

<strong>di</strong>stintivo in questa fase è che si fa chiaramente riferimento al contenimento<br />

e alla <strong>di</strong>sciplina delle pressioni interne al settore m<strong>il</strong>itare-industriale,<br />

facendo prevalere approcci neutrali e <strong>di</strong>staccati nella amministrazione degli<br />

affari m<strong>il</strong>itari industriali. Si ricerca, dunque, un orientamento <strong>il</strong> più<br />

possib<strong>il</strong>e sistemico e non settoriale, in vista anche <strong>di</strong> quella già menzionata<br />

integrazione dell’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa con <strong>il</strong> sistema economico e<br />

produttivo del paese 20 . Come si vedrà meglio più avanti la nomina <strong>di</strong> un<br />

civ<strong>il</strong>e, Sergei Ivanov, nella primavera 2001, al ministero <strong>della</strong> Difesa è<br />

l’esempio più in<strong>di</strong>cativo del perseguimento concreto <strong>di</strong> questo obiettivo.<br />

Il quinto obiettivo <strong>della</strong> Restrukturizacija è <strong>il</strong> rafforzamento del controllo<br />

statale nell’ambito m<strong>il</strong>itare-industriale. Ciò riguarda sia l’amministrazione<br />

degli affari m<strong>il</strong>itari-industriali che gli assetti proprietari dei vari soggetti.<br />

Questa esigenza <strong>di</strong> controllo ha assunto forme molto particolari e spesso<br />

originali. Si va dalla nomina dei manager delle principali imprese alla<br />

definizione <strong>di</strong> rappresentanti nei consigli <strong>di</strong> amministrazione. Le misure <strong>di</strong><br />

controllo si fanno molto più attente e rigorose per evitare che <strong>il</strong> processo<br />

trasformativo sfugga alle reali intenzioni dell’amministrazione e che gli<br />

obiettivi <strong>di</strong> ripresa strategica, economica e m<strong>il</strong>itare siano mancati. Un<br />

222


Oltre la Konversija<br />

ritardo o una omissione in questo momento non sarebbero ammissib<strong>il</strong>i,<br />

perché <strong>il</strong> r<strong>il</strong>ancio dell’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa ha un’importanza primaria 21 .<br />

In fine, <strong>il</strong> sesto obiettivo, che in verità si può assim<strong>il</strong>are piuttosto ad una<br />

precon<strong>di</strong>zione per <strong>il</strong> successo <strong>della</strong> Restrukturizacija, è la fissazione <strong>di</strong> un<br />

rigoroso quadro legale e normativo nel quale far muovere le riforme e le<br />

politiche m<strong>il</strong>itari-industriali. La Restrukturizacija, infatti, implica decisioni<br />

e interventi, come la riforma del sistema fiscale e leggi sulle jointventures, nel<br />

sistema economico con i quali deve coor<strong>di</strong>narsi 22 . In passato, proprio la<br />

mancata aderenza delle decisioni politiche col tessuto normativo era stata<br />

una delle principali cause <strong>di</strong> fallimento.<br />

Sulla base del Programma Federale del 1998, vengono elaborati altri<br />

programmi relativi ai subsettori. Il più importante, ed anche <strong>il</strong> più<br />

pubblicizzato e documentato finora, è quello relativo l’aviazione, un settore<br />

in cui la correlazione con l’economia civ<strong>il</strong>e è senz’altro più forte e <strong>di</strong>retta<br />

rispetto ad altri. Il Programma <strong>di</strong> Restrukturizacija dell’aviazione è<br />

concepito già nel 1997. Altri Programmi riguardano l’industria elettronica<br />

e navale e partono dal 1998. La Restrukturizacija rappresenta, quin<strong>di</strong>, <strong>il</strong><br />

primo autentico investimento pubblico nell’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa russa,<br />

<strong>di</strong>venuto una priorità per la leadership del paese.<br />

Tutti i leader <strong>di</strong> governo e la stessa Presidenza, dal dopo-crisi 1998 in poi,<br />

sono convinti <strong>di</strong> questa inelu<strong>di</strong>b<strong>il</strong>e priorità 23 . L’idea che sembra ispirare la<br />

leadership politica è che l’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa possa fare da traino per <strong>il</strong><br />

sistema economico, verso una nuova fase <strong>di</strong> sv<strong>il</strong>uppo. Se questo è un risultato<br />

realmente ottenib<strong>il</strong>e è <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e <strong>di</strong>rlo ora, perché i tempi non sono ancora<br />

maturi per trarre conclusioni atten<strong>di</strong>b<strong>il</strong>i. Sin dalle prime battute, però, è<br />

evidente che la via prescelta per conseguire <strong>il</strong> risultato non è quella <strong>di</strong> una<br />

conversione del settore m<strong>il</strong>itare industriale ma <strong>di</strong> un suo potenziamento e<br />

r<strong>il</strong>ancio, secondo linee più <strong>di</strong>namiche e moderne. Questa è la caratteristica<br />

fondamentale ed imprescin<strong>di</strong>b<strong>il</strong>e del nuovo corso <strong>di</strong> trasformazioni<br />

dell’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa, intrapreso alla fine degli anni novanta.<br />

2. L’attuazione e gli approcci principali <strong>della</strong> Restrukturizacija<br />

Il riassetto proprietario delle imprese<br />

Negli anni novanta prende <strong>il</strong> via una serie <strong>di</strong> intensi cambiamenti negli<br />

assetti proprietari nell’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa. Come r<strong>il</strong>evato da alcuni<br />

223


Cristian Collina<br />

osservatori, le privatizzazioni hanno avuto un notevole effetto innovativo sul<br />

piano dell’organizzazione, avendo le imprese cambiato forma proprietaria e<br />

modo <strong>di</strong> conduzione, ma non su quello produttivo, dal momento che la<br />

produzione sia civ<strong>il</strong>e che m<strong>il</strong>itare del VPK <strong>di</strong>minuisce costantemente, nel<br />

periodo 1992-98 24 . Gli effetti <strong>di</strong> queste considerazioni sulle privatizzazioni<br />

si concretizzano in una serie <strong>di</strong> decisioni tese a rafforzare <strong>il</strong> ruolo e la presenza<br />

dello Stato negli assetti proprietari del complesso m<strong>il</strong>itare-industriale.<br />

Infatti, le forme proprietarie sv<strong>il</strong>uppatesi dal 1992 al 1998, che sostenevano<br />

la compartecipazione <strong>di</strong> privati, banche ed investitori entrano in crisi e si<br />

rende necessario un rior<strong>di</strong>no degli assetti proprietari.<br />

Molte banche che detenevano parti anche molto consistenti <strong>di</strong> quote<br />

proprietarie <strong>di</strong> imprese del VPK vanno in fallimento e le azioni sono<br />

prelevate dalla Banca Nazionale <strong>di</strong> Riserva, Sbirbank. È <strong>il</strong> caso ad esempio<br />

<strong>della</strong> Inkombank che dal 1995 aveva acquisito azioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse imprese del<br />

VPK, come la Suchoj, la Morskaja Technika e la Ural-<strong>Del</strong> (rientranti<br />

rispettivamente nell’Industria Aerea le prime due e Marittima la terza). Nel<br />

1998, la Inkombank va in bancarotta e successivamente la Sbirbank<br />

recupera la maggior parte delle azioni 25 .<br />

Tuttavia, <strong>il</strong> recupero delle azioni <strong>di</strong> proprietà delle banche non è <strong>il</strong> solo<br />

metodo attraverso cui lo Stato cerca <strong>di</strong> ricomporre gli assetti proprietari del<br />

VPK. Ci sono, infatti, anche altri interventi volti a ristab<strong>il</strong>ire <strong>il</strong> controllo dello<br />

Stato sui soggetti privatizzati in vari mo<strong>di</strong> e misure: la definizione <strong>di</strong><br />

rappresentanti dello Stato nelle società per azioni del complesso m<strong>il</strong>itare<br />

industriale; l’in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> soggetti del tutto o in parte non privatizzab<strong>il</strong>i.<br />

In particolare, si <strong>di</strong>stinguono due tipi <strong>di</strong> rappresentanti dello Stato: quelli<br />

presenti nelle assemblee degli azionisti e quelli presenti nei consigli <strong>di</strong><br />

amministrazione. I primi sono legati ai blocchi <strong>di</strong> quote <strong>di</strong> proprietà dello<br />

Stato, e possono influire sulla creazione <strong>di</strong> alleanze tra azionisti. I secon<strong>di</strong><br />

all’esistenza <strong>di</strong> una golden share statale. Il loro potere può arrivare fino al veto<br />

su decisioni ritenute non congrue con l’interesse pubblico. Inoltre lo Stato<br />

attraverso la Presidenza e <strong>il</strong> governo nomina <strong>di</strong>rettamente i <strong>di</strong>rigenti delle<br />

imprese a proprietà pubblica intera o prevalente 26 .<br />

La nomina <strong>di</strong>retta <strong>di</strong> rappresentanti dello Stato si intreccia con la<br />

definizione <strong>di</strong> una lista <strong>di</strong> imprese considerate strategiche per la sicurezza del<br />

paese. Sulla scorta dei documenti ufficiali aventi ad oggetto questa lista, si<br />

può in<strong>di</strong>viduare un nucleo centrale <strong>di</strong> circa 672 soggetti che comprende 478<br />

imprese la cui privatizzazione è proibita e 194 imprese in cui lo Stato<br />

mantiene blocchi <strong>di</strong> azioni <strong>di</strong> controllo delle quote proprietarie.<br />

224


Oltre la Konversija<br />

In precedenza, <strong>il</strong> decreto n. 802 del 1996, in<strong>di</strong>viduava 480 imprese non<br />

privatizzab<strong>il</strong>i. Tuttavia, più avanti, due <strong>di</strong> quelle imprese sono state trasferite<br />

nel novero delle imprese in cui lo Stato ha dei rappresentanti nell’assemblea<br />

degli azionisti 27 . Attorno a questo nucleo centrale, ci sono circa 192 imprese<br />

in cui lo Stato detiene una goldenshare. Altre imprese sono a proprietà<br />

privata prevalente, paritaria o, in alcuni casi, totale. Da un punto <strong>di</strong> vista<br />

territoriale la presenza dello Stato negli assetti proprietari è più forte nelle<br />

imprese situate nell’area centrale (Mosca, regione <strong>di</strong> Mosca, Pietroburgo)<br />

dove è pari al 59 per cento, che in quelle situate nelle altre regioni dove è pari<br />

al 36 per cento 28 .<br />

Creazione <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> gruppi finanziari ed industriali<br />

Le prime forme <strong>di</strong> mergers o associations con <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> koncenrn, kompleks<br />

o korporizacija si sono <strong>di</strong>ffuse in Russia in con<strong>di</strong>zioni molto <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>i, date le<br />

innumerevoli lacune finanziarie e anche legali e normative 29 . Ad ogni modo, con<br />

l’inizio <strong>della</strong> Restrukturizacija sono apparsi <strong>di</strong>versi tentativi <strong>di</strong> far nascere gran<strong>di</strong><br />

associations attorno ad aziende leader nelle <strong>di</strong>verse branche dell’industria <strong>della</strong><br />

<strong>di</strong>fesa, sul modello anche dell’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa occidentale.<br />

Gli obiettivi <strong>di</strong> queste associations sono vari: dalla ricerca <strong>di</strong> una maggiore<br />

forza e competitività nel mercato nazionale ed internazionale, al<br />

mantenimento <strong>di</strong> un ruolo incisivo nell’attribuzione delle commesse m<strong>il</strong>itari,<br />

alla necessità <strong>di</strong> evitare un depennamento dalle liste delle imprese <strong>di</strong> significato<br />

strategico. Inoltre, la costituzione <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> gruppi finanziari-industriali<br />

favorisce l’integrazione delle produzioni civ<strong>il</strong>i e m<strong>il</strong>itari. Molte imprese che<br />

hanno una forte <strong>di</strong>pendenza dalla produzione m<strong>il</strong>itare e non sono riuscite a<br />

convertire e <strong>di</strong>versificare la propria produzione possono all’interno <strong>di</strong> gran<strong>di</strong><br />

cartelli trovare una possib<strong>il</strong>ità concreta <strong>di</strong> integrazione. Ad esempio, in una<br />

association si possono produrre mezzi da trasporto m<strong>il</strong>itari e tutta una serie <strong>di</strong><br />

beni e servizi per i trasporti civ<strong>il</strong>i dagli pneumatici ai servizi <strong>di</strong> manutenzione 30 .<br />

In generale, lo Stato mantiene delle quote proprietarie molto consistenti nelle<br />

associations <strong>di</strong> particolare r<strong>il</strong>evanza m<strong>il</strong>itare, mentre la presenza dei privati è più<br />

forte nelle associations <strong>di</strong> tipo non interamente m<strong>il</strong>itare 31 .<br />

Esempi <strong>di</strong> unioni <strong>di</strong> imprese sono evidenti soprattutto nell’industria<br />

dell’aviazione, <strong>il</strong> cui Programma <strong>di</strong> Restrukturizacija approvato nel 1997<br />

prevedeva la creazione <strong>di</strong> un numero limitato <strong>di</strong> associations <strong>di</strong> primo<br />

livello, circa 6, tra cui la Suchoj e la MIG, responsab<strong>il</strong>i delle <strong>di</strong>verse<br />

225


Cristian Collina<br />

produzioni <strong>di</strong> particolare significato m<strong>il</strong>itare: aerei da guerra, elicotteri,<br />

bombar<strong>di</strong>eri pesanti ecc. Ad un secondo livello, un numero più ampio <strong>di</strong><br />

associations, da 10 a 15 tra cui la Il’jusin, la Tupolev, la Jakovlev e la M<strong>il</strong>,<br />

si sarebbe occupato <strong>di</strong> produzioni relative l’accessorizzazione, la<br />

componentistica, i veivoli leggeri. A questo secondo livello, le imprese<br />

avrebbero potuto condurre anche produzioni <strong>di</strong> tipo non m<strong>il</strong>itare. Uno<br />

sguardo alle più recenti vicende nel settore è sufficiente a capire che i<br />

risultati finora non sono dei migliori e si è lontani dal raggiungere un<br />

quadro stab<strong>il</strong>e, essendo i processi <strong>di</strong> associations ancora in corso 32 . Molte<br />

<strong>di</strong>fficoltà nascono in realtà dalle resistenze che le imprese pongono alla<br />

per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> autonomia e visib<strong>il</strong>ità derivante dall’incorporazione in cartelli<br />

guidati da gran<strong>di</strong> imprese e dall’intenzione <strong>di</strong> queste ultime <strong>di</strong> essere<br />

protagoniste nel processo <strong>di</strong> merging. Le <strong>di</strong>vergenze delle rispettive<br />

<strong>di</strong>rigenze, ad esempio, hanno impe<strong>di</strong>to la nascita <strong>di</strong> una association tra le<br />

<strong>di</strong>tte Suchoj e MIG, ipotizzata dai ministeri <strong>della</strong> Difesa e dell’Economia,<br />

nel 1998. Si trattava <strong>di</strong> due gran<strong>di</strong> nomi dell’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa russa e<br />

c’era da attendersi che nessuno dei due avrebbe ceduto alla nascita <strong>di</strong> un<br />

cartello unico. Entrambi, però, hanno guidato processi <strong>di</strong> fusione e<br />

integrazione con altri soggetti.<br />

Il cartello RAC (Russian Aircraft Company) MIG, ad esempio,<br />

contiene in sé almeno sei principali aderenti: <strong>il</strong> <strong>Centro</strong> <strong>di</strong> ricerca e<br />

progettazione MIG; gli stab<strong>il</strong>imenti produttivi Voronin, Luchivicy e<br />

Kaljazine <strong>di</strong> Mosca; un <strong>Centro</strong> per attività <strong>di</strong> test e collaudo; un <strong>Centro</strong><br />

per le attrezzature ed <strong>il</strong> rifornimento. Il cartello si definisce come una<br />

compagnia produttrice <strong>di</strong> aerei verticalmente integrata, a sottolineare <strong>il</strong><br />

ruolo centrale attribuito alla MIG rispetto ai soggetti associati.<br />

Storicamente <strong>il</strong> marchio è stato sempre legato alla produzione m<strong>il</strong>itare e<br />

la <strong>di</strong>rigenza <strong>della</strong> <strong>di</strong>tta MIG ha ottenuto, grazie alla sua posizione<br />

preponderante, che <strong>il</strong> gruppo finanziario-industriale RAC MIG<br />

mantenesse la produzione m<strong>il</strong>itare come attività principale 33 . Si lavora,<br />

così, ad almeno <strong>di</strong>eci programmi ad alto significato m<strong>il</strong>itare, tra cui: <strong>il</strong><br />

Mig-29, <strong>il</strong> Mig-29k, <strong>il</strong> Mig-21 e <strong>il</strong> Mig-31.<br />

Il cartello costituisce oggi uno dei principali soggetti del VPK, tanto da<br />

essere uno dei pochi che hanno la possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> gestire <strong>il</strong> proprio export in<br />

autonomia dall’agenzia russa per l’export <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa, Rosoboroneksport 34 .<br />

226


Trasferimenti <strong>di</strong> competenze e responsab<strong>il</strong>ità ad autorità civ<strong>il</strong>i<br />

Oltre la Konversija<br />

Il quadro generale delle autorità coinvolte nelle politiche riguardanti <strong>il</strong><br />

VPK negli anni novanta si è <strong>di</strong>mostrato in continuo aggiornamento e<br />

mutamento. Tuttavia, nel periodo 1998-2001 esso appare particolarmente<br />

segnato dal coinvolgimento <strong>di</strong> civ<strong>il</strong>i alla gestione delle questioni m<strong>il</strong>itariindustriali.<br />

Questi trasferimenti <strong>di</strong> competenze rispondono ad alcune intenzioni<br />

esplicitamente ammesse dalla leadership russa quali: rigenerare i<br />

comportamenti economici dei soggetti coinvolti; introdurre elementi <strong>di</strong><br />

razionalità economica; potenziare l’approccio intersettoriale 35 .<br />

Nel quadro <strong>della</strong> Restrukturizacija, seguendo una linea cronologica, è<br />

bene cominciare dal trasferimento delle competenze sull’industria <strong>della</strong><br />

<strong>di</strong>fesa al ministero dell’Economia (Ministerstvo Ekonomiki o Minekon)<br />

con <strong>il</strong> decreto n. 111 del 1997. In linea generale, <strong>il</strong> ministero deve garantire<br />

che le politiche inerenti <strong>il</strong> VPK non comportino sacrifici per <strong>il</strong> sistema<br />

economico in generale, ma anzi offrano dei vantaggi e degli incentivi per lo<br />

sv<strong>il</strong>uppo. Inoltre, nel settore vanno definitivamente introdotti quei principi<br />

<strong>di</strong> conduzione aziendale in<strong>di</strong>spensab<strong>il</strong>i nel regime <strong>di</strong> mercato che la<br />

leadership del paese rincorre da tempo. In sintesi, le responsab<strong>il</strong>ità del<br />

Minekon vanno dalla definizione degli or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa dello Stato, al<br />

controllo e coor<strong>di</strong>namento <strong>della</strong> loro sod<strong>di</strong>sfazione; dall’in<strong>di</strong>viduazione<br />

delle risorse economiche a <strong>di</strong>sposizione dell’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa alla loro<br />

re<strong>di</strong>stribuzione; dall’inquadramento dei problemi logistici ed organizzativi<br />

del settore alla loro risoluzione.<br />

Quali che siano i risultati <strong>della</strong> gestione del Minekon, nella seconda metà<br />

del 2000 si registra un nuovo trasferimento <strong>di</strong> competenze al ministero<br />

dell’Industria, <strong>della</strong> Scienza e <strong>della</strong> Tecnologia (l’abbreviazione in russo è<br />

Minpromnauka). Si tratta <strong>di</strong> un nuovo ministero, costituito appositamente<br />

per centralizzare l’amministrazione delle questioni relative al r<strong>il</strong>ancio<br />

scientifico e tecnologico del paese. Questo passaggio prova quanto <strong>il</strong> VPK<br />

sia fondamentale per sanare <strong>il</strong> gap scientifico-tecnologico del paese. Il<br />

Minpromnauka sostituisce <strong>il</strong> vecchio ministero <strong>della</strong> Scienza. Non è esclusa,<br />

tuttavia, una certa partecipazione del ministero dell’Economia, rinominato<br />

ministero dello Sv<strong>il</strong>uppo Economico e del Commercio, <strong>il</strong> quale è ancora<br />

responsab<strong>il</strong>e delle previsioni <strong>di</strong> spesa sul me<strong>di</strong>o e lungo periodo, per la <strong>di</strong>fesa<br />

del paese e lo sv<strong>il</strong>uppo del VPK. Inoltre, le nomine fatte dal ministero non<br />

sono state revocate. Il trasferimento, quin<strong>di</strong>, non sembra contravvenire ai<br />

227


Cristian Collina<br />

principi che hanno motivato <strong>il</strong> passaggio delle competenze verso <strong>il</strong> ministero<br />

dell’Economia. Si tratta, infatti, ancora una volta <strong>di</strong> una autorità civ<strong>il</strong>e,<br />

chiamata ad intervenire con l’intenzione <strong>di</strong> integrare <strong>il</strong> settore m<strong>il</strong>itareindustriale<br />

nel sistema economico 36 .<br />

Tra i trasferimenti <strong>di</strong> compiti e responsab<strong>il</strong>ità nel quadro <strong>della</strong><br />

Restrukturizacija si inscrive anche la nomina <strong>di</strong> un civ<strong>il</strong>e, Sergei Ivanov, a<br />

ministro <strong>della</strong> Difesa, nella primavera 2001. È la prima volta nella sua storia<br />

che la Russia ha un civ<strong>il</strong>e alla guida <strong>di</strong> questo ministero 37 . Tra le altre cose,<br />

<strong>il</strong> ministero è responsab<strong>il</strong>e <strong>della</strong> definizione del fabbisogno finanziario<br />

annuo delle forze armate e dei vari corpi m<strong>il</strong>itari, nonché dell’in<strong>di</strong>viduazione<br />

dei principali tipi d’arma e sistemi d’arma necessari per la sicurezza e la <strong>di</strong>fesa<br />

del paese. Il nuovo ministro è riuscito a superare le resistenze dei m<strong>il</strong>itari ed<br />

ha nominato ai due sottosegretariati competenti due civ<strong>il</strong>i. Questa nuova<br />

immagine ha anche una ricaduta in termini <strong>di</strong> conoscenza e informazione<br />

sulle attività m<strong>il</strong>itari <strong>della</strong> Russia 38 .<br />

228<br />

Ricerca e sv<strong>il</strong>uppo <strong>di</strong> alte tecnologie e tecnologie duali<br />

Ci sono tre principali tipi <strong>di</strong> tecnologie che <strong>il</strong> VPK può sv<strong>il</strong>uppare:<br />

tecnologie civ<strong>il</strong>i <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e applicazione m<strong>il</strong>itare; tecnologie m<strong>il</strong>itari <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e applicazione civ<strong>il</strong>e; tecnologie duali 39 .<br />

Nel primo caso, la presenza <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> tecnologie si spiega sia con<br />

le caratteristiche storiche assunte dall’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa del paese nel<br />

corso del tempo, unico produttore <strong>di</strong> armamenti e beni tecnologici ad uso<br />

civ<strong>il</strong>e, sia con <strong>il</strong> già citato obiettivo <strong>della</strong> Restrukturizacija <strong>di</strong> non voler<br />

sostituire la produzione civ<strong>il</strong>e con quella m<strong>il</strong>itare, ma coor<strong>di</strong>nare le due<br />

produzioni. Nel secondo caso, invece, si tratta <strong>di</strong> tecnologie concepite per<br />

<strong>il</strong> potenziamento m<strong>il</strong>itare, la modernizzazione degli arsenali, <strong>il</strong><br />

conseguimento <strong>di</strong> un vantaggio tecnologico-m<strong>il</strong>itare comparato. Negli anni<br />

precedenti la Restrukturizacija, lo sv<strong>il</strong>uppo <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> tecnologie ha<br />

conosciuto un lungo e <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e periodo <strong>di</strong> crisi e <strong>di</strong> stallo. Nell’attuale<br />

contesto internazionale, invece, proprio <strong>il</strong> ritrovato interesse per <strong>il</strong><br />

potenziamento m<strong>il</strong>itare, che si traduce nell’aumento <strong>della</strong> spesa m<strong>il</strong>itare e<br />

nel massiccio incremento degli or<strong>di</strong>ni m<strong>il</strong>itari, crea un ambiente favorevole<br />

allo sv<strong>il</strong>uppo <strong>di</strong> queste tecnologie strettamente m<strong>il</strong>itari. Occorre, infatti,<br />

modernizzare gli arsenali con l’introduzione <strong>di</strong> nuovi armamenti tecnologici<br />

e la modernizzazione dei vecchi.


Oltre la Konversija<br />

Quanto alle tecnologie duali, in questa espressione si fanno rientrare<br />

quelle tecnologie adatte tanto ad un ut<strong>il</strong>izzo <strong>di</strong> tipo m<strong>il</strong>itare quanto civ<strong>il</strong>e.<br />

Si tratta, dunque, <strong>di</strong> tecnologie che permettono <strong>il</strong> perseguimento <strong>della</strong><br />

superiorità m<strong>il</strong>itare e, in più, hanno un <strong>di</strong>screto potenziale civ<strong>il</strong>e e<br />

commerciale 40 . Anche i programmi <strong>di</strong> conversione <strong>della</strong> Federazione Russa<br />

hanno spesso fatto riferimento allo sv<strong>il</strong>uppo <strong>di</strong> tecnologie duali. Tuttavia,<br />

questa strada non è mai stata tra le principali opzioni, prescelte dalla<br />

leadership del paese. Ora, però, che la leadership si propone l’aggancio ai<br />

maggiori livelli internazionali, lo sv<strong>il</strong>uppo <strong>di</strong> queste tecnologie appare<br />

imprescin<strong>di</strong>b<strong>il</strong>e. Le tecnologie duali, inoltre, sono tra quelle maggiormente<br />

in<strong>di</strong>cate per <strong>il</strong> perseguimento degli obiettivi civ<strong>il</strong>i e m<strong>il</strong>itari fissati nel<br />

Programma <strong>di</strong> Restrukturizacija. Per questo, le imprese che riescono a<br />

sv<strong>il</strong>uppare tecnologie duali sono quelle che meglio riescono a sod<strong>di</strong>sfare <strong>il</strong><br />

generale <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> modernizzazione perseguito dalla Restrukturizacija.<br />

Innanzitutto, tra le tecnologie ad uso civ<strong>il</strong>e che hanno acquisito un certo<br />

livello <strong>di</strong> sv<strong>il</strong>uppo e <strong>di</strong>ffusione si possono considerare le tecnologie<br />

meccaniche, chimiche e informatiche. Per ciò che riguarda lo sv<strong>il</strong>uppo del<br />

secondo tipo <strong>di</strong> tecnologie, quelle m<strong>il</strong>itari, molte innovazioni hanno<br />

riguardato gli armamenti convenzionali e leggeri. Tuttavia, significativi<br />

sv<strong>il</strong>uppi tecnologici si sono avuti anche nel campo <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa aerea e <strong>della</strong><br />

miss<strong>il</strong>istica. Un esempio è costituito dal nuovo sistema <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa antiaerea S-<br />

400 costruito dalla <strong>di</strong>tta Triumf <strong>di</strong> Kapustin, nella regione <strong>di</strong> Astrakan. Il<br />

sistema S-400 è presentato dai me<strong>di</strong>a russi come due volte più efficace del<br />

suo precedente modello: S-300 41 . Vengono prodotti, inoltre <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong><br />

miss<strong>il</strong>i appartenenti alle principali famiglie quali: Katran, Proton, Molnija<br />

e altri. Il fatto si spiega senz’altro con <strong>il</strong> riaperto confronto miss<strong>il</strong>istico con<br />

gli Usa alla fine degli anni novanta 42 .<br />

Infine, nell’ambito delle tecnologie duali vanno considerati gli sv<strong>il</strong>uppi<br />

nel campo laser ed aereo. Nel primo caso, le tecnologie laser si sono <strong>di</strong>ffuse<br />

tanto nel settore m<strong>il</strong>itare, per modernizzare e perfezionare le prestazioni dei<br />

vari sistemi d’arma, quanto nel settore civ<strong>il</strong>e, dalle telecomunicazioni<br />

all’entertainment fino alla me<strong>di</strong>cina. Nel campo aereo, negli ultimi anni si<br />

<strong>di</strong>ffondono molti modelli <strong>di</strong> velivoli ad applicazione sia civ<strong>il</strong>e che m<strong>il</strong>itare.<br />

Un esempio è dato dal nuovo elicottero polivalente <strong>della</strong> <strong>di</strong>tta Kamov: KA-<br />

60. Al velivolo possono essere applicate <strong>di</strong>verse mo<strong>di</strong>fiche a seconda delle<br />

applicazioni m<strong>il</strong>itari o civ<strong>il</strong>i, dal rifornimento armi alla <strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong><br />

viveri in situazioni <strong>di</strong> emergenza. Anche in questo caso, si può prevedere un<br />

aumento <strong>della</strong> domanda nel prossimo futuro, essendo <strong>il</strong> paese coinvolto in<br />

229


Cristian Collina<br />

molte operazioni internazionali <strong>di</strong> sicurezza e <strong>di</strong> soccorso alle popolazioni<br />

sottoposte a bombardamenti: dal Kosovo all’Afganistan 43 . Un segnale che<br />

alcuni risultati sono stati ottenuti in fatto <strong>di</strong> tecnologie duali e che la<br />

leadership ha assunto la strategicità <strong>di</strong> queste tecnologie è data dalla<br />

comparsa <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi regolamenti e decreti, sul controllo dell’export e <strong>della</strong><br />

<strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> queste tecnologie 44 .<br />

230<br />

L’investimento nel settore <strong>della</strong> ricerca scientifica e nell’R&D<br />

In genere, al settore dell’R&D spetta <strong>il</strong> compito <strong>di</strong> elaborare, inventare<br />

e scoprire conoscenze e tecnologie sempre più innovative. Nell’era sovietica,<br />

la totalità degli Istituti <strong>di</strong> ricerca scientifica e tecnologica nonché dei centri<br />

<strong>di</strong> progettazione era <strong>di</strong> proprietà statale e le loro attività erano pienamente<br />

o, in alcuni casi, prevalentemente connesse con le esigenze m<strong>il</strong>itari del paese.<br />

Negli anni imme<strong>di</strong>atamente successivi alla caduta dell’URSS, alle incisive<br />

per<strong>di</strong>te finanziarie per l’R&D, derivanti dal crollo <strong>della</strong> spesa m<strong>il</strong>itare, si<br />

somma un complessivo <strong>di</strong>sinteresse nel concitato processo <strong>di</strong> privatizzazioni<br />

apertosi dal 1992. L’effetto principale <strong>di</strong> queste <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>i con<strong>di</strong>zioni, e in<br />

generale <strong>il</strong> più evidenziato dalla letteratura, è senz’altro <strong>il</strong> brain drain, ovvero<br />

quella fuga <strong>di</strong> cervelli che ha visto migliaia <strong>di</strong> ex-impiegati, ad ogni livello, del<br />

complesso scientifico sovietico emigrare verso altri paesi o lavorare per<br />

aziende straniere, per via delle scoraggianti prospettive interne 45 . Il settore<br />

ha cominciato, così, a perdere risorse non solo sul piano finanziario e<br />

<strong>di</strong>rigenziale, ma anche su quello delle riserve umane ed intellettive 46 .<br />

Attualmente, tuttavia, <strong>il</strong> r<strong>il</strong>ancio del settore è un passo in<strong>di</strong>spensab<strong>il</strong>e per<br />

realizzare quel risanamento del gap scientifico e tecnologico rispetto agli altri<br />

paesi e per r<strong>il</strong>anciare la tecnologia m<strong>il</strong>itare e strategica del paese. Entrambi<br />

i nuovi documenti <strong>di</strong> sicurezza strategica, la Dottrina M<strong>il</strong>itare e la<br />

Concezione <strong>di</strong> Sicurezza Nazionale, sottolineano questo punto come uno<br />

dei compiti principali per restituire tonicità e autorevolezza internazionale<br />

alla Russia 47 . Inoltre, se si considera l’attuale fase <strong>di</strong> riarmo apertasi dal 1998,<br />

con la messa in <strong>di</strong>scussione <strong>di</strong> tutto <strong>il</strong> precedente regime <strong>di</strong> Disarmo e<br />

controllo degli armamenti e la ricerca <strong>di</strong> nuovi e sempre più tecnologici<br />

sistemi <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa, si capisce quanto sia impossib<strong>il</strong>e competere e misurarsi con<br />

altri paesi, con un settore scientifico in decadenza. In questo senso, la già<br />

commentata costituzione <strong>di</strong> un apposito ministero, <strong>il</strong> Minpromnauka, al<br />

quale è stata affidata la competenza sull’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa ed i successivi


Oltre la Konversija<br />

interventi <strong>di</strong> Restrukturizacija, rappresenta la più esplicita conferma <strong>di</strong> un<br />

ritrovato interesse per <strong>il</strong> settore e <strong>il</strong> suo valore m<strong>il</strong>itare-industriale.<br />

Tuttavia, già prima <strong>della</strong> nascita del Minpromnauka, ci sono significativi<br />

segnali <strong>di</strong> ripresa nell’R&D. Nel 1998, ad esempio, <strong>il</strong> 17 per cento <strong>della</strong><br />

spesa m<strong>il</strong>itare approvata è destinato all’R&D, mentre negli Stati Uniti <strong>il</strong> 15<br />

per cento e nel Regno Unito <strong>il</strong> 10 per cento. La spesa per la ricerca scientifica<br />

è aumentata costantemente negli ultimi anni. Fonti ufficiali parlano <strong>di</strong> un<br />

aumento del 43 per cento nel 2001 rispetto al 2000 48 . Oltre all’aumento dei<br />

finanziamenti ci sono, poi, una serie <strong>di</strong> agevolazioni amministrative e<br />

finanziarie, volte a fac<strong>il</strong>itare l’azione degli Istituti <strong>di</strong> ricerca, a prescindere<br />

dalla forma proprietaria: l’esenzione totale o parziale dal pagamento <strong>di</strong><br />

alcune tasse e <strong>di</strong> alcuni servizi, <strong>il</strong> non pagamento per l’uso e la <strong>di</strong>sposizione<br />

<strong>di</strong> beni naturali ed industriali rientranti nelle proprietà <strong>di</strong> Stato.<br />

Negli ultimi anni, inoltre, si sono <strong>di</strong>ffuse alcune forme <strong>di</strong> investimento dal<br />

basso per attività scientifiche in cui partecipano banche, investitori privati anche<br />

stranieri, autorità locali, associazioni industriali e scientifiche. Sul breve periodo,<br />

un risultato abbastanza evidente delle nuove e <strong>di</strong>verse forme <strong>di</strong> investimento<br />

nella ricerca e nell’R&D, è la crescita dell’impiego nel campo <strong>della</strong> ricerca<br />

scientifica e tecnologica, riconducib<strong>il</strong>e alle migliorate con<strong>di</strong>zioni economiche e<br />

finanziarie del settore e alle più accattivanti prospettive per scienziati, ingegneri,<br />

ricercatori e impiegati <strong>di</strong> ogni tipo, rispetto al periodo precedente 49 .<br />

Nell’Oblast’ <strong>di</strong> Tomsk, ad esempio, si è da poco formato un fondo <strong>di</strong><br />

investimento su iniziativa delle autorità del governo locale,<br />

dell’associazione scientifica interregionale Sibirskoe Soglasenie,<br />

dell’Università Politecnica <strong>di</strong> Tomsk, dell’Associazione per la Formazione<br />

degli Ingegneri <strong>della</strong> Russia, (Associacija Inzenersnogo Obrazovanija<br />

Roccii). Il fondo, denominato Fondo <strong>di</strong> Sv<strong>il</strong>uppo dell’Oblast’ <strong>di</strong> Tomsk<br />

(Fon Razvitija Tomskoj Oblasti) si occupa <strong>della</strong> selezione <strong>di</strong> progetti <strong>di</strong><br />

ricerca ad alto contenuto scientifico, <strong>della</strong> loro copertura finanziaria, del<br />

sostegno organizzativo, e degli sbocchi economici e commerciali. Molti<br />

Istituti <strong>di</strong> ricerca possono, quin<strong>di</strong>, combinare i finanziamenti del Fondo<br />

con le agevolazioni ed i finanziamenti delle autorità <strong>di</strong> governo. Non sono<br />

ancora noti i risultati e la tipologia dei progetti finora avviati, ma un<br />

nutrito numero <strong>di</strong> scienziati e ricercatori <strong>di</strong> ogni livello dell’Oblast <strong>di</strong><br />

Tomsk è stato attivamente coinvolto 50 . Un altro caso da considerare è<br />

quello del <strong>Centro</strong> Chrunicev dove per <strong>il</strong> 2001 è stato riscontrato un<br />

aumento <strong>di</strong> circa <strong>il</strong> 20 per cento nel personale e per <strong>il</strong> 2002 si prevede uno<br />

stesso aumento 51 .<br />

231


Cristian Collina<br />

Dunque al <strong>di</strong> là <strong>della</strong> consistenza e del grado innovativo dei risultati <strong>della</strong><br />

ricerca scientifica in Russia, negli ultimi anni <strong>il</strong> dato oggettivamente<br />

assumib<strong>il</strong>e è quello <strong>di</strong> un freno a quel processo <strong>di</strong> fuga <strong>di</strong> cervelli che rischiava<br />

<strong>di</strong> azzerare del tutto le possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> r<strong>il</strong>ancio scientifico e tecnologico del<br />

paese, sia sul piano m<strong>il</strong>itare che civ<strong>il</strong>e 52 .<br />

232<br />

Scambio <strong>di</strong> know how e tecnologie con partner stranieri<br />

Con sempre maggiore frequenza si parla <strong>di</strong> globalizzazione dell’industria<br />

<strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa, volendo appunto in<strong>di</strong>care <strong>il</strong> fitto reticolo <strong>di</strong> rapporti instauratisi<br />

tra <strong>di</strong>verse imprese <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi paesi, fino a creare degli autentici soggetti<br />

m<strong>il</strong>itari-industriali transnazionali 53 . Alle origini <strong>di</strong> questa globalizzazione<br />

vengono poste le ripercussioni <strong>della</strong> fine <strong>della</strong> guerra fredda sulle industrie<br />

<strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa delle gran<strong>di</strong> potenze. Sull’onda <strong>di</strong> questo continuo processo <strong>di</strong><br />

integrazione, la transnazionalità è da molti considerata la caratteristica<br />

peculiare dell’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa del futuro. I governi, fissate <strong>di</strong> concerto<br />

con i propri alleati (o comunque in se<strong>di</strong> sovrannazionali) le priorità m<strong>il</strong>itari<br />

e strategiche potranno contare su una base m<strong>il</strong>itare-industriale <strong>di</strong> tipo<br />

transnazionale, dove gran<strong>di</strong> complessi in cui confluiscono capacità<br />

scientifiche e produttive <strong>di</strong> vari paesi sod<strong>di</strong>sfano le commesse m<strong>il</strong>itari <strong>di</strong> più<br />

paesi tra loro alleati o associati 54 . Quanto detto sopra è ancora lontano dal<br />

realizzarsi, ma <strong>il</strong> continuo intreccio <strong>di</strong> relazioni m<strong>il</strong>itari-industriali,<br />

cominciato negli anni novanta, sembra ormai irreversib<strong>il</strong>e.<br />

Una delle principali vie per perseguire gli obiettivi <strong>della</strong> Restrukturizacija<br />

è, dunque, introdurre la Russia in questo complesso tipo <strong>di</strong> rapporti<br />

industriali <strong>il</strong> cui sbocco è tutt’oggi impreve<strong>di</strong>b<strong>il</strong>e. Come anche a livello<br />

sistemico con le nuove scelte <strong>di</strong> politica economica successive la crisi del<br />

1998, ciò che viene esplicitamente richiesto dalla leadership politica agli<br />

investitori stranieri è non tanto un qualche tipo <strong>di</strong> investimento nel VPK,<br />

ma un concreto trasferimento <strong>di</strong> tecnologie, know how ed un rapporto <strong>di</strong><br />

partenariato tecnologico. Importanti forme <strong>di</strong> collaborazioni su queste linee<br />

si sono instaurate sia con soggetti statunitensi che europei. Tra le prime si<br />

considerino quelle <strong>della</strong> Allied Signal e <strong>della</strong> Lockeed. I due esempi sono<br />

citati nella lista delle principali collaborazioni m<strong>il</strong>itari-industriali russoamericane<br />

redatta dalla FAS (Federation af American Scientist) 55 .<br />

Tra le collaborazioni con l’Europa va segnalato <strong>il</strong> caso <strong>della</strong> <strong>di</strong>tta<br />

moscovita produttrice <strong>di</strong> elicotteri, M<strong>il</strong>, che dal 1997 si è resa parte <strong>di</strong> un


Oltre la Konversija<br />

complesso programma <strong>di</strong> collaborazione internazionale chiamato Eurom<strong>il</strong>,<br />

che coinvolge anche l’Italiana Agusta, come membro del marchio<br />

industriale europeo Eurocopter. Il progetto più interessante nel periodo<br />

1998-2001 è l’elaborazione e costruzione <strong>di</strong> un nuovo elicottero polivalente,<br />

multipurpose helicopter (per i russi mnogocelevoi vertalët): <strong>il</strong> Mi-38. Eurom<strong>il</strong><br />

è una società per azioni chiusa <strong>di</strong> cui fanno parte la Eurocopter e la M<strong>il</strong>. Nel<br />

progetto Mi-38, la <strong>di</strong>tta russa dovrebbe occuparsi <strong>della</strong> documentazione<br />

tecnica, del design e <strong>della</strong> parte più strettamente progettuale e la Eurocopter<br />

dell’accessorizzazione con i più moderni sistemi <strong>di</strong> equipaggiamento, <strong>della</strong><br />

certificazione dell’elicottero secondo le norme richieste dall’Autorità<br />

Europea e delle indagini <strong>di</strong> mercato. Anche un’altra <strong>di</strong>tta russa fa parte <strong>della</strong><br />

società per azioni chiusa Eurom<strong>il</strong>: la Kazan vertalëtnyj zavod. A quest’ultima<br />

spetta la realizzazione <strong>di</strong> un modello sperimentale ed in seguito la<br />

produzione in serie dell’elicottero. Nell’ambito del progetto Eurom<strong>il</strong> le <strong>di</strong>tte<br />

russe hanno una possib<strong>il</strong>ità concreta <strong>di</strong> modernizzare la propria produzione<br />

secondo i criteri internazionali, offrendo a loro volta <strong>il</strong> proprio degree<br />

industriale e scientifico ai partner europei. Inoltre la polivalenza<br />

dell’elicottero Mi-38 è un buon incentivo per lo sv<strong>il</strong>uppo <strong>di</strong> tecnologie duali<br />

e per l’estensione delle potenzialità dell’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa al sistema<br />

economico 56 .<br />

Restano ancora aperti, però, <strong>di</strong>versi problemi relativi alla sicurezza e<br />

all’affidab<strong>il</strong>ità dell’investimento straniero in Russia. Lo stesso progetto<br />

Eurom<strong>il</strong> richiede una moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> accorgimenti e garanzie <strong>di</strong> tipo legale,<br />

finanziario, aziendale, non del tutto concretizzatisi e ciò desta non poche<br />

preoccupazioni per i partner europei. Tuttavia, la quantità e la qualità delle<br />

collaborazioni e dei contatti con i soggetti stranieri fanno pensare che <strong>il</strong> paese<br />

può ancora contare su un certo livello <strong>di</strong> interesse e considerazione sulla<br />

scena internazionale. Il che, certamente, rappresenta una buona<br />

precon<strong>di</strong>zione per l’aggancio a quella globalizzazione dell’industria <strong>della</strong><br />

<strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> cui si è detto sopra.<br />

Conclusioni<br />

Le caratteristiche <strong>della</strong> politica <strong>di</strong> Restrukturizacija avviata nel 1998, gli<br />

scopi che essa persegue e i principali approcci alla sua realizzazione rendono<br />

l’idea <strong>di</strong> un profondo cambiamento avviatosi nelle trasformazioni del<br />

complesso m<strong>il</strong>itare-industriale del paese rispetto ai primi anni <strong>della</strong><br />

233


Cristian Collina<br />

transizione, segnati dalle politiche <strong>di</strong> conversione. Un cambiamento che è<br />

un aspetto importante, benché finora poco considerato, del generale<br />

tentativo <strong>della</strong> Russia <strong>di</strong> riproporsi sulla scena internazionale come grande<br />

potenza, in una fase in cui i temi del riarmo e del confronto m<strong>il</strong>itare hanno<br />

ripreso vigore.<br />

I punti messi in risalto nella sezione de<strong>di</strong>cata agli approcci <strong>della</strong> nuova<br />

politica m<strong>il</strong>itare-industriale - <strong>il</strong> rafforzamento <strong>della</strong> presenza dello Stato<br />

negli assetti proprietari; la tendenza al merging; lo sv<strong>il</strong>uppo delle nuove<br />

tecnologie; la crescita dell’investimento nell’R&D; i vari sforzi per lo<br />

scambio <strong>di</strong> know how con soggetti stranieri - rendono possib<strong>il</strong>i alcune<br />

riflessioni. Innanzitutto, <strong>il</strong> paese intende riscoprire e rivalutare <strong>il</strong> capitale<br />

tecnologico e strategico che è concentrato nel VPK, fissando priorità e<br />

obiettivi <strong>di</strong> lungo periodo. In secondo luogo, nel fare ciò, l’attuale leadership<br />

politica prende atto degli errori e delle <strong>di</strong>sfunzioni del passato, in parte<br />

derivanti dagli insuccessi delle politiche <strong>di</strong> conversione, e cerca<br />

accuratamente <strong>di</strong> non ripeterli.<br />

Da un punto <strong>di</strong> vista generale, considerati gli obiettivi <strong>della</strong><br />

Restrukturizacija e i suoi aspetti attuativi, resterebbero da considerare le<br />

possib<strong>il</strong>ità che i risultati proposti stiano per essere conseguiti. In realtà la<br />

questione è molto complessa perché <strong>di</strong>versi problemi, alcuni dei quali sono<br />

stati brevemente accennati, rallentano o impe<strong>di</strong>scono l’ottenimento degli<br />

obiettivi. È necessario inoltre un periodo <strong>di</strong> osservazione più lungo per<br />

valutare i risultati <strong>di</strong> una politica <strong>di</strong> così ampio respiro. Tuttavia, sul piano<br />

politico si può sostenere che la Restrukturizacija ha contribuito a far sì che<br />

<strong>di</strong> fronte agli scenari aperti dall’11 settembre la Russia apparisse come un<br />

paese più pronto <strong>di</strong> quanto ci si potesse aspettare: pronto a schierarsi nella<br />

lotta incon<strong>di</strong>zionata al terrorismo; pronto a formare <strong>il</strong> consiglio Russia-<br />

Nato nel maggio 2002; pronto ad opporsi alla guerra degli USA in Iraq.<br />

Questa centralità è stata guadagnata dalla Russia, infatti, non solo in ragione<br />

dell’adozione <strong>di</strong> nuovi documenti <strong>di</strong> politica estera, strategica e m<strong>il</strong>itare, e<br />

dell’aumento <strong>della</strong> spesa m<strong>il</strong>itare ma anche del ritrovato interesse a dotare<br />

<strong>il</strong> paese <strong>di</strong> una moderna industria <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa e <strong>di</strong> un potenziale m<strong>il</strong>itare <strong>il</strong> più<br />

possib<strong>il</strong>e competitivo con quello delle gran<strong>di</strong> potenze.<br />

Con la Restrukturizacija <strong>il</strong> paese mira, dunque, a coa<strong>di</strong>uvare, la sua<br />

r<strong>il</strong>evanza politica con una cre<strong>di</strong>b<strong>il</strong>ità m<strong>il</strong>itare, basata non più solo su mere<br />

ragioni storiche, ma sul fatto che <strong>il</strong> paese ha agganciato per tempo la fase <strong>di</strong><br />

riarmo in corso dalla fine degli anni novanta. Se le soluzioni finora avviate<br />

sortiranno realmente i risultati strategici attesi si vedrà in futuro, ma è<br />

234


Oltre la Konversija<br />

comunque su questo riarmo e sulle modalità scelte nel conseguirlo che si<br />

giocherà gran parte <strong>di</strong> quel ritorno <strong>della</strong> Russia tra le gran<strong>di</strong> potenze, una<br />

volta cessata l’era <strong>della</strong> Konversija.<br />

Note al testo<br />

1 Per una lettura dei testi integrali dei due documenti: Rossijskaja Federacija, Voennaja<br />

Doktrina Rossijskoj Federacii, «Nezavisymmaja Gazeta» 22 apr<strong>il</strong>e, 2000 e Rossijskaja<br />

Federacija, Koncepcija Nacional’noj Bezopanosti Rossijskoj Federacii, «Rossijskaja Gazeta», 18<br />

gennaio, 2000.<br />

2 Su questi temi, tra gli autori pronunciatisi fin ora, si vedano R. WEBER, Swords Into Dow<br />

Shares: Governing The Decline Of The M<strong>il</strong>itary Industrial Complex, Westview Press, Boulder CO<br />

2000; A. SÁNCHEZ ANDRÉS, Privatization, Decentralization and Production adjustment in the<br />

Russian Defence Industry, «Europe Asia Stu<strong>di</strong>es», 52, n. 2, 1998.<br />

3 Ad esempio la principale produzione <strong>di</strong> conversione, dello stab<strong>il</strong>imento Chrunicev, legato<br />

all’omonimo centro <strong>di</strong> ricerca e progettazione, che produceva, tra gli altri generi aereo-spaziali,<br />

miss<strong>il</strong>i vettori Proton, <strong>di</strong>venta quella <strong>di</strong> biciclette, un bene a bassissimo contenuto tecnologico.<br />

L’argomento è ricostruito da Aleksandr Gol’c, in un articolo sulla «trappola <strong>della</strong> Conversione»:<br />

Konversionnaja lovuska dlja Primakova, «Itogi», 132, n. 42, 1 <strong>di</strong>cembre 1998.<br />

4 Si vedano i dati raccolti dal Stockolm International Peace Research Institute in SIPRI Yearbook<br />

2002, Oxford University Press, Oxford 2002. Per la cifra espressa in dollari usa, la conversione<br />

in dollari è basata sul sistema P.P.P (Purchasing Power Parity) . Per i dati relativi <strong>il</strong> 2002; SIPRI<br />

Yearbook 2003, Oxford University Press, Oxford 2003.<br />

5 Per una analisi dell’andamento <strong>della</strong> spesa m<strong>il</strong>itare in Russia, dal 1987 al 1997 si veda: J. Cooper,<br />

The m<strong>il</strong>itary expen<strong>di</strong>ture af the USSR and the Russian Federation, 1987-97, in SIPRI YearbooK<br />

1998, Oxford University Press, Oxford 1998.<br />

6 Per una rassegna e classificazione delle principali aree <strong>di</strong> crisi, <strong>della</strong> varietà <strong>di</strong> attori in essi coinvolti<br />

e le ripercussioni sul mercato d’armi nel corso degli anni novanta, si rinvia a B. TAYLOR SEYBOLT,<br />

Major armed conflicts in SIPRI Yearbook 2001, Oxford University Press, Oxford 2001.<br />

7 Questi dati e una descrizione degli sv<strong>il</strong>uppi dell’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa nei paesi più<br />

industrializzati, in R. FARAMAZJAN E V. BORISOV, Voennaja ekonomika: etapy razvitija i kontury<br />

buduscego, (L’economia m<strong>il</strong>itare: tappe <strong>di</strong> sv<strong>il</strong>uppo e contorni del futuro) «Mirovaja<br />

Ekonomika i Mezdunorodnye Otnosenija», n. 9, 2001.<br />

8 Sul commercio mon<strong>di</strong>ale delle armi nel dopo guerra fredda J. BOUT WELL, et alii, Lethal<br />

Commerce. The Global Trade in Small Arms and Light Weapons, American Academy of Arts and<br />

Sciences, Cambridge, Mass, 1995; G. BERTSCH, W. C. POTIER, Dangerous Weapons, Desperate<br />

States, Routhledge, New York 1999.<br />

235


Cristian Collina<br />

9 Una trattazione approfon<strong>di</strong>ta sulle forme <strong>di</strong> riorientamento, in una prospettiva comparata in:<br />

G. I. SUSMAN, S. O’KEEFE, The Defence Industry and the Post-Cold War Era: Corporative<br />

Strategies and Public Policy Perspective, Pergamon, Amsterdam 1998.<br />

10 Sulla conversione in USA e nel mondo, a cura del Bonn International Center for Conversion,<br />

Conversion Survery 2000-2002 (BICC), Momos Verlagsgesellschaft, Bonn 2000-2002. Per un<br />

b<strong>il</strong>ancio <strong>della</strong> conversione negli Usa invece: E. VASILEVSKIJ, SSA: Gosudarstvo i problema<br />

Konversii, (USA: lo Stato e <strong>il</strong> problema <strong>della</strong> Conversione) «Mirovaja Ekonomika i<br />

Mezdunorodnye Otnosenija», n. 4, 2000.<br />

11 Alcuni esempi concreti <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> produzione sono trattati brevemente in: A. SÁNCHEZ<br />

ANDRÉS, Restructuring the Defence Industry and Arms Production in Russia, «Europe Asia<br />

Stu<strong>di</strong>es», 52, n. 5, 2000.<br />

12 Per una panoramica delle potenzialità rappresentate dal VPK per <strong>il</strong> r<strong>il</strong>ancio dell’economia Russa<br />

e delle sua potenza m<strong>il</strong>itare V. RASSADIN, Sostojanie Voenno-Promyslennogo Kompleksa Rossii,<br />

(Situazione del Complesso M<strong>il</strong>itare-Industriale <strong>della</strong> Russia) «Voprosy Ekonomiki», n. 7, 1999.<br />

13 Su queste posizioni G. BERTSCH, W. C. POTIER, Dangerous Weapons, Desperate States,<br />

Routhledge, New York 1999.<br />

14 La tipologia, la consistenza e le caratteristiche <strong>della</strong> moderna industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa sono esposte<br />

in M. BRZOSKA, P. FRANKO, J. HUSBANDS, The Tipology of M<strong>il</strong>itary Assets, BICC, Bonn, 2000.<br />

15 Una recente ricostruzione dell’economia delle <strong>di</strong>fesa negli USA in D. GOLD, Defence Spen<strong>di</strong>ng<br />

and the US Economy, «Survival», 43, n. 3, 2001.<br />

16 Per la versione elettronica dei dati forniti dall’Agenzia, si consulti <strong>il</strong> sito: www.tsvpk.ru/eng/<br />

anaytic/sliders/1_1_ sr_3_eng.htm. I dati sono stati riportati in alcuni dei primi stu<strong>di</strong> sul tema,<br />

per un riscontro critico K. GONCHAR, Russia’s Defence Industry and Turn of the Century, BICC,<br />

Brief 17, Bonn, novembre 2000.<br />

17 In questo modo, molti osservatori internazionali al 2000 continuano a quantificare la<br />

consistenza dell’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa <strong>della</strong> Federazione Russa oltre le 1700 imprese, come A.<br />

SÁNCHEZ ANDRÉS, Restructuring the Defence Industry cit. e K. GONCHAR, Russia’s Defence<br />

Industry and Turn of the Century, BICC, Brief 17, Bonn, novembre 2000.<br />

18 Sul tema si veda la relazione curata da V. CUMIN, TC VPK, Mosca 30 gennaio 2000,<br />

<strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>e al sito: www.tsvpk.ru/analisys/cumin.html.<br />

19 Sulla necessità <strong>di</strong> recuperare l’escalation dominance, per mantenere lo status <strong>di</strong> Potenza si veda<br />

S. CIMBALA, Russia and Arms Persuasion, Rowman and Littlefield, Little Field, Lanham 2001.<br />

Mentre, per una panoramica <strong>della</strong> questione cecena, e i riflessi m<strong>il</strong>itari-industriali: G. CUFRIN,<br />

Russia: Separatism and Conflicts in the North Caucasus, in SIPRI Yearbook 2000, Oxford<br />

University Press, Oxford 2000.<br />

20 Sulla consistenza sistemica delle recenti politiche m<strong>il</strong>itari-industriali e l’abbandono <strong>di</strong><br />

approcci settoriali, in Russia e nel mondo F. SACHWALD, Defence Industry Restructuring: the End<br />

236


Oltre la Konversija<br />

of An Economic Exception, Collezione Les Notes de l’IFRI 15bis, E<strong>di</strong>zione IFRI (Institut Français<br />

des Relations Internationales), Parigi 1999.<br />

21 In particolare sul decisionismo del presidente Putin ed i suoi piani <strong>di</strong> riforma m<strong>il</strong>itare F.<br />

WALTER, Putin und das M<strong>il</strong>itär. Rußlands M<strong>il</strong>itärorganisation vor einer neunen Reformrunde,<br />

«Osteuropa» 12, <strong>di</strong>cembre, 2000.<br />

22 Ad esempio, se si vuole trasformare le imprese statali in società per azioni che combinino la<br />

partecipazione pubblica e quella privata, facendo prevalere talvolta la prima altre la seconda, è<br />

necessaria una legge sulle società per azioni, sulla partecipazione pubblica e sui <strong>di</strong>ritti dei privati<br />

che intervengono Il rior<strong>di</strong>no delle società per azioni è trattato in D. V. ZDANOV , Reorganizacija<br />

akcioniernych obscestv v Rossjskoj Federacii, (La riorganizzazione delle società per azioni nella<br />

Federazione Russa) Status, Moskva 2001.<br />

23 Alcuni titoli <strong>di</strong> agenzie informative e organi <strong>di</strong> stampa: Primakov: defence industry Russia’s<br />

locomotive, «Itar-Tass» 7 ottobre 1999; Putin: oboronnyi Kompleks-ekonomiceskom prioritetom,<br />

«Rossijskaja Gazeta», 11 novembre 1999.<br />

24 Questi argomenti sono sostenuti nel documento preparato dal ministero dell’Economia <strong>della</strong><br />

Federazione Russa per la Duma <strong>di</strong> Stato, sulla situazione generale del VPK, dopo la Conversione<br />

e le privatizzazioni, O polozenii del v Voenno-Promyslennom Komplekse (La situazione nel<br />

Complesso M<strong>il</strong>itare-Industriale), «Promyslennost’ Rossii», n. 8, agosto, 1998.<br />

25 Sul tema: K. GONCHAR, Russia’s Defence Industry at the Turn of the Century, BICC brief 17,<br />

Bonn, novembre 2000.<br />

26 Sulle modalità <strong>di</strong> partecipazione statale negli assetti proprietari delle imprese O.<br />

KUZNETSOVA, A. KUZNETSOVA, The State as a Shareholder: Responsab<strong>il</strong>ities and Objectives,<br />

«Europe Asia Stu<strong>di</strong>es» 51, n. 3, 1999.<br />

27 Precisamente si tratta <strong>della</strong> NPO Krasnaja Zarja <strong>di</strong> Pietroburgo, appartenente all’industria delle<br />

comunicazioni e <strong>della</strong> Chabarovskij Sudostroitel’nyi Zavod im. 60 letija SSSR <strong>di</strong> Chabarovsk del sottosettore<br />

marittimo. Questa precisazione è confermata, anche in A. SÁNCHEZ ANDRÉS, Restructuring<br />

the Defence Industry cit.<br />

28 Per un approccio territoriale alle ultime trasformazioni dell’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa russa A.<br />

IZUMOV, et alii, Market Reforms and Regional Differenentiation of Russian Defence Industry<br />

Enterprise, «Europe-Asia Stu<strong>di</strong>es», vol. 54, n. 6, 2002.<br />

29 Per un quadro generale dei guppi finanziari-industriali in Russia, in una prospettiva<br />

comparata E. LENSKY, V. CVETKOV, Finansovo-promyslennye gruppy: istoria sozdanija,<br />

mezdunorodnyi opyt, rossijskaja model’, (Gruppi finanziari-industriali: la storia, le esperienze<br />

internazionali, <strong>il</strong> modello russo) «Moskva», 1997.<br />

30 Sulle ragioni che spingono alla creazione <strong>di</strong> associations le imprese del settore m<strong>il</strong>itareindustriale<br />

S. TOLKACEV, Konkurentnye strategii rossijskich oboronnych kompanii, (Le strategie<br />

<strong>di</strong> concorrenza delle compagnie russe <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa), «Rossijskii Ekonomicski Zurnal», n. 1, 1998.<br />

237


Cristian Collina<br />

31 Si veda, a proposito B. MIL ’ NER, Krupnye korporacii - osnova pod ’’ ema i uskorennogo<br />

razvitija ekonomiki, (Le gran<strong>di</strong> corporations sono la base <strong>della</strong> ripresa e dello sv<strong>il</strong>uppo accelerato<br />

dell’economia), «Voprosy Ekonomiki», n. 9, 1998.<br />

32 Tra gli articoli <strong>della</strong> stampa russa sulle <strong>di</strong>fficoltà nella creazione <strong>di</strong> associations e nella<br />

Restrukturizcija nel settore dell’aviazione KONSTANTIN MAKIENKO, Russia in the Combat<br />

Aircraft Market, in «Russia/CIS Observer», July 2002.<br />

33 Sulla situazione generale <strong>della</strong> <strong>di</strong>tta MIG con particolare riferimento ai problemi del personale<br />

e <strong>della</strong> <strong>di</strong>rigenza K. MAKIENKO, Kadrovyj krisis v RSK MIG i problemy restrukturizacii oboronnoy<br />

promyslennosti Rossii, «Eksport Vooruzenij», novembre-<strong>di</strong>cembre, 1999.<br />

34 Per aggiornamenti anche recentissimi sulle vicende <strong>della</strong> RCA MIG si può consultare <strong>il</strong> sito:<br />

www.migavia.ru. Uno dei più recenti documenti ufficiali pubblicato anche sul sito e firmato<br />

dal <strong>di</strong>rettore generale è intitolato, appunto: RAC MIG is the first Russian vertically integrated<br />

aircraft manufactiring company, www.migavia.ru/mig-vic.htm.<br />

35 La propensione a trasferire competenze ad autorità civ<strong>il</strong>i ha fatto parlare ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong> una<br />

nuova ideologia nel VPK. Si veda, ad esempio: SERGEI SOJGU, Novaja ideologija dlja<br />

oboronnogo compleksa, in «Nezavisimoe Voennoe Obozrenie», 17-24 <strong>di</strong>cembre 1999.<br />

36 Nel 2000 <strong>il</strong> ministro è Aleksandr Dondukov, un uomo <strong>di</strong> esperienza nel campo m<strong>il</strong>itare-industriale.<br />

Dondukov è stato per molti anni <strong>di</strong>rettore generale del Design Bureau Jakovlëv, del settore aeronautico.<br />

Per una prima neutrale descrizione su questo trasferimento J. COOPER, Russian M<strong>il</strong>itary Expen<strong>di</strong>ture<br />

and Arms Production in, SIPRI Yearbook 2001, Oxford University Press, Oxford 2001.<br />

37 Per una rassegna <strong>di</strong> articoli delle più autorevoli testate russe sul tema «The Current Digest of<br />

The post-Soviet Press», 53, n. 13, 25 apr<strong>il</strong>e 2001.<br />

38 Su questo interessante argomento, si veda I. SAFRANCUK, M. POGORELIIJ, Sovremennaija<br />

rossiijskaja voennaja zurnalistika: opyt, problemy, prespektivy (Giornalismo m<strong>il</strong>itare russo<br />

contemporaneo: esperienze, problemi prospettive), Centr Anliza Strategiij i Technologiij<br />

(<strong>Centro</strong> Analisi sulle Strategie e sulle Tecnologie), Mosca 2002.<br />

39 Per una attenta classificazione delle tecnologie <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>i nel VPK, secondo questi tre tipi<br />

LJUDMILA BZILIANSKAJA, The Trasformation of Technological Capab<strong>il</strong>ities in Russian Defence<br />

Enterprises, with Special References to Dual-Use Technology in D. A. Dyker, The Technology of<br />

Transition, Central European University Press, Budapest 1997.<br />

40 Per una definizione <strong>di</strong> queste tecnologie ed <strong>il</strong> loro significato m<strong>il</strong>itare, soprattutto nei paesi<br />

occidentali W.A. SMIT, et alii, M<strong>il</strong>itary technology. Innovation and Stab<strong>il</strong>ity in a Changing<br />

World, VU University Press, Amsterdam 1990.<br />

41 Tra i titoli <strong>di</strong> agenzia sull’argomento: Russian S-400 air defence miss<strong>il</strong>es, «Interfax», 17 maggio<br />

1999; Russia boasts most sophisticated anti-aircraft system, «Itar-Tass», 20 agosto 1999.<br />

42 Sulle relazioni USA-Russia in materia nucleare e miss<strong>il</strong>istica dal dopo-URSS, C. BLUTH, The<br />

Nuclear Challenge: US-Russian Strategic Relations after the Cold War, Ashgate VII, Aldershot<br />

238


Oltre la Konversija<br />

2000 e J. MENDELSON, America, Russia and the Future of Arms Control, «Current History»,<br />

100, n. 648, ottobre 2001.<br />

43 Una rassegna aggiornata delle più recenti produzioni m<strong>il</strong>itari e duali in Russia è <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>e<br />

al sito: www.vor.ru/science/madeinrus/htm. Si tratta del sito internet <strong>della</strong> prima compagnia<br />

ra<strong>di</strong>ofonica <strong>di</strong> Stato: Voce <strong>della</strong> Russia, Golos Rossii, già Ra<strong>di</strong>o Moskva, Ra<strong>di</strong>o Mosca. La Voce<br />

<strong>della</strong> Russia cura una rubrica intitolata Sdelano v Rossii, de<strong>di</strong>cata interamente al made in Russia<br />

e accre<strong>di</strong>tata dalle autorità <strong>di</strong> governo.<br />

44 Sulle tecnologie duali a <strong>di</strong>sposizione <strong>della</strong> Russia e l’atteggiamento sul commercio interno ed<br />

internazionale: RFE, Ra<strong>di</strong>o Free Europe, A Dual Position on Dual Technology, «Security<br />

Watch», 2, n. 8, 5 marzo, 2001.<br />

45 Sul punto si veda: K. GONCHAR, Research and Development Conversion in Russia, BICC,<br />

Report 10, Bonn, 1997 e J. REPPY, Conversion of M<strong>il</strong>itary R&D, Macm<strong>il</strong>lan, Basingtoke 1998.<br />

46 Le negative ricadute del crollo <strong>della</strong> spesa m<strong>il</strong>itare in materia <strong>di</strong> R&D, e le mancate prospettive<br />

<strong>di</strong> conversione sono trattate in J. REPPY, Levels and trends in international spen<strong>di</strong>ng for m<strong>il</strong>itary<br />

R&D, in ID., Conversion of M<strong>il</strong>itary R&D cit.<br />

47 A tal proposito si veda V. BARANOVSKY , A. KAZIADINE, Russia: Arms Control, Disarmament<br />

and International Security, IMEMO, Mosca 2001.<br />

48 Il calcolo <strong>della</strong> spesa per <strong>il</strong> R&D in generale e m<strong>il</strong>itare in particolare è un’operazione molto<br />

complessa. Essa richiede dei sofisticati passaggi <strong>di</strong> aggregazione e <strong>di</strong>saggregazione dei dati resi<br />

ufficiali, dalle autorità <strong>di</strong> governo: dalla spesa per l’istruzione e la formazione a quella m<strong>il</strong>itare.<br />

I dati citati sono presi da SIPRI Yearbook 2000, Oxford University Press, Oxford 2000 e SIPRI<br />

Yearbook 2001, Oxford University Press, Oxford 2001.<br />

49 A tale proposito si vedano le considerazioni fatte dagli stu<strong>di</strong>osi dell’Istituto SIPRI nelle ultime<br />

e<strong>di</strong>zioni dell’annuario SIPRI, anche se dati certi ed ufficiali sulla quantità <strong>di</strong> impiegati effettivi<br />

nell’R&D <strong>della</strong> Federazione Russa non sono al momento <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>i. SIPRI Yearbook 2000, Oxford<br />

University Press, Oxford 2000 e SIPRI Yearbook 2001, Oxford University Press, Oxford 2001.<br />

50 Una descrizione delle più recenti forme <strong>di</strong> finanziamento nell’R&D e del caso <strong>di</strong> Tomsk in G.<br />

BARYSEVA, Investicii v naucno-obrazovatel’nyj komplkse (Gli investimenti nel complesso scientificoformativo),<br />

«Ekonomist», n. 9, 2001.<br />

51 Una descrizione delle attività e dell’attuale momento positivo del <strong>Centro</strong> Chrunicev in K.<br />

GONCHAR, Russia’s Defence Industry cit. e sul sito www.vpk.ru.<br />

52 Sull’importanza dell’investimento nell’R&D per la modernizzazione <strong>della</strong> Russia si veda N.<br />

SOKOV, Russian Strategic Modernisation: the Past and the Future, Rowman and Little Field,<br />

Lanham, MD, 2000.<br />

53 Il tema è ben affrontato, nelle sue linee generali in K. HAYWARD, The Globalisation of<br />

Defence Industries, «Survival», 42, n. 2, 2000.<br />

239


Cristian Collina<br />

54 Su queste posizioni si pone J. BECKER, The future of Atlantic Defence Procurement in A.R.<br />

MARKUSEN, J.S. COSTIGEN, Arming the Future: a Defence Industry for the 21st Century, Counc<strong>il</strong><br />

of Foreign Relations Press, New York 1999. Mentre, Keith Hayward, nell’articolo citato, si<br />

mantiene su posizioni meno futuriste e sostiene un certo limite alla globalizzazione<br />

dell’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa, rappresentato dai governi nazionali.<br />

55 La lista è anche <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>e in rete alla pagina: www.fas.org/nuke/guide/russia/industry/docs/<br />

rus95/rdbd4ch9.htm<br />

56 Le informazioni sul progetto Eurom<strong>il</strong>, sono state prese da una relazione tecnico-commerciale<br />

redatta dalla stessa Eurom<strong>il</strong> e resa nota in inglese ed in russo, sotto forma <strong>di</strong> brochure, nel 2001.<br />

Il titolo <strong>della</strong> versione russa è: Mi-38 – vertalët novogo pokolenija (Mi-38 – elicottero <strong>di</strong> nuova<br />

generazione). Altre informazioni ed aggiornamenti si possono reperire al sito: www.agusta.it.<br />

Sullo scambio <strong>di</strong> tecnologie e know how <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa, nell’Europa Comunitaria e non S. BURKARD,<br />

From Cooperation to Integration: Defence and Aerospace Industries in Europe, Chialot Paper n. 40,<br />

WEU Institute for Security Stu<strong>di</strong>es, Paris, luglio 2000. A. ERIKSSON, J.HALLENGE, The<br />

Changing European Defence Industry Sector: Consequences for Sweden?, Report Acta B 12,<br />

National Defence College, Stoccolma 2000.<br />

240


I tedeschi scomparsi <strong>della</strong> Mitteleuropa<br />

<strong>di</strong> Giorgio Novello<br />

La Mitteleuropa perduta<br />

I tedeschi scomparsi <strong>della</strong> Mitteleuropa<br />

A prima vista, l’ampliamento dell’Unione Europea a <strong>di</strong>eci nuovi Paesi,<br />

otto dei quali ad est <strong>di</strong> Vienna, ha consentito alla Mitteleuropa <strong>di</strong><br />

sperimentare una sorte che raramente tocca ad un progetto sociale e politico:<br />

essere tradotto in realtà. Ma proprio <strong>il</strong> confronto con la realtà ne ha<br />

denunciato imme<strong>di</strong>atamente - ed impietosamente - l’inconsistenza. Pochi<br />

progetti, poche visioni sono al contempo così noti e forse abusati; irraggianti<br />

suggestione perenne e quasi dotati <strong>di</strong> una forza interna che coinvolge assieme<br />

ragione e sentimento; ma anche così indefiniti, forse intrinsecamente<br />

indefinib<strong>il</strong>i.<br />

Geograficamente, la Mitteleuropa gravita sì attorno ad un centro<br />

collocato tra Vienna, Budapest e Praga; ma i suoi confini rimangono<br />

fluttuanti, al punto che G. Konrad 1 è arrivato a ricomprendervi -<br />

generosamente - quanto si trova tra Berlino, Varsavia, Roma ed Atene.<br />

Meglio forse coor<strong>di</strong>nate non geografiche, come quelle, accattivanti,<br />

proposte da Guenther Schatzdorfer, per cui Mitteleuropa è (era) laddove<br />

«popoli e gruppi vivevano non solo vicino, ma confusi gli uni con gli altri,<br />

non si raggruppavano per affinità ideologiche, emotive o fisiche, e<br />

sperimentavano una identità collettiva anche al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> quello che li separava<br />

e li contrapponeva» 2 .<br />

Il concetto <strong>di</strong> Mitteleuropa è però nebuloso soprattutto nei contenuti.<br />

Ne sono state date, e continuano a darsene, letture profondamente <strong>di</strong>verse.<br />

Quella <strong>di</strong> gran lunga più nota, al punto da acquisire taluni tratti propri del<br />

mito (senza per questo essere l’unica possib<strong>il</strong>e o necessariamente la più<br />

accurata), vi vede l’archetipo stesso <strong>di</strong> una civ<strong>il</strong>tà sovranazionale europea.<br />

Archetipo concretizzatosi nell’Impero asburgico e in certi suoi valori, reali<br />

o ideali (la coesistenza in pari <strong>di</strong>gnità, un’amministrazione sostanzialmente<br />

efficiente ed imparziale, strumenti <strong>di</strong> identificazione collettiva <strong>di</strong>versi dallo<br />

241


Giorgio Novello<br />

Stato-nazione, fecon<strong>di</strong>tà culturale straor<strong>di</strong>naria anche perchè nutrita dagli<br />

apporti <strong>di</strong> esperienze svariate). Ma anche questa lettura positiva, incerta tra<br />

l’esperienza storica concreta e la sua idealizzazione, è un prodotto delle<br />

<strong>di</strong>fficoltà, delle angosce, delle incertezze tipiche <strong>di</strong> perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> transizione e<br />

<strong>della</strong> loro ricerca affannosa <strong>di</strong> riferimenti.<br />

Nel secolo appena passato questa visione <strong>della</strong> Mitteleuropa ha così<br />

vissuto due fioriture, tanto più spettacolari quanto più collegate al tramonto<br />

<strong>di</strong> un vecchio or<strong>di</strong>ne europeo ed alla faticosa emersione <strong>di</strong> uno nuovo. La<br />

prima affonda le ra<strong>di</strong>ci nella scomparsa dell’Austria imperiale e negli stenti<br />

degli Stati successori. Nostalgia, idealizzazione, rievocazione del passato,<br />

rimpianto, ne costituirono l’humus; ne furono i risultati una straor<strong>di</strong>naria<br />

letteratura e programmi politici es<strong>il</strong>i (anche se <strong>il</strong> movimento per la<br />

Paneuropa <strong>di</strong> Coudenhove-Kalergi conobbe a momenti una buona<br />

visib<strong>il</strong>ità) 3 . La seconda fioritura, culminata qualche anno fa e ora già<br />

conclusa, prelude alla <strong>di</strong>sgregazione dell’Impero sovietico, favorisce <strong>il</strong> crollo<br />

del totalitarismo, sfocia nella progressiva integrazione <strong>di</strong> nuovi Paesi nelle<br />

strutture dell’Europa occidentale.<br />

Tra le due, non molto in comune. La Mitteleuropa idealizzata del primo<br />

dopoguerra era <strong>il</strong> frutto dell’elaborazione <strong>di</strong> un lutto collettivo per la per<strong>di</strong>ta<br />

del «mondo <strong>di</strong> ieri» <strong>di</strong> Zweig, si incarnava nel «mito asburgico» <strong>di</strong> Magris 4<br />

colorato dalla nostalgia per un or<strong>di</strong>ne occhiuto e rigido ma non privo <strong>di</strong><br />

aspetti positivi, tanto più rimpianti quanto più le vicende del tempo<br />

apparivano oscure; mito letterario appunto, non proposta politica. Nel<br />

dopo-guerra fredda, la Mitteleuropa è recuperata al servizio <strong>di</strong> una visione<br />

che matura progressivamente; che si ripropone all’inizio in larga misura <strong>di</strong><br />

nuovo attraverso l’opera <strong>di</strong> letterati, da Kundera a Konrad a M<strong>il</strong>osz 5 ; che<br />

sfocia presto anche in iniziative politiche quali la cooperazione<br />

interregionale Alpe-Adria, fondata a Venezia nell’autunno del 1978 o, più<br />

significativamente, l’allora Quadrangolare tra Italia, Austria, Iugoslavia ed<br />

Ungheria, lanciata a Budapest nel 1989; e che finisce con l’approdare<br />

all’Unione Europea proprio quando lo scrittore Havel conclude <strong>il</strong> suo<br />

mandato <strong>di</strong> presidente <strong>della</strong> Repubblica Ceca.<br />

Le due fasi sono così per alcuni versi, al <strong>di</strong> là delle analogie generiche e<br />

delle comuni suggestioni, irriconc<strong>il</strong>iab<strong>il</strong>i: la seconda fioritura non è una<br />

rie<strong>di</strong>zione aggiornata <strong>della</strong> prima. Tra le due, la cesura fondamentale <strong>della</strong><br />

seconda guerra mon<strong>di</strong>ale e delle sue conseguenze.<br />

L’Unione Europea ampliata ha recuperato taluni elementi essenziali<br />

<strong>della</strong> prima idea <strong>di</strong> Mitteleuropa, in particolare uno spazio globale <strong>di</strong> libera<br />

242


I tedeschi scomparsi <strong>della</strong> Mitteleuropa<br />

circolazione; un quadro unitario per la sicurezza; un or<strong>di</strong>namento con<br />

alcune caratteristiche <strong>di</strong> sovranazionalità. Ma restano irrime<strong>di</strong>ab<strong>il</strong>i,<br />

perlomeno per <strong>il</strong> futuro preve<strong>di</strong>b<strong>il</strong>e, le lacerazioni sociali e culturali che <strong>il</strong><br />

secondo confitto mon<strong>di</strong>ale ha inferto ad altre sue componenti essenziali.<br />

Karl Schloegel 6 sottolinea in particolare la per<strong>di</strong>ta <strong>della</strong> presenza cap<strong>il</strong>lare<br />

<strong>di</strong> ebrei e tedeschi nei Paesi dell’Europa centrale e orientale. Per<strong>di</strong>ta tanto<br />

più grave, si è tentati <strong>di</strong> aggiungere, e tanto più incomprensib<strong>il</strong>e nella sua<br />

genesi, quanto più erano significativi alcuni legami tra i due gruppi. Basti<br />

citare anche solo l’uso dell’yid<strong>di</strong>sch nel «regno» ebraico <strong>di</strong> Polonia e Lituania<br />

e oltre, che nonostante i tanti ebraismi lessicali resta una lingua germanica,<br />

e l’identificazione degli ambienti citta<strong>di</strong>ni ebraici <strong>di</strong> Boemia e Moravia con<br />

la lingua e la cultura tedesca.<br />

Il parallelo <strong>di</strong> Schloegel non deve naturalmente indurre a confondere<br />

esperienze storiche profondamente <strong>di</strong>verse nella loro genesi, nelle loro<br />

conseguenze, nelle responsab<strong>il</strong>ità. Ma può essere riproposto in una certa<br />

misura anche al periodo <strong>della</strong> guerra fredda, allorchè, <strong>di</strong> fronte al<br />

consolidamento dei nuovi regimi, i pochi rimasti <strong>di</strong> entrambi i gruppi<br />

dovettero affrontare <strong>di</strong>fficoltà in parte comparab<strong>il</strong>i. Gabriele Eschenazi e<br />

Gabriele Nissim sottolineano l’angustia degli spazi <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>i oltrecortina<br />

agli ebrei superstiti, spesso tollerati a livello in<strong>di</strong>viduale solo ponendo la<br />

sor<strong>di</strong>na alla loro <strong>di</strong>mensione collettiva, <strong>di</strong>venendo così sempre più<br />

atomizzati, sempre più «invisib<strong>il</strong>i» 7 . Un destino per alcuni tratti non<br />

<strong>di</strong>ssim<strong>il</strong>e da quello dei pochi tedeschi rimasti nell’Europa centro-orientale<br />

dopo l’esodo <strong>di</strong> do<strong>di</strong>ci m<strong>il</strong>ioni <strong>di</strong> loro verso Germania ed Austria. Anch’essi<br />

<strong>di</strong>vennero «invisib<strong>il</strong>i», conservando semmai la loro germanicità a titolo<br />

in<strong>di</strong>viduale ma non più <strong>di</strong> minoranze nazionali, d<strong>il</strong>uendosi così quasi<br />

completamente nel resto <strong>della</strong> popolazione, sotto <strong>il</strong> peso storico <strong>di</strong> una<br />

presunta colpa collettiva e <strong>il</strong> peso materiale <strong>della</strong> cortina <strong>di</strong> ferro. Cortina che<br />

peraltro paradossalmente contribuì a preservare una parvenza <strong>di</strong> vita per<br />

alcune collettività, che alla sua caduta furono poi falci<strong>di</strong>ate da una vera e<br />

propria fuga verso la Repubblica Federale.<br />

Qualche cifra. Nella Romania del 1930, i 750.000 tedeschi costituivano<br />

oltre <strong>il</strong> quattro per cento <strong>della</strong> popolazione; erano ancora 120.000 nel 1992,<br />

ma solo 95.000 nel 1997. In altri Paesi la cesura <strong>della</strong> guerra fu ancor più<br />

brutale. Se in Cecoslovacchia nel 1938 i tedeschi costituivano un quarto<br />

<strong>della</strong> popolazione, erano già scesi all’ 1,3 per cento nel 1950 e allo 0,4 nel<br />

1980 8 , mentre al censimento del 2001 le persone <strong>di</strong>chiaratesi <strong>di</strong> lingua<br />

tedesca sono state in tutto 38.000. Diffic<strong>il</strong>e un confronto tra la situazione<br />

243


Giorgio Novello<br />

attuale e quella prebellica per la Polonia, per lo spostamento del suo<br />

territorio verso ovest dovuto alla cessione all’Unione Sovietica <strong>di</strong> aree a<br />

predominanza ucraina e bielorussa e all’incorporazione <strong>di</strong> regioni <strong>di</strong> antico<br />

inse<strong>di</strong>amento tedesco. Ma all’interno delle frontiere polacche del 1939<br />

vivevano probab<strong>il</strong>mente ottocentom<strong>il</strong>a tedeschi 9 .<br />

244<br />

Do<strong>di</strong>ci m<strong>il</strong>ioni <strong>di</strong> profughi: davvero un tema «nuovo»?<br />

Do<strong>di</strong>ci m<strong>il</strong>ioni <strong>di</strong> germanofoni invece furono espulsi e si trasferirono in<br />

Austria e Germania. Quelli inse<strong>di</strong>atisi nella DDR vennero rapidamente<br />

assim<strong>il</strong>ati in uno Stato che fin dal Trattato <strong>di</strong> Goerlitz del 1950 aveva voluto,<br />

o dovuto, riconoscere l’Oder-Neisse come nuova frontiera con la Polonia e<br />

che, nel sistema del patto <strong>di</strong> Varsavia, non poteva riconoscere loro<br />

un’autonoma visib<strong>il</strong>ità. Gli esuli hanno invece arrecato un contributo<br />

significativo, come singoli ma anche collettivamente, allo straor<strong>di</strong>nario<br />

r<strong>il</strong>ancio economico e sociale <strong>della</strong> Repubblica Federale. Le straor<strong>di</strong>narie<br />

conquiste <strong>della</strong> Germania «renana» (<strong>il</strong> progresso economico e la maturità<br />

democratica basata sull’economia sociale <strong>di</strong> mercato; un federalismo vitale;<br />

un convinto europeismo) sono così in qualche modo da ascrivere all’intero<br />

popolo tedesco, non solo alla sua componente occidentale. Schloegel ha<br />

scritto pagine toccanti sull’arricchimento culturale che i profughi dell’Est<br />

apportarono al piccolo v<strong>il</strong>laggio svevo <strong>della</strong> sua infanzia, attraverso persone<br />

dai mo<strong>di</strong> sofisticati, giunte da città dai nomi esotici e favolosi, quasi un<br />

anticipo e una promessa delle meraviglie del mondo al <strong>di</strong> là dei limiti angusti<br />

<strong>della</strong> provincia.<br />

Ma l’integrazione è stata <strong>di</strong>suguale e <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e. Da qui anche la spinta ad<br />

un forte associazionismo: la Bund der Vertriebenen (associazione dei<br />

profughi), esistente dai primi anni cinquanta, non solo afferma oggi <strong>di</strong><br />

rappresentare ancora 15 m<strong>il</strong>ioni <strong>di</strong> persone e <strong>di</strong> avere due m<strong>il</strong>ioni <strong>di</strong> iscritti,<br />

ma <strong>di</strong> guardare al futuro (ne è ad esempio presidente Erika Steinbach,<br />

parlamentare CDU nata dopo la guerra). Associazionismo rafforzatosi in<br />

parte anche come reazione alla politica <strong>di</strong> assim<strong>il</strong>azione forzata perseguita in<br />

un primo tempo dagli Alleati, riuscendo a porre in essere non solo, per brevi<br />

attimi ricorrenti, un «surrogato <strong>di</strong> patria» (Heimatersatz) in occasione degli<br />

incontri perio<strong>di</strong>ci, ma anche un efficace strumento <strong>di</strong> mutua assistenza e un<br />

canale <strong>di</strong> lobby politica. Tra i risultati più significativi così ottenuti (<strong>di</strong><br />

grande importanza anche psicologica) figura la «solidarietà <strong>di</strong> fronte agli


I tedeschi scomparsi <strong>della</strong> Mitteleuropa<br />

oneri <strong>della</strong> guerra» (Lastenausgleich), lanciata nella Repubblica Federale nei<br />

primi anni cinquanta dopo accesi <strong>di</strong>battiti. Tale «solidarietà» si concretizzò<br />

in particolare in una legge del 1952 (aggiornata una trentina <strong>di</strong> volte negli<br />

anni successivi) a favore <strong>di</strong> otto m<strong>il</strong>ioni <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>ni particolarmente colpiti<br />

dagli eventi bellici e dei do<strong>di</strong>ci m<strong>il</strong>ioni <strong>di</strong> profughi, finanziata con imposte<br />

ad<strong>di</strong>zionali sul red<strong>di</strong>to e misure patrimoniali una tantum. Il programma<br />

perse parte <strong>della</strong> sua r<strong>il</strong>evanza nel contesto del miracolo economico; fu<br />

avviato troppo tar<strong>di</strong> per farne beneficiare i profughi più anziani; risarcì non<br />

più del 22 per cento delle per<strong>di</strong>te patrimoniali denunciate. Nonostante<br />

tutto, fino al 1993 furono erogati centoquaranta m<strong>il</strong>ioni <strong>di</strong> marchi tedeschi:<br />

<strong>il</strong> trasferimento finanziario più elevato nella storia tedesca prima <strong>di</strong> quelli a<br />

favore dell’ex-DDR 10 .<br />

In Austria invece si inse<strong>di</strong>ò un numero ridotto <strong>di</strong> profughi; pochi anche<br />

tenuto conto delle <strong>di</strong>mensioni del Paese. Tra le cause, la parziale occupazione<br />

sovietica, <strong>il</strong> ritardato recupero <strong>della</strong> sovranità nazionale, le limitate capacità <strong>di</strong><br />

assorbimento dell’economia, le reticenze del governo (in particolare a<br />

concedere la citta<strong>di</strong>nanza a coloro che pure erano stati per la stragrande<br />

maggioranza austriaci fino al 1918) dovuto, per molti osservatori, al forte<br />

<strong>di</strong>sagio <strong>di</strong> fronte alle vicende intercorse tra <strong>il</strong> 1934 e la fine <strong>della</strong> guerra. Agli<br />

inizi degli anni cinquanta erano rimasti in Austria poco più <strong>di</strong> 380.000<br />

profughi, dei quali circa 150.000 dalla Cecoslovacchia, <strong>di</strong>ecim<strong>il</strong>a da territori<br />

polacchi o territori del Reich trasferiti all’amministrazione polacca, e per <strong>il</strong><br />

resto quasi tutti dai territori del vecchio Impero. E all’epoca solo poco più <strong>di</strong><br />

90.000 avevano ottenuto la citta<strong>di</strong>nanza austriaca 11 . L’influenza delle<br />

associazioni dei profughi sulla politica austriaca è stata quin<strong>di</strong> molto minore<br />

che in Germania. A partire dal suo presidente Gerhard Zeihsel, <strong>di</strong>versi<br />

esponenti <strong>della</strong> SLO (Sudetendeutsche Landsmannschaft Oesterreich) sono<br />

vicini ai «liberali» già guidati da Haider. Risale comunque al 1996 (e quin<strong>di</strong><br />

ancora all’epoca <strong>della</strong> «grosse Koalition» tra popolari e socialdemocratici) la<br />

concessione <strong>di</strong> una sede a Vienna: una Haus der Heimat («casa <strong>della</strong> Patria»:<br />

ma <strong>il</strong> termine Heimat è intraducib<strong>il</strong>e, allude alla tenerezza per i luoghi<br />

dell’infanzia) che ospita oggi otto associazioni territoriali <strong>di</strong> profughi dalle<br />

<strong>di</strong>verse parti dell’Impero asburgico. Ma la visib<strong>il</strong>ità al <strong>di</strong> fuori <strong>della</strong> cerchia dei<br />

<strong>di</strong>retti interessati resta limitata.<br />

Ciò non toglie che l’Austria, soprattutto dopo i sommovimenti europei<br />

dei primi anni novanta, abbia perseguito con qualche successo una politica<br />

<strong>di</strong> attenzione anche verso talune minoranze superstiti dei paesi centroeuropei.<br />

È <strong>il</strong> caso in particolare <strong>della</strong> Slovenia, dove fino al 1945 vivevano<br />

245


Giorgio Novello<br />

poco meno <strong>di</strong> sessantam<strong>il</strong>a germanofoni poi espulsi quasi tutti dal governo<br />

provvisorio iugoslavo che configuravano a loro carico una colpa collettiva;<br />

oggi ne restano 1.800. Colloqui avviati a Vienna dai rispettivi ministri degli<br />

Esteri alla fine degli anni novanta condussero al riconoscimento sloveno<br />

dell’incompatib<strong>il</strong>ità <strong>della</strong> colpa collettiva con gli standard giuri<strong>di</strong>ci attuali,<br />

tanto da poter anche ipotizzare specifici «interventi correttivi» in casi singoli<br />

(oggi sono un centinaio i casi in esame), e al riconoscimento austriaco che<br />

la questione non avrebbe posto ostacoli all’adesione <strong>di</strong> Lubiana all’Unione<br />

europea. L’accordo culturale del 30 apr<strong>il</strong>e 2001 riconobbe i germanofoni <strong>di</strong><br />

Slovenia come «gruppo etnico» (ma non come «minoranza nazionale», come<br />

è <strong>il</strong> caso degli ungheresi e degli italiani dei tre comuni costieri <strong>di</strong> Capo<strong>di</strong>stria,<br />

Isola e Pirano) 12 .<br />

Nel periodo imme<strong>di</strong>atamente precedente l’ampliamento dell’Unione<br />

Europea, l’espulsione dei tedeschi dall’Europa centro-orientale è tornata<br />

alla ribalta ed ha sollevato forti polemiche. Me<strong>di</strong>a e commentatori si sono<br />

concentrati soprattutto sui tre m<strong>il</strong>ioni e mezzo espulsi dalla Cecoslovacchia<br />

(noti collettivamente, ed impropriamente, come «Sudeti») sulla base <strong>di</strong><br />

alcuni decreti del presidente cecoslovacco Benes. Decreti <strong>di</strong> cui alcuni<br />

chiedono ora l’abrogazione, vuoi a titolo <strong>di</strong> riparazione simbolica vuoi anche<br />

in vista <strong>di</strong> risultati concreti (recupero <strong>di</strong> beni, indennizzi); altri <strong>il</strong><br />

mantenimento, in quanto costituirebbero altrettanti elementi strutturali<br />

<strong>della</strong> compagine statuale ceca. Decreti che in ogni caso sono assurti a<br />

simbolo per gli uni delle ingiustizie patite dai do<strong>di</strong>ci m<strong>il</strong>ioni <strong>di</strong> germanofoni<br />

sra<strong>di</strong>cati dalle loro terre dopo la seconda guerra mon<strong>di</strong>ale, per gli altri <strong>della</strong><br />

volontà del ricomposto Stato cecoslovacco (e <strong>di</strong> altri già occupati dal Reich)<br />

<strong>di</strong> garantire la propria sopravvivenza.<br />

Ma in realtà i profughi non hanno mai cessato <strong>di</strong> costituire un elemento<br />

<strong>di</strong> r<strong>il</strong>ievo nelle società tedesca ed austriaca. Non è quin<strong>di</strong> del tutto corretto<br />

parlare <strong>di</strong> una «riemersione» del tema, <strong>di</strong> una sua «riscoperta» ad opera<br />

magari <strong>di</strong> fattori puntuali come i servizi del settimanale tedesco «Der<br />

Spiegel» <strong>della</strong> primavera del 2002 o <strong>il</strong> romanzo <strong>di</strong> Guenther Grass Im<br />

Krebsgang 13 (che per <strong>il</strong> solo fatto <strong>di</strong> trattare dell’affondamento <strong>di</strong> una nave<br />

tedesca che nel 1945 trasportava migliaia <strong>di</strong> profughi dalla Prussia è stato<br />

salutato dalla critica come un «coraggioso» passo verso <strong>il</strong> riesame del passato;<br />

ma che in realtà conc<strong>il</strong>ia spunti «audaci» con <strong>il</strong> rispetto del «politicamente<br />

corretto»). Vi è stata piuttosto una straor<strong>di</strong>naria serie <strong>di</strong> coincidenze, che ha<br />

acuito le sensib<strong>il</strong>ità e ha richiamato l’attenzione (questo sì è un elemento<br />

nuovo) <strong>della</strong> comunità internazionale sui «decreti Benes»: le campagne<br />

246


I tedeschi scomparsi <strong>della</strong> Mitteleuropa<br />

elettorali del 2002 in Germania, in Austria, nella Repubblica Ceca; <strong>il</strong><br />

presidente <strong>della</strong> Baviera, la regione tedesca in cui più forte è l’influenza delle<br />

associazioni degli esuli, nel ruolo <strong>di</strong> can<strong>di</strong>dato alla Cancelleria; e appunto lo<br />

scorcio conclusivo dei negoziati per l’ampliamento dell’Unione Europea.<br />

Per molti osservatori hanno avuto un peso decisivo certe continuità tra<br />

alcune espressioni delle associazioni dei profughi e ambiti politici populisti<br />

e ra<strong>di</strong>cali gratificati da affermazioni elettorali significative. È questo <strong>il</strong> caso<br />

dei summenzionati «liberali» austriaci e del loro ingresso nel governo, con<br />

i popolari, dopo la vittoria elettorale del 2000. Nell’accordo programmatico<br />

tra i due partiti (Koalitionsabkommen) del 1° Febbraio 2000, <strong>il</strong> nuovo<br />

governo austriaco si impegnava tra l’altro al perseguimento <strong>di</strong> una soluzione<br />

appropriata (sachgerechte Loesung) anche per le popolazioni <strong>di</strong> lingua tedesca<br />

sra<strong>di</strong>cate dalle loro zone <strong>di</strong> inse<strong>di</strong>amento in Slovenia e Repubblica Ceca.<br />

Ancora <strong>il</strong> 9 marzo 2002, <strong>il</strong> cancelliere Schuessel riteneva che le conseguenze<br />

delle espulsioni da quest’ultimo Paese andassero risolte prima dell’ingresso<br />

<strong>di</strong> Praga nell’Unione. Già con la secca sconfitta dei liberali alle elezioni del<br />

novembre 2002 si era peraltro registrato un ri<strong>di</strong>mensionamento dei toni del<br />

<strong>di</strong>battito 14 .<br />

In Germania, peraltro, rimangono isolate le posizioni ra<strong>di</strong>cali dei piccoli<br />

partiti <strong>di</strong> estrema destra (pari nel complesso a pochi punti percentuali<br />

dell’elettorato e per <strong>di</strong> più molto <strong>di</strong>visi); e questo anche per l’azione<br />

moderatrice <strong>della</strong> CSU bavarese che, nel suo ruolo incontestato <strong>di</strong> partito <strong>di</strong><br />

riferimento dei Sudeti, <strong>il</strong> gruppo più compatto e più influente dei profughi,<br />

ne ha storicamente recuperato l’associazionismo ad un pieno gioco<br />

democratico. Nel Bund der Vertriebenen tedesco hanno del resto convissuto<br />

e convivono <strong>di</strong>verse anime: presidente ne fu ad esempio, tra <strong>il</strong> 1964 e la<br />

morte prematura nel 1966, quel Wenzel Kaksch già a capo dei<br />

socialdemocratici tedeschi <strong>di</strong> Cecoslovacchia ed interlocutore priv<strong>il</strong>egiato<br />

del presidente Benes sulle minoranze ai tempi del comune es<strong>il</strong>io lon<strong>di</strong>nese.<br />

Resta, come si è detto, una nuova consapevolezza <strong>della</strong> comunità<br />

internazionale, favorita dalle recenti evoluzioni a livello continentale. Nulla<br />

<strong>di</strong> veramente nuovo, del resto: sul tema, i rapporti degli Stati tedeschi con<br />

i Paesi <strong>di</strong> origine degli esuli sono sempre stati influenzati in modo decisivo<br />

dalle con<strong>di</strong>zioni internazionali via via esistenti. <strong>Del</strong>la DDR si è detto:<br />

all’interno del blocco orientale <strong>il</strong> tema non aveva <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>nanza.<br />

L’Austria neutrale capitalizzava una collocazione favorevole tra i due<br />

blocchi, pagandola anche con un oblio <strong>di</strong> decenni. La Repubblica Federale,<br />

nei limiti delle sue possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> movimento, condusse una Ost-Politik che,<br />

247


Giorgio Novello<br />

tra la fine degli anni sessanta e i primi anni settanta, si tradusse sì in una serie<br />

<strong>di</strong> intese con i Paesi del blocco socialista, ma le cui priorità erano da un lato<br />

la sicurezza (pagata anche col riconoscimento delle nuove frontiere orientali,<br />

come nel caso del trattato con la Polonia nel 1970), dall’altro con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />

vita meno <strong>di</strong>sagevoli per i tedeschi <strong>di</strong> oltre cortina (da cui la coesistenza con<br />

la DDR <strong>di</strong> cui agli accor<strong>di</strong> del 1971 e 1972; e semmai concessioni quali <strong>il</strong><br />

trasferimento verso la Repubblica Federale <strong>di</strong> 120.000 polacchi «appartenenti<br />

incontestab<strong>il</strong>mente al gruppo etnico tedesco» <strong>di</strong> cui al secondo trattato<br />

tedesco-polacco del 1975) 15 .<br />

La fine <strong>della</strong> guerra fredda ha sciolto <strong>il</strong> corsetto entro <strong>il</strong> quale tali rapporti<br />

erano ingessati, ma <strong>di</strong> per sè non ha riacutizzato la consapevolezza sul tema.<br />

Né lo ha fatto, <strong>di</strong> per sè, la riunificazione <strong>della</strong> Germania, che pure aveva<br />

brevemente fatto balenare lo spettro <strong>di</strong> un’«Europa tedesca». Se ne è<br />

appunto ripreso coscienza con la prospettiva del recupero <strong>della</strong> Mitteleuropa<br />

da parte dell’Europa «occidentale».<br />

R<strong>il</strong>evanza reale del tema, dunque; ma anche, come si è detto,<br />

sovraesposizione me<strong>di</strong>atica che, poco prima dell’ampliamento dell’Unione<br />

Europea, aveva ad<strong>di</strong>rittura indotto <strong>di</strong>versi commentatori a vedere rischi non<br />

solo per le relazioni b<strong>il</strong>aterali tra gli Stati interessati, ma per gli stessi equ<strong>il</strong>ibri<br />

continentali («le contentieux des Sudetes empoisonne l’Europe centrale»: così<br />

«Le Monde» del 27 marzo 2002).<br />

Una lettura più serena avrebbe dovuto condurre subito a conclusioni<br />

<strong>di</strong>verse. Avrebbe dovuto in particolare collocare l’improvvisa riacutizzazione<br />

del tema, a livello interno ed internazionale, nella prospettiva positiva del<br />

recupero <strong>della</strong> Mitteleuropa, ed in<strong>di</strong>care la raggiunta maturità dei tempi per<br />

<strong>il</strong> compimento <strong>di</strong> una tappa ulteriore verso quella definizione completa del<br />

passato che durante la guerra fredda ha potuto aver luogo solo in modo parziale<br />

e <strong>di</strong>somogeneo: buono ad esempio per i profughi dalla Polonia, meno buono<br />

per gli esuli dalla Repubblica Ceca.<br />

Certo, <strong>il</strong> tema resta complesso. Lo confermano in particolare le vicende<br />

- per tanti versi para<strong>di</strong>gmatiche - dei tedeschi <strong>di</strong> Boemia e Moravia, i<br />

cosiddetti Sudeti (da alcune zone <strong>di</strong> loro più forte inse<strong>di</strong>amento). Vicende<br />

contrad<strong>di</strong>stinte da complessità e stratificazioni tali da rendere ragione<br />

dell’emotività <strong>di</strong> certe persistenti prese <strong>di</strong> posizione, e da confermare<br />

l’impossib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> composizioni durevoli basate solo sul piano giuri<strong>di</strong>co o<br />

sulla sola <strong>di</strong>mensione b<strong>il</strong>aterale. Più che nell’inconc<strong>il</strong>iab<strong>il</strong>ità attuale delle<br />

posizioni sui punti specifici, <strong>il</strong> vero, forte ostacolo resta l’inconc<strong>il</strong>iab<strong>il</strong>ità<br />

delle visioni che le <strong>di</strong>verse parti in causa hanno <strong>della</strong> storia passata.<br />

248


I tedeschi dei Sudeti: una vicenda senza confronti<br />

I tedeschi scomparsi <strong>della</strong> Mitteleuropa<br />

È dunque ut<strong>il</strong>e richiamare taluni aspetti specifici proprio delle vicende<br />

dei tedeschi dei Sudeti. La stessa immagine <strong>di</strong> questi ultimi come gruppo<br />

etnico compatto, contrad<strong>di</strong>stinto da una cultura unitaria e da una storia<br />

comune, è fuorviante. I Sudeti sono <strong>di</strong>ventati tali, paradossalmente, dopo e<br />

«grazie» all’espulsione, trovando nella sofferenza comune, e poi nella intensa<br />

vita associativa nell’es<strong>il</strong>io, fondamenti <strong>di</strong> un’indentità collettiva in<br />

precedenza molto più es<strong>il</strong>e.<br />

Manfred Alexander 16 definisce «un’astrazione» lo stesso concetto <strong>di</strong> una<br />

minoranza tedesca in Cecoslovacchia. Accanto ad inse<strong>di</strong>amenti compatti<br />

nella Boemia del Nord e del Nord-Ovest (Reichenberg, Egeraln), vi erano<br />

inse<strong>di</strong>amenti citta<strong>di</strong>ni (a Praga a Brno/Bruenn) dove cechi e tedeschi<br />

convivevano, in cui parte <strong>della</strong> popolazione era mist<strong>il</strong>ingue, in cui era forte<br />

la presenza <strong>di</strong> ebrei germanofoni. L’atteggiamento politico era <strong>di</strong><br />

conseguenza variegato: convivenza più o meno pacifica nelle gran<strong>di</strong> città;<br />

annessione alla Cecoslovacchia vissuta come un «incubo permanente» nei<br />

territori già appartenuti al Reich tedesco (hultinische Laendchen). Da qui la<br />

contrapposizione tra «attivisti», sostenitori <strong>di</strong> una collaborazione leale con<br />

le autorità centrali, e «negazionisti», questi ultimi in grado <strong>di</strong> bloccare fino<br />

al 1926 la partecipazione <strong>di</strong> partiti tedeschi al governo.<br />

Ed infatti, come in un gioco <strong>di</strong> scatole cinesi, le relazioni tedesco-ceche<br />

relative al nostro tema rinviano sempre ad un piano ulteriore. Le polemiche<br />

più recenti hanno tratto fac<strong>il</strong>e alimento da <strong>di</strong>chiarazioni forti <strong>di</strong> varia<br />

provenienza, che a prima vista posso sconcertare. Molto citata è stata<br />

l’esternazione dell’ex-premier socialdemocratico ceco M<strong>il</strong>os Zeman, che ha<br />

definito i Sudeti «la quinta colonna <strong>di</strong> Hitler». Ma anche da parte tedesca,<br />

e da parte <strong>di</strong> insospettab<strong>il</strong>i e qualificati quoti<strong>di</strong>ani nazionali, sono state<br />

pubblicate rivisitazioni emotive del ruolo storico <strong>di</strong> Benes, riprendendo certi<br />

vecchi stereotipi per cui <strong>il</strong> «peccato originale» dello Stato cecoslovacco nei<br />

confronti dei tedeschi sarebbe stato pagato col colpo <strong>di</strong> Stato comunista a<br />

Praga del febbraio 1948 e, nel 1992, con la frattura tra Repubblica Ceca e<br />

Slovacchia. Insomma, un Benes che sarebbe stato «vittima dei fantasmi del<br />

comunismo che lui stesso aveva evocato» («Die Woche») ma anche «un<br />

freddo despota» («Frankfurter Allgemeine Zeitung»).<br />

L’occasione prossima <strong>della</strong> controversia è stata data naturalmente dagli<br />

interrogativi sulla compatib<strong>il</strong>ità o meno dei decreti Benes con l’acquis<br />

dell’Unione Europea, che la Repubblica Ceca, al pari degli altri can<strong>di</strong>dati,<br />

249


Giorgio Novello<br />

ha recepito prima dell’adesione. Da qui ripetute analisi giuri<strong>di</strong>che sulla<br />

natura dei decreti, sulla loro attuale configurab<strong>il</strong>ità come <strong>di</strong>ritto tuttora<br />

esistente, sulla loro idoneità a produrre ancora effetti giuri<strong>di</strong>ci, sulla<br />

necessità o meno <strong>di</strong> un atto <strong>di</strong> abrogazione da parte delle autorità ceche. Sul<br />

tema si sono avute pronunce del Parlamento e <strong>della</strong> Commissione europei 17 ,<br />

che non hanno considerato la loro abrogazione come prerequisito per<br />

l’accessione <strong>della</strong> Repubblica Ceca. Di avviso opposto i pareri chiesti dalle<br />

associazioni degli esuli. I negoziati <strong>di</strong> adesione si sono conclusi come noto<br />

a metà <strong>di</strong>cembre 2002, senza abrogazione dei decreti.<br />

Al <strong>di</strong> là delle polemiche del momento, sullo sfondo restano le memorie<br />

degli eventi intercorsi tra <strong>il</strong> 1938 e <strong>il</strong> 1947. Dunque, l’incontro quadripartito<br />

<strong>di</strong> Monaco del settembre 1938, con l’avallo al trasferimento alla Germania<br />

<strong>di</strong> vaste regioni cecoslovacche popolate in maggioranza da popolazioni <strong>di</strong><br />

lingua tedesca. Pochi mesi dopo, lo smembramento <strong>di</strong> quanto restava dello<br />

Stato cecoslovacco: la creazione del protettorato <strong>di</strong> Boemia e Moravia,<br />

l’istituzione <strong>di</strong> una Slovacchia in<strong>di</strong>pendente <strong>di</strong> nome ma <strong>di</strong> fatto soggetta a<br />

Berlino, <strong>il</strong> trasferimento <strong>di</strong> territori anche a Polonia e Ungheria. La seconda<br />

guerra mon<strong>di</strong>ale, con l’assassinio <strong>di</strong> Reihardt Heydrich, stellvertretender<br />

Reichsprotektor per Boemia e Moravia, ad opera <strong>della</strong> resistenza ceca, e la<br />

<strong>di</strong>struzione completa del v<strong>il</strong>laggio <strong>di</strong> Li<strong>di</strong>ce come rappresaglia. La<br />

ricostituzione dello Stato cecoslovacco sostanzialmente nelle frontiere<br />

prebelliche, appunto sotto la guida <strong>di</strong> Benes, ultimo suo presidente e guida<br />

del governo in es<strong>il</strong>io. Le vendette incontrollate nei primi mesi, sfociate nelle<br />

prime espulsioni incontrollate (w<strong>il</strong>de Vertreibungen) ed in atti <strong>di</strong> violenza<br />

quali <strong>il</strong> massacro del v<strong>il</strong>laggio <strong>di</strong> Landskron, la «marcia <strong>della</strong> morte» per i<br />

ventim<strong>il</strong>a tedeschi <strong>di</strong> Brno/Bruenn, espulsi in una sola notte e obbligati a<br />

raggiungere a pie<strong>di</strong> la frontiera austriaca, <strong>il</strong> «massacro <strong>di</strong> Aussig» a seguito<br />

dell’esplosione <strong>di</strong> un deposito <strong>di</strong> munizioni ceco negli ultimi mesi <strong>di</strong> guerra.<br />

La deportazione «organizzata» del primo semestre del 1946, al termine del<br />

quale la minoranza tedesca in Cecoslovacchia aveva praticamente cessato <strong>di</strong><br />

esistere.<br />

L’attenzione è dunque oggi in modo particolare sul cosiddetto «periodo<br />

decretale», premessa sia <strong>della</strong> rinascita cecoslovacca che dell’espulsione dei<br />

tedeschi. Periodo iniziato l’11 luglio 1940 nell’es<strong>il</strong>io <strong>di</strong> Londra e terminato<br />

<strong>il</strong> 27 ottobre 1945 a Praga, nel corso del quale <strong>il</strong> presidente Benes firmò nel<br />

complesso 143 decreti intesi a delineare le nuove strutture statuali. Nella fase<br />

finale del periodo decretale si inserisce <strong>il</strong> «programma <strong>di</strong> Kosice», dalla<br />

località <strong>della</strong> Slovacchia orientale dove <strong>il</strong> 5 apr<strong>il</strong>e del 1945 venne costituito<br />

250


I tedeschi scomparsi <strong>della</strong> Mitteleuropa<br />

<strong>il</strong> primo governo postbellico. Il programma, in se<strong>di</strong>ci punti, prevedeva tra<br />

l’altro, in linea <strong>di</strong> principio, la punizione dei tedeschi (e dei magiari)<br />

colpevoli e l’incolumità degli innocenti; ma non dava in<strong>di</strong>cazioni sul punto<br />

decisivo dell’onere <strong>della</strong> prova. Il trattamento dei Sudeti viene <strong>di</strong>sciplinato<br />

specificamente in una decina <strong>di</strong> decreti (<strong>di</strong> cui solo tre specificamente ad essi<br />

de<strong>di</strong>cati: dunque circa lo 0,5 per cento del totale), tutti emessi tra <strong>il</strong> maggio<br />

e l’ottobre dello stesso anno e quin<strong>di</strong> successivi al programma <strong>di</strong> Kosice. In<br />

particolare, <strong>il</strong> decreto del 19 maggio ne confisca i patrimoni; quello del 21<br />

giugno le proprietà agricole; quello del 2 agosto revoca la citta<strong>di</strong>nanza<br />

cecoslovacca a tedeschi e magiari, ed è integrato da quelli del 19 settembre<br />

e del 27 ottobre che <strong>di</strong>spone l’internamento <strong>di</strong> coloro che sono stati privati<br />

<strong>della</strong> citta<strong>di</strong>nanza; infine, la legge dell’8 maggio 1946 <strong>di</strong>chiara non punib<strong>il</strong>i<br />

i delitti compiuti contro la minoranza tedesca.<br />

Ma nessuno <strong>di</strong> questi decreti, che pure hanno <strong>di</strong>sposto l’espropriazione,<br />

la per<strong>di</strong>ta <strong>della</strong> citta<strong>di</strong>nanza e l’internamento dei tedeschi, ne prescriveva<br />

l’espulsione, come invece si sostiene incorrettamente da più parti.<br />

Quest’ultima venne sancita dall’articolo XIII <strong>della</strong> Conferenza <strong>di</strong> Potsdam<br />

(dal 17 luglio al 2 agosto 1945), sia pure da eseguirsi «in modo umano». Su<br />

questa base, una «nota» del governo cecoslovacco del 16 agosto avvia<br />

l’organizzazione dei trasferimenti forzati, autorizzati in novembre dal<br />

Consiglio <strong>di</strong> Controllo Alleato. Il 27 gennaio 1946 parte <strong>il</strong> primo treno. Nei<br />

sei mesi successivi sono deportati in Germania circa due m<strong>il</strong>ioni e mezzo <strong>di</strong><br />

persone (750.000 nella zona <strong>di</strong> occupazione sovietica).<br />

Queste vicende restano ancora oggi, per tanti aspetti, enigmatiche. Si<br />

leggano solo le pagine che Richard von Weiszaecker, ex-presidente <strong>della</strong><br />

Repubblica Federale tedesca, de<strong>di</strong>ca nelle sue memorie al padre (br<strong>il</strong>lante<br />

<strong>di</strong>plomatico <strong>di</strong> carriera, non sospetto <strong>di</strong> estremismo), negoziatore per parte<br />

tedesca degli accor<strong>di</strong> <strong>di</strong> Monaco come sottosegretario agli Esteri 18 .<br />

Ma non basta. Le vicende del 1938-1947, che vedono cechi e tedeschi<br />

alternativamente nel ruolo <strong>di</strong> vittime e <strong>di</strong> carnefici (alla fine con i tedeschi<br />

costretti a portare cucito sugli abiti un simbolo che ne in<strong>di</strong>cava<br />

imme<strong>di</strong>atamente la nazionalità), seguono a vent’anni <strong>di</strong> non agevole<br />

coabitazione nel nuovo Stato cecoslovacco, non amato dalla maggioranza<br />

dei Sudeti che nel 1919 avevano chiesto l’annessione all’Austria dei quattro<br />

Lander «Boemia tedesca», «Sudetenland», «Moravia meri<strong>di</strong>onale tedesca» e<br />

«Boehmerwaldgau». Alcuni parlano <strong>di</strong> un «peccato originale» dello Stato<br />

cecoslovacco, nato, se non contro, quantomeno senza quel quarto dei suoi<br />

citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> lingua tedesca. Gli scritti dei «padri <strong>della</strong> patria» confermano che<br />

251


Giorgio Novello<br />

la presenza dei tedeschi apparve fin dall’inizio come una delle «<strong>di</strong>fficoltà che<br />

si presentano per l’instaurazione <strong>di</strong> una Boemia libera»: così <strong>il</strong> futuro<br />

ministro degli Esteri Masaryk, scrivendo nel 1917 sugli auspicati assetti<br />

post-bellici. Eventuali rettifiche del confine a favore dell’Austria avrebbero<br />

ridotto la minoranza tedesca <strong>di</strong> un m<strong>il</strong>ione <strong>di</strong> persone, ma avrebbero reso<br />

necessarie altre compensazioni. Meglio quin<strong>di</strong> un’applicazione ra<strong>di</strong>cale del<br />

principio <strong>della</strong> maggioranza: «è più giusto che nove m<strong>il</strong>ioni <strong>di</strong> cechi stiano<br />

sotto <strong>il</strong> dominio tedesco o che tre m<strong>il</strong>ioni <strong>di</strong> tedeschi stiano sotto <strong>il</strong> dominio<br />

ceco?» 19 . In questa luce vanno considerati alcuni provve<strong>di</strong>menti del nuovo<br />

Stato. È <strong>il</strong> caso in particolare <strong>della</strong> riforma agraria intrapresa esplicitamente<br />

come «riparazione» <strong>della</strong> «ingiustizia storica» seguita alla battaglia <strong>della</strong><br />

Montagna Bianca, che vide la <strong>di</strong>stribuzione alla nob<strong>il</strong>tà asburgica dei terreni<br />

espropriati a seguito <strong>della</strong> sconfitta <strong>della</strong> nob<strong>il</strong>ità boema nel 1620. Per Benes,<br />

dopo la battaglia <strong>della</strong> Montagna Bianca, «tutta la struttura sociale e<br />

nazionale <strong>della</strong> Boemia fu mo<strong>di</strong>ficata, l’elemento ceco eliminato dalle alte<br />

cariche amministrative, la borghesia ridotta in rovina» 20 . Non a caso, <strong>il</strong><br />

nuovo Stato cecoslovacco fu proclamato <strong>il</strong> 18 ottobre 1918, anniversario<br />

<strong>della</strong> battaglia.<br />

252<br />

La rielaborazione del passato per <strong>il</strong> futuro dell’Unione Europea<br />

Questi alcuni degli elementi del contesto in cui, nel secondo dopoguerra,<br />

si sono svolte le relazioni tra la «piccola» Germania Occidentale e la<br />

Cecoslovacchia dapprima, tra la Germania riunificata e la Repubblica Ceca<br />

nata dalla scissione tra Praga e Bratislava, poi. Non sono beninteso mancati<br />

atti formali <strong>di</strong> riconc<strong>il</strong>iazione. Il Trattato <strong>di</strong> Praga del <strong>di</strong>cembre 1973 corona<br />

la Ost-Politik <strong>di</strong> Brandt, sia pure in tono minore rispetto ai tratti conclusi<br />

via via con URSS, DDR e Polonia, e in un’atmosfera <strong>di</strong> minor entusiasmo,<br />

in cui già i <strong>di</strong>viden<strong>di</strong> dell’apertura all’Est apparivano forse minori delle<br />

speranze. Vi viene riba<strong>di</strong>ta la nullità degli accor<strong>di</strong> <strong>di</strong> Monaco; ma,<br />

nonostante i lunghi negoziati, senza precisare se tale nullità fosse ra<strong>di</strong>cale, ab<br />

initio (come chiesto dai cecoslovacchi) o con decorrenza dalla fine delle<br />

ost<strong>il</strong>ità e dalla ricostruzione <strong>della</strong> Cecoslovacchia (come chiesto da parte<br />

tedesca). Il Trattato <strong>di</strong> amicizia e buon vicinato del 1992 condanna gli atti<br />

<strong>di</strong> violenza e l’espulsione dei tedeschi, ma in modo non sod<strong>di</strong>sfacente per le<br />

associazioni degli esuli. Con la Dichiarazione <strong>di</strong> riconc<strong>il</strong>iazio ceco-tedesca <strong>di</strong><br />

Praga nel 1997, Helmut Kohl chiede perdono per i torti arrecati dai tedeschi


I tedeschi scomparsi <strong>della</strong> Mitteleuropa<br />

ai cechi, e Vaclav Klaus definisce «ingiusta» l’espulsione. Ancora una volta,<br />

le associazioni dei profughi sono critiche: invece che <strong>di</strong><br />

Versoehnungserklaerung (<strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> riconc<strong>il</strong>iazione) parlano <strong>di</strong><br />

Verhoenungserkalerung (<strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> vergogna).<br />

In queste vicende colpiscono insomma ancora le letture profondamente<br />

<strong>di</strong>verse, quasi inconc<strong>il</strong>iab<strong>il</strong>i <strong>della</strong> storia. Barbara Coudenhove-Kalergi<br />

(anch’essa esule da Praga, dove poi è ritornata come corrispondente <strong>della</strong><br />

televisione <strong>di</strong> Stato austriaca e oggi fautrice <strong>di</strong> un riavvicinamento che passi<br />

innanzitutto per la rielaborazione comune del passato) ricorda come, per i<br />

cechi, i tedeschi giunsero come colonizzatori e conquistatori, mentre questi<br />

ultimi si consideravano benemeriti pionieri e promotori dello sv<strong>il</strong>uppo<br />

economico e sociale. Per i tedeschi e gli austriaci, <strong>il</strong> periodo <strong>di</strong> maggior<br />

fioritura artistica e culturale resta l’età barocca dell’Impero asburgico. I cechi<br />

sembrano piuttosto viverla come un periodo <strong>di</strong> decadenza nazionale, seguito<br />

dalla ripresa <strong>di</strong> fine Ottocento esemplificata dal liberty.<br />

Le stesse vicende dei Sudeti nella Germania post-bellica vano inserite in<br />

questo contesto. È vero in particolare per la forte coesione delle loro<br />

associazioni, a <strong>di</strong>fferenza ad esempio <strong>di</strong> quelle degli esuli dalla Polonia, <strong>di</strong>visi<br />

tra Prussia, Pomerania, Slesia. Se in un primo momento <strong>il</strong> loro trasferimento<br />

forzato verso le zone americana e britannica prevedeva la <strong>di</strong>spersione in aree<br />

rurali scarsamente popolate e la proibizione <strong>di</strong> associazioni e partiti politici<br />

<strong>di</strong> esuli, <strong>di</strong> fatto la maggior parte si concentrò in Assia e soprattutto in Baviera<br />

(oltre un m<strong>il</strong>ione). L’inserimento dei professionisti fu relativamente agevole<br />

(me<strong>di</strong>ci e dentisti in particolare), mentre fu arduo laddove la concorrenza<br />

con <strong>il</strong> lavoro locale era forte (ad esempio nell’agricoltura e nella ristorazione).<br />

Ancora nei primi anni settanta <strong>il</strong> livello <strong>di</strong> vita delle famiglie originarie dalla<br />

Cecoslovacchia era la metà <strong>di</strong> quello <strong>della</strong> popolazione originaria, anche se<br />

questi dati vanno collocati nella prospettiva del miracolo economico <strong>della</strong><br />

Germania nel dopoguerra. Anche con l’appoggio <strong>di</strong> Adenauer, già nel 1953<br />

venne creata la Sudetendeutsche Landsmannschaft, bacino <strong>di</strong> raccolta delle<br />

organizzazioni Ackermann-Gemeinde, cattolica, sorta nel 1946, Seliger-<br />

Gemeinde, socialdemocratica (1951), e Witiko, nazional-liberale (1947). È<br />

ancor oggi punto <strong>di</strong> riferimento attraverso una struttura interna molto<br />

articolata che vede coesistere aggregazioni per luoghi <strong>di</strong> residenza attuali e<br />

per luoghi <strong>di</strong> origine, a loro volta articolati a livello federale, regionale, <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>stretto e <strong>di</strong> comune. Rete associativa che si è <strong>di</strong>mostrata ben più efficace<br />

del partito «etnico», scomparso dopo successi effimeri, e che deve molto del<br />

suo successo agli stretti rapporti con la CSU bavarese. Nel 1970, <strong>il</strong> ministro-<br />

253


Giorgio Novello<br />

presidente <strong>di</strong> Baviera Goppel consegnò ufficialmente l’atto costitutivo <strong>della</strong><br />

«Fondazione dei Sudeti», prezioso strumento finanziario; nel 1974, <strong>il</strong><br />

governo bavarese deliberò l’istituzione <strong>di</strong> una «casa dei Sudeti» a Monaco.<br />

Il legame particolare con la Baviera è formalizzato nella Costituzione <strong>di</strong><br />

quest’ultima, che considera i tedeschi dei Sudeti come quarta etnia<br />

costitutiva (Stamm) accanto ai vecchi bavaresi, ai franconi ed agli svevi. Il<br />

loro portavoce è oggi Johann Boehm, presidente del Landtag (parlamento)<br />

bavarese, mentre presidente federale è l’eurodeputato Bernd Posselt;<br />

entrambi <strong>della</strong> CSU.<br />

La repentinità <strong>della</strong> riemersione del tema denuncia, certo, anche la<br />

mancata cicatrizzazione <strong>della</strong> ferita, la persistenza del trauma non sanato<br />

nemmeno dalla soluzione «biologica» inevitab<strong>il</strong>mente apportata dal tempo.<br />

Ma è dovuta ad una serie <strong>di</strong> circostanze specifiche dei Sudeti, non con<strong>di</strong>vise<br />

dall’esperienza degli esuli dalla Polonia e dagli inse<strong>di</strong>amenti sparsi negli altri<br />

Paesi centroeuropei le cui vicende, al <strong>di</strong> là delle ovvie sim<strong>il</strong>itu<strong>di</strong>ni, in<strong>di</strong>cano<br />

un percorso ben <strong>di</strong>verso <strong>di</strong> integrazione e <strong>di</strong> coltivazione delle memorie<br />

comuni. Sono unicamente dei Sudeti un’identità collettiva forgiata ex post<br />

proprio dall’es<strong>il</strong>io e quin<strong>di</strong> anche per questo tanto più solida; la posizione<br />

relativamente marginale <strong>della</strong> Cecoslovacchia nella Ost-Politik, che<br />

priv<strong>il</strong>egiò i rapporti con DDR, URSS e Polonia e le questioni <strong>di</strong> sicurezza<br />

anche attraverso la definizione delle frontiere; <strong>il</strong> recupero per tanti <strong>di</strong> essi <strong>di</strong><br />

una «patria <strong>di</strong> adozione» nella Baviera; <strong>il</strong> progresso sociale ed economico <strong>di</strong><br />

quest’ultima, sfociato in un ruolo significativo anche nella politica nazionale<br />

e quin<strong>di</strong> in grado <strong>di</strong> focalizzare l’attenzione sulla questione stessa e <strong>di</strong> aver<br />

ripercussioni anche sulla stessa vicina Austria.<br />

Le polemiche dei primi anni del nuovo secolo non rispecchiano quin<strong>di</strong><br />

nè la posizione complessiva <strong>di</strong> Germania e Austria nei confronti dell’Europa<br />

centrale, nè tantomeno <strong>il</strong> vero stato delle relazioni nella Mitteleuropa entrata<br />

nell’Unione europea ed in essa ormai <strong>di</strong>ssolta. Esemplare in questo senso <strong>il</strong><br />

comunicato del ministero degli Esteri polacco del settembre 2004, che<br />

richiama la posizione del Consiglio dei ministri del luglio precedente: <strong>il</strong><br />

governo <strong>di</strong> Varsavia considera chiusa la questione delle riparazioni per danni<br />

<strong>di</strong> guerra e non la farà pesare sulle relazioni b<strong>il</strong>aterali con Berlino. E questo<br />

nonostante l’iniziativa <strong>di</strong> taluni ambienti tedeschi per un ipotetico<br />

risarcimento dei danni subiti dai Vertriebene, alla quale la Dieta <strong>di</strong> Varsavia<br />

aveva replicato con una ferma risoluzione sui «<strong>di</strong>ritti <strong>della</strong> Polonia alle<br />

riparazioni <strong>di</strong> guerra tedesche e sulle riven<strong>di</strong>cazioni <strong>il</strong>legali nei confronti<br />

<strong>della</strong> Polonia e dei citta<strong>di</strong>ni polacchi avanzate in Germania».<br />

254


I tedeschi scomparsi <strong>della</strong> Mitteleuropa<br />

Restano, naturalmente, talune i<strong>di</strong>osincrasie nazionali. A <strong>di</strong>fferenza <strong>della</strong><br />

Germania, <strong>il</strong> forte interesse dell’Austria per la questione dei Sudeti è senza<br />

proporzione col numero relativamente esiguo <strong>di</strong> esuli ospitati. Atteggiamento<br />

dove si legge in f<strong>il</strong>igrana l’influenza <strong>di</strong> un’ere<strong>di</strong>tà storica tuttora<br />

viva ed operante. Vi si legge <strong>il</strong> trauma del trattato <strong>di</strong> pace del 1919 i cui effetti<br />

per molti versi fu ben più drammatico <strong>di</strong> quello che fu Versa<strong>il</strong>les per la<br />

Germania, con la metà dei tedeschi del vecchio Impero ormai fuori dai<br />

confini <strong>della</strong> piccola Austria postbellica. Vi si leggono le sensib<strong>il</strong>ità legate alla<br />

particolare origine dei viennesi, <strong>di</strong> cui una grande percentuale è <strong>di</strong> origine<br />

ceca più o meno lontana (lo sono stati ad esempio ben tre presidenti <strong>della</strong><br />

Repubblica 21 ). Testimonianza, questa, delle correnti immigratorie dei<br />

decenni aurei <strong>della</strong> monarchia asburgica e <strong>di</strong> una germanizzazione tanto<br />

rapida e riuscita quanto non priva <strong>di</strong> frizioni, in una società rigidamente<br />

stratificata dove erano comuni misure quali i vari <strong>di</strong>vieti dell’uso del ceco<br />

imposti dall’ora idealizzato sindaco <strong>della</strong> Vienna <strong>di</strong> inizio secolo, Karl<br />

Lueger. Nel gennaio 2003 <strong>il</strong> ministro degli Esteri ceco Svoboda si è<br />

richiamato alla «profonda <strong>di</strong>fferenza nell’esperienza dei due Paesi»<br />

nell’esprimersi contro una <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> riconc<strong>il</strong>iazione austro-ceca<br />

analoga a quella ceco-tedesca del 1997: gli eventi successivi alla seconda<br />

guerra mon<strong>di</strong>ale «non sarebbero stati rivolti contro l’Austria», nè tra i due<br />

Paesi «vi sarebbero stati rapporti vittima-aggressore tali da costituire <strong>il</strong><br />

presupposto logico per una tale <strong>di</strong>chiarazione».<br />

Dunque, i<strong>di</strong>osincrasie nazionali tenaci che rendono la lettura in chiave<br />

positiva e «mitica» dell’esperienza asburgica solo una delle varie interpretazioni<br />

possib<strong>il</strong>i dell’esperienza storica <strong>della</strong> Mitteleuropa. Convivono infatti letture<br />

<strong>di</strong> segno opposto, spesso altrettanto «mitiche» e sorprendentemente selettive,<br />

anche in opere qualificate o comunque <strong>di</strong>ffuse. La popolarissima (in Austria)<br />

rievocazione dell’ere<strong>di</strong>tà asburgica <strong>di</strong> Ernst Trost 22 si sofferma a lungo, ma nel<br />

vuoto, sull’espulsione dei Sudeti: non accenna minimamente nè agli eventi tra<br />

<strong>il</strong> 1938 e <strong>il</strong> 1945 nè tantomeno a quelli ancora precedenti. Le sorprendenti<br />

concessioni all’emotività <strong>di</strong> un Fejto 23 , che <strong>di</strong>segna una Vienna carica <strong>di</strong> una<br />

vitalità probab<strong>il</strong>mente mai esistita e tratteggia la coppia Masaryk-Benes come<br />

i veri affondatori <strong>della</strong> sovranazionalità asburgica, non sono <strong>di</strong>ssim<strong>il</strong>i nella<br />

sostanza da quelle <strong>di</strong> taluni storici, in particolare anglosassoni, che de<strong>di</strong>cano<br />

al ruolo degli italiani nella Grande Guerra paragrafi che sembrano usciti dalla<br />

penna <strong>di</strong> polemisti <strong>di</strong> quart’or<strong>di</strong>ne.<br />

Proprio sbavature del genere invitano ad attenersi ad una prospettiva<br />

generale, evitando interpretazioni <strong>di</strong> eventi puntuali come sintomi <strong>di</strong> un<br />

255


Giorgio Novello<br />

ritorno <strong>di</strong> aspetti inquietanti del passato, <strong>di</strong> tentazioni revansciste, <strong>di</strong><br />

potenziali minacce all’equ<strong>il</strong>ibrio, <strong>di</strong> crescenti ostacoli all’ampliamento<br />

dell’Unione Europea, <strong>di</strong> un nuovo richiamo a politiche <strong>di</strong> potenza. Le<br />

vicende dei profughi tedeschi fanno parte <strong>della</strong> storia <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse decine <strong>di</strong><br />

m<strong>il</strong>ioni <strong>di</strong> europei sra<strong>di</strong>cati dai loro territori <strong>di</strong> inse<strong>di</strong>amento tra<strong>di</strong>zionale a<br />

seguito delle due guerre mon<strong>di</strong>ali. La caduta <strong>della</strong> cortina <strong>di</strong> ferro ha<br />

restituito <strong>di</strong>gnità e ruolo anche ai tedeschi «invisib<strong>il</strong>i», siano essi gli esuli (e<br />

i loro <strong>di</strong>scendenti) o i pochi restati; ha fatto riemergere ferite profonde mal<br />

cicatrizzate; ha promosso così quel processo <strong>di</strong> rielaborazione del passato che<br />

è necessario a superare i traumi sia degli in<strong>di</strong>vidui che dei popoli, come<br />

<strong>di</strong>mostra <strong>il</strong> ben riuscito caso <strong>della</strong> riconc<strong>il</strong>iazione tedesco-polacca.<br />

In questo contesto svolge un ruolo ut<strong>il</strong>e la Commissione Storica cecotedesca,<br />

istituita con le <strong>di</strong>chiarazioni congiunte del <strong>di</strong>cembre 1989 e del<br />

febbraio 1990, incaricata <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>re gli aspetti positivi delle relazioni<br />

tra cechi e slovacchi da una parte, tedeschi dall’altro, ma anche «le tragiche<br />

esperienze [...] relative all’avvio, alla conclusione e agli esiti <strong>della</strong> seconda<br />

guerra mon<strong>di</strong>ale». La Commissione, sia pure sdoppiata dopo la scissione tra<br />

Praga e Bratislava, prosegue i suoi lavori senza limiti <strong>di</strong> tempo,<br />

impegnandosi anche alla formazione delle rispettive opinioni pubbliche, ed<br />

ha arrecato contenuti concreti ad esempio nella delicata quantificazione del<br />

numero delle vittime delle espulsioni 24 .<br />

Alla fine del percorso, auspicab<strong>il</strong>mente, la rivalutazione <strong>della</strong> presenza<br />

tedesca al <strong>di</strong> fuori <strong>di</strong> Austria e Germania. Che non consiste solo nei pochi<br />

resti <strong>di</strong> collettività autoctone e nell’associazionismo; ma in un complesso più<br />

vasto <strong>di</strong> ere<strong>di</strong>tà <strong>della</strong> memoria in<strong>di</strong>viduale e collettiva, <strong>di</strong> antichi legami con<br />

i luoghi.<br />

Frammenti slegati che appaiono a Schloegel 25 come «la nostra Pompei,<br />

la nostra Atlantide», come residui <strong>di</strong> un naufragio. Ma che potrebbero in<br />

parte ricomporsi, che in molti casi si stanno ricomponendo, con esiti molto<br />

concreti, e non solo per <strong>il</strong> «turismo <strong>della</strong> nostalgia» che porta tanti tedeschi<br />

in Pomerania e in Masuria e tanti austriaci in Trans<strong>il</strong>vania (e che pure ha<br />

ricadute economiche non secondarie). È quanto sta accadendo ad esempio<br />

nell’Europa del Nord, dove <strong>il</strong> Consiglio baltico, organismo intergovernativo<br />

attivo nelle <strong>di</strong>mensioni economica, politica e <strong>di</strong> sicurezza, si ricollega<br />

esplicitamente alla precedente esperienza storica <strong>della</strong> Hansa, <strong>il</strong> Consiglio <strong>di</strong><br />

quella straor<strong>di</strong>naria federazione <strong>di</strong> repubbliche mercant<strong>il</strong>i, a carattere più<br />

funzionale che territoriale ma capace <strong>di</strong> plasmare per secoli un territorio che<br />

andava da Amburgo alla Finlan<strong>di</strong>a, che si riunì per l’ultima volta nel 1669<br />

256


I tedeschi scomparsi <strong>della</strong> Mitteleuropa<br />

ma la cui persistente vitalità, anche attraverso la continuità delle comunità<br />

tedesche ere<strong>di</strong> dei Kantore, i suoi inse<strong>di</strong>amenti commerciali, si irraggia fino<br />

alle soglie <strong>della</strong> prima guerra mon<strong>di</strong>ale.<br />

Dissolta nell’Unione Europea, <strong>il</strong> mito <strong>della</strong> Mitteleuropa potrà forse<br />

presto risorgere ad est delle nuove frontiere comunitarie. Timothy Snyder<br />

già parla <strong>di</strong> «nuovi mitteleuropei»: alcuni intellettuali <strong>di</strong> V<strong>il</strong>nius, Minsk e<br />

Kiev, pronti ad ospitare nelle loro città, unite anch’esse da cultura e strutture<br />

politiche per lungo tempo con<strong>di</strong>vise, un sogno che cerca una nuova<br />

Heimat 26 .<br />

Note al testo<br />

1 G. KONRAD, Der Traum von Mitteleuropa, in Aufbruch nach Mitteleuropa a cura <strong>di</strong> E.Busek-<br />

G.W<strong>il</strong>fringer, Wien 1986, in «Transit», 21-Sommer 2001, p. 18.<br />

2 G. SCHATZDORFER, Frankensteins Geschoepf oder Bastard? cit. in Mitteleuropa-Im<br />

geopolitischen Interesse Oesterreichs, a cura <strong>di</strong> W. Baumann-G. Hauser , Wien 2002.<br />

3 Ibid., pp. 84-88.<br />

4 C. MAGRIS, Il mito asburgico nella letteratura austriaca moderna, Torino 1996.<br />

5 J. M. KOVACS, Die Metamorphose Mitteleuropas, in «Transit», 21-Sommer 2001, p. 9.<br />

6 K. SCHLOEGEL, Die Mitte liegt ostwaerts, Muenchen-Wien 2002.<br />

7 S. ROMANO, I falsi protocolli, M<strong>il</strong>ano 1995.<br />

8 H. RASCHHOFER-O.KIMMINICH, Die Sudetenfrage, Muenchen 1988, p. 345.<br />

9 J. KOZENSKI, Minoranze nazionali in Polonia nel ventennio tra le due guerre, in Le minoranze<br />

tra le due guerre a cura <strong>di</strong> U.Corsini-D.Zaffi , Bologna 1994, pp. 97-120.<br />

10 T. GROSSER, Sudetendeutsche in Nachkriegsdeutschland, in Deutsche und Tschechen, a cura <strong>di</strong><br />

W.Koschmal-M.Nekula-J. Rogall, Muenchen 2001, pp. 400 ss.<br />

11 O. RATHKOLB, Die Vertreibung der Sudetendeutschen und ihre Verspaetete Rezeption in<br />

Oesterreich, in Die Benes-Dekrete, a cura <strong>di</strong> B. Coudenhove-Kalergi-O. Rathkolb, Wien 2002,<br />

pp. 138-151. V. anche ALFRED PAYRLEITNER, Oesterreicher und Tschechen. Alter Streit und neue<br />

Hoffnung, Wien-Koeln-Weimar 2003.<br />

12 Mitteleuropa - Im geopolitischen Interesse Oesterreichs cit., pp. 194-197.<br />

13 G. GRASS, Im Krebsgang, Berlin 2002.<br />

257


Giorgio Novello<br />

14 Die Benes-Dekrete, cit., p. 138.<br />

15 G. SCHOELLGEN, Die Aussenpolitik der Bundesrepublik Deutschland, Bonn 1999, pp. 87-137.<br />

16 M. ALEXANDER, I tedeschi nella Prima Repubblica cecoslovacca: situazione giuri<strong>di</strong>ca e ricerca <strong>di</strong><br />

identità, in Le minoranze tra le due guerre cit., pp. 151-171.<br />

17 F. SFORZA-S. VERRECCHIA, Il fantasma <strong>di</strong> Benes tormenta ancora Praga e Berlino, in «Limes»,<br />

5-2002, pp. 187-197.<br />

18 R. VON WEIZSAECKER, Vier Zeiten-Erinnerungen, Berlin 1997, pp. 57-68.<br />

19 E. BENES, La Boemia contro l’Austria-Ungheria, Roma 1917, p. 13.<br />

20 Ibid., p. 11.<br />

21 Die Benes-Dekrete cit., p. 11.<br />

22 E. TROST, Was blieb vom Doppeladler, 9. ed., Wien 2002.<br />

23 F. FEJTO, Requiem per un Impero defunto, M<strong>il</strong>ano 1990.<br />

24 S. BIRMAN, Die deutsch-tschechische und <strong>di</strong>e deutsch-slovakische Historikerkommissionen, in<br />

Deutsche und Tschechen cit., pp. 449-457.<br />

25 K. SCHLOEGEL, Die Mitte liegt ostwaerts cit., p. 239.<br />

26 TIMOTHY SNYDER, Die neuen Mitteleuropaer, in «Transit», 21, p. 42-54.<br />

258


Le schede<br />

MICHELA WRONG, I <strong>di</strong>dn’t do it far<br />

you (How the world betrayed a small<br />

african nation), Fourth Estate,<br />

London and New York 2005,<br />

pp. 432<br />

Un lavoro decisamente interessante<br />

e ben documentato questo <strong>di</strong><br />

Michela Wrong, giornalista britannica,<br />

già corrispondente <strong>della</strong><br />

Reuters, a lungo in movimento attraverso<br />

l’Africa sempre per la<br />

Reuters, la BBC e <strong>il</strong> Financial<br />

Times. Già autrice del volume «In<br />

the Footsteps of Mr. Kurtz: Living<br />

on the Brink of Disaster in<br />

Mobutu’s Congo» (la storia <strong>di</strong><br />

Mobutu Sese Seko, per trent’anni<br />

padrone assoluto del Congo-Zaire,<br />

e<strong>di</strong>ta dalla Harper Collins nel<br />

2001), ora pubblica questo volume<br />

de<strong>di</strong>cato all’Eritrea, la più giovane<br />

delle nazioni africane, sorta dalla<br />

trentennale guerra <strong>di</strong> liberazione<br />

contro <strong>il</strong> governo <strong>di</strong> Ad<strong>di</strong>s Abeba;<br />

una nazione ancora poco nota alle<br />

cronache mon<strong>di</strong>ali se non per gli<br />

eventi <strong>di</strong> una tremenda guerra<br />

confinaria combattuta a più riprese<br />

Le schede<br />

e responsab<strong>il</strong>e <strong>di</strong> migliaia <strong>di</strong> vittime<br />

anche tra la popolazione civ<strong>il</strong>e, una<br />

guerra che non deve essere nemmeno<br />

oggi accantonata solo perché alcune<br />

centinaia <strong>di</strong> Caschi blu<br />

dell’Onu presi<strong>di</strong>ano i confini dei<br />

due Stati <strong>di</strong>mentichi <strong>di</strong> un passato<br />

che dovrebbe aver insegnato loro<br />

qualcosa.<br />

In questo volume la Wrong <strong>di</strong>mostra<br />

<strong>di</strong> essere un’ottima conoscitrice<br />

<strong>della</strong> realtà eritrea o<strong>di</strong>erna che sa<br />

descrivere in pagine degne <strong>di</strong> una<br />

giornalista intelligente, ma dà prova<br />

ugualmente <strong>di</strong> ben conoscere la storia<br />

dell’Eritrea colonizzata dall’Italia<br />

e a lungo soggiogata dall’Etiopia fino<br />

al giorno <strong>della</strong> sospirata «liberazione»<br />

nell’ormai lontano 1991, quando<br />

la carta geografica dell’Africa si<br />

arricchì <strong>di</strong> un nuovo Stato sovrano.<br />

Lo st<strong>il</strong>e è quello <strong>della</strong> giornalista abituata<br />

ai lunghi reportage dall’Africa<br />

contrad<strong>di</strong>ttoria <strong>di</strong> oggi, sottoposta a<br />

crisi ricorrenti e spesso teatro <strong>di</strong><br />

immani conflitti etnici con un corredo<br />

spaventoso <strong>di</strong> morti e <strong>di</strong>struzioni,<br />

sotto lo sguardo in<strong>di</strong>fferente del<br />

mondo occidentale. La nascita<br />

259


Le schede<br />

dell’Eritrea attuale è stata segnata da<br />

violenze inau<strong>di</strong>te che conosce solo<br />

chi ha approfon<strong>di</strong>to la storia martoriata<br />

<strong>di</strong> questa regione, che costituì <strong>il</strong><br />

primo inse<strong>di</strong>amento dell’Italia in<br />

Africa fin dagli anni settanta del XIX<br />

secolo. Liberatasi dalla dominazione<br />

coloniale italiana e rientrata nell’orbita<br />

politica dell’Etiopia dapprima<br />

attraverso la forzata soluzione<br />

federativa degli anni cinquanta, poi<br />

come quattor<strong>di</strong>cesima provincia<br />

dell’impero negussita, l’Eritrea visse<br />

esperienze tragiche. Nel 1974, quando<br />

la guerriglia antietiopica scuoteva<br />

da tempo l’Eritrea, la nascita del<br />

Derg m<strong>il</strong>itare <strong>di</strong> chiara impronta<br />

marxista-leninista portò l’Etiopia, e<br />

quin<strong>di</strong> l’Eritrea, a vivere un altro<br />

periodo <strong>di</strong> ferocia inau<strong>di</strong>ta. L’Eritrea<br />

intensificò i suoi sforzi, i suoi guerriglieri<br />

occuparono parti strategicamente<br />

importanti del suo territorio e<br />

lanciarono attacchi sempre più intensi<br />

e riusciti contro le forze<br />

amariche. Nel 1991 l’Eritrea, vinta<br />

la lunga battaglia m<strong>il</strong>itare con Ad<strong>di</strong>s<br />

Abeba, si proclamò Stato sovrano e<br />

in<strong>di</strong>pendente ed entrò a far parte dei<br />

gran<strong>di</strong> organismi internazionali.<br />

Dopo è venuta la lunga contesa<br />

confinaria, tuttora non risolta<br />

definitivamente, con l’Etiopia vicina:<br />

una presenza scomoda sia politicamente<br />

sia economicamente, quando<br />

potrebbero comunque esserci<br />

anche le con<strong>di</strong>zioni per un rapporto<br />

meno conflittuale alla luce del triste<br />

260<br />

passato comune. Ma questo forse<br />

non andrebbe neanche detto...<br />

Il volume <strong>della</strong> Wrong si snoda<br />

con molta sicurezza. Per una sorta<br />

<strong>di</strong> deformazione professionale abbiamo<br />

analizzato con attenzione le<br />

pagine che la giornalista inglese ha<br />

inteso de<strong>di</strong>care all’Eritrea sotto la<br />

dominazione italiana: pagine con<strong>di</strong>te<br />

da qualche commento pungente<br />

nei confronti dell’Italia, ma anche<br />

dal riconoscimento del valore <strong>di</strong><br />

alcune realizzazioni, per esempio la<br />

ferrovia a scartamento ridotto tra<br />

Asmara e Massaua. Interessanti, in<br />

particolare, ci sono risultati i capitoli<br />

2 e 3 («The Last Italian» e «The<br />

steel snake»), ma si leggono volentieri<br />

anche gli altri, a cominciare da<br />

quello de<strong>di</strong>cato alla battaglia <strong>di</strong><br />

Keren nel 1941 («The Horrible<br />

Escarpment»), per passare a quello<br />

de<strong>di</strong>cato alla fine del Negus<br />

(«Death of the Lion») con <strong>il</strong> racconto<br />

<strong>di</strong> alcune efferate violenze commesse<br />

dai m<strong>il</strong>itari amarici contro i<br />

v<strong>il</strong>laggi nei pressi <strong>di</strong> Keren (uccisi<br />

tutti gli abitanti sospettati, in quel<br />

fine 1970, <strong>di</strong> essere legati ai Fronti<br />

<strong>di</strong> liberazione) <strong>di</strong> cui avemmo notizia<br />

quando risiedevamo in Asmara<br />

proprio in quegli anni, e per terminare<br />

a quelli de<strong>di</strong>cati ai più recenti,<br />

e purtroppo, tragici fatti <strong>di</strong> Badme<br />

al confine eritreo-etiopico.<br />

<strong>Del</strong>l’Eritrea oggi si parla poco,<br />

troppo poco, ricorda la Wrong nella<br />

sua introduzione, proprio come <strong>di</strong>


Timor Est e del Rwanda. Sembra<br />

che le Potenze non vogliano rovinarsi<br />

<strong>il</strong> sonno, ma non è giusto che <strong>il</strong><br />

popolo eritreo continui a sentirsi <strong>di</strong>-<br />

ANGELO UMILTÀ, Gli italiani in<br />

Africa, a cura <strong>di</strong> Giorgio Barani e<br />

Manlio Bonati, T&M Associati<br />

E<strong>di</strong>tore, Reggio Em<strong>il</strong>ia 2004, pp. 675<br />

Si tratta <strong>di</strong> un volume dall’accurata<br />

veste e<strong>di</strong>toriale e stampato in<br />

sole 200 copie numerate. È stato<br />

tradotto dal francese da Giorgio<br />

Barani, stu<strong>di</strong>oso e viaggiatore africano,<br />

in particolar modo del Corno<br />

d’Africa e <strong>della</strong> Dancalia, ed annotato<br />

in modo scrupoloso da Manlio<br />

Bonati, bibliof<strong>il</strong>o parmense ed attento<br />

stu<strong>di</strong>oso <strong>della</strong> vita e delle<br />

esplorazioni <strong>di</strong> Vittorio Bottego <strong>di</strong><br />

cui ha curato una meticolosa biografia<br />

nel 1997 (Vittorio Bottego, un<br />

ambizioso eroe in Africa, S<strong>il</strong>va E<strong>di</strong>tore).<br />

L’opera originaria è Les<br />

Italiens en Afrique <strong>di</strong> Angelo Um<strong>il</strong>tà<br />

(1831-1893), nativo <strong>di</strong> Montecchio<br />

Em<strong>il</strong>ia, appartenente ad una<br />

famiglia ottocentesca avversa al regime<br />

ducale, garibal<strong>di</strong>no, impegnato<br />

nella grande lotta risorgimentale.<br />

Um<strong>il</strong>tà fu anche uno dei promotori<br />

<strong>della</strong> «Lega <strong>della</strong> Pace e <strong>della</strong> Libertà»<br />

(si trattava <strong>di</strong> un’associazione<br />

umanitaria e democratica per <strong>il</strong> li-<br />

Le schede<br />

menticato dai Gran<strong>di</strong>. È questo <strong>il</strong><br />

grido d’allarme che la giornalista inglese<br />

lancia dalle sue pagine (Massimo<br />

Romani<strong>di</strong>ni).<br />

bero scambio, la fratellanza universale<br />

dei popoli e l’unità europea),<br />

fervente repubblicano e autore <strong>di</strong><br />

numerose opere storiche, oltre a<br />

questo Les Italiens en Afrique: una<br />

vera rarità bibliografica oggi tradotta<br />

per la prima volta in italiano da<br />

Giorgio Barani non su un originale<br />

(come sottolinea Bonati nella sua<br />

introduzione), ma su fotocopie.<br />

L’opera fu pubblicata nel 1887<br />

(l’anno <strong>della</strong> trage<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Dogali)<br />

dalla Société d’imprimerie de<br />

Cernier in Svizzera, dove Um<strong>il</strong>tà<br />

risiedeva in es<strong>il</strong>io insegnando all’Università<br />

<strong>di</strong> Neuchâtel.<br />

Per Barani e Bonati si è trattato <strong>di</strong><br />

un lavoro complesso, in parte anche<br />

<strong>di</strong> revisione «storica» del testo che<br />

(sottolinea sempre Bonati) si presentava<br />

nell’originale carico <strong>di</strong> insi<strong>di</strong>e, <strong>di</strong><br />

errori madornali, <strong>di</strong> sviste minori,<br />

imputab<strong>il</strong>i a più cause, una delle quali<br />

<strong>il</strong> fatto che Um<strong>il</strong>tà fosse andato «a<br />

memoria» senza un’opportuna verifica<br />

del suo scritto. Peraltro l’autore,<br />

che fu amico <strong>di</strong> Franzoj e Garibal<strong>di</strong> e<br />

nel 1882 ottenne la citta<strong>di</strong>nanza svizzera,<br />

era ben consapevole dei limiti del<br />

suo lavoro, generoso per impegno,<br />

261


Le schede<br />

ma spesso impreciso. Nella Conclusione<br />

(nel testo a p. 427) Um<strong>il</strong>tà afferma<br />

testualmente che <strong>il</strong> suo «è un <strong>di</strong>ario<br />

che registra i fatti attuali», che non ha<br />

«la pretesa <strong>di</strong> aver colmato una lacuna»,<br />

che ha iniziato a scrivere <strong>il</strong> libro<br />

«con l’ingenua <strong>il</strong>lusione che per riposarsi<br />

dalle fatiche quoti<strong>di</strong>ane, fosse<br />

meglio un nutrimento dello spirito<br />

meno malsano e più sostanzioso <strong>di</strong><br />

quello dei romanzi ad effetto» e che<br />

sente «<strong>il</strong> rimorso <strong>di</strong> non aver saputo,<br />

visto, raccontato e detto tutto e <strong>di</strong> non<br />

aver corretto nel migliore dei mo<strong>di</strong> i<br />

numerosi refusi che ci sono scappati».<br />

Tutto questo non limita l’importanza<br />

dell’iniziativa <strong>di</strong> Barani e Bonati che<br />

ha consentito <strong>di</strong> dare alle stampe la<br />

traduzione <strong>di</strong> un’opera <strong>di</strong> fine Ottocento<br />

de<strong>di</strong>cata, pur con gli evidenti<br />

limiti strutturali segnalati, alla presenza<br />

italiana in Africa, non solo<br />

nell’Eritrea <strong>di</strong> <strong>di</strong>retto dominio, che fu<br />

così carica <strong>di</strong> contrad<strong>di</strong>zioni ed errori.<br />

Al testo <strong>di</strong> Um<strong>il</strong>tà i curatori hanno<br />

fatto seguire un gran numero <strong>di</strong> schede<br />

de<strong>di</strong>cate a personaggi e situazioni<br />

coloniali in genere successivi al 1887<br />

(Appen<strong>di</strong>ce A, pp. 431-606): un’occa-<br />

MARCO LENCI, All’inferno e ritorno<br />

(storie <strong>di</strong> deportati tra Italia ed Eritrea<br />

in epoca coloniale), Biblioteca Franco<br />

Serantini E<strong>di</strong>zioni, Pisa 2004, pp.<br />

143 (Biblioteca <strong>di</strong> cultura storica, 25)<br />

262<br />

sione, dopo <strong>il</strong> testo tradotto, per conoscere<br />

gli esploratori italiani e stranieri<br />

in Africa, alcuni dei quali ricorrono<br />

nella narrazione. Seguono l’Appen<strong>di</strong>ce<br />

B «L’Eritrea nel passato e nel<br />

presente», pp. 607-652, ricchissima<br />

<strong>di</strong> <strong>il</strong>lustrazioni»; l’In<strong>di</strong>ce delle <strong>il</strong>lustrazioni<br />

e dei nomi (personaggi e autori);<br />

l’In<strong>di</strong>ce generale, comprendente 29<br />

capitoli, dal massacro <strong>di</strong> Dogali alle<br />

considerazioni finali <strong>di</strong> Um<strong>il</strong>tà sulla<br />

natura <strong>della</strong> colonizzazione <strong>di</strong> fine<br />

Ottocento. Dopo aver riportato le<br />

posizioni contrastanti <strong>di</strong> molti autori<br />

ed aver ricordato <strong>il</strong> costo in denari e<br />

vite umane <strong>della</strong> guerriglia<br />

antifrancese in Algeria, Um<strong>il</strong>tà ricorda<br />

che «andando in Africa in nome<br />

del <strong>di</strong>ritto del più forte, gli Italiani<br />

impareranno a loro spese che non ci si<br />

può scontrare impunemente con un<br />

paese vecchio come l’Etiopia. La<br />

Abissinia è un riccio che non si sa da<br />

quale parte prendere e quelli che conoscono<br />

<strong>il</strong> paese <strong>di</strong>cono: “Non andate<br />

a cacciarvi in quel ginepraio”».<br />

Parole profetiche, se vogliamo<br />

(Massimo Roman<strong>di</strong>ni).<br />

Il volume si compone <strong>di</strong> tre contributi,<br />

più precisamente «Deportati<br />

eritrei in Italia (1886-1893)», «Un<br />

intellettuale eritreo al confino fascista»,<br />

«Deportati italiani in Eritrea: la


colonia dei coatti <strong>di</strong> Assab (1898-<br />

1899)», nonche <strong>di</strong> appen<strong>di</strong>ci, glossario,<br />

fonti archivistiche e in<strong>di</strong>ce dei<br />

nomi.<br />

L’autore, stu<strong>di</strong>oso <strong>di</strong> storia del<br />

primo colonialismo italiano e docente<br />

<strong>di</strong> Storia dell’ Africa presso la<br />

Facoltà <strong>di</strong> lettere dell’Università <strong>di</strong><br />

Pisa, si è interessato questa volta<br />

anche ad una vicenda (quella che<br />

occupa <strong>il</strong> capitolo secondo) <strong>di</strong> epoca<br />

fascista. Il risultato è un volume <strong>di</strong><br />

grande interesse su un argomento<br />

finora non affrontato o, se affrontato<br />

in qualche sede specialistica, non<br />

certo per l’Eritrea, la «colonia primogenita»<br />

<strong>della</strong> controversa esperienza<br />

coloniale italiana. Lenci ha raccolto<br />

un’ampia documentazione sul problema<br />

<strong>della</strong> deportazione e <strong>della</strong> repressione<br />

tra Italia ed Eritrea che<br />

quasi si incrociavano in quel particolare<br />

momento storico: da un parte, i<br />

<strong>di</strong>ssidenti eritrei fatti affluire in Italia<br />

tra <strong>il</strong> 1886 e <strong>il</strong> 1893 in con<strong>di</strong>zioni<br />

precarie, spesso senza essere stati<br />

neanche condannati, <strong>di</strong>versamente<br />

destinati a seconda <strong>della</strong> loro con<strong>di</strong>zione<br />

<strong>di</strong> m<strong>il</strong>itari (ascari) o civ<strong>il</strong>i, sempre<br />

comunque in contesti <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>i e<br />

talora anche <strong>di</strong>sumani; dall’altra, nel<br />

biennio 1898-1899, quin<strong>di</strong> subito<br />

dopo <strong>il</strong> <strong>di</strong>sastro <strong>di</strong> Adua e all’inizio<br />

del governatorato civ<strong>il</strong>e <strong>di</strong><br />

Fer<strong>di</strong>nando Martini in Eritrea, un<br />

certo numero <strong>di</strong> deportati italiani fu<br />

spe<strong>di</strong>to nella colonia penale <strong>di</strong> Assab<br />

che, per svariate ragioni a cominciare<br />

Le schede<br />

dalle climatiche, non era <strong>il</strong> luogo più<br />

adatto per accoglierli. L’avventata<br />

scelta <strong>di</strong> Assab veniva dopo lunghe<br />

<strong>di</strong>scussioni sull’argomento fin dall’indomani<br />

dell’Unità: come altre<br />

nazioni, seppure <strong>di</strong> ben altro peso<br />

politico, anche l’Italia aveva cercato<br />

<strong>di</strong> dotarsi <strong>di</strong> un luogo oltremare dove<br />

relegare detenuti pericolosi, ad<strong>di</strong>rittura<br />

prima <strong>di</strong> possedere una colonia.<br />

Si trattò <strong>di</strong> un esperimento unico <strong>di</strong><br />

ut<strong>il</strong>izzazione penitenziaria <strong>di</strong> un territorio<br />

coloniale italiano tra <strong>di</strong>fficoltà<br />

politiche e sanitarie gravissime. Vi<br />

furono numerosi decessi prima <strong>della</strong><br />

conclusione <strong>di</strong> questa fallimentare<br />

esperienza <strong>di</strong> cui è traccia anche nelle<br />

pagine del Diario Eritreo del<br />

Martini, che tirò un respiro <strong>di</strong> sollievo,<br />

quando si procedette finalmente<br />

al rimpatrio <strong>di</strong> coatti e custo<strong>di</strong>.<br />

Il capitolo secondo è riservato da<br />

Lenci alla storia <strong>di</strong> Isahac<br />

Menghistu, <strong>il</strong> giovane intellettuale<br />

eritreo, chiamato <strong>il</strong> «moro» dai<br />

compagni, iscritto alla Facoltà <strong>di</strong><br />

Ingegneria dell’Università <strong>di</strong><br />

Roma, condannato nel 1936 al<br />

confino dalle autorità fasciste. Fu<br />

questo solo l’inizio <strong>di</strong> un lungo periodo<br />

<strong>di</strong> sofferenze per questo interessante<br />

personaggio ormai <strong>di</strong>menticato<br />

a cui Lenci ha voluto de<strong>di</strong>care<br />

la sua attenzione, con passione <strong>di</strong><br />

uomo oltre che <strong>di</strong> ricercatore. In<br />

appen<strong>di</strong>ce al volume Lenci riporta<br />

due importanti testimonianze del<br />

fratello e <strong>della</strong> sorella dello sfortuna-<br />

263


Le schede<br />

to studente che si è procurato in<br />

occasione <strong>di</strong> un viaggio <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o in<br />

Eritrea. Ne è derivato, tra <strong>il</strong> contributo<br />

e le testimonianze fam<strong>il</strong>iari, un<br />

quadro vivo e completo <strong>di</strong> un uomo<br />

indomab<strong>il</strong>e che ebbe <strong>il</strong> coraggio, nel<br />

momento <strong>di</strong> massima esaltazione del<br />

fascismo, <strong>di</strong> esprimere a chiare lettere<br />

<strong>il</strong> suo totale <strong>di</strong>ssenso. Lenci ne ha<br />

ricostruito la storia fino alla morte<br />

Il colonialismo e l’Africa. L’opera<br />

storiografica <strong>di</strong> Carlo Giglio, a cura<br />

<strong>di</strong> Giampaolo Calchi Novati,<br />

Carocci, Roma 2004, pp. 134<br />

Il volume raccoglie i contributi<br />

portati da <strong>di</strong>versi stu<strong>di</strong>osi ad un<br />

convegno che si è tenuto presso la<br />

Facoltà <strong>di</strong> scienze politiche<br />

dell’Università pavese nel <strong>di</strong>cembre<br />

2001 e incentrato sulla figura e sugli<br />

scritti <strong>di</strong> Carlo Giglio, che nello<br />

stesso ateneo aveva insegnato dal<br />

1950 al 1976, anno <strong>della</strong> sua morte,<br />

quando copriva la cattedra <strong>di</strong> Storia<br />

e istituzioni dei paesi afro-asiatici,<br />

presentato a ragione da Pasquale<br />

Scaramozzino in apertura come<br />

uno dei maggiori stu<strong>di</strong>osi italiani<br />

dell’Africa.<br />

In quegli anni Giglio aveva fatto<br />

del proprio istituto un centro <strong>di</strong><br />

documentazione <strong>di</strong> storia africana<br />

unico nel proprio genere, che<br />

264<br />

nel 1995, ricordando episo<strong>di</strong> importanti<br />

<strong>della</strong> sua vita e l’amicizia con<br />

Sandro Pertini, uno dei suoi liberatori<br />

dopo la caduta del fascismo,<br />

incontrato poi nel 1980 al<br />

Quirinale, quando Menghistu rimise<br />

piede in Italia trentacinque anni<br />

dopo la fine <strong>della</strong> sua tragica esperienza<br />

<strong>di</strong> antifascista recluso (Massimo<br />

Roman<strong>di</strong>ni).<br />

comprendeva oltre alle collezioni<br />

classiche <strong>di</strong> esplorazioni e <strong>di</strong> viaggi<br />

e alle raccolte <strong>di</strong> atti ufficiali dei<br />

nuovi stati africani, i documenti<br />

delle Nazioni Unite relativi al<br />

medesimo continente e un<br />

centinaio <strong>di</strong> riviste specializzate nel<br />

settore.<br />

Tra gli altri <strong>il</strong> curatore del libro<br />

Giampaolo Calchi Novati analizza la<br />

produzione dello stu<strong>di</strong>oso relativa al<br />

periodo coloniale e al successivo<br />

processo <strong>di</strong> decolonizzazione,<br />

analizzando pregi e limiti<br />

dell’approccio <strong>di</strong> uno storico coevo<br />

agli eventi analizzati che, adottando un<br />

atteggiamento critico nei confronti<br />

<strong>della</strong> produzione crociana e <strong>di</strong> quella<br />

marxista, si sforza <strong>di</strong> lasciar parlare i<br />

documenti e <strong>di</strong> non forzarli ad una<br />

propria interpretazione. Sul tema delle<br />

fonti torna Marco Mozzati in<strong>di</strong>cando<br />

nell’attenzione per queste <strong>il</strong> maggior<br />

lascito dell’opera <strong>di</strong> Giglio. Bahru


Zewde si ferma sui limiti <strong>della</strong> sua<br />

valutazione del trattato <strong>di</strong> Ad<strong>di</strong>s Abeba<br />

del 1896. All’attenzione e alla curiosità<br />

<strong>di</strong> Giglio per l’area musulmana nel<br />

Me<strong>di</strong>terraneo orientale, che traspare<br />

da opere minori e articoli <strong>di</strong>versi,<br />

circoscrive <strong>il</strong> proprio intervento<br />

Federico Cresti.<br />

Ne esce una lettura che parlando <strong>di</strong><br />

uno storico che per la sua formazione<br />

culturale e politica era rimasto fermo<br />

alla personale convinzione <strong>di</strong> un<br />

apporto positivo offerto dalla<br />

colonizzazione europea ai paesi<br />

VITTORIO EMILIANI, L’enigma<br />

<strong>di</strong> Urbino. La città scomparsa, Nino<br />

Aragno E<strong>di</strong>tore, Torino 2004<br />

Vittorio Em<strong>il</strong>iani torna con<br />

questo nuovo libro alla città nella<br />

quale ha vissuto la sua infanzia e in cui<br />

sono rimasti suoi fam<strong>il</strong>iari, Urbino, la<br />

stessa città nella quale negli anni<br />

sessanta dell’Ottocento era cresciuto<br />

Giovanni Pascoli e in anni più vicini<br />

Paolo Volponi. Il primo <strong>di</strong>ceva essere<br />

Urbino «<strong>il</strong> luogo natìo <strong>della</strong> mia<br />

anima» «dove vorrei tornare un<br />

giorno, in devoto pellegrinaggio, solo<br />

e sconosciuto, adorando e<br />

piangendo», Volponi incideva nei<br />

suoi versi «l’immagine <strong>di</strong> Urbino/che<br />

io non posso fuggire/la sua crudele<br />

festa/quieta fra le mie ire».<br />

Le schede<br />

africani sposta via via l’attenzione<br />

all’evoluzione successiva degli stu<strong>di</strong><br />

dell’Africa e del colonialismo. Calchi<br />

Novati, chiosando alcune valutazioni<br />

<strong>di</strong> Giglio sul colonialismo africano, alla<br />

luce del <strong>di</strong>sastro dell’Africa <strong>di</strong> questi<br />

nostri anni commenta come Giglio<br />

non fosse mai arrivato a comprendere<br />

come «<strong>di</strong>sgraziatamente quelli che<br />

venivano vantati come “buoni” da<br />

spendere sul mercato del progresso<br />

erano proprio gli impe<strong>di</strong>menti da cui i<br />

paesi africani non si sarebbero più<br />

liberati del tutto» (Severina Fontana).<br />

Vittorio Em<strong>il</strong>iani vi aveva già<br />

ambientato Le mura <strong>di</strong> Urbino, un<br />

romanzo <strong>di</strong> storia e memoria. Di<br />

nuovo in questo secondo libro si<br />

muove fra passato e presente.<br />

Consapevole <strong>di</strong> avvolgere i luoghi<br />

<strong>della</strong> propria infanzia del velo del<br />

mito e <strong>di</strong> ficcarsi, nello sforzo <strong>di</strong><br />

cercare le ragioni dei cambiamenti,<br />

in un «doloroso, frustrante, spinoso<br />

ginepraio psicologico» non<br />

rinuncia a denunciare le con<strong>di</strong>zioni<br />

<strong>della</strong> città <strong>di</strong> oggi «svuotata e come<br />

scomparsa, una città fantasma <strong>della</strong><br />

quale sembra a volte restare una<br />

sorta <strong>di</strong> guscio spen<strong>di</strong>damente<br />

vuoto. Caso-limite o, più<br />

probab<strong>il</strong>mente, para<strong>di</strong>gma dei<br />

nostri centri storici più belli e<br />

civ<strong>il</strong>i». Quel che è accaduto a<br />

265


Le schede<br />

Urbino è infatti quel che accade<br />

oggi in tutte le città italiane, lo<br />

svuotamento del centro storico dei<br />

suoi vecchi inqu<strong>il</strong>ini, la per<strong>di</strong>ta<br />

<strong>della</strong> propria anima, l’occupazione<br />

delle case da parte <strong>di</strong> uffici e banche<br />

e, quando questo accade, l’arrivo <strong>di</strong><br />

flussi turistici <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>natamente<br />

organizzati.<br />

Seguendo la traccia dei ricor<strong>di</strong><br />

personali l’autore traccia la storia del<br />

cambiamento avvenuto fino a risalire<br />

all’inizio del processo <strong>di</strong> sfibramento<br />

<strong>della</strong> precedente vita comunitaria<br />

negli anni del dopoguerra, al<br />

trasferimento delle prime famiglie<br />

nelle case popolari costruite fuori<br />

mura e alla successiva emigrazione. A<br />

Urbino mancava infatti un tessuto<br />

industriale che offrisse opportunità <strong>di</strong><br />

lavoro. Unica risorsa rimaneva<br />

l’Università che con <strong>il</strong> rettorato <strong>di</strong><br />

Carlo Bo s’ingran<strong>di</strong>va notevolmente,<br />

ma che cominciava ad occupare via<br />

via i palazzi nob<strong>il</strong>i del centro con i<br />

propri istituti. Nel giro <strong>di</strong> qualche<br />

anno l’Università a poco a poco si<br />

mangiava la città. L’intero centro<br />

<strong>di</strong>ventava un campus universitario e<br />

266<br />

gli urbinati rimasti degli affittacamere.<br />

La popolazione tornava ai 15.000<br />

abitanti che la città contava ai tempi<br />

dell’Unità d’Italia. Seguiva la<br />

soppressione <strong>di</strong> ben quattro delle<br />

cinque parrocchie del centro.<br />

In questo modo <strong>il</strong> muoversi <strong>di</strong><br />

Em<strong>il</strong>iani fra i se<strong>di</strong>menti <strong>della</strong> memoria<br />

gli consente <strong>di</strong> <strong>di</strong>segnare un volume<br />

ricco <strong>di</strong> suggestioni spen<strong>di</strong>b<strong>il</strong>i sul<br />

fronte <strong>della</strong> storia degli anni recenti del<br />

nostro paese, quando abbiamo<br />

assistito all’inversione <strong>di</strong> un lungo<br />

ciclo, durato secoli, che parallelamente<br />

allo sv<strong>il</strong>uppo dei ceti borghesi aveva<br />

visto le nostre città trainare <strong>il</strong> processo<br />

<strong>di</strong> modernizzazione del paese ed<br />

esercitare sulla popolazione rurale un<br />

potere <strong>di</strong> attrazione che ha avuto <strong>il</strong> suo<br />

massimo esponente, ma anche <strong>il</strong> suo<br />

punto d’arrivo, negli anni del boom.<br />

Nello spaesamento <strong>di</strong> Em<strong>il</strong>iani gli<br />

interrogativi <strong>di</strong> molti e <strong>il</strong> desiderio <strong>di</strong><br />

capire dei più, ma anche un manifesto<br />

contro le tendenze del periodo attuale<br />

«nel quale non si vuole avere memoria<br />

e si tende ad uccidere anche la storia»<br />

(Severina Fontana).


notizie sugli autori <strong>di</strong> questo numero<br />

notizie sugli autori <strong>di</strong> questo numero<br />

MASSIMO BONFANTINI - Professore associato <strong>di</strong> Semiotica nel Politecnico <strong>di</strong><br />

M<strong>il</strong>ano. Dal 1972 al 1987 ha lavorato come ricercatore con Umberto Eco al<br />

DAMS <strong>di</strong> Bologna. Dal 1987 al 1995 ha insegnato Semiologia nell’Istituto<br />

Universitario Orientale <strong>di</strong> Napoli. Fra i suoi numerosi libri, La semiosi e<br />

l’abduzione (1987), Breve Corso <strong>di</strong> Semiotica (2000) e la cura delle Opere <strong>di</strong><br />

Peirce (2003). È componente del Comitato scientifico dell’Istituto storico <strong>della</strong><br />

Resistenza P. Fornara <strong>di</strong> Novara, presidente dell’Associazione per la memoria<br />

<strong>di</strong> Mario Bonfantini e <strong>della</strong> Fondazione Sergio Bonfantini.<br />

GIAN MARIO BRAVO - Preside <strong>della</strong> facoltà <strong>di</strong> Scienze Politiche dell’Università<br />

<strong>di</strong> Torino e presidente <strong>della</strong> Fondazione <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> Luigi Firpo, da anni stu<strong>di</strong>a la<br />

storia del pensiero socialista e del marxismo.<br />

RICCARDO CAPPELLI - Dottore in Scienze Politiche presso l’Università<br />

<strong>di</strong> Firenze, ha pubblicato <strong>di</strong>versi saggi e articoli su questioni strategicom<strong>il</strong>itari.<br />

UMBERTO CHIARAMONTE - Ispettore del MIUR per <strong>il</strong> settore storico delle<br />

scienze sociali, è autore <strong>di</strong> saggi e volumi <strong>di</strong> storia contemporanea, tra i quali<br />

Il municipalismo <strong>di</strong> Luigi Sturzo, Morcelliana, Brescia 1992; Il <strong>di</strong>battito sulle<br />

autonomie nella storia d’Italia, Franco Angeli, M<strong>il</strong>ano 1998; Arturo Vella e <strong>il</strong><br />

socialismo massimalista, Lacaita, Manduria 2001 e Luigi Sturzo nell’ANCI,<br />

Rubbettino, Soveria Mannelli 2004.<br />

CRISTIAN COLLINA - Laureato all’Università Orientale <strong>di</strong> Napoli e dottorando<br />

<strong>di</strong> ricerca a Torino, sta conducendo stu<strong>di</strong> sulla storia dei paesi dell’ex Urss e in<br />

particolare sulla Russia.<br />

267


notizie sugli autori <strong>di</strong> questo numero<br />

FEDERICO CRESTI - Or<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> Storia e Istituzioni dell’Africa all’Università<br />

<strong>di</strong> Catania. Tra i suoi principali temi <strong>di</strong> ricerca sono la storia del Maghreb in<br />

età ottomana, la società e storia urbana del mondo islamico me<strong>di</strong>terraneo e la<br />

colonizzazione agraria in Libia.<br />

ANGELO DEL BOCA - Da quarant’anni si occupa <strong>di</strong> storia del colonialismo e dei<br />

problemi dell’Africa d’oggi. Fra i suoi ultimi libri: Gheddafi. Una sfida dal<br />

deserto, Laterza, 1998; Un testimone scomodo, Grossi, 2000; La <strong>di</strong>sfatta <strong>di</strong> Gasr<br />

bu Hà<strong>di</strong>, Mondadori, 2004.<br />

EDGARDO FERRARI - Ex sindaco <strong>di</strong> Domodossola, da anni cura la <strong>rivista</strong><br />

«Almanacco storico ossolano».<br />

RENZO FIAMMETTI - Collaboratore dell’Istituto storico <strong>della</strong> Resistenza P.<br />

Fornara <strong>di</strong> Novara. Tra le sue pubblicazioni L’Ovest Ticino dalla prima guerra<br />

mon<strong>di</strong>ale alla Liberazione, Interlinea, Novara 1997 e 25 apr<strong>il</strong>e. Storia, mito,<br />

immagini <strong>della</strong> festa <strong>della</strong> Liberazione a Prato Sesia, Lampi <strong>di</strong> Stampa, M<strong>il</strong>ano<br />

2005.<br />

SEVERINA FONTANA -Insegnante <strong>di</strong> scuola superiore, si è occupata <strong>di</strong> storia<br />

dell’associazionismo economico e politico tra Otto e Novecento. Tra le altre<br />

pubblicazioni ha curato La Federconsorzi tra Stato liberale e fascismo, Laterza,<br />

Roma-Bari 1995.<br />

NICOLA LABANCA - Docente <strong>di</strong> storia contemporanea all’Università <strong>di</strong> Siena,<br />

si occupa <strong>di</strong> storia del colonialismo italiano. Tra i suoi stu<strong>di</strong> più recenti è Posti<br />

al sole. Diari e memorie <strong>di</strong> vita e <strong>di</strong> lavoro dall’Africa Italiana, Rovereto 2001.<br />

Insieme a Angelo <strong>Del</strong> <strong>Boca</strong>, per gli E<strong>di</strong>tori Riuniti, ha curato L’Impero africano<br />

del fascismo nelle fotografie dell’Istituto Luce, Roma 2002.<br />

MARCO LENCI - Docente all’Università <strong>di</strong> Pisa, ha pubblicato volumi sui<br />

rapporti tra l’Italia e <strong>il</strong> Maghreb barbaresco in età moderna. Attualmente si<br />

occupa <strong>di</strong> storia del colonialismo italiano in Eritrea.<br />

GIORGIO NOVELLO - Diplomatico <strong>di</strong> carriera, ha stu<strong>di</strong>ato giurisprudenza a<br />

Padova, scienze politiche all’École Nationale d’Administration <strong>di</strong> Parigi e<br />

storia economica alla London School of Economics. Professionalmente si è<br />

268


notizie sugli autori <strong>di</strong> questo numero<br />

occupato <strong>di</strong> integrazione europea e ha prestato servizio a Lagos, Londra, Bonn<br />

e Berlino. Attualmente è Rappresentante Permanente aggiunto d’Italia presso<br />

l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa a Vienna.<br />

FELICE POZZO - Stu<strong>di</strong>oso <strong>di</strong> Em<strong>il</strong>io Salgari e <strong>di</strong> storia delle esplorazioni, ha<br />

pubblicato su questi argomenti articoli e saggi in riviste specializzate. <strong>Del</strong>le<br />

opere del romanziere veronese ha anche curato <strong>di</strong>verse e<strong>di</strong>zioni.<br />

MASSIMO ROMANDINI - Docente <strong>di</strong> scuola me<strong>di</strong>a, dal 1969 al 1975 ha<br />

insegnato in Etiopia alle <strong>di</strong>pendenze del ministero degli Esteri. Ha pubblicato<br />

molti manuali <strong>di</strong> <strong>di</strong>dattica, fra i quali citiamo l’e<strong>di</strong>zione commentata de I<br />

promessi sposi, Mandese, 1983.<br />

269


Il <strong>Centro</strong> Stu<strong>di</strong> Piero Ginocchi <strong>di</strong> Crodo è un’associazione <strong>di</strong> volontari con<br />

personalità giuri<strong>di</strong>ca riconosciuta dalla Regione Piemonte e opera sul territorio<br />

dal 1986, senza fini <strong>di</strong> lucro. Ha lo scopo <strong>di</strong> promuovere, coor<strong>di</strong>nare e<br />

<strong>di</strong>sciplinare le attività <strong>di</strong> carattere culturale, stu<strong>di</strong>o e ricerca scientifica, al fine<br />

<strong>di</strong> sollecitare la partecipazione popolare, l’impegno civ<strong>il</strong>e e sociale dei citta<strong>di</strong>ni.<br />

Le principali attività consistono nella gestione e valorizzazione delle<br />

seguenti proprietà: la biblioteca “Vittorio Resta”, Il Museo <strong>di</strong> Scienze <strong>della</strong><br />

Terra “Ubaldo Baroli”, Il Museo Mineralogico “Aldo Roggiani”, <strong>il</strong> Museo <strong>della</strong><br />

Acque Minerali “Carlo Brazzorotto”, l’archivio fotografico “Scriba”. Cura<br />

l’Archivio Storico del Comune <strong>di</strong> Crodo e <strong>di</strong>ffonde ricerche e stu<strong>di</strong> attraverso<br />

<strong>il</strong> ramo e<strong>di</strong>toriale dell’istituto.<br />

Tra i principali volumi pubblicati: L’oro <strong>della</strong> Valle Antigorio. Le acque<br />

minerali <strong>di</strong> Crodo fra realtà e leggenda, a cura <strong>di</strong> Angelo <strong>Del</strong> <strong>Boca</strong>, 1993; Le<br />

Poesie, 1912 - 1949, <strong>di</strong> Vittorio D’Avino, a cura <strong>di</strong> Giuseppe Cobianchi, 1994;<br />

Una vita tante scalate, <strong>di</strong> Giovanni Rapetti, 1995; Il bambino del fiume, <strong>di</strong> Anna<br />

Mencarelli, 1999; I compagni <strong>di</strong> Sant’Antonio in Roma e Bologna. Le società<br />

laicali degli emigrati dalla Valle Antigorio e Formazza, a cura <strong>di</strong> Edgardo Ferrari,<br />

2000; Crodo e la Grande Guerra, <strong>di</strong> Angelo <strong>Del</strong> <strong>Boca</strong>, 2001; Mons. Leone Ossola,<br />

<strong>il</strong> Vescovo che salvò Novara, <strong>di</strong> Gaudenzio Barbè, 2002; L’occhio del maestro, <strong>di</strong><br />

Angelo <strong>Del</strong> <strong>Boca</strong>, 2003; <strong>Del</strong>la territorialità e <strong>della</strong> proprietà dell’Alpe Cravariola,<br />

<strong>di</strong> Francesco Scaciga <strong>della</strong> S<strong>il</strong>va, a cura <strong>di</strong> Edgardo Ferrari, 2004; La Repubblica<br />

partigiana dell’Ossola, a cura <strong>di</strong> Angelo <strong>Del</strong> <strong>Boca</strong>, 2004; Memoria sulle<br />

con<strong>di</strong>zioni dell’agricoltura e <strong>della</strong> classe agricola nel circondario dell’Ossola, <strong>di</strong><br />

Stefano Calpini, a cura <strong>di</strong> Edgardo Ferrari, 2005.<br />

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