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SENTIERI
I SENTIERI DELLA RICERCA<br />
<strong>rivista</strong> <strong>di</strong> storia contemporanea<br />
EDIZIONI CENTRO STUDI<br />
“Piero Ginocchi”, Crodo
Infiniti i sentieri <strong>della</strong> ricerca<br />
<strong>di</strong> Angelo <strong>Del</strong> <strong>Boca</strong><br />
Infiniti i sentieri <strong>della</strong> ricerca<br />
«I sentieri <strong>della</strong> ricerca», la <strong>rivista</strong> <strong>di</strong> cui oggi pubblichiamo <strong>il</strong> primo<br />
numero, raccoglie l’ere<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> «Stu<strong>di</strong> piacentini», che fondammo <strong>di</strong>ciannove<br />
anni fa. Salvo qualche arricchimento, la nuova <strong>rivista</strong> conserva la stessa<br />
struttura del semestrale pubblicato a Piacenza, le stesse finalità, le stesse<br />
ambizioni, persino lo stesso progetto grafico, semplice ed essenziale. Non<br />
potendo più proseguire, per le ragioni che abbiamo esposto nel numero 36<br />
<strong>di</strong> «Stu<strong>di</strong> piacentini» (l’ultimo che reca la nostra firma), la lunga e bellissima<br />
esperienza culturale nel Piacentino, abbiamo trasferito la <strong>rivista</strong> in<br />
Piemonte, tra le montagne dell’Ossola, in un clima sereno, non turbato da<br />
infelici e immotivati contrasti. Qui, fra le montagne che hanno visto nascere<br />
la Repubblica partigiana dell’Ossola, forse <strong>il</strong> più nob<strong>il</strong>e e avanzato progetto<br />
democratico realizzato nell’Italia ancora occupata dai nazisti, già<br />
anticipatore <strong>della</strong> Costituzione repubblicana del 1946, proseguiremo quella<br />
ricerca storica che abbiamo sempre cercato <strong>di</strong> condurre con metodo,<br />
passione, coerenza e senso <strong>di</strong> responsab<strong>il</strong>ità. Ci conforta pensare che in<br />
questa nuova avventura intellettuale ci hanno seguito tutti i nostri antichi<br />
collaboratori mentre altri, nuovi, ci hanno fornito la loro adesione.<br />
La <strong>rivista</strong> si apre con una sezione dal titolo Vivere la Resistenza. Abbiamo<br />
infatti stretto un accordo con la <strong>di</strong>rezione dell’Istituto Storico <strong>della</strong><br />
Resistenza e <strong>della</strong> società contemporanea nel Novarese e nel Verbano-<br />
Cusio-Ossola Piero Fornara con l’intento <strong>di</strong> dotare ogni numero <strong>della</strong><br />
pubblicazione <strong>di</strong> uno o più saggi che rievochino episo<strong>di</strong> o figure <strong>della</strong> lotta<br />
<strong>di</strong> liberazione nella provincia <strong>di</strong> Novara prima che venisse sud<strong>di</strong>visa. Non<br />
siamo infatti d’accordo con <strong>il</strong> presidente del Senato, Marcello Pera, che <strong>il</strong> 13<br />
<strong>di</strong>cembre 2003 ha sostenuto che, a sessant’anni dalla liberazione dell’Italia<br />
dal nazi-fascismo, è giunto <strong>il</strong> momento <strong>di</strong> «abbandonare <strong>il</strong> mito <strong>della</strong><br />
resistenza per consegnarlo definitivamente agli storici». Ha inoltre<br />
<strong>di</strong>chiarato che «non abbiamo più bisogno <strong>della</strong> vulgata tolemaica<br />
resistenziale: non dobbiamo più <strong>di</strong>re che la Repubblica e la Costituzione<br />
7
Angelo <strong>Del</strong> <strong>Boca</strong><br />
sono antifasciste, ma che la Repubblica e la Costituzione sono<br />
democratiche».<br />
No, professor Pera, la Resistenza non è un mito e non è affatto venuto<br />
<strong>il</strong> momento <strong>di</strong> relegarla in soffitta. Se lei de<strong>di</strong>casse un po’ del suo tempo a<br />
stu<strong>di</strong>are <strong>il</strong> movimento <strong>di</strong> liberazione in Italia si accorgerebbe, ad esempio,<br />
che la Costituzione - come ha giustamente precisato lo storico Angelo d’Orsi<br />
- «è nata proprio dall’antifascismo, cioè da un accordo tra le forze politiche<br />
che si erano battute contro <strong>il</strong> fascismo». Le consigliamo inoltre <strong>di</strong> leggere i<br />
tre<strong>di</strong>ci, splen<strong>di</strong><strong>di</strong> verbali redatti dal segretario <strong>della</strong> Giunta provvisoria <strong>della</strong><br />
Repubblica partigiana dell’Ossola, Umberto Terracini. Quello stesso<br />
Terracini che tre anni dopo avrebbe presieduto a Roma l’Assemblea<br />
Costituente. In quei tre<strong>di</strong>ci verbali ci sono alcune norme, alcuni principi,<br />
che sono stati adottati dalla nostra Costituzione. Una Costituzione ancora<br />
viva, garantista, efficiente, ma che si vorrebbe <strong>di</strong>struggere, così come <strong>il</strong><br />
«mito» <strong>della</strong> Resistenza.<br />
Il secondo settore <strong>della</strong> <strong>rivista</strong> ospita i saggi <strong>di</strong> Storia locale, tanto del<br />
novarese che <strong>della</strong> nuova provincia del Verbano-Cusio-Ossola. Nostro<br />
intento è <strong>di</strong> fornire le caratteristiche salienti <strong>di</strong> questi settori, analizzando le<br />
trasformazioni che si sono verificate negli ultimi centocinquant’anni, sotto<br />
<strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o sociale, economico, politico, religioso e culturale. Edgardo Ferrari,<br />
ad esempio, affronta in questo primo numero <strong>della</strong> <strong>rivista</strong> un episo<strong>di</strong>o assai<br />
poco indagato, quello dell’appoggio dei cattolici ossolani al can<strong>di</strong>dato<br />
liberale, on. Alfredo Falcioni, alle elezioni politiche del 1909. Era la prima<br />
volta che ciò accadeva ed avrebbe portato, nel periodo giolittiano, al processo<br />
<strong>di</strong> integrazione tra la borghesia laica e quella cattolica.<br />
Più sostanziosa la parte centrale <strong>della</strong> <strong>rivista</strong>, de<strong>di</strong>cata ai saggi <strong>di</strong> Storia<br />
nazionale. In questo numero presentiamo un saggio <strong>di</strong> Riccardo Cappelli sul<br />
«<strong>Centro</strong> Raccolta Profughi» <strong>di</strong> Marina <strong>di</strong> Carrara, che fu attivo, in<br />
con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> estremo degrado, dal 1946 al 1976. Umberto Chiaramonte,<br />
che alla classe politica e al movimento operaio in val d’Ossola ha de<strong>di</strong>cato<br />
due eccellenti volumi, e che negli ultimi anni ha stu<strong>di</strong>ato a fondo<br />
l’autonomismo nella storia d’Italia, ricostruisce in questo numero le vicende<br />
legate al decentramento amministrativo durante <strong>il</strong> fascismo e alla<br />
costituzione <strong>di</strong> ventisei nuove province.<br />
Gian Mario Bravo, dal canto suo, affronta la figura <strong>di</strong> Arturo Labriola,<br />
massimo esponente <strong>della</strong> corrente socialista del sindacato rivoluzionario, e<br />
ne evidenzia le notevoli incoerenze. Nel 1911, infatti, solo fra i leader<br />
socialisti, appoggerà la guerra contro la Turchia per la conquista <strong>della</strong> Libia.<br />
8
Infiniti i sentieri <strong>della</strong> ricerca<br />
Sarà anche reci<strong>di</strong>vo. Esule in Francia e poi negli Stati Uniti, perché avverso<br />
al fascismo, nel 1935 farà ritorno in patria per sostenere la guerra d’Etiopia.<br />
La sezione successiva ha per titolo Africa e <strong>di</strong>ntorni ed è un po’ <strong>il</strong> nostro<br />
fiore all’occhiello. Allo stu<strong>di</strong>o dell’Africa, infatti, abbiamo a volte de<strong>di</strong>cato<br />
<strong>il</strong> 60/70 per cento delle pagine <strong>della</strong> <strong>rivista</strong>, tanto che «Stu<strong>di</strong> Piacentini» si<br />
è con <strong>il</strong> tempo validamente inserita fra le poche riviste <strong>di</strong> africanistica<br />
stampate in Italia. La decisione <strong>di</strong> dare molto spazio all’Africa è maturata<br />
negli anni ottanta quando la carenza <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> in questo settore era più che mai<br />
manifesta e ad<strong>di</strong>rittura inspiegab<strong>il</strong>e se si pensa al livello <strong>della</strong> ricerca in altri<br />
Paesi europei. Da più <strong>di</strong> tre lustri, dunque, abbiamo meto<strong>di</strong>camente<br />
analizzato gli avvenimenti africani, sia del periodo coloniale che postcoloniale,<br />
dando vita anche a due convegni, <strong>il</strong> primo sulle guerre coloniali<br />
del fascismo, <strong>il</strong> secondo sulla <strong>di</strong>sfatta <strong>di</strong> Adua, i cui atti sono stati raccolti e<br />
pubblicati dall’E<strong>di</strong>tore Laterza. Il nostro impegno, dunque, è a tutto campo<br />
e ha fornito risultati <strong>di</strong> enorme r<strong>il</strong>evanza come, ad esempio, le tremende<br />
rivelazioni sulle stragi compiute nel 1937, dai generali <strong>di</strong> Graziani, nella città<br />
conventuale <strong>di</strong> Debrà Libanòs, in Etiopia.<br />
In questo numero pubblichiamo tre saggi, <strong>di</strong> Nicola Labanca, Marco<br />
Lenci e Felice Pozzo. Labanca commenta due lunghe lettere, ine<strong>di</strong>te,<br />
scambiate nel settembre del 1937 tra l’ispettore Davide Fossa, all’epoca la<br />
più alta autorità del Partito nazionale fascista in Etiopia, e <strong>il</strong> ministro<br />
dell’Africa Italiana, Alessandro Lessona. Dal carteggio emerge chiaramente<br />
che, a <strong>di</strong>ciassette mesi dall’occupazione italiana dell’Etiopia, nell’impero<br />
non funziona nulla, la corruzione d<strong>il</strong>aga negli organismi governativi, la<br />
ribellione dei partigiani etiopici si aggrava giorno per giorno nonostante le<br />
continue repressioni. La replica <strong>di</strong> Lessona, che sta per essere licenziato da<br />
Mussolini, è assolutamente sconcertante. Pur apprezzando la sincerità <strong>di</strong><br />
Fossa e ammettendo la lunga serie <strong>di</strong> errori e <strong>di</strong> fallimenti nella costruzione<br />
dell’impero, respinge ogni addebito, riversando sugli altri ogni<br />
responsab<strong>il</strong>ità. Ma anche con l’allontanamento <strong>di</strong> Lessona e <strong>il</strong> rientro in<br />
patria <strong>di</strong> Fossa le cose non cambieranno in meglio. Il destino dell’impero è<br />
ormai segnato. Marco Lenci, dal canto suo, riporta e commenta la<br />
testimonianza del sergente Luigi Canali sull’impiego, in Etiopia, dell’arma<br />
chimica. Un impiego tante volte, anche <strong>di</strong> recente, smentito, e che invece è<br />
stato quasi una norma nel corso <strong>della</strong> guerra dei sette mesi ed in seguito nei<br />
cinque anni <strong>della</strong> controguerriglia. Nella lettera alla famiglia, <strong>il</strong> sergente<br />
Canali scrive testualmente: «Le zone attraversate recentemente sono state<br />
abbondantemente bombardate e cosparse <strong>di</strong> “iprite”. Alcune tracce sono<br />
9
Angelo <strong>Del</strong> <strong>Boca</strong><br />
visib<strong>il</strong>i». Si tratta <strong>della</strong> regione montuosa fra l’Amba Aradam e l’Amba Alagi,<br />
teatro <strong>di</strong> furiosi combattimenti tra le truppe italiane d’invasione e l’armata<br />
<strong>di</strong> ras Mulughietà. Felice Pozzo pone invece in r<strong>il</strong>ievo <strong>il</strong> ruolo determinante<br />
dell’Africa nella copiosa produzione <strong>di</strong> Em<strong>il</strong>io Salgari. Il Continente Nero,<br />
con i suoi misteri, non è soltanto presente nei libri <strong>di</strong> avventure del<br />
romanziere morto suicida, ma anche nel suo lavoro giornalistico giovan<strong>il</strong>e<br />
quando, con lo pseudonimo <strong>di</strong> «Ammiragliador», chiedeva un posto al sole<br />
per l’Italia.<br />
<strong>Del</strong> tutto nuova, invece, la quinta ed ultima sezione, che riguarda<br />
l’Europa e le sue trasformazioni a partire dalla fine <strong>della</strong> seconda guerra<br />
mon<strong>di</strong>ale e, in modo particolare, dalla caduta del muro <strong>di</strong> Berlino. Il lento,<br />
ma si spera inarrestab<strong>il</strong>e, processo <strong>di</strong> formazione dell’Unione Europea, così<br />
come <strong>il</strong> percorso faticoso e confuso degli ex paesi dell’Unione Sovietica, sono<br />
due avvenimenti <strong>di</strong> fondamentale importanza che meritano una costante<br />
attenzione. Cristian Collina, ad esempio, esamina l’attuale politica <strong>di</strong><br />
Restructurizacija dell’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa russa e giunge alla conclusione<br />
che <strong>il</strong> nuovo corso <strong>di</strong> trasformazioni r<strong>il</strong>ancia le capacità m<strong>il</strong>itari,<br />
economiche, scientifico-tecnologiche <strong>di</strong> Mosca, tanto da riproporre la<br />
Russia, che si pensava fuori gioco, tra le gran<strong>di</strong> potenze. Giorgio Novello,<br />
dal canto suo, analizza <strong>il</strong> processo <strong>di</strong> reintegrazione <strong>della</strong> Mitteleuropea<br />
nell’Unione Europea e si sofferma sul dramma storico dell’espulsione <strong>di</strong><br />
do<strong>di</strong>ci m<strong>il</strong>ioni <strong>di</strong> tedeschi dall’Europa <strong>Centro</strong>-Orientale.<br />
Completano la <strong>rivista</strong> la consueta Rassegna bibliografica, alcune Schede <strong>di</strong><br />
libri e le notizie sugli Autori che hanno collaborato al numero.<br />
Come i lettori avranno potuto osservare, nel passaggio da «Stu<strong>di</strong><br />
piacentini» a «I sentieri <strong>della</strong> ricerca», <strong>il</strong> Comitato scientifico è stato<br />
ampiamente rimaneggiato ed arricchito. Entrano a far parte del Comitato:<br />
Aldo Agosti, Mauro Begozzi, Marco Buttino, Angelo d’Orsi, Edgardo<br />
Ferrari, Mimmo Franzinelli, Sandro Gerbi, Mario Giovana, Clau<strong>di</strong>o<br />
Gorlier, Mario Isnenghi, Lutz Klinkhammer, Marco Lenci, Aram Mattioli,<br />
G<strong>il</strong>bert Meynier, Marco Mozzati, Massimo Roman<strong>di</strong>ni, Francesco Sur<strong>di</strong>ch,<br />
Nicola Tranfaglia. A questi <strong>il</strong>lustri storici, che hanno accolto con simpatia<br />
e calore <strong>il</strong> nostro invito a partecipare a questa nuova iniziativa, rivolgiamo<br />
<strong>il</strong> nostro grazie e <strong>il</strong> nostro affettuoso saluto. Per finire, Nicola Labanca<br />
affiancherà Giorgio Rochat nella con<strong>di</strong>rezione <strong>della</strong> <strong>rivista</strong>.<br />
Nel chiudere questo e<strong>di</strong>toriale vorremmo riprodurre <strong>il</strong> capoverso posto<br />
alla fine <strong>della</strong> nostra lettera <strong>di</strong> congedo dalla <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> «Stu<strong>di</strong> piacentini»,<br />
che definisce le ambizioni e i traguar<strong>di</strong> <strong>della</strong> nuova <strong>rivista</strong>: «I sentieri <strong>della</strong><br />
10
Infiniti i sentieri <strong>della</strong> ricerca<br />
ricerca» sono infiniti, come sono infiniti i sentieri delle nostre montagne, alla<br />
cui nob<strong>il</strong>tà ci ispiriamo. E come i tratturi portano sempre in alto, spesso alla<br />
cima, noi vorremmo che i nostri sentieri <strong>della</strong> ricerca e <strong>della</strong> memoria ci<br />
facessero approdare ad un numero sempre più cospicuo <strong>di</strong> scoperte, <strong>di</strong><br />
certezze, <strong>di</strong> verità». È con questo auspicio che <strong>di</strong>amo alle stampe <strong>il</strong> primo<br />
numero de «I sentieri <strong>della</strong> ricerca».<br />
11
I Sentieri <strong>della</strong> Ricerca<br />
è una pubblicazione del <strong>Centro</strong> Stu<strong>di</strong> Piero Ginocchi, Crodo.<br />
Direttore<br />
Angelo <strong>Del</strong> <strong>Boca</strong><br />
Con<strong>di</strong>rettori<br />
Giorgio Rochat, Nicola Labanca<br />
Redattrice<br />
Severina Fontana<br />
Comitato scientifico<br />
Aldo Agosti, Mauro Begozzi, Shiferaw Bekele, Gian Mario Bravo, Marco<br />
Buttino, Giampaolo Calchi Novati, Vanni Clodomiro, Bas<strong>il</strong> Davidson,<br />
Jacques <strong>Del</strong>arue, Angelo d’Orsi, Nurud<strong>di</strong>n Farah, Edgardo Ferrari, Mimmo<br />
Franzinelli, Sandro Gerbi, Mario Giovana, Clau<strong>di</strong>o Gorlier, Mario Insenghi,<br />
Lutz Klinkhammer, Nicola Labanca, Vittorio Lanternari, Marco Lenci, Aram<br />
Mattioli, G<strong>il</strong>bert Meynier, Pierre M<strong>il</strong>za, Renato Monteleone, Marco Mozzati,<br />
Richard Pankhurst, Giorgio Rochat, Massimo Roman<strong>di</strong>ni, Alain Rouaud,<br />
Alberto Sbacchi, Gerhard Schreiber, Enrico Serra, Christopher Seton-<br />
Watson, Francesco Sur<strong>di</strong>ch, Nicola Tranfaglia, Bahru Zewde<br />
3
La <strong>rivista</strong> esce in fascicoli semestrali<br />
Direttore Angelo <strong>Del</strong> <strong>Boca</strong><br />
Redazione:<br />
Autorizzazione del Tribunale <strong>di</strong> xxxxxx n. xxxxxxxxxx<br />
Sped. in a.p., 45% art. 2, comma 20b, legge 662/96 -<br />
Dir. Comm. Business Piacenza<br />
I Sem. 2005<br />
Prezzo <strong>di</strong> copertina euro 12,00<br />
La pubblicazione <strong>di</strong> questa <strong>rivista</strong><br />
è stata possib<strong>il</strong>e grazie al generoso contributo <strong>di</strong>:<br />
4
Sommario<br />
e<strong>di</strong>toriale<br />
7 Infiniti i sentieri <strong>della</strong> ricerca<br />
<strong>di</strong> Angelo <strong>Del</strong> <strong>Boca</strong><br />
vivere la resistenza<br />
13 Mario Bonfantini e l’irripetib<strong>il</strong>e stagione <strong>di</strong> libertà<br />
<strong>della</strong> Repubblica dell’Ossola<br />
<strong>di</strong> Massimo Bonfantini<br />
17 Riprodurre o interpretare?<br />
Modelli narrativi e valoriali del fare storia in televisione:<br />
in caso Quaranta giorni <strong>di</strong> libertà<br />
<strong>di</strong> Renzo Fiammetti<br />
saggi <strong>di</strong> storia locale<br />
31 Le elezioni politiche del 1909 in Ossola<br />
<strong>di</strong> Edgardo Ferrari<br />
saggi <strong>di</strong> storia nazionale<br />
45 <strong>Centro</strong> Raccolta Profughi per gli italiani in fuga<br />
<strong>di</strong> Riccardo Cappelli<br />
61 Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo:<br />
l’istituzione si ventisei provincie<br />
<strong>di</strong> Umberto Chiaramonte<br />
5
119 Antionio Labriola e la questione coloniale<br />
<strong>di</strong> Gian Mario Bravo<br />
6<br />
africa e <strong>di</strong>ntorni<br />
145 «Un fatto sugli altri domina: la sicurezza».<br />
Uno scambio <strong>di</strong> relazioni sull’Etiopia del settembre 1937<br />
<strong>di</strong> Nicola Labanca<br />
163 L'uso dei gas da parte italiana nella guerra d'Etiopa<br />
La testimonianza del sergente Luigi Canali<br />
<strong>di</strong> Marco Lenci<br />
169 L'Africa <strong>di</strong> Em<strong>il</strong>io Salgari<br />
L’eurocentrismo e <strong>il</strong> problema delle fonti<br />
<strong>di</strong> Felice Pozzo<br />
189 Gli ebrei <strong>della</strong> Libia, <strong>il</strong> nazionalismo arabo e la questione palestinese.<br />
Note dai documenti del Political Intelligence Service britannico (1945-1949)<br />
<strong>di</strong> Federico Crespi<br />
stu<strong>di</strong> sull'europa<br />
213 Oltre la Konversija: l'industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa nella Federazione Russa<br />
<strong>di</strong> Cristian Collina<br />
241 I tedeschi scomparsi <strong>della</strong> Mitteleuropa<br />
<strong>di</strong> Giorgio Novello<br />
le schede<br />
259 Massimo Roman<strong>di</strong>ni - Severina Fontana<br />
267 Notizie sugli autori <strong>di</strong> questo numero<br />
xxx Il centro stu<strong>di</strong> “Piero Ginocchi” <strong>di</strong> Crodo
vivere la resistenza<br />
Mario Bonfantini e l’irripetib<strong>il</strong>e stagione <strong>di</strong> libertà <strong>della</strong> Repubblica dell’Ossola<br />
Mario Bonfantini e l’irripetib<strong>il</strong>e stagione <strong>di</strong> libertà <strong>della</strong><br />
Repubblica dell’Ossola<br />
<strong>di</strong> Massimo Bonfantini<br />
Il pomeriggio del 20 novembre 2004 eravamo a Novara, presso l’Istituto<br />
storico <strong>della</strong> Resistenza, sito in corso Cavour 15 e intitolato a Piero Fornara,<br />
in occasione dell’annuale giornata <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o de<strong>di</strong>cata a Mario Bonfantini.<br />
Quest’anno la ricorrenza era doppiamente solenne.<br />
Per me, anzitutto, perché <strong>il</strong> 2004 è stato l’anno centenario <strong>della</strong> nascita<br />
<strong>di</strong> mio padre. Mio padre, Mario Bonfantini, è nato infatti a Novara <strong>il</strong> 15<br />
maggio 1904, ed è morto a Torino <strong>il</strong> 23 novembre 1978.<br />
Ma per gli amici, i partigiani, i citta<strong>di</strong>ni, la ricorrenza era soprattutto<br />
solenne, perché cadeva nel 60° anniversario <strong>della</strong> Repubblica dell’Ossola,<br />
per la quale e nella quale Mario Bonfantini ha operato in modo così<br />
eminente e incisivo.<br />
Con Mauro Begozzi, e con la preziosa assistenza tecnica <strong>di</strong> Marco Fontana,<br />
abbiamo pre<strong>di</strong>sposto una sintesi <strong>di</strong> tre quarti d’ora, tratta dalle tre puntate del<br />
f<strong>il</strong>m tv Quaranta giorni <strong>di</strong> libertà, programmato nel trentennale <strong>della</strong><br />
Repubblica dell’Ossola, nell’autunno del 1974, sul primo canale <strong>della</strong> Rai.<br />
Il f<strong>il</strong>m è ampiamente trattato qui avanti nel saggio <strong>di</strong> Renzo Fiammetti.<br />
Voglio ora soltanto sottolineare che, anche nella forma sommaria in cui<br />
l’abbiamo proiettato quel sabato pomeriggio, nella sala-biblioteca «Mario<br />
Bonfantini», <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m è riuscito a commuovere e a coinvolgere <strong>il</strong> fitto gruppo<br />
<strong>di</strong> amici e citta<strong>di</strong>ni presenti.<br />
Il f<strong>il</strong>m è riuscito a rendere <strong>il</strong> senso <strong>di</strong> una grande storica prova <strong>di</strong><br />
democrazia, nella lotta e nell’autogoverno <strong>di</strong> popolo, provocando<br />
un’appassionata rete <strong>di</strong> interventi, domande, problemi, <strong>di</strong>scussioni.<br />
Hanno partecipato per lettera anche Pier Antonio Ragozza, sulla<br />
«fortuna» e ricezione nelle valli ossolane <strong>di</strong> Quaranta giorni <strong>di</strong> libertà e<br />
13
Massimo Bonfantini<br />
l’amico e<strong>di</strong>tore Roberto Cicala, che ha comunicato la prossima uscita, per<br />
«Interlinea», <strong>di</strong> una nuova e<strong>di</strong>zione del Salto nel buio, <strong>il</strong> romanzo<br />
autobiografico <strong>di</strong> mio padre (pubblicato la prima volta da Feltrinelli nel<br />
1959), che racconta del suo «salto», appunto, del suo gettarsi, <strong>il</strong> 22 giugno<br />
1944, dal treno in corsa, dal vagone piombato che lo deportava in Germania.<br />
Il momento culminante del Salto l’avevo letto al mattino <strong>di</strong> questa<br />
giornata, <strong>di</strong>co del 20 novembre 2004, ai ragazzi dell’Istituto tecnico<br />
Mossotti.<br />
«Così, è deciso. La mano destra ben tesa in fuori: <strong>il</strong> corpo ed <strong>il</strong> busto<br />
all’in<strong>di</strong>etro; <strong>il</strong> piede destro lì, steso in avanti, come su un punto <strong>di</strong> mira.<br />
Adesso, basta aprire le <strong>di</strong>ta <strong>della</strong> sinistra mollando la presa, e dandosi al<br />
contempo una piccola spinta sul predellino col piede sinistro, ma non<br />
troppo forte. Uno, due, tre. E m’abbandonai».<br />
La mattinata era infatti de<strong>di</strong>cata, secondo quanto recitava <strong>il</strong> programmainvito,<br />
alla «Lettura e commenti dei racconti sull’Ossola e sulla Resistenza<br />
<strong>di</strong> Mario Bonfantini».<br />
Naturalmente, in queste letture, affiancato dai commenti e dalle<br />
spiegazioni, chiare e sapienti, <strong>di</strong> carattere storico generale <strong>di</strong> Mauro Begozzi,<br />
ero partito dallo scritto che mi piace <strong>di</strong> più <strong>di</strong> mio padre sull’Ossola,<br />
l’articolo pubblicato da «M<strong>il</strong>ano Sera», <strong>di</strong> cui mio padre era <strong>di</strong>rettore, <strong>il</strong> 10<br />
settembre 1945 e intitolato: L’epopea dell’Ossola nel ricordo <strong>di</strong> un testimone.<br />
L’occhiello spiega: «10 settembre 1944: Domo liberata».<br />
«Nella stanchezza <strong>della</strong> luce grigia, mi attraversano la mente vaghi ricor<strong>di</strong><br />
garibal<strong>di</strong>ni: la lettura infant<strong>il</strong>e dell’Abba, quella più recente <strong>di</strong> una lettera <strong>di</strong><br />
Nievo sulla sua entrata in Palermo; i racconti che a me fanciullo <strong>di</strong>panava<br />
paziente mio nonno, che era stato alla presa <strong>di</strong> M<strong>il</strong>azzo. Non bisogna<br />
esagerare, va bene, siamo modesti; ma c’è pure un’analogia, dopo tutto...<br />
Il controllo è finito. Entriamo finalmente in città. Guardo<br />
Domodossola. Sono come stor<strong>di</strong>to, incredulo, e mi accorgo dalla faccia dei<br />
miei ragazzi che deve essere così anche per loro. Anche gli abitanti, che ci<br />
buttano i fiori sacramentali e che ci si stringono addosso, sono felici, sì,<br />
commossi, ma sembrano attoniti. Ma pian piano si svegliano: la loro gioia<br />
erompe, e arriva <strong>il</strong> momento del vero tripu<strong>di</strong>o. Sono stanco, e mi ricordo che<br />
ho subito altro da fare. Ma non riesco a tirarmi via <strong>di</strong> lì, a staccarmi da questi<br />
ragazzi, compagni <strong>di</strong> queste poche giornate. Soltanto un’ora dopo mi decido<br />
a inf<strong>il</strong>armi sotto <strong>il</strong> portico, in un caffè. Or<strong>di</strong>no un bitter, appoggio <strong>il</strong> gomito<br />
al banco, e mi volto a guardar fuori la squadra allineata: non ci ritroveremo<br />
mai più così».<br />
14
Mario Bonfantini e l’irripetib<strong>il</strong>e stagione <strong>di</strong> libertà <strong>della</strong> Repubblica dell’Ossola<br />
«Un’irripetib<strong>il</strong>e stagione <strong>di</strong> libertà», come suonava <strong>il</strong> titolo <strong>della</strong> nostra<br />
giornata <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o, un’irripetib<strong>il</strong>e stagione <strong>di</strong> libertà che fu anche<br />
un’irripetib<strong>il</strong>e stagione <strong>di</strong> felicità, si cristallizza, per usare l’espressione <strong>di</strong><br />
Baudelaire, <strong>il</strong> poeta più amato, stu<strong>di</strong>ato, tradotto da mio padre sin dalla sua<br />
prima giovinezza, si cristallizza nel vissuto e nella rievocazione <strong>di</strong> un’ora e<br />
infine <strong>di</strong> uno sguardo e <strong>di</strong> un sentimento comune <strong>di</strong> utopia realizzata. La<br />
liberazione realizzata.<br />
Questo stesso sentimento, esteso coralmente al «tripu<strong>di</strong>o» <strong>della</strong> città<br />
abbiamo trovato rappresentato anche nel f<strong>il</strong>m Quaranta giorni <strong>di</strong> libertà.<br />
Merito certamente <strong>della</strong> forza dei fatti raccontati. Ma merito anche del<br />
racconto dei fatti. E quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> tutti quelli che hanno «fatto» <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m. Fra i quali,<br />
come testimoniato dai titoli <strong>di</strong> testa e come ricordato bene dai miei colloqui<br />
<strong>di</strong> allora con lui, si può riconoscere la presenza o l’influenza costante <strong>di</strong> mio<br />
padre.<br />
Nella rappresentazione f<strong>il</strong>mica sembrano quasi preponderanti i <strong>di</strong>scorsi<br />
degli attori, le <strong>di</strong>scussioni, i <strong>di</strong>aloghi, i <strong>di</strong>battiti, rispetto alle ricostruzioni,<br />
peraltro fedeli e scrupolose, degli eventi. Così i <strong>di</strong>scorsi annodano fra loro<br />
i propositi e gli eventi e fanno del f<strong>il</strong>m un f<strong>il</strong>m, più che storico, storiografico.<br />
Per la riuscita <strong>di</strong>mensione interpretativa e nitidamente <strong>di</strong>dascalica e<br />
raziocinante che lo pervade.<br />
Credo che le testimonianze scritte, <strong>di</strong>co i racconti autobiografici <strong>di</strong><br />
Mario Bonfantini letti e commentati, e <strong>il</strong> racconto corale <strong>di</strong> un pezzo <strong>di</strong><br />
storia collettiva nel f<strong>il</strong>m Quaranta giorni <strong>di</strong> libertà abbiano costituito, così<br />
<strong>di</strong>aletticamente uniti, una base originale e nutriente per le riflessioni <strong>della</strong><br />
nostra giornata <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o.<br />
Ma credo anche che questo modulo, <strong>della</strong> lettura ad alta voce <strong>di</strong><br />
testimonianze, combinate con ricostruzioni narrative e/o documentarie<br />
f<strong>il</strong>miche, sia un modello interessante, per la comunicazione sociale <strong>della</strong><br />
storia contemporanea, come base <strong>di</strong> lezioni, ricerche, seminari in vari<br />
ambiti.<br />
15
Riprodurre o interpretare?<br />
Riprodurre o interpretare?<br />
Modelli narrativi e valoriali del fare storia in televisione:<br />
<strong>il</strong> caso Quaranta giorni <strong>di</strong> libertà<br />
<strong>di</strong> Renzo Fiammetti<br />
La tv negli anni settanta, e dopo. Il rapporto fra tv e storia<br />
Se lo spunto scaturito da ricorrenze e anniversari è la spinta per<br />
programmi celebrativi, <strong>il</strong> trentennale <strong>della</strong> Repubblica partigiana<br />
dell’Ossola dà origine a un programma televisivo importante e ben<br />
rappresentativo del modo <strong>di</strong> fare storia in televisione nel periodo e, più in<br />
generale, del contesto culturale e politico in cui viene avviata tale<br />
produzione.<br />
Si tratta <strong>di</strong> Quaranta giorni <strong>di</strong> libertà, <strong>di</strong> Luciano Co<strong>di</strong>gnola e con la regia<br />
<strong>di</strong> Leandro Castellani, che viene programmato nell’autunno 1974 sul primo<br />
canale <strong>della</strong> Rai.<br />
Seppur inserito nel novero delle cosiddette «spettacolarizzazioni» <strong>della</strong><br />
storia 1 , <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m tv <strong>di</strong> Castellani ha peculiarità tali che lo rendono chiaro<br />
esempio del cosiddetto cinema democratico in voga in quegli anni.<br />
I primi anni settanta sono anni in cui la televisione italiana mette in<br />
produzione <strong>di</strong>versi esempi importanti <strong>di</strong> fiction storica, veri f<strong>il</strong>m a tema<br />
storico, sì <strong>di</strong> ricostruzione sceneggiata <strong>di</strong> avvenimenti ma basati su un rigido<br />
e scientificamente fondato apparato critico che legittima la veri<strong>di</strong>cità delle<br />
realizzazioni.<br />
Nello stesso anno in cui va in onda <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m sulla Repubblica partigiana<br />
dell’Ossola, infatti, sono realizzati e trasmessi <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m <strong>di</strong> Florestano Vancini,<br />
Bronte. Cronaca <strong>di</strong> un massacro che i libri <strong>di</strong> storia non hanno raccontato 2 e <strong>il</strong><br />
f<strong>il</strong>m sulle ultime ore dei fratelli Rosselli, Carlo e Nello, assassinati dai<br />
neofascisti francesi <strong>della</strong> Cagoule, in Norman<strong>di</strong>a, <strong>il</strong> 9 giugno 1937 3 .<br />
Nel periodo la Rai sta per affrontare <strong>il</strong> delicato passaggio <strong>della</strong><br />
ristrutturazione del servizio pubblico e la concorrenza nascente delle<br />
emittenti locali e delle tv estere: nell’agosto Telemontecarlo comincia a<br />
trasmettere anche in Italia e iniziano le trasmissioni <strong>di</strong> Telem<strong>il</strong>ano, cioè gli<br />
albori <strong>della</strong> futura Me<strong>di</strong>aset 4 . Nel palinsesto Rai <strong>di</strong> quell’anno colpisce la<br />
17
Renzo Fiammetti<br />
presenza significativa, in senso quantitativo e qualitativo, <strong>di</strong> programmi<br />
storici e culturali in genere. Nella sua opera sulla storia <strong>della</strong> televisione,<br />
Aldo Grasso giustamente segnala come programma dell’anno Cartesius, con<br />
la regia e la collaborazione alla sceneggiatura <strong>di</strong> Roberto Rossellini. Si tratta<br />
<strong>di</strong> un’opera storica-fiume, che <strong>il</strong> maestro, che ha abbandonato <strong>il</strong> cinema<br />
ormai da un decennio, tesse per la televisione nel tentativo <strong>di</strong> «convincere»<br />
e «persuadere», una trama <strong>di</strong> personaggi e situazioni <strong>della</strong> storia, ricercando<br />
proprio nella storia, nel passato, le ragioni del presente 5 .<br />
Ma non mancano altri, significativi esempi. In occasione del centenario<br />
<strong>della</strong> nascita, Sandro Bolchi realizza uno sceneggiato sulla vita <strong>di</strong> Guglielmo<br />
Marconi, la storia europea dei primi anni venti è lo scenario <strong>di</strong> Accade a<br />
Lisbona <strong>di</strong> Daniele D’Anza, Franco Rossi <strong>di</strong>rige uno sceneggiato sul Giovane<br />
Garibal<strong>di</strong> che lancia come attore popolare un allora abbastanza sconosciuto<br />
Maurizio Merli, mentre vanno segnalate anche due trasmissioni <strong>di</strong><br />
approfon<strong>di</strong>mento culturale e d’attualità, quali la rubrica Settimo giorno, alla<br />
cui conduzione si alternano Cesare Garboli, Lorenzo Mondo, Francesco<br />
Savio ed Enzo Sic<strong>il</strong>iano, mentre Mario Soldati confeziona A carte scoperte,<br />
cinque puntate de<strong>di</strong>cate ad altrettanti incontri con personalità <strong>di</strong> r<strong>il</strong>ievo<br />
<strong>della</strong> politica, dell’economia, <strong>della</strong> cultura.<br />
Non mancano, naturalmente, i programmi <strong>di</strong> intrattenimento e <strong>il</strong><br />
varietà, M<strong>il</strong>leluci e Tante scuse, affidati - nel tra<strong>di</strong>zionale appuntamento del<br />
sabato sera - <strong>il</strong> primo alle primedonne Mina e Raffaella Carrà, <strong>il</strong> secondo alla<br />
collaudata coppia Mondaini-Vianello.<br />
È la tv <strong>di</strong> Ettore Bernabei, più istituzione quasi paternalistica che<br />
azienda 6 , d<strong>il</strong>aniata dalle lottizzazioni e resa meno salda dalla riforma che si<br />
annuncia, ma che sa aprirsi - seppur con ritar<strong>di</strong>, timori ed omissioni - alle<br />
componenti progressiste dello schieramento politico e <strong>della</strong> società e che<br />
tenta - senza successo, venendone travolta negli anni successivi - <strong>di</strong> arginare<br />
la deriva edonistica e fintamente libertaria delle emittenti televisive locali;<br />
una tv che è strumento pedagogico-formativo e che, dagli anni ottanta,<br />
<strong>di</strong>viene preda <strong>della</strong> guerra dell’au<strong>di</strong>ence, alla ricerca non più <strong>di</strong> una<br />
educazione del suo pubblico ma in caccia <strong>di</strong> consensi presso un pubblico<br />
frammentato e che viene inseguito e sedotto con forti elementi <strong>di</strong><br />
spettacolarità 7 .<br />
Qui è lo snodo degli anni ottanta, in cui, come scrive Francesca Anania,<br />
si adottano «strutture narrative <strong>di</strong> largo successo, con forti elementi <strong>di</strong><br />
spettacolarità, imme<strong>di</strong>atezza, episo<strong>di</strong>cità che non possono essere tralasciati.<br />
Ozio, svago, gioco ne <strong>di</strong>vengono i tre principi ispiratori». Anche la storia in<br />
18
Riprodurre o interpretare?<br />
tv si frammenta, si decompone al livello primor<strong>di</strong>ale del documento, che<br />
perde ogni sua funzione <strong>di</strong> fonte <strong>della</strong> storia da analizzare con gli strumenti<br />
<strong>della</strong> critica. Lo storico da garanzia <strong>della</strong> veri<strong>di</strong>cità dei programmi <strong>di</strong>viene<br />
quasi un orpello ingombrante rispetto agli autori- ideatori del<br />
programma 8 ; nella programmazione si passa - ad esempio - dall’uso dei<br />
f<strong>il</strong>m come innesco per <strong>di</strong>battiti e confronti (<strong>il</strong> modello del f<strong>il</strong>m-dossier<br />
lungamente praticato dalle reti Rai) alla visione <strong>di</strong>retta <strong>di</strong> f<strong>il</strong>m <strong>di</strong><br />
propaganda e riprese <strong>di</strong> guerra, anche amatoriali, che escono dagli archivi<br />
europei e dell’italiano Luce (è <strong>il</strong> caso <strong>di</strong> trasmissioni quali Combat f<strong>il</strong>m o<br />
La grande storia in prima serata e dei <strong>di</strong>battiti che ne seguono, non fra<br />
storici ma fra politici e con uso esclusivamente politico e polemico <strong>della</strong><br />
storia). Nell’agone televisivo siamo al mercato <strong>della</strong> storia, denunciato da<br />
Massimo Legnani, in cui ognuno accede <strong>di</strong>rettamente ai documenti e si<br />
serve <strong>di</strong> questi in modo strumentale e acritico - modalità spesso<br />
contrabbandata per scientifica - per i propri fini. Un cortocircuito<br />
metodologico, ma - soprattutto - etico e valoriale, in cui tutto si<br />
decontestualizza e si relativizza, perdendo spessore e r<strong>il</strong>evanza 9 .<br />
Quaranta giorni <strong>di</strong> libertà:<br />
la comunità ossolana si rispecchia nella propria storia<br />
Quaranta giorni <strong>di</strong> libertà, <strong>di</strong> Luciano Co<strong>di</strong>gnola e con la regia <strong>di</strong> Leandro<br />
Castellani viene programmato nell’autunno 1974 in tre puntate settimanali,<br />
la prima in onda martedì 26 novembre, in prima serata sul Primo canale <strong>della</strong><br />
Rai. Girato sui luoghi stessi delle vicende narrate, impiegando come comparse<br />
o anche in alcuni ruoli protagonisti, persone <strong>di</strong> Domodossola e attori molto<br />
popolari all’epoca, quali Raoul Grass<strong>il</strong>li, Stefano Satta Flores e Andrea<br />
Giordana, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m ottiene un successo straor<strong>di</strong>nario, oltre se<strong>di</strong>ci m<strong>il</strong>ioni <strong>di</strong><br />
telespettatori e un gra<strong>di</strong>mento pari a 70 10 .<br />
Realizzato avvalendosi <strong>di</strong> storici e testimoni delle vicende narrate,<br />
soprattutto Mario Bonfantini, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m ha st<strong>il</strong>emi propri del f<strong>il</strong>m storico e<br />
profonde peculiarità innovative. Nella più consolidata tra<strong>di</strong>zione del f<strong>il</strong>m<br />
storico, viene introdotto da una voce off narrante e contestualizzante le vicende<br />
ricostruite, mentre in video scorrono immagini d’epoca <strong>della</strong> seconda guerra<br />
mon<strong>di</strong>ale. Il f<strong>il</strong>m si presenta con gli st<strong>il</strong>emi del vero, contestualizza la vicenda,<br />
informa lo spettatore che quello che sta vedendo è realmente accaduto e ne<br />
fornisce le coor<strong>di</strong>nate non solo geografiche, ma storiche ed etiche.<br />
19
Renzo Fiammetti<br />
Due sono gli elementi peculiari del f<strong>il</strong>m <strong>di</strong> Castellani, uno narrativo e un<br />
secondo tecnico. Castellani realizza un f<strong>il</strong>m corale. Nella vicenda non emergono<br />
in<strong>di</strong>vidualità, non c’è una vicenda trainante cui l’intreccio storico fa da sfondo.<br />
Emerge una storia corale, fortemente compatta e omogenea, che <strong>il</strong>lustra le<br />
vicende <strong>della</strong> Repubblica partigiana dell’Ossola. Una scelta che si evince anche<br />
nelle tecniche <strong>di</strong> ripresa, ad esempio le lunghe carrellate a riprendere la giunta<br />
<strong>di</strong> governo nel suo complesso nel corso delle sue sedute, riprese corali e non primi<br />
piani, e ancora le riprese festose in piazza Mercato in campo lungo, che<br />
restituiscono composite scene <strong>di</strong> gruppo, non <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui.<br />
Poi la parola. Quaranta giorni <strong>di</strong> libertà è un f<strong>il</strong>m fortemente parlato,<br />
ricco <strong>di</strong> una carica eversiva e rivoluzionaria <strong>della</strong> parola. Per questo richiede<br />
un grande sforzo <strong>di</strong> attenzione al pubblico televisivo. La parola sopravanza<br />
la comoda spettacolarità delle azioni. Luca del Fabbro (interprete del ruolo<br />
immaginario <strong>di</strong> Andrea) e Stefano Satta Flores (nel ruolo <strong>di</strong> Aldo, ispirato<br />
alla figura <strong>di</strong> Albe Steiner) <strong>di</strong>scutono spesso e lungamente, come<br />
riappropriandosi del gusto <strong>della</strong> parola e <strong>della</strong> libertà <strong>di</strong> confronto soffocata<br />
dal fascismo. Si affrontano temi car<strong>di</strong>ne. Concetto Marchesi ammonisce<br />
due avventori in un locale, ricordando che <strong>il</strong> fascismo non è causa ma un<br />
effetto e che si trova annidato dentro ciascuno, e ci vorranno decenni per<br />
estirparlo, forse. Oppure <strong>il</strong> carattere innovativo <strong>della</strong> guerra che si sta<br />
combattendo, affidato alle riflessioni <strong>di</strong> Stefano Satta Flores: una guerra<br />
<strong>di</strong>versa dalle precedenti in cui vi erano eroi e nessun ideale; nella guerra<br />
partigiana vi sono gran<strong>di</strong> ideali e nessun eroe 11 .<br />
Ideali che sono le <strong>di</strong>scussioni che danno origine al programma e all’azione<br />
del governo <strong>della</strong> Repubblica. Le <strong>di</strong>scussioni sulla storia, sul fascismo che si<br />
annida anche - e forse soprattutto - negli atteggiamenti e nelle menti, nelle<br />
parole con cui si insegna ai bambini a scuola, una scuola da rinnovare in<br />
senso democratico 12 , nella retorica nazionalista <strong>di</strong> cui sono imbevuti i libri<br />
<strong>di</strong> testo. Tutto questo viene reso con la parola, parola italiana ma anche <strong>il</strong><br />
<strong>di</strong>aletto, che compare in alcune scene del f<strong>il</strong>m.<br />
Sotto <strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o tecnico, c’è un uso <strong>della</strong> camera a mano. Questa scelta<br />
coincide con alcuni orientamenti st<strong>il</strong>istici del periodo. Si indaga la realtà,<br />
molti registi si de<strong>di</strong>cano al documentario, si cerca <strong>di</strong> fare un cinema e una<br />
televisione che si liberi dalle rigi<strong>di</strong>tà produttive e tecniche, quin<strong>di</strong><br />
attrezzature leggere, uso <strong>della</strong> camera a mano e inquadrature anche non<br />
strettamente «cinematografiche» 13 . Così è nelle scene iniziali, riprese nel<br />
treno, con la camera in movimento e le inquadrature - incerte e traballanti<br />
- delle montagne viste dal finestrino dei vagoni.<br />
20
Riprodurre o interpretare?<br />
Titolo: Quaranta giorni <strong>di</strong> libertà<br />
<strong>di</strong>: Luciano Co<strong>di</strong>gnola<br />
Regia: Leandro Castellani<br />
Produzione: Rai Tv<br />
Realizzazione: maggio - giugno 1974<br />
Messa in onda: tre puntate su Rai uno, 26 novembre, 3 <strong>di</strong>cembre e 10 <strong>di</strong>cembre 1974<br />
Giorno <strong>di</strong> emissione: martedì<br />
Ascolto: 16 m<strong>il</strong>ioni <strong>di</strong> persone<br />
In<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> gra<strong>di</strong>mento: 70<br />
Interpreti:<br />
Raoul Grass<strong>il</strong>li Ettore Tibal<strong>di</strong><br />
Andrea Giordana Alfredo Di Dio<br />
Stefano Satta Flores Aldo (Albe Steiner)<br />
Luciano Virg<strong>il</strong>io Cino Moscatelli<br />
Pietro Bion<strong>di</strong> Ban<strong>di</strong>ni (Mario Bonfantini)<br />
Corrado Gaja avvocato Vigorelli<br />
Carlo Sabatini Dionigi Superti<br />
Gigi Casellato Umberto Terracini<br />
Giovanni Petrucci Alberto (Eugenio Cefis)<br />
Bob Marchese commissario giunta Roberti<br />
Clau<strong>di</strong>o Trionfi Albertino (Giovanni Marcora)<br />
Gianni Franzoi colonnello Federici<br />
Vittorio Battara Corrado Bonfantini<br />
S<strong>il</strong>vio Anselmo don Severino Baldoni<br />
S<strong>il</strong>vio Spaccesi Vezzalini<br />
Roger Browne Mc Caffery<br />
Giorgio Russo colonnello emissario del governo <strong>di</strong> Roma<br />
W<strong>il</strong>ma d’Eusebio moglie commissario Roberti<br />
Sandro Sandri sacerdote rosminiano<br />
Anna Identici Gisella Floreanini<br />
Sandro Corra<strong>di</strong>no don Cabalà<br />
Luca del Fabbro<br />
Attori ossolani:<br />
Andrea<br />
segretario comunale Pietro Brusati avvocato Nob<strong>il</strong>i<br />
vig<strong>il</strong>e urbano Rosano Brustia ingegner Cristofori<br />
vig<strong>il</strong>e urbano Mario Scaltritti ingegner Ballarini<br />
vig<strong>il</strong>e urbano Dionigi Guglielmetti don Zoppetti<br />
vig<strong>il</strong>e urbano scelto Elvio Avere<br />
caporipartizione polizia urbana<br />
v<strong>il</strong>leggiante<br />
Bruno Testore Augusto De Gasperi<br />
consigliere comunale Luigi Boghi Oreste F<strong>il</strong>opanti<br />
giornalista Giorgio Quaglia Livio (Licino Od<strong>di</strong>cini)<br />
Rita Barberis Elsa Oliva<br />
messo comunale Ettore Azzoni messo comunale<br />
capostazione Duccio Durione capostazione<br />
Altri ruoli furono interpretati dai pittori Franco Busca e Mario Bartolotti, dal tecnico calcistico<br />
Tellini, Fausto <strong>Del</strong> Ponte (nel ruolo del colonnello Moneta); la stessa Elsa Oliva - comandante<br />
partigiano - interpreta una allieva <strong>della</strong> scuola serale <strong>della</strong> Repubblica, <strong>il</strong> consigliere comunale<br />
Sgrena, <strong>di</strong> Masera, interpreta la guida che accompagna Andrea nel passaggio in Svizzera; numerosi<br />
componenti <strong>della</strong> famiglia La Creta lavorano nel f<strong>il</strong>m, al padre tocca <strong>il</strong> ruolo <strong>di</strong> Concetto Marchesi,<br />
con la dura battuta sul fascismo. Musiche: tema «Verde» <strong>di</strong> Guido e Maurizio De Angelis.<br />
La canzone «Quaranta giorni <strong>di</strong> libertà» è cantata da Anna Identici‘ 41 .<br />
21
Renzo Fiammetti<br />
22<br />
Quale storia nel f<strong>il</strong>m?<br />
Inserito nel programma delle celebrazioni per <strong>il</strong> trentennale <strong>della</strong><br />
Repubblica dell’Ossola, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m <strong>di</strong> Castellani si annuncia subito con un<br />
vistoso equivoco: quando - in Municipio a Domodossola - viene convocata<br />
la conferenza stampa <strong>di</strong> presentazione, all’avvio delle riprese, <strong>il</strong> comunicato<br />
emesso dal Comune <strong>di</strong>ce che sarà presente <strong>il</strong> regista Renato Castellani,<br />
invece i giornalisti accorsi trovano Leandro Castellani, «giovane<br />
marchigiano simpatico e paziente» 14 .<br />
Il lavoro <strong>di</strong> Castellani si può considerare un f<strong>il</strong>m televisivo, con presenza<br />
prioritaria <strong>di</strong> primi piani, carattere analitico <strong>della</strong> ripresa ma con precisi<br />
st<strong>il</strong>emi <strong>di</strong> sceneggiato, soprattutto per l’attenzione posta sugli elementi del<br />
<strong>di</strong>alogo e <strong>della</strong> parola 15 .<br />
La <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> fiction - e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> drammatizzazione - del lavoro porta<br />
da un lato a trasfigurare i personaggi narrati, ma anche a ritagliare una certa<br />
immagine e un preciso messaggio dell’esperienza <strong>della</strong> repubblica ossolana.<br />
Un intento che viene <strong>di</strong>chiarato fin da subito dall’autore e dal regista;<br />
Co<strong>di</strong>gnola e Castellani annunciano in avvio <strong>di</strong> lavorazione che non sarà, <strong>il</strong><br />
loro, un f<strong>il</strong>m celebrativo, ma un f<strong>il</strong>m che rappresenti «la Resistenza italiana<br />
per i giovani d’oggi [...] deve uscire una tematica che si riassuma così: le cose<br />
<strong>di</strong> allora valgono ancora oggi perché la repubblica dell’Ossola ha prefigurato<br />
l’Italia <strong>di</strong> oggi come l’abbiamo voluta» 16 . In linea anche la motivazione ideale<br />
<strong>di</strong> Raoul Grass<strong>il</strong>li, chiamato ad impersonare Ettore Tibal<strong>di</strong>: «Devo dunque<br />
rappresentare <strong>il</strong> personaggio con una sensib<strong>il</strong>ità moderna, <strong>il</strong> mio Tibal<strong>di</strong><br />
televisivo deve essere un uomo <strong>di</strong> oggi, capace <strong>di</strong> essere capito dai giovani,<br />
da quelli che sin qui non l’avevano mai sentito nominare e deve essere capito<br />
da chi lo vedrà tra un anno o tra cinque. Se cre<strong>di</strong>amo nei valori <strong>della</strong><br />
repubblica ossolana, dobbiamo offrire al pubblico un personaggio ancora<br />
capace <strong>di</strong> dare <strong>il</strong> suo messaggio, altrimenti non serve a niente, avremo solo<br />
riprodotto un museo delle cere» 17 . E se ancora non fosse chiaro l’intento<br />
degli autori, polemicamente Co<strong>di</strong>gnola precisa: «Visto che la nostra scuola<br />
si rifiuta <strong>di</strong> farlo cerchiamo noi <strong>di</strong> spiegare alla gente cosa sia stata la<br />
Resistenza italiana, per questo abbiamo cercato <strong>di</strong> non nascondere niente;<br />
chi si attende <strong>di</strong> vedere una cosa consolante, priva <strong>di</strong> problematica, non giri<br />
nemmeno <strong>il</strong> bottone del televisore. Se non facciamo così i nostri figli non<br />
sapranno mai <strong>il</strong> punto da cui siamo partiti» 18 . Un impegno fortemente etico<br />
e politico, quin<strong>di</strong>, non pura celebrazione (e in Italia, <strong>di</strong>rà sempre Co<strong>di</strong>gnola<br />
a Domodossola, <strong>di</strong> celebrazioni si è spesso abusato 19 ) cioè un tentativo <strong>di</strong> fare
Riprodurre o interpretare?<br />
<strong>di</strong>dattica storica e forse molto <strong>di</strong> più: infatti Co<strong>di</strong>gnola evidenzia come<br />
intenda mettere in evidenza <strong>il</strong> processo <strong>di</strong> maturazione e <strong>di</strong> educazione del<br />
giovane protagonista, simbolo <strong>di</strong> tutti coloro che - provenienti da una<br />
educazione <strong>il</strong>liberale, autoritaria fatta <strong>di</strong> cre<strong>di</strong> assoluti - hanno imparato<br />
qualcosa assistendo ai drammi che non erano solo quelli del combattente» 20 .<br />
Un impegno per <strong>il</strong> quale Luciano Co<strong>di</strong>gnola si è preparato, lavorando per<br />
due anni «intervistando <strong>di</strong> persona ex comandanti, partigiani, consultando<br />
archivi intonsi» 21 .<br />
Dichiarazioni <strong>di</strong> intenti e <strong>di</strong> programma che incidono su una società<br />
segnata dallo stragismo e in una situazione internazionale <strong>di</strong> forte<br />
preoccupazione per le sorti <strong>della</strong> stessa democrazia. L’antifascismo m<strong>il</strong>itante<br />
in quegli anni si misura - non <strong>di</strong>mentichiamolo - con la strage <strong>di</strong> piazza <strong>della</strong><br />
Loggia a Brescia, la bomba sul treno Italicus tra Roma e <strong>il</strong> Brennero, <strong>il</strong> recente<br />
golpe in C<strong>il</strong>e, la <strong>di</strong>ttatura dei colonnelli in Grecia, <strong>il</strong> governo salazarista in<br />
Portogallo (travolto proprio nell’apr<strong>il</strong>e 1974 dalla rivoluzione dei garofani), <strong>il</strong><br />
Franchismo al tramonto ma sempre ferocemente pericoloso in Spagna, gli<br />
ultimi echi del conflitto in Vietnam, i rigurgiti golpisti <strong>di</strong> Borghese e <strong>della</strong> Rosa<br />
dei venti. È una società che si interroga, in cui i valori dell’antifascismo sono<br />
prassi evidente, sono valori da <strong>di</strong>fendere e promuovere, sono valori che<br />
qualcuno vuole <strong>di</strong>struggere 22 . Lo scenario politico nazionale e internazionale<br />
<strong>di</strong> quegli anni, le passioni politiche, non devono certo essere tenute in <strong>di</strong>sparte,<br />
ma anzi aiutano a comprendere meglio <strong>il</strong> senso <strong>di</strong> una operazione storicopolitica<br />
quale quella <strong>di</strong> Quaranta giorni <strong>di</strong> libertà: <strong>il</strong> terrorismo d<strong>il</strong>agante porta<br />
a un confronto politico sul concetto stesso <strong>di</strong> libertà, attraverso la polemica sul<br />
«fermo <strong>di</strong> polizia», per approdare, nel 1975, alla cosiddetta Legge Reale 23 , <strong>il</strong><br />
fascismo non è una vuota categoria ma un pericolo evidente per la democrazia:<br />
in ottobre si tiene <strong>il</strong> processo per <strong>il</strong> golpe tentato da Junio Valerio Borghese,<br />
ex comandante <strong>della</strong> Decima Mas, nel novembre 1974 a Roma<br />
venticinquem<strong>il</strong>a persone sf<strong>il</strong>ano in corteo contro le violenze fasciste, che<br />
contano settecento aggressioni in cinque anni 24 .<br />
La messa in onda televisiva viene preceduta, nel pomeriggio <strong>di</strong> sabato 23<br />
novembre, da una proiezione in un cinema <strong>di</strong> Domodossola - <strong>il</strong> Corso - che<br />
neppure riesce a contenere le migliaia <strong>di</strong> persone che si accalcano per entrare.<br />
La gente è in pie<strong>di</strong>, «come ai tempi del Padrino» 25 , ansiosa <strong>di</strong> riconoscersi<br />
nelle scene del f<strong>il</strong>m. Dopo l’introduzione <strong>di</strong> Paolo Bologna e l’avvio <strong>della</strong><br />
proiezione, a gran voce si urla «Tel lì ’l to cugnaà»; «Varda al La Creta ’me<br />
l’è <strong>di</strong>stint»; «Ma gh’era anca i partigian da dudass an?» 26 . C’è una grande<br />
ansia <strong>di</strong> rivedersi, scoprirsi e riconoscersi protagonisti. Infatti <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m ha un<br />
23
Renzo Fiammetti<br />
impatto fortissimo sulla comunità ossolana, un impatto che vede <strong>il</strong> cinema<br />
Corso traboccante <strong>di</strong> gente per la prima del f<strong>il</strong>m, feroci polemiche per la<br />
veri<strong>di</strong>cità storica del f<strong>il</strong>m stesso ma anche altrettanto accese polemiche<br />
quando <strong>il</strong> tema del f<strong>il</strong>m - Verde, composto dai fratelli Guido e Maurizio De<br />
Angelis - <strong>di</strong>viene jingle per uno spot <strong>di</strong> una nota casa alimentare, ritenendo<br />
- gli Ossolani - ormai <strong>il</strong> tema legato in<strong>di</strong>ssolub<strong>il</strong>mente al f<strong>il</strong>m <strong>di</strong> Castellani<br />
e alla Resistenza 27 !<br />
Ma <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m raggiunge i suoi obiettivi <strong>di</strong> «documento storico»?<br />
Appena viene pubblicato, no. Piace alla gente ma riceve durissime critiche dai<br />
partigiani. Questi rimproverano sostanzialmente a Castellani <strong>di</strong> non aver<br />
sufficientemente inquadrato l’evento <strong>della</strong> Repubblica dell’Ossola nella storia<br />
<strong>della</strong> Resistenza novarese e alcune imprecisioni sui personaggi. Il comandante<br />
Arca si lamenta che Castellani lo ha incontrato ma non ha tenuto in<br />
considerazione i suoi ricor<strong>di</strong>, altri contestano la figura <strong>di</strong> Tibal<strong>di</strong>, «che aveva<br />
sempre <strong>il</strong> cappello a tesa molto ampia e la cravatta a farfalla» 28 . Polemiche anche<br />
sulla figura <strong>di</strong> Marco, Alfredo Di Dio, reso sullo schermo da Andrea Giordana:<br />
Di Dio era «calmo, misurato, non nevrotico, <strong>di</strong> poche pochissime parole» 29 , e poi<br />
aveva sempre la barba, insomma <strong>il</strong> contrario del personaggio sullo schermo.<br />
Sulla ricostruzione del contesto storico, si rimprovera a Castellani una<br />
sostanziale superficialità e approssimazione, che non lascia trasparire la<br />
complessa <strong>di</strong>namica delle operazioni m<strong>il</strong>itari che portarono alla liberazione<br />
dell’Ossola, l’esatta situazione m<strong>il</strong>itare nelle settimane <strong>della</strong> Repubblica e la<br />
composita presenza - <strong>di</strong> tutte le formazioni <strong>di</strong> ogni in<strong>di</strong>rizzo politico - dei<br />
partigiani nell’Ossola 30 . Molti, moltissimi gli episo<strong>di</strong> criticati o stigmatizzati<br />
in quanto assenti nella ricostruzione del regista: sembra quasi emergere la<br />
sensazione che <strong>il</strong> mondo <strong>della</strong> Resistenza avesse preferito un f<strong>il</strong>m su tutta la<br />
Resistenza nel Novarese 31 , cosa che Castellani non poteva realizzare. Questo<br />
non toglie che una più articolata precisazione e contestualizzazione sarebbe<br />
stata certamente positiva.<br />
Fra le critiche, molte hanno come bersaglio <strong>il</strong> comportamento del<br />
sacerdote che accoglie <strong>il</strong> giovane Andrea, protagonista immaginario del f<strong>il</strong>m,<br />
al collegio Rosmini: non lo fa entrare e lo invita ad andare in un albergo. Una<br />
ricostruzione giu<strong>di</strong>cata «penosa» 32 .<br />
Essendo troppo recenti gli avvenimenti, si sarebbe auspicata una<br />
ricostruzione giornalistica con i <strong>di</strong>retti testimoni, una soluzione che non<br />
sarebbe <strong>di</strong>spiaciuta neppure a Ugo Buzzolan 33 , che de<strong>di</strong>ca al f<strong>il</strong>m <strong>di</strong><br />
Castellani una recensione nella sua rubrica televisiva, nella quale comunque<br />
riconosce che «nelle gran<strong>di</strong> linee [...] <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m sia stato giu<strong>di</strong>cato onesto» 34 .<br />
24
Conclusioni<br />
Riprodurre o interpretare?<br />
Quaranta giorni <strong>di</strong> libertà fu un f<strong>il</strong>m <strong>di</strong> grande seguito 35 , non immune da<br />
errori e criticab<strong>il</strong>i semplificazioni.<br />
Ma l’ampio riscontro che ebbe, e che travalicò l’ambito ossolano, ci<br />
conforta nel ritenere che <strong>il</strong> successo non fu solo dovuto all’ansia <strong>di</strong> rivedersi<br />
in tv da parte <strong>di</strong> chi vi partecipò come comparsa o vide girare <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m 36 ,<br />
un’au<strong>di</strong>ence <strong>di</strong> se<strong>di</strong>ci m<strong>il</strong>ioni <strong>di</strong> persone vuol <strong>di</strong>re avere fatto un f<strong>il</strong>m che gli<br />
Italiani videro.<br />
Un f<strong>il</strong>m che non fece - perché non lo volle fare - una ricostruzione dei<br />
fatti, ma offrì - forse per la prima volta - <strong>il</strong> senso e <strong>il</strong> messaggio politico <strong>della</strong><br />
Resistenza, un f<strong>il</strong>m che fece conoscere a molti, e a molti giovani, la<br />
repubblica dell’Ossola e la Resistenza 37 . Un f<strong>il</strong>m a tema, politico ma non<br />
fazioso, che più che considerare la televisione (e <strong>il</strong> cinema) come uno<br />
strumento <strong>di</strong> riproduzione del mondo, salva del mondo e dell’esperienza<br />
<strong>della</strong> Repubblica dell’Ossola l’essenza attraverso l’apparenza, la fiction 38 .<br />
Un messaggio che - non va <strong>di</strong>menticato - nacque nelle valli ossolane ma<br />
venne sentito e riconosciuto ben al <strong>di</strong> fuori <strong>di</strong> esse. Accanto alle critiche,<br />
comunque, non mancarono i giu<strong>di</strong>zi positivi proprio per <strong>il</strong> messaggio<br />
politico del f<strong>il</strong>m 39 , giu<strong>di</strong>zi ben sintetizzati nella valutazione che fece, con<br />
luci<strong>di</strong>tà, <strong>il</strong> comandante Moscatelli: «Finalmente si esce dalla retorica <strong>della</strong><br />
resistenza fatta <strong>di</strong> battaglie, <strong>di</strong> sacrifici, <strong>di</strong> piagnistei e viene fuori per merito<br />
<strong>di</strong> Co<strong>di</strong>gnola e Castellani <strong>il</strong> <strong>di</strong>scorso sugli ideali <strong>della</strong> Resistenza; <strong>il</strong> suo<br />
contenuto politico, la gestione del potere democratico. Avere presentato in<br />
tv una Resistenza che parla <strong>di</strong> libertà <strong>di</strong> stampa, <strong>di</strong> organizzazioni sindacali,<br />
<strong>di</strong> riforma <strong>della</strong> scuola, <strong>di</strong> collegamenti e rapporti tra potere e popolazione<br />
è una grande cosa» 40 .<br />
Note al testo<br />
1 Cfr. ALBERTO FARASSINO, Me<strong>di</strong>ologia <strong>della</strong> resistenza, ra<strong>di</strong>o e televisione, in GUIDO CRAINZ,<br />
ALBERTO FARASSINO, ENZO FORCELLA, NICOLA GALLERANO, La resistenza italiana nei<br />
programmi <strong>della</strong> Rai, Rai ERI, Roma 1996, p. 106.<br />
2 Cfr. PASQUALE IACCIO, Bronte, Liguori, Napoli 1992. Il f<strong>il</strong>m <strong>di</strong> Vancini è ispirato dai tragici<br />
fatti <strong>di</strong> Bronte, in cui, per sedare una rivolta popolare, vera e propria jacquerie, i garibal<strong>di</strong>ni <strong>di</strong><br />
Nino Bixio non lesinarono l’uso <strong>della</strong> forza, procedendo a giu<strong>di</strong>zi sommari e a fuc<strong>il</strong>azioni <strong>di</strong><br />
civ<strong>il</strong>i. Fonte letteraria del lavoro <strong>di</strong> Vancini è la novella La libertà <strong>di</strong> Giovanni Verga. In onda<br />
<strong>il</strong> 19 settembre.<br />
25
Renzo Fiammetti<br />
3 In onda dal 19 maggio, con la regia <strong>di</strong> S<strong>il</strong>vio Maestranzi.<br />
4 Cfr. ALDO GRASSO, Storia <strong>della</strong> televisione italiana. I cinquant’anni <strong>della</strong> televisione, Garzanti,<br />
M<strong>il</strong>ano 2004, p. 261.<br />
5 Cfr. Ivi, op. cit., p. 267. GIANNI RONDOLINO, Roberto Rossellini, Il Castoro, M<strong>il</strong>ano 1995, p. 109.<br />
6 Da ricordare <strong>il</strong> ritardo dell’introduzione del colore nella programmazione televisiva, dovuta<br />
alla ferma opposizione del partito repubblicano e del partito comunista, contrari a questo<br />
«vezzo» nel 1974, anno <strong>di</strong> gravissima crisi economica, a seguito alla crisi petrolifera.<br />
7 Cfr. FRANCESCA ANANIA, Immagini <strong>di</strong> storia. La televisione racconta <strong>il</strong> Novecento, Rai ERI,<br />
Roma 2003, p. 45.<br />
8 Cfr. G. CRAINZ, Il punto <strong>di</strong> vista dello storico, in La storia in televisione. Storici e registi a<br />
confronto, a cura <strong>di</strong> Luisa Cicognetti, Lorenza Servetti, Pierre Sorlin, Istituto regionale<br />
Ferruccio Parri, Mars<strong>il</strong>io, Venezia 2001, p. 47.<br />
9 Cfr. MASSIMO LEGNANI, Al mercato <strong>della</strong> storia. Il mestiere <strong>di</strong> storico fra scienza e consumo, a<br />
cura <strong>di</strong> Luca Bal<strong>di</strong>ssara, Stefano Batt<strong>il</strong>ossi, Paolo Ferrari, Carocci, Roma 2000.<br />
10 Cfr. A. FARASSINO, Me<strong>di</strong>ologia <strong>della</strong> resistenza, ra<strong>di</strong>o e televisione cit., p. 106.<br />
11 Il termine «eroe» apparteneva all’enfasi nazionalistica <strong>di</strong> cui si era imbevuta la cultura fascista.<br />
Non quin<strong>di</strong> eroi-superuomini, ma eroici non-eroi, se ci è concesso <strong>il</strong> bisticcio.<br />
12 Importante sottolineare <strong>il</strong> tema <strong>della</strong> scuola e dell’educazione, trattato nello sceneggiato, in<br />
onda in un anno - <strong>il</strong> 1974 - <strong>di</strong> forti contrasti sul tema dei Decreti delegati per la scuola, <strong>il</strong><br />
provve<strong>di</strong>mento che - istituendo organi quali i Consigli <strong>di</strong> circolo e i Consigli <strong>di</strong> istituto ampliava<br />
la partecipazione democratica alla vita <strong>della</strong> scuola ai genitori, agli studenti, al corpo non<br />
docente.<br />
13 Cfr. ADRIANO APRÀ, Itinerario personale nel documentario italiano, in Stu<strong>di</strong> su do<strong>di</strong>ci sguar<strong>di</strong><br />
d’autore in cortometraggio, a cura <strong>di</strong> Lino Micciché, Associazione Ph<strong>il</strong>ip Morris - Progetto<br />
Cinema/Lindau, Torino 1995, pp. 281-295.<br />
14 Cfr. «Eco Risveglio», 6 giugno 1974.<br />
15 Cfr. F. ANANIA, La storia sfuggente. Una analisi dei programmi televisivi, ERI Rai, Torino<br />
1986, p. 31.<br />
16 Cfr. «Eco Risveglio», 6 giugno 1974.<br />
17 Cfr. «Eco Risveglio», 6 giugno 1974.<br />
18 Cfr. «Eco Risveglio», 6 giugno 1974.<br />
19 Cfr. «Il Popolo dell’Ossola», 30 maggio 1974.<br />
26
20 Cfr. «Il Popolo dell’Ossola», 30 maggio 1974.<br />
21 Cfr. «Eco Risveglio», 6 giugno 1974.<br />
Riprodurre o interpretare?<br />
22 Cfr. PAUL GINSBORG, Storia d’Italia 1943 - 1999. Famiglia, società, stato, Einau<strong>di</strong>, Torino<br />
1998, pp. 358 - 482.<br />
23 Cfr. GIUSEPPE MAMMARELLA, L’Italia dalla caduta del fascismo ad oggi, Il Mulino, Bologna<br />
1978, p. 538.<br />
24 Cfr. «La Stampa», 28 novembre 1974. Scorrendo i titoli del giornale <strong>di</strong> Torino <strong>di</strong> quei giorni, non<br />
si può che rafforzare <strong>il</strong> senso <strong>di</strong> una società in preda a una violenza politica praticamente quoti<strong>di</strong>ana.<br />
Ecco alcuni esempi, tutti tratti da «La Stampa» del 24 novembre 1974: «Savona altri due attentati<br />
fascisti»; «Roma: pestaggio fascista uno studente in fin <strong>di</strong> vita»; «Bologna agente ferito da un liceale<br />
fascista». Una violenza che vede presente anche i primi nuclei delle Brigate rosse e del terrorismo <strong>di</strong><br />
sinistra. Una bomba viene ad<strong>di</strong>rittura ritrovata su un treno in transito alla stazione <strong>di</strong> Domodossola.<br />
25 L’espressione colorita è del <strong>di</strong>rettore del perio<strong>di</strong>co ossolano «Eco Risveglio», che de<strong>di</strong>ca alla<br />
proiezione una interessante cronaca. Cfr. G.R. (Gianni Reami), Ossola in coda per <strong>il</strong> suo f<strong>il</strong>m,<br />
«Eco Risveglio», 28 novembre 1974. È chiaro <strong>il</strong> riferimento al celebre f<strong>il</strong>m <strong>di</strong> Francis Ford<br />
Coppola, Il padrino, con Marlon Brando, che ebbe notevole successo al cinema in quegli stessi<br />
anni. La proiezione del f<strong>il</strong>m si accompagna anche a una piccola polemica. Ad assistere alla<br />
proiezione viene invitata anche una delegazione sovietica, in quei giorni in Ossola. La<br />
delegazione viene fatta accomodare sul palco d’onore. Questo provoca <strong>il</strong> commento risentito<br />
<strong>di</strong> un anonimo «Commis» che, sulle pagine dell’«Eco Risveglio» si domanda se «visto che lo<br />
spettacolo era una festa alla libertà» la delegazione «fosse venuta ad imparare». Gli risponde nella<br />
stessa pagina «Condon» che ricorda come «l’or<strong>di</strong>namento costituzionale <strong>della</strong> Repubblica<br />
dell’Ossola fu improntato [...] proprio a un modello strutturale, politico e sociale democratico<br />
e socialista. Quanto ad imparare, c’è da <strong>di</strong>re che dopo <strong>il</strong> Vietnam, la Grecia e da ultimo,<br />
dolorosamente, <strong>il</strong> C<strong>il</strong>e abbiamo veramente un po’ tutti, Amerikani in testa, da imparare<br />
qualcosa dai quaranta giorni <strong>di</strong> libertà». Cfr. «Eco Risveglio», 28 novembre 1974.<br />
26 Cfr. G.R., Ossola in coda per <strong>il</strong> suo f<strong>il</strong>m cit. I riferimenti all’età dei partigiani sono dovuti al<br />
fatto che, per i ruoli <strong>di</strong> comparsa, Castellani prese molti ragazzi, anche giovanissimi; tanto che<br />
nell’articolo citato, <strong>il</strong> <strong>di</strong>rettore dell’«Eco Risveglio» commenta acidamente: «o che mancassero<br />
ventenni atti alla bisogna o che Castellani ritenesse che la liberazione <strong>di</strong> Domodossola fosse<br />
opera <strong>di</strong> infanti in età prepuberale». La Creta era invece una famiglia ossolana che compare in<br />
<strong>di</strong>versi ruoli nel f<strong>il</strong>m, al padre fu infatti affidato <strong>il</strong> ruolo <strong>di</strong> Concetto Marchesi che sentenzia <strong>il</strong><br />
suo giu<strong>di</strong>zio sul fascismo e sugli italiani, <strong>di</strong> cui sopra.<br />
27 Questo episo<strong>di</strong>o spiega molto bene come la funzione extra<strong>di</strong>egetica del commento musicale<br />
dei fratelli De Angelis centri qui <strong>il</strong> proprio scopo: <strong>il</strong> motivo veicola un messaggio che <strong>il</strong> pubblico<br />
accoglie e riconosce, e questo fuori da una semplicistica e riduttiva componente estetica<br />
dell’immedesimarsi in modo limitante con un f<strong>il</strong>m girato in Ossola. Ci si immedesima con una<br />
esperienza che <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m racconta.<br />
28 Cfr. A.C., I partigiani superstiti contestano <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m televisivo. Racconteremo noi nelle scuole<br />
ossolane quello che abbiamo vissuto 30 anni fa, «La Stampa», 6 <strong>di</strong>cembre 1974.<br />
27
Renzo Fiammetti<br />
29 Cfr. ITALO SETTEMBRI, partigiano <strong>della</strong> I Valtoce, Lettera a Castellani & C: Marco non era<br />
così, «Il Popolo dell’Ossola», 12 <strong>di</strong>cembre 1974.<br />
30 Diversi e tutti abbastanza omogenei nei giu<strong>di</strong>zi sono gli articoli e le interviste apparse nei<br />
giorni <strong>di</strong> messa in onda del f<strong>il</strong>m. Di errori gravissimi parla <strong>il</strong> vicecomandante <strong>della</strong> Valtoce,<br />
Enrico Massara (cfr. PIERO BARBÉ, Non per un miracolo ma soffrendo riuscimmo a liberare<br />
Domodossola, «La Stampa», 13 <strong>di</strong>cembre 1974), <strong>di</strong> omissioni - non aver citato come prodromi<br />
la battaglia <strong>di</strong> Gravellona, la liberazione <strong>di</strong> Cannobio-Cannero-Oggebbio, aver <strong>di</strong>menticato la<br />
presenza dei partigiani garibal<strong>di</strong>ni - parla apertamente Giorgio Togni, un comandante <strong>della</strong><br />
<strong>di</strong>visione Mario Flaim (Cfr. A.C., Dimenticati Muneghina, Caletti, Coppo, assalti ai treni<br />
blindati ed imboscate, «La Stampa», 6 <strong>di</strong>cembre 1974) mentre «perplessità» per aver trascurato<br />
alcuni antefatti importanti, come l’insurrezione <strong>di</strong> V<strong>il</strong>ladossola, commenta «La Stampa», già<br />
all’indomani <strong>della</strong> prima puntata (Cfr. A.V. I quaranta giorni <strong>della</strong> libertà, «La Stampa», 27<br />
novembre 1974.<br />
31 È questa l’impressione che si ricava r<strong>il</strong>eggendo oggi le cronache giornalistiche <strong>di</strong> quelle<br />
settimane, note in cui i vari comandanti e uomini <strong>della</strong> Resistenza puntano <strong>il</strong> <strong>di</strong>to contro<br />
Castellani. Un vero st<strong>il</strong>lici<strong>di</strong>o <strong>di</strong> critiche, molte fondate.<br />
32 Cfr. TERESIO VALSESIA, La «Repubblica dell’Ossola» in tv: pochi pregi e moltissime lacune, Il<br />
«Popolo dell’Ossola», 28 novembre 1974. Nell’articolo viene ricordato padre Zoppetti,<br />
superiore <strong>della</strong> congregazione rosminiana, arrestato e malmenato da Vezzalini con imputazione<br />
<strong>di</strong> aver aperto <strong>il</strong> collegio a tutti. Dure le critiche che a Castellani rivolge l’avvocato Natale<br />
Menotti: «Don Zoppetti che non era rosminiano ma sacerdote secolare che insegnava al<br />
Collegio Rosmini [...] se fosse ancora in vita sarebbe addolorato come lo sono io perché i padri<br />
rosminiani, che ricordo come gran<strong>di</strong> educatori alla libera vita civ<strong>il</strong>e, non potevano e non<br />
dovevano essere presentati attraverso quell’intruso reticente e <strong>di</strong>rei <strong>di</strong>sfattista loro confratello,<br />
che li mette in scena». Cfr. Un biglietto aperto al regista Castellani, «Il Popolo dell’Ossola», 12<br />
<strong>di</strong>cembre 1974.<br />
33 Cfr. A.V. L’in<strong>di</strong>ce puntato contro la televisione per i Quaranta giorni <strong>della</strong> libertà, «La Stampa»,<br />
5 <strong>di</strong>cembre 1974. Nella sua nota, Buzzolan fa una interessante riflessione: «Qui siamo <strong>di</strong> fronte<br />
a un f<strong>il</strong>m. Assistiamo a una rappresentazione con pretese <strong>di</strong> affresco documentaristico. Non<br />
vorremmo che <strong>il</strong> pubblico abituato dalla tv a vedere ormai tutto trasformato in spettacolo avesse<br />
visto anche Quaranta giorni <strong>di</strong> libertà non <strong>di</strong>versamente da un qualsiasi sceneggiato a puntate<br />
e quin<strong>di</strong> avesse recepito più la funzione drammatica che <strong>il</strong> tentativo <strong>di</strong> rinnovare una realtà».<br />
Nel citato articolo <strong>di</strong> Teresio Valsesia (ve<strong>di</strong> supra), vera summa delle critiche che l’Ossola rivolse<br />
al f<strong>il</strong>m <strong>di</strong> Castellani, si giu<strong>di</strong>ca negativamente anche le scene <strong>della</strong> liberazione <strong>di</strong> Domodossola:<br />
«La gente per le strade che saluta i cameramen e la Identici che canta la sua nenia. Pretta<br />
artificiosità pseudocabarettistica». Giu<strong>di</strong>cando quin<strong>di</strong> inadatto <strong>il</strong> me<strong>di</strong>um scelto, cioè la<br />
ricostruzione.<br />
34 Cfr. UGO BUZZOLAN, «Trent’anni fa in Val d’Ossola», «La Stampa», 11 <strong>di</strong>cembre 1974.<br />
35 Nella serata <strong>di</strong> martedì 3 <strong>di</strong>cembre 1974, mentre va in onda la seconda puntata del f<strong>il</strong>m, in<br />
una sala citta<strong>di</strong>na <strong>di</strong> Domodossola viene proiettato L’esorcista, «ma la gente preferisce guardare<br />
la tv», scrive «La Stampa» <strong>il</strong> giorno dopo. Cfr. A.V., L’in<strong>di</strong>ce puntato contro la televisione per i<br />
Quaranta giorni <strong>della</strong> libertà, cit.<br />
28
Riprodurre o interpretare?<br />
36 Nelle polemiche che si scatenarono dopo l’uscita del f<strong>il</strong>m, si rimproverò chi applaudì alla<br />
prima del cinema Corso, rei <strong>di</strong> essere soltanto delle comparse, nulla più <strong>di</strong> una claque per un f<strong>il</strong>m<br />
che <strong>di</strong> ossolano - si pensava - avesse poco o niente. Cfr. T. Valsesia, La Repubblica dell’Ossola<br />
in tv cit.; FRANCO FORNARA, Troppe critiche, «Il Popolo dell’Ossola», 12 <strong>di</strong>cembre 1974; T.<br />
VALSESIA, Eppur son giuste, «Il Popolo dell’Ossola», 12 <strong>di</strong>cembre 1974.<br />
37 Va debitamente ricordato che <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m e <strong>il</strong> <strong>di</strong>battito che ne scaturì, andarono anche a incidere<br />
su un confronto in quelle settimane molto acceso sulle pagine del giornale «Eco Risveglio» ,sul<br />
tema dei giovani. Alcuni giovani attraverso quel <strong>di</strong>battito e quel f<strong>il</strong>m, riscoprirono i propri<br />
padri, coloro che avevano fatto la Resistenza. «I giovani fanno “politica gratuita”» scrive una<br />
ragazza <strong>di</strong> V<strong>il</strong>ladossola in una lettera al giornale dopo aver assistito alla proiezione del f<strong>il</strong>m al<br />
cinema Corso «e contestano tutto e tutti [...] ma sbagliamo quando arriviamo al punto <strong>di</strong><br />
rinnegare e quasi <strong>di</strong>struggere quello che i molti caduti <strong>della</strong> resistenza hanno preparato per noi.<br />
Occorre pensare un poco <strong>di</strong> più ai nostri padri non passare oltre con una alzata <strong>di</strong> spalle. Occorre<br />
invece intrattenere un <strong>di</strong>alogo con chi personalmente ha vissuto giorno per giorno la resistenza».<br />
Cfr. Una giovane sui 40 giorni, «Eco Risveglio», 5 <strong>di</strong>cembre 1974.<br />
38 Cfr. FRANCESCO CASETTI, Teorie del cinema. Dal dopoguerra agli anni sessanta, in Storia del<br />
cinema mon<strong>di</strong>ale, a cura <strong>di</strong> Gian Piero Brunetta vol. 5: Teorie, strumenti, memorie, Einau<strong>di</strong>,<br />
Torino 2001, p. 525. Assistiamo qui a un <strong>di</strong>retto rovesciamento del classico giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong><br />
Feuerbach, secondo cui l’uomo moderno sopperisce alla mancanza <strong>di</strong> una essenza reale<br />
attraverso una essenza ideale, e contrabbanda le proprie rappresentazioni per l’essenza effettiva<br />
<strong>di</strong> un realtà perduta o abbandonata. Cfr. LUDWIG FEUERBACH, Scritti f<strong>il</strong>osofici, Laterza,<br />
Roma-Bari 1976, p. 245. Ma anche a una delimitazione del timore espresso da Jean Baudr<strong>il</strong>lard,<br />
secondo cui l’uomo contemporaneo ha sostituito al reale <strong>il</strong> segno del reale. Cfr. JEAN<br />
BAUDRILLARD, Simulacri e impostura, Cappelli, Bologna 1980, p. 47.<br />
39 Cfr. F. FORNARA, Troppe critiche cit.<br />
40 Cfr. PERO BARBÉ, Ci sono voluti 30 anni per <strong>di</strong>re la verità sulla Resistenza, «La Stampa», 6<br />
<strong>di</strong>cembre 1974. Nell’intervista r<strong>il</strong>asciata al giornalista, Moscatelli <strong>di</strong>ce altre cose importanti:<br />
«Un f<strong>il</strong>m così <strong>di</strong>eci anni fa era una cosa impensab<strong>il</strong>e» e ricorda la realizzazione, nel 1964, <strong>di</strong> un<br />
documentario televisivo, proprio per i vent’anni <strong>della</strong> Repubblica dell’Ossola, in cui non era<br />
citato, anzi: «Non dovevo essere citato». Moscatelli si riferisce al programma tv La Repubblica<br />
dell’Ossola, del 1964, <strong>di</strong> Domenico Zucaro ed Enzo Forcella, messo in onda <strong>il</strong> 25 apr<strong>il</strong>e <strong>di</strong><br />
quell’anno. Da sottolineare che <strong>il</strong> database elettronico dei programmi Rai de<strong>di</strong>cati alla<br />
resistenza (in allegato a Guido Crainz, Alberto Farassino, Enzo Focella, Nicola Gallerano, La<br />
resistenza italiana nei programmi <strong>della</strong> Rai cit.) classifica questo programma come <strong>di</strong> genere<br />
«m<strong>il</strong>itare», mentre <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m <strong>di</strong> Castellani viene ritenuto <strong>di</strong> genere «politico». Nell’intervista al<br />
comandante garibal<strong>di</strong>no non mancano, comunque, riferimenti polemici: «La Repubblica<br />
dell’Ossola» afferma Moscatelli «più che <strong>il</strong> prodotto <strong>di</strong> una azione partigiana (anche se lo è stato)<br />
fu <strong>il</strong> risultato <strong>della</strong> paura che facevano i comunisti. Mi spiego meglio: a far correre i comandanti<br />
<strong>della</strong> Valtoce dai tedeschi per convincerli alla resa non è stata tanto la consapevolezza <strong>di</strong> liquidare<br />
le formazioni nazifasciste ma <strong>il</strong> desiderio <strong>di</strong> anticipare una ormai prossima azione dei reparti<br />
comunisti».<br />
41 Al riguardo va annotato che la partecipazione al ruolo <strong>di</strong> Gisella Floreanini e l’interpretazione<br />
del tema del f<strong>il</strong>m, coincisero per Anna Identici ad una precisa svolta <strong>di</strong> carriera. Da cantante<br />
29
Renzo Fiammetti<br />
fam<strong>il</strong>iare e rassicurante, ex valletta <strong>di</strong> Mike Bongiorno alla «Fiera dei sogni» nel 1964, Anna<br />
Identici <strong>di</strong>venne interprete impegnata. Già dal 1971, anno <strong>della</strong> sua apparizione a Sanremo in<br />
coppia con <strong>il</strong> cantante francese Antoine, si de<strong>di</strong>ca alle canzoni <strong>di</strong> lotta e <strong>di</strong> protesta. Nello stesso<br />
anno pubblica l’album «Alla mia gente», costituito per lo più da canzoni popolari <strong>di</strong> lotta, e<br />
l’anno dopo - ancora a Sanremo - porta una canzone sul tema delle morti bianche, «Era bello<br />
<strong>il</strong> mio ragazzo». Ancora impegnata è la sua partecipazione a Sanremo 1973 con «Mi sono chiesta<br />
tante volte». Si accosta anche al repertorio delle mon<strong>di</strong>ne e si esibisce, dal vivo, fuori dai circuiti<br />
tra<strong>di</strong>zionali, una scelta <strong>di</strong> grande valore artistico e civ<strong>il</strong>e, ma commercialmente perdente.<br />
30
storia locale<br />
Le elezioni politiche del 1909 in Ossola<br />
<strong>di</strong> Edgardo Ferrari<br />
Le elezioni politiche del 1909 in Ossola<br />
Lunedì 8 febbraio 1909 <strong>il</strong> re firma <strong>il</strong> decreto <strong>di</strong> scioglimento <strong>della</strong><br />
Camera dei deputati; i collegi elettorali sono convocati <strong>il</strong> 7 marzo, «per<br />
eleggere ciascuno un deputato», e per <strong>il</strong> 14, se occorre una seconda<br />
votazione; poi <strong>il</strong> 24 marzo si riuniranno <strong>il</strong> Senato del regno e la Camera dei<br />
deputati. Un numero <strong>di</strong> elettori assai ridotto spiega e giustifica la rapi<strong>di</strong>tà <strong>di</strong><br />
questo processo elettorale.<br />
«L’In<strong>di</strong>pendente», «gazzetta dell’Alta e Bassa Ossola», ne dà notizia <strong>il</strong> 10<br />
febbraio e non tralascia le dotte considerazioni:<br />
Finalmente! Ogni incertezza è finita: la Camera è sciolta dopo 4 anni e 3 mesi. Nessuna<br />
legislatura durò così a lungo: eppure allorquando fu inaugurata si <strong>di</strong>ceva che non<br />
avrebbe potuto durare a lungo perché era composta <strong>di</strong> elementi eterogenei nessuno dei<br />
quali costituiva una maggioranza. Questa con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> fatto fu invece quella che<br />
determinò la sua durata perché si era formata a Montecitorio una maggioranza<br />
organizzata non in virtù <strong>di</strong> principii, ma dall’unione <strong>di</strong> interessi <strong>di</strong>versi che trovarono<br />
<strong>il</strong> loro tornaconto nell’ibrida lega 1 .<br />
La legislatura si era inaugurata <strong>il</strong> 30 novembre 1904 ed aveva visto,<br />
sempre secondo «L’In<strong>di</strong>pendente», «i clericali entrare ufficialmente come<br />
partito» 2 : per l’unione dei clericali con i trasformisti «si è compiuta nella<br />
Camera un’azione deleteria che ha soffocato e spento ogni idealità». Segue<br />
l’auspicio che la nuova Camera, quella per cui si vota, proponga che la vita<br />
<strong>di</strong> ogni legislatura non debba «sorpassare i tre anni: è necessario che <strong>il</strong> paese<br />
eserciti più spesso la sua sovranità».<br />
Le valutazioni espresse sono chiaramente <strong>di</strong> parte: la nostra «gazzetta»,<br />
voce dal profondo <strong>di</strong> una provincia periferica, sconta pregiu<strong>di</strong>zi ideologici<br />
31
Edgardo Ferrari<br />
e luoghi comuni <strong>di</strong>ffusi, ma superficiali. Croce, per esempio, vent’anni dopo<br />
avrebbe scritto: «La vita italiana dopo <strong>il</strong> 1900 scorse per oltre un decennio<br />
feconda <strong>di</strong> opere e <strong>di</strong> speranze. [...] E furono quelli, in Italia, anche gli anni<br />
in cui meglio si attuò l’idea <strong>di</strong> un governo liberale; del quale neppure bisogna<br />
coltivare un’idea astratta, cioè <strong>di</strong> così sublime perfezione da <strong>di</strong>sconoscerlo<br />
poi nella sua concreta esistenza» 3 .<br />
È <strong>il</strong> tempo <strong>di</strong> Giovanni Giolitti, che guida <strong>il</strong> suo più lungo ministero (29<br />
maggio 1906 - 10 <strong>di</strong>cembre 1909): secondo Perticone «è un lungo e,<br />
comparativamente, un grande Ministero» e dà atto <strong>di</strong> un miglioramento nelle<br />
con<strong>di</strong>zioni delle classi popolari e <strong>di</strong> un miglioramento «non ra<strong>di</strong>cale, ma pur<br />
sempre sensib<strong>il</strong>e [...] nella istruzione popolare» 4 . Denis Mack Smith preferisce<br />
precisare: «Cinquant’anni dopo l’unificazione l’Italia settentrionale e centrale<br />
(sta) <strong>di</strong>ventando prospera sotto <strong>il</strong> paterno governo <strong>di</strong> Giolitti» 5 .<br />
Dopo <strong>il</strong> riscatto delle concessioni ferroviarie, nel 1906 è stato possib<strong>il</strong>e<br />
convertire la ren<strong>di</strong>ta pubblica dal 5 al 3,50 per cento e durante <strong>il</strong> 1907-1908<br />
la crisi dell’economia mon<strong>di</strong>ale per l’Italia, in sostanza, ha come conseguenza<br />
<strong>di</strong> aumentare <strong>il</strong> peso del capitale pubblico nei confronti <strong>di</strong> quello privato e <strong>di</strong><br />
confermare «la funzione centrale svolta dallo stato, tramite la Banca <strong>di</strong> Italia,<br />
per immettere liqui<strong>di</strong>tà nel sistema» 6 . Anche <strong>il</strong> trauma economico e sociale per<br />
i soccorsi e le nuove spese rese necessarie dai cataclismi, che colpiscono <strong>il</strong><br />
Mezzogiorno e la Sic<strong>il</strong>ia (<strong>il</strong> terremoto delle Calabrie del 1905, l’eruzione del<br />
Vesuvio nel 1906, <strong>il</strong> nuovo e tremendo terremoto del 1908, che ha per centro<br />
Messina, interamente abbattuta, e si stende nella prossima Calabria) si affronta<br />
e supera con interventi tempestivi, frutto <strong>di</strong> un’ormai collaudata<br />
organizzazione, unita a una <strong>di</strong>ffusa solidarietà popolare. Ad evitare poi che le<br />
elezioni del 1909 <strong>di</strong>ventino «una lotta partigiana sui cadaveri», a Messina si<br />
porta can<strong>di</strong>dato (e viene eletto) lo stesso Giolitti e la mossa la <strong>di</strong>ce lunga<br />
sull’accortezza politica del Presidente del consiglio e ministro degli Interni.<br />
Con <strong>il</strong> «rigoglio» economico giolittiano, pure l’Ossola vive un periodo <strong>di</strong><br />
relativo benessere, che coincide con la sua prima industrializzazione e<br />
comporta una crescita globale <strong>della</strong> valle. Lo sv<strong>il</strong>uppo si svolge con ritmi<br />
<strong>di</strong>versi: a momenti <strong>di</strong> accentuato <strong>di</strong>namismo e <strong>di</strong> novità si alternano altri <strong>di</strong><br />
sclerotizzazione e <strong>di</strong> ritardo 7 .<br />
La rete delle ferrovie ed <strong>il</strong> traforo del Sempione hanno creato sufficienti<br />
aperture verso le aree mercant<strong>il</strong>mente forti in Italia ed in Europa; l’inizio dei<br />
lavori per lo sfruttamento idroelettrico dell’intero bacino <strong>della</strong> Toce promette,<br />
a breve, la <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> una fonte energetica <strong>di</strong> grande interesse strategico<br />
anche per <strong>il</strong> progresso locale. Ora, insieme con la forza lavoro, dall’esterno<br />
32
Le elezioni politiche del 1909 in Ossola<br />
vengono in valle i capitali, che suppliscono alla mancata accumulazione<br />
primitiva ed alle preferenze del risparmio verso gli investimenti terrieri.<br />
In Ossola la politica <strong>di</strong> Giolitti è interpretata da Alfredo Falcioni, eletto<br />
deputato per la prima volta, appena trentenne, nel 1900 e riconfermato nel<br />
1904, <strong>il</strong> quale si è particolarmente <strong>di</strong>stinto nel sostenere gli interessi ossolani<br />
durante l’iter parlamentare dei provve<strong>di</strong>menti relativi al traforo del<br />
Sempione ed alle linee <strong>di</strong> collegamento. Falcioni è sostenuto dalla classe dei<br />
piccoli proprietari, cui si aggiungono i favori del clero locale e <strong>della</strong> <strong>di</strong>ocesi 8 .<br />
E «L’Ossola», nel numero del 13 febbraio, che annuncia <strong>il</strong> decreto reale per<br />
i comizi generali, non esita a definire subito <strong>il</strong> dovere degli elettori in<br />
«quest’<strong>il</strong>libato collegio politico così degnamente rappresentato per due<br />
legislature dal nostro carissimo concitta<strong>di</strong>no avv. comm. Alfredo Falcioni».<br />
Eccolo esposto, con finta ritrosia, <strong>il</strong> dovere: «A noi in questo momento<br />
non si affaccia neppure <strong>il</strong> dubbio che l’on. Falcioni non sia rieletto con<br />
meritata larghezza <strong>di</strong> suffragi» 9 . La settimana successiva <strong>il</strong> giornale vuol<br />
ricordare «senza commenti» i momenti e le circostanze più interessanti<br />
dell’attività del parlamentare, anche se Falcioni avrebbe chiesto <strong>il</strong> s<strong>il</strong>enzio,<br />
e cioè lasciare agli elettori <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>care «se à fatto <strong>il</strong> proprio dovere come<br />
rappresentante politico». Nell’articolo <strong>di</strong> fondo del 27 febbraio <strong>il</strong> Direttore<br />
traccia, con sufficiente genericità, le linee del «passato politico» dell’on.le<br />
Falcioni e conclude concretamente:<br />
Se non temessimo <strong>di</strong> offender la modestia dell’uomo onorando cui, né le alte<br />
onorificenze né la sua autorevole situazione politica, hanno potuto mai neanche<br />
momentaneamente, far velo alla sua grande bontà, noi potremmo qui descrivere a<br />
lungo le sue benemerenze parlamentari.<br />
Ma noi da tutto ciò ci asteniamo, sapendo che facendo <strong>di</strong>versamente, arrecheremmo<br />
offesa all’animo retto dell’On. Falcioni alieno da qualsiasi incensatura e solo desideroso<br />
<strong>di</strong> meritare sempre più la benevolenza dei suoi elettori.<br />
Sia dunque la votazione del giorno 7 marzo un plebiscito imponente e cor<strong>di</strong>ale in onore<br />
<strong>di</strong> Alfredo Falcioni.<br />
Secondo «L’Avvenire dell’Ossola», già l’11 febbraio, «incontra maggiore<br />
fiducia l’informazione che l’uscente deputato Falcioni non avrà competitori,<br />
come non ne ebbe nell’ultima elezione»; quin<strong>di</strong> <strong>il</strong> 25 febbraio nelle Note <strong>di</strong><br />
cronaca rivela <strong>il</strong> rifiuto alla can<strong>di</strong>datura da parte <strong>di</strong> alcuni domesi eminenti e<br />
su un altro nome possib<strong>il</strong>e, l’<strong>il</strong>lustre prof. Giuseppe Chiovenda, <strong>di</strong> Premosello,<br />
«un vero valore intellettuale», fa sapere che non si è potuto mettere insieme un<br />
comitato <strong>di</strong> sostegno. Quin<strong>di</strong> rimane solo l’uscente on. Falcioni 10 .<br />
33
Edgardo Ferrari<br />
34<br />
On. Alfredo Falcioni, senatore del Regno
Le elezioni politiche del 1909 in Ossola<br />
«L’In<strong>di</strong>pendente», <strong>il</strong> 3 marzo, elencando «color che son sospesi», insiste<br />
che a Domodossola «Falcioni è senza competitori. È uno dei tre collegi<br />
d’Italia ove non esiste lotta, come Trapani e Jesi» 11 .<br />
Ma «L’Ossola» del 6 marzo pubblica un’anonima corrispondenza da<br />
Premosello, Stonature elettorali, in cui ricompare <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> Giuseppe<br />
Chiovenda (sembra quasi che si voglia esorcizzare un fasti<strong>di</strong>oso fantasma):<br />
Produce qui un vivo senso <strong>di</strong> <strong>di</strong>sgusto la lotta altrettanto accanita quanto inesplicab<strong>il</strong>e<br />
che <strong>il</strong> nostro Parroco sta combattendo, ben inteso all’ombra, contro l’uscente deputato<br />
Falcioni. Sembra che <strong>il</strong> <strong>di</strong>ssidente reverendo, «Orazio sol contro Toscana tutta» voglia<br />
ad ogni costo la can<strong>di</strong>datura dell’Avv. Chiovenda, che questi medesimo ebbe <strong>il</strong> senno<br />
<strong>di</strong> non porre, e che nessun altro fu così imprudente <strong>di</strong> proclamare non certo per la<br />
persona del Can<strong>di</strong>dato in pectore (stimab<strong>il</strong>issima persona sott’ogni rapporto) ma per<br />
altre ragioni che qui non è <strong>il</strong> caso <strong>di</strong> esporre come altri, prima <strong>di</strong> noi, à creduto<br />
opportuno <strong>di</strong> sottacere.<br />
È tuttavia strano quest’o<strong>di</strong>o alla macchia del... piissimo nostro Prevosto contro l’Avv.<br />
Falcioni, <strong>di</strong> cui <strong>il</strong> paese ricorda con riconoscenza <strong>il</strong> generoso intervento in occasione<br />
delle memorab<strong>il</strong>i alluvioni del 1900 e l’opera efficacissima, dappoi prestata in pro del<br />
Comune, quando si trattò <strong>di</strong> riattare <strong>il</strong> nostro riale 12 .<br />
Bisogna ora non <strong>di</strong>menticare che i cattolici son tornati ad affacciarsi alla vita<br />
politica nazionale: formalmente <strong>il</strong> non expe<strong>di</strong>t vale ancora, non è stato<br />
abrogato, ma <strong>il</strong> suo <strong>il</strong>langui<strong>di</strong>re è consacrato dalla partecipazione del clero,<br />
pronto a salvare «l’or<strong>di</strong>ne sociale». Ciò è avvenuto nel 1904. Poi <strong>il</strong> Pontefice<br />
Pio X, con l’enciclica Il fermo proposito dell’11 giugno 1905, afferma «<strong>il</strong> dovere<br />
dei cattolici a prepararsi prudentemente e serenamente alla vita politica,<br />
quando vi fossero chiamati» e rimette la sospensione del <strong>di</strong>vieto alla prudente<br />
valutazione dei Vescovi, quando ne riconoscano «la stretta necessità pel bene<br />
delle anime e dei supremi interessi delle [proprie] chiese» 13 .<br />
«A questo spontaneo avvicinamento – “dei cattolici allo stato”, come<br />
scrive Nino Valeri, – sempre più aperto (per quanto sempre ammantato <strong>di</strong><br />
riserve), Giolitti aprì la strada con altrettanto cauta finzione politica, la<br />
finzione delle “parallele” che mirava ad evitare i contatti e gli urti <strong>di</strong>retti,<br />
come se ognuno, Stato e Chiesa, dovesse procedere per la propria strada<br />
senza incontrarsi mai» 14 .<br />
A Novara, dall’agosto 1906, è vescovo mons. Giuseppe Gamba,<br />
favorevole, per le elezioni, ad un accordo clerico-moderato in funzione<br />
antisocialista; 15 arciprete <strong>di</strong> Domodossola è don Pietro Tettoni, immesso in<br />
parrocchia nel 1904 dopo una lunga impaziente attesa 16 .<br />
35
Edgardo Ferrari<br />
Subito, in naturale accordo con <strong>il</strong> suo vescovo ed a nome dei parroci del<br />
circondario ossolano, già l’11 febbraio don Tettoni scrive a Falcioni sulla<br />
<strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>ità del clero (e quin<strong>di</strong> dei fedeli cattolici) ad «appoggiare col voto<br />
quegli uomini che liberi da imposizioni settarie dessero garanzie <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere<br />
e favorire due principii che sono insieme due alti sentimenti in<strong>di</strong>scutib<strong>il</strong>i: <strong>il</strong><br />
massimo rispetto alla religione ed <strong>il</strong> più sincero favore allo sv<strong>il</strong>uppo <strong>di</strong> una<br />
benintesa legislazione economica e sociale a favore del popolo senza o<strong>di</strong>ose<br />
partigianerie» 17 . La risposta del can<strong>di</strong>dato è dello stesso giorno e su carta<br />
intestata <strong>della</strong> Camera dei deputati; vale la pena <strong>di</strong> leggerla per intero 18 :<br />
Domodossola 11febbraio 1909<br />
Ill.o e Rev.do Arciprete<br />
Giunto quando e come potei da Novara ò trovato la preg.ma che Ella si compiacque<br />
rimettermi, a nome anche dei Rev.<strong>di</strong> Vicari, Parroci e Sacerdoti del Circondario.<br />
Mentre apprezzo <strong>il</strong> sentimento <strong>di</strong> schiettezza ed ad un tempo <strong>di</strong> benevola deferenza che<br />
à suggerita la domanda rivoltami in vista delle prossime elezioni politiche, non solo non<br />
ò <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> sottoscrivere l’impegno cui da parte <strong>di</strong> V.S.R.ma e Suoi rappresentanti<br />
si subor<strong>di</strong>na l’appoggio alla mia can<strong>di</strong>datura, ma, con pari lealtà, mi rammarico quasi<br />
che siasi potuto dubitare del mio personale rispetto alla religione, sia per i principi che<br />
ò sempre professato, sia per le tra<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> mia famiglia.<br />
A questi principi ed a queste tra<strong>di</strong>zioni credo <strong>di</strong> aver inspirato ed intendo inspirare la<br />
vita mia e la mia opera <strong>di</strong> Deputato conscio che la mia fede politica <strong>di</strong> monarchico<br />
liberale sicuramente democratico non solo sia conc<strong>il</strong>iab<strong>il</strong>e, ma senz’altro inconcepib<strong>il</strong>e<br />
senza <strong>il</strong> rispetto a quella che, per proclamazione statutaria è la religione dello Stato.<br />
Ricambio <strong>di</strong> cuore a Lei ed ai Reveren<strong>di</strong> Colleghi suoi l’espressione dei miei ossequi.<br />
D.mo A. Falcioni<br />
La lettera deve essere giu<strong>di</strong>cata sufficiente pur nella sua stu<strong>di</strong>ata sfuggente<br />
elasticità, se «L’Azione Novarese», perio<strong>di</strong>co ufficiale <strong>della</strong> Curia, in più<br />
numeri tra <strong>il</strong> 26 febbraio e <strong>il</strong> 2 marzo, fra le can<strong>di</strong>dature raccomandate dalla<br />
Direzione Diocesana Cattolica, pone sempre quella <strong>di</strong> Alfredo Falcioni per <strong>il</strong><br />
collegio <strong>di</strong> Domodossola e nel numero del 5 marzo incalza: «L’Avv. Falcioni<br />
è l’unico can<strong>di</strong>dato <strong>della</strong> provincia che non si vede <strong>di</strong> fronte competitori;<br />
quin<strong>di</strong> la sua riuscita non è dubbia. Anch’egli ha fatto <strong>di</strong>chiarazioni sì esplicite<br />
in nostro favore che non è lecito dubitare <strong>della</strong> sua sincerità» 19 .<br />
Alla vig<strong>il</strong>ia del voto, <strong>il</strong> 6 marzo, «L’Ossola» scende sul patetico congedandosi<br />
dai lettori con questo caldo invito, che è quasi una supplica: «Elettori<br />
dell’Ossola, votiamo <strong>il</strong> nome caro <strong>di</strong> Alfredo Falcioni» 20 .<br />
Ed ora leggiamo la Cronaca Elettorale del 7 marzo come la racconta<br />
«L’In<strong>di</strong>pendente»: la giornata non è trascorsa tranqu<strong>il</strong>la a Domodossola,<br />
contrariamente a tutte le attese 21 .<br />
36
Le elezioni politiche del 1909 in Ossola<br />
Se <strong>di</strong>cessimo che nel nostro collegio vi fu lotta, affermeremmo cosa errata. Come<br />
annunciavamo nello scorso numero, l’avv. Alfredo Falcioni si ripresentava senza<br />
competitori; <strong>il</strong> che esclude <strong>di</strong> per sé l’idea <strong>della</strong> lotta. A suffragare la nostra affermazione<br />
sta d’altra parte lo stesso manifesto elettorale pubblicato dall’anonimo Comitato<br />
Permanente, nel quale si invitavano gli elettori ad affermarsi sul nome dell’uscente<br />
Falcioni, onde tributargli una <strong>di</strong>mostrazione <strong>di</strong> stima ed affetto.<br />
Invece domenica mentre le urne languivano nelle due sezioni <strong>di</strong> Palazzo Mellerio per<br />
lo scarso accorrere degli elettori, forse anche a causa <strong>della</strong> neve che fitta fitta cadeva<br />
senza tregua, improvvisamente si sparse la novella che i clericali lavorando sott’acqua,<br />
minacciavano la sconfitta del deputato liberale uscente, ed a prova affermavasi che i<br />
Rosminiani votavano compatti per l’avv. Giuseppe Chiovenda. Aggiungevasi che<br />
ipotetiche notizie precipitosamente giunte da fuori, assicuravano che i preti facevano<br />
un’incalzante propaganda per <strong>il</strong> presunto can<strong>di</strong>dato clericale, sì che la posizione<br />
dell’avv. Falcioni era alquanto scossa e pericolante.<br />
Questo bastò perché con ogni mezzo <strong>di</strong> locomozione si slanciassero genti d’ogni colore<br />
politico in giro pel collegio a scongiurare <strong>il</strong> pericolo nero!! La mossa fu ab<strong>il</strong>e e tale da<br />
scuotere l’apatia degli elettori che, sia per la mancanza <strong>di</strong> lotta, sia per <strong>il</strong> cattivo tempo<br />
preferivano restare como<strong>di</strong> a casa loro. Così fu anche che gli anticlericali, ed i socialisti<br />
conversero i loro voti unanimi sul nome dell’avv. Falcioni.<br />
Questa la prima parte <strong>della</strong> cronaca elettorale svoltasi domenica. Ed ora <strong>di</strong>ciamo <strong>della</strong><br />
seconda che è quella che maggiormente interessa la nostra città.<br />
I frati Rosminiani ebbero una ben triste sorpresa, allorquando recandosi alle urne<br />
furono fatti segno delle più triviali insolenze indegne <strong>di</strong> paesi civ<strong>il</strong>i. Affermano che <strong>il</strong><br />
pala<strong>di</strong>no degli insulti fosse un prezzolato in<strong>di</strong>viduo che non è né nostro concitta<strong>di</strong>no<br />
né elettore del nostro collegio. E questo ci consola! Sta però <strong>il</strong> fatto che sul portone del<br />
Palazzo Municipale, dove si svolgevano le operazioni elettorali, i Rosminiani ed in<br />
generale i preti, erano accolti con ogni sorta <strong>di</strong> beffe e d<strong>il</strong>eggi. I pupazzettisti del<br />
momento sfoggiarono la loro anonima ab<strong>il</strong>ità ed in un batter d’occhio nel perist<strong>il</strong>io del<br />
palazzo comunale comparvero grottesche figure allusive.<br />
La riprovevole comme<strong>di</strong>a si protrasse per tutta la giornata, ed ebbe la sua apoteosi la<br />
sera, quando un’accozaglia dei più <strong>di</strong>sparati elementi, sotto or<strong>di</strong>ni precisi, si recò<br />
fiacoleggiante a fare un’indegna <strong>di</strong>mostrazione sotto le finestre del Collegio Rosmini<br />
emettendo grida <strong>di</strong> abbasso e <strong>di</strong> morte al suono <strong>di</strong> latte da petrolio, fischietti e cornette.<br />
E quasi non bastasse una prima <strong>di</strong>mostrazione, dopo altrettanta gazzarra fatta alla casa<br />
parrocchiale, rafforzati gli spiriti già eccitati con nuovo beveraggio elettorale, ritornò<br />
una seconda volta a dare novello saggio <strong>di</strong> educazione civ<strong>il</strong>e e politica in via Matterella!!!<br />
Tale la fine <strong>della</strong> giornata elettorale. Poche parole bastano a bollare quest’atto. Chi ha<br />
senso comune, chi è citta<strong>di</strong>no domese, deve vergognarsi <strong>di</strong> questi fatti indegni <strong>della</strong><br />
città nostra: e noi senza paura, amanti sopra ogni cosa <strong>della</strong> verità, li stigmatizziamo con<br />
tutta la nostra forza, persuasi <strong>di</strong> avere con noi tutti i citta<strong>di</strong>ni ben pensanti a qualunque<br />
partito essi appartengano.<br />
37
Edgardo Ferrari<br />
La gazzarra domese, senza volerne esagerare la portata e, soprattutto, quel<br />
«pala<strong>di</strong>no degli insulti», «prezzolato in<strong>di</strong>viduo che non è né nostro<br />
concitta<strong>di</strong>no né elettore del nostro collegio», riportano l’eco delle accuse <strong>di</strong><br />
brogli elettorali rivolte a Giolitti in più occasioni e quin<strong>di</strong> possono ben<br />
ricordarci che proprio queste elezioni del marzo 1909 «gli valsero <strong>il</strong> nome <strong>di</strong><br />
«ministro <strong>della</strong> malavita» dal titolo <strong>di</strong> un piccolo libro, pubblicato dalla<br />
“Voce”, in cui Gaetano Salvemini raccontava le sue <strong>di</strong>savventure <strong>di</strong><br />
can<strong>di</strong>dato <strong>della</strong> sinistra nel collegio <strong>di</strong> Gioia del Colle» 22 .<br />
I risultati elettorali per <strong>il</strong> collegio <strong>di</strong> Domodossola provocano uno<br />
scomposto contegno da parte dei falcioniani e del loro organo <strong>di</strong> stampa,<br />
«L’Ossola». Che cos’è dunque capitato? È capitato che si sono presi tutti un<br />
grande spavento, forte e ingiustificato: <strong>il</strong> loro can<strong>di</strong>dato ha raccolto 2369<br />
voti (quasi cinque punti percentuali in più delle elezioni precedenti), ma un<br />
esorcizzato Giuseppe Chiovenda ha riunito ben 191 preferenze (96 solo a<br />
Premosello, qui battendo sonoramente Falcioni, fermo a 25).<br />
La reazione nasce subito violenta. È Falcioni stesso che supera la misura:<br />
ringraziando «gli elettori carissimi», non <strong>di</strong>vaga: «a voi in specie, che <strong>di</strong> fronte<br />
all’assalto dell’ultima ora insorgeste colla civ<strong>il</strong>e protesta del voto, facendo <strong>il</strong><br />
mio nome simbolo <strong>di</strong> idealità liberale, la mia gratitu<strong>di</strong>ne indeleb<strong>il</strong>e» 23 .<br />
Non si capisce quale sia quest’assalto dell’ultima ora, né perché i voti da<br />
lui raccolti debbano considerarsi una «civ<strong>il</strong>e protesta»; piuttosto può essere<br />
«civ<strong>il</strong>e protesta» quella <strong>di</strong> una minoranza che, dopo la rumorosa campagna<br />
elettorale, ostinata sul nome del can<strong>di</strong>dato ufficiale, sceglie <strong>di</strong> votare per<br />
un’altra persona.<br />
Giuseppe Chiovenda per parte sua chiarisce <strong>di</strong> non poter essere<br />
considerato <strong>il</strong> can<strong>di</strong>dato cattolico nel collegio ossolano in un telegramma al<br />
«Corriere <strong>della</strong> Sera», spe<strong>di</strong>to l’8 marzo da Domodossola, ed <strong>il</strong> giornale,<br />
correttamente, pubblica un traf<strong>il</strong>etto, che dà sui nervi a «L’Ossola»: 24<br />
Il prof. Giuseppe Chiovenda dell’Università <strong>di</strong> Roma, sul cui nome si sono raccolti vari<br />
voti cattolici del collegio <strong>di</strong> Domodossola, ci telegrafa affermando <strong>di</strong> aver ivi rifiutato<br />
recisamente <strong>di</strong> porre la sua can<strong>di</strong>datura. Perciò i voti dati a suo nome non possono<br />
attribuirsi al colore politico <strong>di</strong> cattolico accennato dal «Corriere», «essendo noto che <strong>il</strong><br />
costituzionale Falcioni uscente era <strong>il</strong> solo can<strong>di</strong>dato, dopo le <strong>di</strong>chiarazioni fatte, e<br />
venne raccomandato agli elettori dalla <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong>ocesana <strong>di</strong> Novara a mezzo <strong>della</strong><br />
stampa.<br />
E «L’Ossola» nega: non è stato Falcioni <strong>il</strong> can<strong>di</strong>dato dei cattolici, santa<br />
ingenuità, prof. Chiovenda! e torna fuori l’anticlericalismo antico e vigoroso<br />
38
Le elezioni politiche del 1909 in Ossola<br />
ancora, spiegato e giustificato ad<strong>di</strong>rittura con <strong>il</strong> richiamo «al martirio <strong>di</strong> un<br />
Bruno e <strong>di</strong> Savonarola». Poi <strong>il</strong> giornale ricostruisce e banalizza i rapporti con<br />
<strong>il</strong> mondo cattolico, dal quale Falcioni non si è mai sognato <strong>di</strong> provocare<br />
<strong>di</strong>chiarazioni in suo favore; con doverosa cortesia, ad «una lettera<br />
privatissima» dell’arciprete <strong>di</strong> Domodossola ha risposto quello che<br />
«qualunque uomo <strong>di</strong> coscienza non avrebbe esitato a rispondere». Il<br />
pubblico «che ha buon senso sa <strong>di</strong>stinguere tra <strong>il</strong> rispetto alla religione, e<br />
l’antipatriottismo clericale, tra <strong>il</strong> Re e Sua Santità... libera chiesa in libero<br />
stato... la religione non è una setta... la maschera talare che nasconde anime<br />
<strong>di</strong> ipocriti e <strong>di</strong> corruttori... i preti, che raccomandano, non cercati» e via<br />
smaniando. Ora che le elezioni sono passate, la nomea o anche solo <strong>il</strong><br />
sospetto <strong>di</strong> cattolico (=clericale) danno un prurito insopportab<strong>il</strong>e ai laici de<br />
«L’Ossola», a Falcioni, a tutti i falcioniani.<br />
Ma «L’In<strong>di</strong>pendente», can<strong>di</strong>do, ripete che «unico can<strong>di</strong>dato clericale del<br />
Collegio <strong>di</strong> Domodossola era e fu l’avvocato Alfredo Falcioni» 26 ed anche<br />
Chiovenda, pur riconoscendo «le menti turbate dall’ingiustificato<br />
spavento», insiste:<br />
Come può dunque sul serio l’onorevole Falcioni, nella prosa ufficiale <strong>di</strong>retta agli<br />
elettori, gloriarsi d’aver respinto l’assalto dell’ultima ora? E nella prosa ufficiosa che<br />
segue, parlare <strong>di</strong> lavoro nell’ombra, <strong>di</strong> colpi nella schiena, <strong>di</strong> pericolo nero rivelatosi<br />
all’ultima ora? Non vi fu lavoro alcuno (come risulta dalla stessa irrisoria quantità dei<br />
voti), né alcuna sorpresa: vi fu <strong>il</strong> voto <strong>di</strong> pochi in<strong>di</strong>pendenti, già annunciato o preveduto<br />
dai giornali, come nel «Sempione» del 5 marzo e nella stessa «Ossola» del 6 marzo. E<br />
perché parla <strong>di</strong> clericalume e <strong>di</strong> pericolo nero questo vittorioso trionfatore <strong>di</strong> inesistenti<br />
avversari?.<br />
Completa <strong>il</strong> professore, che la polemica ha <strong>di</strong>stolto dai suoi stu<strong>di</strong> romani<br />
(e se ne duole):<br />
«Se l’«Ossola» avesse pubblicato (non dopo le elezioni, ma prima) che <strong>il</strong> Falcioni aveva<br />
r<strong>il</strong>asciato tali e tali <strong>di</strong>chiarazioni al rappresentante ufficiale del clero, molti <strong>di</strong> quelli che<br />
hanno votato pel Falcioni si sarebbero (a torto o a ragione) astenuti. Dunque,<br />
nascondendo quel fatto, si sono ottenuti voti che altrimenti sarebbero mancati. Altro<br />
che lavoro nell’ombra! 27<br />
«L’Ossola» non demorde; rincara la dose titolando in prima pagina<br />
l’articolo <strong>di</strong> fondo La vittoria <strong>di</strong> Falcioni e l’imboscata dei Padri Rosminiani<br />
e denunciando in cronaca l’esistenza <strong>di</strong> un «blocco clerico farmaceutico» 28 ,<br />
ma alla fine, ad evitare annunciati infortuni giu<strong>di</strong>ziari, <strong>il</strong> Direttore deve<br />
39
Edgardo Ferrari<br />
riconoscere che <strong>il</strong> giornale è «caduto in fallo» con apprezzamenti ingiuriosi,<br />
lesivi dell’onorab<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>ni e <strong>di</strong> professionisti, e quin<strong>di</strong> esprimere <strong>il</strong> più<br />
vivo rammarico per l’accaduto, dopo che è «trascorsa l’ebrezza <strong>della</strong> vittoria<br />
ed accertata la falsità delle informazioni pervenute» 29 .<br />
«L’Avvenire dell’Ossola» si è <strong>di</strong>vertito un mondo assistendo, non<br />
partecipe, alle <strong>di</strong>atribe ed ora, con educata ironia, tira la somma:<br />
Quin<strong>di</strong>ci giorni <strong>di</strong> animata <strong>di</strong>scussione e poi, <strong>di</strong>ceva taluno, chi se ne ricorda? C’è per<br />
altro una domanda che parecchi si sono fatta ragionando così: per l’appoggio avuto dal<br />
Governo l’On. Falcioni dovrebbe sedere al centro, le <strong>di</strong>chiarazioni esplicite al comitato<br />
<strong>di</strong>ocesano lo porterebbero alla destra <strong>di</strong> opposizione, ma i voti dei socialisti ed <strong>il</strong> loro<br />
affacendarsi lo mandano alla sinistra, e allora... dove siederà?<br />
Certo è che l’ultima polemica troppo personale e mal <strong>di</strong>retta, finita con una prudente<br />
ritirata non à giovato al nostro Deputato, à inasprito gli animi, aizzato i partiti, e<br />
preparato <strong>il</strong> terreno alla lotta nelle prossime elezioni.<br />
Sempre a titolo <strong>di</strong> semplice cronaca, come ci siamo imposti <strong>il</strong> compito fin da principio,<br />
riferiamo che per le future elezioni da tutti ritenute poco lontane, si prevede <strong>il</strong><br />
presentarsi <strong>di</strong> uno o fors’anche <strong>di</strong> due competitori.<br />
Pensiamo che l’On. Falcioni vorrà degnamente corrispondere alla fiducia in lui riposta,<br />
e coll’opera assidua cancellando la triste impressione delle ultime polemiche, saprà<br />
circondare <strong>il</strong> suo nome <strong>di</strong> stima e benevolenza 30 .<br />
Le competizioni elettorali sono, nonostante le previsioni, ancora lontane;<br />
l’on. Falcioni supera e cancella l’impressione negativa delle ultime polemiche.<br />
Nel 1911 è sottosegretario agli interni nel nuovo ministero Giolitti; per le<br />
elezioni del 1913, le prime a suffragio universale, sarà can<strong>di</strong>dato, sempre nel<br />
collegio <strong>di</strong> Domodossola, su proposta unanime dell’assemblea <strong>di</strong> tutti i sindaci<br />
ossolani, compresi quelli <strong>di</strong> fede socialista. Con 6.282 voti su 7.169 votanti gli<br />
elettori premieranno, senza riserve questa volta, la sua presenza politica 31 .<br />
40<br />
Note al testo<br />
1 «L’In<strong>di</strong>pendente», 10 febbraio 1909, n. 6. In questo periodo si pubblicano in Ossola, con<br />
regolarità, tre settimanali: «L’Ossola», fondato nel 1895, esce <strong>il</strong> sabato, liberale-conservatore,<br />
laico; «L’In<strong>di</strong>pendente» si pubblica <strong>il</strong> mercoledì dal maggio 1900, progressista, antagonista de<br />
«L’Ossola», e «L’Avvenire dell’Ossola», nato nel <strong>di</strong>cembre 1908, <strong>di</strong> tendenza anticlericale,<br />
socialista, ra<strong>di</strong>cale quanto basta, è in e<strong>di</strong>cola <strong>il</strong> giovedì. Tutti sottolineano nella cronaca la vita<br />
<strong>della</strong> valle, ma non mancano, con maggiore o minore frequenza a seconda dei momenti,<br />
aperture su temi <strong>di</strong> politica nazionale. Svolgono in sostanza, un ruolo importante nella<br />
formazione <strong>di</strong> uno spirito <strong>di</strong> corpo: l’ossolanità.
Le elezioni politiche del 1909 in Ossola<br />
2 L’attenuazione del non expe<strong>di</strong>t per le elezioni politiche nel 1904 aveva portato alcuni cattolici<br />
alla Camera, non certo un partito cattolico, inesistente. Ancora <strong>il</strong> 15 febbraio 1909<br />
«L’Osservatore Romano» avverte: «cattolici deputati sì, deputati cattolici no». Si tenga inoltre<br />
presente l’osservazione del Carocci: «Nei confronti dei cattolici Giolitti seguì una politica<br />
analoga a quella seguita nei confronti dei socialisti: lasciò che conquistassero fette sostanziose<br />
<strong>di</strong> potere a livello <strong>della</strong> società civ<strong>il</strong>e, ma ebbe la massima cura che, nella <strong>di</strong>rezione dello stato,<br />
<strong>il</strong> potere restasse saldamente in mano ai liberali.» (GIAMPIERO CAROCCI, Storia d’Italia<br />
dall’Unità ad oggi. Feltrinelli, M<strong>il</strong>ano 1975, p. 161).<br />
3 BENEDETTO CROCE, Storia d’Italia dal 1871 al 1915, Laterza, Bari 1962, p. 233.<br />
4<br />
GIACOMO PERTICONE, L’Italia contemporanea dal 1871 al 1948, Mondatori, M<strong>il</strong>ano 1962,<br />
p. 515 e pag. 467.<br />
5 DENIS MACK SMITH, Storia d’Italia dal 1861 al 1958, Laterza, Bari 1959, p. 388.<br />
6 G. CAROCCI, Storia d’Italia cit., p. 177.<br />
7 Si veda: UMBERTO CHIARAMONTE, Industrializzazione e movimento operaio in Val d’Ossola<br />
dall’Unità alla prima guerra mon<strong>di</strong>ale, Franco Angeli, M<strong>il</strong>ano 1985.<br />
8 «Falcioni seppe magistralmente coltivare <strong>il</strong> suo collegio, curandone gli interessi e <strong>di</strong>spensando favori<br />
a piene mani a tutti in<strong>di</strong>stintamente, a cominciare dal clero per finire all’um<strong>il</strong>e gente <strong>di</strong> montagna.»<br />
(RENZO MORTAROTTI, L’Ossola nell’età moderna, Grossi, Domodossola 1985, p. 585).<br />
9 «L’Ossola», 13 febbraio 1909, n. 7; 20 febbraio, n. 8 e 27 febbraio, n. 9. Il collegio elettorale<br />
<strong>di</strong> Domodossola è formato da tutti i comuni tra<strong>di</strong>zionalmente considerati ossolani, da<br />
Formazza al nord, fino a Mergozzo al sud. Conta poco meno <strong>di</strong> 7.500 iscritti nelle liste elettorali.<br />
10 «L’Avvenire dell’Ossola», 11 febbraio 1909, n. 6 e 25 febbraio, n. 8. Nel 1904 Falcioni ha<br />
ottenuto 2629 voti su 3186 votanti; <strong>il</strong> suo avversario, Vittorio Buttis, sindacalista, solo 437.<br />
Giuseppe Chiovenda (Premosello 1872-1937) è titolare <strong>della</strong> cattedra <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto processuale<br />
civ<strong>il</strong>e all’Università <strong>di</strong> Roma dal gennaio 1907. Sarà tra i primi firmatari del manifesto scritto<br />
da Benedetto Croce in risposta al Manifesto degli intellettuali fascisti e pubblicato sul quoti<strong>di</strong>ano<br />
romano «Il Mondo» del 1° maggio 1925 (cfr. NINO VALERI, La lotta politica in Italia dall’Unità<br />
al 1925, Le Monnier, Firenze 1958, p. 596). Per onorarlo Premosello ha assunto <strong>il</strong> suo cognome<br />
dal 1959.<br />
11 «L’In<strong>di</strong>pendente», 3 marzo 1909, n. 9.<br />
12 «L’Ossola», 6 marzo 1909, n. 10.<br />
13 L’enciclica Il fermo proposito si può leggere in Tutte le encicliche dei Sommi Pontefici, a cura<br />
<strong>di</strong> Eucar<strong>di</strong>o Momigliano. dall’Oglio, M<strong>il</strong>ano 1959, pp. 543-555.<br />
14 N. VALERI, La lotta politica in Italia, cit., p. 278. Giolitti aveva <strong>di</strong>chiarato alla Camera <strong>il</strong> 28<br />
maggio 1904: «Il principio nostro è questo, che lo Stato e la Chiesa sono due parallele che non<br />
devono incontrarsi mai.» E Croce aggiunge: «cosa che non escludeva che potessero<br />
41
Edgardo Ferrari<br />
bonariamente intendersi per smussare punti e togliere attriti» ed in<strong>di</strong>ca alcuni esempi avvenuti<br />
(B. CROCE, Storia d’Italia cit., p. 246).<br />
15 Nella lettera al Procuratore del Re, volta ad ottenere l’Exequatur, <strong>il</strong> prefetto <strong>di</strong> Novara, <strong>il</strong> 17<br />
settembre 1906, scrive: «Sono d’avviso che mons. Gamba sia prelato da non destare<br />
preoccupazione <strong>di</strong> sorta» (citato da: PIER LUIGI LONGO, Il cattolicesimo novarese dai «liberi fedeli<br />
onesti» ai «cattolici integrali», in «Ieri Novara Oggi», 3/1980, pag. 3).<br />
16 La bolla pontificia con la quale è concesso a don Pietro Tettoni <strong>il</strong> possesso del beneficio<br />
parrocchiale arcipreturale sotto <strong>il</strong> titolo dei S.S. Gervasio e Protaso <strong>di</strong> Domodossola, è in data<br />
6 settembre 1899; <strong>il</strong> decreto reale per l’Exequatur è del 27 marzo 1904 (in archivio <strong>della</strong><br />
parrocchia dei Santi Gervaso e Protaso <strong>di</strong> Domodossola(d’ora innanzi APD), b. 132, 27a, 4.<br />
17 Conosciamo <strong>il</strong> testo <strong>della</strong> lettera <strong>di</strong> don Tettoni solo per quel che ne pubblica «L’Ossola», 10<br />
marzo 1909, supplemento, n.11.<br />
18 APD, b. 98, 3/1.<br />
19 Citato in «L’In<strong>di</strong>pendente», 10 marzo 1909, n. 10.<br />
20 «L’Ossola», 6 marzo 1909, n. 10.<br />
21 «L’In<strong>di</strong>pendente», 10 marzo 1909, n. 10. A proposito delle «chiassate piazzaiole» compiute<br />
da «un gruppo <strong>di</strong> giovinotti, ai quali forse eransi uniti alcuni dei soliti teppisti», «L’Avvenire<br />
dell’Ossola» (11 marzo 1909, n. 10) fa notare che «giunti nelle vicinanze <strong>della</strong> chiesa<br />
parrocchiale vi trovarono i carabinieri, <strong>il</strong> perché lo sanno tutti».<br />
22 SERGIO ROMANO, Giolitti lo st<strong>il</strong>e del potere, Bompiani, M<strong>il</strong>ano 1989, p. 207. Romano<br />
completa l’informazione con questa post<strong>il</strong>la: «E quanto ai brogli elettorali si limitava a replicare<br />
ironicamente, come fece alla Camera <strong>il</strong> 31 marzo 1909: “Io ho osservato, come fenomeno<br />
costante, che da quando si fanno elezioni è sempre successo, che i can<strong>di</strong>dati respinti non<br />
vogliono essere respinti dalla volontà degli elettori, ma dalle violenze del Governo”».<br />
23 «L’Ossola», 10 marzo 1909, supplemento, n. 11.<br />
24 Riportato in «L’Avvenire dell’Ossola», 11 marzo 1909, n. 10. Alla scelta del «Corriere <strong>della</strong><br />
Sera», effettuata da Giuseppe Chiovenda per <strong>il</strong> chiarimento, che tanto gli sta a cuore, potrebbe<br />
aver contribuito, oltre alla <strong>di</strong>ffusione del quoti<strong>di</strong>ano, la campagna elettorale condotta dallo<br />
stesso in appoggio del Sonnino e dei suoi: <strong>il</strong> «Corriere» «era allarmato dalla presenza dei<br />
clericali». Si veda al proposito: GABRIELE DE ROSA, L’Azione Cattolica, vol. II, Laterza, Bari<br />
1954, p. 228.<br />
25 «L’Ossola», 10 marzo 1909, supplemento, n. 11.<br />
26 «L’In<strong>di</strong>pendente», 10 marzo 1909, n. 10.<br />
27 «L’In<strong>di</strong>pendente», 17 marzo 1909, n. 11.<br />
42
28 «L’Ossola», 13 marzo 1909, n. 11.<br />
29 «L’Ossola», 10 apr<strong>il</strong>e 1909, n. 15.<br />
30 «L’Avvenire dell’Ossola», 25 marzo 1909, n. 12.<br />
Le elezioni politiche del 1909 in Ossola<br />
31 Eletto deputato ancora nel 1919 e nel 1921, Falcioni è ministro, prima dell’agricoltura e poi<br />
<strong>di</strong> grazia e giustizia, nei governi Nitti del 1920. Non partecipa alle elezioni nel 1924 e viene<br />
nominato senatore con <strong>il</strong> marzo 1929.<br />
43
storia nazionale<br />
Antonio Labriola e la questione coloniale<br />
<strong>di</strong> Gian Mario Bravo<br />
Premessa<br />
Antonio Labriola e la questione coloniale<br />
L’attenzione italiana per la Libia, o meglio, per la Tripolitania e la<br />
Cirenaica, cominciò dopo la crisi <strong>di</strong> Tunisi negli anni ottanta<br />
dell’Ottocento; restò sopita nel corso dei lustri seguenti, anche e soprattutto<br />
a causa delle sciagure e del blocco dell’espansione nel Corno d’Africa: esplose<br />
a partire dall’avvio del Novecento. Già Giuseppe Mazzini, altri democratici<br />
e azionisti nel corso del Risorgimento s’erano posti <strong>il</strong> problema<br />
dell’espansione italiana in Africa, concentrando la riflessione, oltre che sulla<br />
strategica Tunisia, sulla Libia. Anche nel mondo socialista ci fu un <strong>di</strong>battito,<br />
sebbene ridotto e spesso confuso; più volte i socialisti, in Parlamento,<br />
sull’«Avanti!» e sui giornali locali presero posizione contro la «fregola <strong>di</strong><br />
avventure», che aveva animato la classe <strong>di</strong>rigente post-risorgimentale, tanto<br />
la destra che la sinistra parlamentare.<br />
«Tripoli - terra promessa» fu parola d’or<strong>di</strong>ne e d’incitamento che si<br />
affermò lentamente 1 ; ma, nonostante <strong>il</strong> confusionismo del socialismo, per<br />
qualche tempo non sollevò interessamento particolare nel paese. È da<br />
imputare invece ad Antonio Labriola, <strong>il</strong> più coerente, l’unico vero e<br />
riconosciuto marxista «teorico» italiano prima <strong>di</strong> Gramsci, ortodosso,<br />
sapiente e capace, cosmopolita e a contatto con la cultura socialista e<br />
marxista internazionale, un’originaria responsab<strong>il</strong>ità per aver spalancato le<br />
porte e le aspettative del movimento operaio e socialista per l’impresa <strong>di</strong><br />
Libia, che sarebbe stata realizzata, con enormi sacrifici, costi e drammi, e con<br />
straor<strong>di</strong>narie contrad<strong>di</strong>zioni interne nella sinistra, a partire dal secondo<br />
decennio del secolo 2 .<br />
1. Il socialismo, tramite i principali esponenti e <strong>di</strong>rigenti <strong>della</strong> Seconda<br />
Internazionale, fin dai suoi inizi organizzativi <strong>di</strong>scusse del problema coloniale,<br />
45
Gian Mario Bravo<br />
che, nei primor<strong>di</strong> del Novecento, <strong>di</strong>venne poi oggetto <strong>di</strong> vig<strong>il</strong>e considerazione,<br />
congiuntamente alle questioni <strong>della</strong> «pace e <strong>della</strong> guerra» e delle «riforme o<br />
rivoluzione», almeno fino alla débacle rappresentata nel 1914 dall’esplosione<br />
del conflitto. Due anni più tar<strong>di</strong>, nel 1916, trasse le sue conclusioni negative<br />
Lenin nell’Imperialismo, fase suprema del capitalismo. Il saggio faceva seguito<br />
a quanto aveva sostenuto, fin da 1902 nella sua «fondamentale opera<br />
sull’imperialismo» (così lo stesso Lenin) l’inglese John Atkinson Hobson, che<br />
ritenne <strong>di</strong> interpretare la politica imperialista del Regno Unito con la ricerca<br />
<strong>di</strong> sbocchi esterni per l’accumulazione del capitale, tema ulteriormente<br />
affrontato da Rudolf H<strong>il</strong>fer<strong>di</strong>ng nel Capitale finanziario, avente al suo centro<br />
l’analisi del ruolo delle potenze finanziarie e dalle gran<strong>di</strong> banche 3 . Il partito<br />
socialista e le varie tendenze che a esso fecero capo, fino allo scorcio del nuovo<br />
secolo, elaborarono una sorta <strong>di</strong> «ideologia anticoloniale», che mirava a<br />
scindere la responsab<strong>il</strong>ità dei popoli dal passato coloniale dei più importanti<br />
Stati europei e intendeva proporre una linea d’azione internazionalista, con<br />
connotati imme<strong>di</strong>atamente politici 4 . Marx, nel Capitale e negli stu<strong>di</strong> sulle<br />
economie precapitaliste, aveva affrontato le tematiche del colonialismo<br />
inglese, specie in In<strong>di</strong>a, e più in generale dell’arretratezza economica,<br />
correlandole allo sfruttamento capitalistico. Karl Kautsky quin<strong>di</strong>, sollecitato<br />
da Engels, aveva introdotto l’assunto dell’autoemancipazione del proletariato<br />
- o sottoproletariato - coloniale, quin<strong>di</strong> <strong>il</strong> problema <strong>della</strong> relazione<br />
intercorrente fra le aspettative <strong>di</strong> in<strong>di</strong>pendenza dei popoli coloniali in rapporto<br />
da un lato con l’egemonia dei paesi europei e degli Stati Uniti d’America e da<br />
un altro con l’allargamento dei processi rivoluzionari sul continente.<br />
Seguendo tale descrizione, la «vittoria» del proletariato in Ingh<strong>il</strong>terra avrebbe<br />
anche apportato la libertà e l’in<strong>di</strong>pendenza al popolo in<strong>di</strong>ano. Non si trattava<br />
<strong>di</strong> novità, per quanto concerneva <strong>il</strong> pensiero <strong>di</strong> Marx e <strong>di</strong> Engels. Essi avevano<br />
sempre tenute separate le rappresentazioni delle trasformazioni delle società<br />
capitalistiche rispetto a quelle delle formazioni economico-sociali<br />
precapitaliste. D’altra parte Engels, <strong>di</strong>scutendo sia con Kautsky sia con Eduard<br />
Bernstein negli anni <strong>della</strong> scomparsa <strong>di</strong> Marx sulla «questione egiziana»<br />
(mentre numerosi socialisti francesi avevano solidarizzato con i movimenti<br />
nazionalisti egiziani), sulla base <strong>di</strong> un solido realismo aveva messo in guar<strong>di</strong>a<br />
sul «sentimentalismo politico» <strong>della</strong> pubblicistica francese (a essa era associata<br />
quella italiana) per i pericoli costituiti dall’arretratezza economica e sociale e<br />
dal «tra<strong>di</strong>zionalismo dello sfruttamento esercitato da satrapi o pascià». Solo <strong>il</strong><br />
«proletariato vittorioso», riorganizzando le società civ<strong>il</strong>i, avrebbe trascinato<br />
con sé i paesi «semiciv<strong>il</strong>i» 5 :<br />
46
Antonio Labriola e la questione coloniale<br />
Quali fasi sociali e politiche, tuttavia, questi paesi devono trascorrere per giungere<br />
anch’essi all’organizzazione socialista, è una domanda alla quale credo si possa oggi<br />
rispondere solo con ipotesi oziose. Sono una cosa è certa: <strong>il</strong> proletariato vittorioso non<br />
può imporre la felicità a nessun popolo senza perciò minare la sua stessa vittoria.<br />
La socialdemocrazia internazionale, nell’epoca che precedette gli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
Hobson, mostrò <strong>di</strong> interessarsi <strong>della</strong> questione coloniale precipuamente per<br />
<strong>il</strong> suo collegamento con gli sv<strong>il</strong>uppi del capitalismo; le nefandezze <strong>di</strong> questo<br />
erano già state stu<strong>di</strong>ate da Marx e da Engels, e le socialdemocrazie le<br />
denunciavano, come faceva ad esempio quella tedesca attraverso <strong>il</strong> suo<br />
giornale, riassumendo <strong>il</strong> pensiero marxiano 6 :<br />
Colonizzare significa accumulazione <strong>di</strong> capitale: accumulazione del capitale significa<br />
accumulazione <strong>della</strong> miseria. È questo, riassunto in breve, <strong>il</strong> punto <strong>di</strong> vista <strong>di</strong> Marx, che<br />
è anche quello <strong>della</strong> socialdemocrazia sulla questione coloniale. È l’unico punto <strong>di</strong> vista<br />
che può assumere <strong>il</strong> proletariato cosciente.<br />
A fine secolo, nella sua con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> partito guida la socialdemocrazia<br />
tedesca valutò l’espansionismo nelle colonie un aspetto secondario rispetto ai<br />
temi <strong>della</strong> crescita capitalistica. Peraltro, più per motivi etici e passionali che<br />
non per me<strong>di</strong>tata scelta politica, <strong>il</strong> socialismo europeo a cavallo dei due secoli<br />
e nel quadro <strong>della</strong> Seconda Internazionale fu - con molte eccezioni: si pensi al<br />
caso <strong>di</strong> Leonida Bissolati e al <strong>di</strong>battito intorno alla Libia nel secondo decennio<br />
del Novecento - «strenuo oppositore» <strong>della</strong> politica coloniale, come bene<br />
<strong>di</strong>mostrò un celebrato <strong>di</strong>rigente tedesco e corrispondente <strong>di</strong> Labriola, August<br />
Bebel 7 . Ma la violenza dei nazionalismi, non solo europei, avrebbe presto fatto<br />
mo<strong>di</strong>ficare gli atteggiamenti precostituiti. Nella sostanza, l’evento del<br />
dominio coloniale non trovò soluzioni nella sinistra europea.<br />
Nella Seconda Internazionale furono frequenti le manifestazioni <strong>di</strong><br />
solidarietà per i popoli oppressi. L’organizzazione recepì <strong>il</strong> lascito <strong>della</strong><br />
Prima Internazionale, con posizioni che appartennero a Marx e a Engels<br />
sulla guerra civ<strong>il</strong>e americana e, quin<strong>di</strong>, sul sostegno del lungo e complesso<br />
processo <strong>di</strong> liberazione degli schiavi e dei neri d’America. In seguito, al<br />
congresso internazionalista <strong>di</strong> Londra del 1896 - che sancì anche la rottura<br />
definitiva fra marxisti, socialisti e anarchici - fu votata una risoluzione<br />
sull’integrale «autodeterminazione <strong>di</strong> tutte le nazioni»:<br />
Il congresso si <strong>di</strong>chiara per <strong>il</strong> pieno <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> autodecisione <strong>di</strong> tutte le nazioni ed<br />
esprime la propria simpatia agli operai <strong>di</strong> ogni paese oppresso attualmente dal giogo<br />
47
Gian Mario Bravo<br />
m<strong>il</strong>itare, nazionale o <strong>di</strong> un altro assolutismo; <strong>il</strong> congresso invita gli operai <strong>di</strong> tutti i paesi<br />
a schierarsi nelle f<strong>il</strong>e degli operai coscienti <strong>di</strong> tutto <strong>il</strong> mondo, al fine <strong>di</strong> lottare insieme<br />
con essi per abbattere <strong>il</strong> capitalismo internazionale e per realizzare gli obiettivi <strong>della</strong><br />
socialdemocrazia internazionale.<br />
Il colonialismo venne denunciato nello stesso tempo come una delle<br />
«forme <strong>di</strong> apparizione» del capitalismo, dello «sfruttamento capitalistico<br />
nell’esclusivo interesse dei capitalisti»: la condanna <strong>della</strong> «politica coloniale<br />
<strong>della</strong> borghesia» costituì la tendenza dominante, mentre, negli anni<br />
seguenti, numerosi socialisti, fra i quali anche Bernstein e Jean Jaurès, non<br />
cessarono <strong>di</strong> contestare la «barbarie coloniale» senza però mettere in<br />
<strong>di</strong>scussione <strong>il</strong> sistema coloniale 8 . In realtà, <strong>di</strong>visioni non marginali<br />
nell’universo socialista internazionale si ebbero a partire dal 1899 in<br />
occasione <strong>della</strong> guerra anglo-boera in Sudafrica; la grande maggioranza dei<br />
partiti socialisti (lo stesso Independent Labour Party) protestarono contro<br />
<strong>il</strong> governo inglese per la «guerra coloniale e capitalistica» delle classi<br />
dominanti, richiamando le deliberazioni <strong>di</strong> Londra. Tuttavia, la Società<br />
Fabiana - anche grazie a un intervento combattivo <strong>di</strong> Bernard Shaw -<br />
riven<strong>di</strong>cò la legittimità <strong>della</strong> guerra e chiese l’annessione <strong>della</strong> repubblica<br />
boera al Regno Unito, denunciando la necessità del ristab<strong>il</strong>imento dei <strong>di</strong>ritto<br />
per tutti e lo «schiavismo», <strong>di</strong> cui gli ere<strong>di</strong> degli antichi coloni olandesi erano<br />
fautori. Benché queste opinioni venissero presto percepite come un<br />
tra<strong>di</strong>mento, la questione sollevò un sofferto <strong>di</strong>battito nel movimento<br />
socialista internazionale e lo stesso Bernstein se ne fece interprete nei<br />
Presupposti del socialismo e i compiti <strong>della</strong> socialdemocrazia (1899). Pur nel<br />
quadro <strong>della</strong> condanna <strong>di</strong> ogni forma <strong>di</strong> colonialismo, erano reclamati un<br />
maggior «realismo politico» e una più precisa considerazione delle<br />
con<strong>di</strong>zioni geopolitiche dei paesi oggetto <strong>di</strong> analisi o <strong>di</strong> espansione. Si giunse<br />
infine al V congresso dell’Internazionale (Parigi, settembre 1900), che<br />
deliberò <strong>di</strong> affrontare <strong>il</strong> problema del colonialismo congiuntamente ai punti<br />
<strong>della</strong> pace fra i popoli e del m<strong>il</strong>itarismo 9 . Ma ormai incombeva la<br />
controversia sulla transizione dal colonialismo all’imperialismo, che ebbe<br />
modalità e interlocutori assai <strong>di</strong>versi. Ha scritto una nota stu<strong>di</strong>osa che solo<br />
con tale <strong>di</strong>battito <strong>il</strong> movimento socialista internazionale cercò <strong>di</strong> elaborare<br />
linee <strong>di</strong> azione in<strong>di</strong>pendente 10 :<br />
Dall’inizio del Novecento la Seconda Internazionale <strong>di</strong>scusse, marginalmente, a più<br />
riprese <strong>il</strong> tema, affrontandolo da un punto <strong>di</strong> vista etico-paternalistico (gli olandesi),<br />
o scientista-<strong>il</strong>luministico (i francesi), oppure esponendo <strong>il</strong> timore che l’espansione<br />
48
Antonio Labriola e la questione coloniale<br />
coloniale rafforzasse nella madrepatria i gruppi reazionari o sottraesse risorse ai bisogni<br />
dei ceti poveri (gli italiani).<br />
2. Con la sconfitta <strong>di</strong> Adua del 1° marzo 1896 si concluse la prima fase<br />
dell’espansionismo coloniale italiano e, nel paese, continuarono a essere<br />
vivaci le <strong>di</strong>scussioni e i movimenti riven<strong>di</strong>cazionisti, che anticipavano tesi e<br />
punti <strong>di</strong> vista che sarebbero poi state propri del nazionalismo e collegavano<br />
<strong>il</strong> colonialismo a necessità «demografiche», come avrebbe fatto in modo<br />
abbastanza organico alcuni lustri più tar<strong>di</strong> l’«imperialismo nazionale» 11 . Le<br />
argomentazioni politiche partivano da lontano, in particolare da Pasquale<br />
Turiello e, passate attraverso Crispi e Giolitti, giunsero a tanti intellettuali<br />
e letterati (si pensi al Giovanni Pascoli <strong>della</strong> «grande proletaria» che «si è<br />
mossa) e sarebbero confluite pressoché immutate nel fascismo.<br />
Anche Antonio Labriola - definito da Michels nella sua precoce Storia del<br />
marxismo (1909) l’«Engels del socialismo italiano» 12 (ma già Engels lo aveva<br />
qualificato un «marxista rigoroso») - si espresse in <strong>di</strong>verse occasioni nei suoi<br />
anni d’impegno, all’incirca dal 1989-1990, in un primo tempo in sintonia<br />
con gli ambienti socialisti, in epoche successive in ra<strong>di</strong>cale contrasto con la<br />
tra<strong>di</strong>zione <strong>della</strong> sinistra «<strong>di</strong> classe», nella quale egli malgrado ciò si<br />
riconobbe.<br />
Con un intervento, ortodosso e in linea con le opzioni politiche<br />
dell’Internazionale e dell’ancora imberbe socialismo nazionale, Labriola<br />
fece già nel 1890 alcune proposte <strong>di</strong> taglio positivista 13 sull’«impresa nel Mar<br />
Rosso» e sull’Eritrea, in una lettera inviata <strong>il</strong> 24 febbraio al deputato Alfredo<br />
Baccarini e pubblicata su un giornale <strong>di</strong> Firenze in<strong>di</strong> sul «Messaggero»<br />
qualche settimana dopo, su un «esperimento <strong>di</strong> socialismo pratico» 14 . Si<br />
doveva <strong>di</strong>scutere alla Camera dei Deputati la legge sull’«Or<strong>di</strong>namento <strong>della</strong><br />
Colonia Eritrea» ed era stata proposto, dal Baccarini, <strong>di</strong> concedere a società<br />
e a privati, fossero essi italiani, in<strong>di</strong>geni o stranieri, terreni demaniali <strong>di</strong> varia<br />
qualità e composizione.<br />
Per Labriola - nelle prime fasi <strong>della</strong> sua m<strong>il</strong>itanza marxista, dopo che da<br />
qualche anno ormai era ascritto al pianeta del socialismo - <strong>il</strong> problema dei<br />
socialisti non era <strong>di</strong> opporsi alla politica coloniale del governo, perché,<br />
ormai, la colonia Eritrea esisteva:<br />
In Africa tanto ci siamo e ci rimarremo. La opposizione che ra<strong>di</strong>cali e socialisti e<br />
citta<strong>di</strong>ni d’ogni parte fecero un pezzo a tutta l’impresa del Mar Rosso, come non valse<br />
49
Gian Mario Bravo<br />
a impe<strong>di</strong>re che laggiù ci si andasse, non è stata poi in seguito, né così forte, né così<br />
risoluta e precisa, da fare che quando si poteva se ne tornasse in tempo. Ormai tutti i<br />
rimpianti sono vani.<br />
Bisognava invece valutare la possib<strong>il</strong>ità che in Eritrea non crescesse «su<br />
tutto un nuovo sistema d’inverecondo sfruttamento» e non ne uscisse «una<br />
linea <strong>della</strong> peggior tra<strong>di</strong>zione <strong>della</strong> politica coloniale». Il d<strong>il</strong>emma era un<br />
altro. Si trattava <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare<br />
seriamente e fortemente <strong>il</strong> modo <strong>di</strong> or<strong>di</strong>nare la colonia: la qual cosa è, e sarà più grave<br />
negli effetti, che non l’essere andati e <strong>il</strong> non essere tornati. Il problema è vasto e<br />
scabroso. [...] Non è lecito proprio ora, in mezzo a questo gran moto e questa gran lotta<br />
<strong>della</strong> giovine Europa contro tutta la corrente del liberalismo economico, <strong>di</strong> piantare lì<br />
nell’Eritrea un sistema <strong>di</strong> proprietà nuova, con la sola scorta <strong>di</strong> qualche minuzzolo <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>ritto romano stantìo, e <strong>di</strong> due dozzine d’articoli <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ce civ<strong>il</strong>e?<br />
Discuteva in termini giuri<strong>di</strong>ci sul fatto che in Eritrea non esisteva la<br />
proprietà in senso tra<strong>di</strong>zionale: «Teniamo la terra a titolo <strong>di</strong> proprietà <strong>di</strong><br />
Stato, ed aspettiamo, stu<strong>di</strong>ando. Si faccia <strong>di</strong> creare un sistema <strong>di</strong><br />
coltivazione, o <strong>di</strong>retta o sussi<strong>di</strong>ata. Proviamo le forme <strong>della</strong> partecipazione<br />
o <strong>della</strong> cooperativa». Richiamava all’uopo <strong>il</strong> socialismo tedesco e la data<br />
cruciale del 1889, con la fondazione a Parigi dell’Internazionale Socialista;<br />
aveva battute ironiche e canzonatorie nei confronti dell’economista<br />
<strong>di</strong>sprezzato da sempre, Ach<strong>il</strong>le Loria (detestato e deriso congiuntamente<br />
anche da Engels, da Benedetto Croce e da una miriade <strong>di</strong> altri censori per<br />
giungere fino a Gramsci):<br />
Si prepari, l’ottimo mio collega Loria, ad aggiungere in una futura e<strong>di</strong>zione del suo<br />
eccellente libro sul capitale 15 , ai tanti che ha scritti, un nuovissimo capitolo, documento<br />
<strong>di</strong> esperienza paesana, sulla storia antisociale, antiumana, e anzi <strong>di</strong>rò cinica dell’iniquo<br />
sfruttamento che gli europei cristiani e civ<strong>il</strong>izzatori praticano da secoli sulla terra libera<br />
d’Africa, d’America o d’Australia.<br />
L’intento <strong>di</strong> Labriola andava nella <strong>di</strong>rezione - <strong>di</strong> cui a lungo si era <strong>di</strong>scusso<br />
nei congressi <strong>della</strong> Prima Internazionale e che si affacciava nei recenti<br />
<strong>di</strong>battiti <strong>della</strong> Seconda, ma che occupava cospicuo spazio nelle culture<br />
sociali mitteleuropee e anglosassoni - <strong>della</strong> soluzione cooperativistica, quale<br />
proposta <strong>di</strong> attuazione <strong>di</strong> una politica coloniale rispettosa dei princìpi del<br />
socialismo, opposta allo sfruttamento capitalistico e parimenti consapevole<br />
dei vali<strong>di</strong> interessi delle popolazioni assoggettate. Il <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> Labriola era<br />
50
Antonio Labriola e la questione coloniale<br />
in qualche modo assim<strong>il</strong>ab<strong>il</strong>e a quello che, da Budapest e Vienna, veniva<br />
negli stessi mesi avanzato dal socialista ungherese Theodor Hertzka. Questi<br />
nel suo Fre<strong>il</strong>and (Terra libera), con una sorta <strong>di</strong> utopismo concreto,<br />
rispettoso delle popolazioni locali, ipotizzava <strong>di</strong> costruire in Africa colonie<br />
comunitarie che organizzassero con concor<strong>di</strong>a e sistematicità i lavoratori -<br />
europei immigrati e locali - sia nella vita produttiva (eliminando lo<br />
sfruttamento e <strong>il</strong> profitto capitalistico) sia nella società civ<strong>il</strong>e, tramite un<br />
egualitarismo equo ma non esasperato. Lo spirito <strong>di</strong> Hertzka, umanistico e<br />
libertario, sollecitò in Europa molte adesioni, perché, in anni <strong>di</strong> accese<br />
contese colonialiste, sembrava prospettare una strada etica e solidale,<br />
compatib<strong>il</strong>e con l’ottica socialista. L’opera <strong>di</strong> Hertzka godette <strong>di</strong> ampia eco<br />
nell’associazionismo socialista internazionale, fu più volte tradotta e<br />
ristampata 16 ; lo stesso Labriola ebbe a tornare su <strong>di</strong> essa - con accenti critici,<br />
però - cinque anni più tar<strong>di</strong> nella Memoria sul Manifesto comunista 17 .<br />
Alle argomentazioni <strong>di</strong> Labriola rispose F<strong>il</strong>ippo Turati sulla sua nuova<br />
<strong>rivista</strong> m<strong>il</strong>anese, «Cuore e Critica»; tacciò <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo napoletano <strong>di</strong><br />
indeterminatezza e <strong>di</strong> utopismo, negando - con qualche ragione politica -<br />
ogni possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> sv<strong>il</strong>uppo al «socialismo sperimentale» 18 :<br />
La vostra idea mi pare geniale, ma essa è - o parmi - terrib<strong>il</strong>mente indeterminata. Io non<br />
sono africanista, neppure me<strong>di</strong>ocremente intinto <strong>di</strong> cose africane. Ma così, a occhio e<br />
croce, mi pare che, o codesta idea deve essere un <strong>di</strong>segno concreto, o non sarà nulla.<br />
E a farla concreta non potreste essere che voi, che ne siete <strong>il</strong> padre.<br />
Seguì la replica <strong>di</strong> Labriola, <strong>il</strong> quale <strong>di</strong>chiarò <strong>di</strong> non credere che lo «Stato<br />
borghese» fosse in grado <strong>di</strong> risolvere in alcun modo le necessità sociali delle<br />
classi subalterne; non<strong>di</strong>meno, un intervento sulla politica coloniale in<br />
Eritrea avrebbe potuto fornire un mezzo potente alla «propaganda<br />
socialista», soprattutto nei confronti dei velleitarismi dei democratici e dei<br />
ra<strong>di</strong>cali. Più specificamente, osservò:<br />
Credo poco alla fecon<strong>di</strong>tà, al valore economico, insomma, <strong>della</strong> Eritrea, fatta eccezione<br />
<strong>di</strong> alcuni punti. E gli esperimenti socialistici li ritengo in genere cosa <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e, chiunque<br />
li faccia: ma ciò non toglie che si <strong>di</strong>ca nettamente: delle due una; o l’Africa non può<br />
render nulla, e questa politica è iniqua affatto; o può rendere qualche cosa, e allora non<br />
vi affrettate a trasformare in legalmente commerciab<strong>il</strong>e la terra libera, non aprite la via<br />
al salariato; <strong>il</strong> meno che possiamo chiedervi è <strong>di</strong> favorire una cooperativa <strong>di</strong> lavoratori.<br />
[...] Convengo interamente con Voi [Turati], che la base del socialismo deve essere <strong>il</strong><br />
proletariato, non credo per nulla ai socialisti sem<strong>il</strong>iberali, ma ritengo imprescin<strong>di</strong>b<strong>il</strong>i<br />
51
Gian Mario Bravo<br />
due cose: che <strong>il</strong> proletariato deve essere <strong>di</strong>retto da chi capisce, e che per capire bisogna<br />
aver piena coscienza delle forze politiche <strong>della</strong> storia.<br />
Il beneventano Pasquale Martignetti informò Engels sulla <strong>di</strong>atriba, in<br />
particolare sulla questione, che stava soprattutto a cuore a Labriola, <strong>della</strong><br />
«terra libera», e gli richiese <strong>di</strong> formulare un giu<strong>di</strong>zio. Engels <strong>il</strong> 30 marzo<br />
rispose in tedesco da Londra al corrispondente, traduttore in italiano <strong>di</strong><br />
numerosi suoi scritti 19 , <strong>il</strong> quale a sua volta trasmise <strong>il</strong> testo <strong>della</strong> missiva a<br />
Turati, in una versione non letterale ma nella sostanza accettata dall’autore.<br />
Turati la pubblicò, in calce agli interventi <strong>di</strong> Labriola e suo, con <strong>il</strong> titolo<br />
L’opinione <strong>di</strong> Engels. Questi assunse una via interme<strong>di</strong>a e, nella sostanza,<br />
ravvisò nelle ipotesi <strong>di</strong> Labriola delle proposte serie, ma <strong>di</strong> assai ardua<br />
realizzazione. Scrisse Engels 20 :<br />
La più elevata domanda che si possa fare all’o<strong>di</strong>erno governo italiano è che esso<br />
<strong>di</strong>stribuisca la proprietà fon<strong>di</strong>aria nelle colonie a poveri conta<strong>di</strong>ni perché coltivino essi<br />
stessi, e non a monopolisti, in<strong>di</strong>vidui o compagnie. La piccola coltura è lo stato naturale<br />
e migliore delle colonie fondate oggi dai governi borghesi, e noi socialisti possiamo<br />
quin<strong>di</strong> appoggiare con buona coscienza la introduzione <strong>della</strong> piccola coltura nelle<br />
colonie già fondate. Se la proposta del prof. Labriola sarà eseguita è un’altra questione.<br />
Tutt’i governi attuali sono troppo venduti e sottomessi ai finanzieri e alla borsa, perché<br />
gli speculatori <strong>della</strong> finanza non si debbano impossessare anche delle colonie pel loro<br />
sfruttamento, e questo avverrà pur troppo anche con l’Eritrea. Si può non<strong>di</strong>meno<br />
lottare contro <strong>di</strong> ciò in questa forma: chiedere al governo che esso debba assicurare ai<br />
conta<strong>di</strong>ni italiani, che emigrino colà, i medesimi vantaggi che essi cercano e trovano<br />
in gran parte per Buenos Aires; chiedere cioè cre<strong>di</strong>to dello Stato, per gli emigranti<br />
nell’Eritrea, per la fondazione <strong>di</strong> società, cooperative, ecc.<br />
Engels non affrontò i temi inerenti propriamente la questione coloniale<br />
né quelli dei rapporti fra le popolazioni in<strong>di</strong>gene e i colonizzatori, anche <strong>di</strong><br />
parte «proletaria»: fu questo un atteggiamento piuttosto consueto agli esor<strong>di</strong><br />
<strong>della</strong> riflessione <strong>della</strong> Seconda Internazionale, che mutò nel tempo e con la<br />
percezione <strong>della</strong> consapevolezza dell’iniquità del colonialismo e perciò <strong>della</strong><br />
necessità <strong>di</strong> scendere in campo con politiche anticolonialiste 21 .<br />
3. Dopo Adua, la questione coloniale assunse una <strong>di</strong>mensione più<br />
drammatica, e anche uomini «miti» (<strong>Del</strong> <strong>Boca</strong> menziona ad esempio<br />
Pascoli), vicini al socialismo umanitario e «dei professori» - per ricordare la<br />
52
Antonio Labriola e la questione coloniale<br />
definizione ben nota <strong>di</strong> Paolo Spriano 22 - <strong>di</strong>vennero in vario modo nuovi<br />
cultori <strong>di</strong> un nuovo colonialismo nazionale. Fra essi ci fu nel 1897 anche<br />
Labriola, quando egli era unanimemente considerato l’unico marxista e<br />
socialista italiano in grado <strong>di</strong> confrontarsi con la <strong>di</strong>rigenza marxista e<br />
rivoluzionaria del socialismo internazionale, insomma, con gli epigoni e gli<br />
esecutori testamentari del lascito ideale <strong>di</strong> Marx e <strong>di</strong> Engels. Ciò avvenne, per<br />
<strong>di</strong> più, nel medesimo tempo in cui egli pubblicò i Saggi sul Materialismo<br />
storico, su Discorrendo <strong>di</strong> socialismo e <strong>di</strong> f<strong>il</strong>osofia, mentre si apprestava a<br />
controbattere, <strong>di</strong> lì a poco, revisionismo e revisionisti italiani e stranieri,<br />
quali Benedetto Croce, Georges Sorel, Thomas Masaryk, <strong>il</strong> sempre da lui<br />
bistrattato Francesco Saverio Merlino e in particolare, dopo <strong>il</strong> 1899, perfino<br />
l’antico amico Bernstein.<br />
L’occasione per una nuova esternazione fu, per Labriola, un <strong>di</strong>alogo<br />
pubblico svoltosi a Roma <strong>il</strong> 21 febbraio 1897 - insieme a lui parlò Leonida<br />
Bissolati - nella sala dei Lavoratori del Libro, in una manifestazione per<br />
l’in<strong>di</strong>pendenza <strong>della</strong> Grecia; <strong>il</strong> testo venne stampato sul «Mattino» <strong>di</strong> Napoli 23 .<br />
Evviva <strong>il</strong> Risorgimento ellenico, affermò Labriola nel meeting, ricollegando<br />
uno schietto nazionalismo al socialismo pacifista, cosmopolita ed<br />
emancipatore dell’Internazionale:<br />
Un gruppo <strong>di</strong> studenti mi pregava, giorni fa, <strong>di</strong> tenere una conferenza su Can<strong>di</strong>a. Mi<br />
rifiutai. Cotesto sport letterario mal s’ad<strong>di</strong>ce alla presente agitazione. È dover nostro <strong>di</strong><br />
stab<strong>il</strong>ire con risoluzioni esplicite quale sia la volontà precisa <strong>della</strong> nazione in questo<br />
momento. Noi siamo per la Grecia, contro la barbarie turca e contro le insi<strong>di</strong>e <strong>della</strong><br />
<strong>di</strong>plomazia ad un tempo.<br />
Continuò <strong>il</strong> <strong>di</strong>scorso prendendo atto <strong>della</strong> «catastrofe dell’Oriente»,<br />
mettendo in guar<strong>di</strong>a <strong>il</strong> governo italiano dall’adeguarsi ai giochi <strong>di</strong>plomatici<br />
delle gran<strong>di</strong> potenze, in particolare <strong>della</strong> Germania; constatò che, nei<br />
Balcani, gli Stati nazionali esercitavano una funzione contraria alla Turchia<br />
e «per noi» (socialisti e italiani) rappresentavano «<strong>il</strong> progresso». Nella foga<br />
retorica andò oltre ai valori <strong>della</strong> nazionalità e accennò alla Tripolitania,<br />
riven<strong>di</strong>cando la «legittimità» <strong>di</strong> una sua conquista, a detrimento <strong>della</strong><br />
Turchia. Si accodò perciò a quelle visioni <strong>di</strong> colonialismo e poi <strong>di</strong><br />
imperialismo demografico, che sarebbero <strong>di</strong>venute egemoni <strong>di</strong> lì a qualche<br />
anno anche in Italia e avrebbero aperto profonde brecce nel movimento<br />
socialista 24 . Dopo aver <strong>di</strong>feso con forza ed eloquenza negli anni precedenti<br />
(1893) sia l’emigrazione italiana sia l’internazionalismo socialista in<br />
occasione dei tragici fatti <strong>di</strong> Aigues-Mortes 25 , pervenne ora a sostenere 26 :<br />
53
Gian Mario Bravo<br />
Liqui<strong>di</strong>amo per ora la Turchia europea. Quella d’Asia, da Brussa e Bagdad,<br />
sopravviverà ancora un pezzo. In quei territori, fatta eccezione degli armeni, non v’è<br />
popoli che sian capaci <strong>di</strong> vera e propria autonomia politica. Su quel campo <strong>della</strong><br />
Turchia asiatica continuerà a esercitarsi l’influenza del capitale, del commercio e<br />
dell’industria europea, come a modo <strong>di</strong> conquista. In questa gara conquistatrice, che è<br />
sempre legittima là dove non sono nazionalità vitali, la parte che tocca all’Italia è in<strong>di</strong>cata<br />
da tutte le ragioni <strong>della</strong> opportunità e <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa: intendo <strong>di</strong>re <strong>di</strong> ciò che alla Turchia<br />
rimane in Africa, ossia la Tripolitania. Non brontolino i socialisti: anzi mettano sicuro<br />
<strong>il</strong> piede sulla terra ferma <strong>della</strong> politica. Noi abbiamo bisogno <strong>di</strong> terreno coloniale, e la<br />
Tripolitania è a ciò in<strong>di</strong>catissima. Pensino che duecentom<strong>il</strong>a proletari all’anno<br />
emigrano dall’Italia, senza in<strong>di</strong>rizzo e senza <strong>di</strong>fese, e ricor<strong>di</strong>no che non ci può essere<br />
progresso nel proletariato, là dove la borghesia è incapace <strong>di</strong> progre<strong>di</strong>re. Come la<br />
fortuna d’Italia decadde nel secolo XVI, da che <strong>il</strong> bacino orientale del Me<strong>di</strong>terraneo<br />
venne nelle mani dei turchi, e Portogallo e Spagna <strong>di</strong>schiusero la vie dell’Oceano, così<br />
ora la Turchia si sfascia e l’Oceano ci si è fatto vicino per la linea del Canale <strong>di</strong> Suez,<br />
noi ripigliamo nuovamente posto nella storia.<br />
L’argomentazione <strong>di</strong> Labriola risentiva, sicuramente, delle antiche e<br />
superate tesi <strong>di</strong> Engels (1849-1850), ma non approvate da Marx, sui «popoli<br />
senza storia» e non aventi la possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> costituirsi in «nazione»: tesi che<br />
Labriola recepiva strumentalmente, perché i movimenti <strong>di</strong> unità nazionale<br />
<strong>di</strong> Germania e d’Italia, per quanto manchevoli, avevano avuto successo, i<br />
nazionalismi d’Irlanda e <strong>di</strong> Polonia erano pur sempre vitali, e quin<strong>di</strong> altri<br />
nazionalismi erano immaginab<strong>il</strong>i e verificab<strong>il</strong>i 27 .<br />
La visione <strong>di</strong> Labriola fu connessa alla situazione dell’emigrazione del<br />
proletariato italiano. Egli non rinnegò <strong>il</strong> marxismo <strong>di</strong> appartenenza;<br />
piuttosto, lo sminuì perché lo applicò solo ai popoli sv<strong>il</strong>uppati ed evoluti<br />
economicamente. Furono invero analisi largamente <strong>di</strong>ffuse<br />
nell’Internazionale Socialista; vennero superate attraverso tensioni, trage<strong>di</strong>e<br />
ed eccezionali antinomie soltanto nei <strong>di</strong>battiti che prelusero alla rotture<br />
planetarie <strong>della</strong> sinistra negli anni venti ed ebbero una svolta decisiva<br />
nell’anticolonialismo, nei movimenti <strong>di</strong> liberazione nazionale dei popoli,<br />
nella successiva elaborazione del terzomon<strong>di</strong>smo. Per questo, a titolo<br />
meramente in<strong>di</strong>cativo, sono ricordati soltanto <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> Frantz Fanon e <strong>il</strong><br />
suo appello ai «dannati <strong>della</strong> terra» (quegli stessi Dannati <strong>della</strong> terra<br />
dell’inno, <strong>di</strong>ventato presto celeberrimo, L’Internationale, <strong>di</strong> Eugène Pottier,<br />
tradotto in italiano da Turati), per non in<strong>di</strong>care le scelte politiche,<br />
economiche e <strong>di</strong> governo, che caratterizzarono l’intera seconda metà del<br />
secolo XX 28 .<br />
54
Antonio Labriola e la questione coloniale<br />
La questione <strong>di</strong> Can<strong>di</strong>a e <strong>della</strong> forza nazionale <strong>della</strong> Grecia (nel 1897, nel<br />
corso <strong>di</strong> una guerra dall’esito <strong>di</strong>sastroso con la Turchia, <strong>il</strong> paese non riuscì<br />
a liberare Creta e rischiò <strong>di</strong> perdere l’intera Tessaglia) fu fra gli argomenti <strong>di</strong><br />
maggior preoccupazione per Labriola, come risulta anche dai suoi carteggi<br />
privati. A fine febbraio <strong>di</strong>sse brevemente all’amico e allievo Croce: «Non ti<br />
ho più scritto, perché <strong>di</strong> questi giorni fui sempre can<strong>di</strong>ota» 29 . Fu giustamente<br />
preoccupato, perché la «Critica Sociale», in un articolo e<strong>di</strong>toriale, quin<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
Anna Kuliscioff e <strong>di</strong> Turati, subito intervenne con precisazioni sulle<br />
posizioni del Partito socialista: l’insurrezione cretese «meritava» tutte «le<br />
nostre simpatie», tuttavia <strong>il</strong> movimento socialista non doveva intervenire -<br />
né con finanziamenti né con altri supporti («sangue», era detto con enfasi)<br />
nel conflitto armato, perché «<strong>il</strong> principio <strong>di</strong> nazionalità» avrebbe potuto<br />
«attizzare la guerra civ<strong>il</strong>e in ogni Stato d’Europa». Senza mezzi termini era<br />
chiamato in causa Labriola, però non citato, che nella conferenza del 21<br />
febbraio, «in nome <strong>di</strong> un ipotetico <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> conquista sui paesi dove non<br />
sono “nazionalità vitali”, ad<strong>di</strong>tava all’Italia Tripoli». Gli autori <strong>di</strong>chiararono<br />
in conclusione: «Noi non cre<strong>di</strong>amo che <strong>il</strong> Partito socialista possa essere<br />
notato d’ignoranza né <strong>di</strong> v<strong>il</strong>tà se, <strong>di</strong> fronte agli attuali governi, non sarà altra<br />
<strong>di</strong>visa che questa, categorica e breve: abbasso le mani!» 30 .<br />
Labriola reagì non bene all’attacco e alle accuse degli ambienti socialisti.<br />
Nello scambio epistolare con Croce, pregò <strong>il</strong> giovane amico <strong>di</strong> informarsi<br />
sulla faccenda e <strong>di</strong> leggere la <strong>rivista</strong> turatiana, con l’aspro commento: «Con<br />
tali mascalzoni non ci si può aver da fare» 31 . Con un intellettuale grecoitaliano,<br />
docente all’Istituto Orientale <strong>di</strong> Napoli, Costantino Triantaf<strong>il</strong>lis<br />
(1831-1913), egli continuò <strong>il</strong> <strong>di</strong>alogo sulla «causa ellenica». In una sua<br />
missiva del 5 marzo ribadì quanto già detto, esaltò <strong>il</strong> «rinascimento ellenico»,<br />
lamentò che le potenze europee fossero in<strong>di</strong>fferenti al dramma <strong>della</strong> Grecia,<br />
richiamò la «libertà» e la «democrazia» che animavano l’«iniziativa<br />
popolare», col «<strong>di</strong>ritto alla rivoluzione» contrapposto alle esitazioni <strong>della</strong><br />
«decadente Europa borghese». Concluse con parole forti, che<br />
implicitamente celavano lo spirito colonialistico e civ<strong>il</strong>izzatore che aveva<br />
caratterizzato le sue ultime decisioni. Fu del tutto chiaro 32 :<br />
Can<strong>di</strong>a non sarà più del Turco: e a breve andare, <strong>il</strong> Turco non sarà più signore in<br />
Europa. Voi, Elleni, avete dato <strong>il</strong> segnale. Slavi ed Armeni vi seguiranno. Il bacino<br />
orientale del Me<strong>di</strong>terraneo sarà per sempre riacquistato all’azione progressiva <strong>della</strong><br />
civ<strong>il</strong>tà. Senza rivoluzione, nessun progresso!<br />
55
Gian Mario Bravo<br />
La <strong>di</strong>scussione sulla libertà e sulla lotta contro l’Impero Ottomano<br />
coinvolse a fondo le <strong>di</strong>plomazie europee e i partiti socialisti. Soprattutto in<br />
Germania <strong>il</strong> <strong>di</strong>battito fu vivace e Kautsky stesso intervenne sul «Vorwärts!»,<br />
organo ufficiale <strong>della</strong> Spd, con un articolo su La questione orientale e la<br />
socialdemocrazia, osservando che la lotta contro i due sistemi imperiali e<br />
autocratici <strong>della</strong> Russia e <strong>della</strong> Turchia poteva avvenire attraverso <strong>il</strong><br />
rafforzamento degli «Stati balcanici cristiani» e che la «democrazia europea»<br />
doveva «contrapporsi in modo compatto». Labriola, ricevuto dall’amico<br />
austriaco <strong>il</strong> testo, subito gli fece conoscere la sua opinione 33 :<br />
Bravo! Era tempo che i socialdemocratici sapessero finalmente come devono pensarla!<br />
L’Italia arde PER la Grecia, e <strong>il</strong> governo è prigioniero dell’opinione pubblica. Io ho<br />
molto contribuito a ciò - senza <strong>il</strong> permesso dei socialisti ufficiali. Qui in Italia l’istinto<br />
politico è una forza reale.<br />
Procedette oltre nella sua <strong>di</strong>scussione polemica con i socialisti italiani e<br />
tedeschi (non con Kautsky); lo attestò una nuova lettera a Croce, in cui parlò<br />
del «calcolo» dei politici sconfitto dall’«altruismo» 34 :<br />
La peggior figura l’hanno fatta i socialisti tedeschi - e in capite <strong>il</strong> «Vorwärts!». Che ci<br />
siano in mezzo a loro molti piccoli borghesi Inhaber [possessori] <strong>di</strong> azioni delle banche<br />
cre<strong>di</strong>trici <strong>della</strong> Turchia si sa - ma che un grande partito si <strong>di</strong>a l’aria <strong>di</strong> non capire una<br />
situazione nuova perché Marx ed Engels 20 anni fa credevano ut<strong>il</strong>e la conservazione<br />
<strong>della</strong> Turchia contro l’invasione russa, è - via - cosa che rasenta <strong>il</strong> cretinismo.<br />
La faccenda continuò e Labriola perseverò nella propensione passionale<br />
f<strong>il</strong>oellenica, con molte concessioni anche ideali non allo spirito nazionale ma<br />
alle più viete forme <strong>di</strong> nazionalismo che, in Italia, parallelamente<br />
emergevano nelle cerchie intellettuali, nella sinistra democratica e in alcune<br />
frange del socialismo. Presentò un lungo resoconto delle vicende e delle sue<br />
ultime opinioni alla fidata amica Luise, compagna <strong>di</strong> Kautsky. Quivi,<br />
accanto ai nuovi sentimenti che lo stavano animando, erano anche incluse<br />
le antiche critiche sull’organizzativismo esasperato, sulla scarsa luci<strong>di</strong>tà e sui<br />
piccoli opportunismi e accomodamenti, che connotavano <strong>il</strong> socialismo <strong>della</strong><br />
penisola. Scrisse in quello che fu un effettivo rapporto privato 35 :<br />
È vero che i socialisti italiani (come <strong>di</strong>ce <strong>il</strong> «Vorwärts!») sono stati <strong>di</strong>scor<strong>di</strong> sulla<br />
questione greca: ma la <strong>di</strong>scor<strong>di</strong>a era su la carta. La massa dei socialisti si è mescolata<br />
all’agitazione senza riserve. Il giornale l’«Avanti!» ha accettata l’agitazione con molte<br />
56
Antonio Labriola e la questione coloniale<br />
riserve e circonlocuzioni, perché in una riunione tenuta qui, <strong>il</strong> Bissolati, che voleva un<br />
or<strong>di</strong>ne del giorno schiettamente socialista, fu battuto. Mentre la maggior parte dei<br />
volontari partiti, o che vogliono partire, sono socialisti, la commissione centrale del partito<br />
(M<strong>il</strong>ano) <strong>di</strong>chiara «che <strong>il</strong> partito in quanto partito (la settima grande potenza <strong>di</strong> Europa!)<br />
si <strong>di</strong>chiara neutrale». E in pari tempo la «Critica [Sociale]» ha scritto un articolo cinicoscettico-maligno<br />
nell’ultimo n.°: articolo che porta, come nelle occasioni solenni, la firma<br />
intera <strong>della</strong> <strong>di</strong>tta isterico-letteraria t.k. (ossia Turati-Kuliscioff). Queste riserve, queste<br />
gesuiterie, questo cinismo vogliono <strong>di</strong>re una cosa sola: pensiamo a FARE le elezioni.<br />
Perché ogni socialista che si rispetta deve essere in Italia per lo meno can<strong>di</strong>dato. Di fatti<br />
<strong>il</strong> nostro Ferri è can<strong>di</strong>dato in se<strong>di</strong>ci (<strong>di</strong>co 16) collegi.<br />
Dopo lo sfogo, Labriola passò ad alcune valutazioni <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne ideale sul<br />
socialismo e sull’internazionalismo: qui invero abbandonò ogni<br />
manifestazione <strong>di</strong> pro- o pre-colonialismo e tornò a essere <strong>il</strong> teorico<br />
ortodosso del marxismo, in grado <strong>di</strong> confrontarsi col marxismo<br />
internazionale. Continuò con una serie <strong>di</strong> domande non retoriche ma<br />
concrete, e offrì <strong>di</strong> per sé risposte molto chiare, senza comunque percepire<br />
l’inconc<strong>il</strong>iab<strong>il</strong>ità esistente con quanto aveva appena asserito sui problemi<br />
<strong>della</strong> civ<strong>il</strong>tà e <strong>della</strong> civ<strong>il</strong>izzazione:<br />
Per conchiudere. Oggi, come 24 anni fa, quando cadde la Internazionale, possiamo<br />
farci queste domande: 1) È possib<strong>il</strong>e <strong>di</strong> stab<strong>il</strong>ire le basi e le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> una politica<br />
internazionale del proletariato? 2) È possib<strong>il</strong>e <strong>di</strong> trovare in ciascuna nazione degli<br />
uomini tanto orientati su le con<strong>di</strong>zioni generali <strong>della</strong> politica, che i loro consigli<br />
possano formare i criteri <strong>della</strong> condotta internazionale? 3) Non è forse vero che le<br />
<strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> una politica internazionale consistono non soltanto nelle <strong>di</strong>verse con<strong>di</strong>zioni<br />
del proletariato, ma nella <strong>di</strong>fettosa intelligenza e nei pregiu<strong>di</strong>zi dei suoi <strong>di</strong>rettori? 4) O<br />
siamo entrati in un periodo <strong>di</strong> pausa nello sv<strong>il</strong>uppo del socialismo? (io credo <strong>di</strong> sì).<br />
In queste sintetiche domande, Labriola rientrava appieno nella<br />
tra<strong>di</strong>zione del socialismo internazionalista ed era in sintonia anche con<br />
l’ultimo Engels. Tuttavia, nello scritto traspariva con evidenza la sua<br />
concezione pessimista dell’evoluzione del socialismo, che sarebbe stata<br />
vieppiù accentuata dalle impreve<strong>di</strong>b<strong>il</strong>i e inaccettab<strong>il</strong>i - per lui - <strong>di</strong>visioni<br />
verificatesi nel <strong>di</strong>battito sulla revisione del marxismo nella democrazia<br />
sociale tedesca e mitteleuropea.<br />
Sulla questione <strong>della</strong> politica estera <strong>della</strong> nuova Italia, da queste<br />
incertezze e ambivalenze egli trasse la conclusione non tanto <strong>della</strong> scelta<br />
coloniale, ma del fatto che le terre d’Africa asservite alla Porta fossero libere<br />
e restassero alla mercé <strong>di</strong> chi volesse occuparle, perciò nella piena<br />
57
Gian Mario Bravo<br />
<strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>ità dello spirito «civ<strong>il</strong>izzatore» dell’Europa e in particolare dei<br />
movimenti socialisti.<br />
4. Piuttosto estranee al resto <strong>della</strong> bas<strong>il</strong>are produzione teorica e politica<br />
<strong>di</strong> Labriola, le idee sopra sintetizzate funsero praticamente da premessa per<br />
<strong>il</strong> testo <strong>della</strong> primavera del 1902 sulla «questione <strong>di</strong> Tripoli», che fece<br />
scandalo: eppure esso, tenuto conto dei suoi contenuti, non sembrò<br />
impressionare troppo l’opinione pubblica delle sinistre italiana ed europea.<br />
Labriola, già gravemente ammalato <strong>di</strong> cancro, con <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong><br />
comunicazione orale, continuò a essere attento alla politica e a preservare le<br />
antiche amicizie socialiste e marxiste, restando a esse fedele. Come accadde<br />
anche ad altre componenti del socialismo italiano, egli viceversa partecipò<br />
con foga al confronto - anzi, quasi lo avviò - sulla legittimità, per l’Italia, <strong>di</strong><br />
occupare la «quarta sponda». Il 13 apr<strong>il</strong>e 1902 un importante foglio <strong>di</strong> Roma<br />
pubblicò l’intervista da lui concessa ad Andrea Torre, e<strong>di</strong>ta, con la <strong>di</strong>dascalia<br />
«giu<strong>di</strong>zi <strong>di</strong> un socialista», sotto <strong>il</strong> titolo Tripoli, <strong>il</strong> socialismo e l’espansione<br />
coloniale 36 . L’intervista fu ampia e a tutto campo. Il giornalista pose<br />
domande precise, cui Labriola rispose in modo articolato.<br />
Il primo quesito <strong>di</strong> Torre concerneva l’opportunità e l’ut<strong>il</strong>ità <strong>di</strong><br />
un’«azione italiana a Tripoli, dal punto <strong>di</strong> vista nazionale», alla quale <strong>il</strong><br />
socialismo non avrebbe potuto «essere estraneo» 37 . La sezione iniziale <strong>della</strong><br />
risposta <strong>di</strong> Labriola fu <strong>di</strong> per sé chiara e senza infingimenti:<br />
Gli interessi dei socialisti non possono essere opposti agli interessi nazionali, anzi li<br />
debbono promuovere sotto tutte le forme. Gli Stati d’Europa [...] sono in continuo e<br />
complicato <strong>di</strong>venire, in ciò che ambiscono, conquistano, assoggettano e sfruttano in<br />
tutto <strong>il</strong> resto del mondo. L’Italia non può sottrarsi a questo svolgimento degli Stati che<br />
porta con sé uno svolgimento dei popoli. Se lo facesse, e potesse farlo, in realtà si<br />
sottrarrebbe alla circolazione universale <strong>della</strong> vita moderna; e rimarrebbe arretrata in<br />
Europa. Il movimento espansionista delle nazioni ha le sue ragioni profonde nella<br />
concorrenza economica.<br />
Labriola sollevò motivi legati al socialismo nel suo rapporto con le<br />
nazionalità e connessi allo svolgersi dei socialismi europei negli ultimi lustri<br />
del secolo e nel primo decennio-quin<strong>di</strong>cennio <strong>di</strong> vita <strong>della</strong> Seconda<br />
Internazionale. La <strong>di</strong>scussione seguiva alcune linee precise.<br />
1) Socialismo e questione nazionale. Il <strong>di</strong>battito, dalla fine <strong>della</strong> Prima<br />
Internazionale alle scelte <strong>della</strong> Seconda, era stato ampio 38 . Se <strong>il</strong> socialismo si<br />
58
Antonio Labriola e la questione coloniale<br />
poneva <strong>il</strong> problema concreto dell’organizzazione nazionale, non avrebbe<br />
superato l’internazionalismo ma avrebbe collocato questo come secondo<br />
obiettivo. Di fatto, tesi analoghe potevano venir espunte da tutti gli scritti<br />
politici <strong>di</strong> Labriola ed erano conformi all’insegnamento <strong>di</strong> Engels e agli<br />
atteggiamenti dei <strong>di</strong>rigenti dell’Internazionale. Si trattava <strong>di</strong> comportamenti<br />
indotti da realismo politico, non ancora consapevoli degli andamenti<br />
successivi <strong>della</strong> trasformazione del colonialismo in imperialismo, quali si<br />
ebbero nelle correnti <strong>della</strong> sinistra <strong>della</strong> socialdemocrazia, a partire da Rosa<br />
Luxemburg per arrivare, in anni molto più avanzati, a Lenin, a Nikolaj I.<br />
Bucharin e a numerosi partecipi del <strong>di</strong>battito novecentesco. Comunque, <strong>il</strong><br />
presupposto <strong>di</strong> ogni ragionamento, a partire dal 1871-72 e dalla Critica<br />
marxiana del 1875 al Programma <strong>di</strong> Gotha <strong>della</strong> socialdemocrazia tedesca<br />
(resa pubblica solo a partire dal 1891), era che la nazione non solo esisteva,<br />
era un dato <strong>di</strong> fatto, ma costituiva anche <strong>il</strong> terreno primo su cui<br />
intraprendere la costruzione del socialismo.<br />
2) La formazione economica italiana, sebbene ancora attardata, era parte<br />
del contesto europeo degli Stati nazionali, quin<strong>di</strong> doveva fare i conti con <strong>il</strong><br />
<strong>di</strong>namismo degli altri paesi più maturi, non poteva restare arretrata,<br />
rischiando perciò <strong>di</strong> essere emarginata. Da queste riflessioni e da tali <strong>di</strong>battiti<br />
era scaturito l’interesse <strong>di</strong> Labriola per la questione coloniale.<br />
3) Questi elementi non contrastavano, quando non venivano esasperati,<br />
con le <strong>di</strong>namiche del socialismo coevo. Labriola cercò ripetutamente <strong>di</strong><br />
conc<strong>il</strong>iare <strong>il</strong> Marx del Capitale con lo sv<strong>il</strong>uppo del capitalismo e <strong>della</strong> classe<br />
operaia e con le necessità <strong>di</strong> un’estensione <strong>di</strong> questa anche al <strong>di</strong> là dei confini<br />
delle regioni evolute del pianeta. In seguito - soprattutto dopo i pericoli<br />
messi in luce dal mondo liberale più aperto, ad esempio, da Hobson -,<br />
all’interno del socialismo internazionale si levarono correnti che si posero<br />
obiettivi più avanzati. Fin dall’inizio del Novecento, Lenin, ad esempio,<br />
anche sbagliando nelle sue interpretazioni (ma gli errori furono r<strong>il</strong>evati solo<br />
decenni più tar<strong>di</strong>), anticipò le argomentazioni, oggetto degli stu<strong>di</strong><br />
sull’Autodecisione delle nazioni (1914) e, due anni dopo, sull’Imperialismo,<br />
in cui richiedeva l’autodeterminazione per i popoli coloniali e <strong>di</strong>pendenti,<br />
perché essa corrispondeva sia agli interessi <strong>di</strong> classe dei lavoratori degli Stati<br />
metropolitani sia a quelli dei popoli coloniali 39 .<br />
A questo punto, in Labriola fu determinante <strong>il</strong> fattore biografico. Nella<br />
primavera del 1902, a causa <strong>della</strong> malattia, cioè non solo per motivi politici<br />
o teorici, egli viveva chiuso in se stesso e non seguiva più con la precedente<br />
costanza <strong>il</strong> <strong>di</strong>battito politico. Si manifestò invece in lui con forza la<br />
59
Gian Mario Bravo<br />
componente <strong>il</strong>luministica e positivista. Cioè, <strong>il</strong> positivismo e lo scientismo,<br />
ai quali egli pur si era opposto con rigido vigore, emersero ora nel suo<br />
ragionamento, in cui faceva capolino la visione <strong>della</strong> missione civ<strong>il</strong>izzatrice<br />
e costruttiva dell’Europa, giustificatrice nei confronti dell’intervento nei<br />
confronti <strong>di</strong> popoli inferiori, tali perché erano rimasti estranei ai movimenti<br />
economici e materiali e alla crescita <strong>della</strong> civ<strong>il</strong>tà.<br />
L’intervista <strong>di</strong> Torre proseguiva. Labriola articolò ancora la sua risposta,<br />
introducendo le argomentazioni, a lui più congeniali, del rapporto tra la<br />
forza e lo Stato, <strong>della</strong> guerra tradotta anche in guerra civ<strong>il</strong>e e soprattutto dello<br />
«sfruttamento» capitalistico e globale posto in essere nelle società borghesi 40 :<br />
Non è possib<strong>il</strong>e, nelle con<strong>di</strong>zioni o<strong>di</strong>erne effettive degli Stati, che la concorrenza ceda<br />
<strong>il</strong> posto a una giustizia inerme e senza mezzi <strong>di</strong> coazione [...] e questo <strong>di</strong>co oggi a coloro<br />
che, per avversione a certe forme coattive <strong>di</strong> cui sono costretti a far uso gli Stati,<br />
preferiscono rinunziare a quel relativo progresso che nasce dal prender parte fattiva<br />
all’impetuosa concorrenza propria del nostro tempo [...]. Da noi è frequente la<br />
declamazione contro la guerra, mentre abbiamo continuo <strong>il</strong> fermento <strong>della</strong> guerra<br />
civ<strong>il</strong>e a casa nostra: da noi si protesta sempre contro le espansioni, mentre man<strong>di</strong>amo<br />
in tutto <strong>il</strong> mondo le forze vive dei nostri lavoratori in servizio del capitale straniero.<br />
La visione <strong>di</strong> Labriola collimò in realtà con quella dei Presupposti<br />
bernsteiniani, che appena due-tre anni prima egli aveva criticato con<br />
veemenza e meticolosità (ma senza entusiasmo, perché Bernstein era pur<br />
sempre <strong>il</strong> curatore del lascito testamentario <strong>di</strong> Marx). Inoltre, egli fu vicino<br />
- talora anticipandole - a posizioni presenti in correnti del socialismo italiano<br />
e soprattutto nel riformismo liberale e aperto, einau<strong>di</strong>ano più che non<br />
giolittiano, sostenuto ad esempio dalla torinese Rivista d’avanguar<strong>di</strong>a, «La<br />
Riforma Sociale» 41 . Avanzò perfino opinioni che, una manciata d’anni<br />
dopo, sarebbero state enunciate dal nazionalismo italiano 42 :<br />
E <strong>di</strong>co dalla papale, che invalida i titoli <strong>della</strong> nostra unità; dalla capitalistica, che asporta<br />
dall’Italia i profitti commerciali e industriali; e dall’operaia, che riduce in con<strong>di</strong>zioni<br />
<strong>di</strong> inferiorità all’estero i nostri emigranti.<br />
Il giornalista Torre ricordava a Labriola alcune sue parole del passato, che<br />
l’Italia «non può volontariamente sequestrarsi dalla storia». La conseguenza<br />
era dunque che <strong>il</strong> governo Giolitti, che godeva del supporto del partito,<br />
dovesse avere una politica <strong>di</strong>namica specie con riferimento a Tripoli.<br />
Labriola, che nell’ambito del movimento socialista restava contrario a<br />
60
Antonio Labriola e la questione coloniale<br />
Giolitti a causa dell’eccessiva cautela in tema <strong>di</strong> legislazione sociale (ed era<br />
per questo criticato tanto da Bissolati che da Turati) 43 , altro atteggiamento<br />
ebbe per quanto concerneva l’eventualità <strong>di</strong> una campagna coloniale.<br />
All’interno <strong>di</strong> un suo ragionamento piuttosto paradossale, notò che, se<br />
l’unità nazionale italiana si fosse compiuta all’inizio dell’Ottocento, anche<br />
l’Italia, come la Francia e l’Ingh<strong>il</strong>terra, sarebbe entrata nel novero delle<br />
potenze coloniali nel Me<strong>di</strong>terraneo e, dopo l’ apertura del canale <strong>di</strong> Suez,<br />
avrebbe potuto competere con le altre potenze per <strong>il</strong> predominio dell’Africa<br />
e anche per resistere all’«avanzarsi minaccioso <strong>della</strong> Russia» 44 .<br />
Labriola formulò ipotesi in termini <strong>di</strong> politica <strong>di</strong> potenza e <strong>di</strong> ragion <strong>di</strong><br />
Stato, alla pari del teorico tedesco Leopold von Ranke, che egli conosceva<br />
bene, al quale - correttamente sul piano dell’interpretazione - appena un<br />
anno prima aveva guardato come a un efficace reazionario 45 :<br />
Ranke sta con un piede nell’ancien [régime] e con l’altro nel mondo borghese. Fu un<br />
protestante aulico-concistoriale, e insaputamente estese ai perio<strong>di</strong> <strong>della</strong> storia quel<br />
concetto <strong>di</strong> Beruf (un che <strong>di</strong> me<strong>di</strong>o, vuole <strong>di</strong>re la parola, fra vocazione e missione), che<br />
sarebbe, per chi ci crede, la insegna etico-politica degli Hohenzollern.<br />
Il concetto <strong>di</strong> supremazia - <strong>di</strong> egemonia, si sarebbe detto in seguito - stava<br />
al <strong>di</strong> sopra <strong>di</strong> ogni cosa e decisione nella politica estera, necessariamente <strong>di</strong><br />
potenza, <strong>di</strong> uno Stato: in questo caso gli vennero a mancare l’analisi del<br />
marxista conseguente e l’umanesimo del socialista emotivo e solidale<br />
italiano. Fu <strong>di</strong> nuovo invece spiccatamente marcato da realismo positivista,<br />
che, nel suo caso, assunse toni impressionanti. Concluse questa sezione del<br />
ragionamento con ulteriori argomentazioni che nel futuro <strong>della</strong> politica<br />
coloniale e imperiale - ma da operetta - dell’Italia avrebbero avuto un<br />
significato funesto sul cosciente possib<strong>il</strong>e ingresso del paese nel contesto delle<br />
gran<strong>di</strong> potenze 46 :<br />
Ebbene noi siamo arrivati troppo tar<strong>di</strong> [all’unità nazionale] per prendere posizione <strong>di</strong><br />
predominio, e toccherà alla politica italiana <strong>di</strong> rassegnarsi a Tripoli, che certo non ci<br />
compensa né <strong>di</strong> Tunisi né dell’Egitto perduti per noi. Nel trentennio corso dal 1870<br />
in qua nemmeno la Triplice è valsa a darci carattere <strong>di</strong> potenza decisiva, e come la nostra<br />
politica africana non fu in fondo che un incidente <strong>della</strong> politica inglese, così tutto <strong>il</strong><br />
nostro atteggiamento nel mondo è <strong>di</strong>peso dalla Triplice, e ossia dalla necessità <strong>di</strong><br />
subirla prima, e dalla paura <strong>di</strong> perderla dopo. Affermarsi come potenza capace <strong>di</strong> una<br />
propria iniziativa, sarebbe per l’Italia - <strong>di</strong>rò in linguaggio un po’ f<strong>il</strong>osofico - come un<br />
cessare dall’essere un incidente e cominciare dall’essere un efficiente. Perciò la<br />
61
Gian Mario Bravo<br />
questione <strong>di</strong> Tripoli va giu<strong>di</strong>cata per noi come <strong>il</strong> primo saggio <strong>della</strong> nostra libera e<br />
cosciente apparizione nella politica mon<strong>di</strong>ale.<br />
Il commento del giornalista fu che <strong>il</strong> ministero Giolitti non aveva<br />
mostrato d’essere consapevole <strong>della</strong> complessità <strong>di</strong> tale azione e aveva vissuto<br />
in modo «empirico» e «ristretto» la politica coloniale, con le sue molte e tristi<br />
pagine. La risposta <strong>di</strong> Labriola fu allarmante 47 :<br />
Vi <strong>di</strong>rò solo che io ho molta fiducia che l’attuale ministero agirà bene nella questione<br />
tripolina, e un’ancora maggiore fiducia l’ho nelle circostanze. La politica liberale non<br />
ci ha alienata la Germania e pure ha ispirato maggior fiducia <strong>della</strong> Francia verso <strong>di</strong> noi.<br />
Il fatto sorprendente era che, mentre faceva le sue asserzioni, Labriola,<br />
nonostante gli impe<strong>di</strong>menti fisici, continuava a restare addentro alle vicende<br />
del <strong>di</strong>battito marxista. Per questo, <strong>il</strong> suo <strong>di</strong>stacco risultava essere più evidente.<br />
D’altra parte, <strong>il</strong> suo era un atteggiamento spesso con<strong>di</strong>viso e qualche volta<br />
ripreso in parte nel <strong>di</strong>battito nella Seconda Internazionale, in cui, come<br />
accadde dopo <strong>il</strong> 1896 e <strong>il</strong> congresso <strong>di</strong> Londra, <strong>il</strong> «sistema coloniale» venne in<br />
qualche modo accettato perché, introducendo <strong>il</strong> capitalismo in regioni e paesi<br />
arretrati se non selvaggi, esso costituiva pur sempre - secondo una lettura<br />
letterale e grossolana <strong>di</strong> Marx - un «fattore <strong>di</strong> progresso».<br />
Labriola proseguì nel suo ragionamento, notando che la politica <strong>di</strong><br />
alleanza con la Germania rappresentava un vantaggio per l’Italia, anche se<br />
essa sembrava aprire al Reich la via del Me<strong>di</strong>terraneo; ciò nonostante, la<br />
situazione era migliore che ai tempi <strong>della</strong> nascita <strong>della</strong> Triplice Alleanza ed<br />
era arrivato «<strong>il</strong> momento buono per una politica d’iniziativa». L’Italia<br />
doveva accettare i presupposti dell’ut<strong>il</strong>ità e dell’attuab<strong>il</strong>ità dell’impresa in<br />
Libia, doveva «rassegnarsi», <strong>di</strong>chiarò con qualche cinismo 48 .<br />
Quanto all’ut<strong>il</strong>ità, bisogna spiegarsi: certo che m<strong>il</strong>itarmente non ci compensa <strong>della</strong><br />
minaccia che per l’Italia e sopra tutto per la Sic<strong>il</strong>ia rappresenta la Tunisia armata dai<br />
francesi. La Tripolitania con tutta la Cirenaica è troppo in giù dalle gran<strong>di</strong> linee del<br />
Me<strong>di</strong>terraneo. Ma siccome non è ormai in poter nostro <strong>di</strong> togliere queste gran<strong>di</strong> linee<br />
né all’Ingh<strong>il</strong>terra, né alla Germania, né alla Francia, non ci resta che accomodarci a<br />
Tripoli. [...] Ci rassegneremo presto o tar<strong>di</strong> a pigliare quella parte <strong>della</strong> costa africana<br />
che rimane <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>e.<br />
In quanto politico, Labriola, al contrario del pragmatico Turati, non fu<br />
né lungimirante né particolarmente originale, e tese piuttosto ad assestarsi<br />
62
Antonio Labriola e la questione coloniale<br />
sulle posizioni prevalenti nell’Italia giolittiana, senza andar oltre <strong>il</strong> comune<br />
pensare superficiale <strong>della</strong> maggior parte dell’opinione pubblica e<br />
dell’informazione.<br />
Ammise ad<strong>di</strong>rittura che sarebbe sorta probab<strong>il</strong>mente sulle piazze e nel<br />
Parlamento l’opposizione dei democratici e <strong>di</strong> parte dei socialisti, e la sinistra<br />
sarebbe scesa in campo, perché non era coinvolta la <strong>di</strong>fesa del paese e i costi<br />
avrebbero potuto essere alti. Ma l’opposizione sarebbe stata più formale che<br />
non sostanziale. «In fondo», ribadì con presunzione (almeno per <strong>il</strong> suo essere<br />
socialista) e con reiterato cinismo, «con un po’ <strong>di</strong> garbo <strong>il</strong> governo troverà<br />
modo <strong>di</strong> far capire che la Tripolitania economicamente non è poi l’Eritrea» 49 .<br />
Ripetutamente, Labriola palesò scetticismo e in<strong>di</strong>fferenza, sfiducia nella<br />
sinistra, approvando non<strong>di</strong>meno le scelte - nel <strong>di</strong>battito del 1902 - del<br />
governo giolittiano. Insomma, notevoli furono le incoerenze in cui egli agì.<br />
Che si d<strong>il</strong>atarono quando egli, nelle ultime risposte alle domande del<br />
giornalista, si soffermò sull’ut<strong>il</strong>ità dell’impresa e sui suoi vantaggi<br />
economici. Il progetto costituiva un lavoro da completare per le generazioni<br />
future: un «compito nuovo da assolvere, che sarebbe quello <strong>di</strong> conquistare<br />
per colonizzare». Qui intervenne <strong>di</strong> nuovo <strong>il</strong> coefficiente demografico,<br />
rapportato all’eccezionale emigrazione italiana. La Tripolitania veniva vista<br />
come «terreno d’azione per <strong>il</strong> capitale e <strong>il</strong> lavoro italiano, data la nostra<br />
colossale emigrazione, che negli ultimi tempi è enormemente cresciuta». Per<br />
questo, insistette, «non sarebbe poi tanto antidemocratico, che lo Stato ora<br />
impiegasse le forze m<strong>il</strong>itari e finanziarie pubbliche in un’impresa che potesse<br />
poi incanalare per secoli le forze demografiche <strong>della</strong> nazione italiana» 50 .<br />
Il giornalista commentò la proposta definendola «vitale». Labriola<br />
sottolineò che egli intendeva parlare propriamente <strong>di</strong> colonizzazione, non <strong>di</strong><br />
acquisizione <strong>di</strong> un semplice sbocco commerciale 51 . La sua visione del<br />
colonialismo, più forse <strong>di</strong> quella dei nazionalisti democratici, fu affatto<br />
tra<strong>di</strong>zionalista: anticipò le valutazioni sull’impresa <strong>di</strong> Libia posteriori <strong>di</strong><br />
qualche anno e le giustificazioni <strong>della</strong> politica coloniale del fascismo 52 .<br />
La sezione più sconvolgente fu quella <strong>di</strong> chiusura, avente come<br />
sottotitolo Gli interessi nazionali <strong>della</strong> nuova Italia 53 . Quali sono questi<br />
interessi nazionali, chiese <strong>il</strong> Torre. La risposta fu ampia.<br />
Non bisogna trascurare questo aspetto complessivo e razionale. Il che importa<br />
parecchie cose. E prima <strong>di</strong> tutto <strong>il</strong> prestigio che viene all’Italia come nazione [...]. E poi,<br />
in secondo luogo, bisogna guardare al fatto <strong>di</strong> assicurarci dalla costa opposta del<br />
Me<strong>di</strong>terraneo quello che c’è <strong>di</strong> <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>e e che pure essendo <strong>il</strong> men buono <strong>di</strong> tutto<br />
<strong>il</strong> resto, ci garantisce <strong>di</strong> tutti i danni <strong>di</strong> una inevitab<strong>il</strong>e occupazione da parte <strong>di</strong> altra<br />
63
Gian Mario Bravo<br />
potenza. Ma sopra tutto poi bisogna iniziare un’opera continuativa <strong>di</strong> politica<br />
economica e <strong>di</strong> politica <strong>della</strong> popolazione, per cui l’Italia, anziché vedere <strong>di</strong>sperse le sue<br />
energie demografiche in tutte le parti del mondo, <strong>il</strong> che costituisce l’aspetto più tristo<br />
<strong>della</strong> nostra inferiorità nel mondo [...], possa invece stab<strong>il</strong>mente trasferirle in una<br />
regione non lontana come la Tripolitania, dove [...] ci sarebbe certo da sv<strong>il</strong>uppare la<br />
nuova Italia. [...] Qui sta <strong>il</strong> punto capitale: <strong>il</strong> che vorrà <strong>di</strong>re che la nostra impresa sarà<br />
vera, se oltre a portare in Tripolitania soldati e funzionari, appaltatori e monopolisti,<br />
noi troveremo la via e <strong>il</strong> modo <strong>di</strong> trasportarci i lavoratori. [...] Certo ci vorrà molta<br />
ab<strong>il</strong>ità, molto saper fare, molti aiuti, molti incoraggiamenti, molte concessioni per<br />
spingere in massa i nostri emigranti a rivolgersi verso la Tripolitania: <strong>il</strong> che vorrà <strong>di</strong>re<br />
che essi non sarebbero più emigranti, una volta che andrebbero a popolare una nuova<br />
patria.<br />
Apparvero in queste parole finali tutti i motivi più vieti <strong>della</strong> storia del<br />
colonialismo dei «popoli poveri» dell’Europa, apportatori non solo <strong>di</strong><br />
Civ<strong>il</strong>isation e <strong>di</strong> Kultur come quelle dei paesi ricchi, ma anche <strong>di</strong> emigrazione<br />
e <strong>di</strong> ricerca <strong>di</strong> una nuova patria. L’immagine <strong>di</strong> Labriola, dunque, non fu solo<br />
quella consueta del colonialismo nelle sue manifestazioni più superficiali<br />
ma, daccapo, egli richiamò i princìpi <strong>della</strong> politica dello Stato-potenza,<br />
costretto a intervenire, perché in caso contrario ci sarebbe stato un terzo ente<br />
- ad esempio, la Germania - a trarre dei vantaggi.<br />
Il Labriola teorico attuò nel suo Io una sorta <strong>di</strong> scissione intellettuale. La<br />
Germania e la cultura tedesca erano state e restavano al centro in modo<br />
sicuro <strong>della</strong> sua attenzione <strong>di</strong> socialista e marxista. La medesima Germania<br />
- alleata dell’Italia - suscitava i suoi timori, quando egli pensava alla necessità<br />
dell’espansionismo coloniale nazionale, che, ove non fosse stato realizzato,<br />
sarebbe stato invece affrontato con successo dal governo <strong>di</strong> Berlino sia nella<br />
<strong>di</strong>mensione coloniale sia come politica <strong>di</strong> intervento nel Me<strong>di</strong>terraneo in<br />
accordo con la Porta. Cioè, egli, volendo contrastare le potenze imperiali più<br />
chiuse dell’Europa, auspicò per l’Italia una politica estera ed espansionistica<br />
parimenti aggressiva.<br />
Un’altra questione complementare. La <strong>di</strong>scussione sull’inse<strong>di</strong>amento <strong>di</strong><br />
comunità europee in regioni africane o asiatiche non preluse soltanto a<br />
sbocchi colonialistici. Si abbia presente la parallela <strong>di</strong>scussione, tra la fine<br />
Ottocento e l’avvio del nuovo secolo, del e sul sionismo, per cui <strong>il</strong> ritorno<br />
alla patria eletta - Eretz Israel - tenne in genere in scarsa considerazione la<br />
presenza <strong>di</strong> un popolo <strong>di</strong>verso, ra<strong>di</strong>cato da secoli, inse<strong>di</strong>ato sulle terre<br />
palestinesi: rappresentarono delle eccezioni <strong>il</strong> sionista socialista e marxista<br />
Moses Hess e una minoranza <strong>di</strong> pochi altri m<strong>il</strong>itanti e pensatori israeliti. Da<br />
64
Antonio Labriola e la questione coloniale<br />
un altro lato, si riaffacciò in Labriola la <strong>di</strong>scussione sulle colonie comunitarie<br />
del socialismo utopista <strong>di</strong> fine Ottocento, che - si è accennato a proposito <strong>di</strong><br />
Hertzka - vedevano nell’occupazione soltanto pacifica e concordata <strong>di</strong> terre<br />
africane <strong>di</strong>sabitate da parte <strong>di</strong> lavoratori <strong>il</strong> modo per avviare una società<br />
vivib<strong>il</strong>e e comunista. Il modello, già richiamato dal Labriola «marxista»,<br />
degenerò in lui, nel 1902 e nel calare doloroso <strong>della</strong> sua esistenza, e lo indusse<br />
a sbocchi <strong>di</strong>vergenti, ultranazionalistici e patriottar<strong>di</strong>.<br />
5. Il socialismo italiano, così contrad<strong>di</strong>ttorio nelle sue <strong>di</strong>verse tendenze, si<br />
<strong>di</strong>vise poi apertamente sulla questione libica, ma al momento fu piuttosto<br />
critico, anche se con rispetto, nei confronti <strong>di</strong> Labriola; la spaccatura nel<br />
riformismo la si ebbe <strong>di</strong>eci anni più tar<strong>di</strong>, <strong>di</strong> fronte all’occupazione <strong>di</strong> Tripoli<br />
e alla guerra libica. Nell’imme<strong>di</strong>ato, prevalse la concretezza <strong>di</strong> Turati. La<br />
visione <strong>di</strong> Labriola rientrava nella prospettiva <strong>di</strong> attribuire all’Italia una politica<br />
estera attiva e invero venne così intesa da molti assertori del suo tempo: attiva<br />
per la <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> «potenza» dell’Italia, ma anche per sovvenire alle <strong>di</strong>fficoltà<br />
e al dramma dell’emigrazione. Inoltre, Labriola - a parte i molti e importanti<br />
collegamenti internazionali - fu un «isolato», che rispose sempre solo a se stesso<br />
delle proprie idee 54 . Infatti, <strong>il</strong> suo contributo al <strong>di</strong>battito nel marxismo<br />
internazionale continuò a essere riconosciuto, come risultò anche dal tributo<br />
offertogli, nel necrologio del 1904, da un esponente <strong>di</strong> spicco <strong>della</strong> sinistra<br />
socialista tedesca, quale Franz Mehring 55 . Ciò nonostante, le carenze <strong>della</strong> sua<br />
visione sulla politica espansionistica italiana restano, e furono sempre messe in<br />
luce dall’intelligentzija e dalla storiografia. Valgano, fra i tanti proponib<strong>il</strong>i, gli<br />
esempi <strong>di</strong> Togliatti e <strong>di</strong> Garin.<br />
Palmiro Togliatti, che fu tra i primi a riven<strong>di</strong>care l’originalità marxista e<br />
socialista <strong>di</strong> Labriola e a vedere in lui <strong>il</strong> precursore <strong>di</strong> Gramsci, nel 1935, nel<br />
Corso sugli avversari (o Lezioni sul fascismo) tenuto a Mosca, scoprì una sorta<br />
<strong>di</strong> «fatalismo rivoluzionario» e meccanicista nel marxismo <strong>di</strong> Labriola. «In<br />
Italia», <strong>di</strong>sse Togliatti, «se stu<strong>di</strong>ate a fondo <strong>il</strong> solo marxista che abbiamo avuto,<br />
Antonio Labriola, voi trovate in esso delle sfumature <strong>di</strong> questo fatalismo», che<br />
lo indusse a vedere nelle sv<strong>il</strong>uppo <strong>della</strong> borghesia capitalistica nazionale la<br />
premessa per l’avvio al socialismo. Continuò <strong>il</strong> <strong>di</strong>rigente comunista 56 :<br />
È su questa base che Labriola scivolò fino a legittimare la espansione italiana in Africa<br />
[...]. Noi dobbiamo, <strong>di</strong>ceva egli, sostenere questa espansione perché ci avvicina al<br />
socialismo. Voi vedete come in questa posizione non vi sia più nulla <strong>di</strong> marxista.<br />
65
Gian Mario Bravo<br />
Ciò, secondo Togliatti, non sminuì <strong>il</strong> poderoso contributo fornito da<br />
Labriola non solo al <strong>di</strong>battito ideale ma, con la sua critica, alla costruzione<br />
organizzativa del socialismo italiano.<br />
Eugenio Garin, nella voce Labriola per <strong>il</strong> Dizionario biografico del<br />
movimento operaio italiano 57 , mise in luce l’operosa e intelligente attività <strong>di</strong><br />
innovazione marxista svolta dal f<strong>il</strong>osofo, ma anche i suoi aspetti <strong>di</strong> ambiguità,<br />
specie se rapportati al prof<strong>il</strong>o basso ma alla coerenza maggiore <strong>della</strong> sua<br />
controparte <strong>di</strong> sempre, Turati. Manifestò senza sosta riserve e ironie nei<br />
confronti <strong>della</strong> confusa attività parlamentare dei socialisti italiani e denunciò<br />
la loro mancanza <strong>di</strong> iniziativa: e fu appunto tra i più fervi<strong>di</strong> sostenitori <strong>di</strong><br />
quell’espansionismo coloniale, che avrebbe marcato dolorosamente la vicenda<br />
italiana <strong>della</strong> prima metà del secolo XX. Mentre <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo restava aperto e<br />
immune da contaminazioni, nella pratica politica, separato dal movimento e<br />
solo, fu soggetto a «sca<strong>di</strong>menti d’improvvisazione», che ne avrebbero bollato<br />
parte dell’insegnamento. Tuttavia, le «sue opere restano vive e ricche <strong>di</strong> stimoli<br />
fecon<strong>di</strong>, nonostante ogni squ<strong>il</strong>ibrio fra <strong>il</strong> teorico e <strong>il</strong> politico».<br />
66<br />
Note al testo<br />
1 Rinvio ad ANGELO DEL BOCA, Gli italiani in Libia. Tripoli bel suol d’amore, 1860-1922,<br />
Laterza, Roma-Bari 1986, vol. I, specie pp. 3-38. In generale, cfr. NICOLA LABANCA,<br />
Oltremare. Storia dell’espansione coloniale italiana, Il Mulino, Bologna 2002, e WOLFGANG<br />
REINHARD, Storia del colonialismo, Einau<strong>di</strong>, Torino 2002. Sul <strong>di</strong>battito, cfr. OTTAVIO BARIÉ,<br />
Imperialismo e colonialismo, in Storia delle idee politiche, economiche e sociali, <strong>di</strong>retta da Luigi<br />
Firpo, Utet, Torino 1972, vol. V, pp. 652-727.<br />
2 Per un’interpretazione <strong>della</strong> posizione labrioliana <strong>della</strong> neo-destra, cfr. ENRICO LANDOLFI,<br />
Rosso imperiale. Le sorprese espansionistiche in A. Labriola e altri saggi, con introduzione <strong>di</strong> Mario<br />
Bernar<strong>di</strong> Guar<strong>di</strong>, Solfanelli, Chieti 1992; ID., L’idea <strong>di</strong> nazione e la politica espansionistica in un<br />
grande interprete del marxismo: A. Labriola, «Rassegna Sic<strong>il</strong>iana <strong>di</strong> Storia e Cultura», Palermo<br />
1998, n.5, pp. 63-78.<br />
3 JOHN ATKINSON HOBSON, Imperialism. A Study (1902), in ital. L’imperialismo, a cura <strong>di</strong> Luca<br />
Meldolesi, Newton, Roma 1996; RUDOLF HILFERDING, Das Finanzkapital (1910), in ital. Il<br />
capitale finanziario, con un’introduzione <strong>di</strong> Giulio Pietranera, Feltrinelli, M<strong>il</strong>ano 1976 3 . Cfr.<br />
la sezione Da un secolo all’altro. L’imperialismo, in ENZO SANTARELLI, Storia sociale del mondo<br />
contemporaneo. Dalla Comune <strong>di</strong> Parigi ai nostri giorni, Feltrinelli, M<strong>il</strong>ano 1982, pp.106-184.<br />
4 Seguo l’interpretazione <strong>di</strong> FRANCO ANDREUCCI, La questione coloniale e l’imperialismo, in<br />
Storia del marxismo. Volume II. Il marxismo nell’età <strong>della</strong> Seconda Internazionale, Einau<strong>di</strong>,<br />
Torino 1979, pp. 865-893.
Antonio Labriola e la questione coloniale<br />
5 Da una lettera <strong>di</strong> Engels a Kautsky, 12 settembre 1882, ibidem, p. 872.<br />
6 Da «Der Sozialdemokrat», 10 luglio 1884, ibidem, pp. 874-875.<br />
7 Ibidem: «Le argomentazioni riguardano soprattutto <strong>il</strong> ruolo <strong>di</strong> provocazione svolto dalla<br />
politica coloniale nelle relazioni internazionali; <strong>il</strong> peso negativo del b<strong>il</strong>ancio coloniale, povero<br />
<strong>di</strong> frutti consistenti, ma tradotto in imposte che colpiscono tutti i citta<strong>di</strong>ni; lo stimolo alle spese<br />
m<strong>il</strong>itari che deriva dalle imprese coloniali; la sottrazione <strong>di</strong> una fetta del b<strong>il</strong>ancio dello Stato dalla<br />
politica <strong>di</strong> riforme sociali. E, come sfondo <strong>di</strong> tutto ciò, l’intensificarsi <strong>della</strong> contrad<strong>di</strong>zione fra<br />
l’aumento <strong>della</strong> produzione e <strong>il</strong> restringersi dei mercati» (p. 877). Cfr. anche, MADELEINE<br />
REBÉRIOUX, Il <strong>di</strong>battito sulla guerra, in Storia del marxismo. Volume II, cit., pp. 895-935.<br />
8 Cfr. Storia del socialismo. Dal 1875 al 1918, a cura <strong>di</strong> Jacques Droz, E<strong>di</strong>tori Riuniti, Roma<br />
1974, vol. II, pp. 685-687.<br />
9 JULIUS BRAUNTHAL, Geschichte der Internazionale, Hannover, Dietz, 1961, vol. I, pp. 310-<br />
326. Sono menzionati i testi famosi <strong>di</strong> BERNARD SHAW, Fabianism and the Empire. A Manifest<br />
by the Fabian Society, London 1899, e <strong>di</strong> E. BERNSTEIN, Die Voraussetzungen des Sozialismus und<br />
<strong>di</strong>e Aufgabe der Sozialdemokratie, Stuttgart 1899 (cfr. l’e<strong>di</strong>z. ital. I presupposti del socialismo e i<br />
compiti <strong>della</strong> socialdemocrazia, con introduzione <strong>di</strong> Lucio Colletti, Laterza, Bari 1968).<br />
10 ENRICA COLLOTTI PISCHEL, Il colonialismo e la decolonizzazione, in Enciclope<strong>di</strong>a <strong>della</strong> sinistra<br />
europea nel XX secolo, E<strong>di</strong>tori Riuniti, Roma 2000, pp. 857 sgg.<br />
11 Così ROBERT MICHELS, L’imperialismo italiano. Stu<strong>di</strong> politico-demografici, Società E<strong>di</strong>trice<br />
Libraria, M<strong>il</strong>ano 1914.<br />
12 ID., Storia del marxismo in Italia, Mongini, Roma 1909.<br />
13 È comprovato dalla storiografia che Labriola fu un acceso critico del positivismo: fra gli stu<strong>di</strong><br />
esistenti, rinvio a FERDINANDO VIDONI, Labriola critico del positivismo e dell’evoluzionismo, in<br />
A. Labriola e la nascita del marxismo in Italia, Unicopli, M<strong>il</strong>ano 2005, pp.197-214. Tuttavia,<br />
nelle questioni dell’espansionismo coloniale italiano l’atteggiamento <strong>di</strong> Labriola fu fortemente<br />
influenzato da visioni positiviste.<br />
14 Cfr. lettera <strong>di</strong> Labriola a Baccarini, 24 febbraio 1890, e<strong>di</strong>ta in «Il Risveglio», Firenze, 9 marzo 1890,<br />
e ripresa da «Il Messaggero», Roma, 15 marzo 1890, ora in A. LABRIOLA, Scritti f<strong>il</strong>osofici e politici,<br />
a cura <strong>di</strong> Franco Sbarberi, Einau<strong>di</strong>, Torino 1973, vol. I: Una lettera a Baccarini (pp. 107-110).<br />
15 Labriola menziona la monografia <strong>di</strong> ACHILLE LORIA, Analisi <strong>della</strong> proprietà capitalistica,<br />
Bocca, Torino 1889, vol. I, congiunta all’altra, del medesimo anno, Le forme storiche <strong>della</strong><br />
costituzione economica, Bocca, Torino 1889. Rinvio a G. M. BRAVO, Marx ed Engels in Italia.<br />
La fortuna, gli scritti, le relazioni, le polemiche, E<strong>di</strong>tori Riuniti, Roma 1992, e a PAOLO FAVILLI,<br />
Storia del marxismo italiano. Dalle origini alla grande guerra, Franco Angeli, M<strong>il</strong>ano 1996.<br />
16 THEODOR HERTZKA, Fre<strong>il</strong>and. Ein sociales Zukunftsb<strong>il</strong>d, Pierson, Dresden - Leipzig 1890.<br />
La prima e<strong>di</strong>zione inglese ebbe un titolo leggermente <strong>di</strong>verso: Freeland. A Social Anticipation,<br />
Chatto & Windus, London 1891.<br />
67
Gian Mario Bravo<br />
17 Nel saggio In Memoria del Manifesto dei comunisti (1895), Labriola ironizzò sulle «forme<br />
sportive» del socialismo utopistico <strong>di</strong> Tienne Cabet, Edward Bellamy e Theodor Hertzka (i cui<br />
testi peraltro furono all’epoca assai più <strong>di</strong>ffusi <strong>di</strong> quelli <strong>di</strong> Marx): ora in A. LABRIOLA, Scritti<br />
f<strong>il</strong>osofici e politici, cit., vol. II, p. 516.<br />
18 Cfr. FILIPPO TURATI, La questione sociale e la colonia Eritrea, «Cuore e Critica», M<strong>il</strong>ano 16<br />
apr<strong>il</strong>e 1890, ora in A. LABRIOLA, Scritti f<strong>il</strong>osofici e politici, cit., vol. I, con titolo Le obiezioni <strong>di</strong><br />
Turati (pp. 110-113). Segue, nello stesso n. <strong>di</strong> «Cuore e Critica», la risposta <strong>di</strong> Labriola (ora in<br />
Scritti f<strong>il</strong>osofici e politici, cit., vol. I, con titolo La replica <strong>di</strong> Labriola (pp. 113-115) e la lettera<br />
<strong>di</strong> Engels a Pasquale Martignetti (ivi, p. 115).<br />
19 Lettere <strong>di</strong> Martignetti a Engels e <strong>di</strong> questi all’interlocutore italiano (in tedesco),<br />
rispettivamente del 26 e 30 marzo 1890, ora in K. MARX - F. ENGELS, Corrispondenza con<br />
italiani, 1848-1895, a cura <strong>di</strong> Giuseppe <strong>Del</strong> Bo, Feltrinelli, M<strong>il</strong>ano 1964, pp. 354-356. Le<br />
lettere furono anche l’occasione per l’avvio del carteggio <strong>di</strong> Engels con Labriola: cfr. la prima<br />
lettera del tedesco al f<strong>il</strong>osofo, 30 marzo 1890, ora in A. LABRIOLA, Carteggio. 1890-1895, a cura<br />
<strong>di</strong> Stefano Miccolis, Bibliopolis, Napoli 2003, vol. III, pp. 22-24.<br />
20 L’opinione <strong>di</strong> Engels, «Cuore e Critica», M<strong>il</strong>ano 16 apr<strong>il</strong>e 1890, ora in K. MARX - F. ENGELS,<br />
Scritti italiani, a cura <strong>di</strong> Gianni Bosio, E<strong>di</strong>zioni Avanti!, M<strong>il</strong>ano-Roma 1955, pp. 131-132.<br />
21 Cfr. F. ANDREUCCI, Engels, la questione coloniale e la rivoluzione in Occidente, «Stu<strong>di</strong> Storici»,<br />
Roma 1971, pp. 437-479; KARL KAUTSKY, La questione coloniale. Antologia degli scritti sul<br />
colonialismo e sull’imperialismo, a cura <strong>di</strong> Renato Monteleone, Feltrinelli, M<strong>il</strong>ano 1977.<br />
22 A. DEL BOCA, Gli italiani in Libia cit., vol. I, pp. 21-22; PAOLO SPRIANO, Storia <strong>di</strong> Torino<br />
operaia e socialista. Da De Amicis a Gramsci, Einau<strong>di</strong>, Torino 1980.<br />
23 Il <strong>di</strong>scorso del prof. Labriola, «Il Mattino», Napoli 23-24 febbraio 1897, ora, con titolo Per<br />
Can<strong>di</strong>a, in A. LABRIOLA, Scritti f<strong>il</strong>osofici e politici cit., vol. II, pp. 911-913.<br />
24 Sui temi dell’emigrazione, cfr. ROBERT PARIS, L’Italia fuori d’Italia (nell’ampia sezione<br />
L’emigrazione), in Storia d’Italia. Dall’Unità a oggi, Einau<strong>di</strong>, Torino 1975, vol. IV/1, pp. 525-<br />
620; inoltre, cfr. Il problema dell’emigrazione italiana tra Ottocento e primo Novecento a partire<br />
dalle pagine <strong>della</strong> «Riforma Sociale», «Annali <strong>della</strong> Fondazione Luigi Einau<strong>di</strong>», XXXII, Torino<br />
1998, pp. 39-161.<br />
25 A. LABRIOLA, Aigues-Mortes e l’Internazionale, e Ancora sui fatti <strong>di</strong> Aigues-Mortes (1893), in<br />
Scritti f<strong>il</strong>osofici e politici cit., pp. 187-191 e 197-201.<br />
26 Per Can<strong>di</strong>a cit., p. 913.<br />
27 Cfr. GEORGES HAUPT - CLAUDIE WEIL, L’ere<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> Marx ed Engels e la questione nazionale,<br />
«Stu<strong>di</strong> Storici», Bologna 1974, n. 2, pp. 270-324; G. HAUPT - MICHAEL LOWY - C. WEIL, Les<br />
marxistes et la question nationale, 1848-1914, L’Harmattan, Paris 1997 2 ; Miklós Molnár, Marx,<br />
Engels et la politique internationale, Gallimard, Paris 1975.<br />
28 FRANTZ FANON, I dannati <strong>della</strong> terra, Einau<strong>di</strong>, Torino 1962.<br />
68
Antonio Labriola e la questione coloniale<br />
29 Lettera <strong>di</strong> Labriola a Croce, 23 febbraio 1897, in A. LABRIOLA, Carteggio. 1896-1898, a cura<br />
<strong>di</strong> S. Miccolis, Bibliopolis, Napoli 2004, vol. IV, p. 291.<br />
30 Cfr. t.k. [FILIPPO TURATI - ANNA KULISCIOFF], La insurrezione <strong>di</strong> Can<strong>di</strong>a e i socialisti,<br />
«Critica Sociale», M<strong>il</strong>ano, 1° marzo 1897, pp. 65-67; cfr., <strong>di</strong> Miccolis, la nota 2 alle pp. 293-<br />
294 del cit. vol. IV del Carteggio.<br />
31 Lettera <strong>di</strong> Labriola a Croce, 5 marzo 1897, in Carteggio cit., vol. IV, p. 293.<br />
32 Lettera <strong>di</strong> Labriola a C. Triantaf<strong>il</strong>lis, 5 marzo 1897, in Carteggio cit., vol. IV, pp. 294-295:<br />
la lettera fu pubblicata con titolo La causa ellenica, in Ellade. Pubblicazione del Comitato Centrale<br />
Napoletano pro Can<strong>di</strong>a, Pierro e Veral<strong>di</strong>, Napoli 1897; cfr. le note <strong>di</strong> Miccolis, ibidem, p. 295.<br />
33 Lettera <strong>di</strong> Labriola a Karl Kautsky, 6 marzo 1897, in Carteggio cit., vol. IV, pp. 295-296.<br />
Kautsky firmò l’articolo Die orientalische Frage und <strong>di</strong>e Sozialdemokratie, «Vorwärts!», 4 marzo<br />
1897: cfr. le note <strong>di</strong> Miccolis, ibidem, p. 296.<br />
34 Lettera a Croce, 11 marzo 1897, ibidem, p. 297.<br />
35 Lettera <strong>di</strong> Labriola a Luise Kautsky, Privata, 13 marzo 1897, ibidem, pp. 298-303 (cit. pp.<br />
301-302).<br />
36 Cfr. l’intervista, a cura <strong>di</strong> Andrea Torre, Tripoli, <strong>il</strong> socialismo e l’espansione coloniale. Giu<strong>di</strong>zi<br />
<strong>di</strong> un socialista, «Giornale d’Italia», Roma 13 apr<strong>il</strong>e 1902, ora con titolo Sulla questione <strong>di</strong><br />
Tripoli, in A. LABRIOLA, Scritti f<strong>il</strong>osofici e politici cit., vol. II, pp. 957-964.<br />
37 Ivi, p. 957.<br />
38 Rinvio alla bibliografia sopra menzionata.<br />
39 LENIN, Sul <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> autodecisione delle nazioni (1914), e L’imperialismo, fase suprema del<br />
capitalismo (1916), in ID., Opere scelte, E<strong>di</strong>tori Riuniti, Roma 1965, pp. 487-540 e 569-672.<br />
40 Sulla questione <strong>di</strong> Tripoli cit., p. 958.<br />
41 Cfr. Una <strong>rivista</strong> all’avanguar<strong>di</strong>a. La «Riforma Sociale», 1894-1935. Politica, società,<br />
istituzioni, economia, statistica, a cura <strong>di</strong> Corrado Malandrino, Olschki, Firenze, 2000.<br />
42 Sulla questione <strong>di</strong> Tripoli cit., p. 958.<br />
43 Rinvio al sempre valido testo <strong>di</strong> GIAMPIERO CAROCCI, Giolitti e l’età giolittiana, Einau<strong>di</strong>,<br />
Torino 1991.<br />
44 Sulla questione <strong>di</strong> Tripoli cit., p. 959.<br />
45 A. LABRIOLA, Da un secolo all’altro (1901), in Scritti f<strong>il</strong>osofici e politici cit., vol. II, p. 852.<br />
46 Sulla questione <strong>di</strong> Tripoli cit., p. 959.<br />
69
Gian Mario Bravo<br />
47 Ivi, pp. 959-960.<br />
48 Ivi, pp. 960-961.<br />
49 Ivi, pp. 961-962.<br />
50 Ivi, p. 962.<br />
51 Ivi, p. 963.<br />
52 Richiamo ancora la monografia <strong>di</strong> A. DEL BOCA, Gli italiani in Libia cit., vol. I, passim.<br />
53 Ivi, pp. 963-964.<br />
54 Cfr. i giu<strong>di</strong>zi, ripetuti in luoghi <strong>di</strong>versi, da Ernesto Ragionieri, nel volume (postumo) <strong>della</strong><br />
Storia d’Italia. Dall’Unità a oggi, Einau<strong>di</strong>, Torino 1976, vol. IV/2 (specie nella sezione, Un<br />
riformismo senza riforme).<br />
55 Cfr. <strong>il</strong> necrologio A. Labriola, pubblicato sulla «Leipziger Volkszeitung» e subito ripreso dalla<br />
<strong>rivista</strong> teorica <strong>della</strong> Spd, «Die Neue Zeit», Stuttgart, XXII/1, 1904, pp. 585-588.<br />
56 PALMIRO TOGLIATTI, Corso sugli avversari (1935), in ID., Opere, 1929-1935, a cura <strong>di</strong> E.<br />
Ragionieri, E<strong>di</strong>tori Riuniti, Roma 1973, vol. III/2, pp. 623-624; inoltre, la sezione de<strong>di</strong>cata al<br />
f<strong>il</strong>osofo, in ID., La politica culturale, a cura <strong>di</strong> Luciano Gruppi, E<strong>di</strong>tori Riuniti, Roma 1974, pp.<br />
307-371.<br />
57 EUGENIO GARIN, Labriola, A., in Il movimento operaio italiano. Dizionario biografico, 1853-<br />
1943, a cura <strong>di</strong> F. Andreucci e Tommaso Detti, E<strong>di</strong>tori Riuniti, Roma 1977, vol. III, pp. 21-<br />
39 (la voce è ripresa nel cit. A. Labriola e la nascita del marxismo in Italia, pp. 233-256); cfr.<br />
anche i saggi <strong>di</strong> VALENTINO GERRATANA, Marxismo ortodosso e marxismo aperto in A. Labriola,<br />
e Realtà e compiti del movimento socialista in Italia nel pensiero <strong>di</strong> A. Labriola, «Annali», Istituto<br />
G. Feltrinelli, XV, M<strong>il</strong>ano 1973, pp. 554-580 e 581-607; ancora, ID., A. Labriola e<br />
l’introduzione del marxismo in Italia. Volume II cit. pp. 619-657 (parla delle «osc<strong>il</strong>lazioni<br />
interpretative» <strong>di</strong> Labriola, pp. 622-624).<br />
70
Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />
Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo:<br />
l’istituzione <strong>di</strong> ventisei provincie<br />
<strong>di</strong> Umberto Chiaramonte<br />
Premessa<br />
L’opinione unanime degli storici è che <strong>il</strong> fascismo, per la sua stessa natura<br />
autoritaria e totalitaria, sia stato contrario alle autonomie locali. D’altra parte,<br />
se l’autonomia locale è valutata «come una proiezione, una specie <strong>di</strong><br />
prolungamento delle libertà in<strong>di</strong>viduali» 1 , si comprende come le autonomie<br />
trovino spazio soltanto nel contesto <strong>di</strong> un potere autenticamente democratico.<br />
Ciononostante, <strong>il</strong> fascismo si pose <strong>il</strong> problema <strong>della</strong> riorganizzazione <strong>della</strong><br />
pubblica amministrazione e del decentramento, <strong>il</strong> quale rientra nelle<br />
riven<strong>di</strong>cazioni autonomiste. In questo saggio si verificherà se questo<br />
programma perseguito dal fascismo fu coerente con la valorizzazione delle<br />
autonomie locali; e si verificherà la tesi secondo la quale «<strong>il</strong> fascismo non aveva<br />
portato i postulati anti-autonomistici <strong>della</strong> sua concezione alle conseguenze<br />
estreme», in quanto «neppure nell’ambito dell’amministrazione locale lo stato<br />
fascista era stato totalitario fino in fondo» 2 . In sostanza, secondo Rotelli e altri,<br />
come Aquarone, <strong>il</strong> fascismo si sarebbe limitato a riorganizzare <strong>il</strong> sistema<br />
amministrativo, <strong>di</strong> decentrarlo per renderlo più «snello», economicamente<br />
efficiente e più vicino ai citta<strong>di</strong>ni, ponendo alla base una riforma <strong>della</strong><br />
burocrazia. Questi temi verranno sottoposti ad analisi attraverso lo stu<strong>di</strong>o del<br />
«caso» <strong>della</strong> creazione <strong>di</strong> ventisei nuove provincie che (assieme alla<br />
soppressione dei piccoli comuni e alla loro aggregazione a quelli più gran<strong>di</strong>),<br />
costituì <strong>il</strong> car<strong>di</strong>ne <strong>della</strong> politica <strong>di</strong> decentramento del fascismo.<br />
Continuità con <strong>il</strong> sistema liberale<br />
Preliminarmente è necessario rammentare che la riforma <strong>della</strong> pubblica<br />
amministrazione e <strong>della</strong> burocrazia era stata tentata dai governi liberali a<br />
cavallo <strong>della</strong> prima guerra mon<strong>di</strong>ale quando <strong>il</strong> parlamento prese in<br />
71
Umberto Chiaramonte<br />
considerazione la riforma dell’apparato statale con l’obiettivo <strong>di</strong> ridurre<br />
sprechi e incongruenze, ma anche <strong>di</strong> ammodernare lo Stato. Solo che le<br />
buone intenzioni <strong>di</strong> una prima commissione si arenarono per la elefantiaca<br />
composizione <strong>della</strong> stessa 3 . Non migliore sorte ebbe la legge n. 260 del 16<br />
marzo 1921 con la quale fu varata la costituzione <strong>di</strong> un’altra «commissione<br />
parlamentare d’inchiesta sull’or<strong>di</strong>namento delle amministrazioni <strong>di</strong> Stato e<br />
sulle con<strong>di</strong>zioni del personale». Per quanto interessa <strong>il</strong> tema qui scelto, va<br />
detto che la commissione si limitò a valutare <strong>il</strong> sistema amministrativo e la<br />
sua funzionalità all’interno <strong>di</strong> nuove e più aggiornate funzioni dell’apparato<br />
burocratico; e, in quest’ambito, <strong>di</strong>scusse sulla opportunità <strong>di</strong> ridurre <strong>il</strong><br />
numero delle prefetture, ma poi, tenuto conto <strong>della</strong> loro <strong>di</strong>stribuzione nel<br />
territorio, scelse la strada <strong>di</strong> lasciare immutato <strong>il</strong> numero delle 69 provincie<br />
costituite con l’unificazione nazionale. Propose una via <strong>di</strong> compromesso con<br />
<strong>il</strong> raggruppamento <strong>di</strong> alcune prefetture in una unità amministrativa cui<br />
avrebbe dovuto provvedere una sola prefettura; ma tali raggruppamenti<br />
furono «riconosciuti possib<strong>il</strong>i in zone geograficamente e demograficamente<br />
omogenee, con interessi affini» 4 . Più drastica fu la decisione sulle<br />
sottoprefetture, <strong>di</strong>slocate nei capoluoghi <strong>di</strong> circondario, che vennero<br />
giu<strong>di</strong>cate eccessive per numero e irrazionali per <strong>di</strong>stribuzione rispetto alla<br />
«esiguità delle funzioni loro attribuite». Per cui la commissione valutò<br />
l’opportunità <strong>di</strong> mantenerle solo nei territori isolati e lontani dai capoluoghi<br />
<strong>di</strong> Provincia, purché se ne aumentassero le competenze «senza però elevarle<br />
ad un rango speciale <strong>di</strong> vice prefettura». Questa commissione argomentò<br />
anche sulla concezione <strong>di</strong> decentramento in<strong>di</strong>viduandone tre forme:<br />
autarchico, burocratico e istituzionale. Sul decentramento autarchico,<br />
riferendosi all’ente Provincia, sostenne che da tempo era penetrato «nella<br />
pubblica coscienza la convinzione [...] <strong>di</strong> infondergli vita nuova, <strong>di</strong> renderlo<br />
strumento <strong>di</strong> decentrate funzioni statali da un lato, strumento integratore<br />
<strong>della</strong> grama vita dei nostri comuni minori dall’altro» 5 . Tenuto conto che <strong>il</strong><br />
testo unico <strong>della</strong> legge comunale e provinciale n. 148 del 4 febbraio 1915<br />
non aveva fatto passi avanti sulle competenze provinciali (che si mantennero<br />
circoscritte alle strade non comunali, agli esposti, ai pazzi e alle scuole<br />
superiori e tecniche), la commissione ritenne che occorresse uscire<br />
dall’equivoco: o la Provincia veniva abolita preferendole l’istituzione <strong>della</strong><br />
regione, o si mantenevano in vita entrambe, oppure si abbandonava l’antico<br />
progetto <strong>della</strong> regione mantenendo la Provincia come unico ente<br />
interme<strong>di</strong>o. Nei due ultimi casi fu ritenuta necessaria la rivitalizzazione<br />
dell’ente Provincia affidandole funzioni integratrici <strong>di</strong> quelle municipali,<br />
72
Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />
come le strade e la sanità, e «una larga autonomia che le consenta <strong>di</strong> prendere<br />
iniziative quante volte creda che un pubblico bisogno <strong>di</strong> carattere generale<br />
per la circoscrizione si manifesti e non dovrà parlarsi per esse <strong>di</strong> spese<br />
obbligatorie, ma <strong>di</strong> funzioni cui deve obbligatoriamente provvedere, e <strong>di</strong><br />
funzioni non obbligatorie» 6 . In sintesi, la commissione chiese che la<br />
Provincia <strong>di</strong>ventasse «un organo efficace <strong>di</strong> amministrazione locale<br />
decentrata», intesa in modo <strong>di</strong>verso dal decentramento burocratico che altro<br />
non era che <strong>il</strong> trasferimento in periferia degli uffici locali governativi. Questi<br />
ultimi non avrebbero mai inciso risolutivamente sull’autonomia locale fino<br />
a quando non si fossero assegnati ai funzionari locali i poteri <strong>di</strong>screzionali e<br />
la conseguente responsab<strong>il</strong>ità delle decisioni e degli atti. Quanto al<br />
decentramento burocratico si guardò al modello del selfgovernment<br />
dell’Ingh<strong>il</strong>terra, dove prevaleva «<strong>il</strong> concetto <strong>di</strong> concentrare <strong>il</strong> Governo, <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>scentrare l’amministrazione». Secondo la commissione, in Italia si era<br />
realizzato un sistema abnorme giacché gli uffici locali governativi avevano<br />
creato un’organizzazione pletorica che occorreva semplificare «nell’interesse<br />
supremo <strong>di</strong> una maggiore libertà, <strong>di</strong> un’amministrazione più ag<strong>il</strong>e, <strong>di</strong> una<br />
destinazione più proficua <strong>di</strong> quelle sudate imposte del pubblico<br />
contribuente che in gran parte non trovano proficuo impiego» 7 . L’ultimo<br />
tipo <strong>di</strong> decentramento, definito istituzionale, si realizzava ogniqualvolta lo<br />
Stato attribuiva ad istituti o a persone <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto pubblico senza base<br />
territoriale, funzioni esercitate prima <strong>di</strong>rettamente.<br />
Queste conclusioni, per quanto teoriche, consentono <strong>di</strong> prendere atto<br />
che, se non era mancato un progetto <strong>di</strong> modernizzazione nella classe politica<br />
liberale, sull’onda del contributo politico e tecnico dei partiti <strong>di</strong> massa, <strong>il</strong><br />
socialista e <strong>il</strong> partito popolare italiano, che ormai erano presenti nel governo<br />
locale con migliaia <strong>di</strong> consiglieri e <strong>di</strong> sindaci, mancò invece «una struttura<br />
sociale e un consolidamento dei rapporti politici dove si potesse poi tenere<br />
fede a questo impianto avanzato, dove le parole potessero <strong>di</strong>venire fatti» 8 . Ci<br />
fu un progetto <strong>di</strong> «adeguamento del sistema <strong>di</strong> governo locale alla crescita<br />
<strong>della</strong> società civ<strong>il</strong>e; dell’adeguamento del <strong>di</strong>ritto amministrativo alla<br />
rivoluzione giuri<strong>di</strong>ca che ha investito <strong>il</strong> <strong>di</strong>ritto privato» 9 , ma non ci fu la<br />
volontà politica <strong>di</strong> sburocratizzare la macchina amministrativa.<br />
Il repubblicano Oliviero Zuccarini dalle pagine <strong>della</strong> sua <strong>rivista</strong> «La<br />
critica politica», fondata nel 1921 per dare voce ad un <strong>di</strong>battito «critico» sulle<br />
autonomie locali, intravide <strong>il</strong> fallimento dei lavori nel permanente <strong>di</strong>ssi<strong>di</strong>o<br />
tra la commissione e <strong>il</strong> governo, giacché questi «sarebbe stato lo strumento<br />
passivo dell’alta burocrazia centrale e la commissione consultiva<br />
73
Umberto Chiaramonte<br />
parlamentare si sarebbe fatta eco <strong>di</strong> tutte le farmacie delle cittaduzze<br />
interessate a mantenere le sottoprefetture, le preture, ecc.; così l’uno e l’altra<br />
avrebbero <strong>di</strong>scordamente concordato nell’aumento <strong>della</strong> burocrazia e nella<br />
relativa spesa [...]. Parlamento e Governo sono organicamente incapaci ad<br />
affrontare e risolvere <strong>il</strong> problema <strong>della</strong> riforma burocratica» 10 . In realtà, una<br />
riforma burocratica avrebbe dovuto essere affrontata con una «volontà<br />
rivoluzionaria» affermante una cultura autonomista e antiparassitaria.<br />
Certamente non erano temi nuovi né fac<strong>il</strong>i da risolvere nel panorama <strong>di</strong> un<br />
<strong>di</strong>battito che aveva travagliato la nazione 11 , nel momento in cui si<br />
rafforzarono i fautori <strong>della</strong> regione, ai quali mancò <strong>il</strong> supporto <strong>di</strong> una vera<br />
maturazione dell’idea regionalista 12 .<br />
74<br />
La Provincia nella concezione fascista<br />
Volendo considerare <strong>il</strong> programma del fascismo sulle autonomie, non si<br />
può fare a meno <strong>di</strong> valutarlo molto generico. Tra «gli obbiettivi imme<strong>di</strong>ati»<br />
enunciati nel programma del 1921, al punto 2 era previsto «<strong>il</strong> decentramento<br />
amministrativo per semplificare i servizi e per fac<strong>il</strong>itare lo sfollamento <strong>della</strong><br />
burocrazia, pur mantenendo l’opposizione recisa ad ogni regionalismo<br />
politico» 13 . In un <strong>di</strong>scorso alla Camera (21 giugno 1921) Mussolini aveva<br />
rifiutato «<strong>il</strong> socialismo <strong>di</strong> Stato», e sul decentramento amministrativo aveva<br />
concesso una con<strong>di</strong>zionata apertura «purché non si parli <strong>di</strong> federalismo e <strong>di</strong><br />
autonomismo, perché dal federalismo regionale si andrebbe a finire al<br />
federalismo provinciale» spaccando l’unità <strong>della</strong> nazione 14 . Sebbene,<br />
dunque, Mussolini si fosse pronunciato contro <strong>il</strong> f<strong>il</strong>one del centralismo<br />
socialista 15 , non aveva reciso del tutto i legami con esso. Nei suoi programmi<br />
non vi era alcun accenno alle autonomie locali, e <strong>il</strong> suo progetto politico<br />
mirava soltanto al decentramento burocratico, con una visione opposta a<br />
quella dei cattolici popolari e dei socialisti impegnati nelle amministrazioni<br />
locali. Le stesse <strong>di</strong>chiarazioni contrarie ad una invadenza dello Stato<br />
nell’economia e nella vita sociale non scaturivano dall’adesione alla<br />
tra<strong>di</strong>zione liberale, ma erano strumentali all’acquisizione del consenso <strong>della</strong><br />
classe impren<strong>di</strong>toriale, desiderosa <strong>di</strong> meno lacci e lacciuoli, ma sensib<strong>il</strong>e<br />
all’intervento statale quando le crisi la minacciarono. Né deve trarre in<br />
inganno <strong>il</strong> cauto e breve <strong>di</strong>battito che la nuova <strong>rivista</strong> <strong>di</strong> Mussolini,<br />
«Gerarchia», ospitò all’inizio sulla formazione dello Stato. In uno <strong>di</strong> questi<br />
interventi, lo Stato fu ancorato a due car<strong>di</strong>ni: al potere legislativo, assunto
Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />
da un sistema epistemarchico, formato cioè «da quelli che più hanno la<br />
capacità tecnica <strong>di</strong> farle [le leggi] bene, dai veri competenti»; e<br />
all’amministrazione, che doveva limitarsi a «dare or<strong>di</strong>ni, cioè <strong>di</strong>sposizioni<br />
particolari e transitorie, relative ai singoli casi dati» 16 . In altri termini, si<br />
priv<strong>il</strong>egiò un tecnicismo che proponeva la legislazione e l’amministrazione<br />
dell’economia demandata ad organi decentrati regionali 17 . In un altro<br />
saggio, pur elogiando lo spirito autonomistico espresso dalla «Carta del<br />
Carnaro» <strong>di</strong> Gabriele D’Annunzio, si valutava quell’aspirazione come<br />
«aberrante» e <strong>di</strong> impossib<strong>il</strong>e applicazione, giacché le riforme non dovevano<br />
mirare a scar<strong>di</strong>nare lo Stato, ma a ricostruirlo con moderazione 18 . L’opera <strong>di</strong><br />
demolizione <strong>di</strong> quel poco <strong>di</strong> autonomia che lo Stato liberale aveva concesso,<br />
si concretizzò nel giro <strong>di</strong> pochi anni attraverso una serie <strong>di</strong> decreti, leggi e<br />
<strong>di</strong>rettive che interessarono tutti gli enti autarchici, comuni e provincie, gli<br />
organi elettivi ad essi connessi, la revisione delle stesse circoscrizioni<br />
territoriali comunali e provinciali, mo<strong>di</strong>ficando ra<strong>di</strong>calmente l’apparato<br />
amministrativo periferico 19 . Non è compito <strong>di</strong> questo lavoro ricostruire la<br />
legislazione che riguarda tutta la materia del decentramento, «complesso<br />
normativo davvero poderoso» 20 . Certamente <strong>il</strong> fascismo realizzò una<br />
drastica inversione <strong>di</strong> tendenza dando l’immagine <strong>di</strong> un esecutivo<br />
determinato, capace <strong>di</strong> sottrarsi ai con<strong>di</strong>zionamenti dei poteri forti e delle<br />
varie lobby.<br />
Il compito <strong>di</strong> portare a termine <strong>il</strong> rior<strong>di</strong>namento del sistema<br />
amministrativo e tributario che era stato stu<strong>di</strong>ato da commissioni prefasciste<br />
venne fac<strong>il</strong>itato dalla concessione a Mussolini dei pieni poteri 21 , che consentì<br />
<strong>di</strong> avviare una serie <strong>di</strong> leggi che aumentarono <strong>il</strong> centralismo dello Stato<br />
prendendo a pretesto l’efficienza amministrativa nel quadro <strong>di</strong> «nuove ed<br />
accresciute esigenze <strong>della</strong> vita nazionale». Sulla base del valore dell’unità<br />
nazionale come fondamento <strong>della</strong> nuova religione civ<strong>il</strong>e degli italiani, <strong>il</strong><br />
fascismo mirò a scoraggiare qualsiasi velleità centrifuga, e quin<strong>di</strong> abbandonò<br />
qualsiasi riforma e «ristrutturazione ra<strong>di</strong>cale dell’intero sistema politico<br />
italiano, [mirò] invece a presentarsi essenzialmente come <strong>il</strong> portatore <strong>di</strong><br />
un’esigenza <strong>di</strong> razionalizzazione del meccanismo amministrativo dello<br />
Stato» 22 . La strategia messa a punto dal fascismo ebbe inizio dalla periferia<br />
<strong>della</strong> nazione me<strong>di</strong>ante la promulgazione <strong>di</strong> una legge comunale e<br />
provinciale che ebbe come obiettivo quello <strong>di</strong> creare «uno Stato<br />
materialmente e moralmente forte, semplice nell’organizzazione, rapido nei<br />
movimenti, efficace nell’azione che comporta, in conseguenza, solida<br />
gerarchia, autorevolezza e prestigio dei suoi organi, libertà garantite dalla<br />
75
Umberto Chiaramonte<br />
<strong>di</strong>sciplina nell’interesse nazionale e <strong>della</strong> legge» 23 . Dalle enunciazioni<br />
contenute nella relazione allegata alla legge, tutta la riforma appare fondata<br />
su una concezione <strong>di</strong>rigistica <strong>della</strong> vita degli enti locali, giacché conferiva al<br />
governo la facoltà <strong>di</strong> determinare <strong>il</strong> numero dei circondari e l’ampliamento<br />
«considerevole» <strong>della</strong> competenza dei sottoprefetti nei circondari e la<br />
mo<strong>di</strong>fica del sistema <strong>di</strong> elezione <strong>della</strong> giunta provinciale amministrativa per<br />
assicurare la rappresentanza <strong>della</strong> minoranza. Se per i comuni finalmente si<br />
riconosceva l’auspicata classificazione secondo la popolazione e<br />
l’importanza, per la Provincia la relazione assegnava al governo la facoltà «<strong>di</strong><br />
decretare l’unione <strong>di</strong> due o più provincie» sia nel caso lo richiedessero i<br />
consigli provinciali interessati, sia per iniziativa governativa, e stab<strong>il</strong>iva la<br />
possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> <strong>di</strong>staccare i comuni da una Provincia per aggregarli ad un’altra<br />
«con determinate garanzie», che in realtà non furono mai esplicitate e<br />
rispettate. Prevedeva l’attenuazione <strong>della</strong> vig<strong>il</strong>anza sull’ente me<strong>di</strong>ante <strong>il</strong><br />
servizio ispettivo provinciale; dava la facoltà <strong>di</strong> istituire liberi consorzi, ma<br />
nello stesso tempo <strong>il</strong> prefetto aveva la potestà «<strong>di</strong> costituire coattivamente tali<br />
Consorzi» 24 .<br />
La legge nella teoria e nella prassi costituiva la continuità con la linea<br />
politica del periodo liberale, in quanto concedeva alcune aperture in<br />
funzione esclusivamente burocratica, ma che non si trattasse <strong>di</strong> vera riforma,<br />
ma piuttosto <strong>di</strong> semplice pulitura <strong>di</strong> facciata, lo sostennero persino alcuni<br />
stu<strong>di</strong>osi fascisti, i quali avrebbero preferito un ulteriore restringimento delle<br />
funzioni degli enti locali se si voleva creare davvero uno Stato forte e<br />
accentrato 25 . Questioni <strong>di</strong> punti <strong>di</strong> vista, giacché nel momento in cui si<br />
accrescevano alcune competenze dell’amministrazione locale, già si<br />
sottolineava la priorità a salvaguardare «le guarentigie in<strong>di</strong>spensab<strong>il</strong>i, a tutela<br />
<strong>della</strong> legge [...] nell’interesse superiore dello Stato». E infatti vennero<br />
aggravate le sanzioni repressive introducendo «l’istituto <strong>della</strong> sospensione<br />
delle amministrazioni comunali e provinciali e quello del prolungamento<br />
<strong>della</strong> gestione straor<strong>di</strong>naria fino ad un anno» a determinate con<strong>di</strong>zioni 26 . Sia<br />
Rotelli che Melis (più volte citati) hanno sostenuto la tesi secondo cui<br />
Mussolini non attuò una riforma propriamente fascista degli or<strong>di</strong>namenti<br />
locali, ma si limitò a rafforzare tendenze autoritarie. Se ciò risponde al vero,<br />
bisognerebbe <strong>di</strong>re quali forme <strong>di</strong> or<strong>di</strong>namento si configurano come<br />
totalitari.<br />
Venne soppressa l’elettività dei consiglieri comunali per introdurre la<br />
consulta municipale e fu decisa «una revisione generale delle circoscrizioni<br />
comunali per <strong>di</strong>sporne l’ampliamento o la riunione, o comunque la<br />
76
Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />
mo<strong>di</strong>ficazione all’infuori dei casi previsti», da effettuare entro due anni dalla<br />
entrata in vigore del r.d. n. 383 del 17 marzo 1927, e per <strong>di</strong> più, «senza<br />
l’osservanza <strong>della</strong> procedura prescritta». Furono soppressi oltre duem<strong>il</strong>a<br />
piccoli comuni aggregandoli ai centri più popolosi; furono ri<strong>di</strong>segnate le<br />
circoscrizioni <strong>di</strong> molti comuni e provincie senza alcun riguardo per le<br />
tra<strong>di</strong>zioni storiche, economiche e sociali delle «piccole patrie». La «strage»<br />
dei comuni non riguardò soltanto i più piccoli, «ma anche ragguardevoli<br />
centri, posti alla periferia <strong>di</strong> capoluoghi <strong>di</strong> Provincia, abbisognevoli (questi<br />
ultimi) <strong>di</strong> lustro... finanziario» 27 . La motivazione ufficiale fu che a fronte <strong>di</strong><br />
«nuove e accresciute esigenze <strong>della</strong> vita nazionale» 28 , occorreva porre termine<br />
«all’aumentato costo dei pubblici servizi». D’altra parte, Mussolini fu chiaro<br />
davanti al Parlamento:<br />
Procederemo al rior<strong>di</strong>no delle circoscrizioni municipali: novem<strong>il</strong>a Comuni in Italia<br />
sono troppi, vi sono Comuni che hanno 200, 300, 400 abitanti. Non possono vivere,<br />
devono rassegnarsi a scomparire e fondersi in più gran<strong>di</strong> centri 29 .<br />
Le nuove provincie nelle «terre redente»<br />
Ritornando alla tesi del fascismo continuatore, nella prima fase, del<br />
programma dei governi liberali, si deve affermare che ciò si realizzò con la<br />
conclusione <strong>della</strong> questione dell’assetto territoriale delle terre redente,<br />
istituendo nel 1923 le provincie che erano state progettate quando si pose<br />
<strong>il</strong> problema <strong>della</strong> riorganizzazione amministrativa del Trentino-Alto A<strong>di</strong>ge,<br />
del Friuli-Venezia Giulia e del territorio <strong>della</strong> Dalmazia che gravitava<br />
attorno a Zara. La gestione delle zone «liberate» era stata affrontata con una<br />
politica gradualista dal governo Orlando, che mantenne le preesistenti<br />
circoscrizioni territoriali, le tra<strong>di</strong>zioni e le autonomie locali in vigore con la<br />
dominazione austriaca, limitandosi ad assegnare le funzioni politiche e<br />
amministrative a governatori m<strong>il</strong>itari 30 . Creato <strong>il</strong> ministero per le Terre<br />
Liberate con <strong>il</strong> r.d. n. 41 del 19 gennaio 1919, <strong>il</strong> governo Nitti gestì <strong>il</strong><br />
passaggio dell’amministrazione alle autorità civ<strong>il</strong>i 31 . Con <strong>il</strong> decreto<br />
luogotenenziale n. 1081 del 4 luglio 1919 era stato costituito l’Ufficio<br />
centrale per le nuove provincie alla cui presidenza venne posto <strong>il</strong> senatore<br />
Francesco Salata, alle <strong>di</strong>rette <strong>di</strong>pendenze del presidente del Consiglio dei<br />
ministri. I compiti dell’Ufficio erano <strong>di</strong> curare i rapporti col comando<br />
m<strong>il</strong>itare che amministrava i territori occupati in via provvisoria, ma<br />
77
Umberto Chiaramonte<br />
soprattutto <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>sporre e stu<strong>di</strong>are la sistemazione politico-amministrativa<br />
delle nuove provincie fac<strong>il</strong>itando <strong>il</strong> passaggio «dallo stato <strong>di</strong> armistizio a<br />
quello <strong>di</strong> annessione», <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nare, dopo l’annessione e <strong>il</strong> trattato <strong>di</strong> pace,<br />
l’attività per assicurare uniformità <strong>di</strong> leggi e provve<strong>di</strong>menti nei nuovi<br />
territori. Gli stu<strong>di</strong> erano assicurati da una commissione consultiva <strong>di</strong>visa in<br />
due sezioni, una per la regione adriatica e un’altra per quella tridentina, con<br />
commissari che, essendo del posto, conoscevano i problemi locali 32 .<br />
Per <strong>il</strong> Trentino-Alto A<strong>di</strong>ge fu determinante <strong>il</strong> lavoro <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o e <strong>di</strong><br />
preparazione che portò avanti Ettore Tolomei, che <strong>di</strong>rigeva l’ «Archivio per<br />
l’Alto A<strong>di</strong>ge» e quin<strong>di</strong> aveva una buona conoscenza dei problemi dei<br />
territori, ma la sua azione fu deliberatamente a senso unico in quanto<br />
priv<strong>il</strong>egiò in modo esclusivo <strong>il</strong> criterio dell’italianizzazione del Sud Tirolo,<br />
assegnato all’Italia. Egli fu fortemente convinto <strong>della</strong> necessità <strong>di</strong> istituire<br />
una sola grande Provincia con capoluogo Trento, ritenendo che gli italiani<br />
dovessero pacificamente collaborare con i tirolesi 33 , avversò drasticamente<br />
l’istituzione <strong>di</strong> una Provincia atesina con Bolzano capoluogo e fu contrario<br />
a qualsiasi riven<strong>di</strong>cazione autonomista da parte delle minoranze per non<br />
dare a<strong>di</strong>to a «rivolte contro l’or<strong>di</strong>ne e la <strong>di</strong>sciplina nazionale» 34 . In piena<br />
restaurazione fascista, quando sarà costituita la Provincia <strong>di</strong> Bolzano,<br />
Tolomei giustificherà ulteriormente la primitiva posizione sostenendo che<br />
<strong>il</strong> suo obiettivo era l’assim<strong>il</strong>azione dell’Alto A<strong>di</strong>ge da parte degli italiani con<br />
una operazione che doveva partire da Trento e non da Roma 35 . Un’altra<br />
ragione che gli fece preferire la Provincia unica era basata sul convincimento<br />
che l’intera regione andava valutata come «marca <strong>di</strong> confine» dove le<br />
provincie, tanto più erano estese territorialmente, tanto meglio sarebbero<br />
state forti, soprattutto se rette da un governatore sull’esempio <strong>di</strong> quanto era<br />
stato attuato in Germania nel 1871 per l’Alsazia e la Lorena. A ben vedere,<br />
l’assim<strong>il</strong>azione dell’Alto A<strong>di</strong>ge fu argomentata non come una minaccia<br />
all’autonomia locale o alle minoranze linguistiche ed etniche, ma come un<br />
obiettivo <strong>di</strong> unità e <strong>di</strong> pacificazione che avrebbe consentito enormi vantaggi<br />
economici, oltre che politici.<br />
Il fascismo locale aderì a queste tesi prendendo una posizione nettamente<br />
ost<strong>il</strong>e alle autonomie del dominio austriaco nel Tirolo tanto che non<br />
tardarono a scatenarsi atti <strong>di</strong> violenza sin dal 1921, mentre in una riunione<br />
<strong>della</strong> federazione fascista del 6 apr<strong>il</strong>e 1922 fu votato un odg che chiedeva<br />
«l’abolizione <strong>di</strong> qualsiasi autonomia <strong>di</strong> carattere legislativo o<br />
amministrativo». Venne riba<strong>di</strong>ta e <strong>di</strong>fesa la costituzione <strong>di</strong> una Provincia<br />
unica per l’intera Venezia Tridentina, l’estensione <strong>della</strong> legislazione italiana<br />
78
Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />
nel territorio e quin<strong>di</strong> l’abrogazione <strong>di</strong> qualsiasi norma austriaca, fu votata<br />
la «lingua italiana esclusiva negli uffici statali e comunali» dove gli italiani<br />
erano la maggioranza <strong>della</strong> popolazione 36 . Qualche autore ha valutato queste<br />
richieste come nazionaliste «più nell’apparenza che nella sostanza», in<br />
quanto non si ponevano in contrasto con quelle degli altoatesini. Di fatto,<br />
i fautori dell’istituzione <strong>di</strong> una Provincia tirolese, che gravitavano attorno al<br />
giornale «Deutscher Verband», dovettero accettare l’ostracismo del<br />
fascismo locale che fu fatto proprio dal Gran Consiglio con una risoluzione<br />
che, ribadendo la scelta <strong>della</strong> Provincia unica <strong>di</strong> Trento, sentenziò che «pur<br />
con rispetto delle credenze e dei costumi e con <strong>il</strong> proposito <strong>della</strong> pacifica<br />
convivenza delle due stirpi, [<strong>il</strong> governo fascista] non intende affatto <strong>di</strong> dare<br />
garanzie <strong>di</strong> perpetuità al germanesimo nella regione atesina come sono state<br />
richieste dal Deutscher Verband ai governi passati» 37 .<br />
Per quanto riguarda la Venezia Giulia, già lo storico Arduino Agnelli ha<br />
ricostruito le vicende dell’autonomismo giuliano ricordando che la regione<br />
aveva usufruito <strong>di</strong> una certa autonomia amministrativa sotto gli austriaci 38 .<br />
La regione fu <strong>di</strong>visa in Distretti mantenendo sostanzialmente le<br />
circoscrizioni storiche <strong>di</strong> quei territori 39 . Trattando la formazione delle<br />
provincie nelle «terre redente» non è possib<strong>il</strong>e prescindere dai lavori <strong>della</strong><br />
commissione dei 26 dell’Ufficio centrale delle nuove provincie, presieduto<br />
da Francesco Salata 40 , <strong>il</strong> quale, contrariamente a quanto fece Tolomei, <strong>di</strong>fese<br />
<strong>il</strong> rispetto delle autonomie locali sostenendo che le leggi <strong>di</strong> annessione le<br />
avevano riconosciute «in forma indubbia come sussistenti, e quin<strong>di</strong><br />
sopravviventi al crollo dell’Austria», autonomie che «non [erano] largizione<br />
<strong>di</strong> princìpi stranieri, ma patrimonio connaturato con le nostre piccole patrie<br />
e del quale la grande Patria non ha bisogno <strong>di</strong> insospettirsi» 41 . Nel 1921 la<br />
commissione aveva proposto <strong>il</strong> riconoscimento <strong>di</strong> «tre circoscrizioni<br />
elettorali - la goriziana, la triestina e l’istriana -, le quali corrispondevano alla<br />
sud<strong>di</strong>visione austriaca <strong>della</strong> regione in Principesca Contea <strong>di</strong> Gorizia e<br />
Gra<strong>di</strong>sca, Trieste e <strong>il</strong> suo territorio e <strong>il</strong> Margraviato d’Istria» 42 . Per questa<br />
ragione, Salata <strong>di</strong>ede atto ai governi liberali e, in particolare, a Giolitti, <strong>di</strong><br />
aver garantito <strong>il</strong> rispetto delle autonomie 43 .<br />
Il fascismo, invece, si <strong>di</strong>stinse nel negare le tra<strong>di</strong>zionali autonomie, tanto<br />
che sulla lesiva soluzione del regime Salata non mancò <strong>di</strong> prendere le<br />
<strong>di</strong>stanze 44 . Il plauso che rivolse al fascismo per la «mutazione <strong>di</strong> ritmo e <strong>di</strong><br />
metodo» impresso alla lunga vicenda dopo quattro anni <strong>di</strong> lavoro<br />
preparatorio, era un riconoscimento alla capacità del governo fascista <strong>di</strong><br />
definire un problema che si trascinava da anni, non già alla soluzione<br />
79
Umberto Chiaramonte<br />
accentratrice decisa <strong>il</strong> 4 gennaio 1923 che prevedeva l’aggregazione dei<br />
territori delle due provincie <strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne e <strong>di</strong> Gorizia in una sola circoscrizione<br />
provinciale. Salata sostenne: «U<strong>di</strong>ne non può fare per l’Italia tra gli slavi ciò<br />
che può far Gorizia. Nulla potrebbe compensare in Gorizia l’assenza <strong>della</strong><br />
sede provinciale con tutte le conseguenze ed influenze». Per lui,<br />
l’accentramento che fu perseguito con la fusione dell’Istria con Trieste, era<br />
funzionale a «sommergere» gli sloveni «nel mare magno <strong>della</strong> ricostituita<br />
grande patria del Friuli» me<strong>di</strong>ante <strong>il</strong> riconoscimento <strong>di</strong> «una congrua<br />
maggioranza italiana nel consiglio provinciale» 45 . Ma temeva le reazioni<br />
nazionaliste degli slavi che si sarebbero ritenuti «vittime <strong>di</strong> sopraffazioni»,<br />
ricordando che a suo tempo aveva suggerito la necessità e l’opportunità <strong>di</strong><br />
conservare la <strong>di</strong>visione territoriale che sin dal novembre 1921 era stata<br />
riconosciuta dal governo liberale, e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> procedere alla costituzione<br />
delle provincie <strong>della</strong> Venezia Tridentina, del territorio dalmata annesso<br />
(Zara e Lagosta), <strong>di</strong> Trieste, dell’Istria e <strong>di</strong> Gorizia con Gra<strong>di</strong>sca.<br />
Il 4 gennaio 1923 <strong>il</strong> Consiglio dei ministri non tenne conto delle avvertenze<br />
<strong>di</strong> Salata e <strong>della</strong> sua commissione e soppresse Gorizia come capoluogo<br />
istituendo un’unica circoscrizione che venne denominata «Provincia del<br />
Friuli», comprendente le due ex provincie <strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne e Gorizia. Ma la nuova<br />
<strong>di</strong>citura non smorzò le lagnanze <strong>della</strong> minoranza slovena. Uno sguardo alla<br />
configurazione <strong>della</strong> nuova Provincia fa emergere una situazione complessa <strong>di</strong><br />
TABELLA n. 1 - Distretti e capoluoghi delle «terre liberate» al 1921<br />
circondario popol. del popol. del sup. del addetti addetti addetti addetti addetti<br />
<strong>di</strong>stretto capoluogo <strong>di</strong>stretto agricoltura industria commer. pubblica culto e<br />
1921 (capol.) (capol.) (capol.) amm. professsioni<br />
(capol.) (capol.)<br />
Trento 105.347 32.160 70.734 1.249 6.907 2.344 3.636 1.739<br />
Trieste 238.655 239.627 9.589 3.065 55.037 19.035 11.349 4.699<br />
Pola 83.787 49.339 77.942 3.346 10.125 1.849 4.691 700<br />
Zara 18.623 16.650 11.001 2.419 1.922 898 1.675 473<br />
Fiume (*) 70.187 99.723 31.067 6.117 9.989 2.562<br />
(*) Dati riferiti all’Istria.<br />
80
Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />
cui <strong>il</strong> fascismo, contrad<strong>di</strong>cendosi, non tenne conto, soprattutto per<br />
l’ampliamento del territorio goriziano e per la <strong>di</strong>versità degli interessi che<br />
rappresentava 46 . Tre giorni dopo, <strong>il</strong> 7 gennaio, <strong>il</strong> governo abrogò le<br />
<strong>di</strong>sposizioni che salvaguardavano le autonomie e le prerogative previste dalla<br />
legge austriaca e che erano state riconosciute come intangib<strong>il</strong>i da Giolitti e dal<br />
suo successore. La soluzione delle terre liberate fu sancita <strong>il</strong> 21 gennaio con<br />
l’istituzione <strong>di</strong> cinque nuove provincie, elevando a capoluoghi Trento,<br />
Trieste, Pola, Zara e Fiume 47 . Si concluse così la fase degli stu<strong>di</strong> preparatori e<br />
delle proposte, adottando per la regione trentina la linea propugnata da<br />
Tolomei che <strong>di</strong> fatto negava una Provincia al Sud Tirolo, al quale riconosceva<br />
soltanto i circondari <strong>di</strong> Bolzano e Bressanone con le rispettive sottoprefetture,<br />
e non si tenne conto dei suggerimenti <strong>della</strong> commissione Salata per la Venezia<br />
Giulia 48 . Trento <strong>di</strong>venne unico capoluogo con <strong>di</strong>eci circondari (Trento,<br />
Rovereto, Riva, Tione, Borgo, Cavalese, Merano, Bressanone e Bolzano) 49 .<br />
Per la formazione dei circondari si tenne conto dei <strong>di</strong>stretti giu<strong>di</strong>ziari e dei<br />
<strong>di</strong>stretti politici, ma alcuni comuni come Ampezzo e Livinallongo, furono<br />
scorporati dalla regione per essere aggregati al circondario <strong>di</strong> Belluno.<br />
Nella Venezia Giulia la definizione delle circoscrizioni fu più problematica<br />
non solo per la soppressione <strong>della</strong> Provincia <strong>di</strong> Gorizia, ma anche per le<br />
reazioni cui <strong>di</strong>ede origine la scelta <strong>di</strong> Pola anziché <strong>di</strong> Parenzo, antica sede <strong>della</strong><br />
Dieta provinciale istriana, anche se si escogitò <strong>il</strong> cav<strong>il</strong>lo <strong>di</strong> chiamarla «Provincia<br />
dell’Istria», così come fu un espe<strong>di</strong>ente nominalistico chiamare «Provincia del<br />
Friuli» quella <strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne-Gorizia. L’atteggiamento duro <strong>di</strong> Mussolini nei<br />
confronti <strong>di</strong> qualsiasi protesta per la decisione avallata, <strong>di</strong>mostra come la<br />
soluzione prescindesse da una riflessione sensib<strong>il</strong>e alle tra<strong>di</strong>zioni e alla storia<br />
delle autonomie, ed evidenzia come nei primi mesi del regime fascista non si<br />
fosse verificata una sottomissione generale 50 . Lo spazio non consente <strong>di</strong> riferire<br />
e commentare i successivi provve<strong>di</strong>menti che confermarono la volontà del<br />
fascismo <strong>di</strong> <strong>di</strong>rigere e controllare l’intera operazione delle provincie delle terre<br />
liberate, con la nomina delle commissioni straor<strong>di</strong>narie provvisorie per quei<br />
territori fino a quando non fosse avvenuto l’inse<strong>di</strong>amento <strong>della</strong><br />
rappresentanza elettiva. Va aggiunto che <strong>il</strong> fascismo ebbe cura <strong>di</strong> inserire in<br />
quelle commissioni personalità <strong>di</strong> sicura fedeltà al nuovo governo. L’intero<br />
anno 1923 scandì le tappe organizzative che non si limitarono al<br />
decentramento amministrativo, all’estensione <strong>di</strong> tutta la legislazione italiana<br />
alle nuove provincie, ma abbracciarono i provve<strong>di</strong>menti per l’estensione delle<br />
<strong>di</strong>sposizioni relative all’or<strong>di</strong>namento dello stato civ<strong>il</strong>e 51 , per la sistemazione<br />
giuri<strong>di</strong>ca degli impiegati presso l’amministrazione pubblica che avevano<br />
81
Umberto Chiaramonte<br />
svolto <strong>il</strong> servizio sotto l’Austria, ma che avevano preso la citta<strong>di</strong>nanza italiana.<br />
Infatti, <strong>il</strong> r.d. n. 440 del 18 febbraio 1923 non ammetteva equivoci, poiché<br />
coloro che non avrebbero conseguito la citta<strong>di</strong>nanza italiana sarebbero<br />
decaduti «<strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto» dal rapporto d’impiego non potendo vantare più «alcuna<br />
pretesa verso lo Stato italiano». In sostanza, qualsiasi provve<strong>di</strong>mento adottato<br />
dall’Austria sarebbe stato ritenuto decaduto. La linea accentratrice era ormai<br />
evidente su tutto <strong>il</strong> comparto statale: con decreto del 4 marzo 1923 n. 490<br />
venne ri<strong>di</strong>segnata la circoscrizione m<strong>il</strong>itare del regno in modo che dal 15 marzo<br />
venne ri<strong>di</strong>segnato tutto l’organigramma m<strong>il</strong>itare in <strong>di</strong>eci Corpi d’armata con<br />
30 <strong>di</strong>visioni alle <strong>di</strong>pendenze del ministro <strong>della</strong> Guerra Armando Diaz 52 . Nel<br />
marzo si adottò nell’Alto A<strong>di</strong>ge la toponomastica in lingua italiana, in agosto<br />
fu vietato l’uso del termine Tirol e in settembre furono sciolte tutte le<br />
associazioni alpine del Sud Tirolo e confiscati i loro beni 53 . Anche la<br />
circoscrizione territoriale dei circoli <strong>di</strong> Corte <strong>di</strong> assise nelle nuove provincie<br />
venne ridefinita con un decreto del 24 settembre 1923 n. 2011, con <strong>il</strong> quale<br />
furono costituite le Corti d’appello a Trento e a Trieste e gli uffici giu<strong>di</strong>ziari<br />
<strong>di</strong>pendenti 54 .<br />
La voce <strong>di</strong> protesta fu levata da Zuccarini che denunciò come <strong>il</strong> governo<br />
avesse definito la questione delle circoscrizioni provinciali «in quattro e<br />
quattro otto» facendo prevalere <strong>il</strong> criterio aberrante dell’uniformità<br />
legislativa sull’interesse dell’autonomia regionale 55 . A ben guardare, queste<br />
decisioni <strong>di</strong>mostrano che Mussolini non era pienamente sicuro del suo<br />
potere se in un comunicato «ufficioso» fece sapere che «la soluzione non può<br />
essere impeccab<strong>il</strong>e in tutti i particolari e da tutti i lati». Stessa prudenza<br />
manifestò <strong>il</strong> ministro Acerbo nel <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> Teramo del 4 febbraio 1923,<br />
sostenendo che le circoscrizioni delle nuove provincie avrebbero potuto<br />
«essere anche rivedute in seguito, se sulla base <strong>di</strong> <strong>di</strong>retta esperienza risultasse<br />
necessario un nuovo esame delle con<strong>di</strong>zioni particolari <strong>di</strong> quella zona tanto<br />
sensib<strong>il</strong>e del nostro confine» 56 . Di fatto, però, non ci furono cambiamenti<br />
alla linea dura fino al 1927.<br />
82<br />
La rivalutazione <strong>di</strong> due porti m<strong>il</strong>itari: La Spezia e Taranto<br />
La creazione delle nuove provincie nelle terre liberate costituì un<br />
messaggio <strong>di</strong> novità e <strong>di</strong> capacità decisionale <strong>della</strong> politica italiana in tema<br />
<strong>di</strong> revisione delle circoscrizioni amministrative, giacché nessun governo<br />
post-unitario aveva toccato le 69 provincie istituite con l’unificazione, se
Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />
non in casi rari e per porzioni territoriali quasi insignificanti 57 . Infatti, nel<br />
quadro del decentramento amministrativo <strong>il</strong> fascismo creò, nello stesso<br />
1923, altre due provincie elevando a capoluogo le due città <strong>di</strong> La Spezia e <strong>di</strong><br />
Taranto, che nel periodo bellico avevano assunto un ruolo sempre più<br />
r<strong>il</strong>evante non solo come porti m<strong>il</strong>itari, ma anche come territori ad alta<br />
concentrazione industriale.<br />
La Spezia era uno dei cinque capoluoghi <strong>di</strong> circondario <strong>della</strong> Provincia<br />
<strong>di</strong> Genova, attorno a cui gravitavano 27 comuni che, rispetto agli anni<br />
giolittiani, avevano registrato un incremento in tutti i settori produttivi e <strong>di</strong><br />
demografia 58 . L’aspirazione <strong>di</strong> La Spezia a staccarsi da Genova era <strong>di</strong><br />
dominio pubblico fin dal 1913 quando l’amministrazione civica organizzò<br />
un convegno con i Comuni del circondario e con altri limitrofi. Francesco<br />
Poggi, nell’elencare le ragioni storiche ed economiche che giustificavano la<br />
creazione <strong>di</strong> una nuova Provincia in Liguria, prospettò una circoscrizione<br />
territoriale che comprendeva, oltre al circondario spezzino, quello <strong>di</strong><br />
Pontremoli con l’aggiunta <strong>di</strong> alcuni comuni <strong>della</strong> Provincia <strong>di</strong> Massa<br />
Carrara 59 . Più che <strong>il</strong> tema dell’autonomia e delle prerogative connesse, la<br />
preoccupazione principale dei relatori del convegno fu la definizione <strong>della</strong><br />
circoscrizione, sicché emersero <strong>di</strong>verse possib<strong>il</strong>i soluzioni che prefigurarono<br />
un territorio che attingesse anche a qualche Comune del Genovese, <strong>della</strong><br />
Lucchesìa e del Carrarese. La guerra e l’in<strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>ità dei governi liberali a<br />
creare nuove provincie, misero a tacere ogni aspirazione, finché <strong>il</strong> giornale<br />
«La Provincia <strong>di</strong> La Spezia», fondato dal fascista Orlando Danese nel 1921,<br />
non ripropose la questione coinvolgendo nel <strong>di</strong>battito anche alcuni Comuni<br />
<strong>della</strong> Toscana. Le cronache narrano che Mussolini, passando da La Spezia<br />
nel 1923, fece sapere che presto avrebbe pubblicato <strong>il</strong> decreto <strong>di</strong> istituzione<br />
<strong>della</strong> Provincia 60 . Infatti, con r.d. 1913 del 2 settembre 1923 La Spezia venne<br />
promossa capoluogo <strong>di</strong> una Provincia che sostanzialmente mantenne i<br />
comuni del vecchio circondario con in più i comuni <strong>di</strong> Maissana e Varese<br />
Ligure del circondario <strong>di</strong> Chiavari, e <strong>di</strong> Calice al Cornoviglio e <strong>di</strong> Rocchetta<br />
<strong>di</strong> Vara del circondario <strong>di</strong> Massa Carrara. È importante sottolineare come<br />
in questa scelta, e nelle altre sim<strong>il</strong>i, l’opinione popolare non fu tenuta in<br />
nessun conto, come <strong>di</strong>mostra un documento inviato al governo da parte dei<br />
comuni del circondario <strong>di</strong> Pontremoli (MS), che chiedevano esplicitamente<br />
l’inserimento nella nuova Provincia 61 .<br />
I pontremolesi sostennero che la loro appartenenza a Massa Carrara<br />
costituiva una «artificiosità», come era stato <strong>di</strong>mostrato sin dal convegno del<br />
1913 e come era stato chiesto dal <strong>di</strong>battito svoltosi sul giornale «Lunigiana»,<br />
83
Umberto Chiaramonte<br />
sorto nel 1910 con lo scopo <strong>di</strong> assecondare la nascita <strong>della</strong> Provincia <strong>di</strong> La<br />
Spezia. La documentazione mette in evidenza una serie <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>, appunti e<br />
corrispondenza che proponevano <strong>di</strong>verse e contrastanti soluzioni quasi si<br />
trattasse <strong>di</strong> far quadrare <strong>il</strong> numero dei comuni con <strong>il</strong> numero degli abitanti,<br />
senza alcuna attenzione agli aspetti tecnici e amministrativi e soprattutto<br />
<strong>della</strong> storia locale. I telegrammi <strong>di</strong> adesione o <strong>di</strong> delusione dei sindaci per<br />
l’inserimento o l’esclusione nella nuova Provincia non contengono alcuna<br />
motivazione se non quella sentimentale o delle <strong>di</strong>stanze e quin<strong>di</strong> delle<br />
<strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> interloquire con i nuovi organi istituzionali periferici 62 . In<br />
questo contesto non va trascurato <strong>il</strong> telegramma del deputato Boracchia del<br />
Santo a Mussolini con <strong>il</strong> quale, a conclusione del I convegno provinciale del<br />
Ppi, notoriamente fautore delle autonomie, gli chiedeva che «problema<br />
Provincia sia integralmente risolto con aggregazione Spezia tutta Valle<br />
Magra» 63 .<br />
In altri termini, la formazione <strong>della</strong> nuova circoscrizione provinciale<br />
confermava la vacuità e l’inapplicab<strong>il</strong>ità del criterio su cui si sarebbe dovuto<br />
basare la Provincia, cioè come libero consorzio tra liberi comuni. In questo<br />
versante, se i liberali non avevano mai tenuto conto delle <strong>di</strong>sposizioni dell’art.<br />
168 <strong>della</strong> legge 23 ottobre 1859 che assegnava al consiglio provinciale (e<br />
quin<strong>di</strong> ai rappresentanti del popolo) <strong>il</strong> parere <strong>di</strong> mutare le circoscrizioni<br />
comunali e provinciali, <strong>il</strong> fascismo si guardò bene dall’ascoltare la popolazione,<br />
le classi <strong>di</strong>rigenti o gli enti <strong>di</strong> sv<strong>il</strong>uppo territoriale, mentre ut<strong>il</strong>izzò sempre la<br />
deroga dalle leggi. «Il Lavoro» <strong>di</strong> Genova criticò <strong>il</strong> metodo sostenendo che per<br />
creare una nuova Provincia non bastava in<strong>di</strong>viduare un capoluogo, o <strong>di</strong>videre<br />
<strong>il</strong> territorio <strong>di</strong> due piccole provincie contigue (Spezia e Massa). Più coerente<br />
sarebbe stato estendere l’attenzione alle aree regionali e quin<strong>di</strong> alla salvaguar<strong>di</strong>a<br />
dei più ampi interessi socio-economici, rifiutando la <strong>di</strong>visione per interessi<br />
localistici. Nel caso specifico «Il Lavoro» sostenne la tesi che la soluzione aveva<br />
tenuto conto <strong>di</strong> non mortificare l’affermazione del fascismo sia a La Spezia che<br />
a Carrara 64 . «La critica politica» colse l’occasione per riba<strong>di</strong>re che alla base <strong>della</strong><br />
istituzione <strong>di</strong> nuove provincie <strong>il</strong> fascismo finiva con l’accrescere la burocrazia<br />
dell’amministrazione periferica, piuttosto che ridurla 65 . Mussolini, nella sua<br />
relazione allegata al decreto <strong>di</strong> istituzione, fece riferimento alle richieste delle<br />
popolazioni, e citò persino <strong>il</strong> convegno del 1913 più sopra richiamato, ma ne<br />
dedusse che<br />
le soluzioni prospettate presentavano tutte <strong>di</strong>fetti o <strong>di</strong>fficoltà pressoché<br />
insormontab<strong>il</strong>i, sicché <strong>il</strong> Governo, pur riconoscendo la necessità <strong>della</strong> creazione <strong>della</strong><br />
84
Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />
Provincia <strong>della</strong> Spezia, ha ritenuto prescindere dai progetti suaccennati per adottare<br />
una <strong>di</strong>versa soluzione inspirata anche al concetto <strong>di</strong> conc<strong>il</strong>iare per quanto possib<strong>il</strong>e i<br />
contrastanti interessi delle provincie contermini 66 .<br />
Taranto, che era l’altro polo <strong>della</strong> marina m<strong>il</strong>itare che Mussolini voleva<br />
ad<strong>di</strong>tare come simbolo <strong>della</strong> forza m<strong>il</strong>itare nazionale, ebbe la nomina a<br />
capoluogo nello stesso giorno <strong>di</strong> La Spezia 67 . Fino a quel momento era stata<br />
uno dei 4 capoluoghi <strong>di</strong> circondario <strong>della</strong> Provincia <strong>di</strong> Lecce, ma nel 1921<br />
aveva registrato un incremento demografico del 25,4 per cento rispetto al<br />
censimento del 1911 (274.907 unità contro 219.254). Ciò era dovuto ad<br />
uno sv<strong>il</strong>uppo economico sostenuto, ma sostanzialmente trainato dalle<br />
attività portuali e dalle industrie connesse 68 . Come scrisse <strong>il</strong> capo del governo<br />
nella relazione introduttiva al decreto <strong>di</strong> costituzione, si guardava a questa<br />
città come al ponte per i commerci con l’Oriente, e nello stesso tempo si<br />
accentrava <strong>il</strong> ruolo del porto m<strong>il</strong>itare che ospitava l’Alto comando dello<br />
Jonio e del basso Adriatico, <strong>il</strong> <strong>di</strong>partimento marittimo con arsenale e cantieri<br />
navali. Il fascismo volle saldare <strong>il</strong> debito con le popolazioni che sin dal 1919<br />
avevano richiesto l’autonomia amministrativa da Lecce, ma nella decisione<br />
prevalse <strong>il</strong> principio <strong>di</strong> non turbare gli interessi dei leccesi e <strong>della</strong> Bas<strong>il</strong>icata,<br />
sicché la circoscrizione provinciale fu mantenuta entro i confini dell’antico<br />
circondario <strong>di</strong> Taranto con i suoi 224.465 ettari <strong>di</strong> superficie.<br />
La mob<strong>il</strong>itazione locale per promuovere l’istituzione <strong>della</strong> Provincia si<br />
era rafforzata sin dal mese <strong>di</strong> marzo del 1923, quando si intensificarono le<br />
voci <strong>di</strong> un progetto <strong>di</strong> revisione delle vecchie circoscrizioni provinciali. In<br />
città si costituì un comitato <strong>di</strong> promozione, presieduto dal sindaco <strong>di</strong><br />
Taranto, che nell’avanzare la richiesta non volle intaccare le suscettib<strong>il</strong>ità<br />
campan<strong>il</strong>istiche, sostenendo la tesi che l’autonomia provinciale avrebbe<br />
rafforzato i vasti interessi <strong>della</strong> nazione. Ma le reazioni che suscitarono nel<br />
ceto politico e impren<strong>di</strong>toriale <strong>di</strong> Lecce dovute alla sottrazione <strong>di</strong> un ricco<br />
territorio, provocarono un or<strong>di</strong>ne del giorno <strong>della</strong> classe politica e<br />
impren<strong>di</strong>toriale tarantina, che da tempo aveva inserito l’istituzione <strong>della</strong><br />
Provincia tra i programmi elettorali. Si preferì smussare le <strong>di</strong>atribe<br />
rimettendo la decisione alla «<strong>il</strong>limitata fiducia nell’opera sapiente ed<br />
imparziale del Governo d’Italia» 69 . Non mancarono pressioni da parte dei<br />
fautori e degli oppositori con lettere, telegrammi e memorie trasversali<br />
rispetto all’appartenenza politica. L’Associazione del Partito liberale del<br />
territorio, con una lettera espresse <strong>il</strong> suo sdegno per le «<strong>di</strong>sgustose<br />
manifestazioni, alle quali, sotto <strong>di</strong>verse forme, i leccesi han creduto<br />
85
Umberto Chiaramonte<br />
inconsideratamente <strong>di</strong> abbandonarsi» 70 , e nel contempo richiamò<br />
l’attenzione delle autorità fasciste sul fatto che già <strong>il</strong> sindaco liberale e<br />
deputato locale Tro<strong>il</strong>o si era battuto per l’elevazione <strong>di</strong> Taranto a capoluogo.<br />
Le posizioni contrarie provennero da Bari, da Lecce e dalla Bas<strong>il</strong>icata, con<br />
la motivazione che l’annunciato scorporo <strong>di</strong> alcuni comuni per aggregarli<br />
alla costituenda Provincia avrebbe provocato risentimenti nelle popolazioni<br />
per i <strong>di</strong>sagi, ma soprattutto non avrebbe propiziato lo sv<strong>il</strong>uppo economico<br />
e sociale <strong>di</strong> quelle zone. Il Consiglio provinciale <strong>di</strong> Bari, che temeva <strong>di</strong><br />
perdere consistenza e risorse, si <strong>di</strong>chiarò contrario quando le voci sulla nuova<br />
Provincia cominciarono a intensificarsi. In un odg del 13 marzo 1923, <strong>il</strong><br />
Consiglio ritenne grave «spezzare i vincoli secolari che affratellano tutti i<br />
paesi <strong>della</strong> Provincia <strong>di</strong> Bari», aggiungendo che «gravi danni deriverebbero<br />
non solo a quei paesi ed alla città e Porto <strong>di</strong> Bari come alla Provincia tutta,<br />
[...] ma anche a tutta la regione <strong>di</strong> Puglia ritardando <strong>il</strong> progresso delle<br />
comunicazioni e dei commerci nel basso Adriatico». Per questa ragione si<br />
pronunciò contro qualsiasi mo<strong>di</strong>fica <strong>della</strong> circoscrizione barese 71 . Lettere e<br />
or<strong>di</strong>ni del giorno vennero inviati dalla Bas<strong>il</strong>icata e uno fu spe<strong>di</strong>to da 23 fasci<br />
del Pnf che si erano riuniti in assemblea per avvertire Mussolini <strong>di</strong> non<br />
impoverire ulteriormente <strong>il</strong> circondario <strong>di</strong> Matera con lo smembramento<br />
<strong>della</strong> già povera regione 72 . Persino <strong>il</strong> prefetto <strong>di</strong> Potenza fece sapere a<br />
Mussolini che la notizia che si era sparsa <strong>della</strong> <strong>di</strong>saggregazione <strong>della</strong><br />
Provincia <strong>di</strong> Potenza in favore <strong>di</strong> Taranto avrebbe provocato «vivissima<br />
agitazione: agitazione invero fondata, in quanto che <strong>il</strong> privare la Bas<strong>il</strong>icata,<br />
in tutto o in parte del circondario <strong>di</strong> Matera costituirebbe non solo uno<br />
smembramento [...] ma anche un impoverimento, verrebbe a perdere <strong>il</strong> non<br />
lieve contributo fon<strong>di</strong>ario del Materano» 73 . Questi movimenti <strong>di</strong> opinione<br />
pubblica scaturivano più dal convincimento che sarebbero stati danneggiati<br />
precisi interessi politici, amministrativi e commerciali, che da<br />
argomentazioni in favore delle autonomie, se non in quella minima parte<br />
che intaccavano interessi municipalisti. Anche i prefetti ritennero <strong>di</strong><br />
intervenire inviando le loro osservazioni più per <strong>il</strong> timore <strong>di</strong> perdere <strong>il</strong><br />
prestigio <strong>della</strong> grande Provincia, o per l’influenza dei politici locali, che per<br />
<strong>di</strong>fendere le tra<strong>di</strong>zioni del territorio. <strong>Del</strong> resto, la storia delle autonomie<br />
locali non sempre ha avuto pala<strong>di</strong>ni nob<strong>il</strong>i e <strong>di</strong>sinteressati che hanno<br />
guardato al bene comune più che agli affari <strong>di</strong> bottega. A fronte <strong>di</strong> tutto ciò,<br />
la risposta del governo, sensib<strong>il</strong>e a non suscitare malumori, non si fece<br />
attendere con le assicurazioni che la volontà <strong>di</strong> tutti i ministri era <strong>di</strong> non<br />
toccare i territori <strong>della</strong> Bas<strong>il</strong>icata.<br />
86
La soppressione delle sottoprefetture<br />
Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />
Queste «prove <strong>di</strong> decentramento amministrativo», se da una parte<br />
evidenziarono quanto sensib<strong>il</strong>e fosse l’opinione pubblica per <strong>il</strong><br />
riconoscimento ad una promozione del proprio territorio, dall’altra<br />
consolidarono in Mussolini <strong>il</strong> convincimento che la promozione a<br />
capoluogo <strong>di</strong> provincia suscitava troppe emozioni politiche e attestati <strong>di</strong><br />
consenso. Ma in questa prima fase del regime, non mancarono scelte<br />
contrad<strong>di</strong>ttorie, come avvenne nel comparto <strong>della</strong> pubblica istruzione con<br />
la soppressione degli uffici scolastici provinciali (provve<strong>di</strong>torati agli stu<strong>di</strong>)<br />
dal 1° luglio 1923, sostituiti con provve<strong>di</strong>torati agli stu<strong>di</strong> regionali. Secondo<br />
qualche autore questa nuova aggregazione aveva <strong>il</strong> duplice scopo «<strong>di</strong><br />
sottrarre <strong>il</strong> provve<strong>di</strong>tore agli stu<strong>di</strong> alle nefaste influenze dei piccoli ambienti<br />
<strong>di</strong> Provincia e, dall’altra, quello più ambizioso sotto <strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o culturale, <strong>di</strong><br />
riportare <strong>il</strong> popolo al culto delle tra<strong>di</strong>zioni storiche delle singole regioni» 74 .<br />
Ma l’affermazione non tiene conto dell’avversione del fascismo nei riguar<strong>di</strong><br />
<strong>di</strong> qualsiasi forma <strong>di</strong> regionalismo, patrocinata dal Ppi <strong>di</strong> Sturzo e dai<br />
repubblicani <strong>della</strong> «Critica politica», i quali, anziché gioire <strong>della</strong> decisione,<br />
avanzarono un giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> prudente attesa e <strong>di</strong> perplessità, in quanto fu<br />
intravisto «<strong>il</strong> pericolo <strong>di</strong> un maggiore concentramento, <strong>di</strong> una maggiore<br />
burocratizzazione e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> una minore autonomia» 75 . D’altra parte, lo<br />
scopo <strong>di</strong> queste riforme era lo «snellimento» dell’attività amministrativa e<br />
non <strong>di</strong> dare alla «regione scolastica» più poteri decisionali 76 .<br />
Non c’è dubbio che nell’opinione pubblica ebbe una visib<strong>il</strong>ità maggiore<br />
e un effetto <strong>di</strong>rompente la revisione delle circoscrizioni provinciali che <strong>il</strong><br />
fascismo iniziò nel 1923. La prima fase del progetto fu, per così <strong>di</strong>re, <strong>di</strong><br />
stu<strong>di</strong>o, in quanto <strong>di</strong>ede l’impressione <strong>di</strong> portare a compimento alcuni<br />
ritocchi per sanare un antico malcontento per l’appartenenza a circoscrizioni<br />
provinciali ritenute «forzose» e incuranti delle tra<strong>di</strong>zioni locali. Il<br />
circondario <strong>di</strong> Rieti venne sottratto alla Provincia <strong>di</strong> Perugia per aggregarlo<br />
a quella <strong>di</strong> Roma 77 ; <strong>il</strong> circondario <strong>di</strong> Rocca S. Casciano dalla Provincia <strong>di</strong><br />
Firenze fu trasferito a quella <strong>di</strong> Forlì 78 ; fu <strong>di</strong>sposta la soppressione del<br />
circondario <strong>di</strong> Bobbio <strong>di</strong>stribuendo i comuni sulle tre provincie <strong>di</strong> Genova,<br />
Piacenza e Parma 79 ; fu soppresso <strong>il</strong> circondario <strong>di</strong> Fiorenzuola d’Arda<br />
aggregandolo a Piacenza 80 alla quale Provincia vennero sottratti i comuni <strong>di</strong><br />
Bar<strong>di</strong> e <strong>di</strong> Boccolo dei Tassi per cederli a Parma 81 ; un’altra revisione avvenne<br />
nella Provincia <strong>di</strong> Massa dalla quale venne staccato <strong>il</strong> circondario <strong>di</strong><br />
Castelnuovo <strong>di</strong> Garfagnana per aggregarlo a Lucca 82 ; ed infine, <strong>il</strong> Comune<br />
87
Umberto Chiaramonte<br />
<strong>di</strong> S. Giovanni Ilarione venne staccato da Vicenza per aggregarlo alla<br />
Provincia <strong>di</strong> Verona 83 . Non fu che l’inizio <strong>di</strong> una sequenza <strong>di</strong> trasferimenti<br />
quasi si trattasse <strong>di</strong> una partita a scacchi, ed anche con queste scelte<br />
Mussolini avallava, senza volerlo, la tesi <strong>di</strong> molti stu<strong>di</strong>osi secondo cui la<br />
Provincia era una istituzione senza fondamento storico, costruita a tavolino.<br />
Esempio ulteriore <strong>di</strong> quanto si va <strong>di</strong>cendo è la revisione <strong>della</strong> circoscrizione<br />
amministrativa delle due provincie <strong>di</strong> Pisa e Livorno. Quest’ultima aveva<br />
sempre lamentato <strong>il</strong> suo ridotto territorio circoscritto al Comune <strong>di</strong> Livorno<br />
in terra ferma e alle isole <strong>della</strong> Toscana, ma mentre nel periodo liberale Pisa<br />
la spuntò sempre su Livorno, con l’affermarsi del fascismo e, secondo alcuni<br />
stu<strong>di</strong>osi, con l’ascesa politica del livornese conte Costanzo Ciano, le cose<br />
mutarono fino alla revisione sancita con <strong>il</strong> r.d. 15 novembre 1925 n. 2011<br />
con <strong>il</strong> quale alla città portuale vennero aggregati 10 comuni <strong>della</strong> Provincia<br />
<strong>di</strong> Pisa, mentre questa acquisì alcuni comuni <strong>della</strong> Provincia <strong>di</strong> Firenze 84 . La<br />
revisione non fu indolore non solo per i pisani, ma anche per i comuni <strong>della</strong><br />
Provincia <strong>di</strong> Firenze 85 , ma sul piano economico e commerciale a<br />
guadagnarci fu Livorno, acquisendo soprattutto Rosignano e Piombino con<br />
i loro inse<strong>di</strong>amenti industriali e <strong>il</strong> porto 86 .<br />
Anche la città <strong>di</strong> Roma subì un ra<strong>di</strong>cale mutamento che si concluse con<br />
l’azzeramento <strong>della</strong> storia municipale poiché <strong>il</strong> fascismo istituì un<br />
governatorato per la capitale con le funzioni che prima erano esercitate<br />
dall’amministrazione comunale 87 . Il 31 <strong>di</strong>cembre 1925 fu inse<strong>di</strong>ato a Roma<br />
<strong>il</strong> primo governatore <strong>della</strong> capitale, con una cerimonia che la presenza <strong>di</strong><br />
Mussolini e <strong>di</strong> altri ministri rese più solenne 88 . Ma, come è noto, <strong>il</strong> colpo <strong>di</strong><br />
grazia alle autonomie locali <strong>il</strong> fascismo lo assestò ben presto sia con l’istituzione<br />
del podestà, sia con l’istituzione <strong>della</strong> Consulta municipale non soltanto<br />
perché si sottraeva al popolo l’eleggib<strong>il</strong>ità dei propri amministratori, ma<br />
perché non poteva essere giustificato con lo snellimento burocratico.<br />
Tornando alla creazione <strong>di</strong> nuove circoscrizioni provinciali, non è fuori luogo<br />
chiedersi quali furono i criteri ispiratori <strong>di</strong> questa rivoluzione; quanto<br />
pesarono le pressioni delle comunità locali e fino a che punto si vollero<br />
riconoscere le tra<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> cui non si era tenuto conto con l’unificazione<br />
nazionale; fino a che punto lo spostamento <strong>di</strong> intere comunità da una<br />
Provincia all’altra fu funzionale allo snellimento <strong>della</strong> pubblica<br />
amministrazione e alla riduzione delle spese <strong>di</strong> gestione. Per fare un esempio<br />
concreto, ci si può domandare quale snellimento sarebbe derivato aggregando<br />
<strong>il</strong> circondario <strong>di</strong> Rieti alla Provincia <strong>di</strong> Roma, che, oberata dei problemi <strong>di</strong> una<br />
capitale, era l’unica nel Lazio per la quale si istituiva, appunto, un<br />
88
Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />
governatorato. Solo una serie <strong>di</strong> ricerche locali potrebbe evidenziare pregi e<br />
<strong>di</strong>fetti <strong>di</strong> questa rivoluzione amministrativa che ri<strong>di</strong>segnò la mappa del<br />
potere locale che era rimasta intatta in oltre sessanta anni. Altre ragioni<br />
dovettero spingere <strong>il</strong> fascismo in questa vasta operazione che produsse<br />
malcontento e reazioni che solo <strong>il</strong> regime autoritario poté controllare e<br />
reprimere. Qualche autore ha sostenuto che «c’era infatti (bene adombrato)<br />
anche l’estremo bisogno <strong>di</strong> sanare le finanze dei centri maggiori, <strong>di</strong>ssestate<br />
dalla politica accentratrice e sperperatrice» 89 . In realtà, <strong>il</strong> fascismo mortificò<br />
in continuazione gli enti locali e se nel <strong>di</strong>cembre 1923 aveva varato<br />
l’istituzione <strong>della</strong> Confederazione nazionale enti autarchici, con <strong>il</strong> «fine <strong>di</strong><br />
raggiungere una cooperazione <strong>di</strong>retta e imme<strong>di</strong>ata fra gli enti stessi» 90 , per<br />
converso aveva avviato la soppressione dell’Associazione dei Comuni<br />
inserendo Upi e Anci tra gli organismi del Pnf.<br />
L’operazione <strong>della</strong> revisione territoriale delle provincie ebbe inizio nel<br />
1926, data dalla quale si fa iniziare la seconda fase del fascismo, chiamata <strong>di</strong><br />
«lotta costituzionale», «l’anno legislativo <strong>della</strong> rivoluzione» 91 . Eppure, anche<br />
questa fase venne avviata con qualche contrad<strong>di</strong>zione. Nella seduta del<br />
consiglio dei ministri del 1° gennaio, contrad<strong>di</strong>cendo l’intento del<br />
contenimento <strong>della</strong> spesa e <strong>della</strong> riduzione delle sottoprefetture, venne<br />
approvato uno schema <strong>di</strong> decreto con <strong>il</strong> quale fu istituito <strong>il</strong> circondario <strong>di</strong><br />
Ragusa, in Provincia <strong>di</strong> Siracusa 92 . A <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> altre provincie italiane,<br />
questa comprendeva soltanto i tre circondari <strong>di</strong> Siracusa, Noto e Mo<strong>di</strong>ca. Da<br />
quest’ultimo, che aveva appena 13 comuni con una superficie <strong>di</strong> 150.451<br />
ettari e 251.762 abitanti, e quin<strong>di</strong> per nulla complesso o <strong>di</strong>sagiato, venne<br />
ritagliato <strong>il</strong> nuovo circondario <strong>di</strong> Ragusa, unico in tutta Italia ad essere<br />
istituito nel periodo fascista. La decisione fa intravedere l’anticipo del<br />
«regalo» che ben presto <strong>il</strong> duce avrebbe fatto alla città iblea onorando un<br />
debito <strong>di</strong> immagine nei confronti del sottosegretario F<strong>il</strong>ippo Pennavaria che<br />
su questo punto lo aveva sollecitato a più riprese. La decisione <strong>di</strong> istituire un<br />
nuovo circondario fa sorgere <strong>il</strong> dubbio che la riforma non fosse esente da<br />
comportamenti <strong>di</strong> clientelismo in quanto qualche mese dopo, nel Consiglio<br />
dei ministri del 26 agosto 1926, <strong>il</strong> ministro dell’Interno Federzoni espose ai<br />
colleghi le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà nelle quali era venuto a trovarsi <strong>il</strong><br />
ministero dell’Interno in seguito alla <strong>di</strong>minuzione degli organici nel<br />
momento in cui erano aumentate le attribuzioni del personale. Necessità <strong>di</strong><br />
non gravare l’erario, «anzi <strong>di</strong> realizzare tutte le possib<strong>il</strong>i economie,<br />
impone[va] <strong>di</strong> risolvere la duplice contrad<strong>di</strong>ttoria <strong>di</strong>fficoltà <strong>della</strong> deficienza<br />
<strong>di</strong> funzionari e dell’accresciuto lavoro degli Uffici con una ulteriore<br />
89
Umberto Chiaramonte<br />
semplificazione dei servizi» 93 . Perciò propose, e <strong>il</strong> Consiglio approvò, la<br />
soppressione <strong>di</strong> 95 sottoprefetture su 167, con una proporzione del 57 per<br />
cento 94 . La motivazione verbalizzata fu la seguente:<br />
Tale soppressione, mentre non porterà alcun danno a zone per le quali la frequenza e<br />
la rapi<strong>di</strong>tà sempre maggiore delle comunicazioni rendevano ormai inut<strong>il</strong>e <strong>il</strong><br />
funzionamento degli organi tutori, darà alle Prefetture la possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> adempiere i<br />
nuovi gravi e delicati e importanti compiti che sono stati loro attribuiti dalla legge per<br />
l’espansione dei poteri dei Prefetti e dell’or<strong>di</strong>namento sindacale 95 .<br />
Questo drastico ri<strong>di</strong>mensionamento <strong>di</strong> città che vantavano tra<strong>di</strong>zioni<br />
storiche, fu definito da «Il Popolo d’Italia» «una ecatombe» 96 , e fu deciso<br />
dallo stesso ministro che otto mesi prima aveva istituito <strong>il</strong> piccolo<br />
circondario <strong>di</strong> Ragusa. Per la soppressione delle sottoprefetture è lecito<br />
chiedersi se furono approntati stu<strong>di</strong> tecnici specifici e da chi.<br />
Nell’operazione <strong>il</strong> fascismo poteva sostenere <strong>di</strong> essersi attenuto alle<br />
in<strong>di</strong>cazioni <strong>della</strong> «commissione parlamentare d’inchiesta sull’or<strong>di</strong>namento<br />
delle amministrazioni <strong>di</strong> Stato e sulle con<strong>di</strong>zioni del personale» del marzo<br />
1921, la quale aveva proposto una riduzione, se non la totale soppressione<br />
delle sottoprefetture. Sebbene l’inut<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> molte sottoprefetture fosse nota,<br />
un attento esame <strong>di</strong> quelle soppresse mostra come non sia stata veritiera la<br />
motivazione secondo cui le migliorate vie <strong>di</strong> comunicazione avevano reso<br />
inut<strong>il</strong>e una parcellizzazione <strong>della</strong> struttura burocratica in periferia. Per fare<br />
qualche esempio, nel Nord la soppressione delle sottoprefetture <strong>di</strong> Vercelli,<br />
Varallo Sesia, Biella, Domodossola e Pallanza, tutte in Provincia <strong>di</strong> Novara,<br />
accentuava le <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> quella Provincia che comprendeva 660.267 ettari<br />
<strong>di</strong> superficie alpina, pre-alpina, <strong>di</strong> pianura e lacustre, e da cui in futuro<br />
saranno formate altre tre provincie (Vercelli, Biella e Verbania). Nel Sud le<br />
vie <strong>di</strong> comunicazione nei circondari <strong>di</strong> Vallo <strong>della</strong> Lucania e <strong>di</strong> Campagna,<br />
in Provincia <strong>di</strong> Salerno, non erano tali da rendere più agevoli i collegamenti<br />
con <strong>il</strong> capoluogo. Gli esempi potrebbero continuare. Che alla base <strong>della</strong><br />
decisione ci fossero seri stu<strong>di</strong> economici, statistici e <strong>di</strong> geomorfologia,<br />
sembra dubbio, quantomeno non si trattò <strong>di</strong> un lavoro preparatorio<br />
accurato se nel mese <strong>di</strong> ottobre Federzoni presentò una variazione <strong>della</strong><br />
precedente proposta, riattivando le tre sottoprefetture <strong>di</strong> Monfalcone,<br />
Tolmino e Sesana e sopprimendo quella <strong>di</strong> Idria 97 . Questi ripensamenti<br />
rivelano una certa fretta, funzionale soltanto a dare un’immagine <strong>di</strong> forte<br />
decisionismo del governo, <strong>il</strong> quale poté vantare l’assenza <strong>di</strong> proteste delle<br />
popolazioni coinvolte, mentre alcune informative dei prefetti inviate al<br />
90
Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />
ministero dell’Interno <strong>di</strong>mostrano che <strong>il</strong> malcontento ci fu. Tanto per fare<br />
qualche esempio, per i quattro circondari <strong>della</strong> Provincia <strong>di</strong> Trento 98<br />
l’ispettore generale d’accordo col Prefetto rit[enne], in linea principale, che<br />
conven[isse] mantenere, anche temporaneamente, i quattro circondari sopprimen<strong>di</strong><br />
principalmente per necessità politiche, per potervi esercitare una più imme<strong>di</strong>ata<br />
sorveglianza sulle popolazioni delle rispettive circoscrizioni. In subor<strong>di</strong>nata propo[se]<br />
che [fossero] almeno mantenute le sottoprefetture <strong>di</strong> Cles e Tione. In caso <strong>di</strong> non<br />
accoglimento <strong>di</strong> tali proposte [fu] del parere che i Comuni dei quattro circondari<br />
suddetti [venissero] aggregati a quello <strong>di</strong> Trento <strong>il</strong> quale così verrebbe a comprendere<br />
n. 29 Comuni, con una popolazione <strong>di</strong> 202.463 abitanti 99 .<br />
Altri documenti <strong>della</strong> Provincia <strong>di</strong> Trento evidenziano che <strong>di</strong>versi<br />
podestà <strong>di</strong> molti comuni <strong>di</strong> montagna espressero parere negativo sulla<br />
soppressione <strong>di</strong> alcuni circondari e <strong>di</strong> sottoprefetture motivandolo con<br />
ragioni storiche, economiche e <strong>di</strong> scadenti vie <strong>di</strong> comunicazione. Il prefetto,<br />
consigliando <strong>di</strong> conservare Cles e Tione per la montuosità dei comuni<br />
aggregati, per cautela scrisse al ministro che <strong>il</strong> suo parere<br />
deve intendersi circoscritto allo stu<strong>di</strong>o ed alle proposte circa l’assegnazione dei Comuni<br />
<strong>di</strong>pendenti dalle sottoprefetture <strong>di</strong> cui è stata deliberata la soppressione e non si estende<br />
anche al giu<strong>di</strong>zio sulle opportunità o meno <strong>di</strong> talune soppressioni. Ma per quel che ho<br />
visto ed osservato de visu, percorrendo in automob<strong>il</strong>e centinaia e centinaia <strong>di</strong><br />
ch<strong>il</strong>ometri per constatare le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> viab<strong>il</strong>ità ed i mezzi <strong>di</strong> comunicazione dei<br />
Comuni più lontani ai vari centri dei circondari, m’incombe <strong>il</strong> preciso obbligo <strong>di</strong> non<br />
tacere e <strong>di</strong> sottoporre alle considerazioni dell’E.V. <strong>il</strong> grave problema, anche se<br />
considerazioni assolute <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne supremo dovessero imporsi e prevalere, anche col<br />
sacrificio dei molteplici interessi pubblici e privati, che più sopra ho segnalato 100 .<br />
Non si espressero con meno risentimento alcuni capi del fascismo locale,<br />
come <strong>il</strong> fiduciario del Pnf <strong>di</strong> Tione, che informò <strong>il</strong> ministro <strong>di</strong> evitare la<br />
soppressione <strong>di</strong> quella sottoprefettura, per ragioni storiche e soprattutto per<br />
la <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> comunicazioni nei perio<strong>di</strong> invernali 101 . Ma, a ben vedere,<br />
anche queste esternazioni <strong>di</strong> malcontento non avevano nulla a che vedere<br />
con l’autonomismo genuino e forse era con<strong>di</strong>zionato più da interessi locali.<br />
Verso la riforma <strong>della</strong> Provincia<br />
Dopo quanto si è detto, appare evidente come <strong>il</strong> fascismo abbia<br />
proceduto a tentoni, senza un progetto politico e organizzativo <strong>di</strong> lungo<br />
91
Umberto Chiaramonte<br />
respiro. Riferendo <strong>di</strong> un colloquio tra Mussolini e Federzoni, «Il Popolo<br />
d’Italia» dell’agosto 1926 scrisse che l’or<strong>di</strong>namento amministrativo<br />
provinciale era ancora allo stu<strong>di</strong>o giacché esso avrebbe dovuto armonizzarsi,<br />
«se non fondersi, con le nuove funzioni dei Consigli per l’Economia e delle<br />
Giunte provinciali delle Corporazioni» 102 . Il <strong>di</strong>battito sul ruolo <strong>della</strong><br />
Provincia non fu <strong>di</strong> alto livello tecnico e politico perché gli autori, che spesso<br />
erano gli stessi amministratori delle provincie, si attestarono sulle posizioni<br />
governative, paghi del fatto che <strong>il</strong> fascismo non avrebbe mai abolito la<br />
Provincia, anche se ciò avrebbe comportato un alto prezzo sul piano delle<br />
autonomie. Le riviste <strong>di</strong> settore e l’Unione delle provincie Italiane (Upi)<br />
sposarono le scelte del regime perché nel frattempo erano state<br />
fascistizzate 103 . La «Rivista delle Provincie», dopo le battaglie per le libertà<br />
locali, cominciò l’allineamento. Pubblicando la notizia <strong>di</strong> un probab<strong>il</strong>e<br />
annullamento <strong>della</strong> eleggib<strong>il</strong>ità dei consigli, evidenziò la propria<br />
sottomissione al fascismo, e agli scontenti ricordò che non c’era nulla <strong>di</strong><br />
traumatico in questa scelta, giacché si sarebbe ripristinata la vecchia legge<br />
comunale e provinciale, come a <strong>di</strong>re che tornare in<strong>di</strong>etro non era poi una<br />
scelta antidemocratica. D’altra parte, per la scarsa mole <strong>di</strong> lavoro che veniva<br />
svolta (i consigli si riunivano una sola volta all’anno, nel secondo lunedì <strong>di</strong><br />
agosto), sarebbe stato più che sufficiente affidare la gestione ad un<br />
commissario o ad una commissione. È <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e, però, non leggere in queste<br />
enunciazioni una certa ambiguità in quanto <strong>il</strong> perio<strong>di</strong>co, nel contempo, non<br />
mancò <strong>di</strong> ricordare che le provincie avevano sempre auspicato e chiesto un<br />
ampliamento delle loro funzioni, e mai la soppressione 104 . Non<br />
<strong>di</strong>versamente si comportò <strong>il</strong> decimo congresso dell’Upi, tenuto a Trieste nel<br />
giugno 1926 alla presenza del ministro dell’Interno, giacché non affrontò<br />
<strong>di</strong>rettamente la questione delle autonomie, preferendo presentare tematiche<br />
tecnico-amministrative. Davanti agli amministratori provinciali, Federzoni<br />
definì la Provincia un ente necessario con funzioni che avrebbero potuto<br />
avere ulteriori sv<strong>il</strong>uppi e bocciò i sogni utopistici dei «regionalisti<br />
autonomi», accattivandosi <strong>il</strong> consenso dell’u<strong>di</strong>torio. Solo nell’odg<br />
approvato al termine, i 150 rappresentanti delle 76 provincie italiane<br />
chiesero <strong>di</strong> contare <strong>di</strong> più con l’assegnazione <strong>di</strong> nuovi compiti 105 . Anche nel<br />
consiglio <strong>di</strong>rettivo dell’Upi si prese atto «con compiacimento che <strong>il</strong> progetto<br />
ministeriale [aveva] accolto i principi relativi alla nuova rappresentanza,<br />
basata sull’or<strong>di</strong>namento corporativo e sulla nomina regia del capo<br />
dell’amministrazione provinciale» 106 . Il ceto politico provinciale, che si era<br />
avvicinato al fascismo, poteva stare tranqu<strong>il</strong>lo giacché una nomina<br />
92
Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />
governativa tutto sommato gli avrebbe fatto correre meno rischi <strong>di</strong> una<br />
elezione popolare. L’unica cosa che l’Upi richiese fu quella <strong>di</strong> un ampliamento<br />
<strong>di</strong> funzioni e competenze, sostanzialmente perché la Provincia contasse <strong>di</strong> più<br />
nel sistema del potere locale, ma, a ben vedere, la richiesta non era in<br />
contrad<strong>di</strong>zione con la riforma fascista che mirava al controllo provinciale del<br />
potere locale. Nessuno alzò la voce per <strong>di</strong>fendere l’eleggib<strong>il</strong>ità del consiglio<br />
comunale e provinciale, o una più ampia autonomia che limitasse l’ingerenza<br />
dello Stato e assicurasse le risorse finanziarie 107 . Prima ancora<br />
dell’approvazione <strong>della</strong> riforma, l’ente locale si era arreso senza con<strong>di</strong>zioni al<br />
regime totalitario che non trovò nessuno <strong>di</strong>sposto a contrad<strong>di</strong>rlo.<br />
Para<strong>di</strong>gma <strong>di</strong> un ra<strong>di</strong>cale cambiamento d’opinione tra coloro che<br />
avrebbero dovuto <strong>di</strong>fendere le conquiste autonomiste, fu <strong>il</strong> <strong>di</strong>scorso che <strong>il</strong><br />
presidente <strong>della</strong> deputazione provinciale <strong>di</strong> M<strong>il</strong>ano Fabbri, tenne in<br />
consiglio. Di fatto egli accettava l’antiteticità tra «fascismo ed elezionismo»:<br />
I futuri consigli provinciali - <strong>di</strong>sse - saranno emanazione dei Sindacati. D’altra parte,<br />
data la natura accentratrice dello Stato fascista e la figura tipica <strong>della</strong> Provincia fascista<br />
quale organo <strong>di</strong> decentramento unicamente funzionale, <strong>il</strong> potere esecutivo<br />
dell’Amministrazione provinciale non potrà che essere emanazione <strong>di</strong>retta del potere<br />
centrale 108 .<br />
Fabbri prospettò una Provincia come «lunga mano delle varie<br />
amministrazioni centrali dello Stato», e si limitò a ripescare la proposta del<br />
riconoscimento <strong>di</strong> una <strong>di</strong>versa configurazione delle provincie in base alla loro<br />
potenzialità economica e al grado <strong>di</strong> sv<strong>il</strong>uppo culturale <strong>di</strong> ciascuna, giacché<br />
quelle a economia sv<strong>il</strong>uppata avrebbero dovuto funzionare con mezzi propri,<br />
mentre le altre avrebbero dovuto ottenere dallo Stato i mezzi per raggiungere<br />
potenzialità autonome. Riconobbe <strong>il</strong> principio <strong>di</strong> sussi<strong>di</strong>arietà che era stato<br />
teorizzato dal Ppi, ma sostanzialmente inquadrò <strong>il</strong> ruolo <strong>della</strong> Provincia nella<br />
stretta collaborazione fra le rappresentanze delle organizzazioni degli interessi<br />
del governo centrale e delle organizzazioni tecniche periferiche.<br />
Con la giustificazione <strong>di</strong> far fronte alla crisi economica attraverso la<br />
riduzione <strong>della</strong> spesa pubblica, <strong>il</strong> fascismo cercò <strong>di</strong> legare allo Stato<br />
totalitario le politiche <strong>della</strong> periferia con la conseguenza <strong>di</strong> porre sotto<br />
controllo l’ente Provincia. In nome <strong>della</strong> teoria dello Stato sovrano,<br />
l’aspirazione autonomista venne valutata come «retorica in<strong>di</strong>vidualistica e<br />
particolaristica» <strong>di</strong> un Paese che per secoli aveva priv<strong>il</strong>egiato <strong>il</strong><br />
frammentarismo provinciale, causando un grave ritardo al raggiungimento<br />
dell’unità geografica, politica e morale 109 . In sintesi, la politica fascista<br />
93
Umberto Chiaramonte<br />
rovesciò i termini del problema e anziché riconoscere maggiori autonomie<br />
locali come vennero reclamate nel dopoguerra, volle «sprovincializzare la<br />
Provincia» riducendo <strong>il</strong> suo ruolo ad una adesione completa alla politica<br />
centrale per avere «l’assoluto dominio e l’incontrastato controllo <strong>di</strong> tutti i<br />
centri politici ed economici» 110 . Su questa base, lo Stato accentratore aveva<br />
bisogno <strong>di</strong><br />
costruttori s<strong>il</strong>enziosi e fedeli, [voleva] degli organismi provinciali dutt<strong>il</strong>i e consapevoli,<br />
ispirati alla nuova politica fascista, [voleva] un in<strong>di</strong>rizzo unitario; [... voleva] che la<br />
Provincia si sollev[asse] su tutte le forme <strong>di</strong> politica localistica, che [aveva] reso<br />
impossib<strong>il</strong>e per tanto tempo l’unità <strong>della</strong> nazione, che [aveva] corroso, coi<br />
personalismi, ogni tentativo <strong>di</strong> restaurazione del costume, che [aveva] impe<strong>di</strong>to sempre<br />
che si formasse la coscienza <strong>della</strong> sovranità dello Stato. [... Voleva], insomma, che in<br />
ciascuna Provincia trionf[asse], sulle inveterate esigenze ribellistiche e campan<strong>il</strong>istiche,<br />
<strong>il</strong> senso severo e inderogab<strong>il</strong>e <strong>della</strong> <strong>di</strong>sciplina dello Stato 111 .<br />
Questa opinione era la quintessenza <strong>di</strong> quanto trapelava dal lavoro<br />
preparatorio degli esperti <strong>della</strong> riforma. Partendo dal convincimento che<br />
prima del fascismo gli enti locali avevano raggiunto livelli <strong>di</strong> ingovernab<strong>il</strong>ità<br />
che avevano stravolto i loro compiti istituzionali, con un comunicato nel<br />
mese <strong>di</strong> agosto, Federzoni rese noto <strong>il</strong> testo <strong>della</strong> sua riforma 112 . Dopo aver<br />
assestato un duro colpo alla sovranità popolare fondata sul suffragio<br />
elettorale, valutato come causa <strong>della</strong> degenerazione nazionale, <strong>il</strong> ministro<br />
sostenne che la nuova concezione dello Stato fascista attingeva «la potestà<br />
dalla sua stessa natura e essenza», che rendeva inevitab<strong>il</strong>e l’eliminazione<br />
dell’istituto elettorale, giacché gli enti locali derivavano la loro potestà dalla<br />
concessione dello Stato e non dal popolo. La riforma amministrativa delle<br />
provincie avrebbe completato quella già varata per i comuni.<br />
Pur conservando l’ente, non potrà <strong>il</strong> suo or<strong>di</strong>namento amministrativo essere sottratto<br />
all’influenza dei nuovi concetti a cui <strong>il</strong> Fascismo è ormai ad<strong>di</strong>venuto: i Consigli<br />
provinciali dovranno essere or<strong>di</strong>nati non più in base ad un criterio <strong>di</strong> rappresentanza<br />
territoriale frazionata per circoscrizioni più o meno vaste, ma in <strong>di</strong>retto rapporto <strong>di</strong><br />
correlazione con <strong>il</strong> nuovo or<strong>di</strong>namento corporativo dello Stato, nel senso, cioè, che<br />
affidati i poteri amministrativi delle Province ad organi che, come i podestà, ripetano la<br />
loro origine <strong>di</strong>rettamente dallo Stato, le associazioni sindacali legalmente riconosciute<br />
siano ammesse anche a partecipare alla vita amministrativa <strong>della</strong> Provincia.<br />
Il nuovo decreto garantiva una armonizzazione tra comuni e provincie sia<br />
pure rispettando le <strong>di</strong>verse attribuzioni, mirando a finalità istituzionali <strong>di</strong><br />
94
Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />
comune interesse. In questa concezione centralista, l’or<strong>di</strong>namento<br />
amministrativo fu armonizzato anche con la legge 18 apr<strong>il</strong>e 1926 n. 731 sui<br />
Consigli provinciali dell’economia. Il comune obiettivo, cioè «<strong>il</strong> benessere<br />
economico e sociale <strong>della</strong> Provincia, assicurato e promosso mercé la tutela<br />
ed <strong>il</strong> coor<strong>di</strong>namento <strong>di</strong> tutti gli interessi agricoli, industriali, commerciali ed<br />
altresì amministrativi» 113 , fece ritenere sufficiente e necessario l’istituzione <strong>di</strong><br />
un’unica Consulta, «espressione comprensiva <strong>di</strong> tutti i molteplici interessi<br />
d’ogni Provincia raccolti in organica sintesi». L’ente amministrativo e l’ente<br />
economico <strong>di</strong>ventavano la base dell’or<strong>di</strong>namento provinciale: <strong>il</strong> primo<br />
avrebbe espletato le funzioni che la legge comunale e provinciale assegnava<br />
al presidente <strong>della</strong> deputazione provinciale e al consiglio provinciale; <strong>il</strong><br />
secondo avrebbe avuto le competenze previste dalla legge 731/1926 del<br />
Consiglio provinciale dell’economia, <strong>di</strong>viso per sezioni <strong>di</strong> competenza.<br />
Entrambi avrebbero avuto sede nel capoluogo <strong>della</strong> Provincia, entrambi<br />
sarebbero stati retti da un presidente e da un vice-presidente nominati per<br />
cinque anni, rispettivamente dal ministro dell’Interno e dell’Economia<br />
Nazionale, e le cariche avrebbero potuto essere «sempre confermate» o<br />
revocate con decreto reale. I membri <strong>della</strong> Consulta sarebbero stati sottratti<br />
all’elettorato attivo, mentre sarebbero stati nominati con decreto <strong>di</strong> concerto<br />
con i due ministri interessati 114 .<br />
Il nuovo assetto del governo provinciale, per la complessità <strong>della</strong> sua<br />
rappresentanza tra membri <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto e <strong>di</strong> nomina ministeriale su in<strong>di</strong>cazione<br />
<strong>di</strong> associazioni e corporazioni, escludeva qualsiasi giu<strong>di</strong>zio dell’elettorato<br />
popolare. Venne così rivoluzionata l’idea stessa <strong>di</strong> governo locale come<br />
<strong>di</strong>retta emanazione <strong>della</strong> volontà popolare, che era stata ritenuta una<br />
conquista dalle forze politiche liberali, cattoliche e socialiste. Sebbene<br />
l’elezione popolare sia, secondo alcuni autori, garanzia necessaria ma non<br />
sufficiente <strong>di</strong> autonomia, l’averla esclusa d’imperio costituì un regresso <strong>della</strong><br />
democrazia nel governo locale.<br />
L’istituzione <strong>di</strong> 17 provincie<br />
Il 6 <strong>di</strong>cembre 1926, nella seduta del Consiglio dei ministri, <strong>il</strong> nuovo<br />
ministro dell’Interno Mussolini presentò un provve<strong>di</strong>mento con <strong>il</strong> quale si<br />
istituivano <strong>di</strong>ciassette nuove circoscrizioni provinciali, e nel contempo si<br />
soppresse la Provincia <strong>di</strong> Caserta, <strong>il</strong> cui territorio venne smembrato e<br />
<strong>di</strong>stribuito alle provincie <strong>di</strong> Napoli (circondari <strong>di</strong> Caserta e <strong>di</strong> Nola), <strong>di</strong><br />
95
Umberto Chiaramonte<br />
Benevento (circondario <strong>di</strong> Pie<strong>di</strong>monte d’Alife) e <strong>di</strong> Frosinone. Tutte le<br />
sottoprefetture d’Italia, anche quelle rimaste indenni dopo la prima<br />
«ecatombe», vennero soppresse 115 . Mussolini presentò in Consiglio <strong>il</strong> testo<br />
del decreto che l’ufficio stu<strong>di</strong> e legislativo del ministero aveva elaborato per<br />
Federzoni, ma egli lo corresse eliminando alcuni passaggi e aggiungendone<br />
altri <strong>di</strong> suo pugno 116 . La relazione conteneva gli elementi che per <strong>il</strong> fascismo<br />
costituivano l’innovazione e la svolta rispetto al passato: tutto <strong>il</strong> sistema<br />
amministrativo degli enti locali venne riformato e messo sotto la tutela dello<br />
Stato. Se <strong>il</strong> capo del fascismo fece propria gran parte <strong>della</strong> relazione, sua fu<br />
la scelta esclusiva dei capoluoghi <strong>di</strong> Provincia elevati in quella storica seduta<br />
del 6 <strong>di</strong>cembre 1926: Aosta, Bolzano, Brin<strong>di</strong>si, Castrogiovanni (cui <strong>di</strong>ede<br />
personalmente l’antica denominazione <strong>di</strong> Enna), Frosinone, Gorizia,<br />
Matera, Nuoro, Pescara, Pistoia, Ragusa, Rieti, Savona, Terni, Varese,<br />
Vercelli, Viterbo. È da notare come <strong>il</strong> fascismo esperì la strada del decretolegge<br />
sostenendo l’urgenza senza giustificarla realmente 117 .<br />
A riprova che la creazione <strong>di</strong> nuove provincie faceva parte <strong>della</strong> riforma<br />
generale <strong>della</strong> pubblica amministrazione, e non <strong>di</strong> una concessione<br />
autonomista, nella stessa seduta <strong>il</strong> governo varò lo «Schema <strong>di</strong> Regi decreti<br />
riguardante le mo<strong>di</strong>fiche all’organico dei ruoli dell’Amministrazione civ<strong>il</strong>e<br />
dell’Interno», approvò la nomina dei <strong>di</strong>ciassette prefetti destinati nelle<br />
provincie <strong>di</strong> nuova istituzione e ne trasferì o <strong>di</strong>missionò altri trenta.<br />
Dall’elenco dei nuovi rappresentanti del governo si evince che soltanto a<br />
Vercelli, Bolzano, Gorizia, Viterbo, Pescara, Matera e Rieti furono inviati<br />
prefetti già in organico, mentre per gli altri <strong>di</strong>eci capoluoghi furono elevati al<br />
rango <strong>di</strong> prefetto altrettanti vice prefetti o personalità legate al fascismo 118 .<br />
Nelle sedute dei giorni successivi fu approvato uno schema <strong>di</strong> decreto reale che<br />
stab<strong>il</strong>iva la data <strong>della</strong> cessazione delle amministrazioni or<strong>di</strong>narie e straor<strong>di</strong>narie<br />
e dell’inizio delle funzioni dei Podestà e delle Consulte municipali nei comuni<br />
capoluoghi <strong>di</strong> provincia 119 , ma in altra seduta <strong>il</strong> consiglio dei ministri delegò<br />
Mussolini, come capo del governo e ministro dell’Interno, a fissarne la data 120 .<br />
Arnaldo Mussolini, fratello del duce e <strong>di</strong>rettore de «Il Popolo d’Italia»,<br />
elogiò «la creazione ponderata e ragionata» delle nuove provincie in quanto<br />
significò l’accantonamento <strong>della</strong> regione proposta da Sturzo e dai popolari,<br />
«ridotta ad espressione topografica». Per <strong>il</strong> fratello del duce, <strong>il</strong> nuovo assetto<br />
periferico garantiva una «perequazione» più coerente e sanava quegli<br />
squ<strong>il</strong>ibri che erano stati consentiti da macroscopiche <strong>di</strong>versità tra le<br />
provincie italiane; «la nuova sistemazione provinciale permette[va] ai<br />
prefetti una maggiore opera <strong>di</strong> controllo, <strong>di</strong> dominio, <strong>di</strong> presi<strong>di</strong>o e <strong>di</strong><br />
96
Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />
incitamento» 121 . Egli intuì e sottolineò la svolta autoritaria, che si manifestò<br />
anche nella scelta <strong>di</strong> prefetti <strong>di</strong> sicura fede fascista impegnati e ut<strong>il</strong>izzati «nelle<br />
forme <strong>di</strong> governo provinciale». Nessuno avrebbe potuto più dubitare <strong>della</strong><br />
sottomissione dell’ente locale:<br />
Si ritorna un poco alle vecchie prefetture politiche. Il Fascismo guarda e si compiace<br />
dei nuovi prefetti prescelti. Siamo certi che la loro fede, temprata a molte battaglie, la<br />
loro <strong>di</strong>sciplina e la loro devozione al Regime, li faranno ottimi elementi alle leve <strong>di</strong><br />
comando 122 .<br />
Il segretario del Pnf, Augusto Turati, r<strong>il</strong>asciò <strong>di</strong>chiarazioni entusiastiche<br />
per la nomina a prefetti <strong>di</strong> otto fascisti <strong>della</strong> prima ora, giacché era un segnale<br />
dell’occupazione nei posti chiave del potere locale, dopo aver rafforzato<br />
quello centrale. Tra i «prefetti fascisti» che sostituirono quelli <strong>di</strong> carriera, vi<br />
erano Guido Pighetti, deputato dell’Umbria e capo del sindacalismo<br />
genovese, destinato a Cuneo; <strong>il</strong> generale Franco Ugo <strong>di</strong> Novara, destinato<br />
a Foggia; <strong>il</strong> maggiore me<strong>di</strong>co Giovanni Selvi, tra i primi fascisti, destinato<br />
a Brin<strong>di</strong>si; <strong>il</strong> deputato Marcello Vaccari, toscano, pluridecorato e mut<strong>il</strong>ato<br />
<strong>di</strong> guerra e <strong>della</strong> «rivoluzione fascista», fu mandato a reggere la prefettura <strong>di</strong><br />
Trento, rinunciando al seggio parlamentare; <strong>il</strong> marchese Dino Perrone<br />
Compagni, anch’egli squadrista toscano, fu destinato a Reggio Em<strong>il</strong>ia;<br />
Franco Dinale, squadrista e giornalista del «Popolo d’Italia» fu inviato a<br />
Nuoro. Da quella data, l’abitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> nominare fidati fascisti, deputati e<br />
generali per ricoprire la carica <strong>di</strong> prefetto (ma anche <strong>di</strong> podestà) si estese negli<br />
anni successivi. D’altra parte, l’elevazione <strong>di</strong> 17 città al ruolo ambito <strong>di</strong><br />
capoluoghi provinciali servì a far <strong>di</strong>menticare l’attentato al duce del 31<br />
ottobre, dando alla nazione l’immagine <strong>di</strong> un governo che impegnava le<br />
proprie energie nella riorganizzazione dello Stato.<br />
Caratteristiche delle nuove provincie<br />
La stampa sottolineò la giustezza delle scelte dei capoluoghi <strong>di</strong>cendo che<br />
«erano già da qualche tempo <strong>di</strong>ventate citta<strong>di</strong>ne popolose e progre<strong>di</strong>te e<br />
centri <strong>di</strong> vita <strong>di</strong> alcune caratteristiche zone» 123 . Ma se per la maggior parte<br />
delle città promosse l’affermazione corrispondeva alla realtà <strong>della</strong> situazione,<br />
per altre <strong>il</strong> criterio <strong>della</strong> scelta lasciava a<strong>di</strong>to a dubbi e perplessità. Non sono<br />
state rinvenute relazioni preparatorie <strong>di</strong> commissioni ministeriali ad hoc; né<br />
risulta che <strong>il</strong> ministero dell’Interno abbia inviato una circolare ai prefetti per<br />
97
Umberto Chiaramonte<br />
TABELLA n. 2 - Situazione socio-economica nei circondari prima <strong>della</strong><br />
creazione delle nuove provincie*<br />
circondari popol. superficie numero addetti addetti addetti addetti abitanti<br />
circond. del circond. comuni agricoltura industria commercio pubblica capoluogo<br />
(1921) (ha) (1921) ammin.<br />
e priv.<br />
Aosta 78.811 326.492 73 343.705 8.876 1.661 1.194 9.554<br />
Bolzano 102.368 174.897 44 28.317 12.123 4.737 5.447 25.141<br />
Brin<strong>di</strong>si 188.039 170.111 16 63.467 18.951 3.281 8.767 35.440<br />
Frosinone 211.281 182.267 43 89.379 12.079 2.306 1.439 13.380<br />
Gorizia 94.853 78.389 47 1.003 5.827 1.933 3.342 30.386<br />
La Spezia 195.925 62.849 30 33.929 35.746 5.251 14.596 73.066<br />
Matera 108.999 301.991 23 41.090 9.913 1.397 687 18.357<br />
Nuoro 77.033 315.456 33 22.857 3.440 880 749 8.534<br />
Pistoia 140.375 73.586 12 31.653 21.030 3.338 1.842 72.999<br />
Rieti 101.690 137.680 56 26.201 7.175 1.240 930 18.832<br />
Savona 145.378 97.142 41 25.723 27.590 4.630 3.495 53.063<br />
Taranto 274.907 224.625 27 71.910 36.954 4.994 2.944 104.387<br />
Terni 111.341 118.319 25 29.112 16.960 1.772 1.954 36.490<br />
Varese 174.029 286.146 161 27.177 54.467 5.487 2.250 18.216<br />
Vercelli 146.553 124.905 55 62.986 20.337 5.211 2.430 32.159<br />
Viterbo 196.842 302.088 61 63.969 17.514 2.697 2.216 25.460<br />
Asti 182.121 97.447 85 77.482 16.819 5.553 1.624 40.753<br />
(*) Enna, Pescara e Ragusa non erano capoluoghi <strong>di</strong> circondario; Littoria (Latina) non era stata fondata.<br />
chiedere <strong>il</strong> loro parere. I rapporti che sono stati trovati in archivio si<br />
riferiscono alla soppressione delle sottoprefetture giacché i prefetti vennero<br />
coinvolti <strong>di</strong>rettamente per l’accresciuto lavoro amministrativo che ne<br />
derivava; né risultano richieste <strong>di</strong> pareri ai sindaci o podestà dei comuni circa<br />
la loro nuova destinazione 124 . Da quanto si è detto, sembra giustificato<br />
affermare che le città promosse capoluogo furono frutto <strong>di</strong> un progetto<br />
esclusivo e personale <strong>di</strong> Mussolini. Che mancasse uno stu<strong>di</strong>o accurato <strong>di</strong><br />
fattib<strong>il</strong>ità, lo conferma la testimonianza del senatore Ettore Tolomei che fu<br />
<strong>il</strong> promotore <strong>della</strong> italianizzazione dell’Alto A<strong>di</strong>ge. Sebbene si riferisse al<br />
Trentino-Alto A<strong>di</strong>ge, la sua testimonianza apre uno spiraglio per capire <strong>il</strong><br />
98
Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />
metodo <strong>della</strong> negoziazione del decentramento amministrativo realizzato dal<br />
fascismo:<br />
Quando cominciò a circolare la voce, nei primi <strong>di</strong> <strong>di</strong>cembre 1926, che sarebbero state<br />
create le nuove provincie, e che la parte settentrionale <strong>della</strong> Provincia <strong>di</strong> Trento avrebbe<br />
formato la Provincia <strong>di</strong> Bolzano, [...] nulla <strong>di</strong> quella decisione m’era stata comunicata<br />
o riseppi, ma mi giunse, come a tutti, improvvisa. [...] Contrariamente alla <strong>di</strong>ceria<br />
largamente <strong>di</strong>ffusa nel Trentino ch’io l’avessi provocata, non v’ebbi ingerenza alcuna.<br />
La seppi dai giornali» 125 .<br />
C’era una punta <strong>di</strong> malumore nell’affermazione <strong>di</strong> Tolomei, <strong>il</strong> quale,<br />
come massimo conoscitore dell’Alto A<strong>di</strong>ge, avrebbe voluto contribuire alla<br />
definizione <strong>della</strong> circoscrizione territoriale come aveva fatto nel primo<br />
dopoguerra, ma nella sostanza perché valutava i lavori preparatori come<br />
superficiali, sostenendo che «la delimitazione geografica delle provincie<br />
nuove fu opera d’una commissione, la quale, per quanto riguarda Bolzano<br />
e Trento, a chi e come siasi rivolta per dati e consultazione non so. A me no,<br />
né ad altri quassù» 126 . Se ci furono tecnici, e certamente ce ne furono,<br />
incaricati <strong>di</strong> tracciare linee <strong>di</strong> confine, <strong>di</strong> tenere conto <strong>di</strong> usi e tra<strong>di</strong>zioni, <strong>di</strong><br />
con<strong>di</strong>zioni geografiche e altre questioni, non <strong>di</strong>mostrarono <strong>di</strong> ascoltare <strong>il</strong><br />
personale conoscitore dei luoghi 127 . E anche questo comportamento non<br />
<strong>di</strong>mostrava riguardo per le autonomie locali.<br />
Risulta che dopo <strong>il</strong> primo annuncio dei confini territoriali delle<br />
provincie, Mussolini, probab<strong>il</strong>mente a seguito <strong>di</strong> rimostranze, nominò una<br />
commissione con l’incarico <strong>di</strong> riesaminare i confini geografici in modo più<br />
appropriato 128 . Ma <strong>il</strong> fatto che la commissione in un mese avesse rivisto la<br />
materia deliberando nuove aggregazioni e/o <strong>di</strong>saggregazioni, conferma<br />
ulteriormente che <strong>il</strong> piano generale peccò <strong>di</strong> approssimazione. Mentre per<br />
Aosta, Bolzano, Enna, Gorizia, Pescara, Ragusa, Rieti e Savona tutto rimase<br />
come era stato previsto dalla relazione del capo del governo, per le altre<br />
provincie furono operate mo<strong>di</strong>fiche anche notevoli 129 . Dopo queste<br />
osservazioni, si può affermare che <strong>il</strong> criterio prioritario adottato fu <strong>di</strong> lasciare<br />
intatti i circondari con i comuni originari <strong>di</strong> appartenenza, <strong>di</strong>saggregandoli<br />
dalle provincie del 1861 e aggregandoli alle nuove; in altri casi i comuni<br />
furono spostati da una Provincia all’altra badando alle <strong>di</strong>stanze dal<br />
capoluogo, ma non sempre le decisioni furono tecnicamente ineccepib<strong>il</strong>i. Il<br />
«s<strong>il</strong>enzio» o l’assenza <strong>di</strong> contestazioni da parte dei comuni non può essere<br />
addotto a conferma che le nuove provincie avevano trovato <strong>il</strong> consenso<br />
«unanime» delle popolazioni, giacché si ha la documentazione <strong>di</strong> delusioni<br />
99
Umberto Chiaramonte<br />
e malumori nelle città che attendevano la promozione a capoluogo e non la<br />
ebbero. Suona ambiguo <strong>il</strong> telegramma che Mussolini inviò ai prefetti perché<br />
non venissero effettuati festeggiamenti, probab<strong>il</strong>mente per <strong>il</strong> timore che si<br />
potessero verificare provocazioni o proteste <strong>di</strong> malcontento 130 , anche se<br />
l’abolizione <strong>di</strong> associazioni e partiti contrari al regime, approvata dal<br />
parlamento nel maggio1925, rendeva molto improbab<strong>il</strong>i sim<strong>il</strong>i reazioni.<br />
Mussolini, nel «<strong>di</strong>scorso dell’Ascensione» rivolto alla Camera <strong>il</strong> 26 maggio<br />
1927, <strong>di</strong>ede la sua spiegazione sulla istituzione <strong>di</strong> nuove provincie:<br />
Perché ho creato 17 nuove provincie? Per meglio ripartire la popolazione; perché questi<br />
centri, abbandonati a se stessi, producevano un’umanità che finiva per annoiarsi, e<br />
correva verso le gran<strong>di</strong> città, dove ci sono tutte quelle cose piacevoli e stupide che<br />
incantano coloro che appaiono nuovi alla vita. [...] Noi siamo più liberi in questa materia,<br />
e allora, fin dal nostro avvento, abbiamo mo<strong>di</strong>ficato quelle che erano le più assurde<br />
incongruenze storiche e geografiche dell’assetto amministrativo dello Stato italiano 131 .<br />
Il duce enunciò i criteri per l’istituzione delle nuove provincie che avevano<br />
riscosso l’entusiasmo delle popolazioni interessate, ma giustificò anche le<br />
«mut<strong>il</strong>azioni» derivate dal riassetto <strong>di</strong> alcune circoscrizioni territoriali, come<br />
per Genova, Firenze, Perugia, Lecce e per la soppressione <strong>della</strong> Provincia <strong>di</strong><br />
Caserta, unico caso nella storia d’Italia. Egli assunse tutte le responsab<strong>il</strong>ità per<br />
quel «rimescolamento» <strong>di</strong> città e comuni, sostenendo che<br />
la creazione <strong>di</strong> queste provincie è stata fatta senza pressioni degli interessati; è stato<br />
perfettamente logico che i Segretari federali siano stati festeggiati, ma non ne sapevano nulla.<br />
Ma che Mussolini abbia deciso autonomamente anche in base a simpatie<br />
politiche non può essere escluso del tutto 132 . Si pensi, ad esempio - oltre al<br />
caso <strong>di</strong> Enna e <strong>di</strong> Ragusa - alla promozione <strong>di</strong> Pescara, piccolo borgo <strong>di</strong><br />
pescatori e città natale <strong>di</strong> Gabriele D’Annunzio. Da alcune lettere intercorse<br />
tra <strong>il</strong> vate e <strong>il</strong> capo del fascismo si desume una promozione del tutto inattesa<br />
e ingiustificata. D’Annunzio aveva scritto una lettera al duce per pregarlo <strong>di</strong><br />
adoperarsi perché la sua<br />
Pescara si congiunga civicamente a Castellammare Adriatico e cospeggi una Provincia<br />
nuova. C’è su questa una mia prosa del 1882, se non sbaglio! Esau<strong>di</strong> me e la mia gente<br />
fiumatica e adriatica. Giacomo Acerbo, nel nome <strong>di</strong> Aterno, amplierà <strong>il</strong> feudo 133 .<br />
Mussolini, evitando la specifica richiesta <strong>di</strong> D’Annunzio, nella risposta<br />
espose temi <strong>di</strong> natura <strong>di</strong>versa, quasi non volesse prendere impegni, finché <strong>il</strong><br />
6 <strong>di</strong>cembre 1926 gli inviò <strong>il</strong> seguente telegramma:<br />
100
Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />
Oggi ho elevato la tua Pescara a capoluogo <strong>di</strong> Provincia. Te lo comunico perché credo<br />
che ti farà piacere. Ti abbraccio. Mussolini.<br />
Il vate gli rispose con entusiasmo e riconoscenza:<br />
Sono contentissimo <strong>della</strong> grande notizia e sono certissimo che la mia vecchia Pescara<br />
ringiovanita <strong>di</strong>venterà sempre più operosa e ar<strong>di</strong>mentosa per mostrarsi degna del<br />
priv<strong>il</strong>egio che oggi tu le accor<strong>di</strong>. Gabriele D’Annunzio.<br />
Soltanto una ricostruzione <strong>di</strong> storie locali, condotta con rigore e senza<br />
l’intenzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere posizioni municipalistiche, potrebbe aiutare a capire<br />
meglio meto<strong>di</strong>, costi e reazioni al decentramento del regime fascista. Ma un<br />
caso esemplare <strong>di</strong> decisioni clientelari è la contemporanea soppressione <strong>della</strong><br />
antica Provincia <strong>di</strong> Caserta che comprendeva una superficie <strong>di</strong> 526.872 ettari,<br />
190 comuni e 867.829 abitanti, <strong>di</strong>stribuiti nei cinque circondari <strong>di</strong> Caserta,<br />
Gaeta, Nola, Pie<strong>di</strong>monte d’Alife e Sora. Mussolini riferì alla Camera che nella<br />
soppressione <strong>della</strong> Provincia, Caserta aveva «dato uno spettacolo <strong>di</strong> composta<br />
<strong>di</strong>sciplina» e <strong>di</strong> aver «compreso che bisogna rassegnarsi ad essere un quartiere<br />
<strong>di</strong> Napoli» 134 . Forse non appare scorretto ipotizzare che all’origine <strong>della</strong><br />
soppressione non ci fossero soltanto criteri <strong>di</strong> risparmio e <strong>di</strong> semplificazione<br />
amministrativa enunciati ufficialmente, ma <strong>di</strong> accon<strong>di</strong>scendenza alla richiesta<br />
dei politici locali <strong>di</strong> un risarcimento dei torti subiti dalla ex capitale<br />
borbonica 135 , giacché sembra <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e ritenere che l’amministrazione<br />
provinciale partenopea sia stata semplificata aggregandole i 69 comuni del<br />
circondario <strong>di</strong> Caserta, i 23 <strong>di</strong> Nola e 11 <strong>di</strong> altri circondari 136 . Nonostante la<br />
palese contrad<strong>di</strong>zione, «Il Popolo d’Italia» esaltò la decisione del duce come un<br />
«programma <strong>di</strong> rinnovamento e <strong>di</strong> valorizzazione morale ed economica <strong>della</strong><br />
nostra meravigliosa città e <strong>di</strong> tutta la regione» 137 . L’organo del fascismo non<br />
badò a esporsi con un commento senza alcun fondamento storiografico<br />
quando sostenne che in questa decisione <strong>di</strong> Mussolini c’era la soluzione non<br />
solo <strong>della</strong> «secolare crisi napoletana, ma un poco [<strong>di</strong>] tutta la quistione<br />
meri<strong>di</strong>onale» 138 .<br />
Nel <strong>di</strong>scorso dell’Ascensione, a cui si è già fatto riferimento, <strong>il</strong> capo del<br />
governo <strong>di</strong>sse:<br />
Non appena fu pubblicato sui giornali l’elenco delle nuove provincie, sorsero dei<br />
desideri. Alcune città che si ritenevano degne <strong>di</strong> questo onore, lo sollecitarono. Ma io<br />
risposi con un telegramma ai notab<strong>il</strong>i <strong>di</strong> Caltagirone, <strong>di</strong>cendo che fino al 1932 <strong>di</strong> ciò<br />
non si sarebbe parlato. Perché nel 1932? Perché nel 1932, sarà finito <strong>il</strong> censimento che<br />
noi stiamo preparando sin da questo istante. [...] Ed allora molto probab<strong>il</strong>mente ci sarà<br />
101
Umberto Chiaramonte<br />
una nuova sistemazione delle provincie italiane, ci saranno città che <strong>di</strong>venteranno<br />
provincie, se le popolazioni saranno state laboriose, <strong>di</strong>sciplinate, prolifiche 139 .<br />
A parte <strong>il</strong> riferimento non casuale a Caltagirone (città <strong>di</strong> Luigi Sturzo e<br />
del suo ex amico e compagno <strong>di</strong> partito, ma oppositore del fascismo, Arturo<br />
Vella), che si era sentita «scippata» <strong>di</strong> una promozione che si attendeva da<br />
sempre 140 , <strong>il</strong> malumore interessò altre città come Lo<strong>di</strong>. In ogni caso,<br />
Mussolini mantenne la promessa e <strong>il</strong> 4 ottobre 1934 promosse a capoluogo<br />
<strong>di</strong> Provincia la citta<strong>di</strong>na <strong>di</strong> Littoria (Latina) che egli stesso aveva fondato <strong>il</strong><br />
5 apr<strong>il</strong>e 1932 in un territorio d<strong>il</strong>aniato dalle palu<strong>di</strong> e dalla malaria, che <strong>il</strong><br />
fascismo sanò nel quadro <strong>di</strong> una politica <strong>di</strong> bonifica integrale. Purtroppo,<br />
questa scelta, <strong>di</strong> chiaro sapore politico, rimise in <strong>di</strong>scussione le circoscrizioni<br />
del 1926 giacché alla Provincia furono assegnati 28 comuni 141 che<br />
appartenevano al circondario <strong>di</strong> Gaeta <strong>della</strong> soppressa Provincia <strong>di</strong> Caserta.<br />
L’art. 6 del decreto istitutivo assegnava al ministro dell’Interno <strong>di</strong>eci anni <strong>di</strong><br />
tempo per rivedere la circoscrizione e apportarvi le necessarie variazioni o la<br />
costituzione <strong>di</strong> nuovi comuni «senza l’osservanza <strong>della</strong> procedura<br />
prescritta». Come <strong>di</strong>re che, eventuali malumori e opposizioni sarebbero stati<br />
tenuti presenti entro un decennio.<br />
L’anno dopo, con r.d.l. del 1° apr<strong>il</strong>e 1935 n. 297, venne istituita un’altra<br />
circoscrizione provinciale con capoluogo Asti. Il territorio comprendeva i<br />
comuni del circondario <strong>di</strong> Asti, fino allora in Provincia <strong>di</strong> Alessandria, più<br />
altri 42 comuni scorporati dalle provincie limitrofe 142 . In conclusione, dal<br />
1923 al 1935, <strong>il</strong> fascismo istituì 26 nuove provincie dando alla nazione<br />
l’immagine <strong>di</strong> un governo capace <strong>di</strong> assumersi responsab<strong>il</strong>ità e decisioni<br />
impopolari su problemi in cui i governi liberali avrebbero rischiato la crisi.<br />
Il progetto del decentramento burocratico si concluse con la creazione <strong>di</strong><br />
quattro provincie <strong>della</strong> colonia libica: Tripoli, Misurata, Bengasi e Derna<br />
che con <strong>il</strong> r.d.l. del 7 giugno 1939 n. 70 vennero aggregate al territorio del<br />
Regno italiano 143 . Ma a fronte <strong>di</strong> quest’operazione <strong>di</strong> decentramento<br />
amministrativo, iniziò la soppressione o l’aggregazione dei piccoli comuni<br />
italiani ritenuti incapaci, per mancanza <strong>di</strong> risorse e <strong>di</strong> abitanti, a realizzare<br />
i nuovi compiti nel quadro dello sv<strong>il</strong>uppo nazionale 144 .<br />
Tuttavia, non si comprenderebbe l’affermazione più volte ripetuta sulla<br />
assenza <strong>di</strong> un progetto autonomista nella politica del fascismo, e non si<br />
capirebbe la vera finalità del decentramento amministrativo del regime se<br />
non si riflettesse sul segnale <strong>della</strong> svolta autoritaria nel potere locale sancito<br />
con la circolare del 5 gennaio 1927 ai prefetti, su cui gli storici e gli stu<strong>di</strong>osi<br />
102
Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />
del <strong>di</strong>ritto amministrativo hanno argomentato con una nutrita letteratura.<br />
Arnaldo Mussolini su «Il Popolo d’Italia» la definì «la pietra m<strong>il</strong>iare» <strong>della</strong><br />
politica interna, scrivendo:<br />
C’è nel nuovo documento una nob<strong>il</strong>tà <strong>di</strong> forma inusitata nei documenti ufficiali ed un<br />
elemento <strong>di</strong> sostanza assai raro nella prosa dei politici e degli statisti, una dose <strong>di</strong><br />
coraggio possib<strong>il</strong>e solamente nei forti condottieri che dominano le loro m<strong>il</strong>izie 145 .<br />
Se qualcuno aveva ritenuto che le nuove provincie rappresentassero un<br />
riconoscimento delle autonomie locali e che lo Stato fascista avrebbe<br />
<strong>di</strong>minuito la sua ingerenza sull’amministrazione periferica o anche ridotto<br />
<strong>il</strong> potere <strong>della</strong> burocrazia, dopo questa circolare si rese conto che attorno<br />
all’autorità del prefetto venne tessuta l’intelaiatura <strong>di</strong> un sistema <strong>di</strong> potere<br />
periferico forte a cui tutti dovevano fare riferimento, compresi i gerarchi del<br />
Pnf. Chi aveva rimproverato a Giolitti l’uso politico dei prefetti, ora poteva<br />
rendersi conto che le cose erano peggiorate, giacché «trasformazione <strong>della</strong><br />
società e trasformazione <strong>della</strong> politica coincidevano» 146 . Se <strong>il</strong> fascismo era<br />
partito con la promessa <strong>di</strong> semplificare e riformare la burocrazia, <strong>il</strong> risultato<br />
finale era stato l’opposto, avendo contribuito a incrementarla 147 . Lo Stato<br />
sarebbe stato percepito dai citta<strong>di</strong>ni attraverso la burocrazia, poiché i suoi<br />
organi venivano assim<strong>il</strong>ati a quelli del Pnf 148 . Uno sguardo alla rassegna<br />
stampa <strong>di</strong> quei giorni <strong>di</strong>mostra <strong>il</strong> generale plauso che la circolare ottenne non<br />
solo per la chiarezza lessicale che superava <strong>il</strong> linguaggio <strong>della</strong> burocrazia, ma<br />
anche per aver dato le regole chiare <strong>di</strong> comportamenti collettivi 149 . Il<br />
«Corriere <strong>della</strong> sera» colse <strong>il</strong> nodo del problema definendo <strong>il</strong> prefetto un<br />
«gerarca» al servizio dello Stato-partito, con competenze specifiche che<br />
escludevano la possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> conflitti tra partito fascista e pubblica autorità.<br />
Difatti, la circolare assegnava al prefetto <strong>il</strong> compito <strong>di</strong> impegnarsi «nella<br />
<strong>di</strong>fesa del regime contro tutti coloro che tendano ad insi<strong>di</strong>arlo e a<br />
indebolirlo». Non era soltanto <strong>il</strong> rappresentante del governo in periferia, ma<br />
anche <strong>il</strong> capo del partito, e questo compito Mussolini lo <strong>il</strong>lustrò<br />
personalmente ai neo-prefetti delle 17 provincie convocati a Roma in quei<br />
giorni, per spronarli ad un impegno che superasse l’ambito burocratico.<br />
Non è certamente questo <strong>il</strong> luogo per <strong>di</strong>scutere <strong>il</strong> ruolo dei prefetti nella<br />
storia d’Italia, né verificarlo in rapporto al governo locale, perché altri stu<strong>di</strong><br />
hanno affrontato la questione 150 . Va detto che nella costituzione delle nuove<br />
provincie <strong>il</strong> duce ponderò con cura la scelta dei prefetti perché aveva la<br />
consapevolezza del grave compito che li attendeva. Ciò potrebbe essere<br />
103
Umberto Chiaramonte<br />
TABELLA n. 3 - Prefetti, funzionari <strong>di</strong> partito e del sindacato nelle nuove<br />
provincie (1927)<br />
provincia federale provinciale segretario sindacato prefetto<br />
Aosta Luigi Ramallini Domenico Mait<strong>il</strong>asso Stefano Pirretti<br />
laurea ingegneria sindacalista già vicepref. <strong>di</strong> Bergamo<br />
Bolzano Muzio Levoni Enrico Zenanetti Umberto Ricci<br />
ferroviere sindacal. laureato già prefetto <strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne<br />
Brin<strong>di</strong>si Giuseppe Simone Edoardo Polacco Ernesto Perez<br />
laurea me<strong>di</strong>cina, ex ragioniere, prefetto <strong>di</strong> Parma reggente<br />
cons. com. e assess. fascista dal 1919<br />
Enna Giovanna Monastra Alceo Castellani Gius. Rogges<br />
avvocato, M<strong>il</strong>izia Volontaria sindacalista già prefetto<br />
Frosinone Nicolò Maraini Andrea C<strong>il</strong>ento Ubaldo Bellini<br />
avvocato mut<strong>il</strong>ato <strong>di</strong> guerra già prefetto<br />
ex segr.comunale<br />
Gorizia Barduzzi Luigi Di Castri Anselmo Cassini<br />
deputato professore già vice prefetto<br />
La Spezia Italo Foschi Cesare Giovara<br />
avvoc. giornalista già prefetto<br />
Matera Gerardo Loreto Rosario Rossi<br />
deputato, laurea scienze già prefetto<br />
sociali e legge, med. bronzo Alberto Maroni<br />
già prefetto<br />
Nuoro Salvatore Siotto, Cassio Spagnoli Ottavio Dinale<br />
deputato sindacalista interventista fascista<br />
Gianni Tinca<br />
ingegnere<br />
Pescara Raffaele Staccioli Luigi Vancini Em<strong>il</strong>io Severini<br />
ingegnere deputato fascista<br />
Tito C. Canovai<br />
Pistoia Leopoldo Bozzi Mario Bartoli Mauro Di Sanza<br />
avvocato sindacalista, fasci combattimento già vicepref. Benevento<br />
Ragusa Luigi Lupis Forestieri Gaetano De Blasio<br />
camicia nera, ex combattente già commissario com. <strong>di</strong> Bergamo<br />
Rieti Mario Marcucci Guglielmo Pezzoli Francesco Venuta<br />
avvocato sindacalista già prefetto <strong>di</strong> Trapani<br />
Savona Alessandro Lessona Edoardo Cecconi Lorenzo Lavia<br />
deput.- capo gabinetto volontario già vicepref. <strong>di</strong> Cosenza<br />
min. Guerra, laurea legge I a guerra mon<strong>di</strong>ale<br />
Taranto Ces. Blandamura Giuseppe Chiappelli Umberto Albini<br />
chirurgo professore già prefetto, squadrista<br />
M<strong>il</strong>ziade Magnini<br />
Terni Elia Rossi Passavanti Am<strong>il</strong>care Rossi Michele Internicola<br />
conte, deput., med.oro, mut<strong>il</strong>ato medaglia d’oro già vicepref. <strong>di</strong> Genova<br />
Varese Aurelio Bianchi<br />
ex uff. alpini<br />
Vercelli Fulvio Tomasucci Edoardo Malusar<strong>di</strong> Empedocle Lauricella<br />
medaglia d’oro sindacalista già pref. <strong>di</strong> Rovigo<br />
Angelo d’Eufemia<br />
ingegnere<br />
Viterbo F<strong>il</strong>ippo Ascenzi Giuseppe Barbacci Gennaro Di Donato<br />
ingegnere avvocato prefetto<br />
FONTE: Rielaborazione da fonti <strong>di</strong>verse.<br />
104
Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />
<strong>di</strong>mostrato esaminando, se lo spazio lo consentisse, <strong>il</strong> curriculum <strong>di</strong> ciascuno<br />
<strong>di</strong> loro, facendo emergere i meriti acquisiti sia nella carriera ministeriale che<br />
nel partito fascista, senza escludere la partecipazione alla prima guerra<br />
mon<strong>di</strong>ale e alle lotte fasciste fino alla marcia su Roma. In sintesi si può<br />
affermare che si trattava <strong>di</strong> persone che avevano maturato una esperienza <strong>di</strong><br />
buon livello nell’amministrazione pubblica o all’interno del Pnf, come era<br />
giusto che fosse, visto che su <strong>di</strong> loro pesava l’onere <strong>di</strong> «creare» dal nulla gli<br />
uffici provinciali e assicurare l’ubicazione <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> uffici del Pnf.<br />
Mussolini scelse persone <strong>di</strong> cui poteva fidarsi in modo assoluto: per lo più<br />
erano funzionari che, al momento <strong>di</strong> prendere servizio nella nuova<br />
Provincia, avevano un’età tra i 32 e i 48 anni, dunque abbastanza giovani per<br />
assim<strong>il</strong>are lo spirito del cambiamento che <strong>il</strong> fascismo aveva voluto imporre<br />
alla funzione prefettizia. Ma, come avvenne per i podestà, col settembre<br />
1927 alcuni prefetti <strong>di</strong> carriera vennero sostituiti da fascisti m<strong>il</strong>itanti, anche<br />
se spesso affermati per esperienza e preparazione.<br />
Altrettanta cura <strong>il</strong> fascismo ebbe nell’inviare nelle nuove provincie i<br />
segretari federali del partito e i responsab<strong>il</strong>i sindacali, a conferma che la<br />
Provincia non era ritenuta soltanto un organo <strong>di</strong> decentramento<br />
amministrativo, ma una base per <strong>il</strong> controllo <strong>della</strong> nazione, del partito e <strong>della</strong><br />
produzione. I segretari politici e sindacali erano <strong>di</strong> sicura fede fascista, per<br />
lo più laureati, inseriti nelle libere professioni, oppure m<strong>il</strong>itanti <strong>di</strong>stintisi con<br />
medaglia d’oro nella grande guerra o nelle battaglie per l’affermazione del<br />
partito, e in qualche caso fondatori dei primi fasci. Dalla tabella n. 3 si<br />
desume la composizione <strong>della</strong> classe politica delle nuove provincie a<br />
conferma che non doveva esserci alcuna <strong>di</strong>stinzione tra burocrazia<br />
amministrativa e burocrazia <strong>di</strong> partito e sindacale, in modo da rafforzare <strong>il</strong><br />
progetto totalitario <strong>di</strong> una intima connessione tra Stato e nazione. Un’altra<br />
caratteristica <strong>di</strong> questi funzionari <strong>di</strong> partito fu la loro mob<strong>il</strong>ità in quanto<br />
vennero ut<strong>il</strong>izzati a seconda delle necessità; contrariamente a quanto<br />
avvenne per la nomina dei podestà, quasi sempre originari del medesimo<br />
Comune o <strong>della</strong> Provincia, federali e sindacalisti all’inizio vennero spostati<br />
da una Provincia all’altra un po’ come i prefetti, ut<strong>il</strong>izzando le competenze<br />
che avevano acquisito nelle <strong>di</strong>verse località. Successivamente, prevalse la<br />
volontà «<strong>di</strong> dare maggiore stab<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> sede ai Prefetti» 151 e ai funzionari <strong>di</strong><br />
partito per evitare la precarietà dei loro compiti.<br />
Un elemento che giocò a vantaggio dei centri promossi a capoluogo fu<br />
certamente quello dell’affermazione del Pnf nel territorio. Al <strong>di</strong> là delle<br />
provincie delle terre liberate, in quanto l’istituzione rientrava nel<br />
105
Umberto Chiaramonte<br />
programma dei governi liberali a cui <strong>il</strong> fascismo aderì per risarcire quei<br />
territori dall’occupazione straniera, soffermiamo l’attenzione sulle<br />
provincie erette tra <strong>il</strong> 1923 e <strong>il</strong> 1927. Il «Foglio d’Or<strong>di</strong>ni» del 14 ottobre<br />
1926 rese nota la rete organizzativa del Pnf fino a quel periodo, in<strong>di</strong>cando<br />
9.472 Fasci <strong>di</strong> Combattimento con 937.967 tesserati; 1.185 Gruppi<br />
femmin<strong>il</strong>i con 53.391 iscritte; 4.390 Avanguar<strong>di</strong>e con 211.189 iscritti;<br />
4.058 Gruppi Bal<strong>il</strong>la e Piccole Italiane con 269.166 iscritti 152 . La tabella n.<br />
4 riporta i dati statistici del Pnf nelle nuove provincie 153 .<br />
106<br />
La Provincia come fattore <strong>di</strong> sv<strong>il</strong>uppo territoriale<br />
I prefetti delle nuove provincie dovettero pre<strong>di</strong>sporre e attivare contatti<br />
con le autorità citta<strong>di</strong>ne e con i privati perché venissero in<strong>di</strong>viduati i locali<br />
adatti per ospitare tutti gli uffici del decentramento burocratico, finanziario<br />
TABELLA n. 4 - Dati sull'organizzazione del Pnf nelle nuove provincie<br />
Provincia Fasci numero Avanguar<strong>di</strong>sti Bal<strong>il</strong>la Piccole Fasci lavoratori<br />
(n. sez.) iscritti (n. sez.) (n. sez.) Italiane femmin. sindacalizzati<br />
(n. sez.)<br />
Aosta 120 6.000 3.000 5.000 5.000 1.500<br />
Bolzano 160 178 (62) 2.000<br />
Brin<strong>di</strong>si 25 7.000 1.000 1.000 22.000<br />
Enna 22 4.712 1.032 3.200 (3) 2.895 312 (6) 7.000<br />
Frosinone 94 16.000 1.000 4.053 (3) 1.000 (30+14)<br />
Gorizia 36 3.000 1.300 3.000 3.000<br />
La Spezia 32 5.900 2.700 3.000 650 500 (15)<br />
Matera 32 5.210 1.000 1.200 600 700 (20)<br />
Nuoro 10.000<br />
Pescara 50 5.600 1.377 (41) 1.200 600 (28)<br />
Pistoia 54 5.500 1.500 2.000<br />
Ragusa 12 6.700 2.800 2.300 2.070<br />
Rieti 120 8.000 1.200(56) 1.243(38) 475(18) 1.120(45) 2.700<br />
Savona 172 5.000 20.000<br />
Taranto 30 7.000 1.500 2.500 1.200 700<br />
Terni 140 5.500 1.200 2.000 1.500 500(15) 11.000<br />
Varese 102 9.000 8.000 11.000 4.000 35.000<br />
Vercelli 145 8.200 4.000 (500) (8) 70 25.000<br />
Viterbo 69 8.000 1.300 1.000 500 (22)<br />
FONTE: SANDRO GIULIANI, Le <strong>di</strong>ciannove provincie create dal Duce, Tip. «Popolo d’Italia», M<strong>il</strong>ano 1928.
Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />
(Banca d’Italia, Intendenza <strong>di</strong> finanza), dell’impren<strong>di</strong>toria (Camera <strong>di</strong><br />
commercio), <strong>della</strong> scuola, dell’assistenza e del lavoro, delle assicurazioni<br />
nazionali, <strong>della</strong> polizia. Ma c’era anche <strong>il</strong> problema <strong>della</strong> sistemazione dei<br />
funzionari e degli impiegati degli uffici, che agli inizi vennero presi tra coloro<br />
che risultavano in soprannumero nelle provincie originarie, ma che<br />
comunque dovevano spostarsi da soli o con le loro famiglie. Occorreva<br />
mettere in moto una poderosa macchina organizzativa che, nonostante le<br />
promesse <strong>di</strong> non gravare sul b<strong>il</strong>ancio dello Stato, ebbe un prezzo altissimo.<br />
Non mancò <strong>di</strong> evidenziare questi problemi la «Rivista delle Provincie» nel<br />
marzo 1927, soffermandosi soprattutto sul riassetto delle strade <strong>di</strong><br />
pertinenza del nuovo ente locale 154 . Sia pure con le dovute cautele, la<br />
«Rivista» aprì un <strong>di</strong>battito sul nuovo quadro <strong>di</strong> decentramento<br />
amministrativo, sostenendo che per creare una Provincia non era sufficiente<br />
<strong>il</strong> «criterio <strong>della</strong> territorialità senza tener conto del fattore storico» e che per<br />
avere un ceto impiegatizio occorreva un nuovo impulso del Pnf e del<br />
sindacato per arrivare alla soluzione del problema con coman<strong>di</strong> e contratti<br />
funzionali 155 .<br />
Tra l’8 e <strong>il</strong> 10 <strong>di</strong>cembre 1926, vale a <strong>di</strong>re imme<strong>di</strong>atamente dopo<br />
l’istituzione delle provincie, Mussolini presentò al consiglio dei ministri lo<br />
schema <strong>di</strong> decreto che stab<strong>il</strong>iva la data <strong>della</strong> cessazione delle amministrazioni<br />
or<strong>di</strong>narie e straor<strong>di</strong>narie e dell’inizio delle funzioni <strong>di</strong> podestà e delle<br />
Consulte municipali nei capoluoghi <strong>di</strong> provincia 156 . La facoltà <strong>di</strong> stab<strong>il</strong>ire la<br />
data <strong>della</strong> cessazione delle amministrazioni or<strong>di</strong>narie e straor<strong>di</strong>narie venne<br />
delegata al capo del governo e ministro dell’Interno 157 . Per quanto riguarda<br />
i locali per <strong>il</strong> funzionamento degli uffici provinciali, <strong>il</strong> governo non aveva<br />
pre<strong>di</strong>sposto nulla, e quattro mesi dopo si limitò ad emanare un regio decreto<br />
legge ad hoc che autorizzava i prefetti a requisire alcuni e<strong>di</strong>fici in caso <strong>di</strong><br />
pubblica necessità 158 . Mussolini era stato messo a conoscenza che alcuni<br />
nuovi capoluoghi mancavano ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici <strong>di</strong> rappresentanza per<br />
ospitare la sede del palazzo <strong>della</strong> prefettura e degli altri uffici. Dalla<br />
documentazione d’archivio emerge con evidenza questa <strong>di</strong>fficoltà<br />
soprattutto in quei centri, come Enna, Ragusa, Matera, Nuoro, Pescara, che<br />
non si aspettavano <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare capoluoghi.<br />
Mentre per la sistemazione e <strong>il</strong> funzionamento degli uffici pubblici <strong>il</strong><br />
governo andò incontro alle esigenze dando facoltà ai prefetti <strong>di</strong> requisire i<br />
locali in base all’urgenza e alla necessità del servizio pubblico, <strong>il</strong> reperimento<br />
<strong>di</strong> alloggi per <strong>il</strong> personale fu cosa più ardua giacché, dove non fu possib<strong>il</strong>e<br />
usufruire <strong>di</strong> alloggi urbani, i prefetti ricorsero al decreto del 4 marzo 1923<br />
107
Umberto Chiaramonte<br />
n. 496 che estendeva alle nuove provincie <strong>della</strong> Venezia Giulia e Tridentina<br />
e <strong>della</strong> Dalmazia <strong>il</strong> r.d. 7 gennaio 1923, n. 8, contenente <strong>di</strong>sposizioni circa<br />
le locazioni urbane. Si trattava <strong>di</strong> norme tese a tutelare maggiormente quanti<br />
avevano preso alloggi in affitto, <strong>il</strong> che non voleva <strong>di</strong>re automatica<br />
<strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> alloggi, che mancavano in alcuni capoluoghi più piccoli,<br />
dove lievitarono i prezzi <strong>di</strong> locazione dando la stura ai contenziosi.<br />
Tralasciando un esame completo nelle <strong>di</strong>verse provincie, se ne citano alcuni<br />
verificatisi nei capoluoghi meno dotati <strong>di</strong> infrastrutture, dove la carenza<br />
delle abitazioni fu maggiormente avvertita. Ad Enna, <strong>il</strong> prefetto in<strong>di</strong>viduò<br />
l’ex monastero <strong>di</strong> San Benedetto come <strong>il</strong> più adatto per inse<strong>di</strong>arvi<br />
l’Intendenza <strong>di</strong> finanza, ma l’e<strong>di</strong>ficio, che dal 1893 era stato ceduto al<br />
ministero <strong>della</strong> Guerra per farne un magazzino <strong>di</strong> artiglieria, era stato poi<br />
restituito al Comune nel 1920 e da questo destinato alla Congregazione <strong>di</strong><br />
carità, perché vi venisse istituito un ricovero per gli inab<strong>il</strong>i del lavoro 159 .<br />
Dalla vertenza si evince che la Congregazione <strong>di</strong> carità non riconobbe<br />
applicab<strong>il</strong>e la legge del 16 giugno 1927 n. 948 che aveva calmierato i canoni<br />
per gli e<strong>di</strong>fici privati in quanto l’ex monastero era da ritenersi un e<strong>di</strong>fico<br />
pubblico perché gestito da un ente morale. Il prefetto informò la presidenza<br />
del consiglio che si era ad<strong>di</strong>venuti ad una transazione con la Congregazione<br />
che avrebbe affittato una parte soltanto dell’e<strong>di</strong>ficio al canone <strong>di</strong> lire 12.000<br />
annue (poi elevato a lire 14.000 per aver concesso agli uffici anche l’orto),<br />
ma sempre con l’obbligo <strong>di</strong> assumersi l’onere <strong>della</strong> ristrutturazione. Dopo<br />
questo accordo, <strong>il</strong> prefetto comunicò che la richiesta doveva ritenersi esigua,<br />
«tenuto conto del numero degli ambienti, <strong>della</strong> loro ubicazione» e dei prezzi<br />
correnti in città. In buona sostanza, la Congregazione aveva «ceduto per un<br />
doveroso senso <strong>di</strong> <strong>di</strong>sciplina e per mostrare la migliore <strong>di</strong>sposizione per<br />
l’impianto degli uffici pubblici», dopo che egli stesso aveva consigliato gli<br />
amministratori a «cooperare» 160 .<br />
Nella stessa città, un’altra vertenza scaturì dalla necessità <strong>di</strong> sistemare <strong>il</strong><br />
carcere mandamentale, ubicato nel castello detto «Lombar<strong>di</strong>a», ma<br />
<strong>di</strong>chiarato monumento nazionale, e per questo motivo la sovrintendenza ai<br />
monumenti <strong>di</strong> Palermo non fu propensa a dare <strong>il</strong> nulla osta per adattarlo,<br />
chiedendo anzi l’imme<strong>di</strong>ato sgombero per ripristinarlo 161 . Sicché <strong>il</strong> prefetto,<br />
vedendosi pressato dalla richiesta <strong>della</strong> Procura che riteneva prioritaria la<br />
sistemazione dei carcerati, in<strong>di</strong>viduò nell’ex monastero delle Figlie del<br />
popolo la soluzione migliore. Ma questo apparteneva al ministero <strong>della</strong><br />
Guerra che non volle cederlo in quanto era a<strong>di</strong>bito a magazzino <strong>di</strong> materiale<br />
m<strong>il</strong>itare. Il prefetto dovette intervenire anche per sistemare una sezione del<br />
108
Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />
Genio civ<strong>il</strong>e interessando la presidenza del consiglio in quanto l’ufficio era<br />
ritenuto «assolutamente in<strong>di</strong>spensab<strong>il</strong>e per dare un più <strong>di</strong>retto ed efficace<br />
impulso ai lavori pubblici che [erano] in corso <strong>di</strong> attuazione e che [avrebbero<br />
dovuto] in seguito attuarsi e la cui urgente esecuzione [era] reclamata dalle<br />
peculiari con<strong>di</strong>zioni in cui [era] venuta a trovarsi la Provincia stessa» 162 .<br />
Anche <strong>il</strong> caso <strong>della</strong> città <strong>di</strong> Ragusa, ugualmente carente <strong>di</strong> infrastrutture,<br />
è <strong>il</strong>luminante <strong>di</strong> quanto si va <strong>di</strong>cendo, soprattutto riguardo alle abitazioni<br />
degli impiegati. Il prefetto sin dal <strong>di</strong>cembre 1926 aveva informato <strong>il</strong> capo del<br />
governo sulla <strong>di</strong>fficoltà per gli impiegati <strong>di</strong> trovare un alloggio, per cui chiese<br />
l’intervento dello Stato 163 , ma la situazione non si sbloccava. Con una<br />
successiva lettera espose i bisogni imme<strong>di</strong>ati <strong>della</strong> nuova Provincia:<br />
La elevazione <strong>di</strong> questo Comune a capoluogo <strong>di</strong> Provincia, ha prodotto una notevole<br />
richiesta <strong>di</strong> case per l’impianto <strong>di</strong> uffici pubblici e per le abitazioni <strong>di</strong> impiegati. La<br />
mancanza assoluta <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici demaniali ha reso molto <strong>di</strong>fficoltosa la ricerca dei locali per<br />
i pubblici uffici; la Prefettura ha fino ai primi dello scorso apr<strong>il</strong>e funzionato in quelli<br />
<strong>della</strong> cessata sottoprefettura presi in fitto dal Comune, e solo ora è stata trasferita<br />
nell’unico e<strong>di</strong>ficio non perfettamente adatto <strong>di</strong> privata proprietà concesso dopo lunghe<br />
trattative ed a con<strong>di</strong>zioni onerose dal proprietario <strong>il</strong> quale lo occupava in parte, pochi<br />
giorni prima <strong>della</strong> pubblicazione del r.d.L. 14 apr<strong>il</strong>e 1927 n. 597 col quale è stata<br />
autorizzata la requisizione <strong>di</strong> locali per pubblici uffici nei capoluoghi delle nuove<br />
provincie 164 .<br />
La questura dovette essere sistemata nei locali <strong>della</strong> ex sottoprefettura e<br />
quin<strong>di</strong> per un certo periodo operò gomito a gomito con la prefettura e con<br />
l’intendenza <strong>di</strong> finanza per la quale <strong>il</strong> prefetto entrò «in trattative per la<br />
concessione in affitto <strong>di</strong> un fabbricato <strong>di</strong> proprietà <strong>di</strong> una casa religiosa posta<br />
all’estremo dell’abitato e <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e accesso». Né fu cosa semplice sistemare<br />
l’ufficio <strong>di</strong> leva, l’ufficio metrico, l’Opera nazionale maternità e infanzia,<br />
l’Opera nazionale bal<strong>il</strong>la, la Cattedra ambulante <strong>di</strong> agricoltura, «ecc.,<br />
ecc.» 165 . Se questa era la situazione <strong>di</strong> partenza, cosa sarebbe avvenuto<br />
quando tutto l’impianto amministrativo <strong>della</strong> nuova Provincia si sarebbe<br />
completato con l’arrivo <strong>di</strong> impiegati e famiglie? Le case scarseggiavano<br />
perché qui quasi tutte le famiglie occupano case proprie, ma in conseguenza <strong>della</strong><br />
richiesta, che qui non si era mai verificata, e <strong>della</strong> scarsezza dell’offerta, le pigioni<br />
richieste sono esegeratissime, non conc<strong>il</strong>iab<strong>il</strong>i con le modeste risorse degli impiegati<br />
richiedenti.<br />
109
Umberto Chiaramonte<br />
Secondo <strong>il</strong> prefetto, a parte la qualità «molto scadente delle case offerte,<br />
i canoni d’affitto erano lievitati come nelle gran<strong>di</strong> città e si aggiravano o<br />
superavano le 1000 lire annue per vano «considerando per tali anche quelli<br />
accessori». Sicché, molti funzionari <strong>della</strong> prefettura vivevano in albergo non<br />
avendo e non potendo chiamare le rispettive famiglie.<br />
In questo marasma, egli non trovò altra soluzione che consigliare<br />
l’approvazione <strong>di</strong> un nuovo decreto conforme al n. 597 che «consenta fino al<br />
31 <strong>di</strong>cembre 1927 ai Prefetti delle nuove Provincie <strong>di</strong> requisire nei capoluoghi<br />
per abitazione dei pubblici impiegati, le case <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>i o quella parte <strong>di</strong> esse<br />
che non risulti necessaria al proprietario od al locatario che occupa<br />
attualmente». Non che non si rendesse conto <strong>della</strong> «gravità <strong>della</strong> proposta» che<br />
ricordava i <strong>di</strong>sastri tellurici, ma ribadì che la situazione aveva portato uno stato<br />
<strong>di</strong> esasperazione negli impiegati. Il sottosegretario alla Presidenza, Giacomo<br />
Suardo, gli fece comunicare che aveva informato per iscritto <strong>il</strong> ministro<br />
dell’Interno e quello <strong>della</strong> Giustizia 166 , ma la risposta del primo ministro fu che<br />
la proposta era stata esaminata anche durante la redazione del decreto n. 597,<br />
ma anche allora risultò impraticab<strong>il</strong>e «perché apparve destituita <strong>di</strong> giuri<strong>di</strong>co<br />
fondamento», giacché la requisizione si giustificava soltanto nell’ipotesi <strong>di</strong><br />
«imme<strong>di</strong>ata ed obbiettiva» necessità, cosa che non era prevista per le abitazioni<br />
degli impiegati 167 . Per <strong>il</strong> ministro dell’Interno si trattò <strong>di</strong> un problema che<br />
rientrava «nel complesso problema dei fitti; e [andava] risolto, in via generale,<br />
con meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso contenuto economico e giuri<strong>di</strong>co da quello delle<br />
requisizioni». In sostanza, <strong>il</strong> ministero non volle esorbitare dai canali giuri<strong>di</strong>ci<br />
sapendo che, se fosse stata applicata la norma delle requisizioni, si sarebbe<br />
scatenato <strong>il</strong> malcontento generale. <strong>Del</strong> resto, come per Enna, anche per Ragusa<br />
e altre provincie, si moltiplicarono i ricorsi e gli esposti per espropri che<br />
vennero effettuati con compensi irrisori 168 .<br />
Altri problemi <strong>di</strong> grande r<strong>il</strong>ievo si presentarono a Matera, a Nuoro e a<br />
Pescara, ma lo spazio non consente un esame anche parziale <strong>di</strong> essi. A fronte<br />
<strong>di</strong> queste urgenze, nei nuovi capoluoghi vennero effettuati investimenti per<br />
portare a termine le necessarie opere pubbliche che <strong>di</strong>edero lavoro a una<br />
nutrita manodopera, mettendo in moto un’economia che fino allora era<br />
stata stagnante. Cominciarono a pervenire nei capoluoghi i contributi del<br />
governo per la scelta delle aree per la costruzione dei primi e<strong>di</strong>fici pubblici<br />
e per le case degli impiegati, come testimonia un documento del prefetto <strong>di</strong><br />
Enna, mentre al duce vennero tributati i riconoscimenti <strong>di</strong> un consenso che<br />
in quei territori sarebbe durato a lungo 169 . Non è semplice effettuare un<br />
calcolo <strong>di</strong> quanto venne a pesare nella b<strong>il</strong>ancia dei pagamenti questo<br />
110
Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />
immenso cantiere pubblico; solo una serie <strong>di</strong> ricerche locali potrebbe<br />
documentarlo. Sulla Provincia <strong>di</strong> Matera è stato scritto:<br />
Ad accrescere <strong>il</strong> successo del Fascismo in Lucania contribuì l’elevazione a rango <strong>di</strong><br />
capoluogo <strong>della</strong> città <strong>di</strong> Matera nel 1927. [...] La città si abbellì <strong>di</strong> nuove opere (la<br />
Camera <strong>di</strong> Commercio, <strong>il</strong> Palazzo <strong>della</strong> Prefettura, la Banca d’Italia, la sede del Banco<br />
<strong>di</strong> Napoli), riaffermando spesso lo st<strong>il</strong>e ‘novecento’ dei primi anni del secolo. Nel 1928,<br />
due tre anni prima delle realizzazioni citate, fu costruita la sede dell’Amministrazione<br />
provinciale. Nel 1926 la città <strong>di</strong> Matera ebbe l’acqua con allacciamento all’acquedotto<br />
pugliese, <strong>il</strong> Monumento ai Caduti e l’anno dopo fu inaugurato, alla presenza <strong>di</strong><br />
Vittorio Emanuele III, l’ospedale civ<strong>il</strong>e 170 .<br />
Sebbene gli abitanti dei sassi nella città vecchia non cambiassero le loro<br />
abitu<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> vita nell’imme<strong>di</strong>ato, in connessione con la creazione <strong>della</strong> nuova<br />
Provincia iniziò un periodo <strong>di</strong> lavori ed<strong>il</strong>izi che frenò, in parte, l’emigrazione<br />
verso le Americhe giacché «almeno <strong>di</strong>ecim<strong>il</strong>a operai trovarono, se non tutto<br />
l’anno, lavoro nei gran<strong>di</strong> cantieri ed<strong>il</strong>izi che costruivano strade, ponti, nuovi<br />
palazzi, acquedotti. [...] Matera fece passi da gigante in quel periodo. Il<br />
Governo la dotò <strong>di</strong> tutti i servizi che un capoluogo <strong>di</strong> Provincia deve avere» 171 .<br />
Un altro tema non superfluo riguarderebbe i casi <strong>di</strong> impresari e professionisti<br />
che trassero alti guadagni da quest’immenso cantiere, ma anche in questo<br />
versante soltanto ricerche particolareggiate sulle nuove provincie potrebbero<br />
dare un quadro completo <strong>di</strong> quanto qui si ipotizza 172 . Fenomeni <strong>di</strong><br />
clientelismo e <strong>di</strong> conflitto <strong>di</strong> interessi, o <strong>di</strong> speculazione, non mancarono, ma<br />
sostanzialmente la popolazione vide crescere le proprie città, le vide<br />
ammodernare e rese più belle e vivib<strong>il</strong>i. Crebbero i commerci e le attività<br />
economiche e industriali, per cui si può affermare che l’elevazione a capoluogo<br />
<strong>di</strong> provincia <strong>di</strong>venne motivo <strong>di</strong> sv<strong>il</strong>uppo. Questa ripresa si verificò ovunque<br />
e, sebbene una parte delle innovazioni venisse finanziata dai citta<strong>di</strong>ni sotto<br />
forma <strong>di</strong> tasse varie che aumentarono 173 , la costituzione <strong>di</strong> nuove provincie<br />
confermò l’opinione popolare e degli amministratori pubblici che fosse<br />
un’occasione per <strong>il</strong> salto <strong>di</strong> qualità <strong>della</strong> vita economica e sociale del territorio.<br />
Tra le spese più alte che le provincie dovettero affrontare ci fu quella <strong>della</strong><br />
manutenzione delle strade provinciali, ma ciò sarebbe stato possib<strong>il</strong>e<br />
garantendo alle amministrazioni un maggiore gettito fiscale 174 .<br />
La richiesta <strong>di</strong> poter contare su un’entrata più consistente fu una<br />
lamentela pressoché costante nella vita degli enti locali 175 . È un fatto che la<br />
comparazione <strong>di</strong> alcuni descrittori (demografici, occupazionali, del red<strong>di</strong>to,<br />
dei salari, del numero delle industrie, ecc.) tra <strong>il</strong> 1927 e gli anni successivi,<br />
111
Umberto Chiaramonte<br />
conferma che le città capoluogo registrarono un salto <strong>di</strong> qualità in<br />
connessione e a partire dalla loro promozione. Per avere un’idea del denaro<br />
che circolava nelle città capoluogo per la presenza <strong>di</strong> uffici amministrativi,<br />
giu<strong>di</strong>ziari e caserme, si pensi che le spese <strong>di</strong> mantenimento degli uffici <strong>di</strong><br />
prefettura, e <strong>di</strong> alcuni uffici connessi (alloggi dei prefetti, affitto delle<br />
prefetture, caserma carabinieri, ecc.), complessivamente in Italia erano state<br />
calcolate in svariati m<strong>il</strong>ioni 176 . Nei capoluoghi si concentrarono iniziative<br />
commerciali, industriali e artigiane, e aumentò notevolmente <strong>il</strong> personale<br />
amministrativo sia pubblico che privato e quello dei servizi (scuola, sanità,<br />
libere professioni, impiegati nel settore cre<strong>di</strong>tizio e assicurativo). Il settore<br />
ed<strong>il</strong>e fu tra i più <strong>di</strong>namici: oltre alla costruzione <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici pubblici, le<br />
domande <strong>di</strong> case in affitto o in ven<strong>di</strong>ta misero in moto l’intero settore che<br />
assunse <strong>il</strong> ruolo trainante <strong>della</strong> nuova economia locale: lievitarono gli affitti<br />
e i prezzi delle aree fabbricab<strong>il</strong>i, mentre gli squ<strong>il</strong>ibri tra le provincie del Nord<br />
e quelle del Sud (non solo in termini economici o <strong>di</strong> infrastrutture, ma anche<br />
<strong>di</strong> cultura e alfabetizzazione) si ridussero in maniera irrisoria. Per tutti si<br />
potrebbe citare <strong>il</strong> caso <strong>di</strong> Pescara che nei decenni posteriori alla sua<br />
promozione è assurta a città dotata <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> infrastrutture (porto turistico,<br />
università, aeroporto) e in continua crescita demografica.<br />
112<br />
Note al testo<br />
1 Crf. <strong>il</strong> saggio introduttivo del curatore al volume Il fascismo e le autonomie locali, a cura <strong>di</strong> S.<br />
Fontana, Il Mulino, Bologna 1973, p. 10.<br />
2 E. ROTELLI, Costituzione e amministrazione dell’Italia unita, Il Mulino, Bologna 1981, p. 214.<br />
L’autore giustifica l’affermazione in riferimento alla «prima riforma fascista <strong>della</strong> legge<br />
comunale e provinciale» (decreto del 30 <strong>di</strong>cembre 1923, n. 2.839) che non effettuò «mo<strong>di</strong>fiche<br />
significative» rispetto al T.U. del 1915. Cfr. ID., Le trasformazioni dell’or<strong>di</strong>namento comunale<br />
e provinciale durante <strong>il</strong> regime fascista, in L’alternativa delle autonomie istituzionali locali e<br />
tendenze politiche dell’Italia moderna, Feltrinelli, M<strong>il</strong>ano 1978, p. 177.<br />
3 Fu composta da 600 membri con <strong>il</strong> decreto 30 giugno 1918. Cfr. G. DE CESARE,<br />
L’or<strong>di</strong>namento comunale e provinciale in Italia dal 1816 al 1942, Giuffrè, M<strong>il</strong>ano 1977, p. 643.<br />
4 Ivi, p. 55. Sulla commissione cfr. inoltre A. AQUARONE, L’organizzazione dello Stato<br />
totalitario, Einau<strong>di</strong>, Torino 1978, I, p. 6.<br />
5 Commissione parlamentare d’inchiesta, cit. nel testo, vol. I, La provincia e <strong>il</strong> comune, p. 135.<br />
6 Ibidem, p. 137.
7 Ibidem.<br />
Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />
8 P. POMBENI, Autorità sociale e potere politico nell’Italia contemporanea, Mars<strong>il</strong>io, Venezia<br />
1993, p. 35.<br />
9 Ivi, p. 36. Cfr. anche GUIDO MELIS, Storia dell’amministrazione italiana: 1861-1993, Il<br />
Mulino, Bologna 1996, pp. 284-294. Per un quadro europeo, cfr. S. F. ROMANO, Breve storia<br />
<strong>della</strong> burocrazia dall’antichità all’età contemporanea, Cappelli, Firenze 1965.<br />
10 O. ZUCCARINI, Le sorti <strong>della</strong> riforma burocratica, in «La critica politica», a. II, fasc. 3, 25 marzo<br />
1922, p. 139. Né va <strong>di</strong>menticato <strong>il</strong> fatto che Giolitti, provenendo dalla burocrazia nella quale<br />
fece tutta la sua carriera, mantenne stretti legami con essa. Cfr. G. ANSALDO, Giovanni Giolitti,<br />
<strong>il</strong> ministro <strong>della</strong> buona vita, Casa ed. Le lettere, Firenze 2002.<br />
11 Cfr. U. CHIARAMONTE, Il <strong>di</strong>battito sulle autonomie nella storia d’Italia: 1796-1996. Unità<br />
Federalismo Regionalismo Decentramento, F. Angeli, M<strong>il</strong>ano 1998.<br />
12 Il richiamo obbligato sul regionalismo è a Luigi Sturzo (La regione nella nazione, Capriotti,<br />
Roma 1949) e al programma del Ppi, ma anche agli «amici <strong>della</strong> Critica politica» <strong>di</strong> Zuccarini.<br />
Cfr. P. DRAGHI, A proposito <strong>di</strong> autonomia regionale, in «La critica politica», fasc. 6, 25 giugno<br />
1922, pp. 240-256; G. CROCINI, Preparazione culturale all’autonomia regionale, ivi, fasc. 7-8,<br />
25 agosto 1922, pp. 307-309. Per un approfon<strong>di</strong>mento <strong>della</strong> questione, R. RUFFILLI, La<br />
questione regionale dall’unificazione alla <strong>di</strong>ttatura (1862-1942), Il Mulino, Bologna 1971.<br />
13 Il testo completo del Programma del Pnf (1921) in R. DE FELICE, Mussolini <strong>il</strong> fascista. La<br />
conquista del potere 1921-1925, Appen<strong>di</strong>ce 5, Einau<strong>di</strong>, Torino 1966, pp. 756-763.<br />
14 Atti Parlamentari, Camera dei deputati, Discussioni, tornata 21 giugno 1921, ora anche in B.<br />
MUSSOLINI, Scritti politici, a cura <strong>di</strong> E. Santarelli, Feltrinelli, M<strong>il</strong>ano 1979, pp.200-06; la cit.<br />
a p. 202.<br />
15 Cfr. E. GENTILE, Le origini dell’ideologia fascista, Laterza, Bari 1975; ID, Il culto del littorio,<br />
Laterza, Roma-Bari 2001; D. SETTEMBRINI, Fascismo Controrivoluzione imperfetta, Sansoni,<br />
Firenze 1978.<br />
16 M. GOVI, Punti fondamentali per <strong>il</strong> rior<strong>di</strong>namento dello Stato, in «Gerarchia», a. II, 1923, pp.<br />
694-707; la cit. a p. 694.<br />
17 In particolare i Consigli regionali dell’Economia pubblica e le Amministrazioni regionali<br />
dell’Economia pubblica, sotto <strong>il</strong> controllo <strong>di</strong> un Consiglio superiore dell’economia pubblica,<br />
come organo supremo <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>namento.<br />
18 Cfr. P. L. CATTANEO, Riformare con metodo, in «Gerarchia», a. II, 1923, pp. 965-68. Sulla<br />
«Carta del Carnaro», (del 1920) cfr. <strong>il</strong> testo in G. D’ANNUNZIO, Scritti politici, a cura <strong>di</strong> P.<br />
Alatri, Feltrinelli, M<strong>il</strong>ano 1980, pp. 224-243. In essa vi erano riconosciuti tutti i <strong>di</strong>ritti<br />
fondamentali, come la libertà in<strong>di</strong>viduale, <strong>di</strong> stampa, <strong>di</strong> riunione, e «per tutti i Comuni l’antico<br />
‘potere normativo’ che è <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> autonomia pieno: <strong>il</strong> <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> darsi proprie leggi».<br />
113
Umberto Chiaramonte<br />
19 E. ROTELLI, Le trasformazioni dell’or<strong>di</strong>namento comunale e provinciale durante <strong>il</strong> regime<br />
fascista, in Il fascismo e le autonomie locali cit. pp. 73-155.<br />
20 La definizione è <strong>di</strong> G. MELIS, Storia dell’ amministrazione italiana cit., p. 331, secondo <strong>il</strong> quale<br />
si sarebbe trattato <strong>di</strong> «una stagione <strong>di</strong> grande fert<strong>il</strong>ità normativa, favorita certo dal trasferimento<br />
<strong>della</strong> funzione legislativa all’esecutivo, ma che si avvalse anche <strong>di</strong> una competenza tecnica<br />
giuri<strong>di</strong>ca dell’amministrazione ancora <strong>di</strong> elevato livello». Sugli interventi legislativi, si rinvia a<br />
CAMERA DEI DEPUTATI, Legislatura XXVII, La legislazione fascista (1922-1928). Appen<strong>di</strong>ce,<br />
Segretariato Generale. Direzione del resoconto e degli stu<strong>di</strong> legislativi, Roma 1927.<br />
21 Ciò avvenne con la legge n. 1.601 del 3 <strong>di</strong>cembre 1922 che <strong>di</strong>ede al governo la delega legislativa<br />
(a suo tempo concessa a Bonomi e Facta) sulla riorganizzazione amministrativa con l’impegno <strong>di</strong><br />
riferire entro <strong>il</strong> marzo 1924 dell’uso fattone. Cfr. P. CALANDRA, Parlamento e Amministrazione,<br />
M<strong>il</strong>ano 1971; G. DE CESARE, L’or<strong>di</strong>namento comunale e provinciale cit., pp. 661 ss.<br />
22 A. AQUARONE, L’organizzazione dello Stato totalitario cit., p. 5.<br />
23 La citazione è presa dalla relazione che accompagnava <strong>il</strong> r.d. 30 <strong>di</strong>cembre 1923 n. 2.839 <strong>della</strong><br />
riforma. Cfr. anche F. TONELLI, Gli enti locali nello Stato fascista, in «Gerarchia», a.III, 1924,<br />
p. 415-16. La nuova legge comunale e provinciale è la n. 2.839 del 30 <strong>di</strong>cembre 1923.<br />
24 Atti Parlamentari, Documenti, Legislatura XXVI, II, pp. 84 ss.<br />
25 Fra i quali, <strong>il</strong> Tonelli, citato sopra, che lamentò la poca incisività dell’innovazione circa le<br />
competenze <strong>della</strong> giunta e del Consiglio comunale. Ma la critica era rivolta in funzione <strong>di</strong> una<br />
proposta peggiorativa <strong>della</strong> legge giacché l’autore avrebbe visto come innovativa la soppressione<br />
del Consiglio comunale.<br />
26 Cfr. «Rivista amministrativa del Regno», Giornale ufficiale delle Amministrazioni centrali e<br />
provinciali dei Comuni e degli istituti <strong>di</strong> beneficenza, a. LXXIX, 1928, «Atti del Governo», p. 41.<br />
Non che lo scioglimento dei consigli non venisse praticato nel periodo giolittiano e anche dopo<br />
(cfr. U. CHIARAMONTE, Piombino 1912: lo scioglimento <strong>di</strong> un Comune socialista nel periodo<br />
giolittiano, in «Città & Regione», a. 9, n. 6, 1983, pp. 141-177), ma con <strong>il</strong> fascismo <strong>il</strong> fenomeno<br />
si accentuò in modo repressivo. Nel 1923 i consigli comunali sciolti furono 561 e 10 i consigli<br />
provinciali, nel 1924 furono rispettivamente 278 e 10. Cfr. A. AQUARONE, L’organizzazione dello<br />
Stato totalitario cit., I, pp. 35-36.<br />
27<br />
LIPPARA, Per la ricostruzione dei Comuni soppressi dal fascismo, in «Battaglia Socialista», Roma,<br />
15 <strong>di</strong>cembre 1946.<br />
28 Cfr. <strong>il</strong> r.d.l. 17 marzo 1927, n. 383. Con la circolare n. 15.300 del 10 febbraio 1927,<br />
sostenendo la tesi che la vita delle piccole realtà amministrative ostacolava lo sv<strong>il</strong>uppo socioeconomico<br />
a causa delle ridottissime risorse finanziarie che non consentivano «<strong>il</strong><br />
raggiungimento dei fini <strong>di</strong> pubblico interesse», <strong>il</strong> fascismo ritenne necessaria «una soluzione<br />
ra<strong>di</strong>cale del problema» adottando criteri che miravano a «creare organismi più robusti, sia<br />
me<strong>di</strong>ante <strong>il</strong> raggruppamento in un unico ente <strong>di</strong> piccole unità preesistenti, sia me<strong>di</strong>ante<br />
l’aggregazione <strong>di</strong> tali piccole unità a limitrofi centri <strong>di</strong> notevole importanza demografica».<br />
114
Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />
29 B. MUSSOLINI, Il Discorso dell’Ascensione, in Scritti e <strong>di</strong>scorsi dal 1927 al 1928, Hoepli, M<strong>il</strong>ano<br />
1934, p. 50. Nel lungo <strong>di</strong>scorso, tenuto <strong>il</strong> giorno <strong>della</strong> festa dell’Ascensione, <strong>il</strong> duce espose «in<br />
una sintesi vastissima e completa», (secondo <strong>il</strong> curatore), «le idee forza <strong>della</strong> politica fascista» in<br />
tre punti: la situazione nazionale riguardo anche alla salute fisica e <strong>della</strong> razza del popolo<br />
italiano, l’esame dell’assetto amministrativo, le <strong>di</strong>rettive politiche e generali attuali e future. Il<br />
tema dei piccoli comuni è tornato alla ribalta recentemente con una proposta <strong>di</strong> legge tesa a<br />
tutelare i centri fino a 5.000 abitanti, che ha trovato attenzione anche al <strong>di</strong> fuori dell’Italia. Cfr.<br />
A.C., Piccoli Comuni d’Europa, uniamoci, in «Sette», supplemento del «Corriere <strong>della</strong> Sera», n.<br />
17, 24 apr<strong>il</strong>e 2003, p. 67. Con la repubblica italiana si ripristinarono molte comunità soppresse<br />
in quanto richiesero <strong>di</strong> riprendere le antiche denominazioni e autonomie. Cfr. LIPPARA, Per<br />
la ricostruzione dei Comuni soppressi cit. Volendo fare una comparazione con la Francia, Paese<br />
a cui Mussolini era legato culturalmente, si può <strong>di</strong>re che fino alla riforma <strong>di</strong> De Gaulle (1958)<br />
esistevano oltre 38.000 comuni, mentre oggi ce ne sono 36.394, dei quali 32.500 con meno <strong>di</strong><br />
2.000 abitanti. Cfr. N. CAMPINOTI, La legislazione comunale in Francia e in Italia. Analisi<br />
comparata dei due or<strong>di</strong>namenti, Noccioli, Firenze 1984, pp. 23-41.<br />
30 Con or<strong>di</strong>nanza del Capo <strong>di</strong> Stato Maggiore Armando Diaz, <strong>il</strong> 19 novembre 1918 vennero<br />
nominati governatori m<strong>il</strong>itari <strong>il</strong> generale Guglielmo Pecori Giral<strong>di</strong> per <strong>il</strong> Trentino, l’Alto A<strong>di</strong>ge<br />
e l’Ampezzano; <strong>il</strong> generale Carlo Petitti <strong>di</strong> Roreto per la Venezia Giulia; l’ammiraglio Enrico<br />
M<strong>il</strong>lo per la Dalmazia e le isole annesse.<br />
31 In un primo momento furono nominati commissari straor<strong>di</strong>nari in Trentino e Alto A<strong>di</strong>ge i<br />
deputati A. Ciuffelli, poi Antonio Mosconi, e L. Credaro; più a lungo restò in Dalmazia <strong>il</strong><br />
governatore m<strong>il</strong>itare con la motivazione <strong>di</strong> mantenere l’or<strong>di</strong>ne pubblico, ma poi<br />
l’amministrazione civ<strong>il</strong>e fu estesa anche a questo territorio.<br />
32 Per <strong>il</strong> testo del decreto, cfr. G. U. n. 60 del 7 luglio 1919. La provvisorietà dell’Ufficio era<br />
dovuta all’attesa <strong>della</strong> firma del trattato <strong>di</strong> Saint Germain - en - Laye (avvenuta <strong>il</strong> 10 settembre<br />
1919) e quello <strong>di</strong> Rapallo (del 12 novembre 1920) che assegnò all’Italia i territori <strong>della</strong> Venezia<br />
Tridentina, la Venezia Giulia e parte <strong>della</strong> Dalmazia relativamente a Zara e al suo territorio,<br />
assicurandogli confini «strategici» ai quali l’Italia aspirava da tempo.<br />
33 E. TOLOMEI, Trentino e Alto A<strong>di</strong>ge Provincia unica, Parigi 1919. Sulle autonomie in Trentino-Alto<br />
A<strong>di</strong>ge cfr. BICE RIZZI, La Venezia Tridentina nel periodo armistiziale, Trento 1963; V. CALÌ, Il caso<br />
Trentino, in L’autonomia e l’amministrazione locale nell’area alpina, a cura <strong>di</strong> P. Schiera, R. Gubert, E.<br />
Balboni, Jaca Book, M<strong>il</strong>ano 1988, pp. 105- 115; M. COSSETTO, L’Alto A<strong>di</strong>ge, ivi, pp. 117- 128.<br />
34 Il riferimento citato è ad un testo del 1922, riportato da G. NEGRI, L’autonomismo nell’Alto<br />
A<strong>di</strong>ge, in Il fascismo e le autonomie locali cit., pp. 205-231; la cit. alle pp. 206-7.<br />
35 E. TOLOMEI, Le due provincie: Trento e Bolzano, in «Archivio per l’Alto A<strong>di</strong>ge», annata XXII, 1927,<br />
pp. 193-218. Egli ut<strong>il</strong>izzò <strong>il</strong> motto «Trento e Bolzano città sorelle», dando ai trentini la responsab<strong>il</strong>ità<br />
<strong>di</strong> non essersi aperti a questo scambio perché non riuscirono a <strong>di</strong>menticare «i torti subiti» (p. 198).<br />
36 G. NEGRI, L’autonomismo nell’Alto A<strong>di</strong>ge cit., pp. 207-08.<br />
37 Citato da M. COSSETTO, L’Alto A<strong>di</strong>ge cit., p. 124.<br />
115
Umberto Chiaramonte<br />
38 A. AGNELLI, Gli autonomisti giuliani e l’avvento del fascismo, in Il fascismo e le autonomie locali<br />
cit., pp. 171-203; cfr. anche D. MOSCARDA TORBIANELLI - F. DIMORA MORWAY, Il Friuli<br />
Venezia Giulia, in L’autonomia e l’amministrazione locale nell’area alpina cit., pp. 129-148.<br />
39 Nel censimento del 1921 la Venezia Giulia risultava <strong>di</strong>visa in nove <strong>di</strong>stretti: Gorizia, con 78.389<br />
ettari <strong>di</strong> superficie, 47 comuni e 99.348 abitanti; Gra<strong>di</strong>sca, con 18.695 ettari <strong>di</strong> superficie, 20<br />
comuni e 34.041 abitanti; Monfalcone, con 43.357 ettari <strong>di</strong> superficie, 25 comuni e 59.050<br />
abitanti; Sesana, con 47.195 ettari, 30 comuni e 29.609 abitanti; Tolmino, con 106.946 ettari,<br />
24 comuni e 40.444 abitanti; Carinzia e Corniola (comprendente Idria, Postumia e Tarvisio),<br />
con 163.753 ettari, 54 comuni e 67.688 abitanti; Trieste, con 9.589 ettari e 239.627 abitanti.<br />
L’Istria comprendeva i <strong>di</strong>stretti <strong>di</strong> Capo<strong>di</strong>stria (12 comuni), Lussino (4 ), Parenzo (11), Pisino<br />
(6), Pola (7) e Valosca-Abbazia (8) per complessivi 443.693 ettari <strong>di</strong> superficie e 351.546 abitanti;<br />
Zara e le isole dalmate comprendevano 2 comuni con 11.001 etttari e 18.255 abitanti.<br />
40 Cfr. F. SALATA, Per le nuove provincie e per l’Italia. Discorsi e scritti con note e documenti,<br />
Stab<strong>il</strong>imento Tip. per l’Amministrazione <strong>della</strong> guerra, Roma 1922. Il libro uscì quando Salata<br />
fu nominato da Facta liquidatore dell’Ufficio, poco prima <strong>della</strong> marcia su Roma. Il r.d. n. 1.353<br />
del 17 ottobre 1922 venne pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’8 novembre 1922 con la<br />
firma <strong>di</strong> Mussolini, <strong>di</strong>venendo <strong>il</strong> suo primo atto pubblico da presidente del consiglio.<br />
41 F. SALATA, Per le nuove provincie cit., p. 45.<br />
42 A. AGNELLI, Gli autonomisti giuliani cit., p. 187.<br />
43 Giolitti <strong>di</strong>sse che «<strong>il</strong> potere legislativo delle Diete provinciali [sono] la base delle autonomie che la legge<br />
sulle annessioni vuole trasmettere integre alla futura sistemazione definitiva degli or<strong>di</strong>namenti delle<br />
nuove provincie», ibidem, p. 47, ripreso dal decreto del 31 agosto 1921. Il governo Bonomi, che seguì<br />
quello <strong>di</strong> Giolitti, riconobbe nel novembre 1921 le antiche Diete provinciali e le giunte provinciali<br />
straor<strong>di</strong>narie <strong>di</strong> Trieste, Gorizia, Parenzo e Zara. Per la costituzione delle giunte provvisorie<br />
straor<strong>di</strong>narie, cfr. d.l. n. 1.269 del 31 agosto per l’Istria; d.l. n. 1.746 del 19 novembre per Trento,<br />
Gorizia e Zara. Per questi provve<strong>di</strong>menti legislativi, cfr. F. SALATA, Per le nuove provincie cit.<br />
44 F. SALATA, Il nuovo governo e le nuove Provincie, Estratto da «Le Nuove Provincie», fascicolo<br />
III, <strong>di</strong>cembre 1922. Sull’attività <strong>della</strong> commissione, Salata nel <strong>di</strong>scorso del 7 giugno 1922 riferì<br />
che dal 1918 al 1922 erano stati adottati 300 provve<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> contenuto legislativo, 5 leggi,<br />
57 d.l., 189 tra regi decreti e decreti luogotenenziali, e 30 decreti ministeriali. ID, Per le nuove<br />
provincie cit., pp. 21-80.<br />
45 F. SALATA, Il nuovo governo cit., p. 14.<br />
46 Nel censimento del 1921, la circoscrizione era formata dai circondari <strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne (92 comuni),<br />
Cividale del Friuli (22 comuni), Pordenone (30 comuni) e Tolmezzo (35 comuni). In<br />
complesso, se prima aveva 657.014 ettari <strong>di</strong> superficie e 179 comuni che si stendevano dal mare<br />
Adriatico alle Alpi, con 451.710 abitanti, con <strong>il</strong> territorio <strong>di</strong> Gorizia si aggiungevano altri 47<br />
comuni con una superficie <strong>di</strong> 78.389 ettari e circa 100.000 abitanti.<br />
47 Il r.d. n. 759 dell’8 marzo 1923 sancì lo scioglimento del Consiglio provinciale <strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne,<br />
affidando l’amministrazione delle unificate due provincie ad una commissione straor<strong>di</strong>naria.<br />
116
Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />
Per avere un’idea dello stravolgimento dell’intera operazione, basti pensare che i tre circondari<br />
<strong>di</strong> Gorizia, Gra<strong>di</strong>sca e Tolmino erano formati da 149 comuni. La relazione che accompagnava<br />
<strong>il</strong> decreto argomentava che «la mutata situazione politica e amministrativa <strong>della</strong> Provincia<br />
richiedeva un periodo piuttosto lungo dell’amministrazione straor<strong>di</strong>naria» ai fini <strong>di</strong> un equo<br />
funzionamento del nuovo ente. In deroga alla legge comunale e provinciale e in virtù <strong>della</strong> l. n.<br />
1.601 del 3 <strong>di</strong>cembre 1922 <strong>il</strong> ministro dell’Interno propose al re una commissione <strong>di</strong> sei membri<br />
assegnando poteri maggiori che l’eccezionalità del caso richiedeva.<br />
48 Stranamente nella premessa del decreto <strong>di</strong> istituzione delle nuove provincie è detto «Sentita<br />
la commissione consultiva centrale per la sistemazione amministrativa delle nuove Provincie»,<br />
mentre in realtà non se ne tenne conto.<br />
49 Dal decreto istitutivo n. 93 (in G.U. n. 24 del 30 gennaio 1923) risultano i seguenti circondari<br />
e comuni: Rovereto con Ala, Mori, V<strong>il</strong>la Lagarina; Riva con Arco, Pieve <strong>di</strong> Ledro; Trento con<br />
Cembra, Civezzano, Lavis, Pergine, Vezzano, Mezzolombardo, Andalo, Cavedago, Fai Grumo,<br />
Mezzocorona, Molveno, Nave S. Rocco, Roverè <strong>della</strong> Luna, Spormaggiore e Zambana; Tione<br />
con Con<strong>di</strong>no e Stenico; Cles con Fondo, Malè, Campodenno, Dar<strong>di</strong>ne, Denno, Dercolo,<br />
Lover, Masi <strong>di</strong> Vigo, Mollaro, Priò, Quetta, Segno, Sporminore, Termon, Torra, Toss,<br />
Tuenetro, Vervò, Vigo e Vion; Cavalese con Fassa, Egna, Termeno; Merano con Lana, Passiria,<br />
Glorenza e S<strong>il</strong>andro; Bressanone con Vipiteno, Brunico, Marebbe, Monguelfo, Tures; Bolzano<br />
con Caldaro, Chiusa, Sarentino e Castelrotto.<br />
50 Cfr. A. AGNELLI, Gli autonomisti giuliani cit. p. 188 che riporta i telegrammi <strong>di</strong> Mussolini<br />
al sindaco <strong>di</strong> Pola: «Sono sicuro che senza proteste che non sarebbero assolutamente tollerate<br />
accetterete delibera Governo»; e al sindaco <strong>di</strong> Gorizia al quale cercò <strong>di</strong> indorare la p<strong>il</strong>lola<br />
promettendo che «in un secondo tempo, quando l’opera <strong>di</strong> assim<strong>il</strong>azione degli elementi allogeni<br />
sia bene avviata, Gorizia possa essere elevata a Provincia».<br />
51 Il r.d. n. 2.013 del 24 settembre 1923 sancì questa complessa operazione prevista da<br />
<strong>di</strong>sposizioni del Co<strong>di</strong>ce civ<strong>il</strong>e relative agli atti <strong>di</strong> stato civ<strong>il</strong>e, le <strong>di</strong>sposizioni del Co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong><br />
procedura civ<strong>il</strong>e e le varie leggi concernenti lo stato civ<strong>il</strong>e.<br />
52 Per quanto riguarda le nuove provincie si potrebbe r<strong>il</strong>evare una certa parcellizzazione che si<br />
evidenziò nell’inserimento <strong>di</strong> Trento nella IX Divisione m<strong>il</strong>itare all’interno <strong>della</strong> III Armata<br />
<strong>di</strong> Verona, mentre <strong>il</strong> <strong>di</strong>stretto giu<strong>di</strong>ziario <strong>di</strong> Monguelfo, <strong>della</strong> medesima Provincia <strong>di</strong> Trento,<br />
venne inserito, con i territori <strong>della</strong> Provincia <strong>di</strong> Belluno e <strong>della</strong> «Provincia del Friuli», nella XII<br />
Divisione m<strong>il</strong>itare <strong>di</strong> Treviso facente parte <strong>della</strong> IV Armata <strong>di</strong> stanza a Bologna; nella V Armata<br />
<strong>di</strong> Trieste furono inserite la XIII Divisione <strong>di</strong> Trieste, la XIV <strong>di</strong> Gorizia e la XV <strong>di</strong> Pola.<br />
53 M. COSSETTO, L’Alto A<strong>di</strong>ge cit., p. 125.<br />
54 Da Trento <strong>di</strong>pendevano i due capoluoghi <strong>di</strong> circolo Trento e Bolzano con i tribunali <strong>di</strong> Trento<br />
e Rovereto nel circolo <strong>di</strong> Trento, e <strong>di</strong> Bolzano in quello omonimo; da Trieste <strong>di</strong>pendevano <strong>il</strong><br />
capoluogo <strong>di</strong> circolo Trieste con tribunali a Trieste e Gorizia, e <strong>il</strong> capoluogo <strong>di</strong> circolo a Pola con<br />
tribunali a Pola, Capo<strong>di</strong>stria e Zara. Corti straor<strong>di</strong>narie erano state istituite a Gorizia e Capo<strong>di</strong>stria.<br />
55 NOI, nella rubrica «Note e Commenti», in «La critica politica», a. III, fasc. 1, 25 gennaio<br />
1923, p. 50.<br />
117
Umberto Chiaramonte<br />
56 Riportato in «La critica politica», fasc. 2, febbraio 1923.<br />
57 GABRIELE AMENDOLA, La Provincia e l’Amministrazione provinciale, Atheaeum, Roma 1914,<br />
p. 37. Secondo l’autore «La Provincia non può essere toccata se non in quanto nuovi elementi<br />
economici siano sopraggiunti a mo<strong>di</strong>ficare le relazioni ra<strong>di</strong>cate fra le parti del suo territorio e<br />
i territori vicini, o ne sia stata <strong>di</strong> già alterata la tra<strong>di</strong>zionale costituzione con aggregamenti o<br />
<strong>di</strong>saggregamenti forzati e contrari ai locali interessi» (p. 38).<br />
58 Mentre nel 1911, avevano una popolazione <strong>di</strong> 170.280 unità, nel censimento del 1921<br />
avevano registrato un incremento demografico del 15,1 per cento aumentando la popolazione<br />
<strong>di</strong> oltre 25.000 unità.<br />
59 Atti del Congresso per <strong>il</strong> rior<strong>di</strong>namento amministrativo <strong>della</strong> Lunigiana promosso dal Comune<br />
<strong>della</strong> Spezia, Tip. Moderna, La Spezia 1914, che trovasi in ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO<br />
(ACS), Ministero dell’Interno. Amministrazione civ<strong>il</strong>e: Comuni (1923-35), busta 2.012.<br />
60 Per la ricostruzione delle provincie create dal fascismo, oltre che <strong>di</strong> fonti d’archivio e <strong>di</strong><br />
giornali locali, si terranno presenti gli articoli pubblicati su «Il Popolo d’Italia» dall’inviato<br />
Sandro Giuliani nel periodo che va dal gennaio 1927 all’estate 1928. Gli articoli furono poi<br />
raccolti in volume con <strong>il</strong> titolo Le <strong>di</strong>ciannove provincie create dal Duce, Tip. «Popolo d’Italia»,<br />
M<strong>il</strong>ano 1928. Fu de<strong>di</strong>cato al <strong>di</strong>rettore del giornale, e fratello del duce, Arnaldo Mussolini; <strong>il</strong><br />
capo del governo scrisse una Introduzione autografa (Roma, 28 febbraio 1928).<br />
61 MANFREDO GIULIANI, Memoria al Governo Nazionale per l’aggregazione del Circondario <strong>di</strong><br />
Pontremoli alla Provincia <strong>della</strong> Spezia, Stab<strong>il</strong>imento tip. C. Cavanna, Pontremoli 1924, in<br />
ACS, M. I., Amm. Civ<strong>il</strong>e, b. 2.012. Nonostante l’auspicato legame con La Spezia, <strong>il</strong> Giuliani<br />
non trascurò <strong>di</strong> criticare la caratteristica dello sv<strong>il</strong>uppo del capoluogo osservando che sarebbe<br />
<strong>di</strong>venuta una grande città soltanto se avesse avuto alle spalle un vasto territorio, consentendo<br />
l’inse<strong>di</strong>amento <strong>di</strong> attività produttive che avrebbero dovuto invertire <strong>il</strong> progresso <strong>di</strong> «città<br />
improvvisata, ancora troppo ‘arsenalotta’, cioè troppo passiva e statolatra. Il suo sv<strong>il</strong>uppo non<br />
si è prodotto per iniziativa <strong>della</strong> sua popolazione, che lentamente, [ha] costruito i suoi ideali<br />
e la sua fortuna, [che invece] le è venuta dalle molteplici possib<strong>il</strong>ità date dalla sua passione,<br />
da un intervento dello Stato che ha improvvisamente creato uno sv<strong>il</strong>uppo demografico ed<br />
economico estraneo non solo alle iniziative citta<strong>di</strong>ne, ma in contrasto con forti resistenze<br />
misoneistiche» (p. 11).<br />
62 Alcune carte riproducono lo schema seguente che <strong>di</strong>mostra quanto si è detto circa<br />
l’artificiosità <strong>della</strong> circoscrizione:<br />
1. Prov. <strong>di</strong> Massa Carrara:<br />
a) Circ. <strong>di</strong> Castelnuovo Garfagnana: n. 17 comuni, pop. residente 46.523 (<strong>di</strong> fatto 42.917);<br />
b) Circ. <strong>di</strong> Massa Carrara: n. 13 comuni, pop. residente 145.698 (<strong>di</strong> fatto142.459);<br />
c) Circ. <strong>di</strong> Pontremoli: n. 6 comuni, pop. residente 43.625 (<strong>di</strong> fatto 40.568);<br />
2. Dopo l’istituzione <strong>della</strong> Prov. <strong>di</strong> Spezia:<br />
a) Portati a Spezia n. 2 comuni (Calice e Rocchetta) per totale 4.886 abitanti (residenti 4.517)<br />
A Massa restavano comuni per 230.960 abitanti.<br />
3. Dopo la separazione <strong>della</strong> Garfagnana (17 comuni e 46.523 abitanti)<br />
A Massa restavano 17 comuni per 184.437 abitanti.<br />
118
Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />
4. Se si fosse intaccato <strong>il</strong> Circondario <strong>di</strong> Pontremoli (6 comuni e 43.625 abitanti) a Massa<br />
sarebbero rimasti 11 comuni e 140.812 abitanti.<br />
63 ACS, M.I., Amm. Civ<strong>il</strong>e, b. 2.012.<br />
64 «Il Lavoro», 23 agosto 1923.<br />
65 La Lunigiana e la Provincia <strong>di</strong> Spezia, in «La critica politica», a.III, fasc. 8-9, agosto-settembre<br />
1923, p. 399.<br />
66 Relazione al r.d. 2 settembre 1923, n. 1.913.<br />
67 Fu istituita con r.d. 2 settembre 1923, n. 1.913.<br />
68 Mentre nel censimento del 1911 tutto <strong>il</strong> circondario contava 219.254 abitanti, in quello del<br />
1921 aveva avuto un incremento del 25,4 per cento portando la popolazione a 274.907 unità.<br />
L’apparato industriale si era esteso a settori produttivi <strong>di</strong>versificati: <strong>il</strong> cantiere navale Franco<br />
Tosi che si stendeva su un’area <strong>di</strong> 200.000 mq <strong>di</strong> superficie; la fabbrica <strong>di</strong> birra e ghiaccio Raffo<br />
& C., ritenuta la più grande del Meri<strong>di</strong>one con i suoi 12-15 m<strong>il</strong>a ettolitri <strong>di</strong> produzione annua;<br />
le fabbriche <strong>di</strong> materiali da costruzione, gli oleifici, la Soc. Ceramica Tarantina, lo Stab<strong>il</strong>imento<br />
Montecatini per concimi chimici, le Officine Meccaniche Jonio, La metallurgica e<br />
L’Anconetana. Il settore agricolo era in espansione, al punto che <strong>il</strong> fascismo sostenne che nel<br />
territorio si era realizzata «la rivoluzione agraria del Salento», con i 19.000 ettari <strong>di</strong> bosco e con<br />
le prospettive accresciute dopo la lotta alla malaria e la bonifica <strong>della</strong> Stornara, dovuta<br />
all’Associazione Nazionale Combattenti.<br />
69 ACS, M.I. Amm. Civ<strong>il</strong>e, b. 2.012, Odg manoscritto del comitato formato da tutte le<br />
organizzazioni politiche, commerciali e industriali <strong>di</strong> Taranto, datato 9 marzo 1923.<br />
70 Ivi, la lettera datt<strong>il</strong>oscritta al Presidente del consiglio, non riporta la data.<br />
71 Ivi, odg <strong>della</strong> seduta del 13 marzo 1923.<br />
72 Ivi. Si riporta come esempio <strong>il</strong> telegramma del 21 agosto 1923 dei 23 fasci <strong>di</strong> Matera, ma anche<br />
quello del 24 marzo 1923 <strong>di</strong> un deputato lucano che chiese al sottosegretario all’Interno Aldo Finzi<br />
<strong>di</strong> non aggregare a Taranto <strong>il</strong> Comune <strong>di</strong> Montescaglioso, in Provincia <strong>di</strong> Potenza, giacché non<br />
aveva nulla che poteva congiungerlo ad essa. Stessa contrarietà manifestò <strong>il</strong> presidente del consiglio<br />
provinciale <strong>di</strong> Bari perché Logorotondo non venisse aggregato a Taranto, e in questo caso ci fu<br />
la risposta del capo <strong>di</strong> Gabinetto dell’on. Finzi con cui fu tranqu<strong>il</strong>lizzato.<br />
73 Ivi, lettera del prefetto <strong>di</strong> Potenza al presidente del Consiglio dei ministri, 26 agosto 1923.<br />
Per fare breccia maggiore, <strong>il</strong> prefetto informò che <strong>il</strong> giornale nittiano «La Bas<strong>il</strong>icata», attaccava<br />
con spirito sarcastico <strong>il</strong> progettato <strong>di</strong>stacco <strong>di</strong> una parte <strong>di</strong> questa Provincia.<br />
74 G. INZERILLO, Natura e compiti del Provve<strong>di</strong>tore agli Stu<strong>di</strong>, La Nuova Italia, Firenze 1980,<br />
pp.12-13. I provve<strong>di</strong>torati vennero ricostituiti dal ministro <strong>della</strong> P.I. De Vecchi a partire dal<br />
1° luglio 1936 (r.d. l. 9 marzo 1936, n. 400).<br />
119
Umberto Chiaramonte<br />
75 La Regione scolastica, in «La critica politica», a. III, fasc. 2, 25 febbraio 1923, p. 98.<br />
76 Il 5 febbraio 1923 <strong>il</strong> Consiglio dei ministri aveva soppresso anche <strong>il</strong> Consiglio scolastico<br />
provinciale e la Deputazione scolastica. Al criterio <strong>di</strong> snellire la burocrazia apparteneva <strong>il</strong><br />
provve<strong>di</strong>mento coevo <strong>di</strong> ridurre <strong>il</strong> numero degli ispettori delle scuole superiori da 37 a 3 e quello<br />
degli ispettori scolastici delle elementari da 400 a 50.<br />
77 Con r.d. 4 marzo 1923, n. 545. «La critica politica» criticò questa soluzione sostenendo che<br />
la Sabina era legata da tra<strong>di</strong>zioni storiche a Rieti e non a Roma. Cfr. a.III, fasc. 10, 25 ottobre<br />
1923, pp. 446-7; e un articolo dell’on. Nicoletti sul «Mondo», 19 settembre 1923.<br />
78 Con r.d. 4 marzo 1923, n. 544.<br />
79 Con r.d. 8 luglio 1923, n. 1.726.<br />
80 Con r.d. 8 luglio 1923, n. 1.727.<br />
81 Con r.d. 24 settembre 1923, n. 2.076.<br />
82 Con r.d. 9 novembre 1923, n. 2.490.<br />
83 Con r.d. 30 <strong>di</strong>cembre 1923, n. 3.169.<br />
84 Si trattò <strong>di</strong> Bibbona, Campiglia Marittima, Castagneto Carducci, Cecina, Collesalvetti,<br />
Piombino, Rosignano, Sassetta e Suvereto.<br />
85 Per avere un’idea delle ripercussioni si pensi che persino <strong>il</strong> sindaco <strong>di</strong> Santa Croce minacciò<br />
una marcia su Roma <strong>di</strong> fascisti e <strong>della</strong> popolazione. Cfr. V. BARTOLONI, Via Cecafoglia. Sindaci<br />
e podestà a S. Croce sull’Arno, Ponte a Egola 1995, p. 49. Venne definita dal presidente <strong>della</strong><br />
Provincia <strong>di</strong> Pisa una decisione «esaminata e <strong>di</strong>scussa in alto loco». Cfr. PROVINCIA DI PISA, Un<br />
sessennio <strong>di</strong> amministrazione fascista, Pisa 1928, p. 55, citato da A. POLSI, Il prof<strong>il</strong>o istituzionale<br />
(1865-1944), in La Provincia <strong>di</strong> Pisa (1865-1990), a cura <strong>di</strong> E. Fasano Guarini, Il Mulino,<br />
Bologna 2004, p. 150.<br />
86 Va aggiunto che Livorno versò alla Provincia <strong>di</strong> Pisa la somma <strong>di</strong> 5 m<strong>il</strong>ioni <strong>di</strong> lire come<br />
indennizzo <strong>della</strong> cessione per ripagarla degli investimenti effettuati nei nuovi comuni in lavori<br />
pubblici (1° ottobre 1929). Cit. da A. POLSI, Il prof<strong>il</strong>o istituzionale cit., p. 162.<br />
87 Con r.d.l. 28 ottobre 1925, n. 1.949. A. AQUARONE, L’organizzazione dello Stato totalitario<br />
cit., I, pp. 83-84.<br />
88 Venne inse<strong>di</strong>ato <strong>il</strong> senatore F<strong>il</strong>ippo Cremonesi, che era stato commissario <strong>della</strong> capitale nei<br />
tre anni precedenti. Cfr. «Corriere <strong>della</strong> sera», 1° gennaio 1926.<br />
89 LIPPARA, Per la ricostruzione dei Comuni cit.<br />
90 Cfr. «Rivista delle Provincie», Bollettino dell’Upi, Sezione <strong>della</strong> Confederazione Naz. Enti<br />
Autarchici, a. XIX, fasc. I, gennaio 1926.<br />
120
Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />
91 «Critica fascista», a. V, n. 14 del 15 luglio 1927 parlò <strong>di</strong> tre fasi del fascismo: la prima (1919-<br />
22) <strong>di</strong> «preparazione e insurrezione»; la seconda (dal 1923 al I semestre 1926) <strong>di</strong> «lotta<br />
costituzionale»; e la terza <strong>di</strong> «restaurazione e rinnovazione dello Stato» (pp. 261-63).<br />
92 ACS, Verbali del Consiglio dei ministri, seduta del 1° gennaio 1926, p. 149 bis.<br />
93 ACS, Verbali del Consiglio dei ministri, seduta del 26 agosto 1926, pp. 210 ss.<br />
94 Le 95 sottoprefetture soppresse furono: Acqui, Casale Monferrato, Novi Ligure, Tortona;<br />
Città Ducale, Sulmona, Fermo, Ariano, S. Angelo dei Lombar<strong>di</strong>, Altamura, Feltre, Cerreto, S.<br />
Bartolomeo in Galdo, Clusone, Treviglio, Imola, Vergato, Chieri, Salò, Verolanuova, Isernia,<br />
Larino, Nola, Pie<strong>di</strong>monte d’Alife, Acireale, Lanciano, Vasto, Lecco, Varese, Casalmaggiore,<br />
Crema, Alba Mondovì, Saluzzo, Cento, Comacchio, Bormio, S. Severo, Cesena, Rimini, Rocca<br />
S. Casciano, Albenga, Chiavari, Gallipoli, Castelnuovo Garfagnana, Cemerino, Pontremoli,<br />
Abbiategrasso, Gallarate, Lo<strong>di</strong>, Monza, Mirandola, Pavullo, Casoria, Castellammare, Pozzuoli,<br />
Biella, Domodossola, Pallanza, Varallo, Vercelli, Termini Imerese, Borgo S. Donnino,<br />
Borgotaro, Mortara, Voghera, Urbino, S. Remo, Faenza, Lugo, Guastalla, Velletri, Adria,<br />
Campagna, Vallo <strong>della</strong> Lucania, Montepulciano, Penne, Ivrea, Pinerolo, Susa, Mazara del<br />
Vallo, Cividale, Gra<strong>di</strong>sca, Pordenone, Tolmezzo, Chioggia, Asiago, Cles, Riva, Rovereto,<br />
Tione, Monfalcone, Sesana, Valasca e Abbazia. A <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> anni si può osservare come nove<br />
<strong>di</strong> queste città in seguito sono state elevate a capoluogo <strong>di</strong> Provincia.<br />
95 ACS, Verbali del Consiglio dei ministri, seduta del 26 agosto 1926, cit.<br />
96 3 agosto 1926, dove è riportato l’elenco completo delle sottoprefetture soppresse.<br />
97 ACS, Verbali del Consiglio dei ministri, seduta del 2 ottobre 1926, p. 230 bis. Le<br />
sottoprefetture <strong>di</strong> Monfalcone e Sesana erano state soppresse con r.d. 18 gennaio 1923, n. 53.<br />
98 Si trattava dei circondari <strong>di</strong> Cles, con 97 comuni e 60.034 abitanti; Tione, con 66 comuni<br />
e 43.095 abitanti; Rovereto, con 37 comuni e 69.741 abitanti; e Riva <strong>di</strong> Trento, con 22 comuni<br />
e 29.593 abitanti.<br />
99 ACS, M.I, Amministrazione civ<strong>il</strong>e, b.9.70- Provincia <strong>di</strong> Trento (1923-1927).<br />
100 Ivi. La Provincia <strong>di</strong> Trento aveva 578 comuni e al momento <strong>della</strong> sua costituzione aveva <strong>di</strong>eci<br />
circondari e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>eci sottoprefetti.<br />
101 Ivi. Lettera del 16 settembre 1926, n. 5.004.<br />
102 Colloquio Mussolini-Federzoni, in «Il Popolo d’Italia», 29 agosto 1926.<br />
103 E. ROTELLI, Le trasformazioni cit., pp. 76-77.<br />
104 I consigli provinciali saranno sciolti?, in «Rivista delle Provincie», a. XIX, apr<strong>il</strong>e-maggio 1926,<br />
fasc. IV-V, pp. 115-123. Cfr. anche la «Gazzetta del popolo», 4 maggio 1926 che <strong>di</strong>ede la notizia<br />
come certa.<br />
121
Umberto Chiaramonte<br />
105 La decima assemblea dell’UPI, in «Rivista delle Provincie», a. XIX, giugno 1926, fasc. VI, pp.<br />
129-154.<br />
106 «Corriere <strong>della</strong> sera», 3 ottobre 1926.<br />
107 Si vedano in «Rivista delle Provincie» i monocor<strong>di</strong> interventi <strong>di</strong> GENNARO CAPURSO, La<br />
Provincia Fascista, a. XIX, luglio 1926, fasc. VII, pp. 181-198; SILVIO MOLINARI, Le basi<br />
regionali <strong>della</strong> riforma dell’Ente Provincia, agosto 1926, fasc. VIII, pp. 225-230; MICHELE<br />
PERSICHETTI, La Provincia Fascista, settembre 1926, fasc. IX, pp. 242-44; SILENO FABBRI,<br />
Riforma dell’or<strong>di</strong>namento amministrativo provinciale, ottobre 1926, fasc. X, pp. 276-86.<br />
Quest’ultimo contributo era la relazione tenuta al consiglio <strong>di</strong>rettivo dell’Upi e non portava<br />
alcuna novità rispetto alla proposta <strong>di</strong> sopprimere l’eleggib<strong>il</strong>ità del consiglio, cosa già esposta in<br />
una seduta cons<strong>il</strong>iare a M<strong>il</strong>ano.<br />
108 Nuovi compiti <strong>della</strong> Provincia fascista lumeggiati dall’avv. Fabbri al Consiglio Provinciale, in<br />
«Il Popolo d’Italia», 10 agosto 1926. Presidente era S<strong>il</strong>eno Fabbri.<br />
109 GUIDO GAMBERINI, Provincia e unità, in «Il Popolo d’Italia», 15 agosto 1926.<br />
110 Ibidem.<br />
111 Ibidem.<br />
112 L’on. Federzoni <strong>il</strong>lustra <strong>il</strong> nuovo or<strong>di</strong>namento amministrativo e annunzia la riforma dei Consigli<br />
provinciali, in «Il Popolo d’Italia», 31 agosto 1926. Cfr. anche «Corriere <strong>della</strong> sera», 3 ottobre<br />
1926. L’intervista anticipò alla stampa <strong>il</strong> testo dello schema del decreto legge che <strong>il</strong> <strong>di</strong>rettore<br />
generale dell’amministrazione civ<strong>il</strong>e aveva preparato per <strong>il</strong> ministro sull’or<strong>di</strong>namento<br />
amministrativo ed economico delle provincie, che fu presentato nel Consiglio dei ministri.<br />
113 ACS, M.I., Amministrazione civ<strong>il</strong>e, l.c., Relazione a S.E. <strong>il</strong> Ministro per <strong>il</strong> Consiglio dei<br />
Ministri, Roma, 29 settembre 1926.<br />
114 La Consulta era formata da membri <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto (<strong>il</strong> me<strong>di</strong>co provinciale, <strong>il</strong> veterinario provinciale,<br />
l’ingegnere capo del Genio civ<strong>il</strong>e, <strong>il</strong> Provve<strong>di</strong>tore agli stu<strong>di</strong> o <strong>di</strong> un suo rappresentante nelle<br />
provincie che non l’avevano, <strong>il</strong> Provve<strong>di</strong>tore alle opere pubbliche), e membri nominati con decreto<br />
<strong>di</strong> concerto con i due ministeri interessati. Il d.l. si riservava <strong>di</strong> emanare norme entro tre mesi per<br />
definire gli enti con personalità giuri<strong>di</strong>ca che avrebbero dovuto essere rappresentati, ma comunque<br />
erano previste le associazioni dei datori <strong>di</strong> lavoro e dei lavoratori, dei professionisti e artisti. Le<br />
cariche dei consultori e dei presidenti e vice presidenti erano gratuite, e qualora fosse riconosciuta<br />
una indennità, sarebbe stata a carico delle singole provincie.<br />
115 Il Regno <strong>di</strong>viso in 93 Provincie. Largo movimento <strong>di</strong> Prefetti, in «Corriere <strong>della</strong> sera», 7<br />
<strong>di</strong>cembre 1926. Per inquadrare meglio gli incarichi ministeriali, si ricorda che Mussolini ricoprì<br />
l’incarico <strong>di</strong> ministro dell’Interno dal 31 ottobre 1922 al 5 luglio 1923; lo sostituì Luigi<br />
Federzoni fino al 5 novembre 1926, nonostante i rimpasti <strong>di</strong> governo. Mussolini tenne poi la<br />
titolarità dell’Interno fino alla caduta del fascismo, mentre Federzoni fu nominato ministro<br />
delle Colonie dal 6 novembre 1926 all’11 <strong>di</strong>cembre 1929.<br />
122
Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />
116 ACS, Archivio autografi del Duce, scatola 3, fasc. 4.5.6, Relazione al Consiglio dei Ministri sulla<br />
situazione interna. Il testo è riportato anche in «Il Popolo d’Italia», 7 <strong>di</strong>cembre 1926. Secondo<br />
Petacco, Mussolini «leggeva tutto con attenzione estrema: sottolineava le frasi più significative<br />
e annotava sullo stesso foglio i suoi commenti, o le eventuali risposte da dare, usando la matita<br />
rossa e blu». Cfr. A. PETACCO, L’archivio segreto <strong>di</strong> Mussolini, Mondadori, M<strong>il</strong>ano 1997.<br />
117 Il decreto-legge del 2 gennaio 1927 n.1, venne pubblicato nella «Gazzetta Ufficiale» n. 7<br />
dell’11 gennaio 1927.<br />
118 Il movimento dei prefetti interessò anche trenta antiche provincie, mentre altri prefetti<br />
vennero collocati a riposo. I prefetti nominati nelle nuove provincie furono: Empedocle<br />
Lauricella a Vercelli; Umberto Ricci a Bolzano; Anselmo Cassini a Gorizia; Gennaro Di Donato<br />
a Viterbo; Em<strong>il</strong>io Severini a Pescara; Rosario Rossi a Matera; Francesco Venda a Rieti. I vice<br />
prefetti elevati a prefetti furono: Stefano Pirretti ad Aosta; Lorenzo La Via a Savona; Pasquale<br />
Randone a Varese; Michele Internicola a Terni; Ubaldo Bellini a Frosinone; Ernesto Perez a<br />
Brin<strong>di</strong>si; Mauro A. Disanza a Pistoia; Giuseppe Rogges a Castrogiovanni; Gaetano De Blasio<br />
a Ragusa; Ottavio Dinale a Nuoro.<br />
119 ACS, Verbali del Consiglio dei ministri, seduta dell’8 <strong>di</strong>cembre 1926, p.238 bis.<br />
120 ACS, Verbali del Consiglio dei ministri, seduta del 12 <strong>di</strong>cembre 1926, p.239.<br />
121 A. M. [A. MUSSOLINI], Sei Dicembre, in «Il Popolo d’Italia», 7 <strong>di</strong>cembre 1926.<br />
122 Ibidem.<br />
123 «Il Popolo d’Italia», 7 <strong>di</strong>cembre 1926.<br />
124 Un richiamo alle inchieste parlamentari del passato sottolineano la <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong><br />
comportamento. Si pensi, solo per citare un esempio, all’inchiesta sulla Sic<strong>il</strong>ia nel 1875-76<br />
quando fu sottoposto un questionario sull’amministrazione periferica dal quale emergeva uno<br />
spaccato del ruolo dello Stato e delle caratteristiche <strong>della</strong> sua azione nella società. Cfr. L’inchiesta<br />
sulle con<strong>di</strong>zioni sociali ed economiche <strong>della</strong> Sic<strong>il</strong>ia e sull’andamento dei pubblici servizi, deliberata<br />
dalla legge 3 luglio 1875 n. 2.579 e conclusasi con la relazione <strong>di</strong> Romualdo Bonfa<strong>di</strong>ni e in parte<br />
pubblicata dall’ACS <strong>di</strong> Roma, a cura <strong>di</strong> S. Carbone e R. Grispo, Il Mulino, Bologna 1969. Cfr.<br />
anche E. IACHELLO, Stato moderno e <strong>di</strong>sarmonie regionali, Guida, Napoli 1987.<br />
125 E. TOLOMEI, Le due provincie. Trento e Bolzano, in «Archivio per l’Alto A<strong>di</strong>ge», annata XXII,<br />
1927, pp. 193-218; la citaz. a p. 193.<br />
126 Ivi, p. 206.<br />
127 Va ricordato che <strong>il</strong> Gran Consiglio del Fascismo aveva creato i «Gruppi <strong>di</strong> competenza»<br />
nazionali e provinciali, cioè «una importante raccolta <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>osi e <strong>di</strong> tecnici al servizio del<br />
Governo fascista». Cfr. PARTITO NAZIONALE FASCISTA, Il Gran Consiglio nei primi cinque anni<br />
dell’Era Fascista, Prefazione <strong>di</strong> B. Mussolini, Libreria del Littorio, Roma 1927, Riunione XXV,<br />
28 luglio 1923, p. 79. Furono costituiti 178 «Gruppi <strong>di</strong> competenza» in 46 provincie e 3<br />
capoluoghi <strong>di</strong> circondario, compresi in 17 regioni: 11 per la pubblica amministrazione, 14 per<br />
123
Umberto Chiaramonte<br />
la finanza pubblica, 16 per <strong>il</strong> settore giuri<strong>di</strong>co-legale, 8 per le opere pubbliche, 12 per i trasporti<br />
e le vie <strong>di</strong> comunicazione, 14 per le industrie, 12 per <strong>il</strong> commercio, 22 per l’agricoltura, 19 per<br />
l’istruzione, 4 per la previdenza sociale, 11 per le belle arti, 8 per l’ed<strong>il</strong>izia, 10 per la sanità e<br />
igiene, 2 per le colonie, 7 per i porti e la navigazione, 8 per le miniere.<br />
128 I confini delle nuove Provincie, in «La Stampa» <strong>di</strong> Torino, 11 gennaio 1927.<br />
129 L’elenco dà un segno dell’approssimazione con cui l’operazione venne condotta. Mo<strong>di</strong>fiche<br />
furono apportate per Brin<strong>di</strong>si, Nuoro, Terni e Viterbo (a quest’ultima furono aggregati alcuni<br />
comuni del circondario <strong>di</strong> Civitavecchia); a Pistoia fu aggregato <strong>il</strong> Comune <strong>di</strong> Tizzana. Più<br />
consistenti furono le mo<strong>di</strong>fiche nelle provincie <strong>di</strong> Frosinone (a cui venne tolta tutta la zona <strong>della</strong><br />
soppressa Provincia <strong>di</strong> Caserta, tra <strong>il</strong> Liri e <strong>il</strong> Garigliano e <strong>il</strong> mare, nonché i comuni dei<br />
mandamenti <strong>di</strong> Terracina, Segni, Piperno e Vallecorsa i quali passarono tutti alla Provincia <strong>di</strong><br />
Roma); Matera (vennero tolti alcuni comuni del circondario <strong>di</strong> Lagonegro, precedentemente<br />
assegnat<strong>il</strong>e, e gliene lasciò sei: Novasiri, Roton<strong>della</strong>, Tirsi, Valsinni, Codognaro e S. Giorgio<br />
Lucano; in più le assegnarono tre comuni <strong>della</strong> Provincia <strong>di</strong> Potenza: Genzano, Banzi [ma oggi<br />
questo è tornato a far parte <strong>di</strong> Potenza] e S. Gervasio);Varese (cui venne tolto parte dei comuni<br />
più vicini a M<strong>il</strong>ano che li reclamò per non depauperare <strong>il</strong> proprio territorio); Vercelli (a cui<br />
rimasero i comuni dei circondari <strong>di</strong> Vercelli, Biella e Varallo, oltre ai comuni <strong>di</strong> Borgo Vercelli<br />
e V<strong>il</strong>lata, mentre tutti i comuni <strong>della</strong> Val d’Ossola rimasero a Novara).<br />
130 Il 6 <strong>di</strong>cembre Mussolini inviò <strong>il</strong> seguente telegramma: «Il periodo delle cerimonie, delle<br />
inaugurazioni e dei festeggiamenti è finito. La Nazione deve lavorare tranqu<strong>il</strong>lamente e con<br />
senso <strong>di</strong> rigida economia. I Prefetti sono invitati ad impartire <strong>di</strong>sposizioni perché le cerimonie<br />
<strong>di</strong> ogni genere siano rinviate ad altra stagione».<br />
131 B. MUSSOLINI, Scritti e <strong>di</strong>scorsi dal 1927 al 1928 cit., p. 44.<br />
132 Che Mussolini abbia deciso personalmente le città da promuovere è <strong>di</strong>mostrato dal suo carattere<br />
personale che lo spingeva a prendeva da solo le decisioni più importanti. Cfr. R. DE FELICE, Mussolini<br />
<strong>il</strong> duce, vol. I, Gli anni del consenso:1929-1936, Einau<strong>di</strong>, Torino 1974, pp. 19 e ss.<br />
133 La lettera, scritta <strong>il</strong> 16 maggio 1924, è stata pubblicata per la prima volta nel 1941 in Lettere<br />
<strong>di</strong> D’Annunzio a Mussolini, M<strong>il</strong>ano, 1941, e nel 1971, in Carteggio D’Annunzio- Mussolini<br />
(1019-1938), a cura <strong>di</strong> R. De Felice e E. Mariano, M<strong>il</strong>ano, 1971. Cfr. anche R. TIBONI, Come<br />
nacque Pescara Capoluogo <strong>di</strong> Provincia. Dal carteggio D’Annunzio-Mussolini, Estratto da «Oggi<br />
e Domani», mens<strong>il</strong>e <strong>di</strong> cultura e attualità, a. V, apr<strong>il</strong>e-maggio 1977; IDEM, «Il Tempo» <strong>di</strong> Roma,<br />
21 settembre 1967. «Cospeggi» probab<strong>il</strong>mente sta per «capeggi».<br />
134 B. MUSSOLINI, Scritti e <strong>di</strong>scorsi cit., p.47.<br />
135 La Provincia <strong>di</strong> Napoli aveva una superficie <strong>di</strong> 90.845 ettari e 72 comuni, e sebbene avesse<br />
una popolazione <strong>di</strong> 1.478.021 abitanti, la più alta d’Italia per densità, riteneva la propria<br />
circoscrizione provinciale <strong>di</strong> scarso r<strong>il</strong>ievo, per cui chiedeva un maggior prestigio in<strong>di</strong>viduato<br />
in una più vasta circoscrizione territoriale. La Provincia <strong>di</strong> Caserta venne ricostituita con<br />
l’avvento <strong>della</strong> repubblica nel secondo dopoguerra.<br />
136 Questi comuni furono: Carinola, Conca Campania, Francolise, Marzano, Appio,<br />
124
Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />
Mondragone, Ponza, Roccamonfina, Sessa Aurunca, Tora e Picc<strong>il</strong>li. La superficie <strong>della</strong> provincia<br />
<strong>di</strong> Napoli era <strong>di</strong> 90.845 ettari e i 72 comuni non erano sufficientemente appaganti. Questa fu la<br />
vera ragione per aggregarle un’ulteriore superficie <strong>di</strong> oltre 170.000 ettari con circa 500.000<br />
abitanti.<br />
137 Un Programma che si compie. La Provincia <strong>di</strong> Napoli ha <strong>il</strong> suo necessario respiro territoriale, in<br />
«Il Popolo d’Italia», 15 <strong>di</strong>cembre 1926. I rimanenti centri del Casertano vennero annessi alle<br />
provincie <strong>di</strong> Benevento e <strong>di</strong> Frosinone.<br />
138 Ivi. Il provve<strong>di</strong>mento collegato alla nuova circoscrizione provinciale estendeva la proroga al<br />
1928 del regime fiscale <strong>di</strong> cui godeva <strong>il</strong> porto <strong>di</strong> Napoli, mettendolo in con<strong>di</strong>zione priv<strong>il</strong>egiata<br />
rispetto agli altri porti italiani e me<strong>di</strong>terranei. In conclusione, l’accentramento, perché <strong>di</strong> questo<br />
si trattò, <strong>di</strong> interessi commerciali e amministrativi nella città <strong>di</strong> Napoli venne considerato come<br />
«la via <strong>della</strong> resurrezione» <strong>di</strong> una metropoli che si <strong>di</strong>batteva in crisi ricorrenti che richiedevano<br />
leggi e concessioni speciali.<br />
139 B. MUSSOLINI, Scritti e <strong>di</strong>scorsi cit., p. 49. Parte <strong>di</strong> questo <strong>di</strong>scorso è stato pubblicato anche, con<br />
<strong>il</strong> titolo La creazione del Podestà, in ID., Discorsi del 1927, E<strong>di</strong>zioni «Alpes», II e<strong>di</strong>zione, M<strong>il</strong>ano 1928.<br />
140 A. Vella (nato a Caltagirone nel 1896 e morto a Roma nel 1943) fu <strong>il</strong> fondatore <strong>della</strong><br />
Federazione Giovan<strong>il</strong>e Socialista nel 1907, pubblicista, deputato per tre legislature, vice<br />
segretario nazionale del Psi, pagò con <strong>il</strong> carcere <strong>il</strong> pacifismo nella I guerra mon<strong>di</strong>ale. Per questa<br />
sua posizione si scontrò nella <strong>di</strong>rezione socialista con Mussolini quando questi dovette<br />
<strong>di</strong>mettersi da <strong>di</strong>rettore dell’Avanti! e in quell’occasione <strong>il</strong> futuro duce minacciò perché Vella<br />
non venisse scelto come suo sostituto alla <strong>di</strong>rezione del giornale. Per un approfon<strong>di</strong>mento, cfr.<br />
U. CHIARAMONTE, Arturo Vella e <strong>il</strong> socialismo massimalista, Lacaita, Manduria 2002.<br />
141 R.d.l. 4 ottobre 1934, n. 1682, in G.U., 26 ottobre 1934, n. 252. I comuni erano:<br />
Bassiano, Campo<strong>di</strong>mele, Castelforte, Cisterna <strong>di</strong> Roma, Cori, Fon<strong>di</strong>, Formia, Gaeta, Itri,<br />
Lenola, Littoria, Minturno, Monte S. Biagio, Norma, Ponza, Proverno, Prosse<strong>di</strong>,<br />
Roccagorga, Rocca Massima, Sabau<strong>di</strong>a, San Felice Circeo, Sermoneta, Sezze, Sonnino,<br />
Sperlonga, Spingo Saturnia, Terracina e Ventotene. Al Comune <strong>di</strong> Littoria vennero aggregate<br />
le frazioni Acciarella, Conca e Le Ferriere. Oggi la Provincia è composta <strong>di</strong> 33 comuni e<br />
225.000 ettari.<br />
142 Cfr. R.d.l. del 1° apr<strong>il</strong>e 1935, n. 297, in G.U. dell’8 apr<strong>il</strong>e 1935, n. 82. La costituzione<br />
decorreva dal 15 apr<strong>il</strong>e 1935. Ufficialmente fu fatto passare <strong>il</strong> criterio <strong>della</strong> necessità <strong>di</strong> snellire<br />
le provincie <strong>di</strong> Alessandria, che aveva 343 comuni e 508.800 ettari <strong>di</strong> superficie, e <strong>di</strong> Cuneo,<br />
con 263 comuni e 743.000 ettari <strong>di</strong> superficie.<br />
143 In G.U. del 3 febbraio 1939, n. 28.<br />
144 Le aggregazioni e le soppressioni dei piccoli comuni venivano comunicate dalla «Rivista<br />
amministrativa» a partire dal 1923 fino al 1935 nell’apposita rubrica «Atti del Governo».<br />
145 A.M. (ARNALDO MUSSOLINI), La pietra angolare, in «Il Popolo d’Italia», 7 gennaio 1927.<br />
Il giornale pubblicò la circolare sul n. 5 del 6 gennaio, e oggi la si può leggere in <strong>di</strong>verse<br />
pubblicazioni, tra cui A. AQUARONE, L’organizzazione dello Stato totalitario cit., II, pp. 485-<br />
125
Umberto Chiaramonte<br />
88; oppure in Scritti politici <strong>di</strong> Benito Mussolini, Introduzione e cura <strong>di</strong> E. Santarelli, Feltrinelli,<br />
M<strong>il</strong>ano 1979, pp. 237-240.<br />
146 P. POMBENI, Autorità sociale e potere politico cit., p. 24.<br />
147 Melis ha riportato dati <strong>della</strong> Ragioneria generale che <strong>di</strong>mostrano che un decremento degli<br />
impiegati pubblici si ebbe soltanto dal 1923 al 1928 (quando passarono rispettivamente da<br />
540.847 a 520.979), ma <strong>il</strong> trend riprese a salire nel 1933 (634.328 impiegati), nel 1938<br />
(787.862) e nel 1943 (1.380.904). Naturalmente, i dati sugli impiegati negli enti locali<br />
andrebbero <strong>di</strong>saggregati. Cfr. G. MELIS, Storia dell’amministrazione cit., pp. 328 ss., che riporta<br />
i dati del ministero del Tesoro. Ragioneria generale dello Stato. Ispettorato generale servizi<br />
speciali e meccanizzazione, Dipendenti delle amministrazioni statali dal 1923 al 1992, Ist.<br />
Poligrafico dello Stato, Roma 1994.<br />
148 Per quanto riguarda questi temi nel periodo liberale, cfr. A. M. BANTI, Storia <strong>della</strong> borghesia<br />
italiana. L’età liberale, Donzelli, Roma 1996, soprattutto pp. 10-22.<br />
149 Se ne veda una sintesi in Il pensiero <strong>della</strong> stampa italiana, in «Il Popolo d’Italia», 7 gennaio<br />
1927, dove sono riportati brani dal «Corriere <strong>della</strong> sera», «Il Secolo», «La Sera»,<br />
«L’Ambrosiano», «L’Italia», «Il Giornale d’Italia», «La Gazzetta del Popolo», «Il Tevere»,<br />
«Lavoro d’Italia», «Corriere d’Italia», «Impero», «Il Mezzogiorno», «La Tribuna».<br />
150 Per un panorama sulla figura del prefetto nella storia d’Italia, cfr. R. C. FRIED, Il prefetto in<br />
Italia, Giuffré, M<strong>il</strong>ano 1967; P. CASULA, I prefetti nell’or<strong>di</strong>namento italiano. Aspetti storici e<br />
tipologici, Giuffré, M<strong>il</strong>ano 1972; L. PONZINI, Il governo dei prefetti . Amministrazione e politica<br />
nell’Italia meri<strong>di</strong>onale: 1922-1926, Meri<strong>di</strong>ana Libri, Catanzaro 1995; E. GIUSTAPANE, Sulla<br />
storia dei prefetti, in «Le Carte e la Storia», 1995, n. 1, pp. 18-27.<br />
151 UGO MARCHETTI, Mussolini, i Prefetti e <strong>di</strong> Podestà. Lo st<strong>il</strong>e e l’opera <strong>di</strong> un Prefetto fascista,<br />
Casa ed. «Mussoliniana», e<strong>di</strong>zioni Palatino, Mantova, s.i.a. [ma 1927], p.33.<br />
152 «Il Popolo d’Italia», 17 ottobre 1926.<br />
153 I dati raccolti dal giornalista vanno presi con cautela in quanto furono arrotondati con una<br />
certa approssimazione, secondo le in<strong>di</strong>cazioni che gli <strong>di</strong>edero i federali delle provincie. Occorre<br />
aggiungere che i dati si riferiscono all’intera Provincia, per cui sarebbe interessante considerare<br />
la consistenza del Pnf nei capoluoghi, tenendo conto del rapporto degli iscritti con <strong>il</strong> numero<br />
degli abitanti. Ad esempio: a Terni i m<strong>il</strong>itanti nel partito, nelle sue varie organizzazioni, erano<br />
più del 50 per cento dell’intera Provincia (600 fascisti, 100 fasciste donne, 200 avanguar<strong>di</strong>sti,<br />
800 bal<strong>il</strong>la, 100 piccole italiane); a Viterbo, gli iscritti al fascio erano 600 sugli 8.000 <strong>della</strong><br />
Provincia; a Matera i fascisti tesserati erano 459 sui 5.210 <strong>della</strong> Provincia e i bal<strong>il</strong>la erano 300<br />
su 1.200. Gli esempi potrebbero continuare.<br />
154 Cfr. PAOLO RUZZI, La Provincia dello Jonio, in «Rivista delle provincie», a. XX, fasc. III,<br />
marzo 1927, pp. 109-112. L’autore limitava la sua analisi alla Provincia <strong>di</strong> Taranto, chiamata<br />
appunto Provincia dello Jonio, sottolineando che per <strong>il</strong> solo consorzio antitubercolare<br />
occorrevano 40.000 lire.<br />
126
Autonomie locali e decentramento durante <strong>il</strong> fascismo<br />
155 SILENA FABBRI, La riforma territoriale delle Provincie, in «Rivista delle provincie», a. XX, fasc.<br />
I, gennaio 1927, pp. 21-25.<br />
156 ACS, Verbali del Consiglio dei ministri, seduta 8 <strong>di</strong>cembre 1926.<br />
157 Ivi, seduta del 10 <strong>di</strong>cembre 1926.<br />
158 L’art. 1 del r.d.l. 14 apr<strong>il</strong>e 1927, n. 597 (in G.U. del 3 maggio 1927, n. 102) stab<strong>il</strong>iva: «entro sei<br />
mesi [...] i Prefetti delle nuove Provincie [...] possono, in caso <strong>di</strong> necessità, <strong>di</strong>sporre la requisizione<br />
<strong>di</strong> locali <strong>di</strong> privata proprietà» per gli uffici <strong>della</strong> Provincia, non superando la durata <strong>di</strong> tre anni. Contro<br />
la requisizione prefettizia non era ammesso ricorso né in via amministrativa né in via giuris<strong>di</strong>zionale.<br />
159 La cessione al Comune fu fatta in base all’art. 20 <strong>della</strong> L. 17 luglio 1866 n. 3036 sui beni<br />
ecclesiastici, dando la priorità all’uso <strong>di</strong> beneficenza. Il presidente <strong>della</strong> Congregazione, Francesco<br />
M<strong>il</strong>itello, barone <strong>di</strong> Castagna, si rivolse a Mussolini per far desistere <strong>il</strong> prefetto dal pretendere che<br />
gli si cedesse in affitto l’ex monastero, per lasciare, invece, «ai poveri <strong>il</strong> grazioso dono del Governo».<br />
Cfr. Presidenza del Consiglio dei Ministri (PCM), fasc. n. 1.830, lettera del 28 apr<strong>il</strong>e 1927. La<br />
richiesta del canone d’affitto da parte del Comune, sembrò eccessiva, come eccessivi vennero<br />
ritenuti i 22 locali posti nei due piani. Inoltre, l’Intendenza avrebbe dovuto spendervi una somma<br />
pari a 120.000 lire per la ristrutturazione. Il Comune nella seduta del 14 luglio 1927 deliberò un<br />
canone <strong>di</strong> 30.000 lire annue per un contratto <strong>di</strong> sei anni, mentre la Congregazione <strong>di</strong> Carità<br />
chiedeva 60.000 lire annue. Fu <strong>il</strong> ministero delle Finanze che non accettò (cfr. lettera del ministero<br />
Finanze alla Presidenza del Consiglio, 30 luglio 1927, n. 21.455).<br />
160 ACS, PCM, lettera del prefetto alla PCM, 22 novembre 1927, n. 2.038.<br />
161 Per la questione, cfr. ACS, PCM, b. 1.241, Castrogiovanni.<br />
162 ACS, PCM, b. 3.620, Castrogiovanni, Lettera del prefetto del 2 settembre 1927, n. 555.<br />
163 ACS, PCM, lettere del 16 <strong>di</strong>cembre 1926, n. 4; del 13 gennaio 1927, n. 115 e del 2 maggio<br />
1927, n. 672.<br />
164 ACS, PCM, b. 2.312, lettera del prefetto <strong>di</strong> Ragusa alla Presidenza del C.M., 27 maggio<br />
1927, n. 963.<br />
165 Nel testo <strong>della</strong> lettera.<br />
166 ACS, PCM, b. 2.312, lettera <strong>di</strong> G. Suardo al prefetto <strong>di</strong> Ragusa, 6 giugno 1927.<br />
167 Ivi, lettera del M.I. alla P.C.M., 16 giugno 1927, n. 1.595. La proposta venne rigettata<br />
unanimemente dagli altri ministeri interpellati anche perché aveva tutta l’aria <strong>di</strong> apparire<br />
«bolscevica» ove era «largamente applicata», e avrebbe dato luogo «a più gravi inconvenienti e<br />
a malcontento maggiore». Cfr. Lettera del ministro <strong>della</strong> Giustizia alla PCM, 17 giugno 1927,<br />
n. 2.312/3-19. Anche per la «Rivista amministrativa del Regno» (a. LXXVIII, 1927) era<br />
in<strong>di</strong>spensab<strong>il</strong>e la con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> necessità per la ut<strong>il</strong>ità delle opere pubbliche in quanto «si<br />
sostanzia in essa l’interesse pubblico da sod<strong>di</strong>sfare» (p.45). Essendo l’autorità amministrativa,<br />
si configurava una <strong>di</strong>screzionalità soggetta al giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> legittimità per eccesso <strong>di</strong> potere.<br />
127
Umberto Chiaramonte<br />
168 Per Ragusa, cfr. ACS, M.I., Amministrazione civ<strong>il</strong>e, Fondo Comuni, b. 2.291, dove sono<br />
raccolti alcuni esposti del 1929-30 per l’esproprio <strong>di</strong> terreni per la costruzione <strong>di</strong> scuole e case.<br />
169 ACS, M.I., Amministrazione civ<strong>il</strong>e, Fondo Comuni, b. 1.231, Telegramma del prefetto<br />
Rogges Giuseppe a Mussolini (22 marzo 1927, n. 15.896) - Cifrato: «Con inse<strong>di</strong>amento<br />
commissione per scelta aree costruzione primi e<strong>di</strong>fici istituto nazionale case per impiegati<br />
questa citta<strong>di</strong>nanza riceve conferma tangib<strong>il</strong>e vivo interessamento Eccellenza Vostra per<br />
rinnovamento ed<strong>il</strong>izio questa venusta Enna che E.V. volle elevare a <strong>di</strong>gnità capoluogo Provincia<br />
(stop) Classe impiegatizia et citta<strong>di</strong>nanza tutta nella novella prova benevolenza suo amatissimo<br />
Duce riconferma giuramento fedeltà incon<strong>di</strong>zionata et fermo proposito <strong>di</strong>sciplina et lavoro per<br />
portare anche materialmente questo capoluogo alla <strong>di</strong>gnità cui l’E.V. volle elevarla».<br />
170 DIMO D’ANGELLA, Storia <strong>della</strong> Bas<strong>il</strong>icata, Arti Grafiche Liantonio, Matera 1983, vol. III, pp. 735-76.<br />
171 Ivi, p. 737.<br />
172 Alcune tracce <strong>di</strong> questi casi sono stati rinvenuti in ACS, M.I., Amministrazione civ<strong>il</strong>e, Fondo<br />
Comuni . Si cita <strong>il</strong> caso <strong>di</strong> Ragusa dove vennero presentati esposti per la <strong>di</strong>rezione dei lavori <strong>di</strong> un<br />
e<strong>di</strong>ficio scolastico, affidata ad un ingegnere del Genio civ<strong>il</strong>e che prendeva due stipen<strong>di</strong> per due<br />
lavori svolti contemporaneamente (lettera <strong>di</strong> alcuni citta<strong>di</strong>ni al M.I. del 9 apr<strong>il</strong>e 1929); per la<br />
<strong>di</strong>rezione dei lavori del palazzo del Governo (lettera al M.I. firmata ABC, del 1° luglio 1930 e<br />
risposta del prefetto del 13 settembre 1930, n. 1.520); esposto per sperperi del Comune per i troppi<br />
impiegati e per i lavori <strong>della</strong> fognatura citta<strong>di</strong>na (lettera <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>ni al Duce, del 9 settembre 1929).<br />
173 Anche questa affermazione meriterebbe una documentazione ed un approfon<strong>di</strong>mento nelle<br />
<strong>di</strong>verse realtà. Qui basti citare la denuncia <strong>di</strong> eccessivi tributi partita da citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Ragusa al<br />
M.I. Il prefetto rispose al ministero che «nonostante i nuovi e maggiori oneri che <strong>il</strong> Comune<br />
deve sostenere per l’elevazione a capoluogo <strong>di</strong> Provincia, i tributi vengono applicati in misura<br />
normale. [...] L’amministrazione si è interessata <strong>di</strong> ridurre al minimo quelle tasse che più<br />
<strong>di</strong>rettamente incidono sull’agricoltura, allo scopo <strong>di</strong> contribuire con ogni mezzo a fronteggiare<br />
l’attuale situazione». Cfr. la lettera del prefetto al M.I., dell’11 marzo 1930, n. 347.<br />
174 Da una indagine sulle spese sostenute dalle singole provincie per la manutenzione delle strade <strong>di</strong><br />
I classe, provinciali, comunali e cantoniere, si desume che complessivamente in Italia si spendevano<br />
307.800.965 lire . Cfr. Le provincie e le spese stradali, in «Rivista delle Provincie», a. XX, fasc. IX,<br />
settembre 1927, pp. 290 ss.; Le strade, ivi, fasc. XI-XII, novembre-<strong>di</strong>cembre 1927, pp. 426-28.<br />
175 Cfr. la lettera del prefetto <strong>di</strong> Ragusa al ministro dell’Interno (11 marzo 1930, n. 347), cit.,<br />
con la quale <strong>il</strong> prefetto informava che erano state contenute le tasse che incidevano<br />
«<strong>di</strong>rettamente sull’agricoltura», mentre nel 1929 le tasse sul bestiame erano state inferiori<br />
rispetto a quanto era previsto dal regolamento provinciale. In ACS, Ammin. civ<strong>il</strong>e, Fondo<br />
Comuni, b. 2.291.<br />
176 Nel 1909 per gli alloggi dei prefetti venivano calcolate 3.973.802 lire; per gli uffici <strong>di</strong><br />
prefettura 7.254.890 lire, che, aggiunte alle spese per le caserme dei carabinieri e <strong>della</strong> pubblica<br />
sicurezza, venivano calcolate in lire 25.025.451 complessivi. Cfr. alcuni dati significativi in<br />
«Bollettino dell’Unione delle Provincie d’Italia» (poi «Rivista delle Provincie»), a. II, fasc. II,<br />
febbraio 1909, Gli sgravi delle Provincie dalle spese <strong>di</strong> carattere generale, pp. 41-49.<br />
128
Centri Raccolta Profughi per gli italiani in fuga<br />
Centri Raccolta Profughi per gli italiani in fuga<br />
<strong>di</strong> Riccardo Cappelli<br />
Introduzione<br />
Questo articolo si basa in modo esclusivo sulla consultazione del fondo<br />
archivistico denominato Comunità Protetta Profughi - che riguarda <strong>il</strong> centro<br />
accoglienza profughi sito in Marina <strong>di</strong> Carrara - conservato presso l’Archivio<br />
Storico e <strong>di</strong> Deposito <strong>della</strong> Giunta Regionale Toscana. Va sottolineato che<br />
<strong>il</strong> fenomeno dell’assistenza ai profughi e sinistrati nell’Italia post bellica è un<br />
argomento finora poco trattato dagli stu<strong>di</strong>osi. Questo saggio, lungi<br />
dall’offrire un’analisi storica esaustiva e dettagliata, vuole solo fornire degli<br />
spunti <strong>di</strong> massima, oltre a descrivere quanto è possib<strong>il</strong>e trovare in archivio.<br />
A questo proposito, farò uso esteso <strong>di</strong> citazioni <strong>di</strong>rette del materiale<br />
documentario 1 , con l’obiettivo <strong>di</strong> «lasciar parlare le carte» (errori<br />
grammaticali compresi) e rendere così l’atmosfera del tempo 2 .<br />
Cenni storici<br />
Alla fine del secondo conflitto mon<strong>di</strong>ale si rese necessaria la creazione <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>versi Centri Raccolta Profughi (CRP) per ospitare i sinistrati e i<br />
connazionali costretti a rimpatriare. Questi ultimi erano dei residenti in<br />
territori sottratti all’Italia, come conseguenza <strong>di</strong> situazioni generali aventi<br />
carattere eccezionale da paesi europei ed extra europei, per i quali fosse stata<br />
<strong>di</strong>chiarata l’esistenza dello stato <strong>di</strong> necessità da parte dello Stato italiano. Ai<br />
profughi del secondo conflitto mon<strong>di</strong>ale, provenienti per lo più dalle ex<br />
colonie d’Africa, Egitto, Tunisia, Grecia e Jugoslavia, si sommarono via via<br />
quelli prodotti dalle lotte <strong>di</strong> decolonizzazione africane (Angola, Algeria,<br />
ecc.) e, dal 1969, anche gli italiani in fuga dalla Libia.<br />
I Centri, <strong>di</strong>ffusi in tutta la penisola, <strong>di</strong>pendevano organicamente<br />
prima dal ministero per l’Assistenza Post-bellica, poi dal 1947 del settore<br />
129
Riccardo Cappelli<br />
dell’assistenza pubblica del ministero dell’Interno. La struttura<br />
organizzativa dei Centri non era rigida, ma vi erano, comunque, delle<br />
in<strong>di</strong>cazioni <strong>di</strong> massima e provvisorie date dall’Alto commissariato<br />
profughi <strong>di</strong> guerra. Quest’ultimo suggeriva <strong>di</strong> creare un Ufficio<br />
amministrazione, un Ufficio registrazione e movimento, un Servizio<br />
magazzino viveri e cucina, un Servizio sanitario e igienico, un Servizio<br />
tecnico manutenzione lavori, un Servizio <strong>di</strong> polizia e uno <strong>di</strong> assistenza<br />
religiosa. Nel caso in cui <strong>il</strong> <strong>Centro</strong> ospitasse oltre 500 profughi, <strong>il</strong><br />
<strong>di</strong>rettore (che era <strong>di</strong> nomina prefettizia) poteva richiedere anche un vice<br />
<strong>di</strong>rettore e una piccola segreteria per <strong>il</strong> <strong>di</strong>sbrigo delle pratiche generali.<br />
Per i servizi e gli uffici del <strong>Centro</strong> si doveva cercare <strong>di</strong> ut<strong>il</strong>izzare al<br />
massimo l’opera dei profughi (pagati con 30-90 lire giornaliere a seconda<br />
del sesso e delle mansioni svolte 3 ), con l’esclusione delle mansioni che<br />
richiedevano una certa continuità o comportavano responsab<strong>il</strong>ità<br />
notevoli 4 .<br />
130<br />
Archivio Storico e <strong>di</strong> Deposito <strong>della</strong> Giunta Regionale Toscana<br />
Elenco serie archivistiche:<br />
Fondo Comunità Protetta Profughi<br />
PERSONALE: Personale impiegato, Personale salariato, Personale aus<strong>il</strong>iario, Presenze,<br />
Varie (1945-1970) pzz. 10; AFFARI GENERALI: Leggi, Circolari, Verbali, Consegna (1945-<br />
1975) pz. 1; DIREZIONE: Informazioni, Disposizioni, Varie (1945-1970) pzz. 4; Pratiche <strong>di</strong><br />
Segreteria (1945-1970) pzz. 5; REGISTRI: Protocolli <strong>della</strong> corrispondenza, Registri profughi,<br />
Registri assistenza profughi, Registri prestazioni ambulatoriali, Inventario (1945-1972)<br />
pzz. 93; RUBRICHE: Rubriche profughi e sinistrati (1945-1972) pzz. 9; Fascicoli profughi<br />
(1945-1970) pzz. 93; Fascicoli profughi lavoratori (1945-1970) pzz. 4; UFFICIO STRALCIO:<br />
Segreteria, Disposizioni, Ren<strong>di</strong>conti, B<strong>il</strong>ancio preventivo e libro cassa, Contratti, Fascicoli<br />
personali, Inventario, Presenze, Sussi<strong>di</strong> sostitutivi mensa, Varie (1972-1984) pzz. 16.<br />
Date estreme <strong>della</strong> documentazione: 1945-1984.<br />
Consistenza: metri lineari 20, pezzi n. 235.<br />
Strumenti d’accesso: elenco <strong>di</strong> versamento cartaceo.
Centri Raccolta Profughi per gli italiani in fuga<br />
Inizialmente, <strong>il</strong> sussi<strong>di</strong>o previsto era <strong>di</strong> 5 lire al giorno, però questo veniva<br />
trattenuto in un fondo <strong>di</strong> riserva per i primi tre mesi <strong>di</strong> permanenza del<br />
profugo e, successivamente, veniva versato solo per metà al profugo e l’altra<br />
metà andava sempre ad alimentare <strong>il</strong> fondo <strong>di</strong> riserva. Nel caso in cui <strong>il</strong><br />
profugo, al momento del definitivo sfollamento o del trasferimento in altro<br />
<strong>Centro</strong>, non riconsegnasse gli oggetti dati in consegna provvisoria - coperta<br />
(540 lire), pagliericci (300 lire), gamella (58 lire), bicchiere (15 lire), piatto<br />
(45 lire), cucchiaio (12 lire) e forchetta (12 lire) - <strong>il</strong> loro importo veniva<br />
detratto dalla liquidazione <strong>della</strong> somma finale maturata.<br />
131
Riccardo Cappelli<br />
Nel corso degli anni si sv<strong>il</strong>uppò una copiosa attività normativa (e relativa<br />
proliferazione <strong>di</strong> circolari interpretative) riguardante la complessa questione<br />
dei rimpatriati. In particolare, numerosi furono gli interventi del legislatore<br />
volti a regolare in maniera sempre più restrittiva i sussi<strong>di</strong> in denaro destinati<br />
ai profughi, a incentivarne <strong>il</strong> loro volontario sfoltimento (attraverso<br />
l’assegnazione <strong>di</strong> una quota riservata <strong>di</strong> ed<strong>il</strong>izia popolare e premi monetari)<br />
e, infine, a favorirne l’occupazione lavorativa esterna.<br />
Solo con la legge n. 137 del 4 marzo 1952 venne regolata tutta la materia<br />
relativa all’assistenza ai profughi e categorie assim<strong>il</strong>ab<strong>il</strong>i. Nello spirito la<br />
legge tendeva a fac<strong>il</strong>itare <strong>il</strong> ritorno alla vita civ<strong>il</strong>e e produttiva dei profughi,<br />
ma nella sua applicazione concreta incontrò molte <strong>di</strong>fficoltà, soprattutto per<br />
le scarse risorse e la carente gestione dei Centri che mantenevano in una<br />
con<strong>di</strong>zione miserevole gli assistiti.<br />
132<br />
Il <strong>Centro</strong> Raccolta Profughi <strong>di</strong> Marina <strong>di</strong> Carrara<br />
In Toscana <strong>il</strong> CRP aveva sede a Marina <strong>di</strong> Carrara presso la ex Colonia<br />
Vercelli <strong>di</strong> via Marina Cavaiola e si estendeva su una superficie <strong>di</strong> circa<br />
45.000 metri quadrati (v. mappa), con alloggi e servizi in grado <strong>di</strong> accogliere<br />
circa 850 profughi e, in momenti <strong>di</strong> crisi, anche un migliaio. Sfogliando in<br />
maniera sommaria le carte conservate in archivio, si trovano <strong>di</strong>versi prospetti<br />
delle presenze: nel settembre 1946 risultano presenti 1.000 profughi, nel<br />
maggio 1949 853, nell’apr<strong>il</strong>e 1950 811, nell’apr<strong>il</strong>e 1952 805, nel giugno<br />
1955 806, nel settembre 1959 465, nel febbraio 1964 181 e nell’ottobre<br />
1967 57.<br />
Oltre ai circa 6.000 fascicoli personali dei profughi, <strong>di</strong> particolare<br />
interesse sono i faldoni <strong>della</strong> Direzione e Segreteria, i quali contengono<br />
carteggio relativo alle questioni più <strong>di</strong>sparate: segnalazioni <strong>di</strong> giovani in età<br />
<strong>di</strong> leva; richieste <strong>di</strong> sussi<strong>di</strong>, esenzioni, sconti postali e teatrali; ricezione <strong>di</strong><br />
aiuti da associazioni <strong>di</strong> carità; questioni relative a permessi e assenze<br />
(giustificate o meno); richieste <strong>di</strong> danni <strong>di</strong> guerra; pratiche scolastiche;<br />
inventari; richieste <strong>di</strong> informazioni su parenti; corsi professionali;<br />
<strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> dolciumi, coperte, vestiario, ecc. Inoltre, sono numerosi i<br />
tentativi d’inserire i profughi presso imprese. Le richieste d’informazioni da<br />
parte <strong>di</strong> queste ultime, sul singolo profugo aspirante, ottengono<br />
invariab<strong>il</strong>mente una risposta positiva da parte del <strong>di</strong>rettore, che fa largo uso<br />
<strong>di</strong> aggettivi descrittivi quali «bravo», «zelante», «tranqu<strong>il</strong>lo», «operoso», ecc.
Centri Raccolta Profughi per gli italiani in fuga<br />
Il <strong>di</strong>rettore del <strong>Centro</strong> aveva certo i suoi grattacapi: infatti, doveva<br />
fronteggiare una situazione degradata sia per quanto riguardava le<br />
con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vita dei profughi, che per l’or<strong>di</strong>ne pubblico. Ad esempio, la<br />
scarsa quantità e qualità del vitto - viveri che provocavano la <strong>di</strong>arrea, alimenti<br />
avariati, carne scadente, ecc. - causarono decine <strong>di</strong> lagnanze nel corso degli<br />
anni, tuttora conservate agli atti. Nel 1946 la tabella alimentare giornaliera<br />
per i profughi prevedeva grammi 325 <strong>di</strong> pane, 85 <strong>di</strong> pasta, 33 <strong>di</strong> zucchero,<br />
5 <strong>di</strong> concentrato, 100 <strong>di</strong> legumi, 10 <strong>di</strong> sale, 400 <strong>di</strong> carne o sim<strong>il</strong>i (alla<br />
settimana), 6,6 <strong>di</strong> olio, 50 <strong>di</strong> latte, 5 <strong>di</strong> surrogato 5 . Nel 1949 si decise <strong>di</strong><br />
aumentare la razione giornaliera portandola a grammi 325 <strong>di</strong> pane, 200 <strong>di</strong><br />
pasta e riso, 100 <strong>di</strong> legumi, 50 <strong>di</strong> carne fresca, 28 <strong>di</strong> olio, 33 <strong>di</strong> zucchero, 10<br />
<strong>di</strong> sale, 10 <strong>di</strong> conserva, 100 <strong>di</strong> latte fresco e, infine, lire 9,40 <strong>di</strong> patate e<br />
ortaggi. Il valore me<strong>di</strong>o <strong>della</strong> tabella giornaliera degli alimenti passava così<br />
dalle 113 alle 153 lire 6 . Ma le lamentele non cesseranno mai per tutta<br />
l’attività del <strong>Centro</strong>, dato che spesso <strong>il</strong> menù <strong>di</strong>pendeva da quello che si<br />
riusciva poi effettivamente a reperire sul mercato e non sempre questo<br />
coincideva con la tabella alimentare prevista. Inoltre, i profughi cercavano<br />
sempre <strong>di</strong> ottenere più cibo, anche ricorrendo a furberie:<br />
Sino a Martedì 12 corrente <strong>il</strong> pane veniva <strong>di</strong>stribuito sottraendo da ogni pesata una<br />
certa quantità a titolo <strong>di</strong> sfrido, per compensare cioè quello che normalmente si perde<br />
nel taglio.<br />
Alcuni elementi <strong>della</strong> Commissione Interna, ritenendo <strong>di</strong> poter prendere in castagna<br />
gli incaricati <strong>della</strong> <strong>di</strong>stribuzione, hanno <strong>di</strong>sposto che lo sfrido non venisse più calcolato.<br />
In tal modo si sono persi circa 21 Kg. <strong>di</strong> pane. Da oggi pertanto ho <strong>di</strong>sposto che si torni<br />
al vecchio sistema, in modo da non far torto a nessuno 7 .<br />
Anche <strong>il</strong> riscaldamento invernale era soggetto a restrizioni e le <strong>di</strong>stribuzioni<br />
straor<strong>di</strong>narie <strong>di</strong> legname dovevano essere autorizzate dal prefetto:<br />
Dato <strong>il</strong> perdurare <strong>della</strong> stagione invernale e la grande percentuale <strong>di</strong> persone anziane<br />
attualmente ospiti <strong>di</strong> questo <strong>Centro</strong>, si prega voler autorizzare una <strong>di</strong>stribuzione<br />
straor<strong>di</strong>naria <strong>di</strong> legna da ardere, per consentire <strong>di</strong> superare più fac<strong>il</strong>mente questo periodo.<br />
Si precisa che gran parte degli assistiti hanno espresso tale richiesta e che per quanto<br />
concerne <strong>il</strong> quantitativo esso sarà quello concesso dalle vigenti <strong>di</strong>sposizioni in ragione<br />
<strong>di</strong> Kg. 1,500 pro-capite e pro-<strong>di</strong>e. Essendo la forza presente attuale <strong>di</strong> n° 181 personale,<br />
<strong>il</strong> quantitativo <strong>di</strong> legna da ardere occorrente sarà <strong>di</strong> Q.li 81,00 per una spesa<br />
complessiva <strong>di</strong> L. 104.000 nel caso venga autorizzata una <strong>di</strong>stribuzione per un mese e<br />
<strong>della</strong> metà se solo per una quin<strong>di</strong>cina.<br />
133
Riccardo Cappelli<br />
Per la <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>ità, si aggiunge che <strong>il</strong> quantitativo <strong>di</strong> legna da ardere fino ad oggi<br />
<strong>di</strong>stribuito, è inferiore <strong>di</strong> non poco a quello preventivato all’inizio dell’esercizio 8 .<br />
Altri problemi erano le perio<strong>di</strong>che invasioni <strong>di</strong> zanzare e parassiti, i<br />
liquami gettati nelle vicinanze del centro, le pessime con<strong>di</strong>zioni igieniche<br />
generali, ecc. Nel 1946 un’ispezione eseguita dalla Squadra Mob<strong>il</strong>e d’Igiene<br />
portò ai seguenti r<strong>il</strong>ievi:<br />
1) Sarebbe ut<strong>il</strong>e riparare gli scarichi otturati degli orinatoi installati nei gabinetti degli<br />
uomini;<br />
2) necessità <strong>di</strong> mettere al più presto in funzione le docce del <strong>Centro</strong>;<br />
3) è urgente rimettere <strong>il</strong> chiusino ad una fogna <strong>della</strong> cucina;<br />
4) le scatolette <strong>di</strong> carne che appaiono rigonfie debbono essere sistematicamente<br />
<strong>di</strong>strutte senza nemmeno esaminare <strong>il</strong> contenuto;<br />
5) i rifiuti <strong>della</strong> cucina e così le altre immon<strong>di</strong>zie debbono essere depositate in recipienti<br />
metallici unti <strong>di</strong> lubrificanti usati e provvisti <strong>di</strong> coperchio;<br />
6) è necessario prendere gli opportuni accor<strong>di</strong> con chi <strong>di</strong> dovere per <strong>il</strong> perio<strong>di</strong>co<br />
svuotamento del pozzo nero in cui immettono le fognature del <strong>Centro</strong>, essendo logico<br />
prevedere che questo dovrà essere svuotato con maggiore frequenza <strong>di</strong> quella<br />
sufficiente a quando gli e<strong>di</strong>fici del <strong>Centro</strong> erano ut<strong>il</strong>izzati come Colonia Marina;<br />
7) occorre costruire una base in muratura, provvista <strong>di</strong> scarichi, intorno alle vasche<br />
<strong>della</strong> lavanderia per evitare gli allagamenti e l’inquinamento con larve <strong>di</strong> mosca del<br />
terreno circostante 9 .<br />
Destava particolare preoccupazione lo stato dei bagni, tanto è vero che<br />
si potevano leggere sim<strong>il</strong>i avvisi ai profughi:<br />
Ho saputo ed ho constatato che le latrine sono tenute malissimo e sono spesso<br />
adoperate per un uso <strong>di</strong>verso a quello al quale son destinate.<br />
Nel Pa<strong>di</strong>glione C è stata trovata la pelle <strong>di</strong> un coniglio nel gabinetto e non è stato<br />
possib<strong>il</strong>e sapere da chi sia stato commesso tale abuso.<br />
Perché tutte le famiglie siano interessate a prevenire nel loro interesse tali fatti ho<br />
<strong>di</strong>sposto che in occasione <strong>della</strong> paga a ciascun capo-famiglia venga ritirata, a titolo <strong>di</strong><br />
ammenda, la somma <strong>di</strong> L. 5 per ogni membro <strong>di</strong> famiglia.<br />
Nella latrina del Pa<strong>di</strong>glione B sono state trovate varie posate nuove alcune usate e forbici:<br />
infliggo a tutte le famiglie del predetto pa<strong>di</strong>glione la stessa ammenda <strong>di</strong> cui sopra.<br />
Nel gabinetto del Pa<strong>di</strong>glione G è stato trovato rotto un vetro, <strong>il</strong> valore del quale sarà<br />
recuperato me<strong>di</strong>ante ritenuta, proporzionale al numero dei membri <strong>di</strong> famiglia, che <strong>il</strong><br />
Signor Nicoli applicherà sulla prossima paga dei capi famiglia del predetto<br />
pa<strong>di</strong>glione 10 .<br />
134
Centri Raccolta Profughi per gli italiani in fuga<br />
Grave era la scarsezza <strong>di</strong> acqua potab<strong>il</strong>e (specie nella stagione estiva), un<br />
problema ammesso anche dal Comune <strong>di</strong> Carrara <strong>il</strong> quale, in una lettera<br />
inviata al prefetto e al <strong>di</strong>rettore del <strong>Centro</strong>, affermava che:<br />
L’approvvigionamento idrico del Campo Profughi, malgrado l’aumentato numero <strong>di</strong><br />
serbatoi per accrescere la <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> acqua potab<strong>il</strong>e è insufficiente alle necessità dei<br />
profughi ospitati.<br />
Considerato che l’acquedotto <strong>di</strong> Carrara non può dare una dotazione idrica sufficiente e<br />
che nemmeno <strong>il</strong> pozzo artesiano, data la sua modesta portata, non è capace <strong>di</strong> sopperire<br />
alla richiesta, si ritiene doveroso far presente la cosa per i provve<strong>di</strong>menti del caso 11 .<br />
Gli impianti elettrici dei fabbricati abitati dai profughi non<br />
funzionavano a dovere e ciò fu l’oggetto <strong>di</strong> una relazione del vice-<strong>di</strong>rettore:<br />
In seguito alle ripetute lagnanze dei profughi per <strong>il</strong> cattivo funzionamento<br />
dell’impianto elettrico degli alloggi, ho fatto un’accurata visita a tutto l’impianto ed ho<br />
r<strong>il</strong>evato quanto segue:<br />
Inizialmente l’impianto venne eseguito in modo assai empirico, senza tener conto <strong>di</strong><br />
tutte le misure <strong>di</strong> sicurezza in<strong>di</strong>cate dalla tecnica.<br />
Le inf<strong>il</strong>trazioni d’acqua nei soffitti durante la stagione piovosa, hanno causato<br />
frequenti danni, riparati male ed in fretta, sia per la mancanza <strong>di</strong> mezzi adeguati e <strong>di</strong><br />
personale idoneo, sia per la necessità <strong>di</strong> ripristinare in fretta <strong>il</strong> servizio.<br />
Infine, <strong>il</strong> carico eccessivo delle linee, l’umi<strong>di</strong>tà dei soffitti, <strong>il</strong> deterioramento naturale<br />
delle parti isolanti, e le frequenti manomissioni ed alterazioni effettuate dai profughi,<br />
hanno ridotto tutta la rete <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione <strong>della</strong> <strong>il</strong>luminazione ad un tale stato <strong>di</strong><br />
deterioramento che non è più possib<strong>il</strong>e provvedere con i mezzi normali.<br />
Tale stato <strong>della</strong> rete, oltre che lasciare quasi ogni sera senza luce qualche pa<strong>di</strong>glione, è<br />
causa <strong>di</strong> una forte <strong>di</strong>spersione <strong>di</strong> corrente e <strong>della</strong> fulminazione <strong>di</strong> una grande quantità<br />
<strong>di</strong> lampa<strong>di</strong>ne, con conseguente notevole aggravio delle spese <strong>di</strong> <strong>il</strong>luminazione e <strong>di</strong><br />
manutenzione.<br />
Si rende pertanto necessario provvedere con la massima sollecitu<strong>di</strong>ne alla quasi<br />
completa ricostruzione <strong>di</strong> tutto l’impianto elettrico.<br />
[...] Sarei infine del subor<strong>di</strong>nato parere <strong>di</strong> usare lampa<strong>di</strong>ne elettriche con un marchio<br />
indeleb<strong>il</strong>e per evitare la possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> sostituzione delle lampa<strong>di</strong>ne efficenti con altre<br />
bruciate 12 .<br />
<strong>Del</strong> resto, oltre che rubare le lampa<strong>di</strong>ne, alcuni profughi cercavano <strong>di</strong><br />
ottenere un’<strong>il</strong>luminazione migliore (così aggravando le con<strong>di</strong>zioni<br />
dell’impianto generale) 13 , perciò:<br />
Si rinnova a tutti gli assistiti l’avvertimento che è fatto <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> fare uso, nelle singole<br />
abitazioni, <strong>di</strong> lampa<strong>di</strong>ne superiori ai 40 watt.<br />
135
Riccardo Cappelli<br />
Tutti coloro che adoperano lampa<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> maggiore potenza, sono invitati a sostituirle<br />
imme<strong>di</strong>atamente.<br />
Saltuari controlli verranno effettuati dal personale addetto che provvederà senz’altro<br />
al sequestro del materiale abusivamente adoperato 14 .<br />
Tra l’altro <strong>il</strong> f<strong>il</strong>o elettrico poteva servire anche a un altro scopo, lo si<br />
deduce da questa richiesta in<strong>di</strong>rizzata all’Ufficio Economato del Comune <strong>di</strong><br />
Carrara:<br />
Siamo stati informati che nei depositi <strong>di</strong> codesto Ufficio esiste del f<strong>il</strong>o elettrico<br />
americano ricuperato nella zona.<br />
Dovendo noi come da autorizzazione del ns. ministero procedere alla costruzione dei<br />
lettini a castello tipo m<strong>il</strong>itare, avremmo necessità <strong>di</strong> detto f<strong>il</strong>o per poter effettuare un<br />
sistema <strong>di</strong> rete per i lettini stessi.<br />
Pertanto saremmo a pregare la Vs. cortesia <strong>di</strong> potercene fornire un quantitativo <strong>di</strong> 500<br />
o 600 Kg., certi che data l’opera a cui esso deve servire non mancherete <strong>di</strong> accettare la<br />
ns. richiesta 15 .<br />
Comunque, uno degli aspetti più preoccupanti rimaneva la criminalità<br />
e l’or<strong>di</strong>ne pubblico. I reati commessi dai profughi che compaiono nei verbali<br />
e promemoria redatti dal posto fisso <strong>di</strong> Pubblica Sicurezza (organico due<br />
persone, una per turno) all’interno del CRP e dall’Ufficio vig<strong>il</strong>anza sono una<br />
sf<strong>il</strong>za: ubriachezza, stupri, furti, rapine, risse, alterchi (spesso dovuti a salti<br />
<strong>di</strong> f<strong>il</strong>a), calunnie, truffe, atti vandalici, prostituzione, introduzione <strong>di</strong><br />
persone non autorizzate, turp<strong>il</strong>oquio, ecc.<br />
Il <strong>di</strong>rettore cercava <strong>di</strong> reprimere i comportamenti devianti comminando<br />
<strong>di</strong>ffide, multe e penalità ai profughi, un’attività che gli comportava <strong>di</strong> essere<br />
oggetto <strong>di</strong> ripetute minacce (in un italiano incerto) da parte <strong>di</strong> alcuni<br />
profughi turbolenti:<br />
Egregio Direttore!<br />
In poche parole, gent<strong>il</strong>mente a lei si prega <strong>di</strong> fare ridare imme<strong>di</strong>atamente <strong>il</strong> sussi<strong>di</strong>o<br />
regolare a tutti i poveri profughi che lavorano e che è a loro stato sospeso <strong>il</strong> detto<br />
sussi<strong>di</strong>o.<br />
Deve bene rammentarsi e essere cosciente, che questa povera gente non ha ne tetto ne<br />
letto e se si guadagna qualche piccolezza, malefatta sospendersi <strong>il</strong> sussi<strong>di</strong>o.<br />
Dunque sta a lei, e stia bene attento, che se non sarà risolta quanto prima la questione:<br />
le potrebbero succedere dei guai!<br />
Faccia come sa e s<strong>il</strong>enzio 16 .<br />
136
Centri Raccolta Profughi per gli italiani in fuga<br />
Nel corso del 1946 <strong>il</strong> <strong>Centro</strong>, <strong>il</strong> cui servizio <strong>di</strong> vig<strong>il</strong>anza interna è<br />
assicurato da un capo-guar<strong>di</strong>a e sette guar<strong>di</strong>e, subì ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong>versi<br />
attacchi armati e <strong>il</strong> carteggio tra <strong>il</strong> <strong>di</strong>rettore e le autorità superiori rispecchia<br />
<strong>il</strong> clima <strong>di</strong> tensione esistente:<br />
Portiamo a conoscenza all’Ecc.Vs., che questa mattina circa le ore una sconosciuti<br />
introdottisi nel <strong>Centro</strong> scavalcando i reticolati che lo recingono nascostesi tra le piante<br />
e i cespugli <strong>della</strong> macchia hanno fatto fuoco contro la pattuglia <strong>di</strong> perlustrazione<br />
formata dalle guar<strong>di</strong>e: B.V. e B.U., i quali hanno imme<strong>di</strong>atamente risposto con le armi<br />
in loro possesso.<br />
Il ripetersi <strong>di</strong> questi attacchi ci preoccupa vivamente in quanto le armi in possesso dei ns.<br />
Guar<strong>di</strong>ani (fuc<strong>il</strong>i da caccia e pistole automatiche) sono <strong>di</strong> gran lunga inferiori alle armi<br />
che vengono usate dagli sconosciuti che s’introducono nel centro (fuc<strong>il</strong>i da guerra).<br />
Pertanto interessiamo, l’Ecc.Vs. perché ci vengano fornite delle armi adeguate per<br />
poter controbattere questi attacchi che ormai si verificano a perio<strong>di</strong> abbastanza brevi<br />
uno dall’altro 17 .<br />
Informo che oggi ore 15,30 gruppo persone armate appartenenti presumib<strong>il</strong>mente e<br />
da quanto riferito da guar<strong>di</strong>e questo <strong>Centro</strong> at Federazione Anarchica Italiana habet<br />
fatto irruzione per ricercare profughi fascisti. Poiché tali atti est da ritenersi<br />
inopportuno et non legalmente autorizzato prego provvedere urgentemente at<br />
opportuni provve<strong>di</strong>menti riguardo. Prego Signoria Vostra provvedere at rinforzo<br />
posto <strong>di</strong> Pubblica Sicurezza poiché popolazione <strong>Centro</strong> est allarmata. Qualora non<br />
provvedesi at quanto con presente richiesto declino responsab<strong>il</strong>ità or<strong>di</strong>ne pubblico<br />
interno 18 .<br />
Dobbiamo segnare come ancora una volta <strong>il</strong> nostro personale, pre<strong>di</strong>sposto al servizio<br />
<strong>di</strong> polizia, sia stato fatto segno <strong>di</strong> attacco con armi da fuoco da parte <strong>di</strong> sconosciuti.<br />
Nello spazio <strong>di</strong> 7 mesi è questo <strong>il</strong> 4° attacco che essi subiscono ed occorre assolutamente<br />
provvedere perché questi episo<strong>di</strong> siano eliminati o comunque metterci in grado <strong>di</strong><br />
intervenire con mezzi adeguati.<br />
Fino dal 16/6 provvedemmo ad inviare alla Questura <strong>di</strong> Massa tutti gli incartamenti<br />
occorrenti per avere la nomina <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>e giurate interne al personale scelto (Reduci<br />
e Partigiani) per tale servizio, ma fino ad oggi, solo due persone sono state chiamate a<br />
prestare giuramento per avere tale nomina.<br />
[...] A questo proposito Vi facciamo osservare che un servizio d’or<strong>di</strong>ne, come si richiede<br />
in un <strong>Centro</strong> Profughi, non può essere assolutamente <strong>di</strong>simpegnato da profughi<br />
perché praticamente si renderebbe nullo, per ragioni fac<strong>il</strong>mente comprensib<strong>il</strong>i.<br />
[...] Inoltre si deve tenere presente che, malgrado le pratiche fatte, non si è ancora<br />
riusciti ad avere l’installazione <strong>di</strong> un telefono che possa collegarci con la Stazione dei<br />
Carabinieri, che <strong>di</strong>sta circa 2 Km. dal <strong>Centro</strong>, che <strong>il</strong> <strong>Centro</strong> si trova in aperta campagna,<br />
come possono attestare Vostri Funzionari che lo hanno visitato, e quin<strong>di</strong><br />
completamente in balia <strong>di</strong> noi stessi 19 .<br />
137
Riccardo Cappelli<br />
Da registrare nello stesso periodo una missiva dell’Associazione<br />
Nazionale Antifascisti <strong>di</strong>retta alla Direzione del <strong>Centro</strong>, dalla quale si evince<br />
con tutta probab<strong>il</strong>ità <strong>il</strong> motivo dell’ost<strong>il</strong>ità armata dei locali:<br />
Ci viene riferito che in questi ultimi giorni, abbia preso alloggio costì una qualche<br />
famiglia <strong>di</strong> certi elementi che hanno appartenuto alle brigate nere e che furono fra i più<br />
violenti fascisti <strong>della</strong> prima ora.<br />
Non inten<strong>di</strong>amo farne colpa per questo a Codesta Direzione, tutt’altro, ma<br />
semplicemente desideriamo che sia informata <strong>di</strong> tutto ciò per <strong>il</strong> suo interesse e per la<br />
maggiore sorveglianza.<br />
Quello che riflette la posizione <strong>di</strong> detti elementi è cosa che ce ne occuperemo noi per<br />
vedere come procedere nei loro confronti 20 .<br />
Nel 1947 le guar<strong>di</strong>e giurate hanno finalmente preso servizio e sono<br />
affiancate da sorveglianti <strong>di</strong>sarmati:<br />
Nei servizi <strong>di</strong> vig<strong>il</strong>anza notturna possono portare le armi soltanto quelle guar<strong>di</strong>e che<br />
sono in possesso del decreto <strong>di</strong> nomina a guar<strong>di</strong>a giurata e del permesso <strong>di</strong> porto<br />
d’arma.<br />
Le guar<strong>di</strong>e non giurate eseguiranno <strong>il</strong> servizio <strong>di</strong>sarmate.<br />
Le guar<strong>di</strong>e sorprendendo persone in atteggiamento sospetto, nel recinto del <strong>Centro</strong><br />
intimeranno <strong>il</strong> «chi va là» e «l’alto là» e procederanno al loro fermo. Se le guar<strong>di</strong>e fossero<br />
<strong>di</strong>sarmate richiederanno l’intervento <strong>di</strong> quelle giurate.<br />
Queste sole potranno far uso delle armi se fatte segno a colpi <strong>di</strong> arma da fuoco da parte<br />
degli aggressori, al solo scopo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa personale, come è consentito dalla legge 21 .<br />
Comunque gli addetti alla vig<strong>il</strong>anza possono fare poco in caso <strong>di</strong> rivolte,<br />
come accadde nel 1947, quando a Marina <strong>di</strong> Carrara i profughi dettero vita<br />
a una violenta sommossa «tutta al femmin<strong>il</strong>e» (conclusasi con espulsioni e<br />
trasferimenti degli assistiti più riottosi):<br />
In seguito ai <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni verificatisi nel <strong>Centro</strong> Assistenza Profughi <strong>di</strong> Marina <strong>di</strong> Carrara<br />
i giorni 23 e 24 Maggio 1947 <strong>il</strong> sottoscritto Direttore del <strong>Centro</strong> denuncia a codesto<br />
Comando [Stazione Carabinieri], per i provve<strong>di</strong>menti del caso, le persone qui <strong>di</strong> seguito<br />
nominate, tutte residenti nel <strong>Centro</strong> stesso, e ciascuna per i motivi a fianco segnati:<br />
[Nomi <strong>di</strong> sei donne] Per avere <strong>il</strong> giorno 23 Maggio incitato i ricoverati del <strong>Centro</strong> a<br />
violenta rivolta. Per avere insultato e minacciato nello stesso giorno <strong>il</strong> Direttore del<br />
<strong>Centro</strong>, Pubblico Ufficiale, ed iniziato e incoraggiato un tentativo <strong>di</strong> lapidazione dello<br />
stesso a mezzo <strong>di</strong> ciottoli e scatole <strong>di</strong> carne. Per avere, <strong>il</strong> mattino del 24 Maggio,<br />
sob<strong>il</strong>lato con ogni mezzo i ricoverati per provocare una nuova manifestazione, violato<br />
138
Centri Raccolta Profughi per gli italiani in fuga<br />
<strong>il</strong> domic<strong>il</strong>io privato del Direttore nel <strong>Centro</strong>, minacciando lo stesso Direttore con<br />
bastoni, insultandolo e giungendo a percosse con le mani, nel tentativo <strong>di</strong> sospingerlo<br />
a viva forza in mezzo alla massa <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostranti 22 .<br />
In generale, a livello nazionale, proteste e rivolte accompagnavano le<br />
progressive limitazioni dei <strong>di</strong>ritti dei profughi (in particolare, l’esclusione<br />
dal sussi<strong>di</strong>o per alcune categorie), limitazioni tese a convincere i profughi ad<br />
abbandonare i Centri e a reinse<strong>di</strong>arsi. A questo proposito, uno degli anni più<br />
«cal<strong>di</strong>» fu <strong>il</strong> 1955 quando si prese atto che:<br />
lo stato <strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio in cui versano ancora numerosi profughi non può imputarsi agli<br />
avvenimenti bellici, dopo tanti anni dalla fine <strong>della</strong> guerra e dopo l’avvenuta<br />
ricostruzione, sicché non si giustifica la concessione <strong>di</strong> una particolare e più favorevole<br />
forma <strong>di</strong> assistenza a favore dei profughi nei confronti delle altre categorie <strong>di</strong> in<strong>di</strong>genti<br />
comuni. Inoltre, <strong>il</strong> perdurare <strong>di</strong> tali benefici comporta al b<strong>il</strong>ancio dello Stato un<br />
gravissimo onere.<br />
Nonostante tali considerazioni, questo ministero riterrebbe opportuno, per motivi<br />
intuib<strong>il</strong>i, non cessare del tutto ed improvvisamente le provvidenze assistenziali <strong>di</strong> cui<br />
alla legge che sta per scadere, ma prorogarle limitandole: è perciò pre<strong>di</strong>sposto uno<br />
schema <strong>di</strong> legge per prorogare sino al 30 giugno 1956, solo alcuni interventi<br />
assistenziali in favore dei profughi.<br />
Precisamente – per le considerazioni succitate e per <strong>il</strong> fatto che la concessione troppo<br />
prolungata del sussi<strong>di</strong>o giornaliero induce all’inerzia molte persone ancora idonee al<br />
lavoro, le quali preferiscono accontentarsi del modesto aiuto elargito dallo Stato,<br />
anziché adoprarsi per trovare una qualsiasi sistemazione – <strong>il</strong> provve<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> proroga<br />
contiene numerosi restrizioni rispetto alle norme attuali in modo che verrà ad essere<br />
<strong>di</strong> gran lunga ridotto <strong>il</strong> numero degli assistiti ed ad essere limitata la concessione<br />
dell’assistenza a casi veramente degni <strong>di</strong> considerazione 23 .<br />
Perciò, nel 1955 la prefettura <strong>di</strong> Massa-Carrara giustamente si<br />
preoccupava delle ricadute sull’or<strong>di</strong>ne pubblico delle nuove <strong>di</strong>sposizioni<br />
restrittive (<strong>di</strong>sposizioni che provocheranno <strong>di</strong>verse sommosse in altri centri<br />
raccolta profughi):<br />
Con circolare del 28.6.u.s. <strong>il</strong> ministero dell’Interno, Direzione Generale Assistenza<br />
Pubblica ha impartito nuove <strong>di</strong>sposizioni sull’assistenza ai profughi. In base a tali<br />
norme verrà a cessare, con effetto imme<strong>di</strong>ato, la corresponsione del sussi<strong>di</strong>o giornaliero<br />
a circa 450 profughi ricoverati presso <strong>il</strong> Centri <strong>di</strong> Marina <strong>di</strong> Carrara.<br />
Nella eventualità che <strong>il</strong> citato provve<strong>di</strong>mento possa avere qualche ripercussione nei<br />
confronti <strong>di</strong> quanti vengono a trovarsi privati del beneficio <strong>di</strong> cui godevano, prego V.S.<br />
139
Riccardo Cappelli<br />
<strong>di</strong> voler senz’altro <strong>di</strong>sporre per quei provve<strong>di</strong>menti cautelativi più opportuni ed<br />
adeguati, onde prevenire ogni possib<strong>il</strong>e turbativa alla normale vita del <strong>Centro</strong> 24 .<br />
Oltre a coloro che abbandonavano in maniera volontaria <strong>il</strong> CRP per<br />
sistemarsi altrove, vi erano anche profughi costretti a lasciare <strong>il</strong> <strong>Centro</strong> per<br />
cause - per così <strong>di</strong>re - <strong>di</strong> forza maggiore come quelli incarcerati per reati<br />
commessi all’esterno, o come <strong>il</strong> profugo U.C. che si dette alla fuga<br />
precipitosa per:<br />
sottrarsi alle minacce <strong>di</strong> un numeroso stuolo <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>tori, che si ritenevano da lui<br />
raggirati.<br />
Costoro avevano fatto ricorso al Sig. Direttore Perone perché inducesse <strong>il</strong> C. a<br />
sod<strong>di</strong>sfare ai propri debiti e sostavano minacciosi nei pressi dell’ingresso principale,<br />
alcuni armati <strong>di</strong> roncola e falcetto determinati, <strong>di</strong>cevano, uccidere <strong>il</strong> truffatore 25 .<br />
Invece, altri profughi erano oggetto degli interessi informativi del<br />
ministero dell’Interno. A questo proposito, vi è una velina <strong>di</strong> risposta al<br />
<strong>di</strong>rettore dell’Ufficio provinciale assistenza post-bellica <strong>di</strong> Massa (che<br />
<strong>il</strong>lustra bene anche le miserie umane del CRP):<br />
A seguito <strong>di</strong> quanto richiesto verbalmente dalla S.V. in data 16 u.s., in merito alla<br />
attività del Comitato Giuliano si precisa quanto segue:<br />
nessuna attività viene svolta dal Comitato in parola in questo <strong>Centro</strong> Raccolta, vi è<br />
solamente un componente del Comitato Provinciale, nella persona del profugo T. avv.<br />
R., componente che non risulta essere stato eletto dalla comunità.<br />
Risulta ancora, da varie in<strong>di</strong>screzioni, che lo stesso non è gra<strong>di</strong>to alla maggioranza dei<br />
profughi in quanto per ogni eventuale prestazione come domande varie, richieste<br />
danni <strong>di</strong> guerra, denunce dei beni abbandonati, richiede equi compensi in denaro.<br />
Infatti, per la comp<strong>il</strong>azione dei formulari relativi alla denuncia dei beni abbandonati,<br />
richiedeva somme varianti dalle 1.000 alle 1.500 lire.<br />
Questa Direzione, per ovviare <strong>il</strong> ripetersi <strong>di</strong> tali inconvenienti, ha messo a <strong>di</strong>sposizione<br />
dei profughi un impiegato dell’ufficio Assistenza per <strong>il</strong> <strong>di</strong>sbrigo delle pratiche<br />
sopracennate 26 .<br />
Tutta la vita nel campo era minuziosamente regolata e la visione <strong>di</strong><br />
programmi televisivi non fa eccezione, così veniamo a sapere che si può<br />
vedere la tv:<br />
Per gli adulti: Ogni giorno <strong>della</strong> settimana dalle ore 20,30 alle ore 23,00<br />
Per i ragazzi: Ogni giorno <strong>della</strong> settimana dalle ore 17,00 alle ore 18,00<br />
140
Centri Raccolta Profughi per gli italiani in fuga<br />
La Domenica sarà trasmessa la partita <strong>di</strong> calcio dalle ore 18,45 fino al termine <strong>della</strong><br />
stessa 27 .<br />
Inoltre, per evitare <strong>di</strong>s<strong>di</strong>cevoli <strong>di</strong>scussioni dei profughi:<br />
Si ricorda che nei giorni <strong>di</strong> mercoledì e domenica nei programmi T.V. serali dovrà<br />
essere data la precedenza alle trasmissioni sportive 28 .<br />
Infine, non mancavano prescrizioni relative alla morale:<br />
Per buona norma si tornano ad avvertire tutti i ricoverati che è fatto assoluto <strong>di</strong>vieto<br />
<strong>di</strong> circolare nell’interno del <strong>Centro</strong> indecentemente vestiti. Pertanto mentre gli uomini<br />
cureranno <strong>di</strong> non aggirarsi a petto nudo, le donne dovranno evitare <strong>di</strong> circolare in<br />
pantaloncini corti o ad<strong>di</strong>rittura in costume da bagno.<br />
Gli agenti <strong>di</strong> P.S. ed <strong>il</strong> personale <strong>di</strong>pendente, cureranno la massima osservanza del<br />
presente avviso, segnalando a questa Direzione gli inadempienti per i provve<strong>di</strong>menti<br />
<strong>di</strong>sciplinari del caso 29 .<br />
Comunque, ancora nel 1970 i profughi appena giunti dalla Libia<br />
dovettero trovare estremamente sgradevole la loro permanenza presso <strong>il</strong><br />
<strong>Centro</strong> <strong>di</strong> Marina <strong>di</strong> Carrara, tanto da rivolgere una perorazione al<br />
presidente Saragat:<br />
perché intervenga a sanare una situazione insostenib<strong>il</strong>e, provocata dal vitto<br />
insufficiente e talvolta immangiab<strong>il</strong>e [e dalle] loro con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> assoluta indegenza a<br />
tal punto, <strong>di</strong> non poter acquistare neppure una stringa per le scarpe o un dentifricio 30 .<br />
Con decreto del ministro dell’Interno dell’11 agosto 1971 <strong>il</strong> <strong>Centro</strong><br />
Raccolta Profughi si trasformò in Comunità Protetta Profughi <strong>di</strong> Marina <strong>di</strong><br />
Carrara. Con <strong>il</strong> D.P.R. n. 9 del 15 gennaio 1972, le funzioni amministrative<br />
in materia <strong>di</strong> beneficenza pubblica furono trasferite dallo Stato alle Regioni.<br />
Nell’apr<strong>il</strong>e del 1972 erano presenti 196 profughi, nel gennaio 1974 ne erano<br />
rimasti 30 che si ridurranno progressivamente a 5, quando la Comunità venne<br />
infine soppressa con Legge regionale n. 15 del 7 apr<strong>il</strong>e 1976, con attribuzione<br />
delle residue competenze assistenziali all’ente locale e quelle amministrative al<br />
neo costituito Ufficio stralcio <strong>della</strong> Comunità Protetta Profughi.<br />
Comunque, la «musica» non cambiò <strong>di</strong> molto anche nel periodo <strong>di</strong><br />
gestione regionale:<br />
141
Riccardo Cappelli<br />
Ovviamente rientra nei compiti dell’Ufficio esercitare costante opera <strong>di</strong> persuasione<br />
affinché gli ospiti si inseriscano nella vita produttiva e sociale dello Stato <strong>di</strong>mettendosi<br />
dalla Comunità. Ma poiché non tutti sono propensi affrontare, in modo autonomo,<br />
le oggettive <strong>di</strong>fficoltà <strong>della</strong> vita, occorrono precise <strong>di</strong>sposizioni se si deve intervenire<br />
con maggior severità (facendo intervenire le autorità <strong>di</strong> P.S.), quando le pressioni e le<br />
<strong>di</strong>ffide non danno <strong>il</strong> risultato sperato 31 .<br />
Tra l’altro, le operazioni miranti allo sfollamento incontrano l’ost<strong>il</strong>ità <strong>di</strong><br />
ambienti politici ben definiti, come denunciato dal <strong>di</strong>rigente regionale<br />
Bor<strong>di</strong>goni nella sua prima relazione annuale:<br />
Malgrado <strong>il</strong> lavoro sia stato arduo a causa <strong>di</strong> una costante e pressante interferenza <strong>di</strong><br />
forze politiche <strong>di</strong> estrema destra che con la chiusura <strong>della</strong> Comunità vengono a perdere<br />
<strong>il</strong> loro nucleo organizzato più numeroso ed importante <strong>della</strong> provincia (forse <strong>della</strong><br />
Regione), la situazione nella Comunità è abbastanza sod<strong>di</strong>sfacente 32 .<br />
L’ufficio stralcio terminava la propria attività <strong>il</strong> 31 <strong>di</strong>cembre 1984<br />
mettendo fine, una volta per tutte, anche alla triste esperienza toscana.<br />
142<br />
Note al testo<br />
1 Il lavoro è basato sui documenti conservati nel fondo Comunità Protetta Profughi dell'Archivio<br />
Storico e <strong>di</strong> Deposito <strong>della</strong> Giunta Regionale Toscana. Di essi si in<strong>di</strong>ca la collocazione nella<br />
relativa busta.<br />
2 Per gli interessati, si segnala un libro <strong>di</strong> memorie scritto da una ex profuga del <strong>Centro</strong> <strong>di</strong> Marina<br />
<strong>di</strong> Carrara: M. BRUGNA, Memoria negata, E<strong>di</strong>tore Condaghes, Cagliari 2002, pp. 296.<br />
3 Nell’apr<strong>il</strong>e del 1945 un capo squadra prendeva 90 lire al giorno; un operaio specializzato 75,80<br />
così come una guar<strong>di</strong>a notturna; un operaio qualificato 70,75; un manovale comune 50,60; un<br />
addetto alla pulizia 40,50 se uomo, 30,40 se donna; un impiegato dalle 55 alle 90 a seconda delle<br />
competenze e del titolo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o e così via. Il compenso dovuto ai profughi era qualificato come<br />
«maggiorazione al sussi<strong>di</strong>o» e, perciò, esente da ritenuta erariale e assicurazione sociale<br />
(Ministero dell’Assistenza post-bellica, Servizio Civ<strong>il</strong>i Vittime <strong>di</strong> Guerra, «Sussi<strong>di</strong> ai Profughi<br />
ricoverati nei Centri <strong>di</strong> Raccolta», 2 ottobre 1945, busta 104).<br />
4 Alto Commissariato Profughi <strong>di</strong> Guerra, «Regolamento per <strong>il</strong> funzionamento dei servizi<br />
preposti all’igiene dei Campi e dei Centri <strong>di</strong> Raccolta e Smistamento dei Profughi <strong>di</strong> Guerra»,<br />
22 apr<strong>il</strong>e 1945, busta 104.<br />
5 «Avviso ai profughi», 19 agosto 1946, busta 110.
Centri Raccolta Profughi per gli italiani in fuga<br />
6 Ministero dell’Interno, Ufficio Provinciale dell’Assistenza Post-bellica, «Nuova tabella<br />
<strong>di</strong>etetica per i profughi assistiti nel <strong>Centro</strong> e fuori», 10 febbraio 1949, busta 105.<br />
7 «Avviso ai profughi», 15 novembre 1946, busta 109.<br />
8 Lettera al prefetto del 14 febbraio 1964, busta 108.<br />
9 Il Sottosegretario <strong>di</strong> Stato (Ministero dell’Assistenza post-bellica, Ufficio Sanitario),<br />
«Deficienze e necessità del <strong>Centro</strong> Profughi <strong>di</strong> Marina <strong>di</strong> Carrara», 2 marzo 1946, busta 110.<br />
10 «Avviso ai profughi», 5 novembre 1946, busta 109.<br />
11 Missiva del 22 luglio 1960, busta 107.<br />
12 Rapporto del 2 gennaio 1950, busta 110.<br />
13 L’articolo 13 del Regolamento interno del CRP nel 1947 stab<strong>il</strong>iva: «È vietato l’uso <strong>di</strong><br />
materiale elettrico come fornelli, stufe, ferri da stiro, vent<strong>il</strong>atori, motorini ecc. Anche gli<br />
apparecchi ra<strong>di</strong>o sono vietati. In generale, <strong>il</strong> <strong>di</strong>vieto è imposto dallo spreco <strong>di</strong> energia che l’uso<br />
<strong>di</strong> questi apparecchi comporta. Sarà concesso l’uso <strong>di</strong> un apparecchio ra<strong>di</strong>o in consegna alla<br />
Commissione Interna» («Regolamento interno», 12 gennaio 1947, busta 111).<br />
14 «Avviso ai profughi», 15 marzo 1960, busta 110.<br />
15 A. Perone all’Ufficio Economato del Comune <strong>di</strong> Carrara , 19 maggio 1946, busta 110.<br />
16 1° luglio 1957, busta 106.<br />
17 13 maggio 1946, busta 109.<br />
18 21 luglio 1946, busta 109.<br />
19 16 giugno 1946, busta 109.<br />
20 11 giugno 1946, busta 109. La lettera è su carta intestata dell’Associazione Nazionale<br />
Antifascisti (con le seguenti subintestazioni: «Citta<strong>di</strong>ni mai iscritti al Partito Fascista – Sesto<br />
braccio – L’A.N.A. non è un partito. È un movimento <strong>di</strong> purificazione»), ma in fondo reca <strong>il</strong><br />
timbro circolare «Unione Antifascisti Intransigenti».<br />
21 31 marzo 1947, busta 110.<br />
22 27 maggio 1947, busta 110.<br />
23 Ministero dell’Interno, Direzione Generale Assistenza Pubblica, «Nuove norme<br />
sull’assistenza a favore dei profughi», 28 giugno 1955, busta 111.<br />
24 6 luglio 1955, busta 111.<br />
143
Riccardo Cappelli<br />
25 27 settembre 1946, busta 109.<br />
26 21 gennaio 1953, busta 106.<br />
27 «Avviso ai profughi», 5 maggio 1960, busta 110.<br />
28 «Avviso ai profughi», 17 <strong>di</strong>cembre 1969, busta 110.<br />
29 «Avviso ai profughi», 17 luglio 1961, busta 110.<br />
30 «Al Capo dello Stato Giuseppe Saragat, 3 <strong>di</strong>cembre 1970, busta 105.<br />
31 «Istruzioni sulla condotta <strong>della</strong> Comunità», 12 <strong>di</strong>cembre 1972, busta 1 (Ufficio Stralcio).<br />
32 «Relazione», 2 luglio 1973, busta 1 (Ufficio Stralcio).<br />
144
africa e <strong>di</strong>ntorni<br />
Un fatto sugli altri domina: la sicurezza<br />
«Un fatto sugli altri domina: la sicurezza».<br />
Uno scambio <strong>di</strong> relazioni sull’Etiopia del settembre 1937<br />
<strong>di</strong> Nicola Labanca<br />
1. All’inizio <strong>di</strong> settembre del 1937 l’ispettore del Partito nazionale<br />
fascista Davide Fossa scrisse ad Alessandro Lessona, ministro dell’Africa<br />
italiana. Nel giro <strong>di</strong> pochissimi giorni <strong>il</strong> ministro rispose. Il carteggio,<br />
durissimo nella sostanza anche se mellifluo nelle reciproche <strong>di</strong>chiarazioni <strong>di</strong><br />
amicizia personale, giunse all’attenzione <strong>di</strong> Benito Mussolini, che volle<br />
conservarlo 1 . Le missive, ma potremmo <strong>di</strong>rle relazioni per la loro ampiezza,<br />
sono due documenti esemplari dello stato dell’«Impero», <strong>di</strong> quell’Etiopia<br />
cioè per conquistare la quale <strong>il</strong> regime aveva rotto la pace internazionale,<br />
sbrecciato <strong>il</strong> sistema <strong>di</strong> sicurezza collettiva <strong>della</strong> Società delle nazioni,<br />
travolto <strong>il</strong> b<strong>il</strong>ancio pubblico nazionale, impegnato le forze armate e attratto<br />
l’attenzione dell’opinione pubblica scatenando una campagna propagan<strong>di</strong>stica<br />
senza precedenti. Una legislazione razziale era già stata introdotta<br />
nell’Impero. La seconda guerra mon<strong>di</strong>ale si era avvicinata, dopo la guerra<br />
d’Etiopia.<br />
Tutto questo per avere cosa in cambio? Lo scambio fra Fossa e Lessona<br />
offre importanti risposte.<br />
2. Per capire meglio lo stato dell’Impero alla vig<strong>il</strong>ia dell’autunno-inverno<br />
1937, però, è necessario vedere la situazione coloniale italiana sullo sfondo<br />
delle altre situazioni degli altri imperi oltremare delle potenze europee. La<br />
storia dell’imperialismo coloniale, è noto, è una storia <strong>di</strong> <strong>di</strong>versità, <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>fferenti situazioni fra colonia e colonia, fra area ed area. Ma alcuni elementi<br />
<strong>di</strong> continuità c’erano.<br />
La fine <strong>della</strong> prima guerra mon<strong>di</strong>ale e la re<strong>di</strong>stribuzione dei territori<br />
coloniali tedeschi aveva avvantaggiato Regno Unito e Francia. La crisi del<br />
145
Nicola Labanca<br />
1929 mise a dura prova ma anche valorizzò i rapporti fra madrepatria e<br />
colonie. Fra <strong>il</strong> 1935 e <strong>il</strong> 1939 <strong>il</strong> 39,5 per cento delle importazioni<br />
britanniche proveniva dalle colonie, mentre <strong>il</strong> 49 per cento delle esportazioni<br />
vi si <strong>di</strong>rigeva. Non a caso gli storici parlano <strong>di</strong> «recovery through<br />
empire». Questo aumento dell’interscambio, ottenuto anche un rinnovato<br />
protezionismo, permise persino uno «sv<strong>il</strong>uppo» economico <strong>di</strong> alcune<br />
aree delle colonie, e per certi versi anche politico ed amministrativo. Gli<br />
storici ancora <strong>di</strong>scutono se <strong>il</strong> Government of In<strong>di</strong>a B<strong>il</strong>l del 1935 (o 1935<br />
Act) era davvero destinato ad aumentare l’autonomia amministrativa <strong>della</strong><br />
perla dell’impero britannico: certo è che <strong>di</strong> questi temi si trattava, persino<br />
sotto i governi liberali o conservatori 2 .<br />
Anche nei vari e <strong>di</strong>versificati posse<strong>di</strong>menti francesi la crisi del 1929 aveva<br />
pesato molto. Crisi commerciale e pauperismo non furono fenomeni isolati<br />
nella prima metà degli anni trenta. Ma anche qui <strong>il</strong> rapporto priv<strong>il</strong>egiato fra<br />
madrepatria e Oltremare ne uscì rafforzato. I governi <strong>di</strong> Fronte popolare si<br />
posero <strong>il</strong> problema se un’economia coloniale «<strong>di</strong>rigée» fondata sull’intervento<br />
statale fosse la risposta giusta a questi problemi. Chi sosteneva che «la salut<br />
de la France était dans son Empire» esagerava forse un rapporto che però era<br />
stretto, e che aveva portato frutti indubitab<strong>il</strong>i a Parigi. La concretezza dei<br />
risultati ottenuti non ottenebrava, però, i sentimenti dei Francesi che – per<br />
quanto possano valere i sondaggi <strong>di</strong> opinione del tempo – erano <strong>di</strong>visi<br />
sull’opportunità <strong>di</strong> dover combattere per <strong>di</strong>fendere l’Empire (non per<br />
ampliarlo, ché a questo nessuno seriamente pensava): 44 contrari, 40<br />
favorevoli. In molti, poi, erano favorevoli a riformarlo 3 .<br />
Anche altre ben più piccole potenze coloniali, per quanto dal passato<br />
glorioso, come <strong>il</strong> Portogallo, avevano rafforzato in quegli anni rapporti ben<br />
stretti con le proprie colonie. Già in un importante <strong>di</strong>scorso pronunciato <strong>il</strong> 17<br />
maggio 1931, Salazar aveva affermato «a vontade de sermos no presente e no<br />
futuro o que sempre fomos no pasado - livres, in<strong>di</strong>pententes, colonizadores» 4 .<br />
Tutti, insomma, in Europa pensavano agli imperi. Ma pensavano a<br />
«valorizzarli», cioè a sfruttarli, ed effettivamente ne trassero vantaggi.<br />
Nessuno – nemmeno chi, come <strong>il</strong> <strong>di</strong>ttatore portoghese, non inclinava<br />
certo verso le riforme coloniali ideate dai governi <strong>di</strong> Fronte popolare francese<br />
o verso le cautissime ipotesi <strong>di</strong> autonomia amministrativa dei governi<br />
britannici – pensava a ampliare i propri territori.<br />
Mussolini e <strong>il</strong> fascismo, invece, ci pensarono. Con la guerra del 1935-<br />
1936 e con la conquista dell’Etiopia l’Italia fascista scatenò l’ultima,<br />
anacronistica guerra <strong>di</strong> conquista coloniale <strong>della</strong> storia 5 .<br />
146
I SENTIERI DELLA RICERCA<br />
<strong>rivista</strong> <strong>di</strong> storia contemporanea<br />
EDIZIONI CENTRO STUDI<br />
“Piero Ginocchi”, Crodo<br />
Esercitazioni nel maneggio delle armi in A.O.I.<br />
I SENTIERI DELLA RICERCA<br />
<strong>rivista</strong> <strong>di</strong> storia contemporanea<br />
EDIZIONI CENTRO STUDI<br />
“Piero Ginocchi”, Crodo<br />
Un fatto sugli altri domina: la sicurezza<br />
Graziani firma l’atto <strong>di</strong> costituzione <strong>di</strong> nuove città in terra africana.<br />
147
Nicola Labanca<br />
A quale pro? Invece <strong>di</strong> guadagnare dalle colonie, <strong>il</strong> fascismo ci sperperò<br />
risorse preziose che sarebbero poi mancate al momento <strong>della</strong> prova fatale<br />
<strong>della</strong> guerra mon<strong>di</strong>ale. E l’Etiopia fu davvero conquistata?<br />
3. A settembre 1937 era ormai passato quasi un anno e mezzo dalla<br />
proclamazione, <strong>il</strong> 9 maggio 1936, dell’Impero fascista sull’Africa orientale<br />
italiana. Lo scambio fra Fossa e Lessona avveniva a quasi sei mesi dall’attentato<br />
al vicerè Rodolfo Graziani (19 febbraio 1937) e per certi versi traeva un<br />
b<strong>il</strong>ancio <strong>della</strong> reazione del vicerè e <strong>della</strong> politica del ministro. Le conclusioni<br />
che Mussolini maturò rispetto a quella reazione e a quella politica sono note:<br />
nel novembre Graziani e Lessona sarebbero stati licenziati.<br />
Sulle realizzazioni italiane in Etiopia <strong>il</strong> giu<strong>di</strong>zio dovrebbe essere articolato,<br />
settore per settore, area per area. Nell’insieme, però, i giu<strong>di</strong>zi italiani per<br />
cui si sarebbe «perven[uti] a risultati obiettivamente r<strong>il</strong>evanti» 6 o quelli<br />
occidentali per cui «l’occupazione italiana <strong>di</strong>ede anche una benefica scossa<br />
a istituzioni me<strong>di</strong>evali e a un immob<strong>il</strong>e modo <strong>di</strong> vita tra<strong>di</strong>zionale» 7 da tempo<br />
sono stati posti a severa <strong>di</strong>scussione da parte degli stu<strong>di</strong>osi africani e etiopici.<br />
Questi sono più inclini a sottolineare che l’intervento m<strong>il</strong>itare fascista<br />
interruppe <strong>il</strong>, sia pur contrad<strong>di</strong>ttorio e timido, «modernization work» 8<br />
intrapreso dal Negus d’Etiopia e più in generale che la politica italiana – a<br />
partire da quella agricola – non ebbe conseguenze o se le ebbe esse furono<br />
in linea <strong>di</strong> massima <strong>di</strong> scarso vantaggio per <strong>il</strong> colonizzatore e negative per<br />
l’economia locale, nel caso specifico agricola.<br />
Non è quin<strong>di</strong> inut<strong>il</strong>e riascoltare ancora una volta la voce dei documenti<br />
e dei massimi protagonisti: in questo caso <strong>di</strong> un ispettore in loco come Fossa<br />
e del ministro responsab<strong>il</strong>e 9 . Il fatto che si tratti <strong>di</strong> voci riservate, destinate<br />
a rimanere nel chiuso degli archivi e delle lotte <strong>di</strong> potere interne alla classe<br />
<strong>di</strong>rigente fascista, ha la sua importanza. Infatti, all’esterno, la propaganda del<br />
regime non perdeva occasione per «laudare» la sicurezza dei territori, la<br />
qualità dei programmi <strong>di</strong> colonizzazione, <strong>il</strong> consenso degli «in<strong>di</strong>geni» verso<br />
<strong>il</strong> governo fascista ecc.: nel segreto delle comunicazioni riservate «a doppia<br />
busta», invece, la realtà emerge in forma generale ma con tratti niti<strong>di</strong> e<br />
<strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>mente negab<strong>il</strong>i. Nonostante quelle che furono definite «gran<strong>di</strong> operazioni<br />
<strong>di</strong> polizia coloniale» e nonostante gli orrori come <strong>il</strong> massacro <strong>di</strong><br />
Debrà Libanos, la resistenza etiopica al colonialismo fascista era rimasta<br />
forte. Se gli stessi artefici <strong>della</strong> conquista fascista, in un anno e mezzo, erano<br />
così insod<strong>di</strong>sfatti e per certi versi critici verso i risultati dell’occupazione<br />
italiana, perché avere un’opinione <strong>di</strong>versa in sede storiografica? Fossa e<br />
Lessona se lo scrivono a chiare lettere: l’Impero è ancora in mezzo alla rivolta<br />
148
Un fatto sugli altri domina: la sicurezza<br />
antiitaliana, non c’è sicurezza, <strong>il</strong> regime spende in Etiopia ma non ci<br />
guadagna, gli italiani invece <strong>di</strong> colonizzarla ne fuggono e quelli che vi si<br />
stab<strong>il</strong>iscono non sembrano i migliori.<br />
Un altro aspetto che i documenti fanno risaltare è l’assoluta imparità dei<br />
due all’altezza delle questioni che sono chiamati ad esaminare. Fra i due, la<br />
posizione è <strong>di</strong>versa: Fossa enumera i problemi aperti, Lessona cerca <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>fendere quanto già fatto. Ma ambedue non hanno idee e progetti<br />
all’altezza <strong>della</strong> situazione. Fossa, <strong>di</strong> fronte al continuato d<strong>il</strong>agare <strong>della</strong><br />
protesta antiitaliana pensa solo a far rimanere le truppe (e quin<strong>di</strong> ad una<br />
soluzione m<strong>il</strong>itare). Lessona tenta <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere la politica economica coloniale<br />
dalle critiche riversando tutta la responsab<strong>il</strong>ità sulle spalle del vicerè<br />
(che sa già in <strong>di</strong>sgrazia presso Mussolini). Al problema istituzionale dei<br />
rapporti fra poteri e istituzioni, fra madrepatria e colonie, Lessona non sa<br />
quale soluzione offrire se non una riproposizione teorica e schematica delle<br />
verticalità e delle gerarchie dello Stato totalitario fascista. Proprio Lessona,<br />
in particolare, insiste nel carattere strategico del razzismo fascista e <strong>della</strong><br />
necessità del rispetto <strong>della</strong> legislazione razziale: non solo «nessun potere ai<br />
ras» ma nessuna seppur minima concessione che anche solo lontanamente<br />
avrebbe potuto ricordare l’elargizione <strong>di</strong> qualche <strong>di</strong>ritto agli «in<strong>di</strong>geni»<br />
doveva essere praticata nell’Impero. Sono solo alcuni esempi, ma su punti<br />
decisivi, <strong>della</strong> impressionante pochezza <strong>della</strong> classe <strong>di</strong>rigente fascista.<br />
Quello, infine, che colpisce è che sia Fossa sia Lessona hanno compreso<br />
molte cose. Hanno compreso che l’Impero non esiste. Che forse non sarebbe<br />
esistito per molto tempo ancora. Che le immense risorse economiche gettate<br />
dal regime nella fucina <strong>della</strong> guerra sono state quin<strong>di</strong> sprecate. Che la pace<br />
europea è stata messa a repentaglio per una politica, <strong>di</strong> cui essi e <strong>il</strong> regime<br />
sono responsab<strong>il</strong>i, la quale – invece <strong>di</strong> dare i frutti afferrati da Londra, Parigi<br />
e persino Lisbona – non crea al Paese che problemi e <strong>di</strong>fficoltà.<br />
Lo hanno compreso e se lo scrivono, per quanto ognuno addossando a<br />
qualcun altro le responsab<strong>il</strong>ità (Fossa a Lessona, Lessona a Graziani). Ma<br />
non c’è un f<strong>il</strong>o d’autocritica. Sanno, ma non vogliono trarre le conseguenze.<br />
Non furono i problemi, né le conseguenze dei loro atti, né i movimenti<br />
nazionali e anticoloniali a scalzare questo «Impero» e i suoi fondatori. Ci<br />
sarebbero volute, e al fine ci vollero, la guerra mon<strong>di</strong>ale e la Resistenza per<br />
sbarazzare <strong>il</strong> Paese da questa classe <strong>di</strong>rigente. Purtroppo, a quel punto, sul<br />
passato Impero cadde <strong>il</strong> s<strong>il</strong>enzio, e la sua storia – oltre a quanto già ne<br />
conosciamo 10 – ha ancora tante pagine che attendono <strong>di</strong> essere scritte.<br />
149
Nicola Labanca<br />
L’abbraccio del Duce al Maresciallo Graziani al suo ritorno in Italia<br />
150<br />
I SENTIERI DELLA RICERCA<br />
<strong>rivista</strong> <strong>di</strong> storia contemporanea<br />
EDIZIONI CENTRO STUDI<br />
“Piero Ginocchi”, Crodo<br />
Foto <strong>Del</strong> Papa
Un fatto sugli altri domina: la sicurezza<br />
STRETTAMENTE PERSONALE – doppia busta<br />
5 settembre XV<br />
S.E. ALESSANDRO LESSONA<br />
Ministero Africa Italiana<br />
Roma<br />
Cara Eccellenza,<br />
ritengo mio dovere anche in nome <strong>della</strong> nostra buona amicizia e <strong>della</strong> benevolenza che<br />
mi hai <strong>di</strong>mostrato, scriverti la presente in or<strong>di</strong>ne ad alcuni fra i più importanti problemi<br />
che interessano la vita dell’Impero.<br />
Naturalmente Tu farai l’uso che crederai delle mie informazioni e considerazioni.<br />
Quello che mi importa è che Tu consideri <strong>il</strong> presente documento prova <strong>di</strong> lealtà e <strong>di</strong> affetto.<br />
Premetto che sono un poco rammaricato del mancato riscontro alla mia del 14 agosto<br />
relativa agli articoli apparsi sulla stampa italiana circa i problemi <strong>della</strong> colonizzazione<br />
ed al possib<strong>il</strong>e equivoco intervenuto con S.E. <strong>il</strong> Segretario del Partito per le presunte<br />
<strong>di</strong>versità riscontrate fra le <strong>di</strong>rettive <strong>di</strong> massima <strong>della</strong> colonizzazione e le prime<br />
applicazioni pratiche per la Romagna. Spero tuttavia che la mia lettera sia stata<br />
esauriente e non sussistano più malintesi <strong>di</strong> sorta.<br />
Il primo argomento sul quale mi corre obbligo <strong>di</strong> intrattenerTi è quello relativo<br />
all’or<strong>di</strong>namento m<strong>il</strong>itare dell’Impero.<br />
Secondo quanto si afferma è stato deciso <strong>di</strong> attuare entro l’anno l’or<strong>di</strong>namento m<strong>il</strong>itare<br />
<strong>di</strong> pace. In conseguenza sono in corso <strong>di</strong> smob<strong>il</strong>itazione e <strong>di</strong> rimpatrio circa 70 m<strong>il</strong>a<br />
soldati: 30 m<strong>il</strong>a metropolitani e 40 m<strong>il</strong>a in<strong>di</strong>geni.<br />
Ora, per l'impressione che si ha generalmente qui, i soldati e i legionari metropolitani<br />
che restano, sono, per la situazione <strong>di</strong> oggi, pochi. Insufficienti al bisogno. Sui reparti<br />
in<strong>di</strong>geni si potrà contare sino ad un certo punto.<br />
Anche recentissimi, attuali episo<strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrano che le cosiddette ‘bande’ non hanno<br />
ancora raggiunto quella efficienza, soli<strong>di</strong>tà, coesione, che consenta <strong>di</strong> guardare con<br />
assoluta sicurezza al loro impiego. Si tratta <strong>di</strong> gente inquadrata da poco, che al<br />
momento dell’urto si batte abbastanza bene se perfettissimamente inquadrata, ma –<br />
quando questo non sia oppure veda l’ufficiale ferito – non resiste. Ora la perfezione<br />
dell’inquadramento è sempre relativa, e <strong>di</strong> ufficiali feriti e morti ne abbiamo purtroppo<br />
avuto parecchi in questi ultimi tempi.<br />
Gli abissini sono gente fantasiosa. Sono bastate le prime partenze <strong>di</strong> soldati e <strong>di</strong> operai,<br />
perché preti e cantastorie girassero nei paesi dell’interno annunziando che gli italiani<br />
se ne andavano via.<br />
Le conseguenze non sono mancate e non mancano.<br />
Se effettivamente entro l’anno rimpatrieranno la «Tevere» e la «Pusteria» chi guarderà<br />
la ferrovia e la Dessiè-Ad<strong>di</strong>s Abeba? Se attualmente ai primi segni <strong>di</strong> ribellione nei Galla<br />
151
Nicola Labanca<br />
Sidamo lo Stato Maggiore non avesse potuto inviare in loco, come ha fatto, forze<br />
imponenti che vengono ristab<strong>il</strong>endo l’or<strong>di</strong>ne, che cosa sarebbe successo nell’Ovest? E<br />
se a fine anno i tentativi dovessero essere ripetuti, come verrà fronteggiata la situazione<br />
se le truppe saranno partite? sono questi gli interrogativi che la gente si pone.<br />
Soltanto se noi saremo forti non correremo rischi e la conquista sarà serena e sicura.<br />
Anche l’imminente inizio degli esperimenti <strong>di</strong> colonizzazione nel Semien, nel Cercer,<br />
nei Galla Sidamo richiede un ambiente se non pacifico, sicuro perché forte.<br />
Le popolazioni in<strong>di</strong>gene debbono vedere, sapere, provare la forza. Non conoscono che<br />
quella. I più recenti avvenimenti <strong>di</strong>mostrano che, almeno per ora, non sono soltanto<br />
gli Scioani quelli <strong>di</strong> cui bisogna <strong>di</strong>ffidare, ma anche altre razze. Tutte. Per esempio si<br />
sono ribellati i Galla che, per opinione comune e corrente, erano ritenuti assolutamente<br />
pacifici.<br />
<strong>Del</strong> resto qui c’è <strong>il</strong> Vice Re, <strong>il</strong> Capo <strong>di</strong> Stato Maggiore, <strong>il</strong> Comandante Superiore<br />
dell’Aeronautica, <strong>il</strong> Comandante Superiore dell’Arma dei CC.RR., tanto per citare i<br />
principali. Non mi pare si possa prescindere dai loro pareri – pareri che io mi [sic]<br />
sappia decisamente contrari ad una riduzione <strong>di</strong> effettivi così sollecita come quella che<br />
si vorrebbe attuare.<br />
La nostra non è una forma «inglese» <strong>di</strong> colonizzazione. Gli inglesi tengono le colonie con<br />
pochissima gente. Ma essi hanno lasciato o ad<strong>di</strong>rittura creato dei capi in<strong>di</strong>geni responsab<strong>il</strong>i.<br />
Di fianco a questi capi hanno messo un Residente con un reparto. Il giorno che<br />
<strong>il</strong> capo in<strong>di</strong>geno sgarra viene impiccato e sostituito. Noi abbiamo invece un programma<br />
<strong>di</strong> colonizzazione e <strong>di</strong> popolamento, e non teniamo conto degli in<strong>di</strong>geni come capi. Ed<br />
allora anche <strong>il</strong> problema m<strong>il</strong>itare deve essere riguardato con concetti <strong>di</strong>versi.<br />
Le forze cosiddette <strong>di</strong> pace andranno bene fra qualche tempo. Non bastano ora. Già<br />
i reparti che sono qui si <strong>di</strong>sperdono nei servizi e negli immensi territori dell’Impero.<br />
Alcune decine <strong>di</strong> migliaia <strong>di</strong> uomini <strong>di</strong>ventano piccoli presi<strong>di</strong>. Qui occorrono uomini<br />
e mezzi sufficienti. Le specialità: genio, ra<strong>di</strong>o, motoristi, assicurate per necessità sulle<br />
quali soltanto lo Stato Maggiore può essere giu<strong>di</strong>ce. Segnalo ancora la deficienza <strong>di</strong><br />
officine meccaniche: un motore guasto costituisce la gioia dell’in<strong>di</strong>geno.<br />
Non si creda che gli stessi uomini attualmente mob<strong>il</strong>itati siano eccessivi come numero<br />
e <strong>della</strong> migliore qualità. I Capi sono generalmente elementi scelti, ma fra gli ufficiali<br />
inferiori – Esercito e M<strong>il</strong>izia – si notano e si lamentano spesso deficienze, e nella massa<br />
dei volontari – Esercito e M<strong>il</strong>izia – sono numerosi quelli che, più che per spirito<br />
m<strong>il</strong>itare, sono venuti in A.O. per sistemarsi come civ<strong>il</strong>i, e gli Uffici del Lavoro non<br />
fanno che ricevere soldati e m<strong>il</strong>iti che chiedono <strong>di</strong> essere occupati come lavoratori.<br />
Informazioni concor<strong>di</strong> <strong>di</strong> ufficiali e soldati <strong>di</strong>mostrano [che] la tattica dei cosiddetti<br />
ribelli ha subito e subisce una continua trasformazione in senso evoluto e m<strong>il</strong>itare. I<br />
combattimenti non sono ormai quasi più <strong>il</strong> caotico urto <strong>di</strong> due anni fa. Un principio<br />
<strong>di</strong> tecnica c’è. E le armi moderne e le munizioni non mancano.<br />
La fase dell’occupazione e <strong>della</strong> pacificazione non è ancora compiuta. È questa una<br />
realtà <strong>della</strong> quale bisogna tener conto. Ieri ho avuto un lungo colloquio col camerata<br />
152
Un fatto sugli altri domina: la sicurezza<br />
Generale Mischi. Mischi, per l’azione <strong>di</strong> penetrazione che ha saputo svolgere e per <strong>il</strong><br />
suo coraggio, è certamente uno dei Comandanti <strong>di</strong> settore che si trovano [sic] in<br />
con<strong>di</strong>zioni migliori. Sostanzialmente i miei dubbi e preoccupazioni, conseguenza <strong>di</strong><br />
opinioni raccolte nei più svariati ambienti, sono stati in pieno confermati dalle sue<br />
parole.<br />
Le sollecite partenze dei soldati e degli operai (40 m<strong>il</strong>a operai in tre mesi) hanno<br />
determinata una effervescenza dell’ambiente in<strong>di</strong>geno. Continuare per questa strada<br />
potrebbe recarci qualche sorpresa.<br />
Per i rimpatri dei soldati è desiderab<strong>il</strong>e una gradualità maggiore. E nel contempo si<br />
ravvisa sempre <strong>di</strong> più la necessità <strong>di</strong> sv<strong>il</strong>uppare una azione intesa ad irretire la vita<br />
dell’Impero <strong>di</strong> un complesso così solido <strong>di</strong> provve<strong>di</strong>menti nei settori civ<strong>il</strong>e, sociale ed<br />
economico, da poter resistere ad ogni evenienza.<br />
Tornando al problema m<strong>il</strong>itare un provve<strong>di</strong>mento ottimo appare quello <strong>di</strong> stab<strong>il</strong>ire<br />
l’obbligo per i Commissari, Residenti, ecc. <strong>di</strong> imparare, nel termine più breve possib<strong>il</strong>e,<br />
la lingua locale. La peste maggiore sono gli interpreti e gli informatori. Buone volte si<br />
è dovuto provvedere a fuc<strong>il</strong>arne <strong>di</strong>versi perché trovati in flagrante reato. Bisogna che<br />
i <strong>di</strong>rigenti, m<strong>il</strong>itari e civ<strong>il</strong>i, dei Dipartimenti siano in grado, quanto più presto è<br />
possib<strong>il</strong>e, <strong>di</strong> mettersi a contatto <strong>di</strong>retto con la popolazione in<strong>di</strong>gena. O quanto meno<br />
<strong>di</strong> controllare gli interpreti, se per una ragione <strong>di</strong> prestigio si dovessero conservare gli<br />
interpreti stessi.<br />
Come <strong>di</strong>cevo più sopra <strong>di</strong>fetti ed errori ve ne sono e se ne compiono. Per essi le<br />
Gerarchie responsab<strong>il</strong>i potranno gradualmente provvedere. Ma un fatto sugli altri<br />
domina: la sicurezza. Ove questa non sia garantita possono capitare guai seri, ed i<br />
rime<strong>di</strong> che dovrebbero essere presi, indubbiamente costerebbero moralmente e<br />
materialmente assai <strong>di</strong> più <strong>di</strong> quanto possa oggi costare <strong>il</strong> considerare realisticamente<br />
la situazione per quello che è.<br />
La situazione <strong>di</strong> oggi non è tale da creare gravi preoccupazioni. Ogni movimento ribelle<br />
viene dall’inizio isolato e stroncato. Questo si può fare oggi e si fa. Ed è in<strong>di</strong>spensab<strong>il</strong>e<br />
che si possa fare sempre.<br />
<strong>Del</strong> resto – secondo quanto si afferma dai competenti – è sopratutto una maggiore<br />
gradualità che occorre. Dar tempo al tempo e cioè fare in modo che la vita dell’Impero<br />
possa consolidarsi in un regime <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne.<br />
Il secondo argomento sul quale voglio intrattenerTi è dato dalla situazione economica.<br />
Intorno ai problemi economici dell’Impero sono vivissime, negli ambienti dell’A.O.I.<br />
<strong>di</strong>scussioni che naturalmente si svolgono senza alcuna pubblicità ma che non per<br />
questo sono meno vive, appassionate e profonde.<br />
I provve<strong>di</strong>menti del contingentamento, <strong>della</strong> esportazione, <strong>della</strong> valuta, sono naturalmente<br />
all’or<strong>di</strong>ne del giorno.<br />
Si ha la impressione che i pareri siano <strong>di</strong>scor<strong>di</strong> e che non si tenga sufficientemente conto,<br />
da parte del Ministero, <strong>di</strong> quelle che sono le proposte che vengono avanzate da qui,<br />
proposte conseguenza <strong>di</strong> esperienza che ogni giorno ciascuno nel proprio settore fa.<br />
153
Nicola Labanca<br />
Roma deve giustamente avere una preminente, <strong>di</strong>retta e continua ingerenza nella vita<br />
dell’Impero, ma d’altra parte si pensa da parecchi – e non soltanto negli ambienti del<br />
Governo Generale – essere in<strong>di</strong>spensab<strong>il</strong>e da parte vostra una maggiore considerazione<br />
degli stu<strong>di</strong> che vengono compiuti in A.O.I.<br />
Si ha l’impressione che taluni problemi non siano sempre considerati in tutti i loro aspetti.<br />
La economia <strong>di</strong> qui si mantiene in uno stato vitale e pulsante ma purtroppo<br />
prevalentemente artificioso. Le iniziative private sono lente e si muovono in mezzo a<br />
gravissime <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne burocratico. Le pratiche relative affogano fra le carte,<br />
non si sa bene se qui, presso i Governi Territoriali, o a Roma.<br />
Secondo precise in<strong>di</strong>cazioni del Banco <strong>di</strong> Roma, in certi campi (per esempio: caffè, oro,<br />
pelli) abbiamo perduto terreno rispetto alla situazione del periodo negussita, e, sempre<br />
secondo quanto si afferma dal Banco <strong>di</strong> Roma e dagli altri competenti <strong>di</strong> qui, nel campo<br />
economico non si vede ancora chiaro per un miglioramento.<br />
Bisogna decidersi: o <strong>il</strong> Governo Generale dell’A.O.I. ha funzioni prevalentemente<br />
ispettive e la responsab<strong>il</strong>ità <strong>della</strong> organizzazione economica e civ<strong>il</strong>e è dei singoli<br />
Governi Territoriali, <strong>di</strong> concerto col Ministero, o la Direzione Superiore degli Affari<br />
Economici del Governo Generale dell’ A.O.I. (tanto per citarne una) è certamente al<br />
<strong>di</strong> sotto <strong>della</strong> situazione.<br />
Appare assolutamente necessario ed urgente che Tu esamini <strong>il</strong> problema e prenda<br />
opportune decisioni <strong>di</strong> in<strong>di</strong>rizzo.<br />
Le Consulte sono un Istituto teoricamente ottimo e che indubbiamente assolve [sic]<br />
a funzioni politiche importanti, ma per quanto riguarda la pratica soluzione <strong>di</strong><br />
determinati problemi ha [sic] <strong>il</strong> <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> essere formato in massima parte da<br />
personaggi che non conoscono l’Impero, non vi sono mai stati o ci sono stati in visita<br />
15 giorni, e poi stanno a Roma, seim<strong>il</strong>a ch<strong>il</strong>ometri e più dal terreno dell’azione. Io l’ho<br />
esperimentato per quello che riguarda la Consulta del Lavoro, e penso che pressapoco<br />
[sic] capiterà lo stesso anche per le altre.<br />
Il programma <strong>di</strong> organizzazione dell’Economia dell’Impero dovrebbe a mio modo <strong>di</strong><br />
vedere essere <strong>di</strong>sposto attraverso la più stretta collaborazione fra Ministero, Governo<br />
Generale e Partito.<br />
I due argomenti sopra in<strong>di</strong>cati, m<strong>il</strong>itare ed economico, portano a considerare la<br />
posizione dei rapporti fra <strong>il</strong> Governo Generale ed <strong>il</strong> Ministero.<br />
Tu hai detto giustamente al Senato che non vi può essere dubbio in or<strong>di</strong>ne alla chiarezza<br />
<strong>di</strong> tali rapporti partendo dalla considerazione che si tratta <strong>di</strong> due organi <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa<br />
posizione gerarchica: ma indubbiamente nella realtà se occorre da parte del Governo<br />
Generale tener conto che <strong>il</strong> Ministero è un Istituto Superiore, d’altra parte <strong>il</strong> Ministero<br />
non può prescindere dalla consapevolezza e dalla responsab<strong>il</strong>ità delle Gerarchie<br />
dell’Impero da esso stesso nominate.<br />
Io non ho ancora visto, da quando sono tornato in A.O.I., S.E. <strong>il</strong> Vice Re che è in visita<br />
ai territori del Nord; ma ho avuto in questi giorni lunghi ed ampi colloqui con S.E. <strong>il</strong><br />
Vice Governatore Generale.<br />
154
Un fatto sugli altri domina: la sicurezza<br />
Sono sempre più convinto essere necessaria una Tua sollecita presenza in A.O.I. e per<br />
l’avvenire i più frequenti, possib<strong>il</strong>i, personali contatti fra le Gerarchie del Ministero ed<br />
<strong>il</strong> Governo Generale.<br />
Coi telegrammi si risolve ben poca cosa, anzi certe posizioni si inaspriscono a tutto<br />
scapito dell’interesse reciproco e generale.<br />
So <strong>della</strong> Tua lettera a S.E. Petretti relativamente alla questione dei cosiddetti «pieni<br />
poteri» e <strong>della</strong> ampia risposta inviataTi dalla stessa Eccellenza.<br />
Evidentemente più che <strong>della</strong> forma ed esteriorità occorre occuparsi e preoccuparsi <strong>della</strong><br />
sostanza.<br />
Qui non si tratta <strong>di</strong> dare maggiore sod<strong>di</strong>sfazione a questa od a quella personalità quanto<br />
<strong>di</strong> trovare per la vita, lo sv<strong>il</strong>uppo, la potenza dell’Impero la migliore possib<strong>il</strong>e soluzione<br />
contemperando le assolute necessità dell’Impero per la sua organizzazione ed <strong>il</strong> suo<br />
progresso con quelle che sono le attuali abbastanza scarse possib<strong>il</strong>ità dalla Madre Patria.<br />
Si <strong>di</strong>ce che sia imminente una Tua visita.<br />
Io mi auguro fervi<strong>di</strong>ssimamente che la notizia sia vera perché penso, ripeto, che<br />
soltanto ‘in loco’ e con la Tua in<strong>di</strong>scussa ed in<strong>di</strong>scutib<strong>il</strong>e autorità, potrai affrontare e<br />
definire questioni che – cred<strong>il</strong>o – viste qui, appaiono tuttaffatto [sic] <strong>di</strong>verse <strong>di</strong> quanto<br />
non possa risultare esaminandole da Roma.<br />
Considerato, come <strong>di</strong>cevo più sopra, che in materia <strong>di</strong> problemi imperiali la ignoranza<br />
è moltissima e che le stesse Consulte Ti possono dare un contributo relativo, io che Ti<br />
voglio veramente bene, Ti ammiro, Ti stimo e Ti apprezzo, penso che Tu finisca per<br />
assumerTi, solo e personalmente, troppo gravi responsab<strong>il</strong>ità e che sia invece quanto<br />
mai ut<strong>il</strong>e e necessario determinare fra Te ed <strong>il</strong> Governo Generale solidarietà completa,<br />
fattiva e sostanziale. Solidarietà che deve scaturire da intese <strong>di</strong>rette e personali e da<br />
fiducia reciproca, ma che non potrà mai invece essere data dalla schermaglia telegrafica<br />
degli alti funzionari.<br />
Quarto elemento sul quale voglio portare la Tua considerazione in questa lunga ma,<br />
spero, non inut<strong>il</strong>e lettera, è la posizione e funzione del Partito in A.O.I.<br />
Il Partito non è sufficientemente valorizzato nei territori dell’Impero.<br />
Non parlo tanto per me, che in definitiva dal punto <strong>di</strong> vista personale non posso certo<br />
lamentarmi, quanto del problema in sé e per sé.<br />
Molti aspetti <strong>di</strong> questa poco piacevole situazione sono stati rappresentati dai Segretari<br />
Federali in tutte le riunioni e particolarmente nell’ultima.<br />
Da parte delle Gerarchie e dell’alta burocrazia si notano troppo spesso, nei confronti<br />
del Partito, incomprensioni e gelosie.<br />
Si rischia in talune località <strong>di</strong> vedere riaffiorare le <strong>di</strong>visioni e le polemiche che <strong>di</strong>eci o<br />
do<strong>di</strong>ci anni fa si facevano in Patria per i rapporti fra i Prefetti ed i Segretari Federali.<br />
Pensa che un Governatore è arrivato a chiedere – a voce e per iscritto – che gli venissero<br />
precisati, per iscritto, i compiti e le funzioni <strong>della</strong> Segreteria Federale.<br />
Appare opportuno che – in linea generale – venga segnalata la necessità <strong>di</strong> una maggiore<br />
valorizzazione del Partito.<br />
155
Nicola Labanca<br />
Il Partito deve apparire l’anello <strong>di</strong> congiunzione tra la popolazione metropolitana ed<br />
<strong>il</strong> Governo, deve essere considerato strumento d’azione del Governo in tutti i settori.<br />
Tu compren<strong>di</strong> che anche gli stessi problemi in<strong>di</strong>geni non possono sfuggire alla<br />
considerazione ed all’indagine del Partito, sempre s’intende come forma <strong>di</strong> subor<strong>di</strong>nata<br />
collaborazione. Il lavoro degli in<strong>di</strong>geni, la proprietà terriera, l'educazione dei giovani<br />
– tanto per citare appena qualche argomento – sono evidentemente <strong>di</strong>rettamente<br />
connessi a problemi <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne generale che non possono lasciare in<strong>di</strong>fferente <strong>il</strong> Partito.<br />
È ri<strong>di</strong>colo sentirsi <strong>di</strong>re: «voi non c’entrate».<br />
Ti ringrazio delle <strong>di</strong>sposizioni date per quanto riguarda <strong>il</strong> lavoro degli in<strong>di</strong>geni, ma ve<strong>di</strong><br />
che è stato necessario che intervenissi Tu personalmente.<br />
Sempre a proposito <strong>di</strong> come è considerato da certi funzionari <strong>il</strong> Partito vi è quell’altro<br />
episo<strong>di</strong>o delle Commissioni <strong>di</strong> Stu<strong>di</strong>o che vengono in A.O.I. e che non avrebbero<br />
dovuto avere nessun contatto col Partito «perché la loro attività ed i loro programmi<br />
investono esclusivamente la competenza dei Governi» (!!!)<br />
Attualmente alle Segreterie federali vi sono dei vecchi camerati che hanno notevole<br />
esperienza <strong>della</strong> vita del Partito ed una squisita sensib<strong>il</strong>ità politica.<br />
I Governi possono e debbono, a mio modo <strong>di</strong> vedere, considerare <strong>il</strong> Partito con assoluta<br />
fiducia e servirsi <strong>di</strong> esso.<br />
Per quanto riguarda le popolazioni metropolitane, vi è tutto <strong>il</strong> settore morale che non<br />
può essere considerato soltanto dal punto <strong>di</strong> vista <strong>della</strong> polizia: vi è quello economico<br />
che, in attesa <strong>della</strong> attuazione dell’or<strong>di</strong>namento sindacale nelle terre dell’Impero, può<br />
e deve essere campo <strong>di</strong> proficua azione per <strong>il</strong> Partito.<br />
Insomma pure comprendendo appieno che la posizione delle Segreterie Federali nei<br />
confronti dei Governi non può essere uguale a quella delle Segreterie federali nel<br />
confronti delle Prefetture, bisogna che si senta <strong>di</strong> più quella che è la presenza, l’influenza<br />
e l’importanza del Partito. Dire in che modo è <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e perché <strong>il</strong> problema presenta punti<br />
<strong>di</strong> squisita sensib<strong>il</strong>ità, ma io ho segnalato a Te – fascista – la questione e le preoccupazioni.<br />
Prima dell’Impero, <strong>il</strong> Partito in Colonia era considerato ben poco e d’altra parte aveva<br />
ben poco da fare, ma oggi naturalmente la situazione è assolutamente <strong>di</strong>versa.<br />
Non dovrai in alcun modo dolerTi, cara Eccellenza, <strong>della</strong> presente che è certamente fra<br />
le lettere più importanti che io abbia mai scritto nella mia vita.<br />
Ho molto considerato, prima <strong>di</strong> scriverla, ed è stata dettata dalla responsab<strong>il</strong>ità che voi<br />
mi avete affidata e dal sincero, profondo affetto che io sento nei Tuoi confronti.<br />
Ti ripeto – come ho cominciato – considerala un documento <strong>di</strong> lealtà e <strong>di</strong> devota<br />
fraterna amicizia.<br />
156<br />
(Davide Fossa)
Un fatto sugli altri domina: la sicurezza<br />
Roma 16 settembre 1937-XV<br />
all’On. Dott. Davide Fossa<br />
Ispettore Fascista del lavoro<br />
per l’Africa Orientale Italiana<br />
Ad<strong>di</strong>s Abeba<br />
Caro Fossa,<br />
ho letto con vivo interesse la tua lettera personale che tratta dei principali problemi<br />
dell’Impero e ti ringrazio anzitutto <strong>di</strong> avermela voluta in<strong>di</strong>rizzare perché soltanto con<br />
un cor<strong>di</strong>ale e schietto spirito <strong>di</strong> collaborazione tra tutte le gerarchie si può riuscire a fare<br />
qualche cosa <strong>di</strong> positivo.<br />
Se tutti usassero lo stesso sistema invece <strong>di</strong> rifugiarsi nei trinceroni <strong>di</strong> una ster<strong>il</strong>e<br />
polemica, se tutti esponessero chiaramente e con assoluta franchezza <strong>il</strong> loro pensiero,<br />
non per amore <strong>della</strong> critica ma con l’intento <strong>di</strong> portare <strong>il</strong> proprio contributo alla<br />
soluzione delle gravi questioni che si presentano a chi ha la responsab<strong>il</strong>ità dell’avvenire<br />
dell’Impero, le cose andrebbero certamente meglio.<br />
Rispondo punto per punto a quanto mi prospetti:<br />
1°) Or<strong>di</strong>namento M<strong>il</strong>itare. Premetto che scrivo in via strettamente personale e<br />
confidenziale al camerata Fossa al quale desidero esprimere <strong>il</strong> mio pensiero con<br />
altrettanta lealtà <strong>di</strong> linguaggio. Nonostante l’attuale situazione dell’Impero, che non<br />
è preoccupante ma è certamente fasti<strong>di</strong>osa, sono ancora convinto che si sarebbe potuto<br />
entro l’anno arrivare all’or<strong>di</strong>namento m<strong>il</strong>itare <strong>di</strong> pace risparmiando molte centinaia <strong>di</strong><br />
m<strong>il</strong>ioni che avrebbero potuto essere ut<strong>il</strong>mente impiegati nelle iniziative <strong>di</strong><br />
colonizzazione demografica. Superfluo ricordare a te, che ne sei sempre stato tenace<br />
assertore, che la colonizzazione demografica me<strong>di</strong>ante i reparti <strong>di</strong> lavoratori agricoli<br />
inquadrati nella m<strong>il</strong>izia avrebbe rappresentato almeno in buona parte un sicuro<br />
surrogato <strong>della</strong> organizzazione <strong>della</strong> sicurezza dell’Impero basata, quale è attualmente,<br />
soltanto sui reparti regolari dell’Esercito e <strong>della</strong> M<strong>il</strong>izia. A parte questo, desidero anche<br />
aggiungere non per fare r<strong>il</strong>ievi a chicchessia ma soltanto per esprimerti appieno <strong>il</strong> mio<br />
giu<strong>di</strong>zio che se si fosse seguita una <strong>di</strong>versa linea politica quale fu ripetutamente in<strong>di</strong>cata<br />
da questo Ministero, le cose non sarebbero oggi al punto da richiedere la presenza in<br />
A.O. <strong>di</strong> una così ingente massa <strong>di</strong> truppe.<br />
Nessuno si nasconde né si è mai nascosto che in un paese come l’Etiopia esistono ed<br />
esisteranno ancora per molti anni focolai <strong>di</strong> <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni e <strong>di</strong> brigantaggio. Quello che si<br />
poteva e si doveva evitare era l’estendersi <strong>della</strong> ribellione propriamente politica. Ormai<br />
inut<strong>il</strong>e recriminare; certo è che allo stato attuale dei fatti è necessario mantenersi in<br />
forze fino a completa chiarificazione <strong>della</strong> situazione. Pertanto, pur rendendomi conto<br />
del gravissimo onere che ne deriverà alla finanza, ho dato <strong>di</strong>sposizioni perché siano<br />
sospesi i rimpatri delle truppe metropolitane e i congedamenti <strong>di</strong> quelle in<strong>di</strong>gene.<br />
157
Nicola Labanca<br />
Coma ve<strong>di</strong>, pure non concordando nelle premesse siamo venuti alla stessa conclusione.<br />
Riferendomi ad un tuo inciso circa la necessità <strong>di</strong> stab<strong>il</strong>ire l’obbligo per i Commissari,<br />
i Residenti ecc. d’imparare la lingua locale, ti faccio presente che esiste già una precisa<br />
<strong>di</strong>sposizione che obbliga gli addetti <strong>di</strong> Governo appena entrati in carriera a seguire un<br />
corso regolare <strong>di</strong> lingue parlate nelle nostre colonie e che le lingue stesse sono materia<br />
<strong>di</strong> esame per la promozione a Commissario Regionale.<br />
2°) Situazione economica. Quando sei venuto in Italia ti ho <strong>di</strong>mostrato, documenti alla<br />
mano, che le <strong>di</strong>fficoltà all’afflusso delle Ditte industriali e commerciali nell’Impero<br />
erano poste non già dal Ministero ma unicamente dal Governo generale.<br />
Posso aggiungere che ancora oggi attendo invano una risposta alla mia lettera n. 15269<br />
del 3 luglio con la quale chiedevo al Governo generale precise proposte in materia <strong>di</strong><br />
autorizzazione <strong>di</strong> licenze. Ho fatto tre solleciti che sono sinora caduti nel vuoto.<br />
Pertanto non è esatto che non si tenga sufficientemente conto delle proposte del<br />
Governo generale perché queste proposte, per quanto sollecitate, non vengono affatto.<br />
È esattissimo quanto riferisci in base a precise in<strong>di</strong>cazioni del Banco <strong>di</strong> Roma e cioè che<br />
in certi campi abbiamo perduto terreno rispetto alla situazione del periodo negussita.<br />
È questo infatti <strong>il</strong> settore nel quale <strong>il</strong> Governo generale ha completamente mancato ai<br />
suoi compiti trascurando tutte le <strong>di</strong>rettive impartite da Roma.<br />
3°) La questione dei rapporti tra <strong>il</strong> Governo generale ed <strong>il</strong> Ministero cui tu accenni anche<br />
nell’ultima parte del punto secondo, è indubbiamente fondamentale. D’accor<strong>di</strong>ssimo<br />
che i contatti personali sono proficui: non mi si può certo rimproverare <strong>di</strong> non essere<br />
venuto frequentemente nell’Impero... anche a <strong>di</strong>spetto dei santi. In quanto alle visite<br />
delle Autorità dell’Impero a Roma, posso però osservare che non sono state altrettanto<br />
proficue: cito <strong>il</strong> caso <strong>di</strong> Petretti e in piccola parte anche <strong>il</strong> tuo. Quando siete venuti a Roma<br />
vi siete convinti che da parte del Ministero vi è la massima buona volontà <strong>di</strong> collaborazione<br />
cor<strong>di</strong>ale, la massima comprensione delle reali esigenze dell’Impero e delle <strong>di</strong>fficoltà<br />
in cui vi <strong>di</strong>battete tanto che in breve si è raggiunto l’accordo su molti problemi. Per<br />
ricordarti un caso tipico e <strong>di</strong> grande importanza mi riferisco proprio al sistema delle<br />
autorizzazioni per attività commerciali e industriali e dell’afflusso delle <strong>di</strong>tte: tutti vi siete<br />
convinti che <strong>il</strong> sistema è ottimo e che con una maggiore larghezza da parte delle Autorità<br />
dell’Impero tutto sarebbe proceduto nel migliore dei mo<strong>di</strong>. Appena tornati costì vi<br />
lasciate irretire dall’ambiente e tornate ad accusare <strong>il</strong> Ministero <strong>di</strong> porre intralci<br />
burocratici all’attuazione dell’avvaloramento economico dell’A.O.<br />
Tu sai benissimo che più che del parere delle Consulte io fido nella mia personale<br />
esperienza ed in quella dei miei imme<strong>di</strong>ati collaboratori che <strong>di</strong> colonie in genere e <strong>di</strong><br />
Africa Orientale in specie s’intendono certamente (per essere ottimisti) tanto quanto<br />
le attuali autorità dell’A.O.<br />
Ma affrontiamo pure <strong>il</strong> problema fondamentale dei rapporti tra Ministero e Governo<br />
generale. È evidente che accentrando tutto ad Ad<strong>di</strong>s Abeba, <strong>di</strong>co anche la pratiche <strong>di</strong><br />
or<strong>di</strong>naria amministrazione, <strong>il</strong> Governo generale costituisce un superfluo duplicato del<br />
Ministero frapponendosi fra questo ed i cinque Governi dell’A.O. È evidente che uno<br />
158
Un fatto sugli altri domina: la sicurezza<br />
dei due organi deve rinunciare in gran parte alle sue attuali funzioni. Non voglio farmi<br />
usbergo delle norme giuri<strong>di</strong>che ricordando che la legge organica è molto precisa al<br />
riguardo, poiché qui siamo in tema <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussione politica e non giuri<strong>di</strong>ca. Ora io <strong>di</strong>co:<br />
a) l’impossib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> <strong>di</strong>rigere al centro la vita <strong>di</strong> una grande colonia esisteva tre secoli fa;<br />
non esiste certamente oggi quando la ra<strong>di</strong>o e l’aeroplano hanno posto i posse<strong>di</strong>menti<br />
d’oltremare in quasi imme<strong>di</strong>ata vicinanza <strong>della</strong> metropoli;<br />
b) <strong>il</strong> Ministero è in grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>rigere meglio che non <strong>il</strong> Governo generale l’attività dei<br />
Governi territoriali (intendo naturalmente nelle gran<strong>di</strong> linee) perché ha la possib<strong>il</strong>ità<br />
<strong>di</strong> conformare le proprie <strong>di</strong>rettive alla reale situazione del paese nei vari settori <strong>di</strong><br />
attività politica ed economica mantenendosi a stretto contatto con tutte le altre<br />
branche <strong>di</strong> attività statali corporative e private e <strong>di</strong> adeguare le stesse <strong>di</strong>rettive alla<br />
situazione internazionale;<br />
c) <strong>il</strong> Ministero ha <strong>il</strong> compito <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>sporre i provve<strong>di</strong>menti legislativi per l’Impero che<br />
in numero <strong>di</strong> trenta in me<strong>di</strong>a per seduta vengono sottoposti all’approvazione del<br />
Consiglio dei Ministri. Per questa sua altissima funzione <strong>il</strong> Ministero deve seguire da<br />
vicino tutte le attività che si svolgono nell’Impero, altrimenti si farebbe <strong>della</strong> pura<br />
accademia giuri<strong>di</strong>ca;<br />
d) si <strong>di</strong>mentica poi troppo fac<strong>il</strong>mente che in un Regime autoritario l’autorità centrale<br />
dev’essere continuamente al corrente <strong>di</strong> tutte le attività periferiche cui impartisce<br />
<strong>di</strong>rettamente le proprie istruzioni. Gli ambasciatori <strong>della</strong> Repubblica Veneta potevano<br />
godere <strong>di</strong> una certa autonomia, ma gli ambasciatori dell’epoca fascista non sono altro<br />
che dei d<strong>il</strong>igenti esecutori degli or<strong>di</strong>ni che loro vengono impartiti quoti<strong>di</strong>anamente dal<br />
centro con la ra<strong>di</strong>o, <strong>il</strong> telegrafo, <strong>il</strong> telefono e l’aeroplano;<br />
e) infine è da tenere ben presente la formidab<strong>il</strong>e personalità del Duce <strong>il</strong> quale non<br />
trascura fin nei minimi particolari ciò che ha attinenza in Italia e in Africa alla vita dello<br />
Stato e <strong>della</strong> Nazione. Si <strong>di</strong>mentica che <strong>il</strong> Ministero dell’Africa Italiana funziona come<br />
una specie <strong>di</strong> grande segreteria per gli affari africani agli or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong>retti ed imme<strong>di</strong>ati del<br />
Capo del Governo <strong>il</strong> quale ne intende seguire ed in<strong>di</strong>rizzare giorno per giorno tutta<br />
l’azione. È un fatto che i rapporti tra <strong>il</strong> Ministero e i cinque Governi territoriali si sono<br />
sempre mantenuti nello spirito <strong>di</strong> una perfetta collaborazione e sono stati veramente<br />
proficui, mentre gli intoppi e le polemiche sono venuti unicamente dal Governo<br />
generale <strong>di</strong> Ad<strong>di</strong>s Abeba.<br />
Allora, tu mi <strong>di</strong>rai, che cosa ci sta a fare <strong>il</strong> Governo generale? Ma <strong>il</strong> Governo generale<br />
aveva e dovrebbe avere ben altri compiti che quello <strong>di</strong> costituire un doppione<br />
burocratico degli uffici ministeriali frapponendosi con uffici mastodontici come un<br />
<strong>di</strong>aframma tra l’autorità centrale e i cinque Governi territoriali.<br />
Quando si è fatta la legge organica si è avuto ben presente <strong>di</strong> evitare questa possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong><br />
costituire un superfluo duplicato; infatti si è stab<strong>il</strong>ito che i cinque Governi potevano<br />
corrispondere <strong>di</strong>rettamente con <strong>il</strong> Ministero per gli affari <strong>di</strong> or<strong>di</strong>naria amministrazione<br />
e che <strong>il</strong> Governo generale aveva <strong>il</strong> compito <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>namento per l’attuazione delle<br />
<strong>di</strong>rettive impartite dal Ministero. Tutti gli uffici del Governo generale non avevano<br />
159
Nicola Labanca<br />
quin<strong>di</strong> funzioni sedentarie burocratiche ma compiti <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>namento che evidentemente<br />
meglio si esplicano me<strong>di</strong>ante attività ispettive visitando <strong>di</strong>rettamente ogni territorio<br />
dell’Impero per rendersi esatto conto dell’applicazione delle istruzioni <strong>di</strong> Roma. Non mi<br />
risulta che i funzionari del Governo generale a cominciare dal vice Governatore generale<br />
siano mai usciti da Ad<strong>di</strong>s Abeba. Lo stesso Viceré si è deciso a farlo dopo che <strong>il</strong> Capo del<br />
Governo ha in<strong>di</strong>cato come molto opportune le sue visite ai vari territori.<br />
Il Governo generale ha inteso invece <strong>di</strong> accentrare ogni potere ad Ad<strong>di</strong>s Abeba,<br />
sostituendosi da una parte al Ministero e dall’altra agli stessi cinque Governi territoriali<br />
che per ovvie ragioni essendo ad imme<strong>di</strong>ato contatto dei paesi e delle popolazioni<br />
potevano più efficacemente realizzare gli or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Roma; e così è avvenuto che le<br />
pratiche si fermano ad Ad<strong>di</strong>s Abeba per dei mesi, essendo evidente l’impossib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong><br />
poter fare tutto da Ad<strong>di</strong>s Abeba. In altri termini <strong>il</strong> Governo generale avrebbe dovuto<br />
attuare un larghissimo decentramento nel campo amministrativo, limitarsi a curare<br />
l’esatto adempimento delle <strong>di</strong>rettive generali impartite dal Duce e dal Ministero<br />
dell’Africa Italiana <strong>di</strong> cui è stato costantemente informato, e dare a sua volta soltanto<br />
le <strong>di</strong>rettive d’or<strong>di</strong>ne generale nel settore politico m<strong>il</strong>itare ed economico.<br />
Infine, caro Fossa, tu stesso poni come assiomatica la <strong>di</strong>pendenza gerarchica del<br />
Governo generale dal Ministero dell’Africa Italiana.<br />
Ora una delle prime conseguenze <strong>della</strong> gerarchia è la <strong>di</strong>sciplina e non già l’insofferenza <strong>di</strong> ogni<br />
or<strong>di</strong>ne impartito dal superiore. È invece costantemente avvenuto che <strong>il</strong> Governo generale,<br />
invocando una molta aleatoria <strong>di</strong>pendenza <strong>di</strong>retta dal Duce, ha sempre tentato <strong>di</strong> scavalcare<br />
ed ignorare <strong>il</strong> Ministero dell’Africa Italiana. Ha sempre assunto apertamente un atteggiamento<br />
<strong>di</strong> ost<strong>il</strong>ità e <strong>di</strong> critica alle <strong>di</strong>rettive del Ministero, usando anche un linguaggio offensivo<br />
sia nei rapporti interni che in pubbliche riunioni. In queste con<strong>di</strong>zioni non si può certo<br />
parlare <strong>di</strong> collaborazione e tanto meno <strong>di</strong> cor<strong>di</strong>alità poiché quando l’inferiore pretende <strong>di</strong><br />
controbattere tutti gli or<strong>di</strong>ni del superiore senza porsi con spirito aperto <strong>di</strong> cameratismo a<br />
suo fianco, è perfettamente inut<strong>il</strong>e ricercare da quale parte stia <strong>il</strong> torto.<br />
Tu sai che tanto nel settore politico quanto in quello economico le mie <strong>di</strong>rettive non<br />
solo non sono mai state applicate ma è stato fatto precisamente tutto <strong>il</strong> contrario, cosa<br />
veramente inconcepib<strong>il</strong>e in un Regime sostenitore delle gerarchie come <strong>il</strong> nostro.<br />
<strong>Del</strong> resto <strong>il</strong> più chiaro esempio <strong>di</strong> come <strong>il</strong> Governo generale dovrebbe funzionare me<br />
lo dai tu stesso, caro Fossa, con l’organizzazione dell’ispettorato del Partito in A.O. Tu<br />
non hai mai inteso costituire un’altra <strong>di</strong>rezione del Partito ad Ad<strong>di</strong>s Abeba, né<br />
sostituirti a Starace nelle sue funzioni <strong>di</strong> Segretario del Partito. Né hai mai inteso <strong>di</strong><br />
sostituirti ai cinque Federali accentrando tutto ad Ad<strong>di</strong>s Abeba. Hai saputo invece<br />
contenerti nei precisi limiti delle tue funzioni eseguendo alla lettera gli or<strong>di</strong>ni del tuo<br />
superiore e girando continuamente l’Impero per farli applicare. Io avrei sperato che <strong>il</strong><br />
Governo generale facesse semplicemente altrettanto.<br />
4°) Affermi che <strong>il</strong> Partito non è sufficientemente valorizzato nel territorio dell’Impero.<br />
Mi rendo conto che con l’attuale situazione ancora quasi del tutto m<strong>il</strong>itare e anche per<br />
causa <strong>di</strong> incomprensioni e gelosie dell’alta burocrazia, <strong>il</strong> Partito non possa muoversi<br />
160
Un fatto sugli altri domina: la sicurezza<br />
ancora con la sufficiente libertà che gli è necessaria. Ma anche qui è un prodotto <strong>della</strong><br />
situazione locale e soltanto locale, mentre sai che al Ministero sono riuscito ad<br />
imprimere lo spirito del fascismo al cento per cento mantenendo la più stretta e<br />
cameratesca collaborazione col Segretario del Partito.<br />
So che molti attriti si vanno appianando, come r<strong>il</strong>evo anche da una recente relazione del<br />
Segretario Federale <strong>di</strong> Ad<strong>di</strong>s Abeba, 31 Agosto, nella quale è esplicitamente detto che i<br />
rapporti con le autorità <strong>di</strong> Governo e m<strong>il</strong>itari sono improntati a spirito <strong>di</strong> fattiva<br />
collaborazione. In quanto all’intervento del Partito nei riguar<strong>di</strong> degli in<strong>di</strong>geni bisogna<br />
stare attenti a non esagerare per non dare l’impressione agli in<strong>di</strong>geni <strong>di</strong> trovare nell’organizzazioni<br />
del Regime <strong>il</strong> mezzo per ottenere la parità <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti coi nazionali. Dev’essere ben<br />
chiaro che l’appartenere al Partito è un priv<strong>il</strong>egio altissimo riservato soltanto ai nazionali.<br />
Tanto meno <strong>il</strong> Partito deve servire a dare un'infarinatura culturale o pseudo-culturale agli<br />
in<strong>di</strong>geni specialmente a quelli delle così dette capitali, che sono i peggiori e più viziati:<br />
ne faremmo degli spostati e quasi certamente dei ribelli.<br />
Infine fascismo significa quintessenza del nazionalismo e non conviene a noi dominatori<br />
suscitare sentimenti del genere nei sud<strong>di</strong>ti. Ma c’è <strong>di</strong> più: <strong>il</strong> Partito non deve dare<br />
l’impressione agli in<strong>di</strong>geni <strong>di</strong> potere sperare nel suo appoggio contro <strong>il</strong> Governo. Tipico<br />
è <strong>il</strong> caso dell’ufficio del lavoro <strong>di</strong> Assab, che ha creduto bene <strong>di</strong> ammonire operai sudanesi<br />
<strong>di</strong> non lavorare più <strong>di</strong> otto ore e <strong>di</strong> pretendere le razioni viveri anche se non lavoravano.<br />
È semplicemente inau<strong>di</strong>to fare del sindacalismo con degli autentici selvaggi, a parte la<br />
considerazione che nel caso si trattava poi <strong>di</strong> sud<strong>di</strong>ti stranieri.<br />
Così anche l’organizzazione giovan<strong>il</strong>e in<strong>di</strong>gena dev’essere a mio avviso mantenuta<br />
esclusivamente nel campo dell’istruzione prem<strong>il</strong>itare e <strong>di</strong> questo argomento mi<br />
riprometto <strong>di</strong> parlare in questi giorni con Starace.<br />
Per <strong>il</strong> resto tu sai che io non ho mancato <strong>di</strong> intervenire ripetutamente ed anche con una<br />
certa energia perché fosse dato al Partito quanto gli spetta e non credo che mi si possa<br />
imputare <strong>di</strong> ristrettezza a cominciare dal lato finanziario per <strong>il</strong> quale, come sai, <strong>il</strong><br />
Ministero ha destinato oltre <strong>di</strong>eci m<strong>il</strong>ioni all’anno alle Federazioni Fasciste dell’A.O.<br />
Può darsi che qualche Governatore m<strong>il</strong>itare, abituato a considerare <strong>il</strong> Partito secondo<br />
una mentalità superata, richieda ancora oggi quali sono i compiti del Partito in A.O.<br />
Anche questo si risolverà col tempo. Certo è che <strong>il</strong> Partito ha una influenza ed<br />
importanza decisiva in tutti i settori dell’Impero e tutta la vita dell’Impero se ne deve<br />
permeare essendo essenziale alla sua sanità e vitalità politica e morale.<br />
Concludendo: ti ho esposto con assoluta chiarezza e sincerità <strong>il</strong> mio pensiero sui <strong>di</strong>versi<br />
punti che mi hai prospettato. Devi considerare la mia lealtà <strong>di</strong> linguaggio come una<br />
prova <strong>della</strong> grande fiducia che in te ripongo. Naturalmente ho parlato al camerata Fossa<br />
e sono sicuro che queste mie considerazioni non saranno partecipate ad alcun altro.<br />
Con ogni cor<strong>di</strong>alità cre<strong>di</strong>mi<br />
aff.mo<br />
Lessona<br />
161
Nicola Labanca<br />
162<br />
Note al testo<br />
1 Sta in Archivio Centrale dello Stato, Segreteria particolare del Duce, Carteggio riservato, b. 87.<br />
2 Cfr. BERNARD PORTER, The lion’s share. A short history of British imperialism 1850-1970,<br />
Longman, London 1975, p. 265.<br />
3 Cfr. Histoire de la France coloniale. 1914-1990, J. THOBIE, G. MEYNIER, C. COQUERY-<br />
VIDROVITCH, C.-R. AGERON, 1914-1990, Colin, Paris 1990, p. 234 e 309.<br />
4 Cfr. Nova História da expansão portuguesa, a cura <strong>di</strong> Joel Serrão, A.H. de Oliveira Marques,<br />
vol. XI,(a cura <strong>di</strong>), O império africano 1890-1930, a cura <strong>di</strong> A.H. de Oliveira Marques , Estampa,<br />
Lisboa 2001, p. 88.<br />
5 Per la conquista dell’Etiopia e in genere per <strong>il</strong> colonialismo italiano cfr. ANGELO DEL BOCA, Gli<br />
italiani in Africa Orientale, Laterza, Roma-Bari,1976-84, e Gli italiani in Libia, ivi, 1986-88; e<br />
NICOLA LABANCA, Oltremare. Storia dell’espansione coloniale italiana, <strong>il</strong> Mulino, Bologna 2002.<br />
6 Cfr. GIAMPAOLO CALCHI NOVATI, Il corno d’Africa nella storia e nella politica. Etiopia,<br />
Somalia e Eritrea fra nazionalismi, sottosv<strong>il</strong>uppo e guerra, Sei, Torino 1994, p. 75.<br />
7 Cfr. ALBERTO SBACCHI, Il colonialismo italiano in Etiopia 1936-1940, Mursia, M<strong>il</strong>ano 1980,<br />
p. 346.<br />
8 M.P. AKPAN (based on contributions from A.B. Jones and R. Pankurst), Ethiopia and Liberia,<br />
1914-35. Two in<strong>di</strong>pendent African states in the colonial era, in General history of Africa, vol. VII,<br />
Africa under colonial domination 1880-1935,a cura <strong>di</strong>, A. Adu Boahen, Unesco, Heineman,<br />
Paris-London 1985, p. 730. Ma anche BAHRU ZEWDE, A history of Ethiopia, London 1993.<br />
9 Lo scambio ci pare ine<strong>di</strong>to per <strong>il</strong> lettore italiano. La lettera <strong>di</strong> Lessona pare in originale, quella<br />
<strong>di</strong> Fossa è in copia. La data <strong>della</strong> risposta <strong>di</strong> Lessona è riportata più volte in nota nel volume <strong>di</strong><br />
Sbacchi (p. 73, n. 30 e 32, e p. 78, n. 56), ma senza menzione <strong>della</strong> lettera <strong>di</strong> Fossa (la più critica,<br />
e quella comunque cui <strong>il</strong> ministro risponde) e senza che <strong>il</strong> testo <strong>di</strong> Sbacchi vi faccia riferimento<br />
o che ne prenda spunto o che ne citi anche un solo rigo.<br />
10 Cfr. A. DEL BOCA, Gli italiani in Africa Orientale cit.; ALBERTO SBACCHI, Il colonialismo<br />
italiano in Etiopia 1936-1940 cit.; N. LABANCA, Oltremare. Storia dell’espansione coloniale<br />
italiana cit.
L’uso dei gas da parte italiana nella guerra d’Etiopia<br />
L’uso dei gas da parte italiana nella guerra d’Etiopia<br />
La testimonianza del sergente Luigi Canali<br />
<strong>di</strong> Marco Lenci<br />
La nozione relativa all’impiego dell’arma chimica da parte italiana nel corso<br />
<strong>della</strong> guerra <strong>di</strong> Etiopia può essere oramai considerata come un dato pienamente<br />
acquisito. A partire dalle prime «scoperte» operate da Angelo <strong>Del</strong> <strong>Boca</strong> circa un<br />
quarantennio fa 1 , tra polemiche accese ed infinite reticenze, la verità alla fine si<br />
è fatta strada sino ad imporsi incontrastata. In pratica l’ultimo atto <strong>di</strong> quella<br />
tormentata vicenda, <strong>di</strong> cui non riteniamo opportuno tentare in questa sede<br />
neppure una minima sintesi 2 , si è svolto nel 1996 quando <strong>il</strong> ministro <strong>della</strong> Difesa<br />
dell’epoca, Domenico Corcione, riconobbe pubblicamente «che nella guerra<br />
italo-etiopica furono impiegati bombe d’aereo e proiett<strong>il</strong>i d’artiglieria caricati ad<br />
iprite ed arsine e che l’impiego <strong>di</strong> tali gas era noto al Maresciallo Badoglio, che<br />
firmò <strong>di</strong> proprio pugno alcune relazioni e comunicazioni in merito» 3 .<br />
Un’ammissione inconfutab<strong>il</strong>e <strong>di</strong> fronte alla quale ebbe a piegarsi lo stesso Indro<br />
Montanelli che pure - vantando una sua <strong>di</strong>retta testimonianza oculare, per altro<br />
<strong>di</strong>mostratasi per lo meno problematica 4 - era stato per decenni <strong>il</strong> più ascoltato<br />
rappresentante del fronte negazionista.<br />
Sul piano più strettamente storiografico si deve comunque lamentare <strong>il</strong><br />
persistere <strong>di</strong> una lacuna che ancora appare ben lontana dall’essere colmata<br />
in maniera sod<strong>di</strong>sfacente. Ci riferiamo alla questione cruciale relativa al «chi<br />
sapeva?». Di sicuro ben informati erano i principali responsab<strong>il</strong>i <strong>della</strong><br />
conduzione <strong>della</strong> guerra: i massimi vertici m<strong>il</strong>itari e politici del regime, a<br />
partire da Mussolini a Roma e da Badoglio in Etiopia. Ovviamente ne<br />
dovevano essere informati gli uomini componenti le squadre del servizio <strong>di</strong><br />
bonifica che avevano proprio <strong>il</strong> compito <strong>di</strong> far scomparire dal terreno ogni<br />
traccia <strong>di</strong> uso <strong>di</strong> aggressivi chimici. In tutto - si può ipotizzare - poche<br />
centinaia <strong>di</strong> persone a fronte delle <strong>di</strong>verse migliaia <strong>di</strong> m<strong>il</strong>itari allora<br />
impegnati nelle operazioni belliche. Tra questi ultimi è possib<strong>il</strong>e che<br />
nessuno abbia visto o notato qualcosa?<br />
Per anni, dal 1965 in poi, colui che per primo denunciò l’uso dei gas ha<br />
condotto centinaia <strong>di</strong> interviste rivolte a persone che hanno partecipato,<br />
163
Marco Lenci<br />
Bomba ad ......... inesplosa<br />
164
L’uso dei gas da parte italiana nella guerra d’Etiopia<br />
come ufficiali o come semplici soldati, alla campagna etiopica, ma soltanto<br />
due o tre hanno ammesso <strong>di</strong> aver visto qualche traccia dei bombardamenti<br />
chimici. In definitiva - questo <strong>il</strong> parere <strong>di</strong> <strong>Del</strong> <strong>Boca</strong> - si può legittimamente<br />
affermare che sul teatro delle operazioni al corrente dell’uso dell’arma<br />
chimica furono soltanto alcuni ufficiali dell’intendenza e un numero<br />
ristretto <strong>di</strong> p<strong>il</strong>oti dell’aviazione; la grande maggioranza dei soldati invece<br />
avrebbe ignorato del tutto l’impiego dei gas e, proprio per tale motivo<br />
avrebbe poi manifestato in<strong>di</strong>gnazione quando i giornali stranieri<br />
denunciarono la cosa 5 . Tale quadro non è stato sostanzialmente mo<strong>di</strong>ficato<br />
neppure da qualche altra ammissione reperita tra le migliaia <strong>di</strong> lavoratori che<br />
operarono a ridosso delle linee del fronte 6 . La conclusione appare quin<strong>di</strong><br />
incontrovertib<strong>il</strong>e: tutti o quasi tutti gli italiani che vissero <strong>di</strong>rettamente<br />
l’aggressione all’Etiopia non videro e non seppero.<br />
Proprio per questo motivo ci è sembrato ut<strong>il</strong>e segnalare la testimonianza<br />
del sergente Luigi Canali sotto riportata. Si tratta <strong>di</strong> una lettera alla famiglia<br />
spe<strong>di</strong>ta dal graduato <strong>il</strong> 5 apr<strong>il</strong>e 1936. La missiva risulta essere stata scritta a<br />
Bet Mahra, località posta poco a nord dell’Amba Alagi che era stato occupato<br />
<strong>il</strong> 28 febbraio precedente dalle forze del I Corpo d’Armata comandate del<br />
generale Ruggero Santini. Ed al I Corpo d’Armata apparteneva per<br />
l’appunto anche <strong>il</strong> sergente Canali, inquadrato nella 74 Compagnia del<br />
Genio.<br />
La lettera, che riferisce le impressioni raccolte nel corso <strong>di</strong> una marcia<br />
compiuta pochi giorni prima a ridosso del passo Falagà (ad oriente<br />
dell’Amba Alagi), pare opera <strong>di</strong> una persona dotata <strong>di</strong> una certa proprietà <strong>di</strong><br />
linguaggio, <strong>il</strong> cui non modesto bagaglio culturale è confermato anche dal<br />
riferimento ad un’assidua lettura degli organi <strong>di</strong> stampa che, evidentemente,<br />
si faceva inviare con una certa regolarità dall’Italia («ricevo frequentemente<br />
i giornali...»).<br />
Altra caratteristica che emerge dal breve scritto è costituita dal forte<br />
spirito <strong>di</strong> osservazione. Luigi Canali riferisce sinteticamente, ma anche<br />
efficacemente, i principali dati del paesaggio circostante non esclusi quelli<br />
umani («si incontrano popolazioni Galla <strong>di</strong> tipo veramente africano, <strong>di</strong><br />
quelli che si usano per campioni <strong>della</strong> razza nera»). Nel suo marciare si viene<br />
persuadendo delle buone prospettive economiche dell’impresa etiopica: <strong>il</strong><br />
suolo gli appare infatti «fert<strong>il</strong>issimo», anche se - aggiunge subito dopo -<br />
«occorreranno però gran<strong>di</strong> lavori per sfruttarne una quantità notevole». Egli<br />
appare in definitiva convinto <strong>di</strong> trovarsi su quella che sarà «la via maestra<br />
<strong>della</strong> penetrazione italiana in Etiopia, anche commerciale».<br />
165
Marco Lenci<br />
Il livello <strong>di</strong> istruzione e <strong>di</strong> consapevolezza dello scrivente è quin<strong>di</strong> buono;<br />
né traspaiono atteggiamenti <strong>di</strong> opposizione preconcetta al fascismo. Proprio<br />
per questo le sue considerazioni circa l’abbondante impiego <strong>di</strong> gas (<strong>di</strong> cui<br />
riferisce che «alcune tracce sono visib<strong>il</strong>i») ci paiono particolarmente<br />
preziose. Si tratta <strong>di</strong> una testimonianza in presa <strong>di</strong>retta e come tale assai più<br />
inequivocab<strong>il</strong>e <strong>di</strong> altre connesse ad una memoria più o meno lucida <strong>di</strong> eventi<br />
lontani. Ma <strong>il</strong> dato più toccante e r<strong>il</strong>evante ci pare la sensib<strong>il</strong>ità che <strong>il</strong><br />
graduato mostra nel cogliere in poche righe gli effetti destab<strong>il</strong>izzanti circa le<br />
possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> controllo politico del territorio da parte italiana che l’ut<strong>il</strong>izzo<br />
dell’arma chimica e più in generale la brutalità del comportamento italiano<br />
potrebbero avere. «L’occupazione ha segnato profondamente anche l’animo<br />
<strong>della</strong> gente. Si vede girare intorno agli accampamenti: negli occhi e negli<br />
atteggiamenti è un’ipocrisia rivoltante. Non saranno tutti così. Certo i<br />
migliori non sono qui: stanno combattendoci». L’affermazione <strong>di</strong> estremo<br />
interesse che - ci pare - si commenti da sola.<br />
Due parole, infine sul modo con cui <strong>il</strong> documento è oggi fruib<strong>il</strong>e per<br />
chiunque voglia consultarlo e sul come esso è stato rinvenuto 7 .<br />
Nell’anno accademico 2003-2004, nell’ambito del master <strong>di</strong> Storia,<br />
Didattica e Comunicazione indetto dalla Facoltà <strong>di</strong> Scienze Politiche<br />
dell’Università <strong>di</strong> M<strong>il</strong>ano lo stage formativo si è svolto presso la sezione<br />
m<strong>il</strong>anese «Ferruccio Parri» dell’Istituto nazionale per la storia dei movimenti<br />
<strong>di</strong> liberazione in Italia. Due dei partecipanti al master, Luigi Nicola Belgrano<br />
e Stefano Morosini, avendo per tutor <strong>il</strong> dott. Antonino Criscione, hanno<br />
inteso de<strong>di</strong>care la maggior parte delle ore del loro stage alla messa a punto <strong>di</strong><br />
un sito <strong>di</strong> carattere storico-<strong>di</strong>dattico de<strong>di</strong>cato al colonialismo italiano. Il sito,<br />
intitolato Un posto al sole? La guerra d’Etiopia 1935-1936 (visitab<strong>il</strong>e in http:/<br />
/www.novecento.org 8 ), si articola in <strong>di</strong>verse sezioni tematiche. In tale<br />
contesto, nell’intento <strong>di</strong> fornire al navigatore anche un approccio <strong>di</strong>retto ad<br />
un documento originale attestante l’ut<strong>il</strong>izzo da parte italiana dell’arma<br />
chimica, i due curatori nella sezione denominata Approfon<strong>di</strong>menti hanno<br />
posto in rete la lettera del sergente Canali, da dove è possib<strong>il</strong>e oggi scaricarla<br />
nel suo originale testo autografo.<br />
Circa <strong>il</strong> reperimento dello scritto consta che esso sia avvenuto presso<br />
l’archivio <strong>della</strong> suddetta sezione «Ferruccio Parri» dove esiste un fondo<br />
Canali Luigi, contenente in realtà solo la copia fotostatica <strong>della</strong> lettera in<br />
questione. Tale copia è pervenuta all’istituzione m<strong>il</strong>anese nel febbraio 1996<br />
grazie all’interessamento <strong>di</strong> un giornalista comasco, Franco Giannantoni,<br />
conoscente <strong>di</strong> una sorella del sergente Canali.<br />
166
L’uso dei gas da parte italiana nella guerra d’Etiopia<br />
Stando così le cose è ovvio che <strong>il</strong> documento in questione potrebbe<br />
stimolare ad ulteriori approfon<strong>di</strong>menti. Per cominciare si potrebbe o meglio<br />
si dovrebbe cercare <strong>di</strong> entrare in contatto con i <strong>di</strong>scendenti dello scrivente,<br />
che risultava nel 1936 essere residente nella provincia <strong>di</strong> Como. Potrebbero<br />
in tal modo emergere altre missive connesse alla guerra d’Etiopia, missive dal<br />
contenuto magari meno «esplosivo» <strong>di</strong> quella qui riportata, ma che non<br />
dovrebbero mancare <strong>di</strong> presentare spunti interessanti data la provata<br />
sensib<strong>il</strong>ità del loro autore. Forse una sim<strong>il</strong>e indagine non verrà mai<br />
approntata oppure potrà dare risultati negativi. È certo però che dal caso del<br />
sergente Canali emerge per tutti gli stu<strong>di</strong>osi interessati allo stu<strong>di</strong>o<br />
dell’avventura etiopica l’urgenza <strong>di</strong> approntare un piano <strong>di</strong> ricerca per <strong>il</strong><br />
reperimento, l’inventariazione e lo stu<strong>di</strong>o degli epistolari privati <strong>di</strong> coloro<br />
che ne furono protagonisti anche minori. Si tratta <strong>di</strong> un compito stimolante<br />
giacché dallo spoglio <strong>di</strong> quegli epistolari potrebbero emergere visioni nuove<br />
dal basso <strong>di</strong> fenomeni - come appunto quello dell’uso dei gas - su cui ancora<br />
siamo lontani dall’avere una rappresentazione a tutto tondo. Ma si dovrebbe<br />
intervenire <strong>il</strong> più rapidamente possib<strong>il</strong>e, <strong>di</strong> sicuro prima che la sempre<br />
possib<strong>il</strong>e incuria o <strong>di</strong>sattenzione degli ere<strong>di</strong> non li faccia scomparire per<br />
sempre ed irrime<strong>di</strong>ab<strong>il</strong>mente.<br />
Bet Mahra 5 apr<strong>il</strong>e 1936<br />
<strong>il</strong> primo giorno del mese mi sono recato presso <strong>il</strong> passo Falagà, sul fianco sinistro <strong>di</strong><br />
Amba Alagi e <strong>il</strong> giorno 2 sono tornato a Sciafat, <strong>il</strong> tre mi hanno spostato qui a Bet<br />
Mahra, <strong>di</strong> fronte all’Amba Alagi. Non starò qui molto tempo!<br />
I viaggi gli ho sempre compiuti in ottime con<strong>di</strong>zioni e mi hanno dato modo <strong>di</strong><br />
interessarmi molto agli agli [sic] ambienti ed agli abitanti.<br />
Dalla parte <strong>di</strong> passo Falagà c’è da percorrere una vallata coperta <strong>di</strong> vegetazione folta,<br />
alberi <strong>di</strong> alto fusto, rari in Eritrea e sul Tigrai. Nelle boscaglie fitte solcate da una pista<br />
a zig-zag che sembra giocare col torrente che interseca frequentemente creando un<br />
numero incre<strong>di</strong>b<strong>il</strong>e <strong>di</strong> gua<strong>di</strong>, ho visto delle scimmie allo stato libero. Il suolo deve essere<br />
fert<strong>il</strong>issimo. Occorreranno però gran<strong>di</strong> lavori per sfruttarne una quantità notevole.<br />
Per l’Amba Alagi sideve contornare prima <strong>il</strong> massiccio formidab<strong>il</strong>e dell’Amba Aradam, a<br />
sinistra, poi per un susseguirsi incostante <strong>di</strong> ambe e minori sopraelevazioni del terreno si<br />
imbocca una vallata, stretta ma non «strozzata» come quella <strong>di</strong> Passo Falagà. In questa vallata<br />
sorgerà la via maestra <strong>della</strong> penetrazione italiana in Etiopia, anche commerciale.<br />
Si incontrano già le popolazioni «Galla» <strong>di</strong> tipo veramente «africano», <strong>di</strong> quelli che si<br />
usano per campioni <strong>della</strong> razza nera. Si vede che sono sparsi un po’ ovunque in Etiopia.<br />
167
Marco Lenci<br />
Le zone attraversate recentemente sono state abbondantemente bombardate e cosparse<br />
<strong>di</strong> «iprite». Alcune tracce sono visib<strong>il</strong>i. L’occupazione ha segnato profondamente anche<br />
l’animo <strong>della</strong> gente. Si vede girare intorno agli accampamenti: negli occhi e negli<br />
atteggiamenti è un’ipocrisia rivoltante. Non saranno tutti così. Certo i migliori non<br />
sono qui: stanno combattendoci.<br />
Ricevo frequentemente i giornali: ultimamente non ho avuto tempo <strong>di</strong> leggerli ma ho<br />
potuto conservarli e li guarderò ora. Tenetemi al corrente degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Beniamino e<br />
<strong>di</strong> tutto quanto mi può interessare in<strong>di</strong>pendentemente dalla piacevolezza o meno delle<br />
notizie.<br />
Mi ha scritto anche lo zio Francesco.<br />
Salutatemi parenti e conoscenti.<br />
Saluti all’amico del babbo «Giuan».<br />
Bacioni,<br />
Luigi.<br />
168<br />
Note al testo<br />
1 Cfr. ANGELO DEL BOCA, La guerra d’Abissinia 1935-1941, M<strong>il</strong>ano 1965. Le prime<br />
acquisizioni <strong>di</strong> <strong>Del</strong> <strong>Boca</strong> nei decenni successive sono state confermate con ulteriori prove sia<br />
dallo stesso <strong>Del</strong> <strong>Boca</strong> che da altri stu<strong>di</strong>osi; per una recente puntualizzazione ve<strong>di</strong> ARAM<br />
MATTIOLI, L’uso italiano dei gas asfissianti in Abissinia nel biennio 1935-1936, in «Stu<strong>di</strong><br />
piacentini», 33/2003, pp. 123-157.<br />
2 Per una esauriente ricostruzione è d’obbligo rimandare A. DEL BOCA, Una lunga battaglia per<br />
la verità, in I gas <strong>di</strong> Mussolini. Il fascismo e la guerra d’Etiopia a cura <strong>di</strong> A. <strong>Del</strong> <strong>Boca</strong>, Roma, 1996,<br />
pp. 17-48.<br />
3 Ivi, p. 40.<br />
4 Al riguardo si legga MARCO LENCI, L’Eritrea e l’Etiopia nell’esperienza <strong>di</strong> Indro Montanelli, in<br />
«Stu<strong>di</strong> piacentini», 33/2003, pp. 205-231.<br />
5 Cfr. A. DEL BOCA, Gli italiani in Africa Orientale. La conquista dell’Impero, Roma-Bari 1979,<br />
p. 493.<br />
6 Cfr. IRMA TADDIA, La memoria dell’Impero. Autobiografie d’Africa Orientale, Bari 1988, p. 85.<br />
7 Tengo a precisare che tutte le informazioni sotto riportate mi sono state fornite dal dott. Luigi<br />
Nicola Belgrano che qui ringrazio per la collaborazione offertami.<br />
8 Al sito è possib<strong>il</strong>e accedere anche da http://www.utenti.lycos.it/etiopia.
L’Africa <strong>di</strong> Em<strong>il</strong>io Salgari<br />
L’eurocentrismo e <strong>il</strong> problema delle fonti<br />
<strong>di</strong> Felice Pozzo<br />
L´Africa <strong>di</strong> Em<strong>il</strong>io Salgari<br />
Il 29 agosto 1862 sui Piani d’Aspromonte Garibal<strong>di</strong> fu ferito e poco dopo<br />
scrisse al popolo italiano un’esclamazione che risuonerà nell’aria per lungo<br />
tempo: «Avevano sete <strong>di</strong> sangue...» 1 .<br />
Em<strong>il</strong>io Salgari nacque <strong>il</strong> 21 agosto 1862 e trascorse la giovinezza udendo<br />
narrare le gesta garibal<strong>di</strong>ne. Quando, poco più che ventenne, inventò le sue<br />
prime avventure malesi, Sandokan apparve come una tigre umana assetata<br />
<strong>di</strong> sangue. La colorita frase sopra citata aveva ottenuto riscontri impensati:<br />
«Largo ai pirati <strong>di</strong> Mompracem...largo ai padroni <strong>di</strong> questo mare...essi<br />
berranno <strong>il</strong> vostro sangue...» 2 .<br />
Tra le sue letture giovan<strong>il</strong>i figura la Vita <strong>di</strong> Garibal<strong>di</strong> <strong>di</strong> Jessie White<br />
Mario, dove si legge, tra l’altro, <strong>della</strong> campagna <strong>di</strong> Montevideo del 1846,<br />
quando l’eroe dei due mon<strong>di</strong> salvò un nemico dalla vendetta dei suoi<br />
legionari gridando: «Non uccidetelo: è un valoroso!» 3 .<br />
Lo stesso generoso or<strong>di</strong>ne sarà pronunciato in più occasioni dagli eroi<br />
salgariani; ad esempio da Yanez, noto alter ego <strong>di</strong> Salgari, in I Pirati <strong>della</strong><br />
Malesia: «Ferma! Quell’in<strong>di</strong>ano è un prode!» 4 .<br />
O dove si legge come Garibal<strong>di</strong> fosse «sempre seguito dall’erculeo negro<br />
Anghiar» 5 , proprio come <strong>il</strong> gigantesco Moko <strong>di</strong>venterà l’ombra del Corsaro<br />
Nero.<br />
Non occorre proseguire con citazioni <strong>di</strong> pagine risorgimentali dove è<br />
agevole riscontrare episo<strong>di</strong> o situazioni che si ritrovano nelle pagine del papà<br />
<strong>di</strong> Sandokan. È ormai assodato che <strong>il</strong> senso eroico dell’epopea garibal<strong>di</strong>na ha<br />
ottenuto un entusiastico riscontro in quelle pagine. In passato ho avuto<br />
modo <strong>di</strong> evidenziarne alcune: la rievocazione <strong>di</strong> Custoza nell’articolo<br />
salgariano Al cimitero (1889); l’inno alla «Giovane Italia» contenuto nei<br />
Naufraghi del Poplador (1895); <strong>il</strong> Garibal<strong>di</strong> citato in Sull’Atlante (1908) e<br />
così via. In quell’occasione rivelai anche, con raffronto iconografico, come<br />
noti <strong>di</strong>segni giovan<strong>il</strong>i <strong>di</strong> Salgari fossero ispirati ad una litografia ottocentesca<br />
<strong>di</strong> Perrin de<strong>di</strong>cata all’asse<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Ancona del 1860 6 . In un libro intitolato<br />
169
Felice Pozzo<br />
Garibal<strong>di</strong>, sin dal 1982 Omar Calabrese ha suggerito accostamenti, talvolta<br />
ar<strong>di</strong>ti, tra l’epopea storica <strong>di</strong> cui trattasi e quelle fantastiche che vedono<br />
protagonisti la Tigre <strong>della</strong> Malesia e <strong>il</strong> funereo conte <strong>di</strong> Ventimiglia.<br />
Questo per <strong>di</strong>re che non esistono dubbi sul patriottismo, che potremmo<br />
anzi definire «acceso», <strong>di</strong> Salgari.<br />
Ora, è stato proprio <strong>il</strong> patriottismo, in quegli anni, a giocare un ruolo<br />
r<strong>il</strong>evante nelle scelte degli italiani in tema <strong>di</strong> colonialismo. Ha scritto Mirella<br />
Tenderini che «ferma restando la prevalenza degli interessi politici ed<br />
economici da parte degli Stati, la componente idealistica che spinse molti<br />
uomini in avventure rischiose ritenute ut<strong>il</strong>i per la loro nazione traeva origine<br />
da un clima <strong>di</strong> patriottismo <strong>di</strong>ffusissimo in quel periodo» 7 , mentre Angelo<br />
<strong>Del</strong> <strong>Boca</strong>, nel suo fondamentale Gli Italiani in Africa Orientale, ha<br />
in<strong>di</strong>viduato anche nei «sognatori» e negli «scontenti <strong>della</strong> politica<br />
rinunciataria delle mani nette» coloro ai quali interessava l’Africa alla vig<strong>il</strong>ia<br />
degli avvenimenti coloniali. D’altra parte è agevole rintracciare nelle vicende<br />
africane d’ Italia numerosi personaggi che furono protagonisti del<br />
Risorgimento: da Francesco Crispi, già ardente mazziniano che aveva<br />
contribuito alle imprese garibal<strong>di</strong>ne e da Francesco Rubattino, che aveva<br />
finanziato la spe<strong>di</strong>zione dei M<strong>il</strong>le, sino ai più avventurosi viaggiatori ed<br />
esploratori d’Africa con mire colonialiste: Am<strong>il</strong>care Cipriani, volontario<br />
appena quin<strong>di</strong>cenne nel 1859, che si ritrovò a partecipare a una delle<br />
spe<strong>di</strong>zioni verso le sorgenti del N<strong>il</strong>o condotta da Giovanni Battista Miani;<br />
Gian Pietro Porro, volontario nel 1866, ucciso a Gialdessa; Augusto<br />
Franzoj, anch’egli volontario nella terza guerra d’in<strong>di</strong>pendenza, e tantissimi<br />
altri. Ernesto Ragionieri ha d’altronde in<strong>di</strong>viduato nella componente<br />
colonialistica costituita dall’esplorazione «una precisa impronta borghese<br />
nella quale confluivano i residui tutt’altro che inoperanti dell’ideologia<br />
italiana che aveva improntato <strong>il</strong> Risorgimento e le nascenti aspirazioni<br />
me<strong>di</strong>terranee e africane delle classi <strong>di</strong>rigente del paese» 8 .<br />
Benché non uomo d’azione, se si escludono parentesi giovan<strong>il</strong>i nelle<br />
palestre veronesi, attività velocipe<strong>di</strong>stiche e persino un duello alla sciabola<br />
(però non risulta abbia prestato servizio m<strong>il</strong>itare), Salgari con<strong>di</strong>vise<br />
idealmente <strong>il</strong> tortuoso percorso patriottico che dalle battaglie<br />
d’in<strong>di</strong>pendenza portò a coltivare mire che tendevano a togliere<br />
l’in<strong>di</strong>pendenza in casa d’altri, in Africa.<br />
Le cronache dell’epoca e persino i taccuini degli stu<strong>di</strong>osi in cerca <strong>di</strong><br />
aneddoti curiosi, tramandano episo<strong>di</strong> <strong>della</strong> vita <strong>di</strong> Salgari molto eloquenti.<br />
Dopo la sconfitta italiana a Dogali (1887) <strong>il</strong> giovane romanziere partecipò<br />
170
L´Africa <strong>di</strong> Em<strong>il</strong>io Salgari<br />
a manifestazioni patriottiche: durante un invio <strong>di</strong> nuove truppe in Africa,<br />
quale presidente del Circolo Velocipe<strong>di</strong>stico Veronese, si mise alla testa d’un<br />
nutrito gruppo <strong>di</strong> ciclisti e attraversò Verona <strong>di</strong>retto verso la stazione<br />
ferroviaria <strong>di</strong> Dossobuono, dove avrebbe sostato un treno carico <strong>di</strong> soldati.<br />
Quando <strong>il</strong> treno arrivò, c’era gran folla ad attenderlo, soprattutto donne e<br />
naturalmente Salgari con i suoi velocipe<strong>di</strong>sti, le une e gli altri pronti a<br />
<strong>di</strong>stribuire fiori e abbracci. Quando i giornali aprirono sottoscrizioni a<br />
favore delle famiglie dei caduti e dei feriti <strong>di</strong> Dogali, Salgari partecipò<br />
versando la somma <strong>di</strong> due lire. Nel 1895, trasferitosi nel Canavese e<br />
precisamente a Priacco, una frazione <strong>di</strong> Cuorgné (Torino), scelse, in<br />
amicizia com’era con <strong>il</strong> proprietario, la nuova denominazione d’una osteria:<br />
«Cantina del guerriero Galliano», per onorare l’eroe <strong>di</strong> Macallè.<br />
Anche la sua piuttosto breve attività giornalistica, svolta in gioventù, è<br />
rivelatrice, come è stato <strong>di</strong>mostrato nel 1994 9 . Tra <strong>il</strong> 1883 e <strong>il</strong> 1885, con lo<br />
pseudonimo Ammiragliador e in veste <strong>di</strong> redattore del quoti<strong>di</strong>ano «Nuova<br />
Arena» <strong>di</strong> Verona, pubblicò ben 115 articoli riguardanti la rivolta del Mah<strong>di</strong><br />
in Sudan, la guerra d’occupazione francese nel Tonchino e le vicende<br />
coloniali sulle sponde del mar Rosso. Per questo lavoro, svolto con<br />
particolare partecipazione, si avvalse prevalentemente <strong>di</strong> agenzie <strong>di</strong> stampa.<br />
Ed è proprio negli articoli de<strong>di</strong>cati alla questione del mar Rosso che <strong>di</strong>mostrò<br />
un insospettato spirito interventista, avverso alla Francia e non del tutto<br />
contrario ad alleanze con l’Ingh<strong>il</strong>terra, quella stessa Ingh<strong>il</strong>terra contro cui<br />
Sandokan e i suoi pirati avrebbero versato fiumi <strong>di</strong> sangue e sentimenti <strong>di</strong><br />
rancore.<br />
Prendendo in considerazione le flotte italiane e francesi, quando<br />
l’argomento era <strong>di</strong>battuto su tutti i giornali in vista <strong>di</strong> uno scontro armato,<br />
scrisse <strong>il</strong> 18 ottobre 1883:<br />
Basta dare uno sguardo a queste due flotte, che in un tempo forse non lontano verranno<br />
a combattimento, per comprendere come la nostra sia <strong>di</strong> gran lunga inferiore per<br />
numero alla francese, che noi abbiamo assoluto bisogno <strong>di</strong> accrescerla, <strong>di</strong> rinforzarla,<br />
per impe<strong>di</strong>re che questo Me<strong>di</strong>terraneo non finisca col <strong>di</strong>ventare un lago francese, e per<br />
sventare le terrib<strong>il</strong>i idee dei nostri amici d’oltre Alpi, che hanno lasciato già abbastanza<br />
intravedere come lo scopo principale <strong>della</strong> loro possente marina, alla prima guerra, non<br />
sarebbe che quello <strong>di</strong> fiaccare completamente <strong>il</strong> nostro commercio che è la nostra vita<br />
e <strong>di</strong> rovinare da capo a fondo le nostre fiorenti città del litorale. 10<br />
Nell’articolo intitolato In giro pel mondo con data 21 ottobre 1884 scrisse:<br />
171
Felice Pozzo<br />
Non è la prima volta che alziamo la voce per avvertire che la nostra microscopica<br />
colonia d’Assab corre un serio pericolo. Ingh<strong>il</strong>terra e Francia, le due nazioni che si<br />
<strong>di</strong>sputano la supremazia del Mar Rosso, non hanno mai visto <strong>di</strong> buon occhio la nostra<br />
ban<strong>di</strong>era sventolare sulle rive del Danak<strong>il</strong>.<br />
Invi<strong>di</strong>ose dei nostri rapporti con Menelik, re dello Scioa, paurose che noi abbiamo ad<br />
attirare ad Assab <strong>il</strong> commercio <strong>di</strong> quel reame, cercano tutti i mo<strong>di</strong> possib<strong>il</strong>i <strong>di</strong> attirarlo<br />
dalla loro parte e vanno occupando tutte le baie e cittadelle al sud <strong>della</strong> nostra colonia.<br />
Non è molto che l’Ingh<strong>il</strong>terra ha occupato i porti <strong>di</strong> Ze<strong>il</strong>a e <strong>di</strong> Berbera per far<br />
convergere a sé <strong>il</strong> commercio abissino. Ora la Francia sta per occupare Tagiura, luogo<br />
importante che giace in fondo alla baia dello stesso nome che viene formata dal Golfo<br />
<strong>di</strong> Aden, e per <strong>il</strong> quale passano tutti i viaggiatori che si recano nel reame <strong>di</strong> Scioa [...]<br />
E noi che facciamo laggiù? Lasceremo che la Francia o l’Ingh<strong>il</strong>terra si impadroniscano<br />
<strong>di</strong> tutte le coste intorno alla nostra colonia, <strong>di</strong> tutti i porti, <strong>di</strong> tutti i commerci, senza<br />
imitarli, senza nulla tentare? Che ne pensa l’onorevole Mancini, l’amico <strong>di</strong> tutte le<br />
nazioni? A Be<strong>il</strong>ul, a Edd, alla baia Ayth non sventola alcuna ban<strong>di</strong>era europea: perché<br />
non si occupano questi luoghi importantissimi? [...] Un duecento uomini sono più che<br />
sufficienti per l’occupazione. Perché adunque non la si fa? Di chi si ha paura? Se<br />
all’Ingh<strong>il</strong>terra o alla Francia salterà <strong>il</strong> ticchio <strong>di</strong> farci delle osservazioni, chiederemo a<br />
loro con qual <strong>di</strong>ritto hanno occupato Ze<strong>il</strong>a, Berbera e Tagiura. L’esempio ce l’hanno<br />
dato loro 11 .<br />
È poi un crescendo rossiniano: a decrescere è soltanto l’anglofobia, a<br />
<strong>di</strong>mostrare peraltro come Salgari stesse scrivendo sull’onda delle notizie che<br />
gli pervenivano dalle agenzie, che talvolta cita, e degli avvenimenti politici<br />
in corso. È nota la subalternità del nostro imperialismo, in quel periodo, nei<br />
confronti <strong>di</strong> quello inglese. Già nel 1882 l’Ingh<strong>il</strong>terra aveva considerato<br />
l’esigua presenza italiana ad Assab un salutare b<strong>il</strong>anciamento <strong>della</strong> presenza<br />
francese a Obock. Esclusa dalle più importanti spartizioni delle coste<br />
africane, l’Italia sperò ancora, come <strong>di</strong>chiarò Mancini, che <strong>il</strong> mar Rosso ci<br />
avrebbe dato le chiavi del Me<strong>di</strong>terraneo. Si buttò persino qualche occhiata<br />
interessata all’Egitto, tanto più che l’Ingh<strong>il</strong>terra non si era <strong>di</strong>mostrata<br />
contraria, sempre in funzione antifrancese, neppure alla nostra presenza a<br />
Massaua. Si tentò dunque <strong>di</strong> convincere Londra dell’ut<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> una<br />
cooperazione m<strong>il</strong>itare dell’Italia in Sudan. Le trattative, già iniziate, furono<br />
sollecitate anche dagli ambienti m<strong>il</strong>itari. Però lord Granv<strong>il</strong>le, ministro degli<br />
affari esteri <strong>della</strong> Regina, declinò le offerte italiane, sia prima che dopo la<br />
morte <strong>di</strong> Gordon, <strong>di</strong>chiarando che l’Ingh<strong>il</strong>terra poteva contare su<br />
armamenti sufficienti ed aveva inoltre interesse morale a non accettare<br />
l’aiuto <strong>di</strong> altre nazioni.<br />
172
Ed ecco Ammiragliador-Salgari scrivere <strong>il</strong> 2 <strong>di</strong>cembre 1884:<br />
L´Africa <strong>di</strong> Em<strong>il</strong>io Salgari<br />
Ci si schiaffeggia e ci si calpesta a Tunisi, ci si osteggia o<strong>di</strong>osamente alla Plata,<br />
minacciano la nostra microscopica colonia d’Assab, ci insultano in Europa e nulla<br />
facciamo, anzi ci chiu<strong>di</strong>amo in un vergognoso s<strong>il</strong>enzio, incoraggiando gli<br />
schiaffeggiatori a farci <strong>di</strong> peggio e meritarci <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> «razza degenerata» o poco meno.<br />
C’è una nazione che ci sputa in volto e questa nazione è quella stessa che ci schiaffeggiò<br />
a Tunisi, quella stessa che <strong>di</strong>ede la caccia ai nostri connazionali a Marsiglia. È, infine<br />
ancora, la Francia! [...] Onorevole Mancini, quando la finirà? Quando è che <strong>il</strong> nostro<br />
governo, schiaffeggiato e calpestato, alzerà la voce e le mani per reagire? Siamo<br />
adunque, noi italiani, degenerati al punto da beverci in pace gl’insulti i più sanguinosi<br />
e farci deridere da tutte le civ<strong>il</strong>i nazioni? 12<br />
Non aveva che ventidue anni, Salgari, e si vede dal piglio col quale<br />
sollecita l’on. Mancini. Così scrive <strong>il</strong> 29 <strong>di</strong>cembre 1884:<br />
Così la Germania si annette, l’Ingh<strong>il</strong>terra si annette, la Francia, la Spagna, <strong>il</strong> Portogallo<br />
si annettono... e l’Italia dorme. Si vede che pell’<strong>il</strong>lustre signor Mancini non è ancor<br />
venuto <strong>il</strong> momento per spingere gl’Italiani in Africa. Ella aspetta che non vi sia un<br />
palmo <strong>di</strong> terra <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>e per muoversi. Non è vero <strong>il</strong>lustre ministro? 13<br />
Le esortazioni proseguiranno nel 1885. In un articolo del 5 gennaio,<br />
ad<strong>di</strong>rittura si atteggiò a grande esperto <strong>di</strong> cose africane, tale da poter dare<br />
lezioni <strong>di</strong> Storia e <strong>di</strong> politica internazionale al nostro governo, magari con<br />
periodare zoppicante:<br />
Si va o non si va a Tripoli? Questa è la domanda che corre su tutte le labbra dacché si<br />
<strong>di</strong>vulgarono le voci che <strong>il</strong> nostro governo avesse messo gli occhi sulla Tripolitania, voci<br />
che furono più volte confermate per poi venire smentite.<br />
La maggioranza <strong>della</strong> popolazione italiana vorrebbe che la ban<strong>di</strong>era italiana sventolasse<br />
finalmente sulle coste africane del Me<strong>di</strong>terraneo, prima che abbiano a cadere<br />
totalmente nelle mani degli inglesi o dei francesi. Il nostro ministro degli esteri,<br />
quantunque pressato da tutte le parti, sembra che non si sia ancora deciso a fare <strong>il</strong> gran<br />
passo, né pare che si deciderà tanto fac<strong>il</strong>mente. Perché? Perché l’Italia, sorta nel santo<br />
nome <strong>della</strong> nazionalità, l’onorevole Mancini, crede non debba conculcare questo<br />
<strong>di</strong>ritto in nessun altro paese. Ecco <strong>il</strong> grande ostacolo che arresta <strong>il</strong> nostro ministro degli<br />
esteri e che lo fa esitare prima <strong>di</strong> lanciare un corpo <strong>di</strong> spe<strong>di</strong>zione sulle coste <strong>della</strong><br />
Tripolitania. Egli teme forse <strong>di</strong> provocare una guerra fra italiani e arabi e che del sangue<br />
scorra. Ed è qui che l’on. Mancini- <strong>il</strong> quale non deve conoscere affatto le vere con<strong>di</strong>zioni<br />
politiche <strong>della</strong> Reggenza- s’inganna <strong>di</strong> grosso. Vogliamo <strong>di</strong>mostrarglielo riassumendo<br />
brevemente la storia <strong>della</strong> Tripolitania... 14<br />
173
Felice Pozzo<br />
Segue una rievocazione degli avvenimenti <strong>di</strong> quel Paese a partire dal<br />
1814, tesa a suggerire un intervento a Tripoli «non per impadronirsene<br />
formalmente, ma a rimettere sul trono <strong>il</strong> figlio e nipote <strong>di</strong> Josef Pascià,<br />
procurandosi l’alto protettorato <strong>di</strong> questo ubertosissimo territorio».<br />
In previsione dell’occupazione <strong>di</strong> Massaua, <strong>il</strong> 2 febbraio 1885, tirò in<br />
ballo l’alleanza con l’Ingh<strong>il</strong>terra:<br />
Si prevede che le nostre truppe appena che avranno occupato la città, dovranno por<br />
mano al fuc<strong>il</strong>e e unirsi agli inglesi per combattere gli insorti che vanno gradatamente<br />
concentrandosi a poca <strong>di</strong>stanza dalla costa. Osman Digna, <strong>il</strong> celebre luogotenente del<br />
Mah<strong>di</strong>, <strong>il</strong> vincitore <strong>di</strong> Tokar, <strong>di</strong> Trinkitat e <strong>di</strong> Sinkat, che costrinse gli inglesi ad<br />
abbandonare la campagna e rinchiudersi a Suakin, è padrone <strong>di</strong> tutta la costa e si<br />
apparecchia a riprendere le ost<strong>il</strong>ità [...] Non è però da credere che Osman Digna<br />
opporrà una seria resistenza alle nostre truppe collegate a quelle inglesi 15 .<br />
174<br />
Risale al 3 marzo 1885 l’ultimo suo articolo sull’argomento:<br />
Si scuota adunque <strong>il</strong> nostro governo; non si lasci intimorire dalle grida <strong>di</strong> quelle potenze<br />
che tanto urlavano per l’occupazione <strong>di</strong> Massaua. È dovere dell’Italia, una e libera,<br />
popolata da pressoché trenta m<strong>il</strong>ioni, con oltre un m<strong>il</strong>iardo <strong>di</strong> b<strong>il</strong>ancio, nazione per<br />
natura e tra<strong>di</strong>zioni marinaresca e commerciale, <strong>di</strong> mantenere, o meglio, <strong>di</strong> far rivivere<br />
le tra<strong>di</strong>zioni dei suoi piccoli stati; farsi vedere non da meno delle piccole repubbliche<br />
<strong>di</strong> Genova e <strong>di</strong> Venezia che da sole, e nemiche tra loro, sapevano tenere in iscacco<br />
nazioni già formate, stati oggidì potenti; è dovere dell’Italia <strong>di</strong> porre un argine alla<br />
preponderanza straniera nel Me<strong>di</strong>terraneo, che dovrebbe essere un mare italiano.<br />
Non scor<strong>di</strong>amoci che l’avvenire d’Italia è tutto sul mare! 16<br />
Se ci siamo soffermati su questi articoli giovan<strong>il</strong>i <strong>di</strong> Salgari è perché hanno<br />
suscitato, a suo tempo, perplessità e sorprese non sopite, se ancora<br />
recentemente S<strong>il</strong>vino Gonzato li ha definiti giustamente «dei veri e propri<br />
comizi» e ha aggiunto: «E pensare che sul «capitano» pacifista e anticolonialista<br />
sono stati versati fiumi <strong>di</strong> inchiostro!» 17 . Molto opportunamente ha precisato<br />
in seguito: «Il se<strong>di</strong>cente capitano <strong>di</strong> gran cabotaggio è anticolonialista quando<br />
ci sono <strong>di</strong> mezzo i francesi e gli inglesi, ma si getta nella mischia interventista<br />
quando si tratta <strong>di</strong> giustificare la politica coloniale italiana. Salgari è insomma<br />
prima <strong>di</strong> tutto un italiano e, allora come oggi, essere italiano non era una<br />
nazionalità ma una professione» 18 .<br />
Ecco dunque che si ritorna al patriottismo e che le mire espansionistiche<br />
<strong>di</strong> Salgari sembrano ad esso soltanto collegate. Lo <strong>di</strong>mostrerebbe l’ignorata<br />
nota che ha apposto a fondo pagina nel romanzo I Pescatori <strong>di</strong> Trepang
L´Africa <strong>di</strong> Em<strong>il</strong>io Salgari<br />
(1896) dove, trattando <strong>della</strong> Nuova Guinea, scrive: «Nel 1879 in Italia era<br />
sorta l’idea <strong>di</strong> occupare una parte <strong>della</strong> Guinea e <strong>di</strong> mandarvi degli emigranti,<br />
circa 3000, ma poi fu abbandonata e forse a torto» 19 .<br />
Sicuramente vi sono alcune osservazioni da fare, riguardo quegli articoli.<br />
Intanto vorrei riproporre alcuni brani <strong>della</strong> mia prefazione al citato libro che<br />
li contiene, perché già allora era precisata la chiave <strong>di</strong> lettura che continuo<br />
a ritenere corretta:<br />
Salgari, alle prime armi nel giornalismo, non lavorava, come ad esempio Augusto<br />
Franzoj, per fogli antigovernativi: era pagato per rispecchiare e magari appoggiare le<br />
scelte politiche e le istanze nazionalistiche <strong>di</strong> quei giorni: <strong>di</strong> suo ci metteva quello spirito<br />
patriottico che gli derivava dalla passione per <strong>il</strong> Risorgimento [...] Ma leggiamolo tra<br />
le righe, piuttosto, <strong>il</strong> nostro Ammiragliador. Scrive che «<strong>il</strong> povero Egitto» ne ha<br />
abbastanza degl’inglesi, i quali «aspirano a creare imbarazzi per <strong>di</strong>ventare padroni<br />
assoluti»; scrive anche: «Sono duecento anni che le popolazioni maomettane dormono,<br />
e potrebbe darsi che avessero a svegliarsi e sollevarsi in massa contro coloro che li<br />
opprimono».<br />
Per chi fa <strong>il</strong> tifo, tutto sommato? Ammira incon<strong>di</strong>zionatamente Gordon, la cui vita «è<br />
un romanzo, una leggenda», personaggio che definisce «<strong>il</strong> gran Gordon, <strong>il</strong> buon<br />
Gordon», tra<strong>di</strong>to dalla patria, coraggioso generale che «arrischiò freddamente la vita<br />
per uno scopo puramente umanitario» 20 [...] Un personaggio, insomma [...] che egli<br />
non considera affatto una pe<strong>di</strong>na dell’imperialismo inglese, ma un uomo indomito<br />
spinto dagli stessi colpi <strong>di</strong> testa degli eroi <strong>di</strong>sinteressati e solitari che animeranno tra non<br />
molto le pagine salgariane [...] E poi, a chi vanno le non tanto nascoste simpatie <strong>di</strong><br />
Ammiragliador? A Osman Digna, «l’eroico» (l’aggettivo è ripetuto più volte),<br />
«l’intrepido» luogotenente del Mah<strong>di</strong>, «l’eterno rompiscatole» che «forse spera, una<br />
notte o l’altra, <strong>di</strong> andare a bere una tazza <strong>di</strong> merissak in città, dopo aver fatto una bella<br />
marmellata <strong>di</strong> quei pochi egiziani che gl’inglesi vi hanno lasciato».<br />
Mi fa venire in mente Sandokan quando, in I Pirati <strong>della</strong> Malesia (potete controllare),<br />
esclama: «Perché non ero io là coi miei Tigrotti? Avrei fatto una marmellata <strong>di</strong> tutti quei<br />
sanguinari in<strong>di</strong>ani!» 21 .<br />
Abbiamo a che fare, insomma, con un Salgari che si nasconde <strong>di</strong>etro uno<br />
pseudonimo, che lavora per un giornale crispino e interventista <strong>di</strong> cui è<br />
redattore e dal quale è pagato e che si <strong>di</strong>mostra interventista soltanto con<br />
riferimento all’Italia, mentre i Francesi e gli Inglesi sono definiti avi<strong>di</strong>,<br />
prepotenti e chi più ne ha più ne metta.<br />
Ma sino a che punto era interessato alle nostre vicende coloniali, in realtà?<br />
Intanto c’è da sottolineare un fatto. Egli ut<strong>il</strong>izzò come romanziere e in<br />
tempo ravvicinato gli avvenimenti contemporanei che <strong>il</strong>lustrava firmandosi<br />
175
Felice Pozzo<br />
Ammiragliador con una esclusione sintomatica. Dalla guerra del Tonchino<br />
trasse la novella Tay-See (1883) 22 ; dalla rivolta del Mah<strong>di</strong> trasse <strong>il</strong> romanzo<br />
La Favorita del Mah<strong>di</strong> (1887) 23 . Nulla trasse invece dalle vicende sul mar<br />
Rosso!<br />
E successivamente? Nel 1897, nella breve presentazione Ai lettori nel<br />
volume <strong>di</strong> Alfredo Ferrero Il Fiore del Deserto pubblicato a Genova da<br />
Donath, scrisse:<br />
Campo <strong>di</strong> queste strane e commoventi avventure è la Somalia Italiana, questa vasta<br />
regione equatoriale, sottoposta alla nostra influenza, ma ancora imperfettamente<br />
conosciuta e, solo in parte, recentemente esplorata dal nostro valoroso capitano Bòttego.<br />
Dove non pare trasparire, peraltro, particolare entusiasmo. Pochi anni<br />
dopo, con lo pseudonimo Cap. Guido Altieri, pubblicò <strong>il</strong> racconto Lo<br />
schiavo <strong>della</strong> Somalia (storia vera): ne è protagonista <strong>il</strong> moretto Sadì Omar,<br />
che compie un gesto d’eroismo a favore dei suoi «benefattori Taliani» a<br />
scapito delle «canaglie arabe», così che viene scelto come «marca <strong>di</strong> fabbrica»<br />
del noto «liquore Galliano» <strong>della</strong> «premiata <strong>di</strong>st<strong>il</strong>leria Arturo Vaccari <strong>di</strong><br />
Livorno». Va bene che la denominazione <strong>di</strong> quel liquore fu, come l’osteria<br />
<strong>di</strong> Priacco, un omaggio all’eroe <strong>di</strong> Macallé, ma scrive Giovanna Viglongo:<br />
Questo racconto, sottotitolato «storia vera», espressione mai usata prima nei<br />
fascicoletti pubblicati da Biondo) ha un’aria così smaccatamente reclamistica- <strong>di</strong> un<br />
prodotto non certo consigliab<strong>il</strong>e ai bambini cui invece era espressamente de<strong>di</strong>cato <strong>il</strong><br />
racconto- da rendere perplessi, non sulla veri<strong>di</strong>cità <strong>della</strong> storia, ma sull’inconsueto<br />
atteggiamento sia dell’autore che dell’e<strong>di</strong>tore, i quali non hanno esitato, nel bel mezzo<br />
d’un racconto moralistico-patriottico, ad intonare un peana rivolto ai liquori pregiati<br />
d’una <strong>di</strong>st<strong>il</strong>leria con tanto <strong>di</strong> nome, cognome e città, coinvolgendo anche <strong>il</strong> pittore<br />
Sarri che ha ad<strong>di</strong>rittura d<strong>il</strong>igentemente <strong>di</strong>segnato le tre etichette reclamizzate; è stata<br />
cioè introdotta, in un testo <strong>di</strong> lettura, una «informazione pubblicitaria» bella e buona<br />
che <strong>di</strong> solito viene fatta <strong>di</strong>etro pagamento e comunque non in quella sede. C’è da<br />
chiedersi se questo enfatico canto d’allegrezza per <strong>il</strong> «magico liquore» non abbia avuto<br />
un corrispettivo e, se sì, chi ne fu <strong>il</strong> beneficiario 24 .<br />
Ancora, dunque, non traspare particolare entusiasmo. Tutto qui. E sì che<br />
Salgari è noto per aver romanzato in tempo reale o quasi, schierandosi<br />
apertamente, un gran numero <strong>di</strong> avvenimenti bellici del suo tempo: oltre a<br />
quelli già ricordati (Tonchino e Sudan), la guerra <strong>della</strong> Triplice Alleanza<br />
contro <strong>il</strong> Paraguay, la guerra nelle F<strong>il</strong>ippine, la guerra Ispano-Americana, la<br />
176
L´Africa <strong>di</strong> Em<strong>il</strong>io Salgari<br />
rivolta dei boxers in Cina, la guerra russo-giapponese, <strong>il</strong> conflitto ispanomarocchino<br />
del 1909 nel Riff e altri, per non <strong>di</strong>re <strong>di</strong> quelli rievocati a<br />
<strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> tempo, dalla questione americana dei pellirosse alla battaglia <strong>di</strong><br />
Marudu (1845) degli inglesi contro i malesi, dalla rivolta dei cipays in In<strong>di</strong>a<br />
(1857) alle guerre d’in<strong>di</strong>pendenza americane. E sì, inoltre, che le nostre<br />
guerre coloniali si sarebbero prestate egregiamente a narrazioni avventurose,<br />
come <strong>di</strong>mostrano, tra gli altri, i romanzi Gli Schiavi bianchi- Meravigliose<br />
avventure <strong>di</strong> quattro italiani traverso l’Africa Equatoriale (1900) <strong>di</strong> Arturo<br />
Olivieri Sangiacomo, pubblicato proprio dall’e<strong>di</strong>tore Donath <strong>di</strong> Genova<br />
con <strong>il</strong> quale Salgari aveva un contratto in esclusiva (1898-1906) e Faragialla<br />
(1908) <strong>di</strong> Eduardo Ximenes 25 , pubblicato da Bemporad, l’e<strong>di</strong>tore che ebbe<br />
Salgari sul proprio libro paga nell’ultimo periodo (1906-1911).<br />
Nessun veto e<strong>di</strong>toriale, dunque, ma una scelta precisa e, si <strong>di</strong>rebbe,<br />
irremovib<strong>il</strong>e <strong>di</strong> Salgari.<br />
S<strong>il</strong>vino Gonzato ha ipotizzato che l’esor<strong>di</strong>ente Salgari abbia evitato <strong>di</strong><br />
descrivere avvenimenti africani perché con<strong>di</strong>zionato dall’ambiente in cui<br />
viveva:<br />
Pur avendo l’Africa in casa, Em<strong>il</strong>io Salgari non vi ambienterà che <strong>il</strong> suo terzo romanzo<br />
d’appen<strong>di</strong>ce 26 [...] Volendo soprattutto sbalor<strong>di</strong>re <strong>il</strong> lettore, <strong>il</strong> giovane scrittore [...]<br />
forse temeva che l’Africa rappresentasse un argomento troppo «domestico» per<br />
ottenere lo scopo che si prefiggeva. Verona brulicava <strong>di</strong> barbe <strong>di</strong> missionari che la<br />
sapevano lunga, molto più lunga <strong>di</strong> lui, sul continente nero. Le strade erano piene <strong>di</strong><br />
«moretti» e «morette» dell’Istituto Don Mazza. Il marchese Miniscalchi teneva due<br />
leoni nella v<strong>il</strong>la <strong>di</strong> campagna. Il conte Pullé, quando tornava dalle cacce africane,<br />
attraversava la città strascicando i suoi trofei. Il serraglio <strong>di</strong> via Valverde, a ridosso del<br />
centro, era un fornitissimo campionario <strong>di</strong> belve <strong>di</strong> savana 27 .<br />
Tuttavia l’Africa cadde sotto la sua penna già nel 1884, appunto, e dopo<br />
<strong>di</strong> allora avrebbe costituito lo scenario ottimale per un nutrito numero <strong>di</strong><br />
lavori: 13 romanzi e 16 racconti 28 , senza peraltro che le vicende coloniali<br />
nostrane vi comparissero.<br />
Un elenco dei romanzi africani <strong>di</strong> Salgari mi fu richiesto telefonicamente<br />
da Mino M<strong>il</strong>ani in vista <strong>di</strong> una interessante iniziativa che stava per essere<br />
realizzata nella sua Pavia, con l’intervento del Dipartimento <strong>di</strong> Stu<strong>di</strong> Politici<br />
Sociali e del <strong>Centro</strong> Stu<strong>di</strong> per i Popoli Extraeuropei. Gli scrissi <strong>il</strong> 4 settembre<br />
1987 inviandogli i titoli; <strong>il</strong> 15 <strong>di</strong>cembre 1988 fui perciò invitato<br />
all’Università <strong>di</strong> Pavia per assistere alla presentazione del libro Il Paese<br />
dell’avventura. La rappresentazione dell’Africa in Em<strong>il</strong>io Salgari 29 <strong>di</strong><br />
177
Felice Pozzo<br />
Tundonu Amosu dell’Università <strong>di</strong> Obafemi Awolowo <strong>di</strong> Ile-Ife,<br />
pubblicato nell’ottobre precedente a M<strong>il</strong>ano per l’Istituto italiano <strong>di</strong> cultura<br />
<strong>di</strong> Lagos.<br />
Conservo quel libro con de<strong>di</strong>ca autografa <strong>di</strong> Tundonu Amosu ed anche<br />
memoria <strong>della</strong> vivace <strong>di</strong>scussione che suscitarono le sue affermazioni,<br />
presenti e documentate nel volume. Tra l’altro Amosu sosteneva<br />
sostanzialmente che «i romanzi <strong>di</strong> Salgari rientrano pienamente, anche se<br />
non intenzionalmente, nella grande operazione ideologica messa in atto per<br />
giustificare l’avventura coloniale alla quale si mostra tanto avverso nel ciclo<br />
asiatico e in quello delle In<strong>di</strong>e Occidentali».<br />
L’approssimazione <strong>di</strong>mostrata da Salgari, la sua <strong>di</strong>sinformazione e l’uso<br />
<strong>di</strong> moduli confezionati, caratteristici <strong>di</strong> chi conosce i luoghi che descrive solo<br />
per sentito <strong>di</strong>re, sono alla base <strong>della</strong> critica sopra esposta. Scrive ad esempio<br />
Amosu:<br />
L’intolleranza degli arabi che obbliga l’eroe europeo a travestirsi prima <strong>di</strong> avventurarsi<br />
nel loro territorio trova una <strong>di</strong>retta antitesi nel nero africano che, nei romanzi <strong>di</strong><br />
Salgari, è più sottomesso alla persuasione morale e riserva un’accoglienza più calorosa<br />
agli europei. In verità i neri appaiono come una moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> stupi<strong>di</strong> e superstiziosi<br />
i cui re scambiano i propri vicini e persino i loro stessi sud<strong>di</strong>ti con oggetti privi <strong>di</strong> valore<br />
e vino <strong>di</strong> pessima qualità. Sono de<strong>di</strong>ti al bere e ciò li rende avversari innocui e ri<strong>di</strong>coli.<br />
Il quadro complessivo è lungi dall’essere lusinghiero (p. 168).<br />
I sovrani locali, in particolare, ottengono descrizioni impietose e<br />
caricaturali e molti sono de<strong>di</strong>ti al traffico degli schiavi: <strong>il</strong> re Bango ne I<br />
drammi <strong>della</strong> schiavitù (1896), <strong>il</strong> re Pembo ne Gli scorridori del mare (che è<br />
in buona parte un rifacimento del romanzo precedente, 1900), <strong>il</strong> re Ranako<br />
nel racconto Il negriero (1903): <strong>il</strong> loro abbigliamento annovera un elmo da<br />
pompiere e stracci bisunti; tutti sono invecchiati precocemente dall’alcol.<br />
Tutto ciò è innegab<strong>il</strong>e e Amosu ha ragione. Eppure occorre porsi alcuni<br />
interrogativi e fornire le risposte.<br />
Si tratta <strong>di</strong> un’invenzione <strong>di</strong> Salgari dettata da spirito razzista?<br />
Assolutamente no, perché, com’è noto, egli non inventava nulla, ma traeva<br />
ogni particolare da un’infinità <strong>di</strong> testi che giu<strong>di</strong>cava atten<strong>di</strong>b<strong>il</strong>i, alla<br />
inesausta ricerca dell’aderenza a quella realtà che non conosceva<br />
personalmente. Ho già avuto occasione <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare come <strong>il</strong> re Bango,<br />
capostipite degli altri ri<strong>di</strong>coli re africani e schiavisti <strong>di</strong> Salgari, abbia fonti ben<br />
precise: Un capitaine de quinze ans (1878) <strong>di</strong> Jules Verne, romanzo<br />
pubblicato in Italia dalla Tipografia E<strong>di</strong>trice Lombarda <strong>di</strong> M<strong>il</strong>ano nello<br />
178
L´Africa <strong>di</strong> Em<strong>il</strong>io Salgari<br />
stesso anno dell’e<strong>di</strong>zione francese 30 , e l’articolo Il re Bango e i suoi popoli<br />
dell’esploratore Paul du Cha<strong>il</strong>lu (1835-1903), pubblicato sulla <strong>rivista</strong> <strong>di</strong><br />
viaggi e avventure «La Valigia» <strong>di</strong> M<strong>il</strong>ano con data 21 novembre 1886 31 .<br />
Ogni particolare coincide nei minimi dettagli; ovviamente anche <strong>il</strong> fatto che<br />
re Bango fosse de<strong>di</strong>to alla tratta degli schiavi.<br />
Salgari ha riservato questo trattamento soltanto ai re africani?<br />
Assolutamente no: lo ha riservato ad ogni monarca «cattivo». Un despota<br />
delle isole Figi, ad esempio, è descritto, sia pure con <strong>il</strong> meccanismo degli<br />
stereotipi, invecchiato precocemente dall’uso <strong>di</strong> bevande alcoliche e<br />
destinato a rotolare «sconciamente» in terra dal suo palanchino nel romanzo<br />
Un dramma nell’Oceano Pacifico (1895). Il sultano <strong>di</strong> Varauni, in La<br />
riconquista <strong>di</strong> Mompracem (1908), è descritto così: «Il signore del Borneo,<br />
come tutti i sultanelli delle isole indomalesi, non era già un gigante e non<br />
aveva affatto un aspetto guerresco. Era un cosettino sm<strong>il</strong>zo, color del pane<br />
bigio» che per apparire più imponente «portava sul capo un turbante <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>mensioni monumentali». E si potrebbe continuare.<br />
Ha riservato questo trattamento a tutti gli africani? Assolutamente no.<br />
Ben <strong>di</strong>versamente sono descritti i «neri» positivi: da Niombo (I drammi <strong>della</strong><br />
schiavitù) a Bonga (Gli corridori del mare), da Sango a Onga, da Notika al<br />
vecchio cafro del racconto La Stella del Sud o a Moko, amico del Corsaro<br />
Nero. E l’elenco potrebbe allungarsi notevolmente. Tutti sono personaggi<br />
eroici, protagonisti o deuteragonisti, nob<strong>il</strong>i d’animo, leali e generosi.<br />
Salgari, piuttosto, è giunto a livelli elevati nel nome del principio<br />
dell’uguaglianza. I drammi <strong>della</strong> schiavitù ha un finale emblematico: dopo<br />
una rivolta sim<strong>il</strong>e a quella <strong>di</strong> Amistad (1839), i bianchi <strong>di</strong>ventano schiavi dei<br />
neri. Ad<strong>di</strong>rittura, ci <strong>di</strong>cono gli appunti ine<strong>di</strong>ti del romanziere, pensò a un<br />
seguito intitolato Gli schiavi bianchi: non fu scritto, ma l’intenzione è<br />
lodevole.<br />
Infine, le descrizioni inclementi sono riservate soltanto agli africani?<br />
Assolutamente no. In passato, dopo aver riscontrato un’accusa <strong>di</strong> razzismo<br />
rivolta a Salgari per come ha <strong>di</strong>pinto gli inuit (eschimesi) nel romanzo Le<br />
meraviglie del Duem<strong>il</strong>a (1907), ho scritto quanto segue:<br />
È vero che «un odore nauseabondo» regna nelle abitazioni degli esquimesi e che uno<br />
dei personaggi raccomanda agli altri: «turatevi <strong>il</strong> naso e fatevi coraggio». Se è per quello,<br />
in altri romanzi Salgari sarà anche più esplicito e definirà l’abitazione degli esquimesi<br />
«fetente pozzanghera» e «cloaca». Si noti tuttavia che, secondo Salgari gli esquimesi<br />
«sono rimasti tali e quali come li avevano trovati gli esploratori del secolo scorso» 32 . Nel<br />
Duem<strong>il</strong>a, dunque, i nostri eroi li trovano esattamente come li trovarono quei<br />
179
Felice Pozzo<br />
viaggiatori ed esploratori le cui descrizioni impietose ed esagerate Salgari, che si<br />
documentava con attenzione, lesse più volte.<br />
Durante la sua seconda spe<strong>di</strong>zione polare (1821) W<strong>il</strong>liam Edward Parry scrisse ad<br />
esempio: «A stento potrebbe immaginarsi razza più schifosamente sozza e più<br />
degradata nell’umana famiglia! Sucida ed unta la carnagione, capelli ispi<strong>di</strong>, fattezze da<br />
bruti, denti neri, piccoli <strong>di</strong> statura, coperti <strong>di</strong> pelli <strong>di</strong> foca e <strong>di</strong> orso, riuscivano con tali<br />
indumenti a celare in parte le loro sgraziate forme. Traevano essi la più misera esistenza<br />
fra quegli eterni ghiacci in sui confini <strong>della</strong> terra, in luride tane e può <strong>di</strong>rsi avessero quasi<br />
perduta la nob<strong>il</strong>e impronta dell’uomo» 33 .<br />
Persino le più ammorbi<strong>di</strong>te descrizioni ottocentesche destinate ai fanciulli si<br />
soffermavano su certi particolari: «L’uomo è piccolo e tarchiato con una lunga<br />
capigliatura nera e un volto schiacciato. Non è né bianco né color <strong>di</strong> rame. La sua pelle<br />
ha un colore brunastro, ma non è così fac<strong>il</strong>e <strong>di</strong>stinguerne la vera tinta, perché per mesi<br />
e forse per anni non si è mai lavato, onde <strong>il</strong> suo viso è tutto coperto <strong>di</strong> macchie, del<br />
su<strong>di</strong>ciume e del fumo in mezzo ai quali ei vive» 34 .<br />
Vere o no che fossero, Salgari prese per buone queste ed altre relazioni che è persino<br />
troppo fac<strong>il</strong>e rintracciare e poi ci ricamò sopra, senza cattiveria, da buon romanziere<br />
che vuole anche stupire, chiuso nei limiti degli schemi culturali del suo tempo. Altrove,<br />
peraltro, egli ha descritto «questi bravi abitanti del Polo» quali «valenti cacciatori» e<br />
ottimi pescatori, attardandosi con simpatia sulla loro mitezza e laboriosità, sino a<br />
constatarne con autentico rammarico <strong>il</strong> declino a contatto con la civ<strong>il</strong>tà corruttrice.<br />
Salgari razzista? Chiunque conosca anche superficialmente la sua opera dove, tra<br />
l’altro, le più note storie d’amore nascono tra uomini e donne <strong>di</strong> etnie <strong>di</strong>verse e persino<br />
nemiche, sa la risposta 35 .<br />
Sarebbe interessante estendere questo tipo <strong>di</strong> considerazioni o <strong>di</strong> ricerche<br />
alle varie popolazioni del mondo descritte da Salgari, visto che ha ambientato<br />
romanzi e racconti appunto in ogni angolo del mondo. Si vedrebbe come non<br />
abbia fatto altro che riciclare opere altrui, ritenute affidab<strong>il</strong>i, per <strong>il</strong> solito<br />
problema d’essere stato uno scrittore che non è mai uscito dall’Italia<br />
settentrionale. Per <strong>di</strong> più, uno scrittore <strong>di</strong> fine Ottocento e inizio Novecento<br />
con<strong>di</strong>zionato dal microcosmo, soprattutto culturale, in cui operava.<br />
Basandomi su queste considerazioni, mi sono in passato occupato<br />
<strong>di</strong>ffusamente <strong>della</strong> questione dei pellirosse 36 che qualcuno, con visuale<br />
moderna, ha successivamente giu<strong>di</strong>cato trascurata e v<strong>il</strong>ipesa dalle pagine<br />
salgariane, così da indurmi ad approfon<strong>di</strong>re <strong>il</strong> tema in altre due occasioni 37<br />
e a scrivere, tra l’altro:<br />
[...] la ricerca delle fonti è attività fondamentale per la valutazione dell’opera salgariana.<br />
Le precarie possib<strong>il</strong>ità d’approfon<strong>di</strong>mento devono dunque essere considerate accanto<br />
180
L´Africa <strong>di</strong> Em<strong>il</strong>io Salgari<br />
alla serietà o meno dei testi consultati, molti dei quali hanno ottenuto aggiornamenti<br />
o revisioni documentate dopo molti anni, se non in tempi recenti.<br />
La circostanza va soppesata con attenzione particolare nei casi in cui ci si sentirebbe<br />
spinti a porre l’accento su certe sue inesattezze o prese <strong>di</strong> posizione. Si pensi, ad<br />
esempio, alla questione dei pellirosse, che notoriamente ha ottenuto rivisitazioni<br />
decisive soltanto in tempi successivi alla morte <strong>di</strong> Salgari. Non v’è dubbio, allora, che<br />
se avesse avuto a sua <strong>di</strong>sposizione tutti i testi consultab<strong>il</strong>i oggi- gli stessi che consentono<br />
<strong>di</strong> contestarlo- nonché <strong>il</strong> tempo <strong>di</strong> leggerli, avrebbe scritto pagine ben <strong>di</strong>verse da quelle<br />
che scrisse sull’argomento. Taluni critici improvvisati, dunque, dovrebbero almeno<br />
effettuare un timido tentativo <strong>di</strong> retrocedere nel tempo e mettersi nei panni <strong>di</strong> chi<br />
scriveva un secolo fa, più o meno.<br />
Ed ho elencato le pagine in cui Salgari ha assunto la <strong>di</strong>fesa del «fratello<br />
rosso».<br />
Occorre inoltre considerare in che modo, nonostante tutto, abbia saputo<br />
tracciare un sentiero del tutto autonomo rispetto i colleghi contemporanei<br />
e persino rispetto i suoi «maestri» <strong>di</strong> altre nazioni, in particolare Francia e<br />
Ingh<strong>il</strong>terra.<br />
È evidente, infatti, come abbia evitato <strong>di</strong> veicolare i messaggi<br />
imperialistici che hanno caratterizzato, ad esempio, la letteratura <strong>di</strong> Haggard<br />
o <strong>di</strong> Kipling e persino quelli nazionalisti <strong>di</strong> Jacolliot, Boussenard, Aimard e<br />
<strong>di</strong> tanti altri romanzieri d’avventure francesi del suo tempo. È vero che<br />
l’Italia non poteva per nulla vantare <strong>il</strong> senso <strong>di</strong> grandezza e <strong>di</strong> gloria<br />
dell’impero britannico e neppure la folie des grandeurs dei francesi. Ma non<br />
c’è chi non veda come i numerosi personaggi italiani dei romanzi <strong>di</strong> Salgari,<br />
viaggiatori, esploratori o avventurieri che siano, evitino ogni atteggiamento<br />
<strong>di</strong> conquista o <strong>di</strong> avanguar<strong>di</strong>a del colonialismo nazionale o sim<strong>il</strong>i. Al servizio<br />
dell’avventura, sono risoluti contro gli avversari stranieri perché così vuole<br />
<strong>il</strong> gioco caratterizzato dagli immancab<strong>il</strong>i «cattivi» che si oppongono all’eroe<br />
<strong>di</strong> turno. Spesso coltivano interessi ed intenti scientifici e <strong>il</strong> frutto delle loro<br />
straor<strong>di</strong>narie scoperte o cacce è destinato ai musei.<br />
D’altro canto nessuno come lui, in quei tempi, ha promosso al ruolo <strong>di</strong><br />
protagonisti assoluti uomini orientali che agiscono per la libertà dei loro<br />
paesi.<br />
Concludendo, si può affermare, a mio avviso, che fu fautore del nostro<br />
colonialismo in Africa soltanto in un periodo circoscritto <strong>della</strong> sua vita,<br />
quello giovan<strong>il</strong>e, ricco <strong>di</strong> entusiasmi patriottici, assecondando<br />
l’immaginario collettivo nostrano, ma senza particolari coinvolgimenti<br />
soprattutto per quanto riguarda <strong>il</strong> suo mestiere <strong>di</strong> scrittore. Si può affermare<br />
181
Felice Pozzo<br />
inoltre che non può essere ragionevolmente accusato <strong>di</strong> razzismo ma, se mai,<br />
<strong>di</strong> ingenuità nell’ut<strong>il</strong>izzare le fonti. Altresì <strong>di</strong> schematismo eccessivo e <strong>di</strong><br />
semplificazione paradossale, che hanno in sottofondo, questo sì, un punto<br />
<strong>di</strong> vista eurocentrico.<br />
Ha scritto Bruno Traversetti:<br />
Nella sua partizione esotistica del mondo, Salgari priv<strong>il</strong>egia l’oriente asiatico e <strong>il</strong> nord-<br />
Africa musulmano. L’Africa nera, a <strong>di</strong>spetto del suo primario interesse coloniale e <strong>della</strong><br />
intensa fascinazione che essa esercitava sull’immaginario europeo del tardo Ottocento,<br />
resta in lui solo teatro <strong>di</strong> storie minori e poco frequenti. La sua sensib<strong>il</strong>ità inventiva è<br />
eccitata soprattutto dai lontani ma gran<strong>di</strong> complessi <strong>di</strong> civ<strong>il</strong>tà, nei cui meandri <strong>il</strong><br />
mistero e l’avventura circolino paludati da fastose mitologie culturali. La sua Asia, però,<br />
coincide abbastanza fedelmente (se si fa eccezione per l’arcipelago delle F<strong>il</strong>ippine, verso<br />
<strong>il</strong> quale lo sospinge anche una simpatia <strong>di</strong> tipo politico) con quella dell’impero<br />
britannico e dei posse<strong>di</strong>menti olandesi: In<strong>di</strong>a e Insulin<strong>di</strong>a, soprattutto, sono i luoghi<br />
eletti del suo esotismo, delle sue scenografie eroiche. L’Estremo Oriente Giallo,<br />
l’immenso e non meno suggestivo mondo cinese e indocinese, resta quasi ai confini del<br />
suo immaginare: in romanzi come La scimitarra <strong>di</strong> Budda o La città del re lebbroso,<br />
ambientati rispettivamente in Cina e nella regione cambogiano-siamese, egli sembra<br />
quasi incapace <strong>di</strong> fantasticare l’azione; le vicende vi si snodano lente, ripetitive,<br />
costellate qua e là da brandelli d’avventura che sembrano allestiti come stanchi f<strong>il</strong>i<br />
d’occasione 38 .<br />
182<br />
Ed ha aggiunto:<br />
Il punto d’osservazione salgariano, <strong>il</strong> centro dal quale egli <strong>di</strong>stingue l’altro da sé e traccia<br />
la topografia esotistica del mondo è, ovviamente, l’Europa; o meglio, poiché l’esotico<br />
ha anche un versante temporale, l’Europa del tardo XIX secolo. Questo luogo <strong>di</strong><br />
autoriconoscimento, tuttavia, non è compatto come, ad esempio, l’Ingh<strong>il</strong>terra <strong>di</strong><br />
Kipling; e, anzi, sfumate vene <strong>di</strong> alterità lo attraversano. Ai suoi incerti margini etnici<br />
occhieggia l’ambiguo esotismo dei gitani <strong>di</strong> Spagna, primi attori, con la loro regina<br />
Zamora, dei Briganti del Riff, mentre ai confini del sud-est <strong>il</strong> mondo balcanico già<br />
sfuma nella doppiezza asiatica e fornisce una ricca tra<strong>di</strong>zione litografica a certe figure<br />
<strong>di</strong> antagonisti [...] Lo sciame <strong>di</strong> vibrazioni esotistiche indotte dalle nozioni <strong>di</strong> «gitano»<br />
e <strong>di</strong> «balcanico» è senza dubbio <strong>il</strong> più denso che si levi dall’Europa salgariana. Nel primo<br />
caso si tratta <strong>di</strong> un’alterità antichissima ed endemica, connaturata allo stato irregolare<br />
<strong>della</strong> nazione zingara, alle cronache e alle <strong>di</strong>ffuse leggende che la riguardano; per <strong>il</strong><br />
secondo caso, invece, occorre tenere presente sia la forte arretratezza nello sv<strong>il</strong>uppo<br />
industriale in cui versava la regione balcanica nell’Ottocento, sia la sua forte <strong>di</strong>versità<br />
culturale dovuta all’espansione, in essa, dell’impero ottomano [...] 39 .
L´Africa <strong>di</strong> Em<strong>il</strong>io Salgari<br />
Viene da chiedersi tuttavia se l’eurocentrismo salgariano non sia<br />
germinato, al <strong>di</strong> là delle pred<strong>il</strong>ezioni personali, dalla <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>ità delle fonti.<br />
L’interrogativo si <strong>di</strong>mostra pertinente prendendo in esame, ad esempio, <strong>il</strong><br />
problema <strong>della</strong> tratta la cui soluzione, come è stato sottolineato con giusta<br />
critica, secondo Salgari, «è in mano alle gran<strong>di</strong> potenze europee, portatrici <strong>di</strong><br />
civ<strong>il</strong>tà e <strong>di</strong> progresso» 40 . È stato accertato che tra le fonti principali del papà <strong>di</strong><br />
Sandokan figura <strong>il</strong> volume L’Antischiavismo alla fine del secolo XIX <strong>di</strong> Carlo<br />
Bianchetti. In esso, ma non solo, la scoperta e poi l’esplorazione dell’Africa<br />
sono descritte come atti <strong>di</strong> abnegazione, <strong>di</strong> coraggio indomito, <strong>di</strong> costanza da<br />
martiri, da parte <strong>di</strong> uno stuolo <strong>di</strong> eroi, missionari, animi nob<strong>il</strong>i che «s’avanza<br />
ar<strong>di</strong>to per ogni dove, sotto quel cielo <strong>di</strong> fuoco, per lande selvagge, fra m<strong>il</strong>le<br />
asprezze e pericoli, sfidando la fame e le febbri, non tementi delle tigri e dei<br />
leoni [...] tutti corazzati <strong>di</strong> intrepidezza e <strong>di</strong> costanza, si slanciano sui fiumi, sui<br />
laghi, sui monti, nei deserti del misterioso continente, portando ciascuno la<br />
patria nel cuore e facendo risuonare da lontano la favella, <strong>il</strong> nome e le glorie» 41 .<br />
Alle nazioni europee cui appartengono questi gent<strong>il</strong>uomini, assicura<br />
Bianchetti, è toccato e toccherà risolvere definitivamente l’immane trage<strong>di</strong>a<br />
<strong>della</strong> schiavitù, poiché «a favorire le cause generatrici dello schiavismo<br />
concorre singolarmente <strong>il</strong> fanatismo religioso dell’Islamismo riguardato<br />
come irreconc<strong>il</strong>iab<strong>il</strong>e colle confessioni cristiane. Tutti i mali d’Africa, lasciò<br />
scritto <strong>il</strong> Mage, capitano <strong>di</strong> vascello, provengono dall’Islamismo (Fleurs du<br />
desert, p. 27)» 42 . Ma è piuttosto agevole consultare i testi dell’epoca, in<br />
particolare, per constatare quanto fosse <strong>di</strong>ffusa questa convinzione 43 .<br />
Ma torniamo all’ambientazione eurocentrica dei romanzi salgariani.<br />
I testi <strong>di</strong> ogni genere, scientifici o fantastici, <strong>di</strong>vulgativi o<br />
d’intrattenimento, <strong>di</strong>ffusi in quel periodo, riguardavano appunto le zone<br />
sottoposte all’influenza coloniale: sia per evidenti ragioni politiche che per<br />
l’effettiva, migliore conoscenza che se ne era acquisita ad ogni livello. Per <strong>di</strong><br />
più, con non sopito spirito giornalistico, Salgari scriveva sovente autentici<br />
instant books sugli avvenimenti del suo tempo: vale a <strong>di</strong>re sui conflitti<br />
coloniali contemporanei, appunto.<br />
Non che mancassero nozioni, spesso esaurienti, sulle altre zone del<br />
mondo, ma l’attenzione era monopolizzata su quelle che, grosso modo,<br />
corrispondono al pred<strong>il</strong>etto esotismo salgariano.<br />
Viene da chiedersi ancora: e se avesse avuto a sua <strong>di</strong>sposizione tutti i testi<br />
che abbiamo oggi?<br />
Diffic<strong>il</strong>e, con riferimento a Salgari, non pensare subito all’In<strong>di</strong>a o al<br />
Borneo. Ebbene, erano zone alle quali non si poteva non prestare attenzione.<br />
183
Felice Pozzo<br />
È nota la storia <strong>della</strong> penetrazione europea in In<strong>di</strong>a che possiamo far iniziare<br />
nel 1498 con l’invasione pacifica <strong>di</strong> Vasco de Gama. La comprensib<strong>il</strong>e<br />
ignoranza <strong>di</strong> costui, che «prese per un’immagine <strong>della</strong> Vergine quella che era<br />
l’effige <strong>della</strong> dea Kalì» 44 , è stata soppiantata nei secoli da una bibliografia<br />
oceanica e sempre più raffinata. Nel solo ambito <strong>della</strong> letteratura<br />
avventurosa ma documentata che fu notoriamente fonte <strong>di</strong> Salgari (ma le sue<br />
fonti «in<strong>di</strong>ane» accertate sono anche altre) ricor<strong>di</strong>amo romanzi <strong>di</strong> Jules<br />
Verne e <strong>di</strong> Louis Boussenard, ma soprattutto la copiosa produzione <strong>di</strong> Louis<br />
Jacolliot (1837-1890) che annovera una ventina <strong>di</strong> volumi «in<strong>di</strong>ani»,<br />
comp<strong>il</strong>ati con intenti scientifici, nei quali è svelato ogni più recon<strong>di</strong>to<br />
mistero, poiché quello stu<strong>di</strong>oso, che esordì con La Bible dans l’Inde (1868),<br />
spese molti anni <strong>della</strong> propria vita viaggiando e compiendo ricerche, anche<br />
esoteriche, in gran parte dell’In<strong>di</strong>a.<br />
In quanto al Borneo, mi sia permessa un’ultima citazione <strong>di</strong> me stesso,<br />
usando la tolleranza e la pazienza che si riserva ai barbosi decani (compio <strong>di</strong><br />
questi tempi i quarant’anni <strong>di</strong> ricerche salgariane...):<br />
Ma esisteva soprattutto una collaudata tra<strong>di</strong>zione nautica che guardava a quelle zone.<br />
Giacomo Bove (1852-1887), morto suicida a Verona, quasi- potremmo <strong>di</strong>re- sotto gli occhi<br />
costernati <strong>di</strong> Salgari che era allora giornalista, si era congedato come guar<strong>di</strong>amarina<br />
dall’Accademia Navale <strong>di</strong> Genova. Promosso sottotenente, fece un viaggio al Borneo sulla<br />
corvetta «Governolo» al comando <strong>di</strong> Enrico Accini, allo scopo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are la costa<br />
settentrionale dell’isola: quin<strong>di</strong>ci mesi <strong>di</strong> vita ricca <strong>di</strong> emozioni e fatiche. Giovanni Battista<br />
Cerruti (1850-1914), imbarcatosi giovanissimo come mozzo, al suo terzo viaggio arrivò al<br />
Borneo e conobbe da vicino i luoghi delle sue future imprese e <strong>della</strong> sua morte. Ricor<strong>di</strong>amo<br />
ancora i viaggi al Borneo dei fiorentini Odoardo Beccari (1843-1920) ed Elio Mo<strong>di</strong>gliani<br />
(1860-1932) o del ligure Giacomo Doria (1840-1913). Come costoro, anche Salgari, sia<br />
pure viaggiando solo con la fantasia, aveva scelto una precisa rotta <strong>di</strong> navigazione 45 .<br />
Per non parlare delle vicende <strong>di</strong> James Brooke e dei pirati malesi o <strong>di</strong><br />
quelle dei garibal<strong>di</strong>ni finiti in quelle zone: tutta «realtà romanzesca» che fu<br />
nettare per <strong>il</strong> palato <strong>di</strong> Salgari.<br />
Insomma, anche <strong>il</strong> suo conclamato e innegab<strong>il</strong>e eurocentrismo potrebbe<br />
avere motivazioni e perciò attenuanti ben precise.<br />
Perché, alla fine dei conti, non pare giusto responsab<strong>il</strong>izzare più <strong>di</strong> tanto<br />
un onesto auto<strong>di</strong>datta ottocentesco, un entusiasta ragioniere dell’avventura,<br />
più che mai portavoce dell’immaginario collettivo dell’epoca, che ha in ogni<br />
caso seminato valori e ideali del buon tempo antico.<br />
184
L´Africa <strong>di</strong> Em<strong>il</strong>io Salgari<br />
Note al testo<br />
1 Epistolario <strong>di</strong> Giuseppe Garibal<strong>di</strong> con documenti e lettere ine<strong>di</strong>te (1836-1882), I, A. Brigola,<br />
M<strong>il</strong>ano 1885, p.204.<br />
2 E. SALGARI, La Tigre <strong>della</strong> Malesia, Viglongo, Torino 1991, p. 54.<br />
3 J. WHITE MARIO, Vita <strong>di</strong> Garibal<strong>di</strong>, Ed. Stu<strong>di</strong>o Tesi, Pordenone 1976, p. 45. È la<br />
riproduzione integrale dell’e<strong>di</strong>zione Treves del 1882.<br />
4 E. SALGARI, I Pirati <strong>della</strong> Malesia, Donath, Genova 1897, pp. 15.<br />
5 J. WHITE MARIO, Vita <strong>di</strong> Garibal<strong>di</strong> cit., p. 67.<br />
6 F. POZZO, «Avevano sete <strong>di</strong> sangue...». Salgari e Garibal<strong>di</strong>, in «Stu<strong>di</strong> Piemontesi», XXIV, 2,<br />
1995, pp. 355-358.<br />
7 Cfr. Prefazione a F. POZZO, Un viaggiatore in braghe <strong>di</strong> tela. La vita avventurosa <strong>di</strong> Augusto<br />
Franzoj, CDA Vivalda, Torino 2003.<br />
8 Cit. in F. SURDICH, Esplorazioni geografiche e sv<strong>il</strong>uppo del colonialismo nell’età <strong>della</strong> rivoluzione<br />
industriale, 1, La Nuova Italia, Firenze 1980, p. 130.<br />
9 Cfr. E. SALGARI (Ammiragliador), A Tripoli! Il Mah<strong>di</strong>, Gordon e gli italiani ad Assab nelle<br />
«corrispondenze» per la Nuova Arena, a cura <strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>o Gallo con prefazione <strong>di</strong> Felice Pozzo,<br />
Perosini, Zevio 1994.<br />
10 Ivi, p. 106.<br />
11 Ivi, pp. 112-114.<br />
12 Ivi, pp. 114-116.<br />
13 Ivi, p. 118.<br />
14 Ivi, p. 119.<br />
15 Ivi, p. 125.<br />
16 Ivi, p. 131.<br />
17 S. GONZATO, Introduzione a E. SALGARI, Al Polo Australe in velocipede, a cura <strong>di</strong> V. Sarti,<br />
Oscar Mondadori, M<strong>il</strong>ano 2002.<br />
18 S. GONZATO, Introduzione a E. SALGARI, La Costa d’Avorio, a cura <strong>di</strong> V. Sarti, Oscar<br />
Mondadori, M<strong>il</strong>ano 2003.<br />
19 E. SALGARI, I Pescatori <strong>di</strong> Trepang, Cogliati, M<strong>il</strong>ano 1896, p. 145.<br />
185
Felice Pozzo<br />
20 A Gordon, Salgari de<strong>di</strong>cherà <strong>il</strong> racconto agiografico L’eroe <strong>di</strong> Karthum, usando lo pseudonimo<br />
Cap. Guido Altieri.<br />
21 F. POZZO, Il piccolo ammiraglio <strong>della</strong> «Nuova Arena», in E. SALGARI (Ammiragliador), A<br />
Tripoli! cit., pp. VII-XVIII.<br />
22 In 28 puntate sulla «Nuova Arena» dal 15 settembre al 12 ottobre 1883. Con importanti<br />
mo<strong>di</strong>fiche <strong>di</strong>venterà La Rosa del Dong Giang nel 1897.<br />
23 Già apparso in 124 puntate sulla «Nuova Arena» dal 31 marzo al 7 agosto 1884, poi sulla<br />
«Gazzetta dell’Em<strong>il</strong>ia» <strong>di</strong> Bologna in 145 puntate dal 24 apr<strong>il</strong>e al 26 settembre 1886.<br />
24 G. V. (G. VIGLONGO), Lo schiavo <strong>della</strong> Somalia, in E. SALGARI (Cap. Guido Altieri), I Racconti<br />
<strong>della</strong> Bibliotechina Aurea <strong>il</strong>lustrata, a cura <strong>di</strong> Mario Tropea, II, Viglongo, Torino 2001, p. 154.<br />
25 Romanzo già apparso a puntate nel 1905, con pseudonimo Oscar d’Aulio, sul «Giornale <strong>di</strong><br />
Viaggi e Avventure <strong>di</strong> Terra e <strong>di</strong> Mare» pubblicato a M<strong>il</strong>ano da Gussoni.<br />
26 La Favorita del Mah<strong>di</strong> (ve<strong>di</strong> nota n. 23).<br />
27 S. GONZATO, Introduzione a E. SALGARI, La Costa d’Avorio cit.<br />
28 Ho pubblicato la Bibliografia delle opere <strong>di</strong> Salgari de<strong>di</strong>cate all’Africa in Em<strong>il</strong>io Salgari e<br />
l’Africa, in L’Africa in Piemonte tra ’800 e ’900, a cura <strong>di</strong> Cec<strong>il</strong>ia Pennacini, Regione Piemonte,<br />
1999, pp. 115-116.<br />
29 Il volume, con prefazione <strong>di</strong> Mino M<strong>il</strong>ani, è b<strong>il</strong>ingue, per cui in copertina figura anche <strong>il</strong> titolo<br />
in inglese (The Land of Adventure. The Representation of Africa in Em<strong>il</strong>io Salgari).<br />
30 F. POZZO, Il sorriso <strong>di</strong> Seghira, la zattera <strong>della</strong> Medusa e la sete <strong>di</strong> re Bango, in E. SALGARI, I<br />
drammi <strong>della</strong> schiavitù, Viglongo, Torino 1992, pp. XIX-XXXII.<br />
31 Cfr, Em<strong>il</strong>io Salgari e l’Africa, cit.<br />
32 In una nota al testo citato ho r<strong>il</strong>evato, evidenziando i casi, come Salgari, nel romanzo <strong>di</strong> cui<br />
trattasi, si fosse <strong>di</strong>menticato più volte <strong>di</strong> essere...nel Duem<strong>il</strong>a e che pertanto <strong>il</strong> «secolo scorso»<br />
va inteso come «due secoli or sono».<br />
33 E. GIRIBALDI, Viaggi e scoperte polari dalla loro origine sino ai giorni nostri, Tip. Ed. G.<br />
Candelotti, Torino 1882, p. 45.<br />
34 ANONIMO, Racconti dei Mari Polari, Tip. Clau<strong>di</strong>ana, Firenze 1873, p. 17.<br />
35 F. POZZO, Tanto valeva che non si fossero risvegliati dal loro sonno secolare, in E. SALGARI, Le<br />
meraviglie del Duem<strong>il</strong>a, Viglongo, Torino 1995, pp. XXXIX- XLI.<br />
36 F. POZZO, Note sulla questione in<strong>di</strong>ana nella vecchia letteratura avventurosa, in «LG<br />
Argomenti», Genova, 4, 1983, pp. 26-28.<br />
186
L´Africa <strong>di</strong> Em<strong>il</strong>io Salgari<br />
37 Cfr. L’anomalo Far West <strong>di</strong> Salgari, in «Salgariana in ricordo <strong>di</strong> Giuseppe Turcato», Biblioteca<br />
Civica <strong>di</strong> Verona, 1998 e <strong>il</strong> capitolo 13 intitolato Un gran <strong>di</strong>avolo rosso in F. POZZO, Em<strong>il</strong>io<br />
Salgari e <strong>di</strong>ntorni, Liguori, Napoli 2000, pp. 145-154.<br />
38 B. TRAVERSETTI, Introduzione a Salgari, Laterza, Bari 1989, p. 41.<br />
39 Ivi, p. 45.<br />
40 V. ASIOLI, L’impero <strong>di</strong> carta. Il colonialismo italiano <strong>di</strong> età liberale nell’e<strong>di</strong>toria per ragazzi<br />
(prima parte), in «Stu<strong>di</strong> piacentini», 35, 2004, p. 68.<br />
41 C. BIANCHETTI, L’antischiavismo alla fine del secolo XIX, Tipografia Subalpina, Torino 1893,<br />
pp. 13, 14.<br />
42 Ivi, p. 293.<br />
43 Cfr., fra i tanti, La schiavitù Africana, supplemento <strong>il</strong>lustrato al «Corriere <strong>della</strong> Sera», febbraio<br />
1889.<br />
44 V. SALIERNO, L’In<strong>di</strong>a degli dei. Storia, civ<strong>il</strong>tà, cultura, Mursia, M<strong>il</strong>ano 1986, p. 151<br />
45 F. POZZO, Em<strong>il</strong>io Salgari, la geografia e le esplorazioni, in «Bollettino <strong>della</strong> Società Geografica<br />
Italiana», Serie XII, vol. V, fasc. 1-2, Roma 2000, p. 229.<br />
187
Gli ebrei <strong>della</strong> Libia, <strong>il</strong> nazionalismo arabo e la questione palestinese<br />
Gli ebrei <strong>della</strong> Libia,<br />
<strong>il</strong> nazionalismo arabo e la questione palestinese.<br />
Note dai documenti del Political Intelligence Service britannico<br />
(1945-1949)<br />
<strong>di</strong> Federico Cresti<br />
I documenti del Public Record Office<br />
Presso <strong>il</strong> Public Record Office <strong>di</strong> Londra (Kew Gardens) sono conservate<br />
alcune serie <strong>di</strong> documenti relativi alla storia delle vicende sociali e politiche<br />
<strong>della</strong> Tripolitania tra <strong>il</strong> 1946 e <strong>il</strong> 1949: essi riguardano in particolare gli inizi<br />
e gli sv<strong>il</strong>uppi dell’attività dei partiti politici in un momento in cui <strong>il</strong> paese si<br />
avviava verso l’in<strong>di</strong>pendenza nel quadro delle trattative internazionali che<br />
avevano seguito la fine <strong>della</strong> seconda guerra mon<strong>di</strong>ale.<br />
Il nucleo principale dei documenti a cui ci riferiamo è costituito dalla<br />
serie del «Monthly Political Intelligence Report – Tripolitania», bollettino<br />
mens<strong>il</strong>e del servizio <strong>di</strong> informazioni politiche <strong>della</strong> Tripolitania, che inizia<br />
ad essere redatto nel <strong>di</strong>cembre del 1945 e che giunge nel marzo del 1949 al<br />
suo trentanovesimo numero. La raccolta, conservata nelle serie del War<br />
Office [WO], è incompleta: mancano i documenti del periodo che va dal<br />
<strong>di</strong>cembre del 1945 al gennaio del 1947, dei quali sono stati tuttavia trovati<br />
alcuni estratti 1 . Per i due anni successivi, al contrario, la raccolta è completa:<br />
in una serie <strong>di</strong>versa da quella che contiene gli estratti appena citati sono<br />
conservati tutti i numeri che vanno dal quin<strong>di</strong>cesimo (febbraio 1947) al<br />
trentanovesimo (febbraio 1949) 2 . Per <strong>il</strong> periodo relativo all’ultimo anno<br />
dell’amministrazione britannica <strong>della</strong> Tripolitania <strong>il</strong> «Monthly Political<br />
Intelligence Report»è conservato in una serie del Foreign Office 3 che non è<br />
stata stu<strong>di</strong>ata.<br />
La parte più corposa <strong>della</strong> raccolta risulta provenire dall’ufficio degli<br />
Affari civ<strong>il</strong>i dell’amministrazione m<strong>il</strong>itare britannica dei Territori africani 4 .<br />
Ricor<strong>di</strong>amo che nella struttura organizzativa dell’amministrazione<br />
m<strong>il</strong>itare britannica, che si era formata a partire dall’occupazione dei territori<br />
nemici nel corso <strong>della</strong> seconda guerra mon<strong>di</strong>ale, gli affari civ<strong>il</strong>i erano posti<br />
sotto la responsab<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> un funzionario m<strong>il</strong>itare, con <strong>il</strong> grado <strong>di</strong> generale <strong>di</strong><br />
brigata, <strong>di</strong>rettamente <strong>di</strong>pendente in via gerarchica dal comandante in capo<br />
189
Federico Cresti<br />
delle forze armate britanniche del Me<strong>di</strong>o Oriente. La <strong>di</strong>rezione degli affari<br />
civ<strong>il</strong>i del Cairo (Civ<strong>il</strong> Affairs Branch, CAB) era sud<strong>di</strong>visa in quattro uffici che<br />
facevano riferimento ai territori italiani dell’Eritrea, <strong>della</strong> Cirenaica, <strong>della</strong><br />
Tripolitania e del Dodecanneso 5 . A partire dal 1943 i funzionari del governo<br />
m<strong>il</strong>itare (ufficiali <strong>della</strong> riserva e interpreti civ<strong>il</strong>i che nei mesi precedenti erano<br />
stati riuniti a Maa<strong>di</strong>, in Egitto, sotto <strong>il</strong> comando del generale <strong>di</strong> brigata Lush<br />
per organizzare <strong>il</strong> lavoro) si inse<strong>di</strong>arono nei loro uffici sul territorio<br />
tripolitano. La Tripolitania era stata <strong>di</strong>visa in sei <strong>di</strong>partimenti, con se<strong>di</strong><br />
centrali nei capoluoghi <strong>di</strong> Tripoli, Zuara, Garian, Homs, Misurata ed Hon.<br />
La scala gerarchica dell’amministrazione degli Affari civ<strong>il</strong>i vedeva alla<br />
sommità un ufficiale comandante (Chief Civ<strong>il</strong> Affairs Officer, CCAO), con<br />
un aggiunto (Deputy Chief Civ<strong>il</strong> Affair Officer, DCCAO), residenti al Cairo.<br />
Alle <strong>di</strong>pendenze del Chief Administrator e al comando <strong>di</strong> ciascuno degli<br />
uffici <strong>di</strong>partimentali del territorio si trovava un ufficiale superiore (Senior<br />
Civ<strong>il</strong> Affairs Officer, SCAO) che aveva alle sue <strong>di</strong>pendenze uno o più ufficiali<br />
per gli Affari civ<strong>il</strong>i (Civ<strong>il</strong> Affairs Officer, CAO). Con <strong>il</strong> passare degli anni la<br />
struttura gerarchica subì qualche variazione e funzionari civ<strong>il</strong>i libici<br />
sostituirono i m<strong>il</strong>itari inglesi in alcuni degli uffici periferici.<br />
Tra le altre attività del Political Intelligence Service in ciascuno dei territori<br />
occupati era la redazione <strong>di</strong> un bollettino perio<strong>di</strong>co: quello del servizio <strong>di</strong><br />
informazioni politiche <strong>della</strong> Tripolitania è costituito da numeri mens<strong>il</strong>i<br />
datt<strong>il</strong>oscritti destinati ad una circolazione ristretta e <strong>di</strong> carattere segreto<br />
redatti dagli agenti britannici e raccolti dall’ufficio <strong>di</strong> collegamento per gli<br />
Affari civ<strong>il</strong>i 6 del quartier generale dell’amministrazione m<strong>il</strong>itare britannica.<br />
Ciascun numero del bollettino è composto da una serie <strong>di</strong> paragrafi, con un<br />
numero progressivo e un titolo, con notizie relative soprattutto ai principali<br />
avvenimenti <strong>di</strong> carattere politico, ma a volte anche <strong>di</strong> interesse generale: ad<br />
esempio, vi si incontrano informazioni su eventi climatici <strong>di</strong> carattere<br />
eccezionale e sulla situazione economica del territorio, in particolare per<br />
quanto riguarda l’agricoltura. Spesso <strong>il</strong> bollettino è accompagnato da uno o<br />
più documenti allegati (copie <strong>di</strong> lettere o documenti particolarmente<br />
importanti, traduzioni inglesi <strong>di</strong> documenti in lingua araba, testi <strong>di</strong> articoli<br />
<strong>di</strong> giornali...).<br />
Le informazioni contenute nei bollettini sono <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa provenienza ed<br />
in generale la loro fonte non è rivelata. Per la maggior parte sono <strong>il</strong> frutto<br />
dell’attività segreta <strong>di</strong> spionaggio e controllo <strong>della</strong> popolazione civ<strong>il</strong>e<br />
organizzata dall’amministrazione britannica attraverso agenti stipen<strong>di</strong>ati o<br />
collaboratori <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso genere reclutati tra la popolazione locale, che non<br />
190
Gli ebrei <strong>della</strong> Libia, <strong>il</strong> nazionalismo arabo e la questione palestinese<br />
vengono mai citati per nome e a cui spesso è fatto riferimento come<br />
«informatori». Molte delle notizie del bollettino riguardano l’attività<br />
corrente o riservata dell’ufficio degli Affari civ<strong>il</strong>i <strong>della</strong> Tripolitania, che aveva<br />
tra i suoi compiti anche quello <strong>di</strong> gestire i rapporti con gli esponenti politici<br />
delle comunità del territorio amministrato. Appaiono spora<strong>di</strong>camente<br />
notizie provenienti dall’ufficio <strong>della</strong> censura civ<strong>il</strong>e, che in Tripolitania<br />
rimase in vigore fino al 15 <strong>di</strong>cembre 1947 7 : in particolare la censura postale<br />
è all’origine <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> analisi sulla situazione <strong>della</strong> comunità italiana, che<br />
appare essere posta sotto speciale controllo, e <strong>di</strong> informazioni <strong>di</strong> carattere<br />
personale e politico sui suoi principali esponenti. Inoltre, venivano<br />
convogliati verso l’ufficio <strong>di</strong> collegamento per gli affari civ<strong>il</strong>i, selezionati ed<br />
in alcuni casi inseriti nel bollettino documenti ed informazioni provenienti<br />
dalla <strong>di</strong>rezione <strong>della</strong> polizia e dai <strong>di</strong>versi uffici dell’amministrazione m<strong>il</strong>itare<br />
per la gestione degli affari civ<strong>il</strong>i, in particolare dall’ufficio per la stampa e<br />
l’informazione pubblica.<br />
Quasi tutti i documenti allegati ai bollettini sono in lingua inglese; in<br />
pochi casi si incontrano testi in francese, mentre non ne appaiono in arabo.<br />
Nessuno dei documenti presenta problemi particolari <strong>di</strong> lettura o <strong>di</strong><br />
interpretazione, se non per alcuni casi <strong>di</strong> nomi <strong>di</strong> persona: in molti casi i<br />
nomi non inglesi sono storpiati, e per i nomi arabi si incontrano trascrizioni<br />
<strong>di</strong>verse, in forme variab<strong>il</strong>i e senza regole precise. Laddove non sia attestata<br />
una trascrizione dei nomi arabi più coerente con le norme scientifiche è stata<br />
conservata nel testo la trascrizione usata nei documenti 8 .<br />
Da un’analisi complessiva dei documenti, attualmente in corso, traiamo<br />
in questa occasione l’analisi dei documenti che si riferiscono alla comunità<br />
ebraica.<br />
La comunità ebraica <strong>della</strong> Tripolitania nella Libia del dopoguerra<br />
Alla fine del 1947 la comunità ebraica <strong>della</strong> Libia entrava, volente o<br />
nolente, nel gioco politico che si stava svolgendo nei centri nevralgici <strong>della</strong><br />
<strong>di</strong>plomazia del dopoguerra per decidere le sorti future del paese nel quadro<br />
delle trattative sul destino degli ex territori coloniali italiani.<br />
Dopo la firma dei trattati <strong>di</strong> pace una lunga serie <strong>di</strong> incontri ai livelli più<br />
alti tra i rappresentanti dei governi delle nazioni vincitrici aveva messo in<br />
evidenza volontà contrastanti e impossib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> accordo: <strong>il</strong> consiglio dei<br />
ministri degli Esteri delle Quattro potenze aveva deciso alla fine del 1947 <strong>di</strong><br />
191
Federico Cresti<br />
inviare una commissione <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o nei territori coloniali italiani con<br />
l’incarico <strong>di</strong> st<strong>il</strong>are un rapporto che fac<strong>il</strong>itasse <strong>il</strong> raggiungimento <strong>di</strong> un<br />
accordo: nel rapporto doveva essere <strong>il</strong>lustrata con chiarezza la situazione<br />
sociale e politica dei <strong>di</strong>versi territori e soprattutto dovevano essere rese<br />
manifeste l’opinione e la volontà delle popolazioni che li abitavano sul loro<br />
futuro.<br />
Nell’attesa dell’arrivo dei membri <strong>della</strong> commissione in Tripolitania i<br />
partiti politici nazionalisti avevano iniziato le manovre per affermare i loro<br />
obiettivi: in particolare avevano deciso <strong>di</strong> riunire un’assemblea <strong>di</strong><br />
rappresentanti per elaborare una piattaforma unitaria <strong>di</strong> riven<strong>di</strong>cazioni da<br />
presentare alla commissione. Anche le minoranze (in particolare, nella<br />
situazione libica, la comunità ebraica ed i coloni italiani) avrebbero avuto <strong>il</strong><br />
<strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> formulare le loro richieste e <strong>di</strong> manifestare i loro progetti sul<br />
destino politico del paese: da qui le pressioni nei loro confronti, che avevano<br />
lo scopo <strong>di</strong> far loro manifestare opinioni che influenzassero nel modo voluto<br />
<strong>il</strong> giu<strong>di</strong>zio finale <strong>della</strong> commissione.<br />
Intorno alla metà del mese <strong>di</strong> novembre giunse a Tripoli la notizia che <strong>il</strong><br />
presidente dell’Unione delle comunità israelitiche italiane, Raffaele<br />
Cantoni, proclamandosi portavoce dei 30.000 ebrei <strong>di</strong> Libia 9 aveva inviato<br />
un messaggio telegrafico al consiglio dei ministri degli Esteri a Londra in cui<br />
si affermava che essi erano favorevoli al ritorno <strong>di</strong> un governo italiano. La<br />
comunità ebraica <strong>di</strong> Tripoli aveva accolto con grande allarme questa<br />
<strong>di</strong>chiarazione ed aveva imme<strong>di</strong>atamente reagito inviando in Italia una<br />
richiesta <strong>di</strong> smentita: nel telegramma si affermava che gli ebrei <strong>di</strong> Libia non<br />
avevano mai espresso <strong>il</strong> desiderio <strong>di</strong> un mandato italiano sulla sua antica<br />
colonia, ma che al contrario e da lungo tempo essi avevano aderito e<br />
continuavano ad aderire alle aspirazioni <strong>di</strong> in<strong>di</strong>pendenza del paese 10 . Non<br />
avendo ricevuto nessuna risposta dall’Italia, dopo aver fatto pubblicare sulla<br />
stampa <strong>di</strong> Tripoli una smentita delle <strong>di</strong>chiarazioni del presidente delle<br />
comunità israelitiche italiane, i rappresentanti dell’ebraismo tripolitano<br />
avevano scritto anch’essi a Londra negando che Cantoni fosse portavoce<br />
<strong>della</strong> loro opinione e ribadendo l’appoggio alla prospettiva<br />
dell’in<strong>di</strong>pendenza libica.<br />
La vicenda ebbe un seguito anche sulla stampa italiana. In un articolo<br />
pubblicato dal quoti<strong>di</strong>ano «Momento» del 12 novembre Fausto Cohen<br />
spiegava che gli ebrei <strong>della</strong> Libia erano obbligati ad appoggiare la prospettiva<br />
dell’in<strong>di</strong>pendenza per paura <strong>di</strong> rappresaglie. Non si doveva pensare,<br />
argomentava l’autore, ad un doppio gioco degli ebrei, che in Italia<br />
192
Gli ebrei <strong>della</strong> Libia, <strong>il</strong> nazionalismo arabo e la questione palestinese<br />
mostravano <strong>di</strong> essere favorevoli alla prospettiva <strong>di</strong> un mandato italiano e<br />
contrari alla volontà degli arabi e in Libia favorevoli all’in<strong>di</strong>pendenza e<br />
contrari al mandato italiano, dal momento che «i programmi sono una cosa<br />
ed i pogrom un’altra» 11 .<br />
La situazione <strong>della</strong> comunità ebraica nell’atmosfera politica <strong>di</strong> quegli<br />
anni non era delle più confortevoli. Anche i servizi <strong>di</strong> informazione<br />
britannici giu<strong>di</strong>cavano che gli ebrei avrebbero accolto favorevolmente <strong>il</strong><br />
ristab<strong>il</strong>imento del potere italiano sul paese, ma non potevano permettersi <strong>di</strong><br />
affermarlo apertamente senza correre gravi rischi 12 : al contrario, dovevano<br />
mostrare in tutti i mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> essere favorevoli all’in<strong>di</strong>pendenza per paura <strong>di</strong><br />
rappresaglie da parte dei nazionalisti.<br />
È opportuno ricordare che dopo la fine <strong>della</strong> guerra lo stato <strong>di</strong> tensione<br />
tra la comunità ebraica e la popolazione araba aveva visto episo<strong>di</strong> <strong>di</strong> sangue<br />
estremamente gravi. Nel novembre del 1945 c’era stato un vero e proprio<br />
massacro che aveva toccato, oltre Tripoli, le comunità <strong>di</strong> Zanzur, Tagiura,<br />
Zuara e Cussabat: si erano contati centotrenta morti 13 , con sinagoghe<br />
<strong>di</strong>strutte e case saccheggiate. A Cussabat donne e ragazze furono violentate<br />
e molti ebrei furono costretti ad abbracciare l’islàm per aver salva la vita.<br />
Oltre ai morti ed ai feriti, le <strong>di</strong>struzioni ridussero in miseria alcune migliaia<br />
<strong>di</strong> persone e almeno 1.400 ebrei persero le loro abitazioni. L’inchiesta<br />
successiva aveva verificato la poca affidab<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> alcuni elementi <strong>della</strong> polizia<br />
libica, che aveva reso necessario l’intervento delle truppe britanniche per<br />
ristab<strong>il</strong>ire l’or<strong>di</strong>ne: erano state arrestate 864 persone e qualche tempo dopo<br />
due arabi erano stati condannati a morte dal tribunale <strong>di</strong> Tripoli e<br />
giustiziati 14 .<br />
Le ragioni invocate dagli storici per spiegare questi episo<strong>di</strong> atroci<br />
mettono in evidenza la responsab<strong>il</strong>ità del nazionalismo arabo, sottolineando<br />
quelle «dei red fez, [...] nazionalisti egiziani, siriani, palestinesi giunti in Libia<br />
al seguito dell’esercito inglese» 15 , <strong>della</strong> loro propaganda panaraba e<br />
dell’agitazione politica clandestina animata dalla loro presenza, da mettere<br />
anche in relazione con gli avvenimenti palestinesi e con una tra<strong>di</strong>zionale<br />
tensione intercomunitaria ebraico-musulmana risorta con la guerra e la fine<br />
del governo coloniale. Una parte non minore <strong>di</strong> responsab<strong>il</strong>ità è attribuita<br />
ai nazionalisti e ai notab<strong>il</strong>i arabi libici, nonché «all’in<strong>di</strong>fferenza e<br />
all’inefficienza <strong>della</strong> BMA» 16 : l’amministrazione britannica aveva senza<br />
dubbio gravissime responsab<strong>il</strong>ità per non aver saputo arrestare rapidamente<br />
l’ecci<strong>di</strong>o 17 , ma tra le ragioni che lo avevano generato tendeva a sottolineare<br />
quelle che avevano più profonde ra<strong>di</strong>ci nella vicenda socioeconomica degli<br />
193
Federico Cresti<br />
anni <strong>della</strong> guerra, riducendo <strong>il</strong> peso delle ragioni politiche circostanziali. Il<br />
generale Blackley, capo dell’amministrazione m<strong>il</strong>itare <strong>della</strong> Tripolitania,<br />
all’epoca <strong>della</strong> visita a Tripoli <strong>della</strong> commissione d’inchiesta delle quattro<br />
potenze, ad una domanda sullo stato dei rapporti tra musulmani ed ebrei<br />
fece un riferimento esplicito a questa vicenda. Rispondendo al capo <strong>della</strong><br />
delegazione statunitense Utter, Blackley affermò:<br />
The anti-jewish riots of November, 1945, were produced, or if not produced, they were<br />
intensified by the fact that the Jews had been acquiring property, movable property, from<br />
the Arabs which owing to various economic circumstances they tended to sell. There was<br />
a certain jealousy on that account among the Arabs. Today with con<strong>di</strong>tions of hardship<br />
existing as they do, there has again been a tendency for Arabs who are out of work to sell<br />
off their belongings and those belongings normally find their way into the hands of the<br />
Jews which in turn means if we got any <strong>di</strong>sturbances of political nature, there would be<br />
a tendency to loot Jewish shops and establishments. I can say at once that the situation<br />
in Palestine has had relatively little repercussion here 18 .<br />
Dopo i massacri l’amministrazione britannica aveva promosso la<br />
formazione <strong>di</strong> un Comitato arabo-ebraico per la collaborazione e la<br />
ricostruzione, presieduto dal qa<strong>di</strong> al-qudat Mahmud Burchis e dall’ex<br />
presidente <strong>della</strong> comunità israelitica Halfalla Nahum, che aveva operato per<br />
pacificare gli animi 19 .<br />
In seguito al ritorno <strong>della</strong> libertà <strong>di</strong> associazione gli ebrei parteciparono al<br />
<strong>di</strong>battito politico ed alcuni membri <strong>della</strong> comunità assunsero posizioni<br />
apertamente favorevoli all’in<strong>di</strong>pendenza <strong>della</strong> Libia. Peraltro anche all’interno<br />
<strong>della</strong> comunità ebraica si manifestavano posizioni <strong>di</strong>verse, risultato, a quanto<br />
è dato <strong>di</strong> comprendere dai documenti del servizio <strong>di</strong> informazioni, <strong>di</strong> rivalità<br />
personali più che <strong>di</strong> opposizioni ideologiche. Ad esempio <strong>il</strong> presidente <strong>della</strong><br />
comunità israelitica <strong>di</strong> Tripoli Zacchino Habib aveva aderito fin dalla sua<br />
fondazione, avvenuta nel maggio del 1946, al Fronte nazionalista unito (aljabha<br />
al-wataniya al-muttahida) 20 , <strong>di</strong>venendo uno dei membri del suo<br />
comitato esecutivo: i suoi oppositori all’interno <strong>della</strong> comunità avevano allora<br />
dato <strong>il</strong> loro appoggio ad un altro raggruppamento politico, <strong>il</strong> Blocco<br />
nazionalista libero (al-kutla al-wataniya al-hurra) 21 , come si r<strong>il</strong>eva da una nota<br />
del bollettino secondo la quale questo partito 22<br />
ha ottenuto un appoggio considerevole dagli ebrei. La maggior parte dei fon<strong>di</strong> a<br />
<strong>di</strong>sposizione del partito sembrano essere stati sottoscritti dagli ebrei che si oppongono<br />
a Zacchino Habib, un membro importante del Fronte nazionalista unito 23 .<br />
194
Gli ebrei <strong>della</strong> Libia, <strong>il</strong> nazionalismo arabo e la questione palestinese<br />
Dopo gli ecci<strong>di</strong> del novembre 1945 non si erano più contati episo<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
violenza collettiva, ma risse tra giovani e litigi avevano rivelato una tensione<br />
nascosta che continuava ad avvelenare i rapporti tra la comunità ebraica e<br />
quella musulmana. Un fatto più grave era avvenuto nella notte del 2 marzo<br />
del 1947 quando <strong>il</strong> cadavere <strong>di</strong> un arabo assassinato, <strong>di</strong> nome Salem Ben<br />
Lamin, era stato trovato nel quartiere ebraico: imme<strong>di</strong>atamente era stata<br />
temuta una ritorsione collettiva e l’inizio <strong>di</strong> un nuovo massacro. Il giorno<br />
successivo <strong>il</strong> suo funerale era stato seguito da seim<strong>il</strong>a persone e le due<br />
comunità erano in grande agitazione. I rappresentanti dei principali partiti<br />
avevano fatto pubblicare sui giornali appelli alla calma: questo intervento,<br />
che aveva avuto l’effetto <strong>di</strong> evitare un nuovo episo<strong>di</strong>o <strong>di</strong> violenza collettiva,<br />
era motivato, secondo <strong>il</strong> servizio <strong>di</strong> informazioni britannico, dalla volontà <strong>di</strong><br />
non compromettere la libertà politica che i partiti desideravano conservare,<br />
ma che in definitiva <strong>di</strong>pendeva dal buon volere dell’autorità britannica che<br />
con un pretesto avrebbe potuto sospenderla. Inoltre, qualsiasi episo<strong>di</strong>o <strong>di</strong><br />
intolleranza religiosa da parte <strong>della</strong> maggioranza araba avrebbe costituito<br />
un’arma nelle mani <strong>di</strong> quanti si opponevano alle richieste <strong>di</strong> autonomia e <strong>di</strong><br />
in<strong>di</strong>pendenza perché sarebbe stato interpretato come una prova<br />
dell’immaturità del paese e dell’incapacità <strong>della</strong> sua classe <strong>di</strong>rigente a<br />
governarlo.<br />
In quell’occasione molte famiglie <strong>della</strong> hâra <strong>di</strong> Tripoli che abitavano<br />
nelle zone più vicine ai quartieri musulmani avevano lasciato le loro case per<br />
rifugiarsi in luoghi meno esposti, e la presenza m<strong>il</strong>itare intorno al quartiere<br />
ebraico per controllare eventuali incidenti era stata fortemente aumentata.<br />
Per parare la minaccia, da parte degli ebrei era stata <strong>di</strong>ffusa la voce che la<br />
responsab<strong>il</strong>ità dell’assassinio fosse da attribuire ad una manovra dell’autorità<br />
britannica che voleva in questo modo creare uno stato <strong>di</strong> tensione tra le<br />
comunità religiose ed interrompere «the broterly attitude of Jews and Arabs<br />
in Tripolitania» 24 , ma qualche giorno dopo due ebrei erano stati<br />
imprigionati come responsab<strong>il</strong>i dell’omici<strong>di</strong>o. In occasione dell’arresto <strong>il</strong><br />
presidente del Blocco nazionalista libero, Ali Fiki Hassan, aveva inviato<br />
all’amministrazione britannica una lettera in cui domandava che fosse<br />
applicata nei confronti dei due ebrei accusati la regola biblica, occhio per<br />
occhio e dente per dente: commentando la richiesta <strong>il</strong> funzionario<br />
britannico che l’aveva ricevuta faceva notare come <strong>il</strong> presidente <strong>della</strong> Kutla<br />
avesse, con poca logica ma con molto opportunismo, <strong>di</strong>menticato gli episo<strong>di</strong><br />
del novembre del 1945, quando, se gli articoli <strong>della</strong> legge mosaica fossero<br />
stati applicati, sarebbe stato necessario condannare a morte 130 arabi 25 .<br />
195
Federico Cresti<br />
L’attenzione generale era stata <strong>di</strong>stolta da questi avvenimenti quando <strong>il</strong><br />
5 marzo 1947 un comunicato <strong>della</strong> stampa ripreso dai giornali <strong>di</strong> Tripoli<br />
aveva reso nota una <strong>di</strong>chiarazione secondo la quale gli Stati Uniti si erano<br />
detti favorevoli - aderendo in parte alla posizione <strong>della</strong> Francia - alla<br />
concessione <strong>di</strong> un mandato all’Italia su alcuni dei suoi ex territori coloniali;<br />
avevano inoltre riconosciuto l’opportunità <strong>di</strong> far partecipare un<br />
rappresentante italiano alle successive conferenze in cui si doveva <strong>di</strong>scutere<br />
<strong>della</strong> sorte dei territori italiani in Africa. La notizia aveva suscitato molte<br />
proteste, in particolare da parte <strong>della</strong> Kutla, e l’animosità verso gli ebrei si era<br />
attenuata per rivolgersi contro la comunità italiana.<br />
Il periodo <strong>di</strong> pace per la comunità ebraica durò qualche mese, ma la<br />
situazione tornò ad essere molto tesa quando l’Assemblea generale delle<br />
Nazioni Unite votò <strong>il</strong> piano <strong>di</strong> spartizione <strong>della</strong> Palestina, <strong>il</strong> 29 novembre<br />
1947 26 .<br />
La questione palestinese, come era ovvio, coinvolgeva gli ebrei <strong>della</strong><br />
Tripolitania, che avevano collegamenti ufficiali o clandestini con le<br />
organizzazioni sioniste. La stampa era tenuta sotto stretto controllo da parte<br />
delle autorità britanniche, che ad esempio avevano censurato tutte le<br />
pubblicazioni dell’Organizzazione sionista revisionista quando questa era<br />
stata messa fuor<strong>il</strong>egge 27 , tuttavia la propaganda era rimasta attiva e attraverso<br />
canali clandestini giungevano a Tripoli pubblicazioni stampate in Tunisia<br />
e notiziari inviati dalle organizzazioni ebraiche degli Stati Uniti 28 .<br />
Era noto ai servizi <strong>di</strong> informazione britannici che molti giovani ebrei<br />
cercavano <strong>di</strong> raggiungere la Francia o l’Italia attraverso la Tunisia per poi<br />
emigrare verso la Palestina: per quanto l’emigrazione dalla Libia alla Tunisia<br />
fosse <strong>il</strong>legale, le informazioni giunte dall’ufficio <strong>della</strong> censura postale avevano<br />
permesso <strong>di</strong> sapere che alcuni giovani ebrei <strong>di</strong> Tripoli erano riusciti a passare<br />
la frontiera: dopo essere stati sottoposti ad una visita <strong>di</strong> selezione in una località<br />
sconosciuta erano stati inviati per un periodo <strong>di</strong> addestramento in un centro<br />
<strong>di</strong> formazione clandestino situato a duecentocinquanta ch<strong>il</strong>ometri da Tunisi.<br />
Da lì erano stati trasferiti a M<strong>il</strong>ano per poi partire per la Palestina. Il servizio<br />
<strong>di</strong> informazioni britannico non aveva potuto scoprire se l’organizzazione<br />
sionista avesse una sua base <strong>di</strong> partenza in Tripolitania e nel corso dell’estate<br />
del 1947 stava ancora indagando per accertarlo 29 .<br />
Le prime reazioni arabe alla spartizione <strong>della</strong> Palestina si ebbero <strong>il</strong> primo<br />
<strong>di</strong>cembre del 1947, quando sulle mura <strong>di</strong> Tripoli apparvero alcuni manifesti<br />
che chiamavano gli arabi a scioperare contro la decisione delle Nazioni<br />
Unite: una manifestazione <strong>di</strong> alcune decine <strong>di</strong> studenti fu sciolta dalla polizia<br />
196
Gli ebrei <strong>della</strong> Libia, <strong>il</strong> nazionalismo arabo e la questione palestinese<br />
senza incidenti gravi due giorni dopo. In quegli stessi giorni <strong>il</strong> Blocco<br />
nazionalista libero e <strong>il</strong> Partito dell’Unione tripolitano-egiziana (al-hizb alittihad<br />
al-tarabulsi al misri) 30 iniziarono ad arruolare volontari per la guerra:<br />
circa m<strong>il</strong>le giovani si iscrissero nelle liste, ma secondo gli agenti inglesi <strong>il</strong><br />
primo entusiasmo non durò a lungo e <strong>il</strong> reclutamento cessò poco tempo<br />
dopo. Così si legge in una nota del servizio <strong>di</strong> informazioni britannico del<br />
mese <strong>di</strong> <strong>di</strong>cembre 1947:<br />
gli unici tripolitani che hanno mostrato <strong>di</strong> voler combattere nell’Esercito arabo sono due<br />
studenti <strong>di</strong> Tripoli. Si sono allontanati da casa lasciando ai loro genitori un biglietto in<br />
cui <strong>di</strong>cevano <strong>di</strong> essere <strong>di</strong>retti in Palestina. I genitori informarono la polizia e i due giovani<br />
guerrieri furono presi a Misurata e tornarono dai loro arrabbiati genitori 31 .<br />
Dopo <strong>il</strong> voto delle Nazioni Unite i partiti politici presero <strong>di</strong>verse<br />
iniziative nei confronti <strong>della</strong> comunità ebraica. La Jabha convocò presso la<br />
sede del partito alcuni dei suoi rappresentanti per conoscere la loro posizione<br />
sul sionismo: come si è detto, uno dei principali <strong>di</strong>rigenti <strong>della</strong> comunità,<br />
Zacchino Habib, era membro del comitato <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezione del partito e<br />
l’incontro si svolse in un’atmosfera amichevole in cui gli ebrei presenti<br />
espressero <strong>il</strong> loro <strong>di</strong>saccordo unanime circa la decisione sulla spartizione<br />
<strong>della</strong> Palestina e riaffermarono <strong>il</strong> loro pieno appoggio alla causa<br />
dell’in<strong>di</strong>pendenza libica 32 . Il Partito del lavoratori (hizb al-ummal) 33 chiese<br />
ai rappresentanti <strong>della</strong> comunità ebraica <strong>di</strong> pronunciarsi ufficialmente sulla<br />
questione e la stampa <strong>di</strong> Tripoli <strong>di</strong>ede larga pubblicità ad un comunicato in<br />
proposito 34 . La più ra<strong>di</strong>cale Kutla assunse un atteggiamento intransigente:<br />
<strong>il</strong> 17 <strong>di</strong>cembre <strong>il</strong> suo presidente inviò una lettera minacciosa al Gran<br />
Rabbino e a Shalom Nahum, vicepresidente <strong>della</strong> comunità, <strong>il</strong> cui tono<br />
faceva presagire atti <strong>di</strong> rappresaglia contro gli ebrei <strong>di</strong> Tripoli. Un intervento<br />
energico del capo dell’amministrazione britannica Blackley, a cui gli ebrei si<br />
erano rivolti per far conoscere le minacce, costrinse Ali Fiki Hassan a recarsi<br />
negli uffici <strong>della</strong> comunità per fare atto <strong>di</strong> ammenda, e la questione non ebbe<br />
ulteriori sv<strong>il</strong>uppi: in effetti, anche se a quanto sembra durante la sua visita<br />
<strong>il</strong> capo <strong>della</strong> Kutla non espresse particolare contrizione per quanto aveva<br />
scritto, i notab<strong>il</strong>i <strong>della</strong> comunità ebraica chiesero alle autorità britanniche <strong>di</strong><br />
non andare più oltre nelle loro pressioni 35 .<br />
La proclamazione dello Stato <strong>di</strong> Israele nel panorama socio-politico libico<br />
Sullo sfondo delle vicende interne che assorbivano gran parte<br />
dell’attenzione dei partiti tripolitani nei primi mesi del 1948 la questione<br />
197
Federico Cresti<br />
palestinese appariva a sprazzi, come fattore <strong>di</strong> mob<strong>il</strong>itazione e <strong>di</strong> agitazione<br />
popolare: all’epoca <strong>della</strong> decisione delle Nazioni Unite sulla spartizione,<br />
come si è detto, alcuni partiti avevano iniziato a reclutare volontari per<br />
combattere <strong>il</strong> sionismo, ma apparentemente senza un grande successo. Il<br />
movimento aveva subito una brusca accelerazione dopo la proclamazione<br />
dello Stato <strong>di</strong> Israele, <strong>il</strong> 15 maggio del 1948, che a Tripoli aveva avuto tra le<br />
sue conseguenze l’arrivo <strong>di</strong> gruppi sempre più numerosi <strong>di</strong> volontari dei<br />
paesi maghrebini che entravano nel territorio libico per recarsi a combattere<br />
in oriente. Anche molti giovani libici avevano mostrato l’intenzione <strong>di</strong><br />
arruolarsi nell’Esercito <strong>di</strong> liberazione <strong>della</strong> Palestina. Sia i volontari dei paesi<br />
vicini, che malgrado <strong>il</strong> rafforzamento dei controlli francesi alla frontiera<br />
tunisina continuavano ad entrare in Libia, che i volontari libici avevano una<br />
destinazione comune: <strong>il</strong> campo <strong>di</strong> Marsa Matruh, in territorio egiziano, che<br />
era stato organizzato per accoglierli.<br />
A Tripoli si era costituito un Comitato <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa <strong>della</strong> Palestina, che, pur<br />
formato su una base non partitica, vedeva particolarmente attivi i m<strong>il</strong>itanti<br />
del Partito nazionalista (hizb al-watani) 36 : lo <strong>di</strong>rigeva <strong>il</strong> presidente del<br />
partito, Mustafa Mizran. Il comitato si occupava dell’organizzazione del<br />
viaggio dei volontari verso Marsa Matruh ed aveva assunto <strong>il</strong> compito<br />
(particolarmente gravoso dal punto <strong>di</strong> vista economico nella <strong>di</strong>sastrosa<br />
situazione <strong>della</strong> Libia <strong>di</strong> quegli anni) <strong>di</strong> assicurare la loro sussistenza a<br />
Tripoli. Le partenze da Tripoli verso l’Egitto per via <strong>di</strong> terra avvenivano in<br />
generale a piccoli gruppi: durante <strong>il</strong> mese <strong>di</strong> maggio erano partiti in tutto 420<br />
volontari tripolitani e 530 provenienti dal Marocco, dalla Tunisia e<br />
dall’Algeria 37 .<br />
Il campo <strong>di</strong> Marsa Matruh era stato visitato durante <strong>il</strong> mese <strong>di</strong> apr<strong>il</strong>e da<br />
Abdallah Abid al-Sanusi: insieme ad alcuni notab<strong>il</strong>i aveva accompagnato un<br />
gruppo <strong>di</strong> settanta volontari <strong>della</strong> Cirenaica bene equipaggiati, che venivano<br />
ad aggiungersi ai circa 400 maghrebini che già vi si trovavano. Molti dei<br />
volontari <strong>della</strong> Cirenaica erano ex soldati dell’esercito coloniale italiano o<br />
<strong>della</strong> Libyan Arab Force inglese che avevano combattuto nel corso <strong>della</strong><br />
guerra. L’emiro Idris si era congratulato per l’iniziativa ed aveva espresso <strong>il</strong><br />
suo augurio per la buona riuscita <strong>della</strong> spe<strong>di</strong>zione. Dietro le pressioni <strong>di</strong><br />
Abdallah, che aveva protestato con <strong>il</strong> segretario <strong>della</strong> Lega araba per la<br />
permanenza eccessivamente lunga dei volontari nel campo <strong>di</strong> Marsa<br />
Matruh, un corpo armato <strong>di</strong> 419 libici, che aveva preso <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> «Reparto<br />
Ahmad al-Sharif al-Sanusi» 38 , aveva lasciato <strong>il</strong> Cairo in <strong>di</strong>rezione <strong>della</strong><br />
Palestina <strong>il</strong> 24 apr<strong>il</strong>e 39 . Il mese successivo erano arrivati al Cairo 260 nuovi<br />
198
Gli ebrei <strong>della</strong> Libia, <strong>il</strong> nazionalismo arabo e la questione palestinese<br />
volontari libici che erano stati incamminati verso <strong>il</strong> fronte palestinese: altri<br />
500 erano allora in viaggio dalla Cirenaica verso Marsa Matruh, ma <strong>il</strong><br />
governo egiziano aveva chiesto <strong>di</strong> fermarli perché non sarebbe stato possib<strong>il</strong>e<br />
equipaggiare i nuovi arrivati per mancanza <strong>di</strong> armi.<br />
Alcune notizie del bollettino <strong>di</strong> informazione riportano incidenti e<br />
<strong>di</strong>saccor<strong>di</strong> sorti in Palestina tra volontari libici e tunisini da un lato e egiziani<br />
e orientali dall’altro: era stato necessario l’invio <strong>di</strong> un emissario <strong>della</strong> Lega<br />
Araba per risolvere i problemi e pacificare gli animi 40 .<br />
In Tripolitania all’atto <strong>della</strong> proclamazione dello Stato <strong>di</strong> Israele le<br />
autorità britanniche avevano fatto forti pressioni sulla comunità ebraica<br />
perché fosse evitata qualsiasi manifestazione <strong>di</strong> giub<strong>il</strong>o, e non si erano avuti<br />
incidenti <strong>di</strong> nessun genere nei giorni imme<strong>di</strong>atamente successivi. Ciò era<br />
visto come un risultato <strong>della</strong> politica <strong>di</strong> buon vicinato e <strong>di</strong> riconc<strong>il</strong>iazione che<br />
notab<strong>il</strong>i musulmani ed ebrei avevano messo in atto dopo gli ecci<strong>di</strong> del<br />
novembre 1945: la comunità ebraica aveva ad<strong>di</strong>rittura organizzato un<br />
ricevimento in onore del Comitato <strong>di</strong> liberazione <strong>della</strong> Libia 41 (haiat altahrir<br />
al-libiya) all’epoca del primo viaggio del suo presidente, Bashir<br />
Sadawi, a Tripoli. Scopo <strong>della</strong> manifestazione era stato affermare la<br />
solidarietà <strong>della</strong> comunità ebraica negli sforzi per la liberazione e<br />
l’in<strong>di</strong>pendenza del paese 42 .<br />
Dal 1947 l’amministrazione britannica aveva registrato una progressiva<br />
<strong>di</strong>ffusione <strong>della</strong> propaganda sionista nel territorio ed una sempre più<br />
massiccia adesione al sionismo da parte dei giovani <strong>della</strong> comunità ebraica.<br />
Secondo le informazioni, la nomina a capo rabbino <strong>di</strong> Shalom Yelloz, che<br />
pur essendo algerino <strong>di</strong> nascita aveva un passaporto palestinese, era<br />
all’origine <strong>di</strong> questo fenomeno 43 : dall’epoca del suo arrivo si era registrata la<br />
partenza <strong>di</strong> molti giovani ebrei <strong>della</strong> Tripolitania per l’Italia, prima tappa <strong>di</strong><br />
un viaggio più lungo che li avrebbe portati in Palestina.<br />
La polizia inglese teneva sotto stretto controllo gli avvenimenti: per<br />
evitare che la presenza dei maghrebini creasse problemi in Tripolitania<br />
l’autorità britannica non faceva niente per arrestare <strong>il</strong> flusso, anzi cercava <strong>di</strong><br />
favorire <strong>il</strong> passaggio dei volontari verso l’Egitto 44 . Tuttavia si temeva lo<br />
scoppio <strong>di</strong> nuovi tumulti contro la comunità ebraica.<br />
La situazione iniziò a peggiorare dagli inizi <strong>di</strong> giugno: <strong>il</strong> 7 giugno le<br />
autorità egiziane annunciarono che non avrebbero più accolto i volontari in<br />
Egitto, ed i maghrebini che erano giunti in Libia non ebbero più la<br />
possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> continuare <strong>il</strong> loro viaggio 45 . Intorno al 10 giugno le autorità<br />
britanniche calcolavano che nella città vecchia <strong>di</strong> Tripoli si trovassero da 400<br />
199
Federico Cresti<br />
a 500 tunisini che speravano <strong>di</strong> riuscire a partire verso l’Egitto e che esitavano<br />
a tornare in<strong>di</strong>etro temendo le sanzioni da parte delle autorità francesi per<br />
aver lasciato <strong>il</strong> paese clandestinamente.<br />
Nei giorni successivi la situazione nella città vecchia si fece sempre più<br />
pericolosa. All’aumento <strong>della</strong> tensione, come afferma un rapporto del<br />
servizio informazioni sugli incidenti che scoppiarono <strong>il</strong> 12 giugno,<br />
concorrevano <strong>di</strong>versi attori: da un lato i volontari maghrebini bloccati a<br />
Tripoli, che passavano le loro giornate nei bar <strong>della</strong> città ascoltando e<br />
<strong>di</strong>scutendo le notizie ra<strong>di</strong>ofoniche degli avvenimenti palestinesi; dall’altro<br />
alcuni giovani ebrei sionisti che assumevano atteggiamenti provocatori. Il<br />
tutto si aggiungeva alla tra<strong>di</strong>zionale tensione ebraico-musulmana, che i<br />
tentativi <strong>di</strong> riconc<strong>il</strong>iazione non avevano totalmente eliminato, e alla <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e<br />
situazione dell’economia agricola causata dalla siccità, che aveva visto nei<br />
mesi precedenti l’afflusso <strong>di</strong> numerosi <strong>di</strong>soccupati in cerca <strong>di</strong> lavoro dalle<br />
regioni circostanti.<br />
Secondo i rapporti <strong>della</strong> polizia britannica gli incidenti iniziarono <strong>il</strong> 12<br />
giugno intorno alle 4 del pomeriggio: nelle vicinanze <strong>di</strong> via Leopar<strong>di</strong> e <strong>di</strong><br />
corso Sic<strong>il</strong>ia un arabo ed un ebreo cominciarono a <strong>di</strong>scutere tra <strong>di</strong> loro,<br />
richiamando l’attenzione <strong>di</strong> passanti sempre più numerosi e <strong>di</strong> un gruppo <strong>di</strong><br />
tunisini che accorsero gridando: «Se non possiamo andare in Palestina a<br />
combattere gli ebrei, combattiamoli qui» 46 .<br />
Fu questo l’inizio <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> episo<strong>di</strong> gravi, dal saccheggio dei negozi<br />
all’assassinio, che durarono tutta la sera ed <strong>il</strong> giorno successivo: le notizie<br />
raccolte in seguito dai funzionari <strong>di</strong> polizia escludevano che si fosse trattato<br />
<strong>di</strong> incidenti organizzati e sottolineavano <strong>il</strong> carattere spontaneo ed<br />
inesplicab<strong>il</strong>e degli avvenimenti 47 . Era opinione comune all’interno<br />
dell’amministrazione che la questione palestinese fosse stata un motivo<br />
occasionale, ma non essenziale. In effetti secondo <strong>il</strong> rapporto <strong>della</strong> polizia gli<br />
incidenti erano stati causati dalla feccia <strong>della</strong> popolazione:<br />
La plebaglia era composta per la maggior parte dai rifiuti dell’umanità, tagliagole che<br />
nel loro profondo stato <strong>di</strong> depravazione avrebbero ucciso i loro correligionari<br />
musulmani per rapinarli nello stesso modo in cui avevano trattato gli ebrei 48 .<br />
Secondo i funzionari inglesi le gravi con<strong>di</strong>zioni sociali ed economiche del<br />
paese spiegavano l’accaduto più delle ragioni <strong>di</strong> carattere religioso e politico:<br />
si faceva notare in effetti che tra i settantasette arrestati in flagrante delitto<br />
200
Gli ebrei <strong>della</strong> Libia, <strong>il</strong> nazionalismo arabo e la questione palestinese<br />
solamente sette erano tunisini e solamente nove residenti nella città <strong>di</strong><br />
Tripoli: se ne deduceva che i principali attori degli incidenti appartenevano<br />
alla massa dei <strong>di</strong>soccupati venuti a Tripoli dai territori dell’interno a causa<br />
<strong>della</strong> crisi.<br />
Secondo altre fonti 49 l’inizio degli incidenti non era stato così occasionale<br />
come voleva farlo intendere <strong>il</strong> rapporto ufficiale <strong>della</strong> polizia inglese: un<br />
numeroso gruppo <strong>di</strong> arabi armati <strong>di</strong> bastoni e <strong>di</strong> coltelli aveva iniziato col<br />
riunirsi in uno dei più malfamati quartieri <strong>della</strong> città vecchia, Bab al-<br />
Hurriyya, e si era poi riversato nel quartiere misto <strong>di</strong> Si<strong>di</strong> Umran dove i<br />
passanti ebrei erano stati aggre<strong>di</strong>ti. Da lì si era <strong>di</strong>retto verso la hâra, al cui<br />
ingresso però aveva incontrato una forte resistenza da parte <strong>di</strong> gruppi armati<br />
<strong>di</strong> auto<strong>di</strong>fesa. Non riuscendo a penetrare nel quartiere ebraico e lasciando sul<br />
terreno un numero imprecisato <strong>di</strong> morti e <strong>di</strong> feriti, gli arabi si erano spostati<br />
nelle zone meno protette, dove avevano saccheggiato negozi e magazzini,<br />
incen<strong>di</strong>ato e <strong>di</strong>strutto abitazioni e luoghi <strong>di</strong> culto. La BMA aveva subito<br />
decretato lo stato <strong>di</strong> emergenza, ma nuovi incidenti si erano avuti anche <strong>il</strong><br />
giorno successivo: nel pomeriggio del 13 giugno l’or<strong>di</strong>ne era stato ristab<strong>il</strong>ito<br />
quasi dovunque. Ad eccezione <strong>di</strong> Suk al-Giumaa, dove c’erano stati<br />
saccheggi nella case ebree, gli incidenti si erano sv<strong>il</strong>uppati solamente a<br />
Tripoli.<br />
Il b<strong>il</strong>ancio ufficiale aveva contato 13 morti tra gli ebrei e 3 tra gli arabi,<br />
35 feriti gravi, in maggioranza ebrei, e 56 feriti leggeri, tra cui un italiano ed<br />
un agente <strong>di</strong> polizia. Secondo le fonti ebraiche, che mettevano in risalto<br />
soprattutto l’importanza e la buona organizzazione dell’auto<strong>di</strong>fesa armata,<br />
<strong>il</strong> b<strong>il</strong>ancio era più pesante, soprattutto per gli arabi. Avevano dovuto<br />
abbandonare le loro abitazioni, <strong>di</strong>strutte o saccheggiate, circa 1.600 ebrei,<br />
che avevano trovato rifugio nella hâra ed in un campo organizzato<br />
dall’amministrazione m<strong>il</strong>itare e circa trecento famiglie avevano perduto<br />
tutti i loro beni nel corso dei saccheggi e delle <strong>di</strong>struzioni 50 .<br />
Questo nuovo episo<strong>di</strong>o <strong>di</strong> violenza collettiva aveva portato ad<br />
approfon<strong>di</strong>re <strong>il</strong> solco esistente tra la comunità ebraica e quella musulmana:<br />
per timore <strong>di</strong> nuove violenze gruppi <strong>di</strong> ebrei dei territori più interni avevano<br />
abbandonato le loro case e si erano spostati a Tripoli, dove vivevano con<br />
l’aiuto delle organizzazioni <strong>di</strong> carità. I sentimenti ost<strong>il</strong>i alla Gran Bretagna,<br />
che già erano forti in seguito agli avvenimenti palestinesi 51 , si erano<br />
accentuati mentre si manifestava un avvicinamento delle posizioni <strong>della</strong><br />
comunità in favore <strong>di</strong> un mandato italiano in Libia: lettere aperte e petizioni<br />
inviate agli organi internazionali da parte <strong>di</strong> membri autorevoli<br />
201
Federico Cresti<br />
dell’ebraismo libico si pronunciavano apertamente in questo senso,<br />
chiedendo inoltre che cessasse la proibizione <strong>di</strong> emigrare imposta agli ebrei<br />
dall’autorità britannica 52 .<br />
Gli incidenti avevano avuto <strong>il</strong> risultato <strong>di</strong> aggravare la già <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e<br />
situazione economica <strong>di</strong> Tripoli: in effetti un gruppo <strong>di</strong> commercianti ebrei<br />
aveva deciso <strong>di</strong> cessare l’attività creando un ulteriore scompenso nelle attività<br />
economiche. Un nuovo tentativo <strong>di</strong> riconc<strong>il</strong>iazione era stato intrapreso da<br />
un gruppo <strong>di</strong> notab<strong>il</strong>i delle comunità araba ed ebraica che si era riunito in<br />
casa <strong>di</strong> Taher Karamanli per <strong>di</strong>scutere sulle misure per evitare ulteriori<br />
incidenti. Si era deciso <strong>di</strong> inviare un messaggio a Bashir Sadawi, che era allora<br />
tra gli uomini più in vista <strong>della</strong> politica tripolitana, ma che risiedeva in<br />
Egitto, informandolo degli avvenimenti: in seguito Sadawi aveva risposto<br />
che sarebbe presto tornato in Tripolitania per pacificare gli animi. Alcuni<br />
notab<strong>il</strong>i ebrei avevano proposto <strong>di</strong> rimuovere dal suo incarico <strong>il</strong> rabbino apo<br />
<strong>della</strong> comunità, rabbi Shalom Yelloz, che tra l’altro aveva <strong>di</strong>mostrato poco<br />
tatto nel suo comportamento verso i notab<strong>il</strong>i arabi 53 . Mustafa Mizran, su cui<br />
la BMA aveva fatto pressioni <strong>di</strong>screte, aveva cessato totalmente l’attività del<br />
partito per <strong>il</strong> reclutamento <strong>di</strong> volontari 54 .<br />
Per impe<strong>di</strong>re che continuasse l’afflusso dei tunisini in Tripolitania la<br />
frontiera con la Tunisia era stata chiusa: ai volontari che si trovavano bloccati<br />
in Tripolitania fu lasciata la scelta tra <strong>il</strong> ritorno in Tunisia con i loro mezzi<br />
o l’espulsione e la consegna alle autorità francesi 55 . Questo tuttavia non<br />
arrestò completamente gli arrivi: per passare dalla Tunisia alla Libia la via più<br />
semplice <strong>di</strong>venne quella marittima. La polizia britannica fermava ed<br />
espelleva dal paese quanti cadevano nelle sue mani: alla fine del mese <strong>di</strong><br />
giugno erano stati espulsi verso la Tunisia 1.822 volontari, mentre altri 262<br />
aspettavano <strong>di</strong> essere deportati 56 .<br />
Dal Cairo Habib Burghiba aveva telegrafato <strong>il</strong> 16 giugno al comitato<br />
esecutivo del Neo-Destur <strong>di</strong> interrompere <strong>il</strong> reclutamento dei volontari per<br />
la Palestina, ma prima <strong>di</strong> quella data i volontari già in marcia erano entrati<br />
in Libia ed erano stati catturati dalle autorità britanniche e rispe<strong>di</strong>ti in<strong>di</strong>etro:<br />
molti erano stati processati dal tribunale m<strong>il</strong>itare francese. Un’imbarcazione<br />
partita da Sfax con 90 volontari era stata inseguita da una torpe<strong>di</strong>niera<br />
francese ma era riuscita ugualmente ad arrivare a Zuara: al loro sbarco i<br />
volontari erano stati arrestati, ma un gruppo aveva rifiutato <strong>di</strong> obbe<strong>di</strong>re agli<br />
or<strong>di</strong>ni dei m<strong>il</strong>itari inglesi. Ne era seguito un tafferuglio in seguito al quale<br />
sette tunisini erano stato arrestati con l’accusa <strong>di</strong> resistenza e <strong>di</strong>sobbe<strong>di</strong>enza<br />
agli or<strong>di</strong>ni del governo in attesa <strong>di</strong> essere giu<strong>di</strong>cati da un tribunale 57 .<br />
202
Gli ebrei <strong>della</strong> Libia, <strong>il</strong> nazionalismo arabo e la questione palestinese<br />
Diversa nei percorsi, ma uguale nella meta, un’altra «migrazione volontaria»<br />
si svolgeva all’epoca <strong>della</strong> prima guerra arabo-israeliana: quella degli ebrei che<br />
volevano raggiungere la Terra promessa per combattere dalla parte <strong>di</strong> Israele.<br />
Come si è visto, <strong>il</strong> percorso normalmente seguito passava dalla Tunisia e<br />
dall’Italia attraverso i canali dell’organizzazione sionista, ma nel corso del mese<br />
<strong>di</strong> agosto la BMA aveva proibito agli ebrei <strong>di</strong> recarsi in Italia. Si era allora<br />
sv<strong>il</strong>uppata l’emigrazione clandestina: molti ebrei, maschi e femmine<br />
(l’amministrazione britannica li valutava ad alcune centinaia), avevano lasciato<br />
<strong>di</strong> nascosto la costa libica imbarcandosi verso la Sic<strong>il</strong>ia negli ultimi mesi del 1948.<br />
Nel traffico <strong>il</strong>legale operavano soprattutto pescherecci sic<strong>il</strong>iani: secondo <strong>il</strong><br />
servizio informazioni nei mesi <strong>di</strong> settembre e ottobre almeno 193 giovani ebrei<br />
erano riusciti a raggiungere la Sic<strong>il</strong>ia sulle imbarcazioni «Dulcinea» e «Don<br />
Chisciotte» ; quattro pescherecci sic<strong>il</strong>iani (<strong>il</strong> «Maria delle Grazie», <strong>il</strong> «Novanna»,<br />
<strong>il</strong> «San Giuseppe» e <strong>il</strong> «Miri <strong>di</strong> Porto Sarbo [Salvo]») erano stati sequestrati<br />
durante <strong>il</strong> pattugliamento notturno per impe<strong>di</strong>re l’emigrazione <strong>il</strong>legale.<br />
Quaranta giovani ebrei erano stati arrestati sulle spiagge tra Tripoli e Sabrata e<br />
si stimava alla fine <strong>di</strong> ottobre che circa 200 fossero in attesa dell’occasione<br />
propizia per lasciare <strong>il</strong> paese: <strong>il</strong> costo del passaggio <strong>il</strong>legale per mare era <strong>di</strong> circa<br />
20 sterline a testa. Un’altra corrente <strong>di</strong> emigrazione era riuscita a formarsi<br />
attraverso la Cirenaica, dove numerosi ebrei avevano ottenuto <strong>il</strong> permesso <strong>di</strong><br />
recarsi in Italia per ragioni <strong>di</strong> salute. Alcuni avevano tentato <strong>di</strong> uscire dal paese<br />
falsificando i documenti <strong>di</strong> espatrio ed erano stati fermati.<br />
La BMA aveva sollecitato i capi <strong>della</strong> comunità ebraica ad intervenire per<br />
impe<strong>di</strong>re l’emigrazione <strong>il</strong>legale: le autorità inglesi temevano soprattutto che<br />
potesse accadere qualche grave incidente alle ragazze ebraiche che si<br />
recavano <strong>di</strong> notte in posti isolati <strong>della</strong> costa per imbarcarsi clandestinamente.<br />
Se non altro, i braccialetti d’oro che esse indossavano sempre avrebbero<br />
potuto attirare l’attenzione <strong>di</strong> malintenzionati. I responsab<strong>il</strong>i <strong>della</strong> comunità<br />
sostenevano <strong>di</strong> non avere <strong>il</strong> potere <strong>di</strong> impe<strong>di</strong>re quelle fughe e <strong>di</strong> non<br />
conoscere gli organizzatori del traffico : peraltro affermavano che la causa<br />
reale dell’emigrazione <strong>il</strong>legale dei giovani ebrei non era la propaganda<br />
sionista, quanto la situazione <strong>di</strong> stagnazione economica del territorio 58 .<br />
Anche dopo l’armistizio tra le forze arabe e quelle israeliane la tensione<br />
in Libia rimase molto forte, malgrado le manifestazioni <strong>di</strong> fraternizzazione<br />
organizzate dai notab<strong>il</strong>i: a Tripoli correvano frequentemente voci <strong>di</strong><br />
prossimi attacchi contro <strong>il</strong> quartiere ebraico.<br />
Diversi attentati <strong>di</strong>namitar<strong>di</strong> avevano contribuito ad aumentare l’ansia<br />
generale: <strong>il</strong> 28 ottobre una bomba era scoppiata all’esterno <strong>di</strong> una casa araba<br />
203
Federico Cresti<br />
<strong>della</strong> hâra, demolendola in parte. Gli arabi affermavano che era una manovra<br />
<strong>di</strong> intimidazione degli ebrei per allontanare gli arabi dal loro quartiere,<br />
mentre da parte ebraica si sosteneva che la bomba era scoppiata mentre <strong>il</strong><br />
proprietario <strong>della</strong> casa la stava preparando: dal momento che nei mesi <strong>di</strong><br />
settembre ed ottobre c’erano stati <strong>di</strong>versi attentati con bombe <strong>di</strong> uguale<br />
fabbricazione, si pensava che tutti fossero l’opera <strong>di</strong> una stessa<br />
organizzazione. La polizia britannica riteneva che facessero parte <strong>di</strong> episo<strong>di</strong><br />
<strong>di</strong> intimidazione ad opera <strong>di</strong> un’organizzazione ebraica clandestina: in<br />
effetti, ad eccezione <strong>di</strong> due casi, le persone contro cui gli attentati erano<br />
rivolti erano arabi che vivevano all’interno o vicino al quartiere ebraico. In<br />
un caso, quello <strong>della</strong> bomba del 28 ottobre che aveva <strong>di</strong>strutto in parte la casa<br />
<strong>di</strong> un tale Taieb Indeisha, le autorità <strong>di</strong> polizia collegavano l’attentato ad un<br />
precedente incidente che nel febbraio dello stesso anno era costato la vita ad<br />
una donna e ad un bambino ebrei: si sarebbe dunque trattato <strong>di</strong> un atto <strong>di</strong><br />
vendetta 59 .<br />
La BMA riteneva che i gruppi <strong>di</strong> auto<strong>di</strong>fesa del quartiere durante la notte<br />
vi svolgessero esercitazioni clandestine per l’uso delle armi e degli esplosivi 60 .<br />
Attraverso una rete clandestina sconosciuta alla polizia molti ebrei erano<br />
riusciti a procurarsi armi da fuoco: già in seguito ad un attentato <strong>di</strong>namitardo<br />
che era avvenuto <strong>il</strong> 12 giugno le indagini <strong>della</strong> polizia avevano portato<br />
all’arresto <strong>di</strong> 7 ebrei e in seguito ad una retata nella hâra nel mese <strong>di</strong> novembre<br />
<strong>di</strong> quell’anno ne furono arrestati altri trenta trovati in possesso <strong>di</strong> armi 61 .<br />
204<br />
Gli ebrei e l’emigrazione in Israele<br />
Dal punto <strong>di</strong> vista <strong>della</strong> politica interna, la comunità ebraica <strong>della</strong><br />
Tripolitania era stata colpita nei primi mesi del 1949 da alcune misure <strong>di</strong><br />
carattere restrittivo che facevano seguito agli sv<strong>il</strong>uppi <strong>della</strong> questione<br />
palestinese: in effetti all’inizio del mese <strong>di</strong> febbraio l’amministrazione aveva<br />
decretato la proibizione dell’emigrazione ebraica verso lo Stato <strong>di</strong> Israele.<br />
Questa decisione aveva creato una situazione <strong>di</strong> crisi all’interno <strong>della</strong><br />
comunità <strong>della</strong> Tripolitania, dove le partenze fino a quel momento avevano<br />
funzionato come una valvola <strong>di</strong> sfogo, permettendo <strong>di</strong> allontanare dal<br />
territorio tutti coloro che mancavano <strong>di</strong> mezzi <strong>di</strong> sostentamento: in effetti<br />
in una situazione economica particolarmente grave si contavano alcune<br />
migliaia <strong>di</strong> ebrei senza risorse che erano totalmente <strong>di</strong>pendenti dalle<br />
organizzazioni caritatevoli.
Gli ebrei <strong>della</strong> Libia, <strong>il</strong> nazionalismo arabo e la questione palestinese<br />
Di fronte alle pressioni dei notab<strong>il</strong>i israelitici l’amministrazione aveva<br />
qualche tempo dopo annullato le misure restrittive: imme<strong>di</strong>atamente una<br />
gran quantità <strong>di</strong> ebrei delle classi più povere aveva affollato gli uffici<br />
dell’amministrazione per chiedere i documenti necessari all’espatrio. Il<br />
fenomeno era stato particolarmente importante a Tripoli, dove si erano<br />
contate migliaia <strong>di</strong> richieste e dove coloro che aspettavano la partenza<br />
avevano rapidamente venduto tutti i loro beni.<br />
Una grande confusione aveva agitato la comunità ebraica, soprattutto in<br />
seguito alla <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> una notizia secondo la quale le autorità israeliane<br />
avrebbero inviato alcune navi per trasportare i correligionari ebrei <strong>della</strong> Libia<br />
in Palestina. Le autorità britanniche avevano messo in guar<strong>di</strong>a i <strong>di</strong>rigenti <strong>della</strong><br />
comunità ebraica sulle <strong>di</strong>fficoltà che l’emigrazione avrebbe rappresentato: fu<br />
fatto sapere a tutti che le autorità israeliane non avrebbero accettato<br />
in<strong>di</strong>stintamente tutti coloro che volevano emigrare, ma solamente quanti<br />
fossero in buona salute e capaci <strong>di</strong> contribuire al buon andamento<br />
dell’economia del paese, e che non era previsto l’invio <strong>di</strong> nessuna nave per <strong>il</strong><br />
trasporto in Palestina. La <strong>di</strong>s<strong>il</strong>lusione era stata allora molto forte, e quanti<br />
desideravano emigrare avevano accusato i <strong>di</strong>rigenti <strong>della</strong> comunità <strong>di</strong> averli<br />
ingannati: in tutti i casi alla fine del mese <strong>di</strong> febbraio l’amministrazione inglese<br />
aveva r<strong>il</strong>asciato 2.919 permessi <strong>di</strong> viaggio per l’Italia ad altrettanti ebrei 62 .<br />
In effetti da Israele tardavano ad arrivare alla comunità libica<br />
informazioni ufficiali sull’atteggiamento del governo del nuovo Stato<br />
riguardo all’emigrazione degli ebrei libici e questo causava uno stato <strong>di</strong>ffuso<br />
<strong>di</strong> insod<strong>di</strong>sfazione: in mancanza <strong>di</strong> notizie <strong>di</strong>rette, si sperava che alcuni<br />
funzionari <strong>di</strong> un’organizzazione ebraica americana (l’American Joint<br />
Distribution Committee) che dovevano arrivare a Tripoli avrebbero potuto<br />
fornire qualche informazione in proposito 63 .<br />
Conclusioni<br />
Come si è visto, lo spoglio del bollettino mens<strong>il</strong>e relativo alla situazione<br />
politica <strong>della</strong> Tripolitania st<strong>il</strong>ato dal Political Intelligence Service britannico<br />
permette <strong>di</strong> arricchire con elementi poco noti la conoscenza dell’evoluzione<br />
sociale e politica <strong>della</strong> comunità ebraica <strong>della</strong> Libia nell’imme<strong>di</strong>ato secondo<br />
dopoguerra.<br />
Nelle note che abbiamo raccolto e commentato si legge tra le righe <strong>il</strong><br />
destino futuro <strong>della</strong> comunità ebraica <strong>della</strong> Libia: l’abbandono o<br />
205
Federico Cresti<br />
l’espulsione dal paese. Dei 29.000 ebrei <strong>di</strong> Libia nel 1948 (concentrati in<br />
gran parte a Tripoli, dove la comunità era formata da circa 22.000 persone)<br />
e dei circa cinquem<strong>il</strong>a <strong>della</strong> Cirenaica, 26.000 partirono nel corso dei tre<br />
anni successivi. All’epoca <strong>della</strong> proclamazione dello Stato in<strong>di</strong>pendente, nel<br />
1951, la comunità <strong>della</strong> Tripolitania è ridotta a 3.500 persone a Tripoli e a<br />
due famiglie residenti a Misurata; in Cirenaica rimangono 40 famiglie a<br />
Bengasi 64 . Gli ultimi atti dell’esodo dalla Libia si recitano alla fine degli anni<br />
sessanta. La guerra dei Sei giorni tra Israele ed Egitto scatena sommosse e<br />
attentati, con morti e feriti, saccheggi e <strong>di</strong>struzioni delle proprietà: quasi<br />
tutta la residua comunità ebraica, con l’autorizzazione del governo libico,<br />
lascia <strong>il</strong> paese rifugiandosi soprattutto in Italia. Nel 1970, l’anno successivo<br />
al colpo <strong>di</strong> stato degli ufficiali liberi, una delle prime leggi emanate dal nuovo<br />
regime sancisce, insieme a quelle degli italiani, la confisca dei beni e<br />
l’espulsione degli ebrei: nel paese si contano ancora 40 ebrei nel 1972 e 16<br />
cinque anni dopo 65 .<br />
206<br />
Note al testo<br />
1 Public Record Office, Londra (Kew Gardens) [da adesso: PRO], WO 230/232. In questa serie<br />
sono conservati unicamente documenti ed informazioni estratte dal bollettino circa le attività<br />
del Partito nazionalista (al-hizb al-watani) <strong>della</strong> Tripolitania.<br />
2 PRO, WO 230/206, 1947-1949. Faremo da qui in avanti riferimento alla serie dei rapporti<br />
mens<strong>il</strong>i sulla situazione politica <strong>della</strong> Tripolitania (Monthly Political Intelligence Report –<br />
Tripolitania) con la sigla MPIRT, seguito dal numero progressivo del bollettino, dalla data <strong>di</strong><br />
riferimento e dal numero del paragrafo o <strong>della</strong> pagina.<br />
3 PRO, FO 1015/186 : 1949 Monthly political intelligence reports: BA [British Administration], Tripoli.<br />
4 Civ<strong>il</strong> Affairs Agency, British M<strong>il</strong>itary Administration [da adesso: BMA] of African Territories,<br />
che nel 1947 aveva i suoi uffici al n. 8 <strong>di</strong> Dar el Shifa al Cairo.<br />
5 Mentre gli altri territori già italiani <strong>della</strong> Somalia e dell’Etiopia <strong>di</strong>pendevano dal comando<br />
m<strong>il</strong>itare britannico dell’Africa Orientale. L’amministrazione dei territori nemici occupati dalle<br />
forze armate inglesi fu posta dal 1943 sotto la <strong>di</strong>rezione del ministero <strong>della</strong> Guerra: dal primo<br />
apr<strong>il</strong>e del 1949 l’amministrazione m<strong>il</strong>itare cessò e la responsab<strong>il</strong>ità amministrativa delle excolonie<br />
italiane fu assunta dal ministero degli Esteri nel quadro <strong>di</strong> una Foreign Office<br />
Administration of African Territories, non molto <strong>di</strong>versa nelle sue strutture dalla precedente ma<br />
sotto la <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> funzionari che non appartenevano più alla gerarchia m<strong>il</strong>itare.<br />
6 La stampigliatura «Secret» appare sulla prima pagina <strong>di</strong> tutti i numeri del bollettino. Alcuni<br />
documenti recano la <strong>di</strong>citura «Top Secret». Il Civ<strong>il</strong> Liaison Officer [CLO] era in genere un
Gli ebrei <strong>della</strong> Libia, <strong>il</strong> nazionalismo arabo e la questione palestinese<br />
funzionario dell’amministrazione m<strong>il</strong>itare con <strong>il</strong> grado <strong>di</strong> major. Ciascun numero del bollettino<br />
è firmato dal funzionario responsab<strong>il</strong>e : tra i nomi più frequentemente citati, i majors F.G.<br />
Maclean, C. Radley, C.E. Greatorex.<br />
7 MPIRT, 25, <strong>di</strong>cembre 1947, n. 314.<br />
8 Per i personaggi più noti abbiamo seguito la trascrizione semplificata <strong>di</strong> MAJID KHADDURI,<br />
Modern Libya. A Study in Political Development, The Johns Hopkins Press, Baltimore 1963.<br />
9 Secondo i dati <strong>della</strong> BMA, alla fine del 1947 si contavano in Tripolitania 28.606 ebrei : 28.100<br />
de<strong>di</strong>ti al commercio e all’artigianato e circa 500 agricoltori, «fermiers sédentaires»(Commission<br />
d’enquête des Quatre Puissances dans les anciennes colonies italiennes, Volume III - Rapport sur<br />
la Lybie [sic !], ciclost<strong>il</strong>ato, s.d.: Tripolitaine, sez. II, cap. I, pp. 4-5).<br />
10 Testo del telegramma in MPIRT, 25, <strong>di</strong>cembre 1947, n. 308. Cfr. anche A. DEL BOCA, Gli<br />
italiani in Libia dal fascismo a Gheddafi, Mondadori, M<strong>il</strong>ano 1997 - I ed. Laterza, Roma-Bari<br />
1988 -, pp. 366-367.<br />
11 «Programmes are one thing: pogroms another»(MPIRT, 25, <strong>di</strong>cembre 1947, ibid.).<br />
12 Il commento appare a proposito <strong>di</strong> un articolo pubblicato da «La Voce dell’Africa»(un<br />
perio<strong>di</strong>co finanziato dall’amministrazione italiana che aveva iniziato le sue pubblicazioni nel<br />
<strong>di</strong>cembre del 1945, e che aveva come sottotitolo: «Giornale degli Italiani d’Africa»), in cui si<br />
affermava che gli ebrei <strong>della</strong> Libia desideravano <strong>il</strong> ritorno degli italiani (ivi, n. 295). Nei fatti<br />
le posizioni all’interno <strong>della</strong> comunità ebraica erano alquanto <strong>di</strong>fferenziate: Renzo De Felice<br />
(Ebrei in un paese arabo. Gli Ebrei nella Libia contemporanea tra colonialismo, nazionalismo e<br />
sionismo (1835-1970), Il Mulino, Bologna 1978, p. 322) <strong>di</strong>stingue tra «f<strong>il</strong>olibici (sinceri o<br />
opportunisti poco importa), f<strong>il</strong>oitaliani e sionisti»analizzando con precisione le posizioni<br />
politiche dei tre gruppi circa <strong>il</strong> futuro <strong>della</strong> Libia.<br />
13 Secondo <strong>di</strong>verse valutazioni, questa cifra varia tra 120 e 135: nelle fonti inglesi la cifra <strong>di</strong> 130<br />
morti tra gli ebrei è fornita in un caso (MPIRT, 16, marzo 1947, n. 214, cfr. infra), mentre in<br />
un altro caso 130 sono i morti totali, <strong>di</strong> cui 124 ebrei, 5 arabi e un italiano (Commission<br />
d’enquête cit., Tripolitaine, p. 22).<br />
14 Cfr. ibidem; R. DE FELICE, Ebrei in un paese arabo cit., pp. 296-297 e passim.<br />
15 A. DEL BOCA, Gli italiani in Libia cit., p. 334.<br />
16 Ibid.<br />
17 La responsab<strong>il</strong>ità dell’amministrazione m<strong>il</strong>itare inglese, che si <strong>di</strong>mostrò incapace <strong>di</strong><br />
controllare la situazione non solamente in occasione degli incidenti antiebraici a Tripoli<br />
quell’anno, ma anche <strong>di</strong> quelli antiitaliani a Moga<strong>di</strong>scio nel 1947, è stata r<strong>il</strong>evata da molti<br />
autori: la <strong>di</strong>scussione su questo punto non rientra tra gli scopi del presente lavoro, ma è<br />
interessante sottolineare come Rivlin abbia messo in relazione i due episo<strong>di</strong> con l’affermazione<br />
<strong>di</strong> F.J. Rennell, uno dei più alti funzionari dell’amministrazione m<strong>il</strong>itare britannica in Africa,<br />
secondo la quale «any call for troops to maintain authority or to quell <strong>di</strong>sturbances represents<br />
207
Federico Cresti<br />
fa<strong>il</strong>ure for a m<strong>il</strong>itary administrator»(B. RIVLIN, recensione a F.J. RENNELL, British M<strong>il</strong>itary<br />
Administration of Occupied Territories during the Years 1941-1947, London 1948, in «The<br />
Middle East Journal», III, 1/1949, p. 97).<br />
18 Commission d’enquête cit., vol. III, Documents annexes au Rapport sur la Libye : n. 9, Record<br />
of hearing of Briga<strong>di</strong>er T.R. Blackley, O.B.E. Chief Administrator, p. 18.<br />
19 R. DE FELICE, Ebrei in un paese arabo cit., pp. 300-302.<br />
20 Da adesso: Jabha.<br />
21 Da adesso: Kutla.<br />
22 Che in questa nota viene definito «potentially dangerous»(MPIRT, 16 cit., n. 211). Secondo<br />
l’interpretazione <strong>di</strong> R. De Felice (Ebrei in un paese arabo cit., pp. 318-322) l’adesione <strong>di</strong> gran<br />
parte degli ebrei alla Jabha ebbe un «carattere forzato e opportunistico»(ivi, p. 322). De Felice<br />
cita <strong>di</strong>versi documenti in cui esponenti dell’ebraismo <strong>di</strong> Tripoli criticano le posizioni assunte<br />
da Zacchino Habib («citta<strong>di</strong>no inglese, non eletto ma nominato dal Governo, con funzioni<br />
esclusivamente assistenziali ed amministrative», ivi, p. 327) sottolineando le pressioni ed i ricatti<br />
che aveva messo in atto nei confronti dei circoli ebraici per farli aderire alla Jabha. Secondo uno<br />
<strong>di</strong> questi documenti, scritto in chiave f<strong>il</strong>oitaliana, <strong>il</strong> presidente <strong>della</strong> comunità (che appare come<br />
un agente inglese) avrebbe avuto lo scopo <strong>di</strong> «compromettere [...] la Collettività ebraica <strong>di</strong><br />
fronte alla popolazione italiana»(ibid.).<br />
23 «Gained a considerable amount of support from the Jews. The greater part of the funds at the<br />
<strong>di</strong>sposal of the Party appears to be subscribed by Jews who are opponents of Zacchino Habib,<br />
a prominent member of the United National Front»(MPIRT, 15, febbraio 1947, n. 203).<br />
Secondo un’informazione fornita da Bashir Hamza, ex tesoriere <strong>della</strong> Kutla dopo la sua<br />
espulsione dal partito per sospette ruberie, Ali Fiki Hassan ritirava per suo uso personale 10.000<br />
MAL al mese dai fon<strong>di</strong> versati dalla comunità ebraica (MPIRT, 21, agosto 1947, n. 270).<br />
Dai documenti citati sembra <strong>di</strong> poter affermare che Zacchino Habib agisse all’interno <strong>della</strong><br />
Jabha seguendo le in<strong>di</strong>cazioni dell’amministrazione britannica.<br />
24 MPIRT, 16, marzo 1947, n. 217. In occasione <strong>della</strong> morte <strong>di</strong> Salem Ben Lamin le voci <strong>di</strong>ffuse<br />
dalla comunità ebraica affermavano che l’arabo era stato assassinato da un ufficiale del servizio<br />
segreto britannico, che poi ne aveva gettato <strong>il</strong> corpo nel quartiere ebraico.<br />
25 «If the articles of the Mosaic Law had been fulf<strong>il</strong>led at that time 130 Arabs would have paid<br />
with their lifes»(MPIRT, 16, marzo 1947, n. 214). Il processo era terminato con la condanna<br />
a 21 anni <strong>di</strong> prigione per omici<strong>di</strong>o dell’ebreo Simone Burbeiba (MPIRT, 17, apr<strong>il</strong>e 1947, n.<br />
229).<br />
26 Secondo <strong>il</strong> bollettino non ci furono imme<strong>di</strong>ate ripercussioni tra la popolazione musulmana<br />
alla notizia <strong>della</strong> spartizione; le prime reazioni si manifestarono solamente due giorni dopo<br />
(ibid.).<br />
27 MPIRT, 21, agosto 1947, n. 272.<br />
208
Gli ebrei <strong>della</strong> Libia, <strong>il</strong> nazionalismo arabo e la questione palestinese<br />
28 Il 22 marzo 1947 erano state sequestrate alla frontiera con la Tunisia alcune decine <strong>di</strong> copie<br />
del settimanale in lingua francese «La Gazette d’Israel», stampata a Tunisi. La notizia del servizio<br />
informativo riferisce che questo perio<strong>di</strong>co è stampato dalla «IMP. S.A.P.I., 12, rue de Vessoul,<br />
Tunis [...] whose e<strong>di</strong>tor is A. Bismuth»(ibid.). Su documenti <strong>della</strong> propaganda sionista in<br />
provenienza dagli Stati Uniti, cfr. MPIRT, 17, apr<strong>il</strong>e 1947, n. 229.<br />
29 MPIRT, 21, agosto 1947, n. 272.<br />
30 Fondato nel <strong>di</strong>cembre del 1946 da Ali Rajab, questo partito affermava <strong>di</strong> avere un seguito <strong>di</strong><br />
un migliaio <strong>di</strong> aderenti e sosteneva un progetto <strong>di</strong> unione politica tra l’Egitto e la Tripolitania.<br />
31 «The only Tripolitanians who have apparently been w<strong>il</strong>ling to fight in the «Arab Army» are<br />
two Tripoli schoolboys. They left home leaving notes for their fathers stating that they were en<br />
route for Palestine. The fathers informed the Police and the two young warriors were seized at<br />
Misurata and returned to their irate parents» (ivi, n. 307). Tuttavia giunsero dalla Libia all’Alto<br />
Comitato arabo per la Palestina numerosi telegrammi <strong>di</strong> simpatia, in cui si affermava: «Libya<br />
joins with the Arabs in protest against the UNO decision. She is ready to take part in the duties<br />
af Arabism»(ivi, n. 308). Altri telegrammi in termini sim<strong>il</strong>i vennero inviati alla Lega Araba e al<br />
leader palestinese Hajj Amin al-Husseini.<br />
32 Ibidem.<br />
33 Fondato intorno alla metà del 1947 da Bashir Ben Hamza.<br />
34 Una copia <strong>della</strong> risposta alla richiesta dello hizb al -ummal si trova in allegato a MPIRT, 25,<br />
cit.<br />
35 Ivi, n. 310. Ali Fiki Hassan sv<strong>il</strong>uppava in quel periodo una notevole attività pubblicistica, ed<br />
inviava una parte delle sue note e corrispondenze al perio<strong>di</strong>co dei Fratelli Musulmani del Cairo<br />
(«Al-ikhwan al-muslimun») ed alla stampa egiziana, che ne pubblicò <strong>di</strong>verse (MPIRT, 23,<br />
ottobre 1947, n. 290).<br />
36 Autorizzato dall’amministrazione inglese nell’apr<strong>il</strong>e del 1946, questo partito, <strong>il</strong> primo tra i<br />
raggruppamenti nazionalisti <strong>della</strong> Tripolitania, aveva svolto in precedenza un’attività<br />
clandestina.<br />
37 MPIRT, 30, maggio 1948, n. 356<br />
38 Nel testo inglese, Ahmed el Sherif el Senussi Force.<br />
39 PRO, WO 230/201: Civ<strong>il</strong> Affairs Branch – Middle East, Monthly Political Intelligence<br />
Summary of Libyan Affairs in Egypt [da adesso : MPIS-LAIE], 28, apr<strong>il</strong>e 1948, n. 346.<br />
40 MPIS-LAIE, 29, maggio 1948; 30, giugno 1948.<br />
41 Fondato al Cairo nel marzo del 1947 per iniziativa <strong>di</strong> Bashir Sadawi e con l’appoggio <strong>della</strong><br />
Lega Araba.<br />
42 Nel libro già citato <strong>di</strong> R. De Felice (s.p.) è riprodotta una fotografia del ricevimento.<br />
209
Federico Cresti<br />
43 MPIRT, 31, giugno 1948, allegato A.<br />
44 «No obstacle was placed in the way of Muslims leaving Tripolitania for Palestine via Cyrenaica<br />
nor of Jews via Tunis and Italy» (ivi, n. 369). Blackley aveva fatto «istituire una linea <strong>di</strong> autobus<br />
Tripoli-Capuzzo onde fac<strong>il</strong>itare e rendere più rapido <strong>il</strong> trasferimento verso l’Egitto degli arabi<br />
provenienti dalla Tunisia» (R. DE FELICE, Ebrei in un paese arabo cit., pp. 330-331).<br />
45 Gli appelli inviati alla Lega Araba, al re Faruq e al console egiziano a Bengasi per ottenere <strong>il</strong><br />
permesso <strong>di</strong> attraversare <strong>il</strong> territorio egiziano da parte dei volontari non ebbero nessun esito (ivi,<br />
n. 374).<br />
46 MPIRT, 31, giugno 1948, appen<strong>di</strong>x A: Arab-Jewish <strong>di</strong>sturbances Tripoli 12 th /13 th June, 1948.<br />
47 «Racial <strong>di</strong>sorders were wholly impre<strong>di</strong>ctable in that the smallest incident of da<strong>il</strong>y occurrence<br />
may for some unaccountable reasons provoke <strong>di</strong>ssident persons or groups to murder and to<br />
riot»(ibid).<br />
48 «The mobs in the main, were composed almost entirely of the drags of the humanity, riff-raff<br />
who would as soon have k<strong>il</strong>led their fellow Muslims for loot in their inflamed state of<br />
viciousness, as they would Jews» (ibid.).<br />
49 Cfr. R. DE FELICE, Ebrei in un paese arabo cit., pp. 331-333.<br />
50 Ibidem.<br />
51 A quanto sembra, nel corso degli incidenti <strong>di</strong> giugno a Tripoli un ebreo aveva lanciato una<br />
bomba contro un camion <strong>della</strong> polizia inglese (cfr. ivi, p. 331).<br />
52 MPIRT, 31, giugno 1948, pp. 333-335.<br />
53 MPIRT, ivi, n. 371.<br />
54 Le notizie relative alla partecipazione dei tripolitani alla guerra in Palestina sono estremamente<br />
frammentarie. In una nota del <strong>di</strong>cembre 1948 si informa del ritorno in Tripolitania <strong>di</strong> Muhammad<br />
Bellusa, che aveva assunto <strong>il</strong> comando del corpo dei volontari tripolitani: Bellusa aveva espresso<br />
durissime critiche sul modo in cui la Lega Araba e <strong>il</strong> governo egiziano avevano trattato i volontari,<br />
letteralmente costringendoli con la forza a tornare nei loro paesi. Aveva anche affermato che un gran<br />
numero <strong>di</strong> volontari aveva perso la vita per mancanza <strong>di</strong> armi e per insufficienza <strong>di</strong> munizioni, ma<br />
soprattutto per l’incapacità dei comandanti (MPIRT, 37, <strong>di</strong>cembre 1948, n. 433).<br />
55 Gli accor<strong>di</strong> con le autorità francesi prevedevano che a quanti tornavano in Tunisia fosse<br />
comminata solamente una piccola pena pecuniaria (ibid). Nei documenti si afferma che «Those<br />
volunteers who arrived from Tunis were of a very poor quality and were obviously no more than<br />
the riff-raff and vagabonds of Tunis»(ibid).<br />
56 Ibid.<br />
57 MPIRT, 32, luglio 1948, allegato: Balhawan a Burghiba, 17 giugno 1948.<br />
210
58 Ibid.<br />
59 MPIRT, 36, novembre 1948, n. 429.<br />
60 MPIRT, 35, ottobre 1948, n. 419.<br />
Gli ebrei <strong>della</strong> Libia, <strong>il</strong> nazionalismo arabo e la questione palestinese<br />
61 Cfr. R. DE FELICE, Ebrei in un paese arabo cit., p. 333.<br />
62 MPIRT, ivi, n. 462.<br />
63 Questo organismo aveva già inviato durante <strong>il</strong> 1948 e all’inizio del 1949 alcuni suoi<br />
funzionari, tra cui alcuni me<strong>di</strong>ci, per controllare la situazione sanitaria <strong>della</strong> comunità, in<br />
particolare quella dei bambini (ibid).<br />
64 Gli ebrei libici erano <strong>di</strong>visi in 14 comunità. I dati dettagliati sono in A. CHOURAQUI, Les Juifs<br />
d’Afrique du Nord, PUF, Paris 1952, p.127.<br />
65 Le sommosse del 1967 avrebbero contato 15 morti e alcune decine <strong>di</strong> feriti. Sugli avvenimenti<br />
<strong>di</strong> quest’ultimo periodo, cfr. R. DE FELICE, Ebrei in un paese arabo cit., passim.<br />
211
Oltre la Konversija:<br />
l'industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa nella Federazione Russa<br />
<strong>di</strong> Cristian Collina<br />
Introduzione<br />
Oltre stu<strong>di</strong> la sull'europa<br />
Konversija<br />
L’attuale scenario delle relazioni internazionali sembra ormai aver<br />
assunto alcune caratteristiche sul piano politico e strategico destinate a<br />
conservarsi per alcuni decenni. Nella politica delle gran<strong>di</strong> potenze ha ripreso<br />
vigore e corpo la issue m<strong>il</strong>itare con l’avvio <strong>di</strong> una nuova stagione <strong>di</strong> riarmo,<br />
dopo circa un decennio (1987-1998) <strong>di</strong> relativo contenimento e <strong>di</strong> impegno<br />
per <strong>il</strong> <strong>di</strong>sarmo ed <strong>il</strong> controllo degli armamenti. Quale sia stato l’evento o <strong>il</strong><br />
ciclo <strong>di</strong> eventi politici che ha portato alla rottura <strong>di</strong> questa fase è oggetto <strong>di</strong><br />
un vivace <strong>di</strong>battito tra intellettuali e policy-makers. Ad ogni modo <strong>il</strong> ritorno<br />
<strong>della</strong> issue m<strong>il</strong>itare nella politica internazionale, a partire dalla fine degli anni<br />
novanta, da subito si è imposto come un passaggio profondo cui gli eventi<br />
dell’11 settembre hanno fatto allo stesso tempo da corollario e catalizzatore.<br />
Si pensi ad esempio alla crescita delle tensioni nelle regioni calde del pianeta,<br />
alla crisi del Kosovo e al confronto sull’intervento umanitario e <strong>il</strong> nuovo<br />
ruolo <strong>della</strong> NATO, e sul piano delle politiche degli armamenti, allo stallo<br />
negli accor<strong>di</strong> <strong>di</strong> Disarmo, alla messa in <strong>di</strong>scussione <strong>di</strong> trattati storici per <strong>il</strong><br />
controllo degli armamenti come l’ABM 1972, al riemergere dei progetti<br />
statunitensi sulla creazione <strong>di</strong> uno scudo antimiss<strong>il</strong>istico.<br />
La Federazione Russa ha cercato per tempo l’aggancio al nuovo<br />
panorama che si è andato delineando e si presenta oggi, con l’entrata in forza<br />
<strong>di</strong> azioni quali la guerra preventiva condotta dagli USA in Iraq, come un<br />
paese teso a riproporre <strong>il</strong> proprio status <strong>di</strong> potenza m<strong>il</strong>itare. Su un primo<br />
livello, <strong>il</strong> tentativo <strong>di</strong> capire come <strong>il</strong> paese abbia assolto questo compito<br />
riporta all’adozione dei nuovi documenti m<strong>il</strong>itari e strategici (la Dottrina<br />
M<strong>il</strong>itare e la Concezione <strong>di</strong> Sicurezza Nazionale), e all’aumento sostanziale<br />
<strong>della</strong> spesa m<strong>il</strong>itare 1 . Da un punto <strong>di</strong> vista cronologico sia l’adozione dei<br />
nuovi documenti sia l’aumento <strong>della</strong> spesa risalgono alla fine degli anni<br />
novanta: nel 1998 è pianificato <strong>il</strong> primo aumento <strong>della</strong> spesa e nel 1999<br />
213
Cristian Collina<br />
iniziano i lavori per la stesura dei nuovi documenti. Oggi <strong>il</strong> paese vanta un<br />
pacchetto <strong>di</strong> documenti strategici che tiene <strong>il</strong> passo con le attuali minacce<br />
alla sicurezza nazionale e internazionale (terrorismo, conflitti regionali,<br />
integralismi ecc.) e un livello <strong>di</strong> spesa m<strong>il</strong>itare stimato, da molti istituti <strong>di</strong><br />
ricerca tra cui l’istituto SIPRI, <strong>il</strong> secondo più alto al mondo dopo quello degli<br />
USA, a partire dal 1999.<br />
Tuttavia, se l’introduzione dei nuovi documenti, con la peculiarità delle<br />
argomentazioni contenute, aiuta a spiegare l’aggancio politico ad un<br />
contesto internazionale in cui la Russia deve recuperare e mantenere lo status<br />
<strong>di</strong> grande potenza m<strong>il</strong>itare, <strong>il</strong> cospicuo aumento <strong>della</strong> spesa m<strong>il</strong>itare, da solo,<br />
non sod<strong>di</strong>sfa la comprensione dell’aggancio economico. Un aspetto<br />
tutt’altro che residuo se si considera che è proprio la <strong>di</strong>mensione economica<br />
e industriale, intesa come quantità e qualità <strong>di</strong> armamenti elaborati, prodotti<br />
e venduti, che detta la reale potenza e atten<strong>di</strong>b<strong>il</strong>ità sul lungo periodo delle<br />
scelte in materia <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa e sicurezza <strong>di</strong> ogni paese. È a questo punto, dunque,<br />
che si delinea la necessità <strong>di</strong> spingersi verso un livello più approfon<strong>di</strong>to <strong>di</strong><br />
indagine che riguarda l’economia <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa e le più recenti <strong>di</strong>namiche nel<br />
complesso m<strong>il</strong>itare-industriale <strong>della</strong> Russia.<br />
In questo articolo si proverà a farlo secondo la seguente linea <strong>di</strong><br />
ragionamento. La Konversija, ovvero la conversione dell’industria m<strong>il</strong>itare<br />
alla produzione civ<strong>il</strong>e, tracciata negli ultimi anni <strong>di</strong> vita dell’Unione<br />
Sovietica in concerto con l’impegno sulla via del Disarmo e poi ere<strong>di</strong>tata e<br />
rielaborata dalla Federazione Russa, è stata la cornice e l’ispirazione dei<br />
cambiamenti nel settore m<strong>il</strong>itare industriale per circa un decennio: dal 1988<br />
al 1997. A partire dal 1998, tuttavia, sia in ragione del generale fallimento<br />
delle politiche <strong>di</strong> conversione, sia per una nuova sensib<strong>il</strong>ità in campo<br />
m<strong>il</strong>itare e strategico che comincia a toccare la leadership del paese, la<br />
Konversija smette <strong>di</strong> essere <strong>il</strong> principale meccanismo <strong>di</strong> trasformazione<br />
dell’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa russa e ad essa subentra una nuova politica: la<br />
Restrukturizacija.<br />
In primo luogo, saranno <strong>il</strong>lustrate le ragioni e gli obiettivi del nuovo corso<br />
dell’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa russa con riferimento anche alle attuali <strong>di</strong>namiche<br />
m<strong>il</strong>itari-industriali dei paesi più avanzati. Successivamente, saranno considerati<br />
alcuni aspetti attuativi <strong>della</strong> politica <strong>di</strong> Restrukturizacija – dal rior<strong>di</strong>no degli<br />
assetti proprietari al trasferimento <strong>di</strong> competenze ad autorità civ<strong>il</strong>i e alla<br />
collaborazione con soggetti stranieri – al fine <strong>di</strong> mettere in evidenza i principali<br />
elementi innovativi introdotti. Nei paragrafi principali, saranno riportati alcuni<br />
accenni a vicende e decisioni concrete <strong>di</strong> imprese e aziende del settore.<br />
214
1. Origini e scopi <strong>della</strong> Restrukturizacija<br />
Oltre la Konversija<br />
Già alla fine del 1997 i risultati <strong>della</strong> Konversija, la politica <strong>di</strong> conversione<br />
ere<strong>di</strong>tata dall’URSS erano apparsi alquanto deludenti e si richiedevano<br />
interventi sostanziali nel settore m<strong>il</strong>itare-industriale, non solo perché le<br />
politiche <strong>di</strong> conversione non si erano consolidate come ci si aspettava, ma<br />
anche perché <strong>il</strong> complesso m<strong>il</strong>itare-industriale andava incontro ad una<br />
progressiva decadenza, come anche le principali risorse per lo sv<strong>il</strong>uppo<br />
scientifico e tecnologico sia <strong>di</strong> tipo m<strong>il</strong>itare che civ<strong>il</strong>e 2 . La Konversija aveva<br />
l’obiettivo <strong>di</strong> trasferire capacità e potenzialità produttive dal settore m<strong>il</strong>itare a<br />
quello civ<strong>il</strong>e. Tuttavia anche quando la conversione riusciva ad essere portata<br />
a compimento, <strong>il</strong> bene prodotto in sostituzione <strong>di</strong> quello m<strong>il</strong>itare conteneva<br />
un concentrato <strong>di</strong> tecnologia molto più basso 3 . Alla lunga <strong>il</strong> gap tecnologico<br />
accumulato rispetto agli altri paesi sarebbe <strong>di</strong>venuto incolmab<strong>il</strong>e e avrebbe<br />
relegato la Russia ad un ruolo <strong>di</strong> follower sulla scena internazionale. Sul finire<br />
degli anni novanta, inoltre, la nuova fase <strong>di</strong> riarmo che coinvolge le gran<strong>di</strong><br />
potenze rende necessario l’intervento nel settore m<strong>il</strong>itare industriale anche per<br />
assicurare alla Russia un ruolo visib<strong>il</strong>e e non subalterno in questo contesto. Dal<br />
1998 prende <strong>il</strong> via così una politica <strong>di</strong> ampio respiro volta alla modernizzazione<br />
dell’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa e alla sua integrazione con <strong>il</strong> sistema economico sotto<br />
<strong>il</strong> nome <strong>di</strong> Restrukturizacija. Questa politica, ampiamente sostenuta dal<br />
presidente V. Putin ed <strong>il</strong> suo entourage politico, si articola in un programma<br />
generale, lanciato nel 1998, e una serie <strong>di</strong> programmi <strong>di</strong> settore e misure ad hoc<br />
adottate in momenti <strong>di</strong>versi e prevalentemente nel periodo 1998-2001.<br />
L’aumento intenso <strong>della</strong> spesa m<strong>il</strong>itare in questi anni è senz’altro <strong>il</strong> primo<br />
in<strong>di</strong>catore <strong>di</strong> un ritrovato impegno in materia m<strong>il</strong>itare industriale, da parte<br />
<strong>della</strong> leadership del paese. Secondo la pubblicazione annuale dell’istituto<br />
SIPRI (2002) l’andamento <strong>della</strong> spesa m<strong>il</strong>itare <strong>della</strong> Russia conferma <strong>il</strong> trend<br />
<strong>di</strong> crescita degli ultimi quattro anni, pareggiando, a fine 2001, una somma <strong>di</strong><br />
circa 43.9 m<strong>il</strong>iar<strong>di</strong> <strong>di</strong> dollari. Negli ultimi anni, inoltre, <strong>il</strong> paese è <strong>il</strong> secondo<br />
al mondo per spesa m<strong>il</strong>itare dopo gli Stati Uniti, con <strong>il</strong> 6 per cento nel 2001;<br />
<strong>il</strong> 6 per cento nel 2000 e <strong>il</strong> 7 per cento nel 1999. Nel 2002, la spesa m<strong>il</strong>itare<br />
è aumentata del 20 per cento 4 . Se, dunque, la Konversija si è combinata con<br />
drastici tagli alla spesa m<strong>il</strong>itare, nel 1992 infatti la spesa si riduce <strong>di</strong> due terzi<br />
rispetto al 1991 per <strong>di</strong>minuire con ritmi minori negli anni successivi, la<br />
Restrukturizacija si combina, invece, con una crescita <strong>della</strong> spesa m<strong>il</strong>itare 5 . Si<br />
tratta <strong>di</strong> una <strong>di</strong>fferenza sostanziale che influisce soprattutto sulle possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong><br />
riuscita, dal momento che una delle principali cause del fallimento <strong>della</strong><br />
215
Cristian Collina<br />
Konversija è stata in<strong>di</strong>viduata proprio nella carenza <strong>di</strong> finanziamenti sia <strong>di</strong>retti<br />
che in<strong>di</strong>retti.<br />
Sulla base <strong>di</strong> questo forte investimento finanziario, gli interventi <strong>di</strong><br />
Restrukturizacija si pongono l’obiettivo <strong>di</strong> r<strong>il</strong>anciare secondo linee moderne<br />
l’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa ed in generale <strong>il</strong> potenziale strategico del paese, in<br />
modo da reggere <strong>il</strong> confronto internazionale e fronteggiare quelle <strong>di</strong>verse<br />
prospettive <strong>di</strong> crisi, in<strong>di</strong>viduate nei nuovi documenti sulla sicurezza<br />
nazionale approvati nel 2000 e confermate negli anni successivi<br />
dall’intensificarsi del terrorismo <strong>di</strong> matrice islamica, dagli eventi dell’11<br />
settembre e dalle successive guerre. La Restrukturizacija si pone inoltre come<br />
tentativo <strong>di</strong> rapido aggancio alle complesse trasformazioni cui è stata<br />
soggetta l’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa delle gran<strong>di</strong> potenze negli anni novanta e alle<br />
modalità <strong>di</strong> riarmo dei paesi più industrializzati.<br />
Con la fine <strong>della</strong> guerra fredda, le commesse m<strong>il</strong>itari nella maggior parte<br />
<strong>di</strong> questi paesi si riducono. Lo stesso livello <strong>della</strong> spesa m<strong>il</strong>itare mon<strong>di</strong>ale dal<br />
1992 si abbassa notevolmente e tocca, nel 1998, <strong>il</strong> suo minimo storico. Le<br />
industrie <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa dei paesi più industrializzati, quini, vanno incontro ad<br />
un processo <strong>di</strong> riorientamento e <strong>di</strong> trasformazione, per non vedere estinta la<br />
loro esistenza e la loro funzione. La principale soluzione è offerta dalla<br />
ven<strong>di</strong>ta a paesi che non perseguono politiche <strong>di</strong> <strong>di</strong>sarmo e sono coinvolti in<br />
crisi e conflitti regionali: Me<strong>di</strong>o Oriente, Balcani, Sud Est Asiatico, tra le<br />
principali aree, ma anche: Africa, Asia Centrale, America Centrale e del Sud.<br />
Negli anni novanta, inoltre, si moltiplicano i soggetti non nazionali che<br />
commissionano e acquistano armi <strong>di</strong> ogni genere: dai vari eserciti e corpi <strong>di</strong><br />
liberazione, come l’UCK (Esercito <strong>di</strong> Liberazione Nazionale) in Kosovo,<br />
fino alle reti terroristiche <strong>di</strong> matrice islamica fondamentalista, oggi <strong>di</strong>venute<br />
<strong>di</strong> drammatica attualità 6 .<br />
L’incidenza dell’export <strong>di</strong> armi e generi m<strong>il</strong>itari sul PIL cresce tra <strong>il</strong> 1990<br />
ed <strong>il</strong> 1997, dall’11 per cento al 21 per cento in USA, dal 31 per cento al 41<br />
per cento in Francia, dal 38 per cento al 50 per cento in Gran Bretagna 7 . In<br />
pochi anni, dal 1992 al 1998, <strong>il</strong> potenziale m<strong>il</strong>itare accumulato nei paesi più<br />
industrializzati è smistato nei vari angoli del mondo in vari mo<strong>di</strong>: dalla<br />
ven<strong>di</strong>ta <strong>di</strong>retta alla collaborazione scientifico-tecnologica, al trasferimento<br />
<strong>di</strong> tecnologie m<strong>il</strong>itari. D’altra parte, non va <strong>di</strong>menticato che, mentre la spesa<br />
m<strong>il</strong>itare dei paesi industrializzati decresce quella dei paesi terzi cresce o si<br />
mantiene costante 8 .<br />
Dunque negli stessi anni in cui la spesa m<strong>il</strong>itare delle gran<strong>di</strong> potenze si<br />
riduce <strong>il</strong> commercio ed <strong>il</strong> traffico <strong>di</strong> armi e sistemi d’arma si ampliano<br />
216
Oltre la Konversija<br />
vertiginosamente. Tuttavia, <strong>il</strong> commercio estero non è l’unica via <strong>di</strong><br />
sopravvivenza per l’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa dei paesi industrializzati dopo la<br />
guerra fredda. Un’alternativa è rappresentata dal riorientamento,<br />
quantitativo e qualitativo, delle proprie attività produttive al fine <strong>di</strong><br />
sod<strong>di</strong>sfare le richieste <strong>della</strong> sfera civ<strong>il</strong>e dell’economia 9 . Si tratta <strong>di</strong> qualcosa<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>verso dalla conversione, perché non implica la cessazione <strong>della</strong><br />
produzione m<strong>il</strong>itare e perché nei paesi industrializzati, <strong>il</strong> settore civ<strong>il</strong>e è stato<br />
sempre abbastanza sv<strong>il</strong>uppato e recepisce in modo ut<strong>il</strong>e i contributi del<br />
settore m<strong>il</strong>itare. La produzione civ<strong>il</strong>e delle imprese m<strong>il</strong>itari deve competere<br />
in un mercato ormai consolidato, dove <strong>di</strong>verse imprese già da tempo<br />
sod<strong>di</strong>sfano la richiesta <strong>di</strong> beni civ<strong>il</strong>i. Per questa ragione essa non può essere<br />
assim<strong>il</strong>ata neanche alla <strong>di</strong>versificazione, in quanto una produzione civ<strong>il</strong>e<br />
residua e secondaria non avrebbe prospettive <strong>di</strong> concorrenza, né <strong>di</strong> successo.<br />
L’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa dei paesi industrializzati va, dunque, incontro ad<br />
un processo <strong>di</strong> integrazione con <strong>il</strong> sistema industriale ed economico che<br />
implica tanto <strong>il</strong> movimento delle industrie m<strong>il</strong>itari verso la produzione civ<strong>il</strong>e<br />
tanto l’inverso. Con la Restrukturizacija, la leadership russa si propone<br />
proprio questo obiettivo <strong>di</strong> compenetrazione ed integrazione del sistema<br />
industriale. Probab<strong>il</strong>mente si tratta <strong>di</strong> un obiettivo troppo ambizioso per le<br />
così <strong>di</strong>verse con<strong>di</strong>zioni strutturali rispetto ai paesi industrializzati. Tuttavia,<br />
è l’unico modo per poter agganciare i livelli internazionali, in un momento<br />
in cui la leadership russa ha preso coscienza che l’era <strong>della</strong> Konversija e<br />
soprattutto del Disarmo è finita. Infatti, la politica <strong>di</strong> conversione, seppure<br />
in continua revisione, si è protratta e mantenuta per tempi così lunghi solo<br />
in Russia. In Occidente e negli USA in particolare, essa non ha avuto granché<br />
successo e <strong>di</strong>ffusione, le imprese ritenute non più ut<strong>il</strong>i al fabbisogno m<strong>il</strong>itare<br />
sono state privatizzate del tutto o liquidate, ma in pochi casi hanno<br />
convertito la loro produzione sulla base <strong>di</strong> programmi e finanziamenti<br />
pubblici. Eccetto casi episo<strong>di</strong>ci, l’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa delle gran<strong>di</strong> potenze<br />
non è stata interessata da un processo <strong>di</strong> conversione in blocco e totale, ma<br />
ha seguito altre forme <strong>di</strong> trasformazione 10 . L’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa non ha<br />
abbandonato la produzione m<strong>il</strong>itare, ma ha razionalizzato e modernizzato<br />
la conduzione e la produzione, secondo linee coerenti con i sistemi <strong>di</strong><br />
mercato con i quali deve interagire e con le nuove esigenze <strong>di</strong> warfare. La<br />
Restrukturizacija, intesa come tentativo <strong>di</strong> aggancio a questo tipo <strong>di</strong><br />
industria, è quin<strong>di</strong> una svolta ra<strong>di</strong>cale rispetto alla Konversija.<br />
L’intenzione <strong>di</strong> integrare l’industria m<strong>il</strong>itare con quella civ<strong>il</strong>e, tuttavia,<br />
non si spiega solo con l’ansia <strong>di</strong> importare modelli stranieri, che dopo la crisi<br />
217
Cristian Collina<br />
del 1998 in Russia è piuttosto <strong>di</strong>minuita, ma anche come una soluzione<br />
efficace per fronteggiare le svariate esigenze del paese. Infatti, non ci sono<br />
solo le minacce e le sfide sul piano m<strong>il</strong>itare e strategico da fronteggiare, ma<br />
anche la <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e questione del gap tecnologico e scientifico da colmare al più<br />
presto. Così, nel nuovo in<strong>di</strong>rizzo m<strong>il</strong>itare industriale ricercato dalla<br />
Restrukturizacija, le imprese sono chiamate a produrre beni civ<strong>il</strong>i ad alto<br />
livello tecnologico in grado <strong>di</strong> reggere la concorrenza, senza sacrificare <strong>il</strong><br />
livello qualitativo <strong>della</strong> quota <strong>di</strong> produzione m<strong>il</strong>itare che le viene richiesta.<br />
Questa quota può consistere in prodotti interi o, come sempre più spesso<br />
capita, in parti <strong>di</strong> prodotto che vengono poi raccolte ed assemblate da<br />
imprese a produzione solo m<strong>il</strong>itare, come accade per la componentistica per<br />
gli interni <strong>di</strong> veicoli m<strong>il</strong>itari 11 . Ad esempio, uno stab<strong>il</strong>imento <strong>di</strong> generi ra<strong>di</strong>osatellitari<br />
viene sollecitato a produrre, al contempo, sistemi cellulari e nuovi<br />
sistemi per la comunicazione e la trasmissione <strong>di</strong> segnali non intercettab<strong>il</strong>i<br />
tra veicoli ad alta quota. È <strong>il</strong> caso <strong>della</strong> Almetievsk Ra<strong>di</strong>opribor, <strong>di</strong><br />
Almetievsk. Le due produzioni non sono fra loro subor<strong>di</strong>nate ma collegate,<br />
in modo da tenere le imprese al loro massimo <strong>di</strong> prestazione.<br />
Nella Russia <strong>della</strong> fine degli anni novanta, <strong>il</strong> settore m<strong>il</strong>itare-industriale,<br />
per quanto vulnerato e sconvolto da un decennio (1988-1998) <strong>di</strong><br />
conversione mancata, rappresenta l’unico punto <strong>di</strong> partenza <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>e per<br />
far fronte a tante e tali sfide che si frappongono contemporaneamente. È,<br />
infatti, ancora nel VKP (Voennoe Promyshlennoe Kompleks) che si<br />
concentrano le migliori risorse qualitative e quantitative per lo sv<strong>il</strong>uppo,<br />
come ad esempio, la gran parte degli istituti <strong>di</strong> ricerca e progettazione,<br />
rimasti nelle mani dello Stato perché non sono stati privatizzati 12 .<br />
Dunque, l’integrazione è un modo per adempiere al contempo richieste<br />
m<strong>il</strong>itari e civ<strong>il</strong>i. Questo vuol <strong>di</strong>re che le imprese vanno ristrutturate in modo<br />
da sod<strong>di</strong>sfare tanto le richieste m<strong>il</strong>itari che quelle civ<strong>il</strong>i e poter contribuire<br />
allo sv<strong>il</strong>uppo del sistema economico, in particolare, <strong>della</strong> produzione interna<br />
ad alto contenuto tecnologico e alla crescita delle voci dell’export. È<br />
importante perciò sottolineare, sin d’ora, che l’intenzione esplicitamente<br />
espressa dalle autorità russe <strong>di</strong> ridurre <strong>il</strong> numero delle imprese facenti capo<br />
al VPK non contrasta con quella <strong>di</strong> r<strong>il</strong>anciare l’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa, essendo<br />
la loro integrazione, sul lungo periodo, un fine altrettanto caldeggiato.<br />
A partire dagli ultimi anni novanta, come si è detto, <strong>il</strong> quadro<br />
internazionale strategico e m<strong>il</strong>itare si complica profondamente e si apre una<br />
nuova fase <strong>di</strong> riarmo. Tuttavia, le risposte alle esigenze m<strong>il</strong>itari-industriali <strong>di</strong><br />
un paese sv<strong>il</strong>uppato sono <strong>di</strong>verse da quelle che si potevano concepire, e che<br />
218
Oltre la Konversija<br />
furono date dall’Unione Sovietica nel corso del Novecento. Un’economia<br />
del tutto o fortemente m<strong>il</strong>itarizzata, o anche un’economia in cui la<br />
produzione m<strong>il</strong>itare ha un primato in<strong>di</strong>scusso sulle altre attività economiche<br />
ed industriali, oggi non avrebbe speranza <strong>di</strong> sopravvivere. Ci si orienta,<br />
invece, verso un’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa pronta e moderna, ma che non<br />
impone gran<strong>di</strong> sacrifici e restrizioni per l’economia ed <strong>il</strong> progresso civ<strong>il</strong>e, che<br />
non sarebbero più concepib<strong>il</strong>i. Infatti, nei paesi industrializzati certi livelli<br />
crescenti <strong>di</strong> benessere, <strong>di</strong> progresso e <strong>di</strong> consumo sono ormai acquisiti e<br />
<strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>mente si può tornare in<strong>di</strong>etro.<br />
Non è un caso se quel modo novecentesco <strong>di</strong> fare riarmo è rimasto in voga<br />
nei paesi meno sv<strong>il</strong>uppati e progre<strong>di</strong>ti, dove massicce quantità <strong>di</strong> risorse<br />
umane ed intellettuali sono destinante all’industria m<strong>il</strong>itare, spesso<br />
privando la popolazione <strong>di</strong> bas<strong>il</strong>ari <strong>di</strong>ritti e beni <strong>di</strong> consumo 13 . Nei paesi più<br />
industrializzati, invece, le caratteristiche non egemoni dell’industria <strong>della</strong><br />
<strong>di</strong>fesa e la tendenza verso l’integrazione rispetto al sistema economico non<br />
sono solo un riflesso <strong>di</strong> tempi in un cui le questioni m<strong>il</strong>itari non sono<br />
prioritarie e la spesa m<strong>il</strong>itare mon<strong>di</strong>ale si riduce. Si tratta, piuttosto, <strong>di</strong><br />
un’autentica caratteristica strutturale che, gradualmente, l’industria <strong>della</strong><br />
<strong>di</strong>fesa sta assumendo. Quando infatti incomincia l’attuale fase <strong>di</strong> riarmo non<br />
si assiste ad un’inversione delle <strong>di</strong>namiche intraprese nel dopo guerra fredda.<br />
Il riarmo delle gran<strong>di</strong> potenze insiste sugli aspetti qualitativi, innovativi,<br />
assumendo i principi e le regole <strong>della</strong> produzione aziendale in un’economia<br />
<strong>di</strong> mercato, volte ad evitare la sovrapproduzione e la concentrazione <strong>di</strong><br />
gran<strong>di</strong> quantità <strong>di</strong> prodotti, che in breve possono <strong>di</strong>ventare obsoleti, e non<br />
incrociano le esigenze reali del paese. La produzione m<strong>il</strong>itare deve costare<br />
poco, non eccedere le quantità necessarie la <strong>di</strong>fesa e l’export, e mantenere i<br />
livelli qualitativi più avanzati 14 .<br />
Al fine <strong>di</strong> ridurre i costi, in alcuni casi, si possono commissionare le<br />
componenti non determinanti la natura m<strong>il</strong>itare <strong>di</strong> un prodotto ad alcune<br />
industrie a produzione civ<strong>il</strong>e, leader nel loro settore, in modo che le industrie<br />
a produzione m<strong>il</strong>itare si concentrino sulle sole applicazioni e<br />
accessorizzazioni <strong>di</strong> valore m<strong>il</strong>itare. Su questa base, negli USA e negli altri<br />
paesi più industrializzati, nascono gran<strong>di</strong> accor<strong>di</strong>, che talvolta sfociano in<br />
fusioni, tra vari soggetti industriali 15 .<br />
In questo modo, la produzione m<strong>il</strong>itare, anche in un clima <strong>di</strong> riarmo,<br />
assume forme più elastiche ed interagisce con la produzione civ<strong>il</strong>e senza<br />
penalizzarla, dando vita a quello che alcuni autori definiscono riarmo snello,<br />
con un richiamo al concetto <strong>della</strong> lean production assai <strong>di</strong>ffuso nella teoria<br />
219
Cristian Collina<br />
e nella prassi aziendale più recente. Gli stessi contorni del settore m<strong>il</strong>itareindustriale<br />
si attenuano e la produzione è meno ingombrante sul piano fisico<br />
e finanziario. Si deve però puntualizzare che se dal 1998 inizia una fase <strong>di</strong><br />
riarmo che interessa le gran<strong>di</strong> potenze, queste ultime tuttavia non sono<br />
<strong>di</strong>rettamente travolte e toccate da minacce e atti <strong>di</strong> guerra. È l’11 settembre,<br />
invece, che cambia lo scenario: l’impegno degli USA per fronteggiare ciò che<br />
è definito un attacco m<strong>il</strong>itare viene acquisito dalle potenze mon<strong>di</strong>ali<br />
coinvolte in una lunga guerra al terrorismo, che ha assunto <strong>il</strong> nome <strong>di</strong><br />
enduring freedom. Gli anni prossimi dovranno <strong>di</strong>mostrare le <strong>di</strong>fferenze tra <strong>il</strong><br />
riarmo in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> pace e <strong>il</strong> riarmo in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> guerra, e più in<br />
particolare se le forme ed i principi del riarmo snello, emersi nel periodo<br />
1998-2001, sono destinati a perdurare o a svanire e in cambio <strong>di</strong> cosa.<br />
In ogni caso, sia l’integrazione dell’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa sia <strong>il</strong> riarmo<br />
snello sono realtà alle quali vuole approdare <strong>il</strong> nuovo corso <strong>di</strong> trasformazioni<br />
dell’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa russa. Lo <strong>di</strong>mostrano i sei principali obiettivi <strong>della</strong><br />
Restrukturizacija in<strong>di</strong>viduati nel Programma Federale del 24 giugno del<br />
1998 Federalnaja Programma Konversii i Restrukturizacii Voennogo<br />
Promyslennosti (Programma Federale <strong>di</strong> Conversione e Restrukturizacija),<br />
che apre concretamente la nuova fase <strong>di</strong> politiche m<strong>il</strong>itari-industriali.<br />
Il primo <strong>di</strong> questi è la riduzione del numero delle industrie a piena<br />
produzione m<strong>il</strong>itare chiamate a sod<strong>di</strong>sfare gli or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Stato. L’intenzione è <strong>di</strong><br />
costituire un nucleo <strong>di</strong> circa 670 imprese e stab<strong>il</strong>imenti produttivi, <strong>di</strong> proprietà<br />
statale con piccole partecipazioni private. Il nucleo dovrebbe raccogliere i<br />
migliori soggetti sul piano produttivo, finanziario e tecnologico, stimolando la<br />
concorrenza tra le varie <strong>di</strong>tte aspiranti a questo status, che <strong>il</strong> legislatore russo ha<br />
quantificato nel 1997 in più <strong>di</strong> 1.700. Per questo obiettivo, dopo <strong>il</strong> 1998 <strong>il</strong><br />
termine è stato più volte rinviato: dal 2000 al 2005 al 2010. Finora l’Agenzia<br />
Informativa del VPK, TC VPK, che segue, tra le altre cose, l’attuazione del<br />
Programma ha reso noti <strong>il</strong> totale delle imprese del VPK relativo al 1997, 1.731;<br />
al 1998, 1.749; al 1999, quando esso scende a 1.528; al primo semestre 1999,<br />
che registra una seconda contrazione arrivando a 1.489 16 . Il totale per anno,<br />
tuttavia, non include tutta una serie <strong>di</strong> soggetti non rientranti <strong>di</strong>rettamente nel<br />
cartello VPK, ma coinvolti nella produzione m<strong>il</strong>itare industriale, come ad<br />
esempio molti stab<strong>il</strong>imenti energetici, minerari e chimici. In questo modo,<br />
seppure è riscontrab<strong>il</strong>e una relativa riduzione, essa non si avvicina ancora ai livelli<br />
desiderati. Va considerato che molte imprese mantengono una alta quota <strong>di</strong><br />
produzione m<strong>il</strong>itare anche se, formalmente, esclusi dal cartello del VPK 17 . In<br />
seguito alla crisi apertasi l’11 settembre è possib<strong>il</strong>e che <strong>il</strong> numero delle imprese<br />
220
Oltre la Konversija<br />
a produzione m<strong>il</strong>itare non <strong>di</strong>minuisca, dal momento che, già nel 2002, c’è stato<br />
un incremento massiccio degli or<strong>di</strong>nativi m<strong>il</strong>itari.<br />
Il secondo obiettivo <strong>della</strong> Restrukturizacija è rendere la produzione m<strong>il</strong>itare<br />
compatib<strong>il</strong>e con altre attività produttive, al fine <strong>di</strong> coprire la domanda interna.<br />
Dunque, le organizzazioni dell’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa ricevono degli or<strong>di</strong>ni<br />
m<strong>il</strong>itari che non assorbono l’intera capacità produttiva e consentono loro <strong>di</strong><br />
condurre altre attività finalizzate all’export m<strong>il</strong>itare o alla produzione civ<strong>il</strong>e. Su<br />
quest’ultima l’impresa gode <strong>della</strong> massima autonomia dal controllo e dalla<br />
presenza pubblica. La fissazione <strong>di</strong> questo obiettivo risente molto delle<br />
<strong>di</strong>namiche evidenti nell’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa dei gran<strong>di</strong> paesi industrializzati.<br />
Spesso, presso le gran<strong>di</strong> imprese a produzione m<strong>il</strong>itare si costituiscono delle<br />
aziende f<strong>il</strong>iali (docerie predpriatie) che svolgono una produzione civ<strong>il</strong>e in piena<br />
autonomia, ma coor<strong>di</strong>nate e finanziate da uno stesso management. Il<br />
meccanismo delle docerie predpriatie viene fatto proprio dalla prassi delle<br />
gran<strong>di</strong> imprese, come la Polimer, dove ne nascono 15 con lo scopo <strong>di</strong> produrre<br />
quei beni introvab<strong>il</strong>i, ostrodeficitnoj 18 .<br />
Il terzo obiettivo <strong>della</strong> Restrukturizacija, che risente dei modelli stranieri,<br />
è quello <strong>di</strong> selezionare dei prodotti m<strong>il</strong>itari da produrre e potenziare in<br />
termini prioritari. Si possono in<strong>di</strong>viduare almeno due priorità caldeggiate<br />
dall’amministrazione russa: una collegata alle esigenze interne per la<br />
sicurezza del paese, l’altra collegata al confronto internazionale. Nel primo<br />
punto rientrano: la produzione <strong>di</strong> armi convenzionali, <strong>di</strong> piccoli armamenti<br />
e <strong>di</strong> sistemi <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa adatti ai microconflitti, ai conflitti locali, e alla<br />
guerriglia, ma anche la strumentazione per la previsione, <strong>il</strong> controllo e la<br />
soppressione <strong>di</strong> pericoli m<strong>il</strong>itari o terroristici interni. Nel corso degli anni<br />
novanta, la Russia ha mantenuto lo status <strong>di</strong> potenza m<strong>il</strong>itare in base al<br />
potenziale nucleare e atomico ere<strong>di</strong>tato dall’URSS, ma la sua capacità<br />
m<strong>il</strong>itare sul piano convenzionale non raggiunge i livelli dei paesi più<br />
sv<strong>il</strong>uppati. Alla lunga, questo <strong>di</strong>vario potrebbe portare alla per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> quella<br />
capacità <strong>di</strong> escalation dominance, saper scalare i livelli del conflitto dai più<br />
bassi ai più alti, che oggi è in<strong>di</strong>spensab<strong>il</strong>e per conservare lo status <strong>di</strong> potenza<br />
m<strong>il</strong>itare, dal momento che sono sempre più <strong>di</strong>ffusi i conflitti <strong>di</strong> raggio<br />
me<strong>di</strong>o-corto che coinvolgono gran<strong>di</strong> potenze.<br />
La questione cecena è un esempio concreto <strong>di</strong> conflitto locale, che la Russia<br />
deve fronteggiare e per <strong>il</strong> quale si richiedono armamenti leggeri ad alta<br />
precisione e tecnologia, come carri cingolati ed elicotteri <strong>di</strong> piccolo taglio, ma<br />
anche mitragliatori e sistemi esplosivi ad alta precisione e <strong>di</strong> piccola fattura.<br />
Fronteggiare la guerriglia cecena con le armi convenzionali in riserva, risalenti<br />
221
Cristian Collina<br />
all’era sovietica, non è una prospettiva affidab<strong>il</strong>e 19 . L’esercito ceceno, infatti,<br />
può essere considerato tra quei soggetti non nazionali che, alla metà degli anni<br />
novanta, cominciano ad acquistare e raccogliere armi anche da parte<br />
occidentale. Per quanto riguarda <strong>il</strong> secondo genere <strong>di</strong> priorità, certamente <strong>il</strong><br />
settore nel quale <strong>il</strong> confronto internazionale si fa più acceso dalla fine degli anni<br />
novanta è quello aerospaziale. In questo settore la Russia ha ancora molti<br />
elementi per poter reggere <strong>il</strong> confronto. Il lungo esperimento <strong>della</strong> stazione<br />
orbitante Mir riuscito con successo è una prova atten<strong>di</strong>b<strong>il</strong>e <strong>della</strong> tenuta del<br />
settore nei <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>i anni <strong>della</strong> transizione. A maggior ragione la<br />
Restrukturizacija mira a conservare e sv<strong>il</strong>uppare al meglio le capacità del settore<br />
in futuro. Anche qui, sono previsti importanti sforzi in <strong>di</strong>rezione civ<strong>il</strong>e. Al<br />
settore aereo-spaziale, infatti, è affidato lo sv<strong>il</strong>uppo delle comunicazioni e dei<br />
servizi satellitari per ogni finalità, dall’intrattenimento alla <strong>di</strong>fesa, che deve<br />
avvenire in concerto con altri settori industriali.<br />
Il quarto obiettivo è l’introduzione <strong>di</strong> criteri <strong>di</strong> razionalità economica<br />
nella conduzione delle singole imprese e nell’articolazione generale<br />
dell’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa. A tal fine si pone <strong>il</strong> problema <strong>di</strong> ridurre i costi, gli<br />
sprechi, le inefficienze che da sempre hanno caratterizzato l’industria <strong>della</strong><br />
<strong>di</strong>fesa russa. Questo obiettivo <strong>di</strong> per sé non è nuovo, perché anche la<br />
Konversija si proponeva <strong>di</strong> ridurre gli sprechi e i costi. Tuttavia, l’elemento<br />
<strong>di</strong>stintivo in questa fase è che si fa chiaramente riferimento al contenimento<br />
e alla <strong>di</strong>sciplina delle pressioni interne al settore m<strong>il</strong>itare-industriale,<br />
facendo prevalere approcci neutrali e <strong>di</strong>staccati nella amministrazione degli<br />
affari m<strong>il</strong>itari industriali. Si ricerca, dunque, un orientamento <strong>il</strong> più<br />
possib<strong>il</strong>e sistemico e non settoriale, in vista anche <strong>di</strong> quella già menzionata<br />
integrazione dell’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa con <strong>il</strong> sistema economico e<br />
produttivo del paese 20 . Come si vedrà meglio più avanti la nomina <strong>di</strong> un<br />
civ<strong>il</strong>e, Sergei Ivanov, nella primavera 2001, al ministero <strong>della</strong> Difesa è<br />
l’esempio più in<strong>di</strong>cativo del perseguimento concreto <strong>di</strong> questo obiettivo.<br />
Il quinto obiettivo <strong>della</strong> Restrukturizacija è <strong>il</strong> rafforzamento del controllo<br />
statale nell’ambito m<strong>il</strong>itare-industriale. Ciò riguarda sia l’amministrazione<br />
degli affari m<strong>il</strong>itari-industriali che gli assetti proprietari dei vari soggetti.<br />
Questa esigenza <strong>di</strong> controllo ha assunto forme molto particolari e spesso<br />
originali. Si va dalla nomina dei manager delle principali imprese alla<br />
definizione <strong>di</strong> rappresentanti nei consigli <strong>di</strong> amministrazione. Le misure <strong>di</strong><br />
controllo si fanno molto più attente e rigorose per evitare che <strong>il</strong> processo<br />
trasformativo sfugga alle reali intenzioni dell’amministrazione e che gli<br />
obiettivi <strong>di</strong> ripresa strategica, economica e m<strong>il</strong>itare siano mancati. Un<br />
222
Oltre la Konversija<br />
ritardo o una omissione in questo momento non sarebbero ammissib<strong>il</strong>i,<br />
perché <strong>il</strong> r<strong>il</strong>ancio dell’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa ha un’importanza primaria 21 .<br />
In fine, <strong>il</strong> sesto obiettivo, che in verità si può assim<strong>il</strong>are piuttosto ad una<br />
precon<strong>di</strong>zione per <strong>il</strong> successo <strong>della</strong> Restrukturizacija, è la fissazione <strong>di</strong> un<br />
rigoroso quadro legale e normativo nel quale far muovere le riforme e le<br />
politiche m<strong>il</strong>itari-industriali. La Restrukturizacija, infatti, implica decisioni<br />
e interventi, come la riforma del sistema fiscale e leggi sulle jointventures, nel<br />
sistema economico con i quali deve coor<strong>di</strong>narsi 22 . In passato, proprio la<br />
mancata aderenza delle decisioni politiche col tessuto normativo era stata<br />
una delle principali cause <strong>di</strong> fallimento.<br />
Sulla base del Programma Federale del 1998, vengono elaborati altri<br />
programmi relativi ai subsettori. Il più importante, ed anche <strong>il</strong> più<br />
pubblicizzato e documentato finora, è quello relativo l’aviazione, un settore<br />
in cui la correlazione con l’economia civ<strong>il</strong>e è senz’altro più forte e <strong>di</strong>retta<br />
rispetto ad altri. Il Programma <strong>di</strong> Restrukturizacija dell’aviazione è<br />
concepito già nel 1997. Altri Programmi riguardano l’industria elettronica<br />
e navale e partono dal 1998. La Restrukturizacija rappresenta, quin<strong>di</strong>, <strong>il</strong><br />
primo autentico investimento pubblico nell’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa russa,<br />
<strong>di</strong>venuto una priorità per la leadership del paese.<br />
Tutti i leader <strong>di</strong> governo e la stessa Presidenza, dal dopo-crisi 1998 in poi,<br />
sono convinti <strong>di</strong> questa inelu<strong>di</strong>b<strong>il</strong>e priorità 23 . L’idea che sembra ispirare la<br />
leadership politica è che l’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa possa fare da traino per <strong>il</strong><br />
sistema economico, verso una nuova fase <strong>di</strong> sv<strong>il</strong>uppo. Se questo è un risultato<br />
realmente ottenib<strong>il</strong>e è <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e <strong>di</strong>rlo ora, perché i tempi non sono ancora<br />
maturi per trarre conclusioni atten<strong>di</strong>b<strong>il</strong>i. Sin dalle prime battute, però, è<br />
evidente che la via prescelta per conseguire <strong>il</strong> risultato non è quella <strong>di</strong> una<br />
conversione del settore m<strong>il</strong>itare industriale ma <strong>di</strong> un suo potenziamento e<br />
r<strong>il</strong>ancio, secondo linee più <strong>di</strong>namiche e moderne. Questa è la caratteristica<br />
fondamentale ed imprescin<strong>di</strong>b<strong>il</strong>e del nuovo corso <strong>di</strong> trasformazioni<br />
dell’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa, intrapreso alla fine degli anni novanta.<br />
2. L’attuazione e gli approcci principali <strong>della</strong> Restrukturizacija<br />
Il riassetto proprietario delle imprese<br />
Negli anni novanta prende <strong>il</strong> via una serie <strong>di</strong> intensi cambiamenti negli<br />
assetti proprietari nell’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa. Come r<strong>il</strong>evato da alcuni<br />
223
Cristian Collina<br />
osservatori, le privatizzazioni hanno avuto un notevole effetto innovativo sul<br />
piano dell’organizzazione, avendo le imprese cambiato forma proprietaria e<br />
modo <strong>di</strong> conduzione, ma non su quello produttivo, dal momento che la<br />
produzione sia civ<strong>il</strong>e che m<strong>il</strong>itare del VPK <strong>di</strong>minuisce costantemente, nel<br />
periodo 1992-98 24 . Gli effetti <strong>di</strong> queste considerazioni sulle privatizzazioni<br />
si concretizzano in una serie <strong>di</strong> decisioni tese a rafforzare <strong>il</strong> ruolo e la presenza<br />
dello Stato negli assetti proprietari del complesso m<strong>il</strong>itare-industriale.<br />
Infatti, le forme proprietarie sv<strong>il</strong>uppatesi dal 1992 al 1998, che sostenevano<br />
la compartecipazione <strong>di</strong> privati, banche ed investitori entrano in crisi e si<br />
rende necessario un rior<strong>di</strong>no degli assetti proprietari.<br />
Molte banche che detenevano parti anche molto consistenti <strong>di</strong> quote<br />
proprietarie <strong>di</strong> imprese del VPK vanno in fallimento e le azioni sono<br />
prelevate dalla Banca Nazionale <strong>di</strong> Riserva, Sbirbank. È <strong>il</strong> caso ad esempio<br />
<strong>della</strong> Inkombank che dal 1995 aveva acquisito azioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse imprese del<br />
VPK, come la Suchoj, la Morskaja Technika e la Ural-<strong>Del</strong> (rientranti<br />
rispettivamente nell’Industria Aerea le prime due e Marittima la terza). Nel<br />
1998, la Inkombank va in bancarotta e successivamente la Sbirbank<br />
recupera la maggior parte delle azioni 25 .<br />
Tuttavia, <strong>il</strong> recupero delle azioni <strong>di</strong> proprietà delle banche non è <strong>il</strong> solo<br />
metodo attraverso cui lo Stato cerca <strong>di</strong> ricomporre gli assetti proprietari del<br />
VPK. Ci sono, infatti, anche altri interventi volti a ristab<strong>il</strong>ire <strong>il</strong> controllo dello<br />
Stato sui soggetti privatizzati in vari mo<strong>di</strong> e misure: la definizione <strong>di</strong><br />
rappresentanti dello Stato nelle società per azioni del complesso m<strong>il</strong>itare<br />
industriale; l’in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> soggetti del tutto o in parte non privatizzab<strong>il</strong>i.<br />
In particolare, si <strong>di</strong>stinguono due tipi <strong>di</strong> rappresentanti dello Stato: quelli<br />
presenti nelle assemblee degli azionisti e quelli presenti nei consigli <strong>di</strong><br />
amministrazione. I primi sono legati ai blocchi <strong>di</strong> quote <strong>di</strong> proprietà dello<br />
Stato, e possono influire sulla creazione <strong>di</strong> alleanze tra azionisti. I secon<strong>di</strong><br />
all’esistenza <strong>di</strong> una golden share statale. Il loro potere può arrivare fino al veto<br />
su decisioni ritenute non congrue con l’interesse pubblico. Inoltre lo Stato<br />
attraverso la Presidenza e <strong>il</strong> governo nomina <strong>di</strong>rettamente i <strong>di</strong>rigenti delle<br />
imprese a proprietà pubblica intera o prevalente 26 .<br />
La nomina <strong>di</strong>retta <strong>di</strong> rappresentanti dello Stato si intreccia con la<br />
definizione <strong>di</strong> una lista <strong>di</strong> imprese considerate strategiche per la sicurezza del<br />
paese. Sulla scorta dei documenti ufficiali aventi ad oggetto questa lista, si<br />
può in<strong>di</strong>viduare un nucleo centrale <strong>di</strong> circa 672 soggetti che comprende 478<br />
imprese la cui privatizzazione è proibita e 194 imprese in cui lo Stato<br />
mantiene blocchi <strong>di</strong> azioni <strong>di</strong> controllo delle quote proprietarie.<br />
224
Oltre la Konversija<br />
In precedenza, <strong>il</strong> decreto n. 802 del 1996, in<strong>di</strong>viduava 480 imprese non<br />
privatizzab<strong>il</strong>i. Tuttavia, più avanti, due <strong>di</strong> quelle imprese sono state trasferite<br />
nel novero delle imprese in cui lo Stato ha dei rappresentanti nell’assemblea<br />
degli azionisti 27 . Attorno a questo nucleo centrale, ci sono circa 192 imprese<br />
in cui lo Stato detiene una goldenshare. Altre imprese sono a proprietà<br />
privata prevalente, paritaria o, in alcuni casi, totale. Da un punto <strong>di</strong> vista<br />
territoriale la presenza dello Stato negli assetti proprietari è più forte nelle<br />
imprese situate nell’area centrale (Mosca, regione <strong>di</strong> Mosca, Pietroburgo)<br />
dove è pari al 59 per cento, che in quelle situate nelle altre regioni dove è pari<br />
al 36 per cento 28 .<br />
Creazione <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> gruppi finanziari ed industriali<br />
Le prime forme <strong>di</strong> mergers o associations con <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> koncenrn, kompleks<br />
o korporizacija si sono <strong>di</strong>ffuse in Russia in con<strong>di</strong>zioni molto <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>i, date le<br />
innumerevoli lacune finanziarie e anche legali e normative 29 . Ad ogni modo, con<br />
l’inizio <strong>della</strong> Restrukturizacija sono apparsi <strong>di</strong>versi tentativi <strong>di</strong> far nascere gran<strong>di</strong><br />
associations attorno ad aziende leader nelle <strong>di</strong>verse branche dell’industria <strong>della</strong><br />
<strong>di</strong>fesa, sul modello anche dell’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa occidentale.<br />
Gli obiettivi <strong>di</strong> queste associations sono vari: dalla ricerca <strong>di</strong> una maggiore<br />
forza e competitività nel mercato nazionale ed internazionale, al<br />
mantenimento <strong>di</strong> un ruolo incisivo nell’attribuzione delle commesse m<strong>il</strong>itari,<br />
alla necessità <strong>di</strong> evitare un depennamento dalle liste delle imprese <strong>di</strong> significato<br />
strategico. Inoltre, la costituzione <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> gruppi finanziari-industriali<br />
favorisce l’integrazione delle produzioni civ<strong>il</strong>i e m<strong>il</strong>itari. Molte imprese che<br />
hanno una forte <strong>di</strong>pendenza dalla produzione m<strong>il</strong>itare e non sono riuscite a<br />
convertire e <strong>di</strong>versificare la propria produzione possono all’interno <strong>di</strong> gran<strong>di</strong><br />
cartelli trovare una possib<strong>il</strong>ità concreta <strong>di</strong> integrazione. Ad esempio, in una<br />
association si possono produrre mezzi da trasporto m<strong>il</strong>itari e tutta una serie <strong>di</strong><br />
beni e servizi per i trasporti civ<strong>il</strong>i dagli pneumatici ai servizi <strong>di</strong> manutenzione 30 .<br />
In generale, lo Stato mantiene delle quote proprietarie molto consistenti nelle<br />
associations <strong>di</strong> particolare r<strong>il</strong>evanza m<strong>il</strong>itare, mentre la presenza dei privati è più<br />
forte nelle associations <strong>di</strong> tipo non interamente m<strong>il</strong>itare 31 .<br />
Esempi <strong>di</strong> unioni <strong>di</strong> imprese sono evidenti soprattutto nell’industria<br />
dell’aviazione, <strong>il</strong> cui Programma <strong>di</strong> Restrukturizacija approvato nel 1997<br />
prevedeva la creazione <strong>di</strong> un numero limitato <strong>di</strong> associations <strong>di</strong> primo<br />
livello, circa 6, tra cui la Suchoj e la MIG, responsab<strong>il</strong>i delle <strong>di</strong>verse<br />
225
Cristian Collina<br />
produzioni <strong>di</strong> particolare significato m<strong>il</strong>itare: aerei da guerra, elicotteri,<br />
bombar<strong>di</strong>eri pesanti ecc. Ad un secondo livello, un numero più ampio <strong>di</strong><br />
associations, da 10 a 15 tra cui la Il’jusin, la Tupolev, la Jakovlev e la M<strong>il</strong>,<br />
si sarebbe occupato <strong>di</strong> produzioni relative l’accessorizzazione, la<br />
componentistica, i veivoli leggeri. A questo secondo livello, le imprese<br />
avrebbero potuto condurre anche produzioni <strong>di</strong> tipo non m<strong>il</strong>itare. Uno<br />
sguardo alle più recenti vicende nel settore è sufficiente a capire che i<br />
risultati finora non sono dei migliori e si è lontani dal raggiungere un<br />
quadro stab<strong>il</strong>e, essendo i processi <strong>di</strong> associations ancora in corso 32 . Molte<br />
<strong>di</strong>fficoltà nascono in realtà dalle resistenze che le imprese pongono alla<br />
per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> autonomia e visib<strong>il</strong>ità derivante dall’incorporazione in cartelli<br />
guidati da gran<strong>di</strong> imprese e dall’intenzione <strong>di</strong> queste ultime <strong>di</strong> essere<br />
protagoniste nel processo <strong>di</strong> merging. Le <strong>di</strong>vergenze delle rispettive<br />
<strong>di</strong>rigenze, ad esempio, hanno impe<strong>di</strong>to la nascita <strong>di</strong> una association tra le<br />
<strong>di</strong>tte Suchoj e MIG, ipotizzata dai ministeri <strong>della</strong> Difesa e dell’Economia,<br />
nel 1998. Si trattava <strong>di</strong> due gran<strong>di</strong> nomi dell’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa russa e<br />
c’era da attendersi che nessuno dei due avrebbe ceduto alla nascita <strong>di</strong> un<br />
cartello unico. Entrambi, però, hanno guidato processi <strong>di</strong> fusione e<br />
integrazione con altri soggetti.<br />
Il cartello RAC (Russian Aircraft Company) MIG, ad esempio,<br />
contiene in sé almeno sei principali aderenti: <strong>il</strong> <strong>Centro</strong> <strong>di</strong> ricerca e<br />
progettazione MIG; gli stab<strong>il</strong>imenti produttivi Voronin, Luchivicy e<br />
Kaljazine <strong>di</strong> Mosca; un <strong>Centro</strong> per attività <strong>di</strong> test e collaudo; un <strong>Centro</strong><br />
per le attrezzature ed <strong>il</strong> rifornimento. Il cartello si definisce come una<br />
compagnia produttrice <strong>di</strong> aerei verticalmente integrata, a sottolineare <strong>il</strong><br />
ruolo centrale attribuito alla MIG rispetto ai soggetti associati.<br />
Storicamente <strong>il</strong> marchio è stato sempre legato alla produzione m<strong>il</strong>itare e<br />
la <strong>di</strong>rigenza <strong>della</strong> <strong>di</strong>tta MIG ha ottenuto, grazie alla sua posizione<br />
preponderante, che <strong>il</strong> gruppo finanziario-industriale RAC MIG<br />
mantenesse la produzione m<strong>il</strong>itare come attività principale 33 . Si lavora,<br />
così, ad almeno <strong>di</strong>eci programmi ad alto significato m<strong>il</strong>itare, tra cui: <strong>il</strong><br />
Mig-29, <strong>il</strong> Mig-29k, <strong>il</strong> Mig-21 e <strong>il</strong> Mig-31.<br />
Il cartello costituisce oggi uno dei principali soggetti del VPK, tanto da<br />
essere uno dei pochi che hanno la possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> gestire <strong>il</strong> proprio export in<br />
autonomia dall’agenzia russa per l’export <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa, Rosoboroneksport 34 .<br />
226
Trasferimenti <strong>di</strong> competenze e responsab<strong>il</strong>ità ad autorità civ<strong>il</strong>i<br />
Oltre la Konversija<br />
Il quadro generale delle autorità coinvolte nelle politiche riguardanti <strong>il</strong><br />
VPK negli anni novanta si è <strong>di</strong>mostrato in continuo aggiornamento e<br />
mutamento. Tuttavia, nel periodo 1998-2001 esso appare particolarmente<br />
segnato dal coinvolgimento <strong>di</strong> civ<strong>il</strong>i alla gestione delle questioni m<strong>il</strong>itariindustriali.<br />
Questi trasferimenti <strong>di</strong> competenze rispondono ad alcune intenzioni<br />
esplicitamente ammesse dalla leadership russa quali: rigenerare i<br />
comportamenti economici dei soggetti coinvolti; introdurre elementi <strong>di</strong><br />
razionalità economica; potenziare l’approccio intersettoriale 35 .<br />
Nel quadro <strong>della</strong> Restrukturizacija, seguendo una linea cronologica, è<br />
bene cominciare dal trasferimento delle competenze sull’industria <strong>della</strong><br />
<strong>di</strong>fesa al ministero dell’Economia (Ministerstvo Ekonomiki o Minekon)<br />
con <strong>il</strong> decreto n. 111 del 1997. In linea generale, <strong>il</strong> ministero deve garantire<br />
che le politiche inerenti <strong>il</strong> VPK non comportino sacrifici per <strong>il</strong> sistema<br />
economico in generale, ma anzi offrano dei vantaggi e degli incentivi per lo<br />
sv<strong>il</strong>uppo. Inoltre, nel settore vanno definitivamente introdotti quei principi<br />
<strong>di</strong> conduzione aziendale in<strong>di</strong>spensab<strong>il</strong>i nel regime <strong>di</strong> mercato che la<br />
leadership del paese rincorre da tempo. In sintesi, le responsab<strong>il</strong>ità del<br />
Minekon vanno dalla definizione degli or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa dello Stato, al<br />
controllo e coor<strong>di</strong>namento <strong>della</strong> loro sod<strong>di</strong>sfazione; dall’in<strong>di</strong>viduazione<br />
delle risorse economiche a <strong>di</strong>sposizione dell’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa alla loro<br />
re<strong>di</strong>stribuzione; dall’inquadramento dei problemi logistici ed organizzativi<br />
del settore alla loro risoluzione.<br />
Quali che siano i risultati <strong>della</strong> gestione del Minekon, nella seconda metà<br />
del 2000 si registra un nuovo trasferimento <strong>di</strong> competenze al ministero<br />
dell’Industria, <strong>della</strong> Scienza e <strong>della</strong> Tecnologia (l’abbreviazione in russo è<br />
Minpromnauka). Si tratta <strong>di</strong> un nuovo ministero, costituito appositamente<br />
per centralizzare l’amministrazione delle questioni relative al r<strong>il</strong>ancio<br />
scientifico e tecnologico del paese. Questo passaggio prova quanto <strong>il</strong> VPK<br />
sia fondamentale per sanare <strong>il</strong> gap scientifico-tecnologico del paese. Il<br />
Minpromnauka sostituisce <strong>il</strong> vecchio ministero <strong>della</strong> Scienza. Non è esclusa,<br />
tuttavia, una certa partecipazione del ministero dell’Economia, rinominato<br />
ministero dello Sv<strong>il</strong>uppo Economico e del Commercio, <strong>il</strong> quale è ancora<br />
responsab<strong>il</strong>e delle previsioni <strong>di</strong> spesa sul me<strong>di</strong>o e lungo periodo, per la <strong>di</strong>fesa<br />
del paese e lo sv<strong>il</strong>uppo del VPK. Inoltre, le nomine fatte dal ministero non<br />
sono state revocate. Il trasferimento, quin<strong>di</strong>, non sembra contravvenire ai<br />
227
Cristian Collina<br />
principi che hanno motivato <strong>il</strong> passaggio delle competenze verso <strong>il</strong> ministero<br />
dell’Economia. Si tratta, infatti, ancora una volta <strong>di</strong> una autorità civ<strong>il</strong>e,<br />
chiamata ad intervenire con l’intenzione <strong>di</strong> integrare <strong>il</strong> settore m<strong>il</strong>itareindustriale<br />
nel sistema economico 36 .<br />
Tra i trasferimenti <strong>di</strong> compiti e responsab<strong>il</strong>ità nel quadro <strong>della</strong><br />
Restrukturizacija si inscrive anche la nomina <strong>di</strong> un civ<strong>il</strong>e, Sergei Ivanov, a<br />
ministro <strong>della</strong> Difesa, nella primavera 2001. È la prima volta nella sua storia<br />
che la Russia ha un civ<strong>il</strong>e alla guida <strong>di</strong> questo ministero 37 . Tra le altre cose,<br />
<strong>il</strong> ministero è responsab<strong>il</strong>e <strong>della</strong> definizione del fabbisogno finanziario<br />
annuo delle forze armate e dei vari corpi m<strong>il</strong>itari, nonché dell’in<strong>di</strong>viduazione<br />
dei principali tipi d’arma e sistemi d’arma necessari per la sicurezza e la <strong>di</strong>fesa<br />
del paese. Il nuovo ministro è riuscito a superare le resistenze dei m<strong>il</strong>itari ed<br />
ha nominato ai due sottosegretariati competenti due civ<strong>il</strong>i. Questa nuova<br />
immagine ha anche una ricaduta in termini <strong>di</strong> conoscenza e informazione<br />
sulle attività m<strong>il</strong>itari <strong>della</strong> Russia 38 .<br />
228<br />
Ricerca e sv<strong>il</strong>uppo <strong>di</strong> alte tecnologie e tecnologie duali<br />
Ci sono tre principali tipi <strong>di</strong> tecnologie che <strong>il</strong> VPK può sv<strong>il</strong>uppare:<br />
tecnologie civ<strong>il</strong>i <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e applicazione m<strong>il</strong>itare; tecnologie m<strong>il</strong>itari <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e applicazione civ<strong>il</strong>e; tecnologie duali 39 .<br />
Nel primo caso, la presenza <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> tecnologie si spiega sia con<br />
le caratteristiche storiche assunte dall’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa del paese nel<br />
corso del tempo, unico produttore <strong>di</strong> armamenti e beni tecnologici ad uso<br />
civ<strong>il</strong>e, sia con <strong>il</strong> già citato obiettivo <strong>della</strong> Restrukturizacija <strong>di</strong> non voler<br />
sostituire la produzione civ<strong>il</strong>e con quella m<strong>il</strong>itare, ma coor<strong>di</strong>nare le due<br />
produzioni. Nel secondo caso, invece, si tratta <strong>di</strong> tecnologie concepite per<br />
<strong>il</strong> potenziamento m<strong>il</strong>itare, la modernizzazione degli arsenali, <strong>il</strong><br />
conseguimento <strong>di</strong> un vantaggio tecnologico-m<strong>il</strong>itare comparato. Negli anni<br />
precedenti la Restrukturizacija, lo sv<strong>il</strong>uppo <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> tecnologie ha<br />
conosciuto un lungo e <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e periodo <strong>di</strong> crisi e <strong>di</strong> stallo. Nell’attuale<br />
contesto internazionale, invece, proprio <strong>il</strong> ritrovato interesse per <strong>il</strong><br />
potenziamento m<strong>il</strong>itare, che si traduce nell’aumento <strong>della</strong> spesa m<strong>il</strong>itare e<br />
nel massiccio incremento degli or<strong>di</strong>ni m<strong>il</strong>itari, crea un ambiente favorevole<br />
allo sv<strong>il</strong>uppo <strong>di</strong> queste tecnologie strettamente m<strong>il</strong>itari. Occorre, infatti,<br />
modernizzare gli arsenali con l’introduzione <strong>di</strong> nuovi armamenti tecnologici<br />
e la modernizzazione dei vecchi.
Oltre la Konversija<br />
Quanto alle tecnologie duali, in questa espressione si fanno rientrare<br />
quelle tecnologie adatte tanto ad un ut<strong>il</strong>izzo <strong>di</strong> tipo m<strong>il</strong>itare quanto civ<strong>il</strong>e.<br />
Si tratta, dunque, <strong>di</strong> tecnologie che permettono <strong>il</strong> perseguimento <strong>della</strong><br />
superiorità m<strong>il</strong>itare e, in più, hanno un <strong>di</strong>screto potenziale civ<strong>il</strong>e e<br />
commerciale 40 . Anche i programmi <strong>di</strong> conversione <strong>della</strong> Federazione Russa<br />
hanno spesso fatto riferimento allo sv<strong>il</strong>uppo <strong>di</strong> tecnologie duali. Tuttavia,<br />
questa strada non è mai stata tra le principali opzioni, prescelte dalla<br />
leadership del paese. Ora, però, che la leadership si propone l’aggancio ai<br />
maggiori livelli internazionali, lo sv<strong>il</strong>uppo <strong>di</strong> queste tecnologie appare<br />
imprescin<strong>di</strong>b<strong>il</strong>e. Le tecnologie duali, inoltre, sono tra quelle maggiormente<br />
in<strong>di</strong>cate per <strong>il</strong> perseguimento degli obiettivi civ<strong>il</strong>i e m<strong>il</strong>itari fissati nel<br />
Programma <strong>di</strong> Restrukturizacija. Per questo, le imprese che riescono a<br />
sv<strong>il</strong>uppare tecnologie duali sono quelle che meglio riescono a sod<strong>di</strong>sfare <strong>il</strong><br />
generale <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> modernizzazione perseguito dalla Restrukturizacija.<br />
Innanzitutto, tra le tecnologie ad uso civ<strong>il</strong>e che hanno acquisito un certo<br />
livello <strong>di</strong> sv<strong>il</strong>uppo e <strong>di</strong>ffusione si possono considerare le tecnologie<br />
meccaniche, chimiche e informatiche. Per ciò che riguarda lo sv<strong>il</strong>uppo del<br />
secondo tipo <strong>di</strong> tecnologie, quelle m<strong>il</strong>itari, molte innovazioni hanno<br />
riguardato gli armamenti convenzionali e leggeri. Tuttavia, significativi<br />
sv<strong>il</strong>uppi tecnologici si sono avuti anche nel campo <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa aerea e <strong>della</strong><br />
miss<strong>il</strong>istica. Un esempio è costituito dal nuovo sistema <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa antiaerea S-<br />
400 costruito dalla <strong>di</strong>tta Triumf <strong>di</strong> Kapustin, nella regione <strong>di</strong> Astrakan. Il<br />
sistema S-400 è presentato dai me<strong>di</strong>a russi come due volte più efficace del<br />
suo precedente modello: S-300 41 . Vengono prodotti, inoltre <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong><br />
miss<strong>il</strong>i appartenenti alle principali famiglie quali: Katran, Proton, Molnija<br />
e altri. Il fatto si spiega senz’altro con <strong>il</strong> riaperto confronto miss<strong>il</strong>istico con<br />
gli Usa alla fine degli anni novanta 42 .<br />
Infine, nell’ambito delle tecnologie duali vanno considerati gli sv<strong>il</strong>uppi<br />
nel campo laser ed aereo. Nel primo caso, le tecnologie laser si sono <strong>di</strong>ffuse<br />
tanto nel settore m<strong>il</strong>itare, per modernizzare e perfezionare le prestazioni dei<br />
vari sistemi d’arma, quanto nel settore civ<strong>il</strong>e, dalle telecomunicazioni<br />
all’entertainment fino alla me<strong>di</strong>cina. Nel campo aereo, negli ultimi anni si<br />
<strong>di</strong>ffondono molti modelli <strong>di</strong> velivoli ad applicazione sia civ<strong>il</strong>e che m<strong>il</strong>itare.<br />
Un esempio è dato dal nuovo elicottero polivalente <strong>della</strong> <strong>di</strong>tta Kamov: KA-<br />
60. Al velivolo possono essere applicate <strong>di</strong>verse mo<strong>di</strong>fiche a seconda delle<br />
applicazioni m<strong>il</strong>itari o civ<strong>il</strong>i, dal rifornimento armi alla <strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong><br />
viveri in situazioni <strong>di</strong> emergenza. Anche in questo caso, si può prevedere un<br />
aumento <strong>della</strong> domanda nel prossimo futuro, essendo <strong>il</strong> paese coinvolto in<br />
229
Cristian Collina<br />
molte operazioni internazionali <strong>di</strong> sicurezza e <strong>di</strong> soccorso alle popolazioni<br />
sottoposte a bombardamenti: dal Kosovo all’Afganistan 43 . Un segnale che<br />
alcuni risultati sono stati ottenuti in fatto <strong>di</strong> tecnologie duali e che la<br />
leadership ha assunto la strategicità <strong>di</strong> queste tecnologie è data dalla<br />
comparsa <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi regolamenti e decreti, sul controllo dell’export e <strong>della</strong><br />
<strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> queste tecnologie 44 .<br />
230<br />
L’investimento nel settore <strong>della</strong> ricerca scientifica e nell’R&D<br />
In genere, al settore dell’R&D spetta <strong>il</strong> compito <strong>di</strong> elaborare, inventare<br />
e scoprire conoscenze e tecnologie sempre più innovative. Nell’era sovietica,<br />
la totalità degli Istituti <strong>di</strong> ricerca scientifica e tecnologica nonché dei centri<br />
<strong>di</strong> progettazione era <strong>di</strong> proprietà statale e le loro attività erano pienamente<br />
o, in alcuni casi, prevalentemente connesse con le esigenze m<strong>il</strong>itari del paese.<br />
Negli anni imme<strong>di</strong>atamente successivi alla caduta dell’URSS, alle incisive<br />
per<strong>di</strong>te finanziarie per l’R&D, derivanti dal crollo <strong>della</strong> spesa m<strong>il</strong>itare, si<br />
somma un complessivo <strong>di</strong>sinteresse nel concitato processo <strong>di</strong> privatizzazioni<br />
apertosi dal 1992. L’effetto principale <strong>di</strong> queste <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>i con<strong>di</strong>zioni, e in<br />
generale <strong>il</strong> più evidenziato dalla letteratura, è senz’altro <strong>il</strong> brain drain, ovvero<br />
quella fuga <strong>di</strong> cervelli che ha visto migliaia <strong>di</strong> ex-impiegati, ad ogni livello, del<br />
complesso scientifico sovietico emigrare verso altri paesi o lavorare per<br />
aziende straniere, per via delle scoraggianti prospettive interne 45 . Il settore<br />
ha cominciato, così, a perdere risorse non solo sul piano finanziario e<br />
<strong>di</strong>rigenziale, ma anche su quello delle riserve umane ed intellettive 46 .<br />
Attualmente, tuttavia, <strong>il</strong> r<strong>il</strong>ancio del settore è un passo in<strong>di</strong>spensab<strong>il</strong>e per<br />
realizzare quel risanamento del gap scientifico e tecnologico rispetto agli altri<br />
paesi e per r<strong>il</strong>anciare la tecnologia m<strong>il</strong>itare e strategica del paese. Entrambi<br />
i nuovi documenti <strong>di</strong> sicurezza strategica, la Dottrina M<strong>il</strong>itare e la<br />
Concezione <strong>di</strong> Sicurezza Nazionale, sottolineano questo punto come uno<br />
dei compiti principali per restituire tonicità e autorevolezza internazionale<br />
alla Russia 47 . Inoltre, se si considera l’attuale fase <strong>di</strong> riarmo apertasi dal 1998,<br />
con la messa in <strong>di</strong>scussione <strong>di</strong> tutto <strong>il</strong> precedente regime <strong>di</strong> Disarmo e<br />
controllo degli armamenti e la ricerca <strong>di</strong> nuovi e sempre più tecnologici<br />
sistemi <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa, si capisce quanto sia impossib<strong>il</strong>e competere e misurarsi con<br />
altri paesi, con un settore scientifico in decadenza. In questo senso, la già<br />
commentata costituzione <strong>di</strong> un apposito ministero, <strong>il</strong> Minpromnauka, al<br />
quale è stata affidata la competenza sull’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa ed i successivi
Oltre la Konversija<br />
interventi <strong>di</strong> Restrukturizacija, rappresenta la più esplicita conferma <strong>di</strong> un<br />
ritrovato interesse per <strong>il</strong> settore e <strong>il</strong> suo valore m<strong>il</strong>itare-industriale.<br />
Tuttavia, già prima <strong>della</strong> nascita del Minpromnauka, ci sono significativi<br />
segnali <strong>di</strong> ripresa nell’R&D. Nel 1998, ad esempio, <strong>il</strong> 17 per cento <strong>della</strong><br />
spesa m<strong>il</strong>itare approvata è destinato all’R&D, mentre negli Stati Uniti <strong>il</strong> 15<br />
per cento e nel Regno Unito <strong>il</strong> 10 per cento. La spesa per la ricerca scientifica<br />
è aumentata costantemente negli ultimi anni. Fonti ufficiali parlano <strong>di</strong> un<br />
aumento del 43 per cento nel 2001 rispetto al 2000 48 . Oltre all’aumento dei<br />
finanziamenti ci sono, poi, una serie <strong>di</strong> agevolazioni amministrative e<br />
finanziarie, volte a fac<strong>il</strong>itare l’azione degli Istituti <strong>di</strong> ricerca, a prescindere<br />
dalla forma proprietaria: l’esenzione totale o parziale dal pagamento <strong>di</strong><br />
alcune tasse e <strong>di</strong> alcuni servizi, <strong>il</strong> non pagamento per l’uso e la <strong>di</strong>sposizione<br />
<strong>di</strong> beni naturali ed industriali rientranti nelle proprietà <strong>di</strong> Stato.<br />
Negli ultimi anni, inoltre, si sono <strong>di</strong>ffuse alcune forme <strong>di</strong> investimento dal<br />
basso per attività scientifiche in cui partecipano banche, investitori privati anche<br />
stranieri, autorità locali, associazioni industriali e scientifiche. Sul breve periodo,<br />
un risultato abbastanza evidente delle nuove e <strong>di</strong>verse forme <strong>di</strong> investimento<br />
nella ricerca e nell’R&D, è la crescita dell’impiego nel campo <strong>della</strong> ricerca<br />
scientifica e tecnologica, riconducib<strong>il</strong>e alle migliorate con<strong>di</strong>zioni economiche e<br />
finanziarie del settore e alle più accattivanti prospettive per scienziati, ingegneri,<br />
ricercatori e impiegati <strong>di</strong> ogni tipo, rispetto al periodo precedente 49 .<br />
Nell’Oblast’ <strong>di</strong> Tomsk, ad esempio, si è da poco formato un fondo <strong>di</strong><br />
investimento su iniziativa delle autorità del governo locale,<br />
dell’associazione scientifica interregionale Sibirskoe Soglasenie,<br />
dell’Università Politecnica <strong>di</strong> Tomsk, dell’Associazione per la Formazione<br />
degli Ingegneri <strong>della</strong> Russia, (Associacija Inzenersnogo Obrazovanija<br />
Roccii). Il fondo, denominato Fondo <strong>di</strong> Sv<strong>il</strong>uppo dell’Oblast’ <strong>di</strong> Tomsk<br />
(Fon Razvitija Tomskoj Oblasti) si occupa <strong>della</strong> selezione <strong>di</strong> progetti <strong>di</strong><br />
ricerca ad alto contenuto scientifico, <strong>della</strong> loro copertura finanziaria, del<br />
sostegno organizzativo, e degli sbocchi economici e commerciali. Molti<br />
Istituti <strong>di</strong> ricerca possono, quin<strong>di</strong>, combinare i finanziamenti del Fondo<br />
con le agevolazioni ed i finanziamenti delle autorità <strong>di</strong> governo. Non sono<br />
ancora noti i risultati e la tipologia dei progetti finora avviati, ma un<br />
nutrito numero <strong>di</strong> scienziati e ricercatori <strong>di</strong> ogni livello dell’Oblast <strong>di</strong><br />
Tomsk è stato attivamente coinvolto 50 . Un altro caso da considerare è<br />
quello del <strong>Centro</strong> Chrunicev dove per <strong>il</strong> 2001 è stato riscontrato un<br />
aumento <strong>di</strong> circa <strong>il</strong> 20 per cento nel personale e per <strong>il</strong> 2002 si prevede uno<br />
stesso aumento 51 .<br />
231
Cristian Collina<br />
Dunque al <strong>di</strong> là <strong>della</strong> consistenza e del grado innovativo dei risultati <strong>della</strong><br />
ricerca scientifica in Russia, negli ultimi anni <strong>il</strong> dato oggettivamente<br />
assumib<strong>il</strong>e è quello <strong>di</strong> un freno a quel processo <strong>di</strong> fuga <strong>di</strong> cervelli che rischiava<br />
<strong>di</strong> azzerare del tutto le possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> r<strong>il</strong>ancio scientifico e tecnologico del<br />
paese, sia sul piano m<strong>il</strong>itare che civ<strong>il</strong>e 52 .<br />
232<br />
Scambio <strong>di</strong> know how e tecnologie con partner stranieri<br />
Con sempre maggiore frequenza si parla <strong>di</strong> globalizzazione dell’industria<br />
<strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa, volendo appunto in<strong>di</strong>care <strong>il</strong> fitto reticolo <strong>di</strong> rapporti instauratisi<br />
tra <strong>di</strong>verse imprese <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi paesi, fino a creare degli autentici soggetti<br />
m<strong>il</strong>itari-industriali transnazionali 53 . Alle origini <strong>di</strong> questa globalizzazione<br />
vengono poste le ripercussioni <strong>della</strong> fine <strong>della</strong> guerra fredda sulle industrie<br />
<strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa delle gran<strong>di</strong> potenze. Sull’onda <strong>di</strong> questo continuo processo <strong>di</strong><br />
integrazione, la transnazionalità è da molti considerata la caratteristica<br />
peculiare dell’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa del futuro. I governi, fissate <strong>di</strong> concerto<br />
con i propri alleati (o comunque in se<strong>di</strong> sovrannazionali) le priorità m<strong>il</strong>itari<br />
e strategiche potranno contare su una base m<strong>il</strong>itare-industriale <strong>di</strong> tipo<br />
transnazionale, dove gran<strong>di</strong> complessi in cui confluiscono capacità<br />
scientifiche e produttive <strong>di</strong> vari paesi sod<strong>di</strong>sfano le commesse m<strong>il</strong>itari <strong>di</strong> più<br />
paesi tra loro alleati o associati 54 . Quanto detto sopra è ancora lontano dal<br />
realizzarsi, ma <strong>il</strong> continuo intreccio <strong>di</strong> relazioni m<strong>il</strong>itari-industriali,<br />
cominciato negli anni novanta, sembra ormai irreversib<strong>il</strong>e.<br />
Una delle principali vie per perseguire gli obiettivi <strong>della</strong> Restrukturizacija<br />
è, dunque, introdurre la Russia in questo complesso tipo <strong>di</strong> rapporti<br />
industriali <strong>il</strong> cui sbocco è tutt’oggi impreve<strong>di</strong>b<strong>il</strong>e. Come anche a livello<br />
sistemico con le nuove scelte <strong>di</strong> politica economica successive la crisi del<br />
1998, ciò che viene esplicitamente richiesto dalla leadership politica agli<br />
investitori stranieri è non tanto un qualche tipo <strong>di</strong> investimento nel VPK,<br />
ma un concreto trasferimento <strong>di</strong> tecnologie, know how ed un rapporto <strong>di</strong><br />
partenariato tecnologico. Importanti forme <strong>di</strong> collaborazioni su queste linee<br />
si sono instaurate sia con soggetti statunitensi che europei. Tra le prime si<br />
considerino quelle <strong>della</strong> Allied Signal e <strong>della</strong> Lockeed. I due esempi sono<br />
citati nella lista delle principali collaborazioni m<strong>il</strong>itari-industriali russoamericane<br />
redatta dalla FAS (Federation af American Scientist) 55 .<br />
Tra le collaborazioni con l’Europa va segnalato <strong>il</strong> caso <strong>della</strong> <strong>di</strong>tta<br />
moscovita produttrice <strong>di</strong> elicotteri, M<strong>il</strong>, che dal 1997 si è resa parte <strong>di</strong> un
Oltre la Konversija<br />
complesso programma <strong>di</strong> collaborazione internazionale chiamato Eurom<strong>il</strong>,<br />
che coinvolge anche l’Italiana Agusta, come membro del marchio<br />
industriale europeo Eurocopter. Il progetto più interessante nel periodo<br />
1998-2001 è l’elaborazione e costruzione <strong>di</strong> un nuovo elicottero polivalente,<br />
multipurpose helicopter (per i russi mnogocelevoi vertalët): <strong>il</strong> Mi-38. Eurom<strong>il</strong><br />
è una società per azioni chiusa <strong>di</strong> cui fanno parte la Eurocopter e la M<strong>il</strong>. Nel<br />
progetto Mi-38, la <strong>di</strong>tta russa dovrebbe occuparsi <strong>della</strong> documentazione<br />
tecnica, del design e <strong>della</strong> parte più strettamente progettuale e la Eurocopter<br />
dell’accessorizzazione con i più moderni sistemi <strong>di</strong> equipaggiamento, <strong>della</strong><br />
certificazione dell’elicottero secondo le norme richieste dall’Autorità<br />
Europea e delle indagini <strong>di</strong> mercato. Anche un’altra <strong>di</strong>tta russa fa parte <strong>della</strong><br />
società per azioni chiusa Eurom<strong>il</strong>: la Kazan vertalëtnyj zavod. A quest’ultima<br />
spetta la realizzazione <strong>di</strong> un modello sperimentale ed in seguito la<br />
produzione in serie dell’elicottero. Nell’ambito del progetto Eurom<strong>il</strong> le <strong>di</strong>tte<br />
russe hanno una possib<strong>il</strong>ità concreta <strong>di</strong> modernizzare la propria produzione<br />
secondo i criteri internazionali, offrendo a loro volta <strong>il</strong> proprio degree<br />
industriale e scientifico ai partner europei. Inoltre la polivalenza<br />
dell’elicottero Mi-38 è un buon incentivo per lo sv<strong>il</strong>uppo <strong>di</strong> tecnologie duali<br />
e per l’estensione delle potenzialità dell’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa al sistema<br />
economico 56 .<br />
Restano ancora aperti, però, <strong>di</strong>versi problemi relativi alla sicurezza e<br />
all’affidab<strong>il</strong>ità dell’investimento straniero in Russia. Lo stesso progetto<br />
Eurom<strong>il</strong> richiede una moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> accorgimenti e garanzie <strong>di</strong> tipo legale,<br />
finanziario, aziendale, non del tutto concretizzatisi e ciò desta non poche<br />
preoccupazioni per i partner europei. Tuttavia, la quantità e la qualità delle<br />
collaborazioni e dei contatti con i soggetti stranieri fanno pensare che <strong>il</strong> paese<br />
può ancora contare su un certo livello <strong>di</strong> interesse e considerazione sulla<br />
scena internazionale. Il che, certamente, rappresenta una buona<br />
precon<strong>di</strong>zione per l’aggancio a quella globalizzazione dell’industria <strong>della</strong><br />
<strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> cui si è detto sopra.<br />
Conclusioni<br />
Le caratteristiche <strong>della</strong> politica <strong>di</strong> Restrukturizacija avviata nel 1998, gli<br />
scopi che essa persegue e i principali approcci alla sua realizzazione rendono<br />
l’idea <strong>di</strong> un profondo cambiamento avviatosi nelle trasformazioni del<br />
complesso m<strong>il</strong>itare-industriale del paese rispetto ai primi anni <strong>della</strong><br />
233
Cristian Collina<br />
transizione, segnati dalle politiche <strong>di</strong> conversione. Un cambiamento che è<br />
un aspetto importante, benché finora poco considerato, del generale<br />
tentativo <strong>della</strong> Russia <strong>di</strong> riproporsi sulla scena internazionale come grande<br />
potenza, in una fase in cui i temi del riarmo e del confronto m<strong>il</strong>itare hanno<br />
ripreso vigore.<br />
I punti messi in risalto nella sezione de<strong>di</strong>cata agli approcci <strong>della</strong> nuova<br />
politica m<strong>il</strong>itare-industriale - <strong>il</strong> rafforzamento <strong>della</strong> presenza dello Stato<br />
negli assetti proprietari; la tendenza al merging; lo sv<strong>il</strong>uppo delle nuove<br />
tecnologie; la crescita dell’investimento nell’R&D; i vari sforzi per lo<br />
scambio <strong>di</strong> know how con soggetti stranieri - rendono possib<strong>il</strong>i alcune<br />
riflessioni. Innanzitutto, <strong>il</strong> paese intende riscoprire e rivalutare <strong>il</strong> capitale<br />
tecnologico e strategico che è concentrato nel VPK, fissando priorità e<br />
obiettivi <strong>di</strong> lungo periodo. In secondo luogo, nel fare ciò, l’attuale leadership<br />
politica prende atto degli errori e delle <strong>di</strong>sfunzioni del passato, in parte<br />
derivanti dagli insuccessi delle politiche <strong>di</strong> conversione, e cerca<br />
accuratamente <strong>di</strong> non ripeterli.<br />
Da un punto <strong>di</strong> vista generale, considerati gli obiettivi <strong>della</strong><br />
Restrukturizacija e i suoi aspetti attuativi, resterebbero da considerare le<br />
possib<strong>il</strong>ità che i risultati proposti stiano per essere conseguiti. In realtà la<br />
questione è molto complessa perché <strong>di</strong>versi problemi, alcuni dei quali sono<br />
stati brevemente accennati, rallentano o impe<strong>di</strong>scono l’ottenimento degli<br />
obiettivi. È necessario inoltre un periodo <strong>di</strong> osservazione più lungo per<br />
valutare i risultati <strong>di</strong> una politica <strong>di</strong> così ampio respiro. Tuttavia, sul piano<br />
politico si può sostenere che la Restrukturizacija ha contribuito a far sì che<br />
<strong>di</strong> fronte agli scenari aperti dall’11 settembre la Russia apparisse come un<br />
paese più pronto <strong>di</strong> quanto ci si potesse aspettare: pronto a schierarsi nella<br />
lotta incon<strong>di</strong>zionata al terrorismo; pronto a formare <strong>il</strong> consiglio Russia-<br />
Nato nel maggio 2002; pronto ad opporsi alla guerra degli USA in Iraq.<br />
Questa centralità è stata guadagnata dalla Russia, infatti, non solo in ragione<br />
dell’adozione <strong>di</strong> nuovi documenti <strong>di</strong> politica estera, strategica e m<strong>il</strong>itare, e<br />
dell’aumento <strong>della</strong> spesa m<strong>il</strong>itare ma anche del ritrovato interesse a dotare<br />
<strong>il</strong> paese <strong>di</strong> una moderna industria <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa e <strong>di</strong> un potenziale m<strong>il</strong>itare <strong>il</strong> più<br />
possib<strong>il</strong>e competitivo con quello delle gran<strong>di</strong> potenze.<br />
Con la Restrukturizacija <strong>il</strong> paese mira, dunque, a coa<strong>di</strong>uvare, la sua<br />
r<strong>il</strong>evanza politica con una cre<strong>di</strong>b<strong>il</strong>ità m<strong>il</strong>itare, basata non più solo su mere<br />
ragioni storiche, ma sul fatto che <strong>il</strong> paese ha agganciato per tempo la fase <strong>di</strong><br />
riarmo in corso dalla fine degli anni novanta. Se le soluzioni finora avviate<br />
sortiranno realmente i risultati strategici attesi si vedrà in futuro, ma è<br />
234
Oltre la Konversija<br />
comunque su questo riarmo e sulle modalità scelte nel conseguirlo che si<br />
giocherà gran parte <strong>di</strong> quel ritorno <strong>della</strong> Russia tra le gran<strong>di</strong> potenze, una<br />
volta cessata l’era <strong>della</strong> Konversija.<br />
Note al testo<br />
1 Per una lettura dei testi integrali dei due documenti: Rossijskaja Federacija, Voennaja<br />
Doktrina Rossijskoj Federacii, «Nezavisymmaja Gazeta» 22 apr<strong>il</strong>e, 2000 e Rossijskaja<br />
Federacija, Koncepcija Nacional’noj Bezopanosti Rossijskoj Federacii, «Rossijskaja Gazeta», 18<br />
gennaio, 2000.<br />
2 Su questi temi, tra gli autori pronunciatisi fin ora, si vedano R. WEBER, Swords Into Dow<br />
Shares: Governing The Decline Of The M<strong>il</strong>itary Industrial Complex, Westview Press, Boulder CO<br />
2000; A. SÁNCHEZ ANDRÉS, Privatization, Decentralization and Production adjustment in the<br />
Russian Defence Industry, «Europe Asia Stu<strong>di</strong>es», 52, n. 2, 1998.<br />
3 Ad esempio la principale produzione <strong>di</strong> conversione, dello stab<strong>il</strong>imento Chrunicev, legato<br />
all’omonimo centro <strong>di</strong> ricerca e progettazione, che produceva, tra gli altri generi aereo-spaziali,<br />
miss<strong>il</strong>i vettori Proton, <strong>di</strong>venta quella <strong>di</strong> biciclette, un bene a bassissimo contenuto tecnologico.<br />
L’argomento è ricostruito da Aleksandr Gol’c, in un articolo sulla «trappola <strong>della</strong> Conversione»:<br />
Konversionnaja lovuska dlja Primakova, «Itogi», 132, n. 42, 1 <strong>di</strong>cembre 1998.<br />
4 Si vedano i dati raccolti dal Stockolm International Peace Research Institute in SIPRI Yearbook<br />
2002, Oxford University Press, Oxford 2002. Per la cifra espressa in dollari usa, la conversione<br />
in dollari è basata sul sistema P.P.P (Purchasing Power Parity) . Per i dati relativi <strong>il</strong> 2002; SIPRI<br />
Yearbook 2003, Oxford University Press, Oxford 2003.<br />
5 Per una analisi dell’andamento <strong>della</strong> spesa m<strong>il</strong>itare in Russia, dal 1987 al 1997 si veda: J. Cooper,<br />
The m<strong>il</strong>itary expen<strong>di</strong>ture af the USSR and the Russian Federation, 1987-97, in SIPRI YearbooK<br />
1998, Oxford University Press, Oxford 1998.<br />
6 Per una rassegna e classificazione delle principali aree <strong>di</strong> crisi, <strong>della</strong> varietà <strong>di</strong> attori in essi coinvolti<br />
e le ripercussioni sul mercato d’armi nel corso degli anni novanta, si rinvia a B. TAYLOR SEYBOLT,<br />
Major armed conflicts in SIPRI Yearbook 2001, Oxford University Press, Oxford 2001.<br />
7 Questi dati e una descrizione degli sv<strong>il</strong>uppi dell’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa nei paesi più<br />
industrializzati, in R. FARAMAZJAN E V. BORISOV, Voennaja ekonomika: etapy razvitija i kontury<br />
buduscego, (L’economia m<strong>il</strong>itare: tappe <strong>di</strong> sv<strong>il</strong>uppo e contorni del futuro) «Mirovaja<br />
Ekonomika i Mezdunorodnye Otnosenija», n. 9, 2001.<br />
8 Sul commercio mon<strong>di</strong>ale delle armi nel dopo guerra fredda J. BOUT WELL, et alii, Lethal<br />
Commerce. The Global Trade in Small Arms and Light Weapons, American Academy of Arts and<br />
Sciences, Cambridge, Mass, 1995; G. BERTSCH, W. C. POTIER, Dangerous Weapons, Desperate<br />
States, Routhledge, New York 1999.<br />
235
Cristian Collina<br />
9 Una trattazione approfon<strong>di</strong>ta sulle forme <strong>di</strong> riorientamento, in una prospettiva comparata in:<br />
G. I. SUSMAN, S. O’KEEFE, The Defence Industry and the Post-Cold War Era: Corporative<br />
Strategies and Public Policy Perspective, Pergamon, Amsterdam 1998.<br />
10 Sulla conversione in USA e nel mondo, a cura del Bonn International Center for Conversion,<br />
Conversion Survery 2000-2002 (BICC), Momos Verlagsgesellschaft, Bonn 2000-2002. Per un<br />
b<strong>il</strong>ancio <strong>della</strong> conversione negli Usa invece: E. VASILEVSKIJ, SSA: Gosudarstvo i problema<br />
Konversii, (USA: lo Stato e <strong>il</strong> problema <strong>della</strong> Conversione) «Mirovaja Ekonomika i<br />
Mezdunorodnye Otnosenija», n. 4, 2000.<br />
11 Alcuni esempi concreti <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> produzione sono trattati brevemente in: A. SÁNCHEZ<br />
ANDRÉS, Restructuring the Defence Industry and Arms Production in Russia, «Europe Asia<br />
Stu<strong>di</strong>es», 52, n. 5, 2000.<br />
12 Per una panoramica delle potenzialità rappresentate dal VPK per <strong>il</strong> r<strong>il</strong>ancio dell’economia Russa<br />
e delle sua potenza m<strong>il</strong>itare V. RASSADIN, Sostojanie Voenno-Promyslennogo Kompleksa Rossii,<br />
(Situazione del Complesso M<strong>il</strong>itare-Industriale <strong>della</strong> Russia) «Voprosy Ekonomiki», n. 7, 1999.<br />
13 Su queste posizioni G. BERTSCH, W. C. POTIER, Dangerous Weapons, Desperate States,<br />
Routhledge, New York 1999.<br />
14 La tipologia, la consistenza e le caratteristiche <strong>della</strong> moderna industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa sono esposte<br />
in M. BRZOSKA, P. FRANKO, J. HUSBANDS, The Tipology of M<strong>il</strong>itary Assets, BICC, Bonn, 2000.<br />
15 Una recente ricostruzione dell’economia delle <strong>di</strong>fesa negli USA in D. GOLD, Defence Spen<strong>di</strong>ng<br />
and the US Economy, «Survival», 43, n. 3, 2001.<br />
16 Per la versione elettronica dei dati forniti dall’Agenzia, si consulti <strong>il</strong> sito: www.tsvpk.ru/eng/<br />
anaytic/sliders/1_1_ sr_3_eng.htm. I dati sono stati riportati in alcuni dei primi stu<strong>di</strong> sul tema,<br />
per un riscontro critico K. GONCHAR, Russia’s Defence Industry and Turn of the Century, BICC,<br />
Brief 17, Bonn, novembre 2000.<br />
17 In questo modo, molti osservatori internazionali al 2000 continuano a quantificare la<br />
consistenza dell’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa <strong>della</strong> Federazione Russa oltre le 1700 imprese, come A.<br />
SÁNCHEZ ANDRÉS, Restructuring the Defence Industry cit. e K. GONCHAR, Russia’s Defence<br />
Industry and Turn of the Century, BICC, Brief 17, Bonn, novembre 2000.<br />
18 Sul tema si veda la relazione curata da V. CUMIN, TC VPK, Mosca 30 gennaio 2000,<br />
<strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>e al sito: www.tsvpk.ru/analisys/cumin.html.<br />
19 Sulla necessità <strong>di</strong> recuperare l’escalation dominance, per mantenere lo status <strong>di</strong> Potenza si veda<br />
S. CIMBALA, Russia and Arms Persuasion, Rowman and Littlefield, Little Field, Lanham 2001.<br />
Mentre, per una panoramica <strong>della</strong> questione cecena, e i riflessi m<strong>il</strong>itari-industriali: G. CUFRIN,<br />
Russia: Separatism and Conflicts in the North Caucasus, in SIPRI Yearbook 2000, Oxford<br />
University Press, Oxford 2000.<br />
20 Sulla consistenza sistemica delle recenti politiche m<strong>il</strong>itari-industriali e l’abbandono <strong>di</strong><br />
approcci settoriali, in Russia e nel mondo F. SACHWALD, Defence Industry Restructuring: the End<br />
236
Oltre la Konversija<br />
of An Economic Exception, Collezione Les Notes de l’IFRI 15bis, E<strong>di</strong>zione IFRI (Institut Français<br />
des Relations Internationales), Parigi 1999.<br />
21 In particolare sul decisionismo del presidente Putin ed i suoi piani <strong>di</strong> riforma m<strong>il</strong>itare F.<br />
WALTER, Putin und das M<strong>il</strong>itär. Rußlands M<strong>il</strong>itärorganisation vor einer neunen Reformrunde,<br />
«Osteuropa» 12, <strong>di</strong>cembre, 2000.<br />
22 Ad esempio, se si vuole trasformare le imprese statali in società per azioni che combinino la<br />
partecipazione pubblica e quella privata, facendo prevalere talvolta la prima altre la seconda, è<br />
necessaria una legge sulle società per azioni, sulla partecipazione pubblica e sui <strong>di</strong>ritti dei privati<br />
che intervengono Il rior<strong>di</strong>no delle società per azioni è trattato in D. V. ZDANOV , Reorganizacija<br />
akcioniernych obscestv v Rossjskoj Federacii, (La riorganizzazione delle società per azioni nella<br />
Federazione Russa) Status, Moskva 2001.<br />
23 Alcuni titoli <strong>di</strong> agenzie informative e organi <strong>di</strong> stampa: Primakov: defence industry Russia’s<br />
locomotive, «Itar-Tass» 7 ottobre 1999; Putin: oboronnyi Kompleks-ekonomiceskom prioritetom,<br />
«Rossijskaja Gazeta», 11 novembre 1999.<br />
24 Questi argomenti sono sostenuti nel documento preparato dal ministero dell’Economia <strong>della</strong><br />
Federazione Russa per la Duma <strong>di</strong> Stato, sulla situazione generale del VPK, dopo la Conversione<br />
e le privatizzazioni, O polozenii del v Voenno-Promyslennom Komplekse (La situazione nel<br />
Complesso M<strong>il</strong>itare-Industriale), «Promyslennost’ Rossii», n. 8, agosto, 1998.<br />
25 Sul tema: K. GONCHAR, Russia’s Defence Industry at the Turn of the Century, BICC brief 17,<br />
Bonn, novembre 2000.<br />
26 Sulle modalità <strong>di</strong> partecipazione statale negli assetti proprietari delle imprese O.<br />
KUZNETSOVA, A. KUZNETSOVA, The State as a Shareholder: Responsab<strong>il</strong>ities and Objectives,<br />
«Europe Asia Stu<strong>di</strong>es» 51, n. 3, 1999.<br />
27 Precisamente si tratta <strong>della</strong> NPO Krasnaja Zarja <strong>di</strong> Pietroburgo, appartenente all’industria delle<br />
comunicazioni e <strong>della</strong> Chabarovskij Sudostroitel’nyi Zavod im. 60 letija SSSR <strong>di</strong> Chabarovsk del sottosettore<br />
marittimo. Questa precisazione è confermata, anche in A. SÁNCHEZ ANDRÉS, Restructuring<br />
the Defence Industry cit.<br />
28 Per un approccio territoriale alle ultime trasformazioni dell’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa russa A.<br />
IZUMOV, et alii, Market Reforms and Regional Differenentiation of Russian Defence Industry<br />
Enterprise, «Europe-Asia Stu<strong>di</strong>es», vol. 54, n. 6, 2002.<br />
29 Per un quadro generale dei guppi finanziari-industriali in Russia, in una prospettiva<br />
comparata E. LENSKY, V. CVETKOV, Finansovo-promyslennye gruppy: istoria sozdanija,<br />
mezdunorodnyi opyt, rossijskaja model’, (Gruppi finanziari-industriali: la storia, le esperienze<br />
internazionali, <strong>il</strong> modello russo) «Moskva», 1997.<br />
30 Sulle ragioni che spingono alla creazione <strong>di</strong> associations le imprese del settore m<strong>il</strong>itareindustriale<br />
S. TOLKACEV, Konkurentnye strategii rossijskich oboronnych kompanii, (Le strategie<br />
<strong>di</strong> concorrenza delle compagnie russe <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa), «Rossijskii Ekonomicski Zurnal», n. 1, 1998.<br />
237
Cristian Collina<br />
31 Si veda, a proposito B. MIL ’ NER, Krupnye korporacii - osnova pod ’’ ema i uskorennogo<br />
razvitija ekonomiki, (Le gran<strong>di</strong> corporations sono la base <strong>della</strong> ripresa e dello sv<strong>il</strong>uppo accelerato<br />
dell’economia), «Voprosy Ekonomiki», n. 9, 1998.<br />
32 Tra gli articoli <strong>della</strong> stampa russa sulle <strong>di</strong>fficoltà nella creazione <strong>di</strong> associations e nella<br />
Restrukturizcija nel settore dell’aviazione KONSTANTIN MAKIENKO, Russia in the Combat<br />
Aircraft Market, in «Russia/CIS Observer», July 2002.<br />
33 Sulla situazione generale <strong>della</strong> <strong>di</strong>tta MIG con particolare riferimento ai problemi del personale<br />
e <strong>della</strong> <strong>di</strong>rigenza K. MAKIENKO, Kadrovyj krisis v RSK MIG i problemy restrukturizacii oboronnoy<br />
promyslennosti Rossii, «Eksport Vooruzenij», novembre-<strong>di</strong>cembre, 1999.<br />
34 Per aggiornamenti anche recentissimi sulle vicende <strong>della</strong> RCA MIG si può consultare <strong>il</strong> sito:<br />
www.migavia.ru. Uno dei più recenti documenti ufficiali pubblicato anche sul sito e firmato<br />
dal <strong>di</strong>rettore generale è intitolato, appunto: RAC MIG is the first Russian vertically integrated<br />
aircraft manufactiring company, www.migavia.ru/mig-vic.htm.<br />
35 La propensione a trasferire competenze ad autorità civ<strong>il</strong>i ha fatto parlare ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong> una<br />
nuova ideologia nel VPK. Si veda, ad esempio: SERGEI SOJGU, Novaja ideologija dlja<br />
oboronnogo compleksa, in «Nezavisimoe Voennoe Obozrenie», 17-24 <strong>di</strong>cembre 1999.<br />
36 Nel 2000 <strong>il</strong> ministro è Aleksandr Dondukov, un uomo <strong>di</strong> esperienza nel campo m<strong>il</strong>itare-industriale.<br />
Dondukov è stato per molti anni <strong>di</strong>rettore generale del Design Bureau Jakovlëv, del settore aeronautico.<br />
Per una prima neutrale descrizione su questo trasferimento J. COOPER, Russian M<strong>il</strong>itary Expen<strong>di</strong>ture<br />
and Arms Production in, SIPRI Yearbook 2001, Oxford University Press, Oxford 2001.<br />
37 Per una rassegna <strong>di</strong> articoli delle più autorevoli testate russe sul tema «The Current Digest of<br />
The post-Soviet Press», 53, n. 13, 25 apr<strong>il</strong>e 2001.<br />
38 Su questo interessante argomento, si veda I. SAFRANCUK, M. POGORELIIJ, Sovremennaija<br />
rossiijskaja voennaja zurnalistika: opyt, problemy, prespektivy (Giornalismo m<strong>il</strong>itare russo<br />
contemporaneo: esperienze, problemi prospettive), Centr Anliza Strategiij i Technologiij<br />
(<strong>Centro</strong> Analisi sulle Strategie e sulle Tecnologie), Mosca 2002.<br />
39 Per una attenta classificazione delle tecnologie <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>i nel VPK, secondo questi tre tipi<br />
LJUDMILA BZILIANSKAJA, The Trasformation of Technological Capab<strong>il</strong>ities in Russian Defence<br />
Enterprises, with Special References to Dual-Use Technology in D. A. Dyker, The Technology of<br />
Transition, Central European University Press, Budapest 1997.<br />
40 Per una definizione <strong>di</strong> queste tecnologie ed <strong>il</strong> loro significato m<strong>il</strong>itare, soprattutto nei paesi<br />
occidentali W.A. SMIT, et alii, M<strong>il</strong>itary technology. Innovation and Stab<strong>il</strong>ity in a Changing<br />
World, VU University Press, Amsterdam 1990.<br />
41 Tra i titoli <strong>di</strong> agenzia sull’argomento: Russian S-400 air defence miss<strong>il</strong>es, «Interfax», 17 maggio<br />
1999; Russia boasts most sophisticated anti-aircraft system, «Itar-Tass», 20 agosto 1999.<br />
42 Sulle relazioni USA-Russia in materia nucleare e miss<strong>il</strong>istica dal dopo-URSS, C. BLUTH, The<br />
Nuclear Challenge: US-Russian Strategic Relations after the Cold War, Ashgate VII, Aldershot<br />
238
Oltre la Konversija<br />
2000 e J. MENDELSON, America, Russia and the Future of Arms Control, «Current History»,<br />
100, n. 648, ottobre 2001.<br />
43 Una rassegna aggiornata delle più recenti produzioni m<strong>il</strong>itari e duali in Russia è <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>e<br />
al sito: www.vor.ru/science/madeinrus/htm. Si tratta del sito internet <strong>della</strong> prima compagnia<br />
ra<strong>di</strong>ofonica <strong>di</strong> Stato: Voce <strong>della</strong> Russia, Golos Rossii, già Ra<strong>di</strong>o Moskva, Ra<strong>di</strong>o Mosca. La Voce<br />
<strong>della</strong> Russia cura una rubrica intitolata Sdelano v Rossii, de<strong>di</strong>cata interamente al made in Russia<br />
e accre<strong>di</strong>tata dalle autorità <strong>di</strong> governo.<br />
44 Sulle tecnologie duali a <strong>di</strong>sposizione <strong>della</strong> Russia e l’atteggiamento sul commercio interno ed<br />
internazionale: RFE, Ra<strong>di</strong>o Free Europe, A Dual Position on Dual Technology, «Security<br />
Watch», 2, n. 8, 5 marzo, 2001.<br />
45 Sul punto si veda: K. GONCHAR, Research and Development Conversion in Russia, BICC,<br />
Report 10, Bonn, 1997 e J. REPPY, Conversion of M<strong>il</strong>itary R&D, Macm<strong>il</strong>lan, Basingtoke 1998.<br />
46 Le negative ricadute del crollo <strong>della</strong> spesa m<strong>il</strong>itare in materia <strong>di</strong> R&D, e le mancate prospettive<br />
<strong>di</strong> conversione sono trattate in J. REPPY, Levels and trends in international spen<strong>di</strong>ng for m<strong>il</strong>itary<br />
R&D, in ID., Conversion of M<strong>il</strong>itary R&D cit.<br />
47 A tal proposito si veda V. BARANOVSKY , A. KAZIADINE, Russia: Arms Control, Disarmament<br />
and International Security, IMEMO, Mosca 2001.<br />
48 Il calcolo <strong>della</strong> spesa per <strong>il</strong> R&D in generale e m<strong>il</strong>itare in particolare è un’operazione molto<br />
complessa. Essa richiede dei sofisticati passaggi <strong>di</strong> aggregazione e <strong>di</strong>saggregazione dei dati resi<br />
ufficiali, dalle autorità <strong>di</strong> governo: dalla spesa per l’istruzione e la formazione a quella m<strong>il</strong>itare.<br />
I dati citati sono presi da SIPRI Yearbook 2000, Oxford University Press, Oxford 2000 e SIPRI<br />
Yearbook 2001, Oxford University Press, Oxford 2001.<br />
49 A tale proposito si vedano le considerazioni fatte dagli stu<strong>di</strong>osi dell’Istituto SIPRI nelle ultime<br />
e<strong>di</strong>zioni dell’annuario SIPRI, anche se dati certi ed ufficiali sulla quantità <strong>di</strong> impiegati effettivi<br />
nell’R&D <strong>della</strong> Federazione Russa non sono al momento <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>i. SIPRI Yearbook 2000, Oxford<br />
University Press, Oxford 2000 e SIPRI Yearbook 2001, Oxford University Press, Oxford 2001.<br />
50 Una descrizione delle più recenti forme <strong>di</strong> finanziamento nell’R&D e del caso <strong>di</strong> Tomsk in G.<br />
BARYSEVA, Investicii v naucno-obrazovatel’nyj komplkse (Gli investimenti nel complesso scientificoformativo),<br />
«Ekonomist», n. 9, 2001.<br />
51 Una descrizione delle attività e dell’attuale momento positivo del <strong>Centro</strong> Chrunicev in K.<br />
GONCHAR, Russia’s Defence Industry cit. e sul sito www.vpk.ru.<br />
52 Sull’importanza dell’investimento nell’R&D per la modernizzazione <strong>della</strong> Russia si veda N.<br />
SOKOV, Russian Strategic Modernisation: the Past and the Future, Rowman and Little Field,<br />
Lanham, MD, 2000.<br />
53 Il tema è ben affrontato, nelle sue linee generali in K. HAYWARD, The Globalisation of<br />
Defence Industries, «Survival», 42, n. 2, 2000.<br />
239
Cristian Collina<br />
54 Su queste posizioni si pone J. BECKER, The future of Atlantic Defence Procurement in A.R.<br />
MARKUSEN, J.S. COSTIGEN, Arming the Future: a Defence Industry for the 21st Century, Counc<strong>il</strong><br />
of Foreign Relations Press, New York 1999. Mentre, Keith Hayward, nell’articolo citato, si<br />
mantiene su posizioni meno futuriste e sostiene un certo limite alla globalizzazione<br />
dell’industria <strong>della</strong> <strong>di</strong>fesa, rappresentato dai governi nazionali.<br />
55 La lista è anche <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>e in rete alla pagina: www.fas.org/nuke/guide/russia/industry/docs/<br />
rus95/rdbd4ch9.htm<br />
56 Le informazioni sul progetto Eurom<strong>il</strong>, sono state prese da una relazione tecnico-commerciale<br />
redatta dalla stessa Eurom<strong>il</strong> e resa nota in inglese ed in russo, sotto forma <strong>di</strong> brochure, nel 2001.<br />
Il titolo <strong>della</strong> versione russa è: Mi-38 – vertalët novogo pokolenija (Mi-38 – elicottero <strong>di</strong> nuova<br />
generazione). Altre informazioni ed aggiornamenti si possono reperire al sito: www.agusta.it.<br />
Sullo scambio <strong>di</strong> tecnologie e know how <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa, nell’Europa Comunitaria e non S. BURKARD,<br />
From Cooperation to Integration: Defence and Aerospace Industries in Europe, Chialot Paper n. 40,<br />
WEU Institute for Security Stu<strong>di</strong>es, Paris, luglio 2000. A. ERIKSSON, J.HALLENGE, The<br />
Changing European Defence Industry Sector: Consequences for Sweden?, Report Acta B 12,<br />
National Defence College, Stoccolma 2000.<br />
240
I tedeschi scomparsi <strong>della</strong> Mitteleuropa<br />
<strong>di</strong> Giorgio Novello<br />
La Mitteleuropa perduta<br />
I tedeschi scomparsi <strong>della</strong> Mitteleuropa<br />
A prima vista, l’ampliamento dell’Unione Europea a <strong>di</strong>eci nuovi Paesi,<br />
otto dei quali ad est <strong>di</strong> Vienna, ha consentito alla Mitteleuropa <strong>di</strong><br />
sperimentare una sorte che raramente tocca ad un progetto sociale e politico:<br />
essere tradotto in realtà. Ma proprio <strong>il</strong> confronto con la realtà ne ha<br />
denunciato imme<strong>di</strong>atamente - ed impietosamente - l’inconsistenza. Pochi<br />
progetti, poche visioni sono al contempo così noti e forse abusati; irraggianti<br />
suggestione perenne e quasi dotati <strong>di</strong> una forza interna che coinvolge assieme<br />
ragione e sentimento; ma anche così indefiniti, forse intrinsecamente<br />
indefinib<strong>il</strong>i.<br />
Geograficamente, la Mitteleuropa gravita sì attorno ad un centro<br />
collocato tra Vienna, Budapest e Praga; ma i suoi confini rimangono<br />
fluttuanti, al punto che G. Konrad 1 è arrivato a ricomprendervi -<br />
generosamente - quanto si trova tra Berlino, Varsavia, Roma ed Atene.<br />
Meglio forse coor<strong>di</strong>nate non geografiche, come quelle, accattivanti,<br />
proposte da Guenther Schatzdorfer, per cui Mitteleuropa è (era) laddove<br />
«popoli e gruppi vivevano non solo vicino, ma confusi gli uni con gli altri,<br />
non si raggruppavano per affinità ideologiche, emotive o fisiche, e<br />
sperimentavano una identità collettiva anche al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> quello che li separava<br />
e li contrapponeva» 2 .<br />
Il concetto <strong>di</strong> Mitteleuropa è però nebuloso soprattutto nei contenuti.<br />
Ne sono state date, e continuano a darsene, letture profondamente <strong>di</strong>verse.<br />
Quella <strong>di</strong> gran lunga più nota, al punto da acquisire taluni tratti propri del<br />
mito (senza per questo essere l’unica possib<strong>il</strong>e o necessariamente la più<br />
accurata), vi vede l’archetipo stesso <strong>di</strong> una civ<strong>il</strong>tà sovranazionale europea.<br />
Archetipo concretizzatosi nell’Impero asburgico e in certi suoi valori, reali<br />
o ideali (la coesistenza in pari <strong>di</strong>gnità, un’amministrazione sostanzialmente<br />
efficiente ed imparziale, strumenti <strong>di</strong> identificazione collettiva <strong>di</strong>versi dallo<br />
241
Giorgio Novello<br />
Stato-nazione, fecon<strong>di</strong>tà culturale straor<strong>di</strong>naria anche perchè nutrita dagli<br />
apporti <strong>di</strong> esperienze svariate). Ma anche questa lettura positiva, incerta tra<br />
l’esperienza storica concreta e la sua idealizzazione, è un prodotto delle<br />
<strong>di</strong>fficoltà, delle angosce, delle incertezze tipiche <strong>di</strong> perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> transizione e<br />
<strong>della</strong> loro ricerca affannosa <strong>di</strong> riferimenti.<br />
Nel secolo appena passato questa visione <strong>della</strong> Mitteleuropa ha così<br />
vissuto due fioriture, tanto più spettacolari quanto più collegate al tramonto<br />
<strong>di</strong> un vecchio or<strong>di</strong>ne europeo ed alla faticosa emersione <strong>di</strong> uno nuovo. La<br />
prima affonda le ra<strong>di</strong>ci nella scomparsa dell’Austria imperiale e negli stenti<br />
degli Stati successori. Nostalgia, idealizzazione, rievocazione del passato,<br />
rimpianto, ne costituirono l’humus; ne furono i risultati una straor<strong>di</strong>naria<br />
letteratura e programmi politici es<strong>il</strong>i (anche se <strong>il</strong> movimento per la<br />
Paneuropa <strong>di</strong> Coudenhove-Kalergi conobbe a momenti una buona<br />
visib<strong>il</strong>ità) 3 . La seconda fioritura, culminata qualche anno fa e ora già<br />
conclusa, prelude alla <strong>di</strong>sgregazione dell’Impero sovietico, favorisce <strong>il</strong> crollo<br />
del totalitarismo, sfocia nella progressiva integrazione <strong>di</strong> nuovi Paesi nelle<br />
strutture dell’Europa occidentale.<br />
Tra le due, non molto in comune. La Mitteleuropa idealizzata del primo<br />
dopoguerra era <strong>il</strong> frutto dell’elaborazione <strong>di</strong> un lutto collettivo per la per<strong>di</strong>ta<br />
del «mondo <strong>di</strong> ieri» <strong>di</strong> Zweig, si incarnava nel «mito asburgico» <strong>di</strong> Magris 4<br />
colorato dalla nostalgia per un or<strong>di</strong>ne occhiuto e rigido ma non privo <strong>di</strong><br />
aspetti positivi, tanto più rimpianti quanto più le vicende del tempo<br />
apparivano oscure; mito letterario appunto, non proposta politica. Nel<br />
dopo-guerra fredda, la Mitteleuropa è recuperata al servizio <strong>di</strong> una visione<br />
che matura progressivamente; che si ripropone all’inizio in larga misura <strong>di</strong><br />
nuovo attraverso l’opera <strong>di</strong> letterati, da Kundera a Konrad a M<strong>il</strong>osz 5 ; che<br />
sfocia presto anche in iniziative politiche quali la cooperazione<br />
interregionale Alpe-Adria, fondata a Venezia nell’autunno del 1978 o, più<br />
significativamente, l’allora Quadrangolare tra Italia, Austria, Iugoslavia ed<br />
Ungheria, lanciata a Budapest nel 1989; e che finisce con l’approdare<br />
all’Unione Europea proprio quando lo scrittore Havel conclude <strong>il</strong> suo<br />
mandato <strong>di</strong> presidente <strong>della</strong> Repubblica Ceca.<br />
Le due fasi sono così per alcuni versi, al <strong>di</strong> là delle analogie generiche e<br />
delle comuni suggestioni, irriconc<strong>il</strong>iab<strong>il</strong>i: la seconda fioritura non è una<br />
rie<strong>di</strong>zione aggiornata <strong>della</strong> prima. Tra le due, la cesura fondamentale <strong>della</strong><br />
seconda guerra mon<strong>di</strong>ale e delle sue conseguenze.<br />
L’Unione Europea ampliata ha recuperato taluni elementi essenziali<br />
<strong>della</strong> prima idea <strong>di</strong> Mitteleuropa, in particolare uno spazio globale <strong>di</strong> libera<br />
242
I tedeschi scomparsi <strong>della</strong> Mitteleuropa<br />
circolazione; un quadro unitario per la sicurezza; un or<strong>di</strong>namento con<br />
alcune caratteristiche <strong>di</strong> sovranazionalità. Ma restano irrime<strong>di</strong>ab<strong>il</strong>i,<br />
perlomeno per <strong>il</strong> futuro preve<strong>di</strong>b<strong>il</strong>e, le lacerazioni sociali e culturali che <strong>il</strong><br />
secondo confitto mon<strong>di</strong>ale ha inferto ad altre sue componenti essenziali.<br />
Karl Schloegel 6 sottolinea in particolare la per<strong>di</strong>ta <strong>della</strong> presenza cap<strong>il</strong>lare<br />
<strong>di</strong> ebrei e tedeschi nei Paesi dell’Europa centrale e orientale. Per<strong>di</strong>ta tanto<br />
più grave, si è tentati <strong>di</strong> aggiungere, e tanto più incomprensib<strong>il</strong>e nella sua<br />
genesi, quanto più erano significativi alcuni legami tra i due gruppi. Basti<br />
citare anche solo l’uso dell’yid<strong>di</strong>sch nel «regno» ebraico <strong>di</strong> Polonia e Lituania<br />
e oltre, che nonostante i tanti ebraismi lessicali resta una lingua germanica,<br />
e l’identificazione degli ambienti citta<strong>di</strong>ni ebraici <strong>di</strong> Boemia e Moravia con<br />
la lingua e la cultura tedesca.<br />
Il parallelo <strong>di</strong> Schloegel non deve naturalmente indurre a confondere<br />
esperienze storiche profondamente <strong>di</strong>verse nella loro genesi, nelle loro<br />
conseguenze, nelle responsab<strong>il</strong>ità. Ma può essere riproposto in una certa<br />
misura anche al periodo <strong>della</strong> guerra fredda, allorchè, <strong>di</strong> fronte al<br />
consolidamento dei nuovi regimi, i pochi rimasti <strong>di</strong> entrambi i gruppi<br />
dovettero affrontare <strong>di</strong>fficoltà in parte comparab<strong>il</strong>i. Gabriele Eschenazi e<br />
Gabriele Nissim sottolineano l’angustia degli spazi <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>i oltrecortina<br />
agli ebrei superstiti, spesso tollerati a livello in<strong>di</strong>viduale solo ponendo la<br />
sor<strong>di</strong>na alla loro <strong>di</strong>mensione collettiva, <strong>di</strong>venendo così sempre più<br />
atomizzati, sempre più «invisib<strong>il</strong>i» 7 . Un destino per alcuni tratti non<br />
<strong>di</strong>ssim<strong>il</strong>e da quello dei pochi tedeschi rimasti nell’Europa centro-orientale<br />
dopo l’esodo <strong>di</strong> do<strong>di</strong>ci m<strong>il</strong>ioni <strong>di</strong> loro verso Germania ed Austria. Anch’essi<br />
<strong>di</strong>vennero «invisib<strong>il</strong>i», conservando semmai la loro germanicità a titolo<br />
in<strong>di</strong>viduale ma non più <strong>di</strong> minoranze nazionali, d<strong>il</strong>uendosi così quasi<br />
completamente nel resto <strong>della</strong> popolazione, sotto <strong>il</strong> peso storico <strong>di</strong> una<br />
presunta colpa collettiva e <strong>il</strong> peso materiale <strong>della</strong> cortina <strong>di</strong> ferro. Cortina che<br />
peraltro paradossalmente contribuì a preservare una parvenza <strong>di</strong> vita per<br />
alcune collettività, che alla sua caduta furono poi falci<strong>di</strong>ate da una vera e<br />
propria fuga verso la Repubblica Federale.<br />
Qualche cifra. Nella Romania del 1930, i 750.000 tedeschi costituivano<br />
oltre <strong>il</strong> quattro per cento <strong>della</strong> popolazione; erano ancora 120.000 nel 1992,<br />
ma solo 95.000 nel 1997. In altri Paesi la cesura <strong>della</strong> guerra fu ancor più<br />
brutale. Se in Cecoslovacchia nel 1938 i tedeschi costituivano un quarto<br />
<strong>della</strong> popolazione, erano già scesi all’ 1,3 per cento nel 1950 e allo 0,4 nel<br />
1980 8 , mentre al censimento del 2001 le persone <strong>di</strong>chiaratesi <strong>di</strong> lingua<br />
tedesca sono state in tutto 38.000. Diffic<strong>il</strong>e un confronto tra la situazione<br />
243
Giorgio Novello<br />
attuale e quella prebellica per la Polonia, per lo spostamento del suo<br />
territorio verso ovest dovuto alla cessione all’Unione Sovietica <strong>di</strong> aree a<br />
predominanza ucraina e bielorussa e all’incorporazione <strong>di</strong> regioni <strong>di</strong> antico<br />
inse<strong>di</strong>amento tedesco. Ma all’interno delle frontiere polacche del 1939<br />
vivevano probab<strong>il</strong>mente ottocentom<strong>il</strong>a tedeschi 9 .<br />
244<br />
Do<strong>di</strong>ci m<strong>il</strong>ioni <strong>di</strong> profughi: davvero un tema «nuovo»?<br />
Do<strong>di</strong>ci m<strong>il</strong>ioni <strong>di</strong> germanofoni invece furono espulsi e si trasferirono in<br />
Austria e Germania. Quelli inse<strong>di</strong>atisi nella DDR vennero rapidamente<br />
assim<strong>il</strong>ati in uno Stato che fin dal Trattato <strong>di</strong> Goerlitz del 1950 aveva voluto,<br />
o dovuto, riconoscere l’Oder-Neisse come nuova frontiera con la Polonia e<br />
che, nel sistema del patto <strong>di</strong> Varsavia, non poteva riconoscere loro<br />
un’autonoma visib<strong>il</strong>ità. Gli esuli hanno invece arrecato un contributo<br />
significativo, come singoli ma anche collettivamente, allo straor<strong>di</strong>nario<br />
r<strong>il</strong>ancio economico e sociale <strong>della</strong> Repubblica Federale. Le straor<strong>di</strong>narie<br />
conquiste <strong>della</strong> Germania «renana» (<strong>il</strong> progresso economico e la maturità<br />
democratica basata sull’economia sociale <strong>di</strong> mercato; un federalismo vitale;<br />
un convinto europeismo) sono così in qualche modo da ascrivere all’intero<br />
popolo tedesco, non solo alla sua componente occidentale. Schloegel ha<br />
scritto pagine toccanti sull’arricchimento culturale che i profughi dell’Est<br />
apportarono al piccolo v<strong>il</strong>laggio svevo <strong>della</strong> sua infanzia, attraverso persone<br />
dai mo<strong>di</strong> sofisticati, giunte da città dai nomi esotici e favolosi, quasi un<br />
anticipo e una promessa delle meraviglie del mondo al <strong>di</strong> là dei limiti angusti<br />
<strong>della</strong> provincia.<br />
Ma l’integrazione è stata <strong>di</strong>suguale e <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e. Da qui anche la spinta ad<br />
un forte associazionismo: la Bund der Vertriebenen (associazione dei<br />
profughi), esistente dai primi anni cinquanta, non solo afferma oggi <strong>di</strong><br />
rappresentare ancora 15 m<strong>il</strong>ioni <strong>di</strong> persone e <strong>di</strong> avere due m<strong>il</strong>ioni <strong>di</strong> iscritti,<br />
ma <strong>di</strong> guardare al futuro (ne è ad esempio presidente Erika Steinbach,<br />
parlamentare CDU nata dopo la guerra). Associazionismo rafforzatosi in<br />
parte anche come reazione alla politica <strong>di</strong> assim<strong>il</strong>azione forzata perseguita in<br />
un primo tempo dagli Alleati, riuscendo a porre in essere non solo, per brevi<br />
attimi ricorrenti, un «surrogato <strong>di</strong> patria» (Heimatersatz) in occasione degli<br />
incontri perio<strong>di</strong>ci, ma anche un efficace strumento <strong>di</strong> mutua assistenza e un<br />
canale <strong>di</strong> lobby politica. Tra i risultati più significativi così ottenuti (<strong>di</strong><br />
grande importanza anche psicologica) figura la «solidarietà <strong>di</strong> fronte agli
I tedeschi scomparsi <strong>della</strong> Mitteleuropa<br />
oneri <strong>della</strong> guerra» (Lastenausgleich), lanciata nella Repubblica Federale nei<br />
primi anni cinquanta dopo accesi <strong>di</strong>battiti. Tale «solidarietà» si concretizzò<br />
in particolare in una legge del 1952 (aggiornata una trentina <strong>di</strong> volte negli<br />
anni successivi) a favore <strong>di</strong> otto m<strong>il</strong>ioni <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>ni particolarmente colpiti<br />
dagli eventi bellici e dei do<strong>di</strong>ci m<strong>il</strong>ioni <strong>di</strong> profughi, finanziata con imposte<br />
ad<strong>di</strong>zionali sul red<strong>di</strong>to e misure patrimoniali una tantum. Il programma<br />
perse parte <strong>della</strong> sua r<strong>il</strong>evanza nel contesto del miracolo economico; fu<br />
avviato troppo tar<strong>di</strong> per farne beneficiare i profughi più anziani; risarcì non<br />
più del 22 per cento delle per<strong>di</strong>te patrimoniali denunciate. Nonostante<br />
tutto, fino al 1993 furono erogati centoquaranta m<strong>il</strong>ioni <strong>di</strong> marchi tedeschi:<br />
<strong>il</strong> trasferimento finanziario più elevato nella storia tedesca prima <strong>di</strong> quelli a<br />
favore dell’ex-DDR 10 .<br />
In Austria invece si inse<strong>di</strong>ò un numero ridotto <strong>di</strong> profughi; pochi anche<br />
tenuto conto delle <strong>di</strong>mensioni del Paese. Tra le cause, la parziale occupazione<br />
sovietica, <strong>il</strong> ritardato recupero <strong>della</strong> sovranità nazionale, le limitate capacità <strong>di</strong><br />
assorbimento dell’economia, le reticenze del governo (in particolare a<br />
concedere la citta<strong>di</strong>nanza a coloro che pure erano stati per la stragrande<br />
maggioranza austriaci fino al 1918) dovuto, per molti osservatori, al forte<br />
<strong>di</strong>sagio <strong>di</strong> fronte alle vicende intercorse tra <strong>il</strong> 1934 e la fine <strong>della</strong> guerra. Agli<br />
inizi degli anni cinquanta erano rimasti in Austria poco più <strong>di</strong> 380.000<br />
profughi, dei quali circa 150.000 dalla Cecoslovacchia, <strong>di</strong>ecim<strong>il</strong>a da territori<br />
polacchi o territori del Reich trasferiti all’amministrazione polacca, e per <strong>il</strong><br />
resto quasi tutti dai territori del vecchio Impero. E all’epoca solo poco più <strong>di</strong><br />
90.000 avevano ottenuto la citta<strong>di</strong>nanza austriaca 11 . L’influenza delle<br />
associazioni dei profughi sulla politica austriaca è stata quin<strong>di</strong> molto minore<br />
che in Germania. A partire dal suo presidente Gerhard Zeihsel, <strong>di</strong>versi<br />
esponenti <strong>della</strong> SLO (Sudetendeutsche Landsmannschaft Oesterreich) sono<br />
vicini ai «liberali» già guidati da Haider. Risale comunque al 1996 (e quin<strong>di</strong><br />
ancora all’epoca <strong>della</strong> «grosse Koalition» tra popolari e socialdemocratici) la<br />
concessione <strong>di</strong> una sede a Vienna: una Haus der Heimat («casa <strong>della</strong> Patria»:<br />
ma <strong>il</strong> termine Heimat è intraducib<strong>il</strong>e, allude alla tenerezza per i luoghi<br />
dell’infanzia) che ospita oggi otto associazioni territoriali <strong>di</strong> profughi dalle<br />
<strong>di</strong>verse parti dell’Impero asburgico. Ma la visib<strong>il</strong>ità al <strong>di</strong> fuori <strong>della</strong> cerchia dei<br />
<strong>di</strong>retti interessati resta limitata.<br />
Ciò non toglie che l’Austria, soprattutto dopo i sommovimenti europei<br />
dei primi anni novanta, abbia perseguito con qualche successo una politica<br />
<strong>di</strong> attenzione anche verso talune minoranze superstiti dei paesi centroeuropei.<br />
È <strong>il</strong> caso in particolare <strong>della</strong> Slovenia, dove fino al 1945 vivevano<br />
245
Giorgio Novello<br />
poco meno <strong>di</strong> sessantam<strong>il</strong>a germanofoni poi espulsi quasi tutti dal governo<br />
provvisorio iugoslavo che configuravano a loro carico una colpa collettiva;<br />
oggi ne restano 1.800. Colloqui avviati a Vienna dai rispettivi ministri degli<br />
Esteri alla fine degli anni novanta condussero al riconoscimento sloveno<br />
dell’incompatib<strong>il</strong>ità <strong>della</strong> colpa collettiva con gli standard giuri<strong>di</strong>ci attuali,<br />
tanto da poter anche ipotizzare specifici «interventi correttivi» in casi singoli<br />
(oggi sono un centinaio i casi in esame), e al riconoscimento austriaco che<br />
la questione non avrebbe posto ostacoli all’adesione <strong>di</strong> Lubiana all’Unione<br />
europea. L’accordo culturale del 30 apr<strong>il</strong>e 2001 riconobbe i germanofoni <strong>di</strong><br />
Slovenia come «gruppo etnico» (ma non come «minoranza nazionale», come<br />
è <strong>il</strong> caso degli ungheresi e degli italiani dei tre comuni costieri <strong>di</strong> Capo<strong>di</strong>stria,<br />
Isola e Pirano) 12 .<br />
Nel periodo imme<strong>di</strong>atamente precedente l’ampliamento dell’Unione<br />
Europea, l’espulsione dei tedeschi dall’Europa centro-orientale è tornata<br />
alla ribalta ed ha sollevato forti polemiche. Me<strong>di</strong>a e commentatori si sono<br />
concentrati soprattutto sui tre m<strong>il</strong>ioni e mezzo espulsi dalla Cecoslovacchia<br />
(noti collettivamente, ed impropriamente, come «Sudeti») sulla base <strong>di</strong><br />
alcuni decreti del presidente cecoslovacco Benes. Decreti <strong>di</strong> cui alcuni<br />
chiedono ora l’abrogazione, vuoi a titolo <strong>di</strong> riparazione simbolica vuoi anche<br />
in vista <strong>di</strong> risultati concreti (recupero <strong>di</strong> beni, indennizzi); altri <strong>il</strong><br />
mantenimento, in quanto costituirebbero altrettanti elementi strutturali<br />
<strong>della</strong> compagine statuale ceca. Decreti che in ogni caso sono assurti a<br />
simbolo per gli uni delle ingiustizie patite dai do<strong>di</strong>ci m<strong>il</strong>ioni <strong>di</strong> germanofoni<br />
sra<strong>di</strong>cati dalle loro terre dopo la seconda guerra mon<strong>di</strong>ale, per gli altri <strong>della</strong><br />
volontà del ricomposto Stato cecoslovacco (e <strong>di</strong> altri già occupati dal Reich)<br />
<strong>di</strong> garantire la propria sopravvivenza.<br />
Ma in realtà i profughi non hanno mai cessato <strong>di</strong> costituire un elemento<br />
<strong>di</strong> r<strong>il</strong>ievo nelle società tedesca ed austriaca. Non è quin<strong>di</strong> del tutto corretto<br />
parlare <strong>di</strong> una «riemersione» del tema, <strong>di</strong> una sua «riscoperta» ad opera<br />
magari <strong>di</strong> fattori puntuali come i servizi del settimanale tedesco «Der<br />
Spiegel» <strong>della</strong> primavera del 2002 o <strong>il</strong> romanzo <strong>di</strong> Guenther Grass Im<br />
Krebsgang 13 (che per <strong>il</strong> solo fatto <strong>di</strong> trattare dell’affondamento <strong>di</strong> una nave<br />
tedesca che nel 1945 trasportava migliaia <strong>di</strong> profughi dalla Prussia è stato<br />
salutato dalla critica come un «coraggioso» passo verso <strong>il</strong> riesame del passato;<br />
ma che in realtà conc<strong>il</strong>ia spunti «audaci» con <strong>il</strong> rispetto del «politicamente<br />
corretto»). Vi è stata piuttosto una straor<strong>di</strong>naria serie <strong>di</strong> coincidenze, che ha<br />
acuito le sensib<strong>il</strong>ità e ha richiamato l’attenzione (questo sì è un elemento<br />
nuovo) <strong>della</strong> comunità internazionale sui «decreti Benes»: le campagne<br />
246
I tedeschi scomparsi <strong>della</strong> Mitteleuropa<br />
elettorali del 2002 in Germania, in Austria, nella Repubblica Ceca; <strong>il</strong><br />
presidente <strong>della</strong> Baviera, la regione tedesca in cui più forte è l’influenza delle<br />
associazioni degli esuli, nel ruolo <strong>di</strong> can<strong>di</strong>dato alla Cancelleria; e appunto lo<br />
scorcio conclusivo dei negoziati per l’ampliamento dell’Unione Europea.<br />
Per molti osservatori hanno avuto un peso decisivo certe continuità tra<br />
alcune espressioni delle associazioni dei profughi e ambiti politici populisti<br />
e ra<strong>di</strong>cali gratificati da affermazioni elettorali significative. È questo <strong>il</strong> caso<br />
dei summenzionati «liberali» austriaci e del loro ingresso nel governo, con<br />
i popolari, dopo la vittoria elettorale del 2000. Nell’accordo programmatico<br />
tra i due partiti (Koalitionsabkommen) del 1° Febbraio 2000, <strong>il</strong> nuovo<br />
governo austriaco si impegnava tra l’altro al perseguimento <strong>di</strong> una soluzione<br />
appropriata (sachgerechte Loesung) anche per le popolazioni <strong>di</strong> lingua tedesca<br />
sra<strong>di</strong>cate dalle loro zone <strong>di</strong> inse<strong>di</strong>amento in Slovenia e Repubblica Ceca.<br />
Ancora <strong>il</strong> 9 marzo 2002, <strong>il</strong> cancelliere Schuessel riteneva che le conseguenze<br />
delle espulsioni da quest’ultimo Paese andassero risolte prima dell’ingresso<br />
<strong>di</strong> Praga nell’Unione. Già con la secca sconfitta dei liberali alle elezioni del<br />
novembre 2002 si era peraltro registrato un ri<strong>di</strong>mensionamento dei toni del<br />
<strong>di</strong>battito 14 .<br />
In Germania, peraltro, rimangono isolate le posizioni ra<strong>di</strong>cali dei piccoli<br />
partiti <strong>di</strong> estrema destra (pari nel complesso a pochi punti percentuali<br />
dell’elettorato e per <strong>di</strong> più molto <strong>di</strong>visi); e questo anche per l’azione<br />
moderatrice <strong>della</strong> CSU bavarese che, nel suo ruolo incontestato <strong>di</strong> partito <strong>di</strong><br />
riferimento dei Sudeti, <strong>il</strong> gruppo più compatto e più influente dei profughi,<br />
ne ha storicamente recuperato l’associazionismo ad un pieno gioco<br />
democratico. Nel Bund der Vertriebenen tedesco hanno del resto convissuto<br />
e convivono <strong>di</strong>verse anime: presidente ne fu ad esempio, tra <strong>il</strong> 1964 e la<br />
morte prematura nel 1966, quel Wenzel Kaksch già a capo dei<br />
socialdemocratici tedeschi <strong>di</strong> Cecoslovacchia ed interlocutore priv<strong>il</strong>egiato<br />
del presidente Benes sulle minoranze ai tempi del comune es<strong>il</strong>io lon<strong>di</strong>nese.<br />
Resta, come si è detto, una nuova consapevolezza <strong>della</strong> comunità<br />
internazionale, favorita dalle recenti evoluzioni a livello continentale. Nulla<br />
<strong>di</strong> veramente nuovo, del resto: sul tema, i rapporti degli Stati tedeschi con<br />
i Paesi <strong>di</strong> origine degli esuli sono sempre stati influenzati in modo decisivo<br />
dalle con<strong>di</strong>zioni internazionali via via esistenti. <strong>Del</strong>la DDR si è detto:<br />
all’interno del blocco orientale <strong>il</strong> tema non aveva <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>nanza.<br />
L’Austria neutrale capitalizzava una collocazione favorevole tra i due<br />
blocchi, pagandola anche con un oblio <strong>di</strong> decenni. La Repubblica Federale,<br />
nei limiti delle sue possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> movimento, condusse una Ost-Politik che,<br />
247
Giorgio Novello<br />
tra la fine degli anni sessanta e i primi anni settanta, si tradusse sì in una serie<br />
<strong>di</strong> intese con i Paesi del blocco socialista, ma le cui priorità erano da un lato<br />
la sicurezza (pagata anche col riconoscimento delle nuove frontiere orientali,<br />
come nel caso del trattato con la Polonia nel 1970), dall’altro con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />
vita meno <strong>di</strong>sagevoli per i tedeschi <strong>di</strong> oltre cortina (da cui la coesistenza con<br />
la DDR <strong>di</strong> cui agli accor<strong>di</strong> del 1971 e 1972; e semmai concessioni quali <strong>il</strong><br />
trasferimento verso la Repubblica Federale <strong>di</strong> 120.000 polacchi «appartenenti<br />
incontestab<strong>il</strong>mente al gruppo etnico tedesco» <strong>di</strong> cui al secondo trattato<br />
tedesco-polacco del 1975) 15 .<br />
La fine <strong>della</strong> guerra fredda ha sciolto <strong>il</strong> corsetto entro <strong>il</strong> quale tali rapporti<br />
erano ingessati, ma <strong>di</strong> per sè non ha riacutizzato la consapevolezza sul tema.<br />
Né lo ha fatto, <strong>di</strong> per sè, la riunificazione <strong>della</strong> Germania, che pure aveva<br />
brevemente fatto balenare lo spettro <strong>di</strong> un’«Europa tedesca». Se ne è<br />
appunto ripreso coscienza con la prospettiva del recupero <strong>della</strong> Mitteleuropa<br />
da parte dell’Europa «occidentale».<br />
R<strong>il</strong>evanza reale del tema, dunque; ma anche, come si è detto,<br />
sovraesposizione me<strong>di</strong>atica che, poco prima dell’ampliamento dell’Unione<br />
Europea, aveva ad<strong>di</strong>rittura indotto <strong>di</strong>versi commentatori a vedere rischi non<br />
solo per le relazioni b<strong>il</strong>aterali tra gli Stati interessati, ma per gli stessi equ<strong>il</strong>ibri<br />
continentali («le contentieux des Sudetes empoisonne l’Europe centrale»: così<br />
«Le Monde» del 27 marzo 2002).<br />
Una lettura più serena avrebbe dovuto condurre subito a conclusioni<br />
<strong>di</strong>verse. Avrebbe dovuto in particolare collocare l’improvvisa riacutizzazione<br />
del tema, a livello interno ed internazionale, nella prospettiva positiva del<br />
recupero <strong>della</strong> Mitteleuropa, ed in<strong>di</strong>care la raggiunta maturità dei tempi per<br />
<strong>il</strong> compimento <strong>di</strong> una tappa ulteriore verso quella definizione completa del<br />
passato che durante la guerra fredda ha potuto aver luogo solo in modo parziale<br />
e <strong>di</strong>somogeneo: buono ad esempio per i profughi dalla Polonia, meno buono<br />
per gli esuli dalla Repubblica Ceca.<br />
Certo, <strong>il</strong> tema resta complesso. Lo confermano in particolare le vicende<br />
- per tanti versi para<strong>di</strong>gmatiche - dei tedeschi <strong>di</strong> Boemia e Moravia, i<br />
cosiddetti Sudeti (da alcune zone <strong>di</strong> loro più forte inse<strong>di</strong>amento). Vicende<br />
contrad<strong>di</strong>stinte da complessità e stratificazioni tali da rendere ragione<br />
dell’emotività <strong>di</strong> certe persistenti prese <strong>di</strong> posizione, e da confermare<br />
l’impossib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> composizioni durevoli basate solo sul piano giuri<strong>di</strong>co o<br />
sulla sola <strong>di</strong>mensione b<strong>il</strong>aterale. Più che nell’inconc<strong>il</strong>iab<strong>il</strong>ità attuale delle<br />
posizioni sui punti specifici, <strong>il</strong> vero, forte ostacolo resta l’inconc<strong>il</strong>iab<strong>il</strong>ità<br />
delle visioni che le <strong>di</strong>verse parti in causa hanno <strong>della</strong> storia passata.<br />
248
I tedeschi dei Sudeti: una vicenda senza confronti<br />
I tedeschi scomparsi <strong>della</strong> Mitteleuropa<br />
È dunque ut<strong>il</strong>e richiamare taluni aspetti specifici proprio delle vicende<br />
dei tedeschi dei Sudeti. La stessa immagine <strong>di</strong> questi ultimi come gruppo<br />
etnico compatto, contrad<strong>di</strong>stinto da una cultura unitaria e da una storia<br />
comune, è fuorviante. I Sudeti sono <strong>di</strong>ventati tali, paradossalmente, dopo e<br />
«grazie» all’espulsione, trovando nella sofferenza comune, e poi nella intensa<br />
vita associativa nell’es<strong>il</strong>io, fondamenti <strong>di</strong> un’indentità collettiva in<br />
precedenza molto più es<strong>il</strong>e.<br />
Manfred Alexander 16 definisce «un’astrazione» lo stesso concetto <strong>di</strong> una<br />
minoranza tedesca in Cecoslovacchia. Accanto ad inse<strong>di</strong>amenti compatti<br />
nella Boemia del Nord e del Nord-Ovest (Reichenberg, Egeraln), vi erano<br />
inse<strong>di</strong>amenti citta<strong>di</strong>ni (a Praga a Brno/Bruenn) dove cechi e tedeschi<br />
convivevano, in cui parte <strong>della</strong> popolazione era mist<strong>il</strong>ingue, in cui era forte<br />
la presenza <strong>di</strong> ebrei germanofoni. L’atteggiamento politico era <strong>di</strong><br />
conseguenza variegato: convivenza più o meno pacifica nelle gran<strong>di</strong> città;<br />
annessione alla Cecoslovacchia vissuta come un «incubo permanente» nei<br />
territori già appartenuti al Reich tedesco (hultinische Laendchen). Da qui la<br />
contrapposizione tra «attivisti», sostenitori <strong>di</strong> una collaborazione leale con<br />
le autorità centrali, e «negazionisti», questi ultimi in grado <strong>di</strong> bloccare fino<br />
al 1926 la partecipazione <strong>di</strong> partiti tedeschi al governo.<br />
Ed infatti, come in un gioco <strong>di</strong> scatole cinesi, le relazioni tedesco-ceche<br />
relative al nostro tema rinviano sempre ad un piano ulteriore. Le polemiche<br />
più recenti hanno tratto fac<strong>il</strong>e alimento da <strong>di</strong>chiarazioni forti <strong>di</strong> varia<br />
provenienza, che a prima vista posso sconcertare. Molto citata è stata<br />
l’esternazione dell’ex-premier socialdemocratico ceco M<strong>il</strong>os Zeman, che ha<br />
definito i Sudeti «la quinta colonna <strong>di</strong> Hitler». Ma anche da parte tedesca,<br />
e da parte <strong>di</strong> insospettab<strong>il</strong>i e qualificati quoti<strong>di</strong>ani nazionali, sono state<br />
pubblicate rivisitazioni emotive del ruolo storico <strong>di</strong> Benes, riprendendo certi<br />
vecchi stereotipi per cui <strong>il</strong> «peccato originale» dello Stato cecoslovacco nei<br />
confronti dei tedeschi sarebbe stato pagato col colpo <strong>di</strong> Stato comunista a<br />
Praga del febbraio 1948 e, nel 1992, con la frattura tra Repubblica Ceca e<br />
Slovacchia. Insomma, un Benes che sarebbe stato «vittima dei fantasmi del<br />
comunismo che lui stesso aveva evocato» («Die Woche») ma anche «un<br />
freddo despota» («Frankfurter Allgemeine Zeitung»).<br />
L’occasione prossima <strong>della</strong> controversia è stata data naturalmente dagli<br />
interrogativi sulla compatib<strong>il</strong>ità o meno dei decreti Benes con l’acquis<br />
dell’Unione Europea, che la Repubblica Ceca, al pari degli altri can<strong>di</strong>dati,<br />
249
Giorgio Novello<br />
ha recepito prima dell’adesione. Da qui ripetute analisi giuri<strong>di</strong>che sulla<br />
natura dei decreti, sulla loro attuale configurab<strong>il</strong>ità come <strong>di</strong>ritto tuttora<br />
esistente, sulla loro idoneità a produrre ancora effetti giuri<strong>di</strong>ci, sulla<br />
necessità o meno <strong>di</strong> un atto <strong>di</strong> abrogazione da parte delle autorità ceche. Sul<br />
tema si sono avute pronunce del Parlamento e <strong>della</strong> Commissione europei 17 ,<br />
che non hanno considerato la loro abrogazione come prerequisito per<br />
l’accessione <strong>della</strong> Repubblica Ceca. Di avviso opposto i pareri chiesti dalle<br />
associazioni degli esuli. I negoziati <strong>di</strong> adesione si sono conclusi come noto<br />
a metà <strong>di</strong>cembre 2002, senza abrogazione dei decreti.<br />
Al <strong>di</strong> là delle polemiche del momento, sullo sfondo restano le memorie<br />
degli eventi intercorsi tra <strong>il</strong> 1938 e <strong>il</strong> 1947. Dunque, l’incontro quadripartito<br />
<strong>di</strong> Monaco del settembre 1938, con l’avallo al trasferimento alla Germania<br />
<strong>di</strong> vaste regioni cecoslovacche popolate in maggioranza da popolazioni <strong>di</strong><br />
lingua tedesca. Pochi mesi dopo, lo smembramento <strong>di</strong> quanto restava dello<br />
Stato cecoslovacco: la creazione del protettorato <strong>di</strong> Boemia e Moravia,<br />
l’istituzione <strong>di</strong> una Slovacchia in<strong>di</strong>pendente <strong>di</strong> nome ma <strong>di</strong> fatto soggetta a<br />
Berlino, <strong>il</strong> trasferimento <strong>di</strong> territori anche a Polonia e Ungheria. La seconda<br />
guerra mon<strong>di</strong>ale, con l’assassinio <strong>di</strong> Reihardt Heydrich, stellvertretender<br />
Reichsprotektor per Boemia e Moravia, ad opera <strong>della</strong> resistenza ceca, e la<br />
<strong>di</strong>struzione completa del v<strong>il</strong>laggio <strong>di</strong> Li<strong>di</strong>ce come rappresaglia. La<br />
ricostituzione dello Stato cecoslovacco sostanzialmente nelle frontiere<br />
prebelliche, appunto sotto la guida <strong>di</strong> Benes, ultimo suo presidente e guida<br />
del governo in es<strong>il</strong>io. Le vendette incontrollate nei primi mesi, sfociate nelle<br />
prime espulsioni incontrollate (w<strong>il</strong>de Vertreibungen) ed in atti <strong>di</strong> violenza<br />
quali <strong>il</strong> massacro del v<strong>il</strong>laggio <strong>di</strong> Landskron, la «marcia <strong>della</strong> morte» per i<br />
ventim<strong>il</strong>a tedeschi <strong>di</strong> Brno/Bruenn, espulsi in una sola notte e obbligati a<br />
raggiungere a pie<strong>di</strong> la frontiera austriaca, <strong>il</strong> «massacro <strong>di</strong> Aussig» a seguito<br />
dell’esplosione <strong>di</strong> un deposito <strong>di</strong> munizioni ceco negli ultimi mesi <strong>di</strong> guerra.<br />
La deportazione «organizzata» del primo semestre del 1946, al termine del<br />
quale la minoranza tedesca in Cecoslovacchia aveva praticamente cessato <strong>di</strong><br />
esistere.<br />
L’attenzione è dunque oggi in modo particolare sul cosiddetto «periodo<br />
decretale», premessa sia <strong>della</strong> rinascita cecoslovacca che dell’espulsione dei<br />
tedeschi. Periodo iniziato l’11 luglio 1940 nell’es<strong>il</strong>io <strong>di</strong> Londra e terminato<br />
<strong>il</strong> 27 ottobre 1945 a Praga, nel corso del quale <strong>il</strong> presidente Benes firmò nel<br />
complesso 143 decreti intesi a delineare le nuove strutture statuali. Nella fase<br />
finale del periodo decretale si inserisce <strong>il</strong> «programma <strong>di</strong> Kosice», dalla<br />
località <strong>della</strong> Slovacchia orientale dove <strong>il</strong> 5 apr<strong>il</strong>e del 1945 venne costituito<br />
250
I tedeschi scomparsi <strong>della</strong> Mitteleuropa<br />
<strong>il</strong> primo governo postbellico. Il programma, in se<strong>di</strong>ci punti, prevedeva tra<br />
l’altro, in linea <strong>di</strong> principio, la punizione dei tedeschi (e dei magiari)<br />
colpevoli e l’incolumità degli innocenti; ma non dava in<strong>di</strong>cazioni sul punto<br />
decisivo dell’onere <strong>della</strong> prova. Il trattamento dei Sudeti viene <strong>di</strong>sciplinato<br />
specificamente in una decina <strong>di</strong> decreti (<strong>di</strong> cui solo tre specificamente ad essi<br />
de<strong>di</strong>cati: dunque circa lo 0,5 per cento del totale), tutti emessi tra <strong>il</strong> maggio<br />
e l’ottobre dello stesso anno e quin<strong>di</strong> successivi al programma <strong>di</strong> Kosice. In<br />
particolare, <strong>il</strong> decreto del 19 maggio ne confisca i patrimoni; quello del 21<br />
giugno le proprietà agricole; quello del 2 agosto revoca la citta<strong>di</strong>nanza<br />
cecoslovacca a tedeschi e magiari, ed è integrato da quelli del 19 settembre<br />
e del 27 ottobre che <strong>di</strong>spone l’internamento <strong>di</strong> coloro che sono stati privati<br />
<strong>della</strong> citta<strong>di</strong>nanza; infine, la legge dell’8 maggio 1946 <strong>di</strong>chiara non punib<strong>il</strong>i<br />
i delitti compiuti contro la minoranza tedesca.<br />
Ma nessuno <strong>di</strong> questi decreti, che pure hanno <strong>di</strong>sposto l’espropriazione,<br />
la per<strong>di</strong>ta <strong>della</strong> citta<strong>di</strong>nanza e l’internamento dei tedeschi, ne prescriveva<br />
l’espulsione, come invece si sostiene incorrettamente da più parti.<br />
Quest’ultima venne sancita dall’articolo XIII <strong>della</strong> Conferenza <strong>di</strong> Potsdam<br />
(dal 17 luglio al 2 agosto 1945), sia pure da eseguirsi «in modo umano». Su<br />
questa base, una «nota» del governo cecoslovacco del 16 agosto avvia<br />
l’organizzazione dei trasferimenti forzati, autorizzati in novembre dal<br />
Consiglio <strong>di</strong> Controllo Alleato. Il 27 gennaio 1946 parte <strong>il</strong> primo treno. Nei<br />
sei mesi successivi sono deportati in Germania circa due m<strong>il</strong>ioni e mezzo <strong>di</strong><br />
persone (750.000 nella zona <strong>di</strong> occupazione sovietica).<br />
Queste vicende restano ancora oggi, per tanti aspetti, enigmatiche. Si<br />
leggano solo le pagine che Richard von Weiszaecker, ex-presidente <strong>della</strong><br />
Repubblica Federale tedesca, de<strong>di</strong>ca nelle sue memorie al padre (br<strong>il</strong>lante<br />
<strong>di</strong>plomatico <strong>di</strong> carriera, non sospetto <strong>di</strong> estremismo), negoziatore per parte<br />
tedesca degli accor<strong>di</strong> <strong>di</strong> Monaco come sottosegretario agli Esteri 18 .<br />
Ma non basta. Le vicende del 1938-1947, che vedono cechi e tedeschi<br />
alternativamente nel ruolo <strong>di</strong> vittime e <strong>di</strong> carnefici (alla fine con i tedeschi<br />
costretti a portare cucito sugli abiti un simbolo che ne in<strong>di</strong>cava<br />
imme<strong>di</strong>atamente la nazionalità), seguono a vent’anni <strong>di</strong> non agevole<br />
coabitazione nel nuovo Stato cecoslovacco, non amato dalla maggioranza<br />
dei Sudeti che nel 1919 avevano chiesto l’annessione all’Austria dei quattro<br />
Lander «Boemia tedesca», «Sudetenland», «Moravia meri<strong>di</strong>onale tedesca» e<br />
«Boehmerwaldgau». Alcuni parlano <strong>di</strong> un «peccato originale» dello Stato<br />
cecoslovacco, nato, se non contro, quantomeno senza quel quarto dei suoi<br />
citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> lingua tedesca. Gli scritti dei «padri <strong>della</strong> patria» confermano che<br />
251
Giorgio Novello<br />
la presenza dei tedeschi apparve fin dall’inizio come una delle «<strong>di</strong>fficoltà che<br />
si presentano per l’instaurazione <strong>di</strong> una Boemia libera»: così <strong>il</strong> futuro<br />
ministro degli Esteri Masaryk, scrivendo nel 1917 sugli auspicati assetti<br />
post-bellici. Eventuali rettifiche del confine a favore dell’Austria avrebbero<br />
ridotto la minoranza tedesca <strong>di</strong> un m<strong>il</strong>ione <strong>di</strong> persone, ma avrebbero reso<br />
necessarie altre compensazioni. Meglio quin<strong>di</strong> un’applicazione ra<strong>di</strong>cale del<br />
principio <strong>della</strong> maggioranza: «è più giusto che nove m<strong>il</strong>ioni <strong>di</strong> cechi stiano<br />
sotto <strong>il</strong> dominio tedesco o che tre m<strong>il</strong>ioni <strong>di</strong> tedeschi stiano sotto <strong>il</strong> dominio<br />
ceco?» 19 . In questa luce vanno considerati alcuni provve<strong>di</strong>menti del nuovo<br />
Stato. È <strong>il</strong> caso in particolare <strong>della</strong> riforma agraria intrapresa esplicitamente<br />
come «riparazione» <strong>della</strong> «ingiustizia storica» seguita alla battaglia <strong>della</strong><br />
Montagna Bianca, che vide la <strong>di</strong>stribuzione alla nob<strong>il</strong>tà asburgica dei terreni<br />
espropriati a seguito <strong>della</strong> sconfitta <strong>della</strong> nob<strong>il</strong>ità boema nel 1620. Per Benes,<br />
dopo la battaglia <strong>della</strong> Montagna Bianca, «tutta la struttura sociale e<br />
nazionale <strong>della</strong> Boemia fu mo<strong>di</strong>ficata, l’elemento ceco eliminato dalle alte<br />
cariche amministrative, la borghesia ridotta in rovina» 20 . Non a caso, <strong>il</strong><br />
nuovo Stato cecoslovacco fu proclamato <strong>il</strong> 18 ottobre 1918, anniversario<br />
<strong>della</strong> battaglia.<br />
252<br />
La rielaborazione del passato per <strong>il</strong> futuro dell’Unione Europea<br />
Questi alcuni degli elementi del contesto in cui, nel secondo dopoguerra,<br />
si sono svolte le relazioni tra la «piccola» Germania Occidentale e la<br />
Cecoslovacchia dapprima, tra la Germania riunificata e la Repubblica Ceca<br />
nata dalla scissione tra Praga e Bratislava, poi. Non sono beninteso mancati<br />
atti formali <strong>di</strong> riconc<strong>il</strong>iazione. Il Trattato <strong>di</strong> Praga del <strong>di</strong>cembre 1973 corona<br />
la Ost-Politik <strong>di</strong> Brandt, sia pure in tono minore rispetto ai tratti conclusi<br />
via via con URSS, DDR e Polonia, e in un’atmosfera <strong>di</strong> minor entusiasmo,<br />
in cui già i <strong>di</strong>viden<strong>di</strong> dell’apertura all’Est apparivano forse minori delle<br />
speranze. Vi viene riba<strong>di</strong>ta la nullità degli accor<strong>di</strong> <strong>di</strong> Monaco; ma,<br />
nonostante i lunghi negoziati, senza precisare se tale nullità fosse ra<strong>di</strong>cale, ab<br />
initio (come chiesto dai cecoslovacchi) o con decorrenza dalla fine delle<br />
ost<strong>il</strong>ità e dalla ricostruzione <strong>della</strong> Cecoslovacchia (come chiesto da parte<br />
tedesca). Il Trattato <strong>di</strong> amicizia e buon vicinato del 1992 condanna gli atti<br />
<strong>di</strong> violenza e l’espulsione dei tedeschi, ma in modo non sod<strong>di</strong>sfacente per le<br />
associazioni degli esuli. Con la Dichiarazione <strong>di</strong> riconc<strong>il</strong>iazio ceco-tedesca <strong>di</strong><br />
Praga nel 1997, Helmut Kohl chiede perdono per i torti arrecati dai tedeschi
I tedeschi scomparsi <strong>della</strong> Mitteleuropa<br />
ai cechi, e Vaclav Klaus definisce «ingiusta» l’espulsione. Ancora una volta,<br />
le associazioni dei profughi sono critiche: invece che <strong>di</strong><br />
Versoehnungserklaerung (<strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> riconc<strong>il</strong>iazione) parlano <strong>di</strong><br />
Verhoenungserkalerung (<strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> vergogna).<br />
In queste vicende colpiscono insomma ancora le letture profondamente<br />
<strong>di</strong>verse, quasi inconc<strong>il</strong>iab<strong>il</strong>i <strong>della</strong> storia. Barbara Coudenhove-Kalergi<br />
(anch’essa esule da Praga, dove poi è ritornata come corrispondente <strong>della</strong><br />
televisione <strong>di</strong> Stato austriaca e oggi fautrice <strong>di</strong> un riavvicinamento che passi<br />
innanzitutto per la rielaborazione comune del passato) ricorda come, per i<br />
cechi, i tedeschi giunsero come colonizzatori e conquistatori, mentre questi<br />
ultimi si consideravano benemeriti pionieri e promotori dello sv<strong>il</strong>uppo<br />
economico e sociale. Per i tedeschi e gli austriaci, <strong>il</strong> periodo <strong>di</strong> maggior<br />
fioritura artistica e culturale resta l’età barocca dell’Impero asburgico. I cechi<br />
sembrano piuttosto viverla come un periodo <strong>di</strong> decadenza nazionale, seguito<br />
dalla ripresa <strong>di</strong> fine Ottocento esemplificata dal liberty.<br />
Le stesse vicende dei Sudeti nella Germania post-bellica vano inserite in<br />
questo contesto. È vero in particolare per la forte coesione delle loro<br />
associazioni, a <strong>di</strong>fferenza ad esempio <strong>di</strong> quelle degli esuli dalla Polonia, <strong>di</strong>visi<br />
tra Prussia, Pomerania, Slesia. Se in un primo momento <strong>il</strong> loro trasferimento<br />
forzato verso le zone americana e britannica prevedeva la <strong>di</strong>spersione in aree<br />
rurali scarsamente popolate e la proibizione <strong>di</strong> associazioni e partiti politici<br />
<strong>di</strong> esuli, <strong>di</strong> fatto la maggior parte si concentrò in Assia e soprattutto in Baviera<br />
(oltre un m<strong>il</strong>ione). L’inserimento dei professionisti fu relativamente agevole<br />
(me<strong>di</strong>ci e dentisti in particolare), mentre fu arduo laddove la concorrenza<br />
con <strong>il</strong> lavoro locale era forte (ad esempio nell’agricoltura e nella ristorazione).<br />
Ancora nei primi anni settanta <strong>il</strong> livello <strong>di</strong> vita delle famiglie originarie dalla<br />
Cecoslovacchia era la metà <strong>di</strong> quello <strong>della</strong> popolazione originaria, anche se<br />
questi dati vanno collocati nella prospettiva del miracolo economico <strong>della</strong><br />
Germania nel dopoguerra. Anche con l’appoggio <strong>di</strong> Adenauer, già nel 1953<br />
venne creata la Sudetendeutsche Landsmannschaft, bacino <strong>di</strong> raccolta delle<br />
organizzazioni Ackermann-Gemeinde, cattolica, sorta nel 1946, Seliger-<br />
Gemeinde, socialdemocratica (1951), e Witiko, nazional-liberale (1947). È<br />
ancor oggi punto <strong>di</strong> riferimento attraverso una struttura interna molto<br />
articolata che vede coesistere aggregazioni per luoghi <strong>di</strong> residenza attuali e<br />
per luoghi <strong>di</strong> origine, a loro volta articolati a livello federale, regionale, <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>stretto e <strong>di</strong> comune. Rete associativa che si è <strong>di</strong>mostrata ben più efficace<br />
del partito «etnico», scomparso dopo successi effimeri, e che deve molto del<br />
suo successo agli stretti rapporti con la CSU bavarese. Nel 1970, <strong>il</strong> ministro-<br />
253
Giorgio Novello<br />
presidente <strong>di</strong> Baviera Goppel consegnò ufficialmente l’atto costitutivo <strong>della</strong><br />
«Fondazione dei Sudeti», prezioso strumento finanziario; nel 1974, <strong>il</strong><br />
governo bavarese deliberò l’istituzione <strong>di</strong> una «casa dei Sudeti» a Monaco.<br />
Il legame particolare con la Baviera è formalizzato nella Costituzione <strong>di</strong><br />
quest’ultima, che considera i tedeschi dei Sudeti come quarta etnia<br />
costitutiva (Stamm) accanto ai vecchi bavaresi, ai franconi ed agli svevi. Il<br />
loro portavoce è oggi Johann Boehm, presidente del Landtag (parlamento)<br />
bavarese, mentre presidente federale è l’eurodeputato Bernd Posselt;<br />
entrambi <strong>della</strong> CSU.<br />
La repentinità <strong>della</strong> riemersione del tema denuncia, certo, anche la<br />
mancata cicatrizzazione <strong>della</strong> ferita, la persistenza del trauma non sanato<br />
nemmeno dalla soluzione «biologica» inevitab<strong>il</strong>mente apportata dal tempo.<br />
Ma è dovuta ad una serie <strong>di</strong> circostanze specifiche dei Sudeti, non con<strong>di</strong>vise<br />
dall’esperienza degli esuli dalla Polonia e dagli inse<strong>di</strong>amenti sparsi negli altri<br />
Paesi centroeuropei le cui vicende, al <strong>di</strong> là delle ovvie sim<strong>il</strong>itu<strong>di</strong>ni, in<strong>di</strong>cano<br />
un percorso ben <strong>di</strong>verso <strong>di</strong> integrazione e <strong>di</strong> coltivazione delle memorie<br />
comuni. Sono unicamente dei Sudeti un’identità collettiva forgiata ex post<br />
proprio dall’es<strong>il</strong>io e quin<strong>di</strong> anche per questo tanto più solida; la posizione<br />
relativamente marginale <strong>della</strong> Cecoslovacchia nella Ost-Politik, che<br />
priv<strong>il</strong>egiò i rapporti con DDR, URSS e Polonia e le questioni <strong>di</strong> sicurezza<br />
anche attraverso la definizione delle frontiere; <strong>il</strong> recupero per tanti <strong>di</strong> essi <strong>di</strong><br />
una «patria <strong>di</strong> adozione» nella Baviera; <strong>il</strong> progresso sociale ed economico <strong>di</strong><br />
quest’ultima, sfociato in un ruolo significativo anche nella politica nazionale<br />
e quin<strong>di</strong> in grado <strong>di</strong> focalizzare l’attenzione sulla questione stessa e <strong>di</strong> aver<br />
ripercussioni anche sulla stessa vicina Austria.<br />
Le polemiche dei primi anni del nuovo secolo non rispecchiano quin<strong>di</strong><br />
nè la posizione complessiva <strong>di</strong> Germania e Austria nei confronti dell’Europa<br />
centrale, nè tantomeno <strong>il</strong> vero stato delle relazioni nella Mitteleuropa entrata<br />
nell’Unione europea ed in essa ormai <strong>di</strong>ssolta. Esemplare in questo senso <strong>il</strong><br />
comunicato del ministero degli Esteri polacco del settembre 2004, che<br />
richiama la posizione del Consiglio dei ministri del luglio precedente: <strong>il</strong><br />
governo <strong>di</strong> Varsavia considera chiusa la questione delle riparazioni per danni<br />
<strong>di</strong> guerra e non la farà pesare sulle relazioni b<strong>il</strong>aterali con Berlino. E questo<br />
nonostante l’iniziativa <strong>di</strong> taluni ambienti tedeschi per un ipotetico<br />
risarcimento dei danni subiti dai Vertriebene, alla quale la Dieta <strong>di</strong> Varsavia<br />
aveva replicato con una ferma risoluzione sui «<strong>di</strong>ritti <strong>della</strong> Polonia alle<br />
riparazioni <strong>di</strong> guerra tedesche e sulle riven<strong>di</strong>cazioni <strong>il</strong>legali nei confronti<br />
<strong>della</strong> Polonia e dei citta<strong>di</strong>ni polacchi avanzate in Germania».<br />
254
I tedeschi scomparsi <strong>della</strong> Mitteleuropa<br />
Restano, naturalmente, talune i<strong>di</strong>osincrasie nazionali. A <strong>di</strong>fferenza <strong>della</strong><br />
Germania, <strong>il</strong> forte interesse dell’Austria per la questione dei Sudeti è senza<br />
proporzione col numero relativamente esiguo <strong>di</strong> esuli ospitati. Atteggiamento<br />
dove si legge in f<strong>il</strong>igrana l’influenza <strong>di</strong> un’ere<strong>di</strong>tà storica tuttora<br />
viva ed operante. Vi si legge <strong>il</strong> trauma del trattato <strong>di</strong> pace del 1919 i cui effetti<br />
per molti versi fu ben più drammatico <strong>di</strong> quello che fu Versa<strong>il</strong>les per la<br />
Germania, con la metà dei tedeschi del vecchio Impero ormai fuori dai<br />
confini <strong>della</strong> piccola Austria postbellica. Vi si leggono le sensib<strong>il</strong>ità legate alla<br />
particolare origine dei viennesi, <strong>di</strong> cui una grande percentuale è <strong>di</strong> origine<br />
ceca più o meno lontana (lo sono stati ad esempio ben tre presidenti <strong>della</strong><br />
Repubblica 21 ). Testimonianza, questa, delle correnti immigratorie dei<br />
decenni aurei <strong>della</strong> monarchia asburgica e <strong>di</strong> una germanizzazione tanto<br />
rapida e riuscita quanto non priva <strong>di</strong> frizioni, in una società rigidamente<br />
stratificata dove erano comuni misure quali i vari <strong>di</strong>vieti dell’uso del ceco<br />
imposti dall’ora idealizzato sindaco <strong>della</strong> Vienna <strong>di</strong> inizio secolo, Karl<br />
Lueger. Nel gennaio 2003 <strong>il</strong> ministro degli Esteri ceco Svoboda si è<br />
richiamato alla «profonda <strong>di</strong>fferenza nell’esperienza dei due Paesi»<br />
nell’esprimersi contro una <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> riconc<strong>il</strong>iazione austro-ceca<br />
analoga a quella ceco-tedesca del 1997: gli eventi successivi alla seconda<br />
guerra mon<strong>di</strong>ale «non sarebbero stati rivolti contro l’Austria», nè tra i due<br />
Paesi «vi sarebbero stati rapporti vittima-aggressore tali da costituire <strong>il</strong><br />
presupposto logico per una tale <strong>di</strong>chiarazione».<br />
Dunque, i<strong>di</strong>osincrasie nazionali tenaci che rendono la lettura in chiave<br />
positiva e «mitica» dell’esperienza asburgica solo una delle varie interpretazioni<br />
possib<strong>il</strong>i dell’esperienza storica <strong>della</strong> Mitteleuropa. Convivono infatti letture<br />
<strong>di</strong> segno opposto, spesso altrettanto «mitiche» e sorprendentemente selettive,<br />
anche in opere qualificate o comunque <strong>di</strong>ffuse. La popolarissima (in Austria)<br />
rievocazione dell’ere<strong>di</strong>tà asburgica <strong>di</strong> Ernst Trost 22 si sofferma a lungo, ma nel<br />
vuoto, sull’espulsione dei Sudeti: non accenna minimamente nè agli eventi tra<br />
<strong>il</strong> 1938 e <strong>il</strong> 1945 nè tantomeno a quelli ancora precedenti. Le sorprendenti<br />
concessioni all’emotività <strong>di</strong> un Fejto 23 , che <strong>di</strong>segna una Vienna carica <strong>di</strong> una<br />
vitalità probab<strong>il</strong>mente mai esistita e tratteggia la coppia Masaryk-Benes come<br />
i veri affondatori <strong>della</strong> sovranazionalità asburgica, non sono <strong>di</strong>ssim<strong>il</strong>i nella<br />
sostanza da quelle <strong>di</strong> taluni storici, in particolare anglosassoni, che de<strong>di</strong>cano<br />
al ruolo degli italiani nella Grande Guerra paragrafi che sembrano usciti dalla<br />
penna <strong>di</strong> polemisti <strong>di</strong> quart’or<strong>di</strong>ne.<br />
Proprio sbavature del genere invitano ad attenersi ad una prospettiva<br />
generale, evitando interpretazioni <strong>di</strong> eventi puntuali come sintomi <strong>di</strong> un<br />
255
Giorgio Novello<br />
ritorno <strong>di</strong> aspetti inquietanti del passato, <strong>di</strong> tentazioni revansciste, <strong>di</strong><br />
potenziali minacce all’equ<strong>il</strong>ibrio, <strong>di</strong> crescenti ostacoli all’ampliamento<br />
dell’Unione Europea, <strong>di</strong> un nuovo richiamo a politiche <strong>di</strong> potenza. Le<br />
vicende dei profughi tedeschi fanno parte <strong>della</strong> storia <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse decine <strong>di</strong><br />
m<strong>il</strong>ioni <strong>di</strong> europei sra<strong>di</strong>cati dai loro territori <strong>di</strong> inse<strong>di</strong>amento tra<strong>di</strong>zionale a<br />
seguito delle due guerre mon<strong>di</strong>ali. La caduta <strong>della</strong> cortina <strong>di</strong> ferro ha<br />
restituito <strong>di</strong>gnità e ruolo anche ai tedeschi «invisib<strong>il</strong>i», siano essi gli esuli (e<br />
i loro <strong>di</strong>scendenti) o i pochi restati; ha fatto riemergere ferite profonde mal<br />
cicatrizzate; ha promosso così quel processo <strong>di</strong> rielaborazione del passato che<br />
è necessario a superare i traumi sia degli in<strong>di</strong>vidui che dei popoli, come<br />
<strong>di</strong>mostra <strong>il</strong> ben riuscito caso <strong>della</strong> riconc<strong>il</strong>iazione tedesco-polacca.<br />
In questo contesto svolge un ruolo ut<strong>il</strong>e la Commissione Storica cecotedesca,<br />
istituita con le <strong>di</strong>chiarazioni congiunte del <strong>di</strong>cembre 1989 e del<br />
febbraio 1990, incaricata <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>re gli aspetti positivi delle relazioni<br />
tra cechi e slovacchi da una parte, tedeschi dall’altro, ma anche «le tragiche<br />
esperienze [...] relative all’avvio, alla conclusione e agli esiti <strong>della</strong> seconda<br />
guerra mon<strong>di</strong>ale». La Commissione, sia pure sdoppiata dopo la scissione tra<br />
Praga e Bratislava, prosegue i suoi lavori senza limiti <strong>di</strong> tempo,<br />
impegnandosi anche alla formazione delle rispettive opinioni pubbliche, ed<br />
ha arrecato contenuti concreti ad esempio nella delicata quantificazione del<br />
numero delle vittime delle espulsioni 24 .<br />
Alla fine del percorso, auspicab<strong>il</strong>mente, la rivalutazione <strong>della</strong> presenza<br />
tedesca al <strong>di</strong> fuori <strong>di</strong> Austria e Germania. Che non consiste solo nei pochi<br />
resti <strong>di</strong> collettività autoctone e nell’associazionismo; ma in un complesso più<br />
vasto <strong>di</strong> ere<strong>di</strong>tà <strong>della</strong> memoria in<strong>di</strong>viduale e collettiva, <strong>di</strong> antichi legami con<br />
i luoghi.<br />
Frammenti slegati che appaiono a Schloegel 25 come «la nostra Pompei,<br />
la nostra Atlantide», come residui <strong>di</strong> un naufragio. Ma che potrebbero in<br />
parte ricomporsi, che in molti casi si stanno ricomponendo, con esiti molto<br />
concreti, e non solo per <strong>il</strong> «turismo <strong>della</strong> nostalgia» che porta tanti tedeschi<br />
in Pomerania e in Masuria e tanti austriaci in Trans<strong>il</strong>vania (e che pure ha<br />
ricadute economiche non secondarie). È quanto sta accadendo ad esempio<br />
nell’Europa del Nord, dove <strong>il</strong> Consiglio baltico, organismo intergovernativo<br />
attivo nelle <strong>di</strong>mensioni economica, politica e <strong>di</strong> sicurezza, si ricollega<br />
esplicitamente alla precedente esperienza storica <strong>della</strong> Hansa, <strong>il</strong> Consiglio <strong>di</strong><br />
quella straor<strong>di</strong>naria federazione <strong>di</strong> repubbliche mercant<strong>il</strong>i, a carattere più<br />
funzionale che territoriale ma capace <strong>di</strong> plasmare per secoli un territorio che<br />
andava da Amburgo alla Finlan<strong>di</strong>a, che si riunì per l’ultima volta nel 1669<br />
256
I tedeschi scomparsi <strong>della</strong> Mitteleuropa<br />
ma la cui persistente vitalità, anche attraverso la continuità delle comunità<br />
tedesche ere<strong>di</strong> dei Kantore, i suoi inse<strong>di</strong>amenti commerciali, si irraggia fino<br />
alle soglie <strong>della</strong> prima guerra mon<strong>di</strong>ale.<br />
Dissolta nell’Unione Europea, <strong>il</strong> mito <strong>della</strong> Mitteleuropa potrà forse<br />
presto risorgere ad est delle nuove frontiere comunitarie. Timothy Snyder<br />
già parla <strong>di</strong> «nuovi mitteleuropei»: alcuni intellettuali <strong>di</strong> V<strong>il</strong>nius, Minsk e<br />
Kiev, pronti ad ospitare nelle loro città, unite anch’esse da cultura e strutture<br />
politiche per lungo tempo con<strong>di</strong>vise, un sogno che cerca una nuova<br />
Heimat 26 .<br />
Note al testo<br />
1 G. KONRAD, Der Traum von Mitteleuropa, in Aufbruch nach Mitteleuropa a cura <strong>di</strong> E.Busek-<br />
G.W<strong>il</strong>fringer, Wien 1986, in «Transit», 21-Sommer 2001, p. 18.<br />
2 G. SCHATZDORFER, Frankensteins Geschoepf oder Bastard? cit. in Mitteleuropa-Im<br />
geopolitischen Interesse Oesterreichs, a cura <strong>di</strong> W. Baumann-G. Hauser , Wien 2002.<br />
3 Ibid., pp. 84-88.<br />
4 C. MAGRIS, Il mito asburgico nella letteratura austriaca moderna, Torino 1996.<br />
5 J. M. KOVACS, Die Metamorphose Mitteleuropas, in «Transit», 21-Sommer 2001, p. 9.<br />
6 K. SCHLOEGEL, Die Mitte liegt ostwaerts, Muenchen-Wien 2002.<br />
7 S. ROMANO, I falsi protocolli, M<strong>il</strong>ano 1995.<br />
8 H. RASCHHOFER-O.KIMMINICH, Die Sudetenfrage, Muenchen 1988, p. 345.<br />
9 J. KOZENSKI, Minoranze nazionali in Polonia nel ventennio tra le due guerre, in Le minoranze<br />
tra le due guerre a cura <strong>di</strong> U.Corsini-D.Zaffi , Bologna 1994, pp. 97-120.<br />
10 T. GROSSER, Sudetendeutsche in Nachkriegsdeutschland, in Deutsche und Tschechen, a cura <strong>di</strong><br />
W.Koschmal-M.Nekula-J. Rogall, Muenchen 2001, pp. 400 ss.<br />
11 O. RATHKOLB, Die Vertreibung der Sudetendeutschen und ihre Verspaetete Rezeption in<br />
Oesterreich, in Die Benes-Dekrete, a cura <strong>di</strong> B. Coudenhove-Kalergi-O. Rathkolb, Wien 2002,<br />
pp. 138-151. V. anche ALFRED PAYRLEITNER, Oesterreicher und Tschechen. Alter Streit und neue<br />
Hoffnung, Wien-Koeln-Weimar 2003.<br />
12 Mitteleuropa - Im geopolitischen Interesse Oesterreichs cit., pp. 194-197.<br />
13 G. GRASS, Im Krebsgang, Berlin 2002.<br />
257
Giorgio Novello<br />
14 Die Benes-Dekrete, cit., p. 138.<br />
15 G. SCHOELLGEN, Die Aussenpolitik der Bundesrepublik Deutschland, Bonn 1999, pp. 87-137.<br />
16 M. ALEXANDER, I tedeschi nella Prima Repubblica cecoslovacca: situazione giuri<strong>di</strong>ca e ricerca <strong>di</strong><br />
identità, in Le minoranze tra le due guerre cit., pp. 151-171.<br />
17 F. SFORZA-S. VERRECCHIA, Il fantasma <strong>di</strong> Benes tormenta ancora Praga e Berlino, in «Limes»,<br />
5-2002, pp. 187-197.<br />
18 R. VON WEIZSAECKER, Vier Zeiten-Erinnerungen, Berlin 1997, pp. 57-68.<br />
19 E. BENES, La Boemia contro l’Austria-Ungheria, Roma 1917, p. 13.<br />
20 Ibid., p. 11.<br />
21 Die Benes-Dekrete cit., p. 11.<br />
22 E. TROST, Was blieb vom Doppeladler, 9. ed., Wien 2002.<br />
23 F. FEJTO, Requiem per un Impero defunto, M<strong>il</strong>ano 1990.<br />
24 S. BIRMAN, Die deutsch-tschechische und <strong>di</strong>e deutsch-slovakische Historikerkommissionen, in<br />
Deutsche und Tschechen cit., pp. 449-457.<br />
25 K. SCHLOEGEL, Die Mitte liegt ostwaerts cit., p. 239.<br />
26 TIMOTHY SNYDER, Die neuen Mitteleuropaer, in «Transit», 21, p. 42-54.<br />
258
Le schede<br />
MICHELA WRONG, I <strong>di</strong>dn’t do it far<br />
you (How the world betrayed a small<br />
african nation), Fourth Estate,<br />
London and New York 2005,<br />
pp. 432<br />
Un lavoro decisamente interessante<br />
e ben documentato questo <strong>di</strong><br />
Michela Wrong, giornalista britannica,<br />
già corrispondente <strong>della</strong><br />
Reuters, a lungo in movimento attraverso<br />
l’Africa sempre per la<br />
Reuters, la BBC e <strong>il</strong> Financial<br />
Times. Già autrice del volume «In<br />
the Footsteps of Mr. Kurtz: Living<br />
on the Brink of Disaster in<br />
Mobutu’s Congo» (la storia <strong>di</strong><br />
Mobutu Sese Seko, per trent’anni<br />
padrone assoluto del Congo-Zaire,<br />
e<strong>di</strong>ta dalla Harper Collins nel<br />
2001), ora pubblica questo volume<br />
de<strong>di</strong>cato all’Eritrea, la più giovane<br />
delle nazioni africane, sorta dalla<br />
trentennale guerra <strong>di</strong> liberazione<br />
contro <strong>il</strong> governo <strong>di</strong> Ad<strong>di</strong>s Abeba;<br />
una nazione ancora poco nota alle<br />
cronache mon<strong>di</strong>ali se non per gli<br />
eventi <strong>di</strong> una tremenda guerra<br />
confinaria combattuta a più riprese<br />
Le schede<br />
e responsab<strong>il</strong>e <strong>di</strong> migliaia <strong>di</strong> vittime<br />
anche tra la popolazione civ<strong>il</strong>e, una<br />
guerra che non deve essere nemmeno<br />
oggi accantonata solo perché alcune<br />
centinaia <strong>di</strong> Caschi blu<br />
dell’Onu presi<strong>di</strong>ano i confini dei<br />
due Stati <strong>di</strong>mentichi <strong>di</strong> un passato<br />
che dovrebbe aver insegnato loro<br />
qualcosa.<br />
In questo volume la Wrong <strong>di</strong>mostra<br />
<strong>di</strong> essere un’ottima conoscitrice<br />
<strong>della</strong> realtà eritrea o<strong>di</strong>erna che sa<br />
descrivere in pagine degne <strong>di</strong> una<br />
giornalista intelligente, ma dà prova<br />
ugualmente <strong>di</strong> ben conoscere la storia<br />
dell’Eritrea colonizzata dall’Italia<br />
e a lungo soggiogata dall’Etiopia fino<br />
al giorno <strong>della</strong> sospirata «liberazione»<br />
nell’ormai lontano 1991, quando<br />
la carta geografica dell’Africa si<br />
arricchì <strong>di</strong> un nuovo Stato sovrano.<br />
Lo st<strong>il</strong>e è quello <strong>della</strong> giornalista abituata<br />
ai lunghi reportage dall’Africa<br />
contrad<strong>di</strong>ttoria <strong>di</strong> oggi, sottoposta a<br />
crisi ricorrenti e spesso teatro <strong>di</strong><br />
immani conflitti etnici con un corredo<br />
spaventoso <strong>di</strong> morti e <strong>di</strong>struzioni,<br />
sotto lo sguardo in<strong>di</strong>fferente del<br />
mondo occidentale. La nascita<br />
259
Le schede<br />
dell’Eritrea attuale è stata segnata da<br />
violenze inau<strong>di</strong>te che conosce solo<br />
chi ha approfon<strong>di</strong>to la storia martoriata<br />
<strong>di</strong> questa regione, che costituì <strong>il</strong><br />
primo inse<strong>di</strong>amento dell’Italia in<br />
Africa fin dagli anni settanta del XIX<br />
secolo. Liberatasi dalla dominazione<br />
coloniale italiana e rientrata nell’orbita<br />
politica dell’Etiopia dapprima<br />
attraverso la forzata soluzione<br />
federativa degli anni cinquanta, poi<br />
come quattor<strong>di</strong>cesima provincia<br />
dell’impero negussita, l’Eritrea visse<br />
esperienze tragiche. Nel 1974, quando<br />
la guerriglia antietiopica scuoteva<br />
da tempo l’Eritrea, la nascita del<br />
Derg m<strong>il</strong>itare <strong>di</strong> chiara impronta<br />
marxista-leninista portò l’Etiopia, e<br />
quin<strong>di</strong> l’Eritrea, a vivere un altro<br />
periodo <strong>di</strong> ferocia inau<strong>di</strong>ta. L’Eritrea<br />
intensificò i suoi sforzi, i suoi guerriglieri<br />
occuparono parti strategicamente<br />
importanti del suo territorio e<br />
lanciarono attacchi sempre più intensi<br />
e riusciti contro le forze<br />
amariche. Nel 1991 l’Eritrea, vinta<br />
la lunga battaglia m<strong>il</strong>itare con Ad<strong>di</strong>s<br />
Abeba, si proclamò Stato sovrano e<br />
in<strong>di</strong>pendente ed entrò a far parte dei<br />
gran<strong>di</strong> organismi internazionali.<br />
Dopo è venuta la lunga contesa<br />
confinaria, tuttora non risolta<br />
definitivamente, con l’Etiopia vicina:<br />
una presenza scomoda sia politicamente<br />
sia economicamente, quando<br />
potrebbero comunque esserci<br />
anche le con<strong>di</strong>zioni per un rapporto<br />
meno conflittuale alla luce del triste<br />
260<br />
passato comune. Ma questo forse<br />
non andrebbe neanche detto...<br />
Il volume <strong>della</strong> Wrong si snoda<br />
con molta sicurezza. Per una sorta<br />
<strong>di</strong> deformazione professionale abbiamo<br />
analizzato con attenzione le<br />
pagine che la giornalista inglese ha<br />
inteso de<strong>di</strong>care all’Eritrea sotto la<br />
dominazione italiana: pagine con<strong>di</strong>te<br />
da qualche commento pungente<br />
nei confronti dell’Italia, ma anche<br />
dal riconoscimento del valore <strong>di</strong><br />
alcune realizzazioni, per esempio la<br />
ferrovia a scartamento ridotto tra<br />
Asmara e Massaua. Interessanti, in<br />
particolare, ci sono risultati i capitoli<br />
2 e 3 («The Last Italian» e «The<br />
steel snake»), ma si leggono volentieri<br />
anche gli altri, a cominciare da<br />
quello de<strong>di</strong>cato alla battaglia <strong>di</strong><br />
Keren nel 1941 («The Horrible<br />
Escarpment»), per passare a quello<br />
de<strong>di</strong>cato alla fine del Negus<br />
(«Death of the Lion») con <strong>il</strong> racconto<br />
<strong>di</strong> alcune efferate violenze commesse<br />
dai m<strong>il</strong>itari amarici contro i<br />
v<strong>il</strong>laggi nei pressi <strong>di</strong> Keren (uccisi<br />
tutti gli abitanti sospettati, in quel<br />
fine 1970, <strong>di</strong> essere legati ai Fronti<br />
<strong>di</strong> liberazione) <strong>di</strong> cui avemmo notizia<br />
quando risiedevamo in Asmara<br />
proprio in quegli anni, e per terminare<br />
a quelli de<strong>di</strong>cati ai più recenti,<br />
e purtroppo, tragici fatti <strong>di</strong> Badme<br />
al confine eritreo-etiopico.<br />
<strong>Del</strong>l’Eritrea oggi si parla poco,<br />
troppo poco, ricorda la Wrong nella<br />
sua introduzione, proprio come <strong>di</strong>
Timor Est e del Rwanda. Sembra<br />
che le Potenze non vogliano rovinarsi<br />
<strong>il</strong> sonno, ma non è giusto che <strong>il</strong><br />
popolo eritreo continui a sentirsi <strong>di</strong>-<br />
ANGELO UMILTÀ, Gli italiani in<br />
Africa, a cura <strong>di</strong> Giorgio Barani e<br />
Manlio Bonati, T&M Associati<br />
E<strong>di</strong>tore, Reggio Em<strong>il</strong>ia 2004, pp. 675<br />
Si tratta <strong>di</strong> un volume dall’accurata<br />
veste e<strong>di</strong>toriale e stampato in<br />
sole 200 copie numerate. È stato<br />
tradotto dal francese da Giorgio<br />
Barani, stu<strong>di</strong>oso e viaggiatore africano,<br />
in particolar modo del Corno<br />
d’Africa e <strong>della</strong> Dancalia, ed annotato<br />
in modo scrupoloso da Manlio<br />
Bonati, bibliof<strong>il</strong>o parmense ed attento<br />
stu<strong>di</strong>oso <strong>della</strong> vita e delle<br />
esplorazioni <strong>di</strong> Vittorio Bottego <strong>di</strong><br />
cui ha curato una meticolosa biografia<br />
nel 1997 (Vittorio Bottego, un<br />
ambizioso eroe in Africa, S<strong>il</strong>va E<strong>di</strong>tore).<br />
L’opera originaria è Les<br />
Italiens en Afrique <strong>di</strong> Angelo Um<strong>il</strong>tà<br />
(1831-1893), nativo <strong>di</strong> Montecchio<br />
Em<strong>il</strong>ia, appartenente ad una<br />
famiglia ottocentesca avversa al regime<br />
ducale, garibal<strong>di</strong>no, impegnato<br />
nella grande lotta risorgimentale.<br />
Um<strong>il</strong>tà fu anche uno dei promotori<br />
<strong>della</strong> «Lega <strong>della</strong> Pace e <strong>della</strong> Libertà»<br />
(si trattava <strong>di</strong> un’associazione<br />
umanitaria e democratica per <strong>il</strong> li-<br />
Le schede<br />
menticato dai Gran<strong>di</strong>. È questo <strong>il</strong><br />
grido d’allarme che la giornalista inglese<br />
lancia dalle sue pagine (Massimo<br />
Romani<strong>di</strong>ni).<br />
bero scambio, la fratellanza universale<br />
dei popoli e l’unità europea),<br />
fervente repubblicano e autore <strong>di</strong><br />
numerose opere storiche, oltre a<br />
questo Les Italiens en Afrique: una<br />
vera rarità bibliografica oggi tradotta<br />
per la prima volta in italiano da<br />
Giorgio Barani non su un originale<br />
(come sottolinea Bonati nella sua<br />
introduzione), ma su fotocopie.<br />
L’opera fu pubblicata nel 1887<br />
(l’anno <strong>della</strong> trage<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Dogali)<br />
dalla Société d’imprimerie de<br />
Cernier in Svizzera, dove Um<strong>il</strong>tà<br />
risiedeva in es<strong>il</strong>io insegnando all’Università<br />
<strong>di</strong> Neuchâtel.<br />
Per Barani e Bonati si è trattato <strong>di</strong><br />
un lavoro complesso, in parte anche<br />
<strong>di</strong> revisione «storica» del testo che<br />
(sottolinea sempre Bonati) si presentava<br />
nell’originale carico <strong>di</strong> insi<strong>di</strong>e, <strong>di</strong><br />
errori madornali, <strong>di</strong> sviste minori,<br />
imputab<strong>il</strong>i a più cause, una delle quali<br />
<strong>il</strong> fatto che Um<strong>il</strong>tà fosse andato «a<br />
memoria» senza un’opportuna verifica<br />
del suo scritto. Peraltro l’autore,<br />
che fu amico <strong>di</strong> Franzoj e Garibal<strong>di</strong> e<br />
nel 1882 ottenne la citta<strong>di</strong>nanza svizzera,<br />
era ben consapevole dei limiti del<br />
suo lavoro, generoso per impegno,<br />
261
Le schede<br />
ma spesso impreciso. Nella Conclusione<br />
(nel testo a p. 427) Um<strong>il</strong>tà afferma<br />
testualmente che <strong>il</strong> suo «è un <strong>di</strong>ario<br />
che registra i fatti attuali», che non ha<br />
«la pretesa <strong>di</strong> aver colmato una lacuna»,<br />
che ha iniziato a scrivere <strong>il</strong> libro<br />
«con l’ingenua <strong>il</strong>lusione che per riposarsi<br />
dalle fatiche quoti<strong>di</strong>ane, fosse<br />
meglio un nutrimento dello spirito<br />
meno malsano e più sostanzioso <strong>di</strong><br />
quello dei romanzi ad effetto» e che<br />
sente «<strong>il</strong> rimorso <strong>di</strong> non aver saputo,<br />
visto, raccontato e detto tutto e <strong>di</strong> non<br />
aver corretto nel migliore dei mo<strong>di</strong> i<br />
numerosi refusi che ci sono scappati».<br />
Tutto questo non limita l’importanza<br />
dell’iniziativa <strong>di</strong> Barani e Bonati che<br />
ha consentito <strong>di</strong> dare alle stampe la<br />
traduzione <strong>di</strong> un’opera <strong>di</strong> fine Ottocento<br />
de<strong>di</strong>cata, pur con gli evidenti<br />
limiti strutturali segnalati, alla presenza<br />
italiana in Africa, non solo<br />
nell’Eritrea <strong>di</strong> <strong>di</strong>retto dominio, che fu<br />
così carica <strong>di</strong> contrad<strong>di</strong>zioni ed errori.<br />
Al testo <strong>di</strong> Um<strong>il</strong>tà i curatori hanno<br />
fatto seguire un gran numero <strong>di</strong> schede<br />
de<strong>di</strong>cate a personaggi e situazioni<br />
coloniali in genere successivi al 1887<br />
(Appen<strong>di</strong>ce A, pp. 431-606): un’occa-<br />
MARCO LENCI, All’inferno e ritorno<br />
(storie <strong>di</strong> deportati tra Italia ed Eritrea<br />
in epoca coloniale), Biblioteca Franco<br />
Serantini E<strong>di</strong>zioni, Pisa 2004, pp.<br />
143 (Biblioteca <strong>di</strong> cultura storica, 25)<br />
262<br />
sione, dopo <strong>il</strong> testo tradotto, per conoscere<br />
gli esploratori italiani e stranieri<br />
in Africa, alcuni dei quali ricorrono<br />
nella narrazione. Seguono l’Appen<strong>di</strong>ce<br />
B «L’Eritrea nel passato e nel<br />
presente», pp. 607-652, ricchissima<br />
<strong>di</strong> <strong>il</strong>lustrazioni»; l’In<strong>di</strong>ce delle <strong>il</strong>lustrazioni<br />
e dei nomi (personaggi e autori);<br />
l’In<strong>di</strong>ce generale, comprendente 29<br />
capitoli, dal massacro <strong>di</strong> Dogali alle<br />
considerazioni finali <strong>di</strong> Um<strong>il</strong>tà sulla<br />
natura <strong>della</strong> colonizzazione <strong>di</strong> fine<br />
Ottocento. Dopo aver riportato le<br />
posizioni contrastanti <strong>di</strong> molti autori<br />
ed aver ricordato <strong>il</strong> costo in denari e<br />
vite umane <strong>della</strong> guerriglia<br />
antifrancese in Algeria, Um<strong>il</strong>tà ricorda<br />
che «andando in Africa in nome<br />
del <strong>di</strong>ritto del più forte, gli Italiani<br />
impareranno a loro spese che non ci si<br />
può scontrare impunemente con un<br />
paese vecchio come l’Etiopia. La<br />
Abissinia è un riccio che non si sa da<br />
quale parte prendere e quelli che conoscono<br />
<strong>il</strong> paese <strong>di</strong>cono: “Non andate<br />
a cacciarvi in quel ginepraio”».<br />
Parole profetiche, se vogliamo<br />
(Massimo Roman<strong>di</strong>ni).<br />
Il volume si compone <strong>di</strong> tre contributi,<br />
più precisamente «Deportati<br />
eritrei in Italia (1886-1893)», «Un<br />
intellettuale eritreo al confino fascista»,<br />
«Deportati italiani in Eritrea: la
colonia dei coatti <strong>di</strong> Assab (1898-<br />
1899)», nonche <strong>di</strong> appen<strong>di</strong>ci, glossario,<br />
fonti archivistiche e in<strong>di</strong>ce dei<br />
nomi.<br />
L’autore, stu<strong>di</strong>oso <strong>di</strong> storia del<br />
primo colonialismo italiano e docente<br />
<strong>di</strong> Storia dell’ Africa presso la<br />
Facoltà <strong>di</strong> lettere dell’Università <strong>di</strong><br />
Pisa, si è interessato questa volta<br />
anche ad una vicenda (quella che<br />
occupa <strong>il</strong> capitolo secondo) <strong>di</strong> epoca<br />
fascista. Il risultato è un volume <strong>di</strong><br />
grande interesse su un argomento<br />
finora non affrontato o, se affrontato<br />
in qualche sede specialistica, non<br />
certo per l’Eritrea, la «colonia primogenita»<br />
<strong>della</strong> controversa esperienza<br />
coloniale italiana. Lenci ha raccolto<br />
un’ampia documentazione sul problema<br />
<strong>della</strong> deportazione e <strong>della</strong> repressione<br />
tra Italia ed Eritrea che<br />
quasi si incrociavano in quel particolare<br />
momento storico: da un parte, i<br />
<strong>di</strong>ssidenti eritrei fatti affluire in Italia<br />
tra <strong>il</strong> 1886 e <strong>il</strong> 1893 in con<strong>di</strong>zioni<br />
precarie, spesso senza essere stati<br />
neanche condannati, <strong>di</strong>versamente<br />
destinati a seconda <strong>della</strong> loro con<strong>di</strong>zione<br />
<strong>di</strong> m<strong>il</strong>itari (ascari) o civ<strong>il</strong>i, sempre<br />
comunque in contesti <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>i e<br />
talora anche <strong>di</strong>sumani; dall’altra, nel<br />
biennio 1898-1899, quin<strong>di</strong> subito<br />
dopo <strong>il</strong> <strong>di</strong>sastro <strong>di</strong> Adua e all’inizio<br />
del governatorato civ<strong>il</strong>e <strong>di</strong><br />
Fer<strong>di</strong>nando Martini in Eritrea, un<br />
certo numero <strong>di</strong> deportati italiani fu<br />
spe<strong>di</strong>to nella colonia penale <strong>di</strong> Assab<br />
che, per svariate ragioni a cominciare<br />
Le schede<br />
dalle climatiche, non era <strong>il</strong> luogo più<br />
adatto per accoglierli. L’avventata<br />
scelta <strong>di</strong> Assab veniva dopo lunghe<br />
<strong>di</strong>scussioni sull’argomento fin dall’indomani<br />
dell’Unità: come altre<br />
nazioni, seppure <strong>di</strong> ben altro peso<br />
politico, anche l’Italia aveva cercato<br />
<strong>di</strong> dotarsi <strong>di</strong> un luogo oltremare dove<br />
relegare detenuti pericolosi, ad<strong>di</strong>rittura<br />
prima <strong>di</strong> possedere una colonia.<br />
Si trattò <strong>di</strong> un esperimento unico <strong>di</strong><br />
ut<strong>il</strong>izzazione penitenziaria <strong>di</strong> un territorio<br />
coloniale italiano tra <strong>di</strong>fficoltà<br />
politiche e sanitarie gravissime. Vi<br />
furono numerosi decessi prima <strong>della</strong><br />
conclusione <strong>di</strong> questa fallimentare<br />
esperienza <strong>di</strong> cui è traccia anche nelle<br />
pagine del Diario Eritreo del<br />
Martini, che tirò un respiro <strong>di</strong> sollievo,<br />
quando si procedette finalmente<br />
al rimpatrio <strong>di</strong> coatti e custo<strong>di</strong>.<br />
Il capitolo secondo è riservato da<br />
Lenci alla storia <strong>di</strong> Isahac<br />
Menghistu, <strong>il</strong> giovane intellettuale<br />
eritreo, chiamato <strong>il</strong> «moro» dai<br />
compagni, iscritto alla Facoltà <strong>di</strong><br />
Ingegneria dell’Università <strong>di</strong><br />
Roma, condannato nel 1936 al<br />
confino dalle autorità fasciste. Fu<br />
questo solo l’inizio <strong>di</strong> un lungo periodo<br />
<strong>di</strong> sofferenze per questo interessante<br />
personaggio ormai <strong>di</strong>menticato<br />
a cui Lenci ha voluto de<strong>di</strong>care<br />
la sua attenzione, con passione <strong>di</strong><br />
uomo oltre che <strong>di</strong> ricercatore. In<br />
appen<strong>di</strong>ce al volume Lenci riporta<br />
due importanti testimonianze del<br />
fratello e <strong>della</strong> sorella dello sfortuna-<br />
263
Le schede<br />
to studente che si è procurato in<br />
occasione <strong>di</strong> un viaggio <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o in<br />
Eritrea. Ne è derivato, tra <strong>il</strong> contributo<br />
e le testimonianze fam<strong>il</strong>iari, un<br />
quadro vivo e completo <strong>di</strong> un uomo<br />
indomab<strong>il</strong>e che ebbe <strong>il</strong> coraggio, nel<br />
momento <strong>di</strong> massima esaltazione del<br />
fascismo, <strong>di</strong> esprimere a chiare lettere<br />
<strong>il</strong> suo totale <strong>di</strong>ssenso. Lenci ne ha<br />
ricostruito la storia fino alla morte<br />
Il colonialismo e l’Africa. L’opera<br />
storiografica <strong>di</strong> Carlo Giglio, a cura<br />
<strong>di</strong> Giampaolo Calchi Novati,<br />
Carocci, Roma 2004, pp. 134<br />
Il volume raccoglie i contributi<br />
portati da <strong>di</strong>versi stu<strong>di</strong>osi ad un<br />
convegno che si è tenuto presso la<br />
Facoltà <strong>di</strong> scienze politiche<br />
dell’Università pavese nel <strong>di</strong>cembre<br />
2001 e incentrato sulla figura e sugli<br />
scritti <strong>di</strong> Carlo Giglio, che nello<br />
stesso ateneo aveva insegnato dal<br />
1950 al 1976, anno <strong>della</strong> sua morte,<br />
quando copriva la cattedra <strong>di</strong> Storia<br />
e istituzioni dei paesi afro-asiatici,<br />
presentato a ragione da Pasquale<br />
Scaramozzino in apertura come<br />
uno dei maggiori stu<strong>di</strong>osi italiani<br />
dell’Africa.<br />
In quegli anni Giglio aveva fatto<br />
del proprio istituto un centro <strong>di</strong><br />
documentazione <strong>di</strong> storia africana<br />
unico nel proprio genere, che<br />
264<br />
nel 1995, ricordando episo<strong>di</strong> importanti<br />
<strong>della</strong> sua vita e l’amicizia con<br />
Sandro Pertini, uno dei suoi liberatori<br />
dopo la caduta del fascismo,<br />
incontrato poi nel 1980 al<br />
Quirinale, quando Menghistu rimise<br />
piede in Italia trentacinque anni<br />
dopo la fine <strong>della</strong> sua tragica esperienza<br />
<strong>di</strong> antifascista recluso (Massimo<br />
Roman<strong>di</strong>ni).<br />
comprendeva oltre alle collezioni<br />
classiche <strong>di</strong> esplorazioni e <strong>di</strong> viaggi<br />
e alle raccolte <strong>di</strong> atti ufficiali dei<br />
nuovi stati africani, i documenti<br />
delle Nazioni Unite relativi al<br />
medesimo continente e un<br />
centinaio <strong>di</strong> riviste specializzate nel<br />
settore.<br />
Tra gli altri <strong>il</strong> curatore del libro<br />
Giampaolo Calchi Novati analizza la<br />
produzione dello stu<strong>di</strong>oso relativa al<br />
periodo coloniale e al successivo<br />
processo <strong>di</strong> decolonizzazione,<br />
analizzando pregi e limiti<br />
dell’approccio <strong>di</strong> uno storico coevo<br />
agli eventi analizzati che, adottando un<br />
atteggiamento critico nei confronti<br />
<strong>della</strong> produzione crociana e <strong>di</strong> quella<br />
marxista, si sforza <strong>di</strong> lasciar parlare i<br />
documenti e <strong>di</strong> non forzarli ad una<br />
propria interpretazione. Sul tema delle<br />
fonti torna Marco Mozzati in<strong>di</strong>cando<br />
nell’attenzione per queste <strong>il</strong> maggior<br />
lascito dell’opera <strong>di</strong> Giglio. Bahru
Zewde si ferma sui limiti <strong>della</strong> sua<br />
valutazione del trattato <strong>di</strong> Ad<strong>di</strong>s Abeba<br />
del 1896. All’attenzione e alla curiosità<br />
<strong>di</strong> Giglio per l’area musulmana nel<br />
Me<strong>di</strong>terraneo orientale, che traspare<br />
da opere minori e articoli <strong>di</strong>versi,<br />
circoscrive <strong>il</strong> proprio intervento<br />
Federico Cresti.<br />
Ne esce una lettura che parlando <strong>di</strong><br />
uno storico che per la sua formazione<br />
culturale e politica era rimasto fermo<br />
alla personale convinzione <strong>di</strong> un<br />
apporto positivo offerto dalla<br />
colonizzazione europea ai paesi<br />
VITTORIO EMILIANI, L’enigma<br />
<strong>di</strong> Urbino. La città scomparsa, Nino<br />
Aragno E<strong>di</strong>tore, Torino 2004<br />
Vittorio Em<strong>il</strong>iani torna con<br />
questo nuovo libro alla città nella<br />
quale ha vissuto la sua infanzia e in cui<br />
sono rimasti suoi fam<strong>il</strong>iari, Urbino, la<br />
stessa città nella quale negli anni<br />
sessanta dell’Ottocento era cresciuto<br />
Giovanni Pascoli e in anni più vicini<br />
Paolo Volponi. Il primo <strong>di</strong>ceva essere<br />
Urbino «<strong>il</strong> luogo natìo <strong>della</strong> mia<br />
anima» «dove vorrei tornare un<br />
giorno, in devoto pellegrinaggio, solo<br />
e sconosciuto, adorando e<br />
piangendo», Volponi incideva nei<br />
suoi versi «l’immagine <strong>di</strong> Urbino/che<br />
io non posso fuggire/la sua crudele<br />
festa/quieta fra le mie ire».<br />
Le schede<br />
africani sposta via via l’attenzione<br />
all’evoluzione successiva degli stu<strong>di</strong><br />
dell’Africa e del colonialismo. Calchi<br />
Novati, chiosando alcune valutazioni<br />
<strong>di</strong> Giglio sul colonialismo africano, alla<br />
luce del <strong>di</strong>sastro dell’Africa <strong>di</strong> questi<br />
nostri anni commenta come Giglio<br />
non fosse mai arrivato a comprendere<br />
come «<strong>di</strong>sgraziatamente quelli che<br />
venivano vantati come “buoni” da<br />
spendere sul mercato del progresso<br />
erano proprio gli impe<strong>di</strong>menti da cui i<br />
paesi africani non si sarebbero più<br />
liberati del tutto» (Severina Fontana).<br />
Vittorio Em<strong>il</strong>iani vi aveva già<br />
ambientato Le mura <strong>di</strong> Urbino, un<br />
romanzo <strong>di</strong> storia e memoria. Di<br />
nuovo in questo secondo libro si<br />
muove fra passato e presente.<br />
Consapevole <strong>di</strong> avvolgere i luoghi<br />
<strong>della</strong> propria infanzia del velo del<br />
mito e <strong>di</strong> ficcarsi, nello sforzo <strong>di</strong><br />
cercare le ragioni dei cambiamenti,<br />
in un «doloroso, frustrante, spinoso<br />
ginepraio psicologico» non<br />
rinuncia a denunciare le con<strong>di</strong>zioni<br />
<strong>della</strong> città <strong>di</strong> oggi «svuotata e come<br />
scomparsa, una città fantasma <strong>della</strong><br />
quale sembra a volte restare una<br />
sorta <strong>di</strong> guscio spen<strong>di</strong>damente<br />
vuoto. Caso-limite o, più<br />
probab<strong>il</strong>mente, para<strong>di</strong>gma dei<br />
nostri centri storici più belli e<br />
civ<strong>il</strong>i». Quel che è accaduto a<br />
265
Le schede<br />
Urbino è infatti quel che accade<br />
oggi in tutte le città italiane, lo<br />
svuotamento del centro storico dei<br />
suoi vecchi inqu<strong>il</strong>ini, la per<strong>di</strong>ta<br />
<strong>della</strong> propria anima, l’occupazione<br />
delle case da parte <strong>di</strong> uffici e banche<br />
e, quando questo accade, l’arrivo <strong>di</strong><br />
flussi turistici <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>natamente<br />
organizzati.<br />
Seguendo la traccia dei ricor<strong>di</strong><br />
personali l’autore traccia la storia del<br />
cambiamento avvenuto fino a risalire<br />
all’inizio del processo <strong>di</strong> sfibramento<br />
<strong>della</strong> precedente vita comunitaria<br />
negli anni del dopoguerra, al<br />
trasferimento delle prime famiglie<br />
nelle case popolari costruite fuori<br />
mura e alla successiva emigrazione. A<br />
Urbino mancava infatti un tessuto<br />
industriale che offrisse opportunità <strong>di</strong><br />
lavoro. Unica risorsa rimaneva<br />
l’Università che con <strong>il</strong> rettorato <strong>di</strong><br />
Carlo Bo s’ingran<strong>di</strong>va notevolmente,<br />
ma che cominciava ad occupare via<br />
via i palazzi nob<strong>il</strong>i del centro con i<br />
propri istituti. Nel giro <strong>di</strong> qualche<br />
anno l’Università a poco a poco si<br />
mangiava la città. L’intero centro<br />
<strong>di</strong>ventava un campus universitario e<br />
266<br />
gli urbinati rimasti degli affittacamere.<br />
La popolazione tornava ai 15.000<br />
abitanti che la città contava ai tempi<br />
dell’Unità d’Italia. Seguiva la<br />
soppressione <strong>di</strong> ben quattro delle<br />
cinque parrocchie del centro.<br />
In questo modo <strong>il</strong> muoversi <strong>di</strong><br />
Em<strong>il</strong>iani fra i se<strong>di</strong>menti <strong>della</strong> memoria<br />
gli consente <strong>di</strong> <strong>di</strong>segnare un volume<br />
ricco <strong>di</strong> suggestioni spen<strong>di</strong>b<strong>il</strong>i sul<br />
fronte <strong>della</strong> storia degli anni recenti del<br />
nostro paese, quando abbiamo<br />
assistito all’inversione <strong>di</strong> un lungo<br />
ciclo, durato secoli, che parallelamente<br />
allo sv<strong>il</strong>uppo dei ceti borghesi aveva<br />
visto le nostre città trainare <strong>il</strong> processo<br />
<strong>di</strong> modernizzazione del paese ed<br />
esercitare sulla popolazione rurale un<br />
potere <strong>di</strong> attrazione che ha avuto <strong>il</strong> suo<br />
massimo esponente, ma anche <strong>il</strong> suo<br />
punto d’arrivo, negli anni del boom.<br />
Nello spaesamento <strong>di</strong> Em<strong>il</strong>iani gli<br />
interrogativi <strong>di</strong> molti e <strong>il</strong> desiderio <strong>di</strong><br />
capire dei più, ma anche un manifesto<br />
contro le tendenze del periodo attuale<br />
«nel quale non si vuole avere memoria<br />
e si tende ad uccidere anche la storia»<br />
(Severina Fontana).
notizie sugli autori <strong>di</strong> questo numero<br />
notizie sugli autori <strong>di</strong> questo numero<br />
MASSIMO BONFANTINI - Professore associato <strong>di</strong> Semiotica nel Politecnico <strong>di</strong><br />
M<strong>il</strong>ano. Dal 1972 al 1987 ha lavorato come ricercatore con Umberto Eco al<br />
DAMS <strong>di</strong> Bologna. Dal 1987 al 1995 ha insegnato Semiologia nell’Istituto<br />
Universitario Orientale <strong>di</strong> Napoli. Fra i suoi numerosi libri, La semiosi e<br />
l’abduzione (1987), Breve Corso <strong>di</strong> Semiotica (2000) e la cura delle Opere <strong>di</strong><br />
Peirce (2003). È componente del Comitato scientifico dell’Istituto storico <strong>della</strong><br />
Resistenza P. Fornara <strong>di</strong> Novara, presidente dell’Associazione per la memoria<br />
<strong>di</strong> Mario Bonfantini e <strong>della</strong> Fondazione Sergio Bonfantini.<br />
GIAN MARIO BRAVO - Preside <strong>della</strong> facoltà <strong>di</strong> Scienze Politiche dell’Università<br />
<strong>di</strong> Torino e presidente <strong>della</strong> Fondazione <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> Luigi Firpo, da anni stu<strong>di</strong>a la<br />
storia del pensiero socialista e del marxismo.<br />
RICCARDO CAPPELLI - Dottore in Scienze Politiche presso l’Università<br />
<strong>di</strong> Firenze, ha pubblicato <strong>di</strong>versi saggi e articoli su questioni strategicom<strong>il</strong>itari.<br />
UMBERTO CHIARAMONTE - Ispettore del MIUR per <strong>il</strong> settore storico delle<br />
scienze sociali, è autore <strong>di</strong> saggi e volumi <strong>di</strong> storia contemporanea, tra i quali<br />
Il municipalismo <strong>di</strong> Luigi Sturzo, Morcelliana, Brescia 1992; Il <strong>di</strong>battito sulle<br />
autonomie nella storia d’Italia, Franco Angeli, M<strong>il</strong>ano 1998; Arturo Vella e <strong>il</strong><br />
socialismo massimalista, Lacaita, Manduria 2001 e Luigi Sturzo nell’ANCI,<br />
Rubbettino, Soveria Mannelli 2004.<br />
CRISTIAN COLLINA - Laureato all’Università Orientale <strong>di</strong> Napoli e dottorando<br />
<strong>di</strong> ricerca a Torino, sta conducendo stu<strong>di</strong> sulla storia dei paesi dell’ex Urss e in<br />
particolare sulla Russia.<br />
267
notizie sugli autori <strong>di</strong> questo numero<br />
FEDERICO CRESTI - Or<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> Storia e Istituzioni dell’Africa all’Università<br />
<strong>di</strong> Catania. Tra i suoi principali temi <strong>di</strong> ricerca sono la storia del Maghreb in<br />
età ottomana, la società e storia urbana del mondo islamico me<strong>di</strong>terraneo e la<br />
colonizzazione agraria in Libia.<br />
ANGELO DEL BOCA - Da quarant’anni si occupa <strong>di</strong> storia del colonialismo e dei<br />
problemi dell’Africa d’oggi. Fra i suoi ultimi libri: Gheddafi. Una sfida dal<br />
deserto, Laterza, 1998; Un testimone scomodo, Grossi, 2000; La <strong>di</strong>sfatta <strong>di</strong> Gasr<br />
bu Hà<strong>di</strong>, Mondadori, 2004.<br />
EDGARDO FERRARI - Ex sindaco <strong>di</strong> Domodossola, da anni cura la <strong>rivista</strong><br />
«Almanacco storico ossolano».<br />
RENZO FIAMMETTI - Collaboratore dell’Istituto storico <strong>della</strong> Resistenza P.<br />
Fornara <strong>di</strong> Novara. Tra le sue pubblicazioni L’Ovest Ticino dalla prima guerra<br />
mon<strong>di</strong>ale alla Liberazione, Interlinea, Novara 1997 e 25 apr<strong>il</strong>e. Storia, mito,<br />
immagini <strong>della</strong> festa <strong>della</strong> Liberazione a Prato Sesia, Lampi <strong>di</strong> Stampa, M<strong>il</strong>ano<br />
2005.<br />
SEVERINA FONTANA -Insegnante <strong>di</strong> scuola superiore, si è occupata <strong>di</strong> storia<br />
dell’associazionismo economico e politico tra Otto e Novecento. Tra le altre<br />
pubblicazioni ha curato La Federconsorzi tra Stato liberale e fascismo, Laterza,<br />
Roma-Bari 1995.<br />
NICOLA LABANCA - Docente <strong>di</strong> storia contemporanea all’Università <strong>di</strong> Siena,<br />
si occupa <strong>di</strong> storia del colonialismo italiano. Tra i suoi stu<strong>di</strong> più recenti è Posti<br />
al sole. Diari e memorie <strong>di</strong> vita e <strong>di</strong> lavoro dall’Africa Italiana, Rovereto 2001.<br />
Insieme a Angelo <strong>Del</strong> <strong>Boca</strong>, per gli E<strong>di</strong>tori Riuniti, ha curato L’Impero africano<br />
del fascismo nelle fotografie dell’Istituto Luce, Roma 2002.<br />
MARCO LENCI - Docente all’Università <strong>di</strong> Pisa, ha pubblicato volumi sui<br />
rapporti tra l’Italia e <strong>il</strong> Maghreb barbaresco in età moderna. Attualmente si<br />
occupa <strong>di</strong> storia del colonialismo italiano in Eritrea.<br />
GIORGIO NOVELLO - Diplomatico <strong>di</strong> carriera, ha stu<strong>di</strong>ato giurisprudenza a<br />
Padova, scienze politiche all’École Nationale d’Administration <strong>di</strong> Parigi e<br />
storia economica alla London School of Economics. Professionalmente si è<br />
268
notizie sugli autori <strong>di</strong> questo numero<br />
occupato <strong>di</strong> integrazione europea e ha prestato servizio a Lagos, Londra, Bonn<br />
e Berlino. Attualmente è Rappresentante Permanente aggiunto d’Italia presso<br />
l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa a Vienna.<br />
FELICE POZZO - Stu<strong>di</strong>oso <strong>di</strong> Em<strong>il</strong>io Salgari e <strong>di</strong> storia delle esplorazioni, ha<br />
pubblicato su questi argomenti articoli e saggi in riviste specializzate. <strong>Del</strong>le<br />
opere del romanziere veronese ha anche curato <strong>di</strong>verse e<strong>di</strong>zioni.<br />
MASSIMO ROMANDINI - Docente <strong>di</strong> scuola me<strong>di</strong>a, dal 1969 al 1975 ha<br />
insegnato in Etiopia alle <strong>di</strong>pendenze del ministero degli Esteri. Ha pubblicato<br />
molti manuali <strong>di</strong> <strong>di</strong>dattica, fra i quali citiamo l’e<strong>di</strong>zione commentata de I<br />
promessi sposi, Mandese, 1983.<br />
269
Il <strong>Centro</strong> Stu<strong>di</strong> Piero Ginocchi <strong>di</strong> Crodo è un’associazione <strong>di</strong> volontari con<br />
personalità giuri<strong>di</strong>ca riconosciuta dalla Regione Piemonte e opera sul territorio<br />
dal 1986, senza fini <strong>di</strong> lucro. Ha lo scopo <strong>di</strong> promuovere, coor<strong>di</strong>nare e<br />
<strong>di</strong>sciplinare le attività <strong>di</strong> carattere culturale, stu<strong>di</strong>o e ricerca scientifica, al fine<br />
<strong>di</strong> sollecitare la partecipazione popolare, l’impegno civ<strong>il</strong>e e sociale dei citta<strong>di</strong>ni.<br />
Le principali attività consistono nella gestione e valorizzazione delle<br />
seguenti proprietà: la biblioteca “Vittorio Resta”, Il Museo <strong>di</strong> Scienze <strong>della</strong><br />
Terra “Ubaldo Baroli”, Il Museo Mineralogico “Aldo Roggiani”, <strong>il</strong> Museo <strong>della</strong><br />
Acque Minerali “Carlo Brazzorotto”, l’archivio fotografico “Scriba”. Cura<br />
l’Archivio Storico del Comune <strong>di</strong> Crodo e <strong>di</strong>ffonde ricerche e stu<strong>di</strong> attraverso<br />
<strong>il</strong> ramo e<strong>di</strong>toriale dell’istituto.<br />
Tra i principali volumi pubblicati: L’oro <strong>della</strong> Valle Antigorio. Le acque<br />
minerali <strong>di</strong> Crodo fra realtà e leggenda, a cura <strong>di</strong> Angelo <strong>Del</strong> <strong>Boca</strong>, 1993; Le<br />
Poesie, 1912 - 1949, <strong>di</strong> Vittorio D’Avino, a cura <strong>di</strong> Giuseppe Cobianchi, 1994;<br />
Una vita tante scalate, <strong>di</strong> Giovanni Rapetti, 1995; Il bambino del fiume, <strong>di</strong> Anna<br />
Mencarelli, 1999; I compagni <strong>di</strong> Sant’Antonio in Roma e Bologna. Le società<br />
laicali degli emigrati dalla Valle Antigorio e Formazza, a cura <strong>di</strong> Edgardo Ferrari,<br />
2000; Crodo e la Grande Guerra, <strong>di</strong> Angelo <strong>Del</strong> <strong>Boca</strong>, 2001; Mons. Leone Ossola,<br />
<strong>il</strong> Vescovo che salvò Novara, <strong>di</strong> Gaudenzio Barbè, 2002; L’occhio del maestro, <strong>di</strong><br />
Angelo <strong>Del</strong> <strong>Boca</strong>, 2003; <strong>Del</strong>la territorialità e <strong>della</strong> proprietà dell’Alpe Cravariola,<br />
<strong>di</strong> Francesco Scaciga <strong>della</strong> S<strong>il</strong>va, a cura <strong>di</strong> Edgardo Ferrari, 2004; La Repubblica<br />
partigiana dell’Ossola, a cura <strong>di</strong> Angelo <strong>Del</strong> <strong>Boca</strong>, 2004; Memoria sulle<br />
con<strong>di</strong>zioni dell’agricoltura e <strong>della</strong> classe agricola nel circondario dell’Ossola, <strong>di</strong><br />
Stefano Calpini, a cura <strong>di</strong> Edgardo Ferrari, 2005.<br />
269