per i nostri cari defunti - Societa San Paolo
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38 50 GIORNO III «Venite, o spiriti celesti, 17 in suo aiuto»; lo si raccomandava caldamente agli Dei Mani coll’indirizzar loro queste od altre somiglianti parole: «Vogliate, o Mani santissimi, aver cura del mio defunto ed usargli massima indulgenza». 18 Gli si augurava di gran cuore che le maggiori divinità gli avessero ad essere propizie col dire: «Gli dèi ti facciano del bene». 19 Nel trasportare il cadavere dalla casa al tempio, oltre all’accompagnarlo con nere torce, che solo si usavano nei funerali, si cantava per istrada | l’inno dei morti al suono dei flauti, e giunti al luogo sacro lo si incensava e si aspergeva coll’acqua lustrale, quindi portatolo al luogo della tomba, nell’atto stesso di rinchiuderlo entro, da tutti i circostanti ad alta voce ed a più riprese gli si dava l’eterno saluto, 20 che in sostanza non significava altro che questo: Possa essere felice al più presto per tutta l’eternità. Con questa stessa fede dappertutto si trova il massimo impegno per dare ai morti la sepoltura più onorata che fosse possibile. Ed ecco gli Egiziani innalzare a tal fine colonne, obelischi e piramidi, che anche oggi formano l’ammirazione del mondo. Ecco i Cinesi seppellire i loro congiunti nei loro giardini, all’ombra dei folti alberi. Ecco gli Etiopi fare delle statue entro le quali racchiudere le ceneri dei loro morti. Ecco gli Spartani non piantare vicino alle tombe che alberi d’ulivo in segno di misericordia e di pietà per i trapassati. Ecco i Greci ed i Romani stabilire necropoli, erigere mausolei e innalzare le tombe lungo le strade maestre e nei luoghi più frequentati. Ecco gli indigeni dell’America del Sud prostrarsi dinnanzi ai soldati spagnuoli, supplicandoli colle lacrime agli occhi a rispettare le tombe dei loro cari estinti. Ecco gli stessi selvaggi fuggenti davanti la pretesa civiltà inglese, affaticati ed ansanti, costernati e grondanti di sudore, tra- –––––––––––– 17 «Adeste, superi...». 18 «Ita vos, Manes sanctissimi, commendatum habeatis meum coniugem, et velitis illi indulgentissimi esse». 19 «Dii tibi bene faciant». 20 «Æternum vale».
IL PURGATORIO ESISTE 51 sportare con religiosa pietà le ossa dei loro morti attraverso i deserti. Ma oltre al dare una onorata sepoltura ai trapassati, tutti i popoli, dominati sempre dalla fede di | poterli sempre aiutare nell’altra vita, seguirono ancora delle relative costumanze. Taluni, come gli Albani, che sono dei popoli più antichi della nostra cara Italia, erano soliti a portare le cose più preziose sopra i sepolcri dei loro parenti ed amici defunti; tali altri, come gli Ebrei, i Greci, ed i Romani, deponevano sopra le tombe dei trapassati della farina, del vino, e dell’olio; tali altri, come i Maomettani, mettevano nella cassa dei morti grande quantità di monete, credendo che loro potessero giovare, e spargevano sopra la loro tomba delle essenze odorose; tali altri, come i Groenlandesi, sotterravano coi morti i loro arnesi da pesca e da caccia, pensando che se ne potessero servire a loro pro; tali altri, come gli Americani, celebravano essi pure una grande festa in memoria di tutti i loro morti; tali altri, come i Romani, consecravano a loro speciale commemorazione un mese intero, il mese di febbraio, che fu chiamato così appunto da februa, ossia riti espiatori per i defunti. Ma dove specialmente si conosce quanta fede abbiano avuto tutti i popoli di poter giovare alle anime dei loro trapassati, si è nei sacrifizi. Quel Platone, che vi ho già nominato, parlando di questi sacrifici dice che non solamente i privati sono obbligati a farli, ma che le città stesse devono guardarsi dal trascurarli, essendo essi di una grande efficacia per liberare i morti dai tormenti che soffrono. I Romani chiamavano questi sacrifici col nome di justa, volendo con tale parola, come dice Tito Livio, 21 indicare che il fare sacrifici a pro delle anime | dei morti è dovere di giustizia. Gli In- –––––––––––– 21 Storico padovano (59 a.C.-17 d.C.), autore della monumentale storia di Roma in 142 volumi Ab Urbe condita (Dalla fondazione di Roma) fino ad Augusto (anno 14 d.C.). 39 40
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sportare con religiosa pietà le ossa dei loro morti attraverso i<br />
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Ma oltre al dare una onorata sepoltura ai trapassati, tutti i<br />
popoli, dominati sempre dalla fede di | poterli sempre aiutare<br />
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Taluni, come gli Albani, che sono dei popoli più antichi della<br />
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sopra i sepolcri dei loro parenti ed amici <strong>defunti</strong>; tali altri,<br />
come gli Ebrei, i Greci, ed i Romani, deponevano sopra le<br />
tombe dei trapassati della farina, del vino, e dell’olio; tali altri,<br />
come i Maomettani, mettevano nella cassa dei morti<br />
grande quantità di monete, credendo che loro potessero giovare,<br />
e spargevano sopra la loro tomba delle essenze odorose;<br />
tali altri, come i Groenlandesi, sotterravano coi morti i loro<br />
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servire a loro pro; tali altri, come gli Americani, celebravano<br />
essi pure una grande festa in memoria di tutti i loro morti;<br />
tali altri, come i Romani, consecravano a loro speciale commemorazione<br />
un mese intero, il mese di febbraio, che fu<br />
chiamato così appunto da februa, ossia riti espiatori <strong>per</strong> i <strong>defunti</strong>.<br />
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avuto tutti i popoli di poter giovare alle anime dei loro trapassati,<br />
si è nei sacrifizi. Quel Platone, che vi ho già nominato,<br />
parlando di questi sacrifici dice che non solamente i<br />
privati sono obbligati a farli, ma che le città stesse devono<br />
guardarsi dal trascurarli, essendo essi di una grande efficacia<br />
<strong>per</strong> liberare i morti dai tormenti che soffrono. I Romani<br />
chiamavano questi sacrifici col nome di justa, volendo con<br />
tale parola, come dice Tito Livio, 21 indicare che il fare sacrifici<br />
a pro delle anime | dei morti è dovere di giustizia. Gli In-<br />
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21 Storico padovano (59 a.C.-17 d.C.), autore della monumentale storia<br />
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