per i nostri cari defunti - Societa San Paolo
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331 332 GIORNO XXIX DIFFONDIAMO LA DIVOZIONE DEL PURGATORIO Le anime purganti ebbero qualche volta dal Signore la facoltà di comunicare coi vivi per sapientissimi fini; ma specialmente per chiedere il soccorso delle loro preghiere. Molte sono state le manifestazioni, sebbene conviene ed è dovere vigilare attentamente sia per non credere ad ogni cosa, sia per non rigettarle tutte, quasi fossero tutte invenzioni o fantasie. Ma in generale le anime purganti sono costrette a soffrire senza farci udire la loro voce. Soffrono nel loro luogo di pena ignorate e dimenticate. Chi può mai dire quante da secoli sono trattenute colà senza soccorso! e la loro invocazione si perde nel silenzio glaciale dei vivi. Hanno bisogno di apostoli, di chi parli, perori la loro causa. Diffondiamo dunque la divozione delle anime del Purgatorio. * * * Il Vangelo ha un fatto adatto a farci comprendere questi pensieri. «Essendo una festa dei Giudei, Gesù andò a Gerusalemme. Qui vi è la piscina probatica, in ebraico Betsaida, 1 la quale ha cinque portici. In questi giaceva gran quantità d’infermi, ciechi, zoppi e paralitici, ad aspettare il moto dell’acqua. Un Angelo del Signore, infatti, scendeva ogni tanto nella piscina e l’acqua n’era agitata. E chi per il primo si tuffava dopo il moto dell’acqua, guariva da qualunque malattia fosse oppresso. Vi stava un uomo che era infermo da trentotto anni. Gesù, vistolo giacere e sapendo che da molto tempo si trovava in quella condizione, gli disse: Vuoi essere guarito? Signore, rispose l’infermo, non ho nessuno che mi metta nella vasca quando –––––––––––– 1 Denominazione erronea per Betzaetà o Betzatà.
DIFFONDIAMO LA DIVOZIONE DEL PURGATORIO 281 l’acqua è agitata; e quando mi accosto io, un altro vi è già disceso prima di me. Gesù gli disse: Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina. E nell’istante, l’uomo guarì e, preso il letticciuolo, cominciò a camminare» [Gv 5,1-9]. Questo è il lamento delle anime purganti: «Non abbiamo chi pensi a noi»! Chi ama quelle anime si faccia la loro eco, anzi ripeta e sia la loro stessa voce. «Grida, non cessare!». Chi deve zelare questa divozione? Anzitutto il Sacerdote: è questi infatti per vocazione | e per ufficio il salvatore di anime. «Vi ho eletti, dice il Signore, perché andiate e salviate le anime, ed il vostro frutto rimanga in eterno» [Gv 15,16]. Il Sacerdote deve confessare, predicare, pregare per salvare anime. Egli le rigenera a Dio nel santo Battesimo; le cresce col Cibo Eucaristico; le illumina colla sapienza evangelica; le sostiene con la vigile premura; le risuscita con la Penitenza; le mette su la via sicura sul letto di morte! Ma il suo compito non finisce ancora: quando oramai sono già su la soglia del cielo, quando più non le trattiene che qualche imperfezione, egli prenda coraggiosamente la chiave del cielo; e lo apra loro. La chiave del cielo, cioè il potere del suffragio che è posto nelle sue mani. Compia il suo ufficio: salvi, salvi molte anime. Ed essendo ormai per compiersi il grande suo lavoro, raddoppi il suo zelo. Particolarmente il Parroco; poiché a lui, anche per giustizia, compete l’ufficio ed il dovere di salvare i suoi figliuoli spirituali, i parrocchiani. Egli non ha la cura in generale dei cristiani, ma ha la cura particolare di quel piccolo gregge che è una parrocchia. Verso di esso deve dire: «Io sono il buon pastore, e conosco le mie pecorelle, ed esse conoscono me ed ascoltano la mia voce. Io le amo fino a dare tutti i giorni della mia vita, tutto il mio tempo, i miei beni per loro. Chi non è pastore, ma semplice mercenario, lascia le anime nel pericolo e nel dolore, né pensa a salvarle, a liberarle, a con- 333
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l’acqua è agitata; e quando mi accosto io, un altro vi è già disceso<br />
prima di me. Gesù gli disse: Alzati, prendi il tuo lettuccio<br />
e cammina. E nell’istante, l’uomo guarì e, preso il letticciuolo,<br />
cominciò a camminare» [Gv 5,1-9].<br />
Questo è il lamento delle anime purganti: «Non abbiamo<br />
chi pensi a noi»!<br />
Chi ama quelle anime si faccia la loro eco, anzi ripeta e<br />
sia la loro stessa voce. «Grida, non cessare!».<br />
Chi deve zelare questa divozione?<br />
Anzitutto il Sacerdote: è questi infatti <strong>per</strong> vocazione | e<br />
<strong>per</strong> ufficio il salvatore di anime. «Vi ho eletti, dice il Signore,<br />
<strong>per</strong>ché andiate e salviate le anime, ed il vostro frutto rimanga<br />
in eterno» [Gv 15,16]. Il Sacerdote deve confessare,<br />
predicare, pregare <strong>per</strong> salvare anime. Egli le rigenera a Dio<br />
nel santo Battesimo; le cresce col Cibo Eu<strong>cari</strong>stico; le illumina<br />
colla sapienza evangelica; le sostiene con la vigile premura;<br />
le risuscita con la Penitenza; le mette su la via sicura<br />
sul letto di morte! Ma il suo compito non finisce ancora: quando<br />
oramai sono già su la soglia del cielo, quando più non le<br />
trattiene che qualche im<strong>per</strong>fezione, egli prenda coraggiosamente<br />
la chiave del cielo; e lo apra loro. La chiave del cielo,<br />
cioè il potere del suffragio che è posto nelle sue mani. Compia<br />
il suo ufficio: salvi, salvi molte anime. Ed essendo ormai<br />
<strong>per</strong> compiersi il grande suo lavoro, raddoppi il suo zelo.<br />
Particolarmente il Parroco; poiché a lui, anche <strong>per</strong> giustizia,<br />
compete l’ufficio ed il dovere di salvare i suoi figliuoli<br />
spirituali, i parrocchiani. Egli non ha la cura in generale dei<br />
cristiani, ma ha la cura particolare di quel piccolo gregge che<br />
è una parrocchia. Verso di esso deve dire: «Io sono il buon<br />
pastore, e conosco le mie pecorelle, ed esse conoscono me ed<br />
ascoltano la mia voce. Io le amo fino a dare tutti i giorni<br />
della mia vita, tutto il mio tempo, i miei beni <strong>per</strong> loro. Chi<br />
non è pastore, ma semplice mercenario, lascia le anime nel<br />
<strong>per</strong>icolo e nel dolore, né pensa a salvarle, a liberarle, a con-<br />
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