per i nostri cari defunti - Societa San Paolo
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126 120 GIORNO XII * * * A Sant’Elisabetta, regina d’Ungheria, 1 essendo ancora giovanissima era morta sua madre Geltrude: e non è a dire quanto s’impegnasse a suffragarne l’anima con grandi orazioni, digiuni, elemosine ed altre opere buone. Una notte, mentre dormiva tranquillamente, fu svegliata all’improvviso da replicati sospiri e gemiti dolorosi. Spaventata si alzò seduta sul letto e aprì gli occhi ed ecco apparire nel buio della stanza una donna, la quale avvolta in funereo ammanto, pieno il volto di profonda mestizia, si avvicinò al letto di Elisabetta e, buttatasi in ginocchio: «Figlia, disse, guarda tua madre tra le pene; viene a pregarti e a scongiurarti di liberarla. Ah! per i dolori che ho sofferti per te, per l’amore con cui ti ho allattata, per le cure che ti ho prodigate, raddoppia, ti supplico, le tue orazioni, acciocché Iddio mi liberi da questi insopportabili tormenti». E ciò detto sparì. Senza perdere tempo Elisabetta si alzò dal letto, si gettò ai piedi del Crocifisso, immersa nelle lacrime, e supplicò e scongiurò il Divin Redentore ad aver pietà della sua povera madre. Quindi si diede la disciplina e si offerì al Signore come vittima, fino a che stanca fu vinta dal sonno. Ma di lì a poco di nuovo si sente svegliare, non più da gemiti, | bensì da canti e da armonie angeliche; apre gli occhi e vede sua madre raggiante di gloria, che, sorridendo e guardandola, le dice: «Figlia, ti ringrazio delle preghiere e delle penitenze fatte per me: Iddio le ha accettate, ed ora, libera dalle fiamme del purgatorio, io volo ai gaudii eterni»; e in così dire sparì, lasciando Elisabetta tripudiante di purissima gioia. * * * Possiamo avere vincoli di riconoscenza verso anime che si trovano in purgatorio. Sono forse già passati all’eternità benefattori spirituali: –––––––––––– 1 Elisabetta di Turingia (1207-1231), non regina ma figlia del re Andrea d’Ungheria, divenne contessa di Eisenach sposando Ludovico di Turingia. Ebbe per madre Gertrude di Merano, nobildonna di costumi poco esemplari.
CHI SONO LE ANIME PURGANTI RISPETTO A NOI 121 – forse quel Parroco che ci battezzò, ci istruì nel catechismo, ci ammise alla prima comunione; – forse quel Confessore che tante volte ci sciolse dai nostri peccati, ci consolò nelle pene di spirito, ci diresse nella via del bene; – forse quel predicatore che ci illuminò, quella persona così virtuosa che ci lasciò tanti buoni esempi, quello scrittore che ci fu veramente buon aiuto con i libri e coi periodici. Sono forse già passati all’eternità quei benefattori naturali; – forse quel buon Maestro che nei banchi della scuola ci incamminò nella via del sapere con gran fatica; – forse quella persona facoltosa che con sussidii ci raccolse orfani, porse aiuto alla famiglia nostra, fece apprendere una professione od un mestiere; – forse quel capo d’arte, quel datore di lavoro, | quella persona così influente ed oculata nelle associazioni religiose, nelle amministrazioni pubbliche o private. E chi può mai enumerare tutti i benefattori, se siamo in una società ove facciamo religiosamente e civilmente un organismo unico? La riconoscenza è sentimento naturale per l’uomo, che suole rispondere almeno con un grazie a chi benefica. La riconoscenza è istinto persino insito nella natura, poiché si narra di certi animali che, beneficati, furono sempre grati ai loro protettori. La riconoscenza è virtù cristiana, che forma parte della giustizia, piace al Signore ed ha per frutto grande merito. Perciò il Divin Maestro insisteva con l’unico, dei dieci lebbrosi sanati, che venne a ringraziarlo: «Non sono forse dieci i guariti? e come mai uno solo è venuto a ringraziare Dio pel beneficio?» [Lc 17,12-19]. La riconoscenza si dimostra nelle occasioni in cui lo stesso benefattore ha bisogno. Orbene chi più bisognoso delle anime purganti? Penano, e tanto! soffrono la fame di Dio, e nessuno le sazia! L’amicizia non può consistere solo in parole, ma devesi mostrare in opere, né può bastare mostrarsi affettuoso con 127
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guarda tua madre tra le pene; viene a pregarti e a scongiurarti<br />
di liberarla. Ah! <strong>per</strong> i dolori che ho sofferti <strong>per</strong> te, <strong>per</strong> l’amore<br />
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ti supplico, le tue orazioni, acciocché Iddio mi liberi<br />
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Senza <strong>per</strong>dere tempo Elisabetta si alzò dal letto, si gettò ai<br />
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madre. Quindi si diede la disciplina e si offerì al Signore come<br />
vittima, fino a che stanca fu vinta dal sonno. Ma di lì a<br />
poco di nuovo si sente svegliare, non più da gemiti, | bensì da<br />
canti e da armonie angeliche; apre gli occhi e vede sua madre<br />
raggiante di gloria, che, sorridendo e guardandola, le dice:<br />
«Figlia, ti ringrazio delle preghiere e delle penitenze fatte <strong>per</strong><br />
me: Iddio le ha accettate, ed ora, libera dalle fiamme del purgatorio,<br />
io volo ai gaudii eterni»; e in così dire sparì, lasciando<br />
Elisabetta tripudiante di purissima gioia.<br />
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Ebbe <strong>per</strong> madre Gertrude di Merano, nobildonna di costumi poco esemplari.