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1 Alessandra Tamburini La vita “ci dà l'uno e ci suggerisce l'altro” È ...

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e Francesco De Sanctis; fu caro anche, per i suoi scritti, a Giuseppe Garibaldi, del qualeconserva, gelosamente, parecchi opuscoli […]. »Segue un esaltante elenco di successi teatrali, attestati da un’ampia eco di stampa, raccolta in unquaderno con dedica manoscritta al figlio Italo. <strong>La</strong> rassegna si conclude con una nota chegiocosamente svela uno pseudonimo di <strong>Tamburini</strong>.« Sotto il trasparente anagramma di Nita Umbri collabora in vari giornali letterari ededucativi. »2* * *Fra le lettere argute e i brogliac<strong>ci</strong> del letterato coltissimo – conservati da mio padre Italo – horinvenuto un pieghevole fas<strong>ci</strong>ato con carta vergatina, eccezionale per l’eleganza della bordura aricami oro e azzurro, dentro una greca rossa. È un gioiellino di letteratura satirica che trascrivo quiper svago al lettore che si sia avventurato sui passi tenebrosi e folgoranti di Nicola. È una poesiainedita di Alessandro Manzoni, con una premessa e con la chiusa, firmate Emanuele Gaetani<strong>Tamburini</strong> e datate luglio 1889, Bologna.« Cinquant’anni addietro non c’era maestro elementare che non facesse mandare amemoria agli scolari le canzonette più belle del Metastasio, non c’era veglia domestica incui non paresse prova di onesto spirito intercalare nel discorso il suo bravo “Nel cammindi nostra <strong>vita</strong>”, o condire il frizzo coll’ine<strong>vita</strong>bile “È la fede degli amanti come l’arabafenice […]”.Ebbene, fu intorno a quel tempo che ad Alessandro Manzoni venne il ticchio di celiare colpoeta di moda, scrivendo sul dorso di una lettera al suo amico Tommaso Grossi queste<strong>ci</strong>nque strofe di pretto stile metastasiano, strofe che mi sono state gentilmente favorite, perla pubblicazione, da un letterato egregio. Eccole, e s’intitolano:Strofe senza indirizzoTu vuoi saper s’io vado.Tu vuoi saper s’io resto.Sappi, ben mio, che questonon lo saprai da me.Non che il pudor nativometta alla lingua il morso,o che impedisca il corsoquel certo non so che…Vuoi ch’io dica perché non lo dico.Ma lo dico – Oh destino inimico!Non lo dico – Oh terribile intrico!Non lo dico perché non lo so.Lo chieggo alla madrecon pianti ed omei,risponde: Vorreisaperlo da te.

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