R Mariotti, F Mauri - Linee <strong>guida</strong> dell’infarto miocardico acutogerivano un trend favorevole di riduzione della mortalitànel postinfarto.Due ampi studi in corso di pubblicazione hanno valutatol’efficacia dell’amiodarone nel postinfarto utilizzandodue diverse strategie:- studio EMIAT, con amiodarone vs placebo in pazienticon infarto miocardico recente e frazione di eiezione< 40% 138 ;- studio CAMIAT, con amiodarone vs placebo in pazienticon infarto miocardico recente <strong>ed</strong> extrasistoliaventricolare frequente (≥ 10 BEV/ora o run < 10 complessi)139 .I risultati preliminari dell’EMIAT e del CAMIATnon evidenziano una significativa riduzione della mortalitàtotale, ma solo del numero di morti per aritmie <strong>ed</strong>egli arresti cardiaci resuscitati. In entrambi gli studi siè registrata un’elevata incidenza di interruzioni della terapiacon amiodarone a 2 anni dall’inizio del protocollo.Un recente studio ha mostrato che il d-sotalolo aumentala mortalità dopo infarto miocardico 140 .Antiaggreganti piastrinici. L’aspirina (ASA), a dosaggio≥ 160 mg/die, dovrebbe essere somministrataa tutti i pazienti dopo IMA in assenza di controindicazioni(ulcera peptica in fase attiva, diatesi emorragica,allergia).Uno studio controllato di vaste dimensioni 13 ha dimostratoche l’ASA, al dosaggio di 165 mg, riduce del25% la mortalità a 6 mesi se la sua somministrazioneinizia precocemente dopo IMA. Non vi sono dimostrazioniin singoli studi clinici della riduzione della mortalitànei casi in cui l’ASA venga iniziato tardivamente.Tuttavia i risultati di metanalisi eseguite a questo scopoevidenziano una riduzione della mortalità del 15% e dinuovi eventi coronarici del 30% 49 .Non esistono dati sull’efficacia di altri antiaggreganti(ticlopidina, clopidogrel, indobufene, sulfinpirazone)in alternativa all’ASA nel postinfarto. Il loro usodeve essere preso in considerazione quando esistanocontroindicazioni assolute all’ASA. La supposta maggiorefficacia dell’associazione ASA + dipiridamolonon è stata confermata.Non è noto il dosaggio ottimale dell’ASA, in particolarese dosaggi < 160 mg/die siano altrettanto efficaci,nonostante alcuni risultati suggestivi proposti datrial sull’angina 141 ; né è nota la durata ottimale di taleterapia, che secondo molti autori dovrebbe essere continuataindefinitamente.Anticoagulanti orali. Tre studi pubblicati negli anni’80-’90 142-144 hanno dimostrato che la terapia anticoagulant<strong>ed</strong>opo IMA è in grado di ridurre la mortalità (13-43%), il reinfarto (34-58%) e l’ictus (42-55%); tuttaviala mancanza di studi di confronto con l’ASA ha fatto sìche l’uso non selezionato degli anticoagulanti orali siatuttora poco diffuso.Attualmente la terapia anticoagulante orale è consigliatain casi selezionati: fibrillazione atriale; trombosiventricolare sinistra; infarto miocardico anterioreesteso; dilatazione ventricolare sinistra marcatae/o severa riduzione della frazione di eiezione.Tuttavia criteri più precisi in base ai quali raccomandarela terapia anticoagulante orale sono tuttora assentie il suo utilizzo è ancora altamente discrezionale.L’uso combinato della terapia anticoagulante oralea basse dosi fisse o a dosi “tradizionali” in aggiunta all’ASAè in corso di valutazione in diversi studi. I datipreliminari di un vasto studio (CARS 145 ) non indicanoun vantaggio dell’associazione <strong>delle</strong> basse dosi di warfarinall’ASA rispetto alla sola ASA (160 mg) perquanto riguarda reinfarto, ictus e sopravvivenza.Ipolipemizzanti. I benefici della terapia ipolipemizzant<strong>ed</strong>opo IMA sono stati definitivamente dimostratida diversi studi recenti, tanto che i farmaci utili (<strong>ed</strong> inparticolar modo i riduttori dell’HMG-CoA r<strong>ed</strong>uttasi)sono diventati elementi fondamentali nella profilassisecondaria della cardiopatia ischemica.Lo Scandinavian Simvastatin Survival Study 146 haposto in evidenza che il trattamento con simvastatina riducela mortalità totale del 30% a 5.4 anni in una popolazion<strong>ed</strong>i soggetti con angina e/o esiti di infarto econ livelli di colesterolemia compresi tra 212 e 308mg/dl (valore m<strong>ed</strong>io 261 mg/dl).Lo studio CARE 147 ha evidenziato che il trattamentocon pravastatina 40 mg/die produce un beneficioanalogo in soggetti con recente IMA e livelli di colesterolemiam<strong>ed</strong>ia di 209 mg/dl. La riduzione della mortecoronarica o della recidiva di IMA non fatale è risultatadel 24% a 5 anni. Il beneficio è ancora maggiorenelle donne e negli anziani, mentre non vi è stata evidenzadi effetto positivo nei soggetti con colesteroloLDL < 125 mg/dl.Ancor più recentemente lo studio LIPID 148 su 9000pazienti trattati o no con 40 mg/die di pravastatina è statointerrotto prematuramente per una significativa riduzion<strong>ed</strong>i eventi vascolari maggiori (riduzione del 24%della mortalità cardiaca, del 23% della mortalità totalee del 20% degli ictus).La terapia ipolipemizzante con statine, alla luc<strong>ed</strong>i questi dati, dovrebbe essere prescritta dopo IMAa soggetti che dopo le misure dietetiche hanno valoridi colesterolemia > 200 mg/dl oppure < 200 mg/dlma con colesterolo LDL > 130 mg/dl (evidenza di tipoA). Per ottenere i migliori risultati la dieta e iltrattamento ipolipemizzante dovrebbero ridurre ilcolesterolo LDL sotto i 100 mg/dl e favorire un innalzamentodel colesterolo HDL sopra i 35 mg/dl.Per quanto riguarda il problema di un’elevatatrigliceridemia (> 200 mg/dl), che permane anch<strong>ed</strong>opo un periodo di dieta controllata, sembrerebbeopportuno instaurare un trattamento con fibrati(evidenza di tipo B).547
Ital Heart J Suppl Vol 2 Maggio 2001Di recente è stato pubblicato lo studio GISSI Prevenzione149 che documenterebbe una riduzione dell’incidenzacombinata di mortalità infarto miocardico e ictusnon fatale dal 13.9 al 12.6% con la somministrazionequotidiana di 1 g di acidi grassi polinsaturi n-3 neisoggetti con infarto miocardico risalente a non più di 3mesi prima dell’arruolamento nello studio.Riabilitazione. Tre metanalisi pubblicate negli anni’80 150-152 hanno evidenziato che una strategia riabilitativabasata sul training fisico e un corretto controllo deifattori di rischio è in grado di ridurre significativamentela mortalità e l’incidenza di nuovi eventi coronaricidopo IMA.Per quanto riguarda questo aspetto si rimanda alle<strong>linee</strong> <strong>guida</strong> prodotte dal Gruppo Italiano per la ValutazioneFunzionale e la Riabilitazione del Cardiopatico153 e del Working Group on Cardiac Rehabilitationdell’European Society of Cardiology 154 .Bibliografia1. ACC/AHA. 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