R Mariotti, F Mauri - Linee <strong>guida</strong> dell’infarto miocardico acutoestensione del polso; flesso-estensione del ginocchiosull’anca (ad anca fissa) facendo scorrere i pi<strong>ed</strong>i <strong>sulla</strong>superficie del letto; rotazione <strong>delle</strong> caviglie.Questi esercizi dovranno essere ripetuti in manieraattiva nei giorni successivi, prima che il paziente affrontilo “sforzo gravitazionale” consistente dapprimanell’assunzione della posizione s<strong>ed</strong>uta per periodi ditempo crescenti <strong>ed</strong> infine della posizione ortostaticacon l’esecuzione di alcuni passi nella stanza.Lo svolgimento di un corretto programma di mobilizzazioneoltre a prevenire come già detto il decondizionamentomuscolare e i conseguenti effetti negativi,ha un notevole impatto psicologico favorevole sul pazientee permette, specie se completato da un successivoprogramma di riabilitazione, una più rapida e completaripresa <strong>delle</strong> attività quotidiane.Controlli cliniciLa pressione arteriosa e la frequenza cardiaca devonoessere sempre controllate prima e dopo la s<strong>ed</strong>uta dimobilizzazione e, nei primi giorni, è indispensabile iltelemonitoraggio ECG continuo in modo da evidenziareeventuali risposte negative quali aritmie e modificazioniischemiche dell’ECG con e senza dolore.Il telemonitoraggio ECG sarebbe auspicabile anchesuccessivamente nei pazienti a rischio più elevato identificatiin base alle seguenti caratteristiche:- severa riduzione della frazione di eiezione (< 30%);- aritmie ventricolari complesse a riposo;- comparsa o accentuazione di aritmie durante esercizidi mobilizzazione;- calo pressorio durante mobilizzazione;- sopravvissuti ad arresto cardiaco improvviso;- pazienti con infarto miocardico complicato in faseacuta da insufficienza cardiaca, shock cardiogeno e/oaritmie ventricolari minacciose;- severa coronaropatia e marcata ischemia indotta dagliesercizi di mobilizzazione.La s<strong>ed</strong>uta di mobilizzazione deve essere imm<strong>ed</strong>iatamenteinterrotta ogni qual volta si presentino le seguentisituazioni:- eccessiva variazione della frequenza cardiaca (> 20-30 b/min);- comparsa di aritmia (durante o subito dopo l’esercizio);- dispnea, angina o affaticamento;- pallore, sudorazione, bradicardia o ipotensione posturale.PREVENZIONE SECONDARIAPrima della dimissione è opportuno che il pazientericeva dettagliate informazioni <strong>sulla</strong> sua malattia affinchénon vi sia una sottovalutazione dell’evento e per assicurarel’adesione del paziente stesso al programma diprevenzione secondaria finalizzato al controllo dei fattoridi rischio e alla prevenzione farmacologica deglieventi coronarici.La stratificazione del rischio effettuata alla dimissionefornisce gli elementi necessari per programmareadeguatamente la progressiva ripresa dell’attività, e itempi in cui sarà possibile riprendere l’attività lavorativao altri tipi di attività. A tal fine è consigliabile, ove èpossibile, che la ripresa di tale attività avvenga nell’ambitodi un programma di riabilitazione cardiologicapostinfartuale eseguita a livello ambulatoriale.Raccomandazioni sulle abitudini di vitaIn tutti i pazienti dimessi dopo IMA il controllodei fattori di rischio coronarico costituisce una componenteessenziale del programma di prevenzionesecondaria.È stato dimostrato che un approccio riabilitativo accompagnatoda una strategia aggressiva riguardo alcontrollo dei fattori di rischio, è in grado di aumentarela sopravvivenza e di ridurre l’incidenza di reinfartonon fatale.Le principali raccomandazioni riguardano:- abolizione del fumo;- adeguato controllo dell’ipertensione arteriosa (perquanto riguarda i farmaci raccomandati o sconsigliativ<strong>ed</strong>i apposito paragrafo);- adeguato controllo della colesterolemia (< 200mg/dl) con dieta o statine, che si sono dimostrate ingrado di ridurre la mortalità nel postinfarto;- adeguato controllo del peso corporeo;- adeguato controllo, quando necessario, del diabetemellito;- adeguata ripresa di un’attività fisica regolare, continuativa,aerobica.Deve essere evitato l’uso sistematico <strong>ed</strong> eccessivo delcaffè (più di una tazza al giorno). Per quanto riguardal’alcool, una sua moderata assunzione (un bicchiere divino ai pasti) sembra esprimere un’azione protettiva.Raccomandazioni <strong>sulla</strong> terapia farmacologicaBetabloccanti. Una serie di studi e di metanalisi effettuatenegli anni ’80 hanno documentato che i betabloccantisono in grado di ridurre la mortalità a 1 anno del20% circa (in particolare la morte improvvisa) e di ridurrel’incidenza di reinfarto non fatale sia quando iniziatiin fase precoce dopo l’IMA 11 sia quando iniziatidopo alcune settimane 51 .I risultati ottenuti sono indipendenti da età, sesso,s<strong>ed</strong>e dell’infarto, e dall’eventuale trattamento con terapiatrombolitica.I risultati sono stati ottenuti sia con betabloccanticardioselettivi che con betabloccanti non cardioselettivi;risultati meno incoraggianti sono disponibili con i545
Ital Heart J Suppl Vol 2 Maggio 2001betabloccanti provvisti di attività simpaticomimeticaintrinseca.La terapia con betabloccanti dovrebbe essere proseguitaper almeno 2 anni e secondo alcuni autori indefinitamente.I betabloccanti dovrebbero essere somministratiin fase di dimissione a tutti i pazienti senza grave riduzion<strong>ed</strong>ella funzione ventricolare sinistra. In altresituazioni cliniche, considerate finora come controindicazioniassolute o relative (quali le bradiaritmie,l’asma bronchiale, il diabete mellito insulinodipendente,la broncopneumopatia cronica ostruttiva,l’arteriopatia periferica e il BAV di I grado), datala significativa riduzione della mortalità e delreinfarto osservata, il trattamento deve essere esclusosolo dopo effettivo peggioramento del quadro clinicodopo la loro somministrazione e nonostante lamessa in atto di adeguate contromisure attualment<strong>ed</strong>isponibili. L’associazione dei betabloccanti a dosibasse e m<strong>ed</strong>ie con ACE-inibitori è fortemente raccomandatanell’insufficienza cardiaca di grado lievemoderato,in assenza di quadri di severa ipotensionee/o aggravamento dello stato di compenso 130 .ACE-inibitori. Gli ACE-inibitori dopo la fase acuta(4-6 settimane) devono essere somministrati elettivamentea pazienti con infarto miocardico esteso,frazione di eiezione < 45%, o segni clinici o radiologicidi scompenso cardiaco, oltre che ai soggetti coneventuale ipertensione arteriosa (evidenza di tipo A).Una serie di trial eseguiti negli ultimi anni ha evidenziatoche la terapia con ACE-inibitori determinauna riduzione significativa della mortalità soprattutto inpazienti con segni clinici e radiologici di scompensocardiaco o con frazione di eiezione < 40% 131 .Dovrebbe essere effettuata una titolazione della doseiniziando da dosaggi bassi per arrivare al dosaggioottimale previsto per il singolo farmaco.L’effetto è di classe e non sono ipotizzabili al momento<strong>delle</strong> differenze importanti tra i vari ACE-inibitoridisponibili in commercio.È stata dimostrata un’azione sinergica con i nitrati.Nitrati. Secondo un’abitudine ormai consolidata i nitratisono utilizzati largamente nei pazienti con IMA;l’effetto è di classe senza sostanziali differenze tra levarie molecole e le diverse preparazioni. Una metanalisieseguita negli anni ’80 ha dimostrato la capacità deinitrati di ridurre gli eventi coronarici a m<strong>ed</strong>io termine.Negli unici due studi pubblicati in cui il nitrato èstato somministrato nel postinfarto per breve durata inmodo randomizzato 14,15 e iniziato precocemente nonsono stati evidenziati risultati significativi <strong>sulla</strong> sopravvivenza,fatta eccezione per i pazienti anziani, e perquelli in cui è stato associato l’ACE-inibitore.Non esistono prove dell’utilità dell’impiego diroutine dei nitrati nel postinfarto. Il loro uso deveessere riservato ai soggetti con angina o ischemia silenteo con segni clinici di insufficienza cardiaca inassociazione ad altri vasodilatatori.Calcioantagonisti. Studi effettuati negli anni ’80 hannodimostrato che i calcioantagonisti diidropiridinici diprima generazione aumentano la mortalità, pertanto sonocontroindicati sia nella fase acuta che in fase postdimissione132 .Il verapamil, a differenza della nif<strong>ed</strong>ipina, riduce ilconsumo di ossigeno miocardico; tuttavia negli studiclinici randomizzati, non ha determinato variazioni dimortalità rispetto al placebo quando somministrato precocemente133 , mentre quando viene iniziato tardivamenteriduce in maniera significativa gli eventi coronarici,ma non la mortalità 134 .Il diltiazem ha determinato una riduzione deglieventi coronarici e della mortalità limitatamente ai pazienticon frazione di eiezione > 40% 135 , ma ha provocatoun aumento della mortalità nei pazienti con funzionesistolica globale ridotta. Nei pazienti con infartomiocardico non Q ha determinato una riduzione significativadi reinfarto a 14 giorni ma non significativa dellamortalità.Non sono disponibili dati relativi ai calcioantagonistidi più recente generazione. Relativamente ai pazienticon cardiopatia ischemica associata a scompenso cardiaco,amlodipina e felodipina hanno dato risultati sovrapponibilial placebo per quanto riguarda la sopravvivenza.Non esistono indicazioni all’impiego di routin<strong>ed</strong>ei calcioantagonisti nel postinfarto.I calcioantagonisti diidropiridinici sono controindicatinei pazienti con infarto miocardico recente(evidenza di tipo A).I calcioantagonisti in grado di ridurre il consumodi ossigeno miocardico (verapamil e diltiazem) possonoessere utilizzati nei pazienti in cui vi siano controindicazionialla terapia con betabloccanti, se lafrazione di eiezione è > 40% (evidenza di tipo B).Antiaritmici. In assenza di documentazione di aritmieventricolari maggiori non si devono somministrareantiaritmici in aggiunta al trattamento betabloccante.La documentazione di aritmie ventricolarimaggiori (TV sostenute) giustifica l’aggiunta ditrattamento con amiodarone <strong>ed</strong> eventuale impiantodi defibrillatore, dopo opportuno studio elettrofisiologico.In presenza di grave compromissione della funzion<strong>ed</strong>el ventricolo sinistro e di elevata frequenza<strong>delle</strong> aritmie, nei soggetti con età < 65 anni si dovràproc<strong>ed</strong>ere a screening per trapianto cardiaco.I farmaci della classe IC aumentano la mortalità neipazienti dopo IMA con documentazione di extrasistoliaventricolare frequente 136 e pertanto sono controindicatiin questo contesto clinico.Per quanto riguarda l’amiodarone alcuni studi dipiccole dimensioni <strong>ed</strong> una metanalisi del 1990 137 sug-546
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